In allegato, Lista di controllo valutazione preliminare stress lavoro-correlato (SLC) nella rilevazione, in tutte le aziende, di “indicatori di rischio da stress lavoro-correlato oggettivi e verificabili e ove possibile numericamente apprezzabili”, a solo titolo esemplificativo individuati dalla Commissione Consultiva Permanente (vedi Circolare MLPS 18 novembre 2010 rischio da stress lavoro-correlato - Indicazioni CCP). In allegato, inoltre, il Questionario-strumento indicatore per la valutazione approfondita, versione italiana del Management standard indicator tool sviluppato dall’HSE.
In accordo con le indicazioni della CCP (Circolare MLPS 18 novembre 2010), sono state elaborate le Linee guida Streess lavoro-correlato INAIL 2010 e 2017 sulle quali si basa sia la Lista di controllo valutazione preliminare SLC che il Questionario-strumento indicatore per la valutazione approfondita proposto.
In accordo con le indicazioni della CCP (Circolare MLPS 18 novembre 2010) sono state elaborate le Linee guida Streess lavoro-correlato INAIL 2010 e 2017.[/box-warning]
Percorso metodologico di valutazione del rischio da stress lavoro-correlato secondo le indicazioni della Commissione Consultiva
Tra le novità introdotte dal D.Lgs. 81/08, di certo un ruolo di primo piano assume la definizione, mutuata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, del concetto di “salute” intesa quale “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o d’infermità” (art. 2, comma 1, lettera o), premessa per la garanzia di una tutela dei lavoratori anche nei confronti dei rischi psicosociali.
Contestualmente, con la definizione anche del concetto di “sistema di promozione della salute e sicurezza” come “complesso dei soggetti istituzionali che concorrono, con la partecipazione delle parti sociali, alla realizzazione dei programmi di intervento finalizzati a migliorare le condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori” (art. 2, comma 1, lett. p), viene introdotta una visione più ampia della prevenzione della salute e sicurezza sul lavoro che rimanda a quelli che sono i principi della “Responsabilità Sociale” definita (art. 2, comma 1, lett. ff) come “integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle aziende ed organizzazioni nelle loro attività commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”.
Nel complesso delle attività di prevenzione, un ruolo di primo piano è assegnato allo studio dell’organizzazione del lavoro, concretizzato nell’inserimento all’art. 15, comma 1, lett. d) del D.Lgs. 81/08, del “…rispetto dei principi ergonomici nell’organizzazione del lavoro…” e nella conferma, in linea con quanto peraltro già disposto dall’art. 3, comma 1, lett. f del D.Lgs. 626/94, del “…rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, in particolare al fine di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e di quello ripetitivo”.
Inoltre, l’art. 32, comma 2 dello stesso D.Lgs. 81/08 sottolinea che la formazione del RSPP deve riguardare anche i rischi “di natura ergonomica e da stress lavoro-correlato.
Per quanto riguarda, in particolare, la “valutazione dei rischi”, il D.Lgs. 81/08 stabilisce che essa deve fare riferimento a “tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’Accordo europeo dell’8 ottobre 2004” (art. 28, comma 1).
Con le integrazioni successivamente apportate al D.Lgs. 81/08 dal D.Lgs. 106/09, la valutazione dello stress lavoro-correlato deve essere effettuata, (art. 28, c. 1-bis), “nel rispetto delle indicazioni di cui all’articolo 6, comma 8, lettera m-quater, e il relativo obbligo decorre dalla elaborazione delle predette indicazioni e comunque, anche in difetto di tale elaborazione, a fare data dal 1° agosto 2010”, termine, quest’ultimo, successivamente prorogato al 31 dicembre 2010 dalla L.122/10.
1-bis. La valutazione dello stress lavoro-correlato di cui al comma 1 è effettuata nel rispetto delle indicazioni di cui all'articolo 6, comma 8, lettera m-quater), e il relativo obbligo decorre dalla elaborazione delle predette indicazioni e comunque, anche in difetto di tale elaborazione, a fare data dal 1° agosto 2010.[/box-info]
È la Commissione Consultiva Permanente per la Salute e la Sicurezza sul Lavoro, (di seguito nel testo denominata Commissione Consultiva), destinataria del compito di elaborare le indicazioni di cui all’art. 6 comma 8 lettera m-quater del D.Lgs. 81/08, al fine di dare piena attuazione allo specifico obbligo valutativo; in data 17/11/2010, la Commissione Consultiva ha approvato le indicazioni per la valutazione dello stress lavoro-correlato, diffuse dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali sul proprio sito internet, con Lettera Circolare prot. 15/SEGR/0023692 (Circolare MLPS 18 novembre 2010) e successivamente rese note anche con Comunicato ufficiale del Ministero stesso (G.U. 304 del 30/12/2010).
Indicazioni per la valutazione del rischio da stress lavoro-correlato
Come riportato nella nota del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di accompagnamento alle indicazioni per la valutazione dello stress lavoro-correlato, le linee di indirizzo che hanno guidato l’elaborazione delle stesse sono:
a) “brevità e semplicità”; b) “individuazione di una metodologia applicabile ad ogni organizzazione di lavoro”; c) “applicazione di tale metodologia a gruppi di lavoratori esposti in maniera omogenea allo stress lavoro-correlato”; d) “individuazione di una metodologia di maggiore complessità rispetto alla prima, ma eventuale” da utilizzare nel caso in cui la conseguente azione correttiva non abbia abbattuto il rischio; e) “valorizzazione delle prerogative e delle facoltà dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e dei medici competenti”; f) “individuazione di un periodo transitorio per quanto di durata limitata per la programmazione e il completamento delle attività da parte dei soggetti obbligati”.
Premessa indispensabile che la Commissione Consultiva opera è quella di precisare che “il documento indica un percorso metodologico che rappresenta il livello minimo di attuazione dell’obbligo di valutazione del rischio da stress lavoro-correlato per tutti i datori di lavoro…”, sottolineando così che l’approccio per fasi alla valutazione (percorso metodologico) viene vincolato a prescrizioni minime (livello minimo) non precludendo, quindi, la possibilità di un percorso più articolato e basato sulle specifiche necessità e complessità delle aziende stesse.
Nelle indicazioni elaborate dalla Commissione Consultiva viene ribadito che la valutazione del rischio da stress lavoro-correlato è “parte integrante della valutazione dei rischi” ed è effettuata dal datore di lavoro (obbligo non delegabile ai sensi dell’art. 17, comma 1, lett. a), in collaborazione con il RSPP ed il MC (art. 29, comma 1), previa consultazione del RLS/RLST (art. 29, comma 2); la data di decorrenza dell’obbligo, il 31 dicembre 2010, è da intendersi come “…data di avvio delle attività di valutazione…” la cui programmazione temporale e l’indicazione del termine “…devono essere riportate nel documento di valutazione dei rischi” (DVR). Viene altresì precisato che la valutazione va fatta prendendo in esame “non singoli ma gruppi omogenei di lavoratori…esposti a rischi dello stesso tipo secondo una individuazione che ogni datore di lavoro può autonomamente effettuare in ragione della effettiva organizzazione aziendale…” e che “…le necessarie attività devono essere compiute con riferimento a tutte le lavoratrici e a tutti i lavoratori, compresi dirigenti e preposti”.
L’intero percorso metodologico individuato dalla Commissione Consultiva è riportato nella Figura 1.
Fig. 1 - Percorso metodologico di valutazione del rischio da stress lavoro-correlato secondo le indicazioni della Commissione Consultiva
Valutazione preliminare
Consiste nella rilevazione, in tutte le aziende, di “indicatori di rischio da stress lavoro-correlato oggettivi e verificabili e ove possibile numericamente apprezzabili”, a solo titolo esemplificativo individuati dalla Commissione Consultiva, appartenenti “quanto meno” a tre famiglie distinte:
1) eventi sentinella; 2) fattori di contenuto del lavoro; 3) fattori di contesto del lavoro.
Relativamente agli strumenti da utilizzare, in tale prima fase “possono essere utilizzate liste di controllo applicabili anche dai soggetti aziendali della prevenzione…”.
Per quanto concerne il ruolo delle figure della prevenzione presenti in azienda, viene precisato che “in relazione alla valutazione dei fattori di contesto e di contenuto…occorre sentire i lavoratori e/o il RLS/RLST. Nelle aziende di maggiori dimensioni è possibile sentire un campione rappresentativo di lavoratori”; la modalità attraverso cui sentire i lavoratori è rimessa al datore di lavoro “anche in relazione alla metodologia di valutazione adottata”. È proprio tale marcato coinvolgimento dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti che caratterizza e rende peculiare la valutazione del rischio da stress lavoro-correlato rispetto a quella degli altri rischi che, al momento, si limita a prevedere solo una consultazione preliminare degli RLS.
Se la valutazione preliminare non rileva elementi di rischio da stress lavoro-correlato e, quindi, si conclude con un “esito negativo”, tale risultato è riportato nel Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) con la previsione, comunque, di un piano di monitoraggio.
Nel caso in cui la valutazione preliminare abbia un “esito positivo”, cioè emergano elementi di rischio “tali da richiedere il ricorso ad azioni correttive, si procede alla pianificazione ed alla adozione degli opportuni interventi correttivi…”; se questi ultimi si rilevano “inefficaci”, si passa alla valutazione successiva, cosiddetta “valutazione approfondita”.
Valutazione approfondita
Come in precedenza riportato, tale fase va intrapresa, come approfondimento, nel caso in cui nella fase precedente, a seguito dell’attività di monitoraggio, si rilevi l’inefficacia delle misure correttive adottate e relativamente “ai gruppi omogenei di lavoratori rispetto ai quali sono state rilevate le problematiche”. A tal fine, le indicazioni della Commissione Consultiva prevedono la “valutazione della percezione soggettiva dei lavoratori… sulle famiglie di fattori/indicatori…” già oggetto di valutazione nella fase preliminare con la possibilità, per le aziende di maggiori dimensioni, del coinvolgimento di “…un campione rappresentativo di lavoratori”.
Gli strumenti indicati per la suddetta valutazione della percezione soggettiva sono individuati a titolo esemplificativo, tra “…questionari, focus group, interviste semistrutturate…”, fermo restando che, per le imprese fino a 5 lavoratori, in sostituzione, il datore di lavoro “può scegliere di utilizzare modalità di valutazione (es. riunioni) che garantiscano il coinvolgimento diretto dei lavoratori nella ricerca delle soluzioni e nella verifica della loro efficacia”.
Si riporta la versione italiana del Management standard indicator tool sviluppato dall’HSE. Questionario suggerito dalla linea guida INAIL per un eventuale valutazione approfondita.
Il Questionario strumento indicatore è uno strumento multidimensionale che misura gli aspetti del Contenuto e del Contesto del lavoro ritenuti come potenziali fattori di SLC. Lo strumento, sviluppato a partire dal modello dei Management standard, è stato validato sia nella versione inglese che in quella italiana.
Il rischio esposizione occupazionale piombo: Quadro normativo/ Aprile 2022
ID 7359 | Rev. 1.0 del 19.04.2022 / Documento completo allegato
In allegato Documento completo sul rischio occupazionale al piombo, quadro normativo IT sicurezza della sostanza, dal REACH (restrizioni / SVHC) al TUSL (agente chimico), con i valori limite occupazionali previsti, valori di altre associazioni quali OSHA, NIOSH, ACGIH, altri. Monographs 87 IARC Piombo. Note piombo Allegato XIV REACH. Allegati Studi nel tempo sul rischio piombo. Cenni sul rischio esposizione popolazione.
Documento completo in allegato
Excursus
Premessa
Il piombo (Pb - CAS 7439-92-1 e EC n. 231-100-4) è un componente naturale della superficie della terra (crosta terrestre), ed è il più comune dei cosiddetti metalli pesanti. Nel tempo è divenuto un contaminante presente quasi ovunque poiché è stato ampiamente utilizzato nella produzione di batterie, nelle leghe e nelle saldature di molti comuni oggetti di consumo, nelle vernici e negli smalti, nella produzione di rubinetti e nei sistemi di distribuzione dell’acqua nonché, sotto forma di piombo-tetraetile (un composto chimico conosciuto anche con la sigla TEL) e tetrametile, come antidetonante nella benzina per autoveicoli e nel carburante per gli aerei. Lastre di piombo di qualche centimetro di spessore sono state anche impiegate in alcuni apparecchi di appoggio di strutture murarie o metalliche.
Molti degli utilizzi descritti (ad esempio l’uso del piombo nella benzina, nelle vernici o negli smalti) sono oggi proibiti, almeno in Europa e nel Nord America, ma il piombo può ancora essere trovato in molti prodotti, soprattutto in quelli importati da paesi extraeuropei in cui è ancora utilizzato nella produzione di bigiotteria, giocattoli, ceramiche e in coloranti usati nell’industria cosmetica.
1. Prevenzione e controllo popolazione
L'avvelenamento da piombo può essere prevenuto attraverso un attento controllo dei livelli di esposizione. L'importanza degli effetti del piombo sulla salute ha spinto all'adozione di una serie di misure legislative in vari settori per vietare, o limitare, il contenuto di piombo in vari prodotti di consumo e in generi alimentari.
Ad esempio, dal 1º gennaio 2002, l'unico tipo di benzina disponibile in Europa è la benzina “verde” o senza piombo. Questa misura ha avuto un effetto significativo nell'abbassare i livelli di piombo nell'atmosfera e, quindi, non solo l’esposizione diretta per via inalatoria, ma anche quello indiretto attraverso la riduzione della quantità di piombo presente al suolo e sui vegetali: 30 anni fa, ad esempio, il contenuto di piombo in una sigaretta era compreso tra 2,5 e 12,2 microgrammi, attualmente è sceso a 0,4-0,9 microgrammi. Negli ultimi decenni, grazie anche all'azione contemporanea di molte altre disposizioni di legge, vi è stata una significativa diminuzione della piombemia (misurazione della concentrazione di piombo nel sangue).
Il decreto legislativo n. 31 del 2001, che regola in Italia la qualità dell'acqua potabile, ha fissato un valore limite di 10 µg/L (come indicato anche dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e dalla direttiva europea). A livello europeo, la presenza di piombo nelle decorazioni per le ceramiche e nei giocattoli è regolata invece dalla direttiva 84/500/CEE e dalla Direttiva 2009/48/CE sulla sicurezza dei giocattoli.
L'autorità europea per la sicurezza alimentare (European Food Safety Authority, EFSA) ha calcolato che negli adulti valori di piombo nel sangue pari a 0,36 e 0,15 microgrammi per decilitro di sangue, corrispondono a 1,50 e 0,63 microgrammi di piombo che possono essere ingeriti ogni giorno per chilo di peso corporeo senza avere effetti significativi sulla pressione arteriosa e sulla funzionalità del rene. Sulla base di queste indicazioni è possibile calcolare i limiti massimi che possono essere presenti in qualsiasi prodotto di consumo, senza determinare rischi per la salute. Allo stesso modo, per i bambini è stato calcolato che una concentrazione di piombo nel sangue di 0,12 microgrammi per decilitro di sangue, equivalente ad una dose ingeribile di 0,50 microgrammi per chilo di peso corporeo al giorno, corrisponde ad un rischio dell’1% di avere problemi nello sviluppo neurologico. Per i bambini non è stato possibile identificare alcun limite al di sotto di cui non si osservino effetti sul quoziente intellettivo (QI). L’obiettivo, quindi, è ridurre il più possibile la loro esposizione al piombo.
Uno degli obiettivi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità è l'eliminazione delle vernici al piombo in tutti i paesi del mondo entro il 2020: in oltre un terzo degli stati è ancora legale vendere vernici al piombo da usare per dipingere le pareti di case, scuole e altri edifici e per la verniciatura di molti oggetti.
2. REACH: Piombo
[panel]Restrizioni ai sensi dell'Art. 68 p. 2 del regolamento (CE) n. 1907/2006 ... Regolamento (CE) n. 1907/2006 ...
Articolo 68 Introduzione di nuove restrizioni e modificazione delle restrizioni esistenti
1. Quando la fabbricazione, l'uso o l'immissione sul mercato di sostanze comportano un rischio inaccettabile per la salute umana o per l'ambiente, che richiede un'azione a livello comunitario, l'allegato XVII è modificato secondo la procedura di cui all'articolo 133, paragrafo 4, tramite l'adozione di nuove restrizioni o la modificazione delle restrizioni esistenti previste nell'allegato XVII per la fabbricazione, l'uso o l'immissione sul mercato di sostanze, in quanto tali o in quanto componenti di misceleo articoli, secondo la procedura di cui agli articoli da 69 a 73. Una siffatta decisione tiene conto dell'impatto socioeconomico della restrizione, compresa l'esistenza di alternative.
Il primo comma non si applica all'uso di una sostanza come sostanza intermedia isolata in sito.
2. Per le sostanze, in quanto tali o in quanto componenti di unamiscelao di un articolo, che rispondono ai criteri di classificazione come agenti cancerogeni, mutageni o tossici per la riproduzione, categorie 1 e 2, e che potrebbero essere utilizzate dai consumatori, per le quali la Commissione propone di restringere l'uso da parte dei consumatori, l'allegato XVII è modificato secondo la procedura di cui all'articolo 133, paragrafo 4. Gli articoli da 69 a 73 non si applicano.[/panel]
Regolamento (UE) 2015/628 della Commissione, del 22 aprile 2015, che modifica l'allegato XVII del Regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH) per quanto riguarda il piombo e i suoi composti. (GU L 104 del 23.4.2015).
Restrizione all’utilizzo del piombo e dei suoi composti negli articoli che i bambini più piccoli potrebbero mettere in bocca. Il limite stabilito dello 0.05% non si applica nei casi in cui sia dimostrabile che il livello di piombo rilasciato non supera gli 0.05 µg/cm2 per ora.
Il REACH Allegato XVII proibiva già il piombo in gioielleria in quantità superiori a 0,05 µg/cm2. Le nuove restrizioni del Regolamento (UE) 2015/628, sono da considerarsi un’estensione di questo principio, visto e considerato l’utilizzo del piombo anche in altri prodotti di consumo e il rischio particolarmente elevatonei casi in cui i prodotti che lo contengono vengano a contatto con le mucose. Di qui la decisione di limitare al massimo l’impiego di piombo e suoi composti in tutti quegli articoli – o parte accessibili di essi – che, durante l’uso normale o ragionevolmente prevedibile, soprattutto i bambini possono portare alla bocca.
Le nuove restrizioni non si applicano agli articoli piazzati per la prima volta sul mercato in data anteriore al 1° giugno 2016.
La seguente tabella è l'allegato XVII del REACH e comprende tutte le restrizioni adottate nel quadro di REACH e della precedente legislazione, la direttiva 76/769/CEE. Ogni voce mostra una sostanza o un gruppo di sostanze o una sostanza in una miscela e le conseguenti condizioni di restrizione. L'ultima versione consolidata di REACH presenta le restrizioni adottate fino alla data di pubblicazione. Le modifiche successive sono incluse nei regolamenti della Commissione di modifica.
[panel]SVHCRegolamento (CE) n. 1907/2006 ... Regolamento (CE) n. 1907/2006 ... Articolo 57 Sostanze da includere nell'allegato XIV
Le sostanze seguenti possono essere incluse nell'allegato XIV secondo la procedura di cui all'articolo 58:
a) le sostanze che rispondono ai criteri di classificazione come sostanze cancerogene, categorie 1 o 2, a norma della direttiva 67/548/CEE;
b) le sostanze che rispondono ai criteri di classificazione come sostanze mutagene, categorie 1 o 2, a norma della direttiva 67/548/CEE;
c) le sostanze che rispondono ai criteri di classificazione come sostanze tossiche per la riproduzione, categorie 1 o 2, a norma della direttiva 67/548/CEE;
d) le sostanze che sono persistenti, bioaccumulabili e tossiche, secondo i criteri di cui all'allegato XIII del presente regolamento;
e) le sostanze che sono molto persistenti e molto bioaccumulabili, secondo i criteri di cui all'allegato XIII del presente regolamento;
f) le sostanze come quelle aventi proprietà che perturbano il sistema endocrino o quelle aventi proprietà persistenti, bioaccumulabili e tossiche o molto persistenti e molto bioaccumulabili, che non rispondono ai criteri di cui alle lettere d) o e), per le quali è scientificamente comprovata la probabilità di effetti gravi per la salute umana o per l'ambiente che danno adito ad un livello di preoccupazione equivalente a quella suscitata dalle altre sostanze di cui alle lettere da a) a e), e che sono identificate in base ad una valutazione caso per caso secondo la procedura di cui all'articolo 59.[/panel]
[panel]Update 19.04.2022
L'elenco della “Candidate List”, delle sostanze estremamente preoccupanti SVHC candidate alla procedura di autorizzazione in conformità al Regolamento REACH Art. 57 e Allegato XIV contiene 223 sostanze alla data del 19.04.2022 ed è consultabile al seguente link:
Dopo il Piombo tetraetile incluso nell’allegato XIV del REACH (sostanze soggette ad autorizzazione) con il Regolamento (UE) 2022/586, anche il Piombo, già inserito nella Candidate List ECHA SVHC (vedi box seguente Update 10.12.2018) è proposto dall’ECHA nel draft dell’11a Raccomandazione ECHA del 2 febbraio 2022 che comprendente 8 sostanze SVHC (Vedi Draft allegato), per l’inclusione nell’allegato XIV del Regolamento REACH.
Il Draft è in consultazione pubblica per 90 giorni e fino al 2 maggio 2022.
Il comitato degli Stati membri elaborerà un parere sul progetto di raccomandazione dell'ECHA tenendo conto dei commenti ricevuti durante questa consultazione.
La Commissione europea, al contempo, chiede osservazioni sulle possibili conseguenze socio-economiche dell'inclusione di queste sostanze nell'elenco delle sostanze soggette ad autorizzazione; tali informazioni saranno trasmesse direttamente alla Commissione e non saranno prese in considerazione dall'ECHA.
Sulla base del parere del comitato e della consultazione, l'ECHA trasmetterà la sua raccomandazione finale alla Commissione europea presumibilmente nel 2023. Questa sarà l'11a raccomandazione dell'ECHA.
La Commissione in seguito utilizzerà la Raccomandazione per includere tali sostanze con apposito Regolamento/i nell'elenco delle autorizzazioni e le rispettive condizioni applicabili a ciascuna sostanza.
Se una sostanza è inclusa nell'elenco delle autorizzazioni, può essere immessa sul mercato o utilizzata dopo una determinata data solo se viene rilasciata un'autorizzazione per un uso specifico; le aziende che utilizzano, producono o importano queste sostanze possono richiedere l'autorizzazione.
1. Piombo tetraetile N. CE: 201-075-4 N. CAS: 78-00-2
Con il Regolamento (UE) 2022/586 (entrata in vigore il 01.05.2022) il piombo tetraetile, già inserito nella Candidate List SVHC e nella 9a Raccomandazione ECHA è inserito nell’Allegato XIV del regolamento (CE) n. 1907/2006 REACH (Elenco Sostanze soggette ad autorizzazione).
2. Piombo N. CE: 231-100-4 N. CAS: 7439-92-1
Il Piombo, già sostanza SVHC, è ora nell’iter per l’inserimento nell’Allegato XIV del regolamento (CE) n. 1907/2006 REACH (Elenco Sostanze soggette ad autorizzazione).
Inserito nel draft dell’11a Raccomandazione ECHA del 2 Febbraio 2022, entro il 2023/2024 ad esito positivo dell’iter sarà pubblicata la 11a Raccomandazione ECHA finale.
La 11a Raccomandazione potrà essere utilizzare dalla Commissione per emanare il Regolamento di modifica dell’allegato XIV con l’inserimento della sostanza nell’allegato stesso.[/panel]
[panel]Update 10.12.2018
Il 27 giugno 2018 l'ECHA (Agenzia Europea per la Chimica) ha pubblicato l’aggiornamento della “Candidate List”, l’elenco delle sostanze estremamente preoccupanti candidate alla procedura di autorizzazione in conformità al Regolamento REACH Art. 57 e Allegato XIV.
Tra le novità principali, si segnala l’inserimento della lista delPiombo.
Come conseguenza di questo atto, il produttore di un articolo contenente piombo in concentrazioni superiori allo 0,1% in peso/peso fornisce al destinatario dell'articolo (i propri clienti a valle) informazioni sufficienti a consentire la sicurezza d'uso dell’articolo. Tali informazioni devono contenere come minimo il nome della sostanza.
Questa disposizione è valida per tutti i clienti professionali (inclusi i distributori). Su richiesta di un consumatore, il fornitore di un articolo contenente piombo in concentrazioni superiori allo 0,1% in peso/peso fornisce al consumatore informazioni sufficienti a consentire la sicurezza d'uso dell'articolo e comprendenti, quanto meno, il nome della sostanza. Le informazioni devono essere comunicate gratuitamente entro 45 giorni dal ricevimento della richiesta del consumatore.[/panel]
3. Esposizione professionale
Fonti di inquinamento professionale da piombo sono presenti, in particolare, nei processi ed attività legate a:
L’intossicazione CRONICA da Pb di origine professionale, denominata SATURNISMO, si verifica generalmente dopo molti anni dall’inizio dell’esposizione. Livelli di Piombemia (PbB o PbE):
< 60 µg / 100 ml = manifestazioni cliniche spesso assenti; > 60-70 µg / 100 ml = manifestazioni cliniche lievi; > 80 µg /100 ml = frequenti manifestazioni cliniche anche gravi
Negli ultimi decenni, le esposizioni lavorative a Pb nei settori di più tradizionale e massiccio impiego del metallo - quali metallurgia primaria e secondaria, industria degli accumulatori, ceramica - sono andate diminuendo soprattutto grazie alle innovazioni tecnologiche. Accanto a questi settori lavorativi ne vanno segnalati altri quali acciaierie elettriche, lavorazioni delle cuproleghe, lavorazione delle materie plastiche, decorazione del vetro - giudicati di minore importanza, almeno come numero di potenziali esposti - ma nei quali il rischio di assorbimento del metallo è risultato in alcuni casi degno di interesse.
Negli ultimi 10-20 anni la piombemia (PbB) nella popolazione generale adulta è diminuita a valori compresi tra 5 e 10 µg/100 ml soprattutto in seguito alle norme che ne hanno limitato l'impiego nelle benzine. Anche negli ambienti di lavoro, grazie agli interventi di prevenzione attuati negli ultimi decenni, i livelli di PbB si sono ridotti per assestarsi nei settori a maggiore utilizzo (industria accumulatori e ceramica). su valori medi di 25-35 µg/100 ml. Nelle principali aziende del settore ceramico la PbB media oscilla attualmente tra 25 e 35 µg/100 ml.
Annualmente il rischio di più elevato assorbimento di Pb si concentra in alcune lavorazioni quali la fusione del Pb, le fonderie di cuproleghe ed il taglio, la saldatura e la fusione di oggetti contenenti Pb o ricoperti con vernici al piombo. In molte di queste attività prevalgono aziende di piccole dimensioni caratterizzate da un controllo ambientale e sanitario assente o inefficace.
Quanto esposto sopra sottolinea la necessità della revisione degli attuali limiti fissati per la popolazione generale e per i lavoratori rispettivamente dal D.Lgs. 81/2008.
[alert]Indicatori biologici
PbA - Livello piombo aerodisperso PbB o PbE - Livello di piombo sangue (Piombemia) PbU - Livello di piombo urine (Piomburia)
E' da tempo accettato che l'indicatore biologico PbB rappresenta il mezzo migliore per valutare la dose di metallo assorbilo e quindi il più utile per "interpretare" la risposta biologica negli esposti. Ciò non ha però comportato l'eliminazione dalla pratica igienistica (e soprattutto dalla normativa) di altri indicatori di esposizione come la PbA.[/alert]
1. Nella valutazione di cui all'articolo 28, il datore di lavoro determina preliminarmente l'eventuale presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro e valuta anche i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori derivanti dalla presenza di tali agenti, prendendo in considerazione in particolare:
a) le loro proprietà pericolose;
b) le informazioni sulla salute e sicurezza comunicate dal fornitore tramite la relativa scheda di sicurezza predisposta ai sensi del Regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio;
c) il livello, il modo e la durata della esposizione;
d) le circostanze in cui viene svolto il lavoro in presenza di tali agenti tenuto conto della quantità delle sostanze e delle miscele che li contengono o li possono generare;
e) i valori limite di esposizione professionale o i valori limite biologici; di cui un primo elenco è riportato negli allegati XXXVIII e XXXIX. ...
Allegato XXXVIII Valori limite di esposizione professionale - Piombo
(1) Misurato o calcolato in relazione ad un periodo di riferimento di otto ore, come media ponderata. (2) Livello di esposizione a breve termine. Valore limite al di là del quale l'esposizione non si dovrebbe verificare l'esposizione e che si riferisce ad un periodo di 15 minuti, salvo indicazione contraria. (3) mg/m3: milligrammi per metro cubo di aria a 20 °C e 101,3 kPa. La correzione del volume a condizioni normali non deve essere effettuata in caso di aerosol. (4) ppm: parti per milione nell'aria (ml/m3).
Allegato XXXIX Valori limite biologici obbligatori e procedure di sorveglianza sanitaria
Piombo e suoi composti ionici
1. Il monitoraggio biologico comprende la misurazione del livello di piombo nel sangue (PbB) con l'ausilio della spettroscopia ad assorbimento atomico o di un metodo che dia risultati equivalenti. Il valore limite biologico è il seguente: 60 µg/100 ml di sangue. Per le lavoratrici in età fertile il riscontro di valori di piombemia superiori a 40µ/100 ml di sangue comporta, comunque, allontanamento dall'esposizione.
2. La sorveglianza sanitaria si effettua quando:
- l’esposizione a una concentrazione di piombo nell’aria, espressa come media ponderata nel tempo calcolata su 40 ore alla settimana, è superiore a 0,075 mg/m3, oppure quando - nei singoli lavoratori è riscontrato un contenuto di piombo nel sangue superiore a 40 µg /100 ml di sangue.
Figura 1 -Limiti OEL biologici
Fig. 2 - Limiti OEL concentrazione in aria
N.B.: Per la sorveglianza sanitaria è sufficiente che sia verificato uno qualsiasi del limite biologico / concentrazione in aria ...
5. IARC Classificazione
CAS No
Substance
Class.
Vol. IARC
Date
Note
Evaluation
7439-92-1
Lead
2B
23, Sup 7
1987
Possibly carcinogenic to humans
Lead compounds, inorganic
2A
Sup 7, 87
2006
Probably carcinogenic to humans
Lead compounds, organic
3
23, Sup 7, 87
2006
NB: Organic lead compounds are metabolized at least in part, to ionic lead both in humans and animals. To the extent that ionic lead, generated from organic lead, is present in the body, it will be expected toexert the toxicities associated with inorganic lead
Not classifiable as to its carcinogenicity to humans
Tabella 2 – Classificazione IARC Piombo e composti
Group 1
Carcinogenic to humans
Group 2A
Probably carcinogenic to humans
Group 2B
Possibly carcinogenic to humans
Group 3
Not classifiable as to its carcinogenicity to humans
Group 4
Probably not carcinogenic to humans
Tabella 3 - Gruppi IARC
IARC Monographs Volume 87
[panel]Limiti di esposizione professionale
Il decreto legislativo 81/2008 definisce come Valore limite di esposizione professionale (Vlep), il limite della concentrazione media, ponderata in funzione del tempo, di un agente cancerogeno o mutageno nell’aria, rilevabile entro la zona di respirazione di un lavoratore, in relazione a un periodo di riferimento determinato, stabilito nell’Allegato XLIII.
La determinazione dei Vlep è conseguente alla pubblicazione delle direttive sugli Occupational Exposure Limit Values (Oelvs) europei. E’ però opinione controversa ritenere che esista, per le sostanze cancerogene, un livello di soglia “sicuro” al di sotto del quale il rischio di contrarre il tumore sia nullo, poiché il comportamento di molte sostanze cancerogene è estremamente variabile così come la risposta individuale a tali sostanze.
Nonostante ciò a livello nazionale ed internazionale sono fissati dei valori limite di esposizione professionale per gli agenti chimici cancerogeni e mutageni, nell’ottica che l’attribuzione di un limite possa comunque essere cautelativa per i lavoratori.
Sono inoltre fissati dei valori limite biologici definiti come il limite della concentrazione del relativo agente, di un suo metabolita, o di un indicatore di effetto, nell’appropriato mezzo biologico.
Attualmente la normativa italiana prevede un solo valore limite biologico per il piombo.
Per la valutazione dell’esposizione dei lavoratori è spesso necessario un confronto con i più importanti enti scientifici o governativi mondiali che raccomandano valori limite di esposizione per un ampio numero di sostanze,
Annualmente l’Acgih (American Conference of Governmental Industrial Hygienists propone ed aggiorna per numerose sostanze una lista di Valori limite di soglia (Threshold Limit Values, Tlv), come ausilio per la valutazione delle esposizioni alle sostanze chimiche negli ambienti di lavoro ma non come utilizzo quale standard di legge. Il riferimento ai Tlvs dell'Acgih può costituire soltanto un'indicazione di massima per una preliminare riduzione del rischio.
Sono suddivisi in tre categorie:
Tlv - Twa (Threshold Limit Value - Time Weighted Average): Valore limite ponderato. Rappresenta la concentrazione media, ponderata nel tempo, degli inquinanti presenti nell'aria degli ambienti di lavoro nell'arco dell'intero turno lavorativo ed indica il livello di esposizione al quale si presume che il lavoratore possa essere esposto 8 ore al giorno, per 5 giorni alla settimana, per tutta la durata della vita lavorativa, senza risentire di effetti dannosi per la salute.
Tlv - Stel (Threshold Limit Value - Short Term Exposure Limit): Valore limite per brevi esposizioni. Rappresenta le concentrazioni medie che possono essere raggiunte dai vari inquinanti per un periodo massimo di 15 minuti, e comunque per non più di 4 volte al giorno con intervalli di almeno 1 ora tra i periodi di punta.
Tlv - C (Threshold Limit Value - Ceiling): Valore limite di soglia. Rappresenta la concentrazione che non può essere mai superata durante tutto il turno lavorativo. Tale limite viene impiegato soprattutto per quelle sostanze ad azione immediata, irritante per le mucose o narcotica, tale da interferire rapidamente sullo stato di attenzione del lavoratore con possibili conseguenze dannose sulla persona stessa (infortuni) e/o sulle operazioni tecniche a cui è preposto.
Bei (Biological exposure limits): Valori limite biologici rappresentano i valori dell’indicatore che è probabile riscontrare nei fluidi biologici di lavoratori sani, esposti per otto ore, per cinque giorni alla settimana, ad una concentrazione di una sostanza pari al valore limite nell’aria (Tlv-Twa). I Bei sono quindi indicatori di dose interna per una esposizione inalatoria. Tuttavia per alcune sostanze, per le quali vi è una probabilità significativa di assorbimento cutaneo, i Bei possono corrispondere ad una dose interna diversa da quella derivante dalla sola inalazione.
Tali indici, comunque, non rappresentano una linea di demarcazione netta fra esposizione pericolosa o non pericolosa a causa della variabilità individuale che comporta risposte metaboliche diverse alla medesima esposizione. [/panel]
6. Standard occupazionali e linee guida per il piombo INT
Vengono presentati gli standard e le linee guida statunitensi dell'OSHA (Occupational Safety and Health Administration), del National Institute for Occupational Safety and Health (NIOSH) e dell'American Conference of Governmental Industrial Hygienists (ACGIH) e poi le linee guida di altri paesi, compresi quelli dell'Unione europea, della Germania e del Regno Unito.
Le caratteristiche comuni alle linee guida includono un limite di esposizione nell'aria come una media ponderata nel tempo di 8 ore (TWA) e un livello raccomandato di piombo nel sangue (BLL o PbB) per prevenire effetti avversi sulla salute.
La Tabella 4 presenta un confronto tra le varie linee guida sull'esposizione occupazionale.
National Institute for Occupational Safety and Health
50 μg/m3
60 μg/100 ml
1978
American Conference of Governmental Industrial Hygienists
50 μg/m3
30 μg/100 ml
1987 (air) 1995 (blood)
European Council Directive 98/24
150 μg/m3
70 μg/100 ml
1998
European Union Scientific Committee on Occupational Exposure Limits
100 μg/m3
30 μg/100 ml
2002
German Commission for the Investigation of Health Hazards of Chemical Compounds in the Work Area
None, because probably carcinogenic in humans
40 μg/100 ml for men and women over 45 years old 10 μg/dL for women under 45 years old
2006
United Kingdom Health and Safety Executive
150 μg/m3
25 μg/100 ml for women of reproductive age 40 μg/dL for people 16-17 years old 50 μg/dL for all other employees
2002
Tabella 4 - Confronto tra le varie linee guida sull'esposizione occupazionale piombo
(1) Il BLL è equivante al PbB
Exposure Limits NIOSH
NIOSH
Il Limite di esposizione raccomandata NIOSH (REL) per il piombo è una media ponderata in base al tempo di 50 microgrammi per metro cubo di aria (μg /m3) su 8 ore.
OSHA
Il limite di esposizione (PEL) richiesto per il piombo (OSHA) non è superiore a 50 μg/m3 in media su un periodo di 8 ore.
Il PEL è ridotto per turni più lunghi di 8 ore dall'equazione PEL = 400/ore lavorate. Il livello d'azione richiesto (OSHA) per il limite di esposizione consentito (PEL) per il piombo nell'industria generale e nell'industria edile è una media ponderata in base al tempo di 30 μg/m3 su 8 ore.
Raffronto OSHA PEL e NIOSH REL
Alcuni studi suggeriscono che l'attuale OSHA PEL e NIOSH REL potrebbero essere troppo alti per proteggersi da determinati effetti sulla salute.
ACGIH (2001a) nota che alcuni studi hanno trovato effetti a livelli inferiori BEI, ma questi erano di breve durata, non influenzavano la capacità funzionale o erano contraddetti da altri studi. La documentazione rileva inoltre che donne e uomini in età fertile che presentano BLL superiori a 10 μg /100 ml possono essere a rischio di avere un bambino con livelli superiori all'attuale linea guida dai Centers for Disease Control and Prevention, 10 μg/100 ml.
Un TWA di 8 ore TLV di 150 μg/m3 per composti di piombo e inorganici nell'aria è stato adottato per la prima volta nel 1946 e ha subito diverse revisioni. La revisione più recente del 1995 raccomandava un TLV-TWA di 50 μg/m3.
L'ACGIH classifica il piombo come cancerogeno per gli animali confermato con rilevanza sconosciuta per l'uomo. Il TLV-TWA era basato sull'ACGIH BEI per il piombo e "intendeva minimizzare il potenziale di effetti avversi sulla salute che possono includere discrasie ematiche, ridotta velocità di conduzione nervosa, neuropatie periferiche, possibile disfunzione renale, spermatogenesi, compromissione dello sviluppo intellettuale nei bambini esposti condurre durante la gestazione e cancerogenicità "(ACGIH 2001b, p.1).
L'ACGIH osserva che "i valori ematici, piuttosto che le concentrazioni di piombo nell'aria dell'ambiente di lavoro, sono più strettamente correlati agli effetti sulla salute .... Il TLV-TWA è inteso a mantenere i livelli di piombo nel sangue degli operatori al di sotto del BEI di 30 μg/100 ml. Il mantenimento dei livelli ematici al livello o al di sotto di questo livello deve anche concentrarsi sul controllo dell'esposizione a fonti di piombo non disperse nell'aria, ad esempio meticoloso controllo delle condizioni ambientali delle piante, rigorosa pulizia personale e divieto di mangiare, bere e fumare nelle aree contaminate da piombo " (ACGIH 2001b, p.1).
La procedura per la gestione delle interferenze nei contratti d'appalto / Rev. 1.0 Aprile 2022
ID 15665 | Rev. 1.0 del 04.04.2022 / In allegato Procedura e schede
La procedura definisce le modalità con le quali il Committente valuta le possibili interferenze del proprio ciclo produttivo, e delle attività ad esso connesse, con quelli degli operatori economici ai quali intende affidare un contratto di appalto o d'opera o di somministrazione, secondo quanto previsto dall’articolo 26 del D.Lgs 81/08, e successive modificazioni e integrazioni, di seguito D.Lgs 81/08.
La Procedura, nel caso i rischi di interferenze siano accertati, fornisce le modalità con le quali definire il Documento Unico di Valutazione dei Rischi Interferenti, nonché la gestione del coordinamento e della cooperazione dei soggetti coinvolti.
La procedura riguarda principalmente le attività affidate da un operatore economico Committente ad altro operatore economico con un contratto di appalto o d'opera o di somministrazione regolati dal diritto privato, in particolare nel settore industriale (in settori merceologici diversi). Essa intende fornire alle aziende del comparto industriale uno strumento metodologico di carattere generale utile all’adempimento di quanto disposto dalla normativa nazionale in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro.
I criteri, i contenuti, le istruzioni operative contenute nella procedura possono essere però un riferimento anche per altre tipologie di attività.
Lo strumento vuole essere un utile ausilio per garantire al Committente, in applicazione di quanto previsto dall'articolo 26 del D.Lgs 81/08, un approccio sistematico alla valutazione e alla gestione dai rischi derivanti da interferenze e dunque dovrà essere adattato alle singole realtà aziendali nelle quali vengono rese operative la valutazione e la gestione delle interferenze.
01. Procedura per la valutazione e gestione delle Interferenze [pdf] Allegati 02. Diagramma di flusso [pdf] 03. Scheda 1 Committente [pdf/.doc] 04. Scheda 2 Autocertificazione [pdf/.doc] 05. Scheda 2 bis Contratto di concessione di uso “a freddo” [pdf/.doc] 06. Scheda 3 Operatore Economico [pdf/.doc] 07. Scheda 4 Verbale della riunione preliminare/periodica di sopralluogo, valutazione e cooperazione [pdf/.doc] 08. Scheda 5 Elaborazione del DUVRI [pdf/.doc]
Articolo 26Obblighi connessi ai contratti d'appalto o d'opera o di somministrazione
1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento di lavori, servizi e forniture all'impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all'interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda medesima, sempre che abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l'appalto o la prestazione di lavoro autonomo: (2) a) verifica, con le modalità previste dal decreto di cui all'articolo 6, comma 8, lettera g), l'idoneità tecnico professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori, ai servizi e alle forniture da affidare in appalto o mediante contratto d'opera o di somministrazione. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al periodo che precede, la verifica è eseguita attraverso le seguenti modalità: 1) acquisizione del certificato di iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato; 2) acquisizione dell'autocertificazione dell'impresa appaltatrice o dei lavoratori autonomi del possesso dei requisiti di idoneità tecnico professionale, ai sensi dell'articolo 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 28 dicembre 2000 n. 445; b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività.
2. Nell'ipotesi di cui al comma 1, i datori di lavoro, ivi compresi i subappaltatori: a) cooperano all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto; b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva.
3. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione e il coordinamento di cui al comma 2, elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze ovvero individuando, limitatamente ai settori di attività a basso rischio di infortuni e malattie professionali di cui all'articolo 29, comma 6-ter, con riferimento sia all'attività del datore di lavoro committente sia alle attività dell'impresa appaltatrice e dei lavoratori autonomi, un proprio incaricato, in possesso di formazione, esperienza e competenza professionali, adeguate e specifiche in relazione all'incarico conferito, nonché di periodico aggiornamento e di conoscenza diretta dell'ambiente di lavoro, per sovrintendere a tali cooperazione e coordinamento. In caso di redazione del documento esso è allegato al contratto di appalto o di opera e deve essere adeguato in funzione dell'evoluzione dei lavori, servizi e forniture. A tali dati accedono il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e gli organismi locali delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale. Dell'individuazione dell'incaricato di cui al primo periodo o della sua sostituzione deve essere data immediata evidenza nel contratto di appalto o di opera. Le disposizioni del presente comma non si applicano ai rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi. Nell'ambito di applicazione del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, tale documento è redatto, ai fini dell'affidamento del contratto, dal soggetto titolare del potere decisionale e di spesa relativo alla gestione dello specifico appalto. (3) (4)
3-bis. Ferme restando le disposizioni di cui ai commi 1 e 2, l'obbligo di cui al comma 3 non si applica ai servizi di natura intellettuale, alle mere forniture di materiali o attrezzature, ai lavori o servizi la cui durata non è superiore a cinque uomini-giorno, sempre che essi non comportino rischi derivanti dal rischio di incendio di livello elevato, ai sensi del decreto del Ministro dell'interno 10 marzo 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 64 alla Gazzetta Ufficiale n. 81 del 7 aprile 1998, o dallo svolgimento di attività in ambienti confinati, di cui al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011 n. 177, o dalla presenza di agenti cancerogeni, mutageni o biologici, di amianto o di atmosfere esplosive o dalla presenza dei rischi particolari di cui all'allegato XI del presente decreto. Ai fini del presente comma, per uomini-giorno si intende l'entità presunta dei lavori, servizi e forniture rappresentata dalla somma delle giornate di lavoro necessarie all'effettuazione dei lavori, servizi o forniture considerata con riferimento all'arco temporale di un anno dall'inizio dei lavori.» (3) (4)
3-ter. Nei casi in cui il contratto sia affidato dai soggetti di cui all'articolo 3, comma 34, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, o in tutti i casi in cui il datore di lavoro non coincide con il committente, il soggetto che affida il contratto redige il documento di valutazione dei rischi da interferenze recante una valutazione ricognitiva dei rischi standard relativi alla tipologia della prestazione che potrebbero potenzialmente derivare dall'esecuzione del contratto. Il soggetto presso il quale deve essere eseguito il contratto, prima dell'inizio dell'esecuzione, integra il predetto documento riferendolo ai rischi specifici da interferenza presenti nei luoghi in cui verrà espletato l'appalto; l'integrazione, sottoscritta per accettazione dall'esecutore, integra gli atti contrattuali.
4. Ferme restando le disposizioni di legge vigenti in materia di responsabilità solidale per il mancato pagamento delle retribuzioni e dei contributi previdenziali e assicurativi, l'imprenditore committente risponde in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall'appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) o dell'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA). Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.
5. Nei singoli contratti di subappalto, di appalto e di somministrazione, anche qualora in essere al momento della data di entrata in vigore del presente decreto, di cui agli articoli 1559, ad esclusione dei contratti di somministrazione di beni e servizi essenziali, 1655, 1656 e 1677 del codice civile, devono essere specificamente indicati a pena di nullità ai sensi dell'articolo 1418 del codice civile i costi delle misure adottate per eliminare o, ove ciò non sia possibile, ridurre al minimo i rischi in materia di salute e sicurezza sul lavoro derivanti dalle interferenze delle lavorazioni. I costi di cui primo periodo non sono soggetti a ribasso. Con riferimento ai contratti di cui al precedente periodo stipulati prima del 25 agosto 2007 i costi della sicurezza del lavoro devono essere indicati entro il 31 dicembre 2008, qualora gli stessi contratti siano ancora in corso a tale data. A tali dati possono accedere, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e gli organismi locali delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
6. Nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell'anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all'entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture. Ai fini del presente comma il costo del lavoro è determinato periodicamente, in apposite tabelle, dal Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più vicino a quello preso in considerazione.
7. Per quanto non diversamente disposto dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, come da ultimo modificate dall'articolo 8, comma 1, della legge 3 agosto 2007, n. 123, trovano applicazione in materia di appalti pubblici le disposizioni del presente decreto.
8. Nell'ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto o subappalto, il personale occupato dall'impresa appaltatrice o subappaltatrice deve essere munito di apposita tessera di riconoscimento (1) corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro.
8-bis. Nell’ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto o subappalto, i datori di lavoro appaltatori o subappaltatori devono indicare espressamente al datore di lavoro committente il personale che svolge la funzione di preposto. (6)
(Note)
(1) La l. 13 agosto 2010, n. 136, all’art. 5 dispone che nella tessera di riconoscimento, prevista dall'art. 18, comma 1, lett. u) dovrà essere precisata anche la data di assunzione e, in caso di subappalto, la relativa autorizzazione. (2) Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali - Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro-Circolare 10 febbraio 2011, n. 3328 "Lettera circolare in ordine alla approvazione della Procedura per la fornitura di calcestruzzo in cantiere." (3) Il Decreto Legge 21 giugno 2013 n. 69 - Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia, all'art. 32, c. 1, lett. a, dispone la sostituzione dei commi 3 e 3 bis (4) Comma modificato dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia (5) Decreto Legislativo 18 aprile 2016 n. 50 - Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori acqua, energia, trasporti (Codice degli appalti) (6) Comma aggiunto dalla Legge 17 dicembre 2021 n. 215 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2021 n. 146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili. (GU n.301 del 20.12.2021).[/panel]
Fornitura di calcestruzzo in cantiere: Chiarimenti / Quadro procedurale - Update 2022
ID 15362 | 04.01.2022 / Documenti allegati
Il Documento allegato fornisce Chiarimenti in merito alla fornitura e posa in opera di calcestruzzo preconfezionato in accordo con Circolari e Note emanate dal 2011 al 2020 (allegate), Sentenza in merito, altri Documenti d'interesse.
Allegati:
- Fornitura di calcestruzzo in cantiere Chiarimenti - Quadro procedurale
00. Procedura per la fornitura di calcestruzzo in cantiere 01. Nota INL 1753 del 11.08.2020 02. Focus m.1 Sicurezza nelle forniture di calcestruzzo-ruoli e responsabilità 03. Circolare MLPS 3328 del 10.02.2011 04. Procedura per la fornitura di calcestruzzo in cantiere ANCE 05. Circolare MLPS 10 febbraio 2016 n. 2597 06. Circolare CNI n. 315 del 14.11.2018
Chiarimenti in merito alla fornitura e posa in opera di calcestruzzo preconfezionato / Nota di aggiornamento INL
La Direzione centrale tutela, sicurezza e vigilanza del lavoro dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con la nota n. 1753 (allegato 01 / ndr), inviata ad agosto 2020, ha fornito agli Ispettorati interregionali e territoriali del lavoro, chiarimenti in merito alla fornitura e posa in opera di calcestruzzo preconfezionato.
La nota si è resa necessaria poiché gli Ispettorati territoriali e i coordinatori per la sicurezza in fase di esecuzione continuano a richiedere il piano operativo di sicurezza (POS) ai fornitori di calcestruzzo, anche in caso di mera fornitura del materiale.
La richiesta di POS viene motivata dal fatto che le imprese fornitrici di calcestruzzo non si limiterebbero alla mera fornitura, ma parteciperebbero anche alla posa in opera dello stesso, dal momento che l’operatore addetto al pompaggio del calcestruzzo sposta a distanza il braccio della pompa, seguendo le indicazioni dell’impresa esecutrice, mediante l’apposito radio-comando.
Tale interpretazione non è in linea con quanto riportato agli artt. 26, comma 3 bis, e 96, comma 1 bis, del D. Lgs. n. 81/2008, nella lettera circolare del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali del 10 febbraio 2011, recante “La procedura per la fornitura di calcestruzzo in cantiere” e nella nota prot. n. 2597 del 10/02/2016 (allegato 05 / ndr), emanata dalla DG per l’Attività Ispettiva del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
L’INL, con la nota in commento, ha ritenuto opportuno chiarire nuovamente gli elementi che distinguono la mera fornitura di calcestruzzo dalla fornitura e posa in opera dello stesso.
In particolare, la fattispecie della mera fornitura di calcestruzzo si realizza ove i lavoratori della ditta fornitrice non partecipano alle operazioni di getto del conglomerato, e non manovrano il terminale in gomma della pompa o la benna o il secchione nel caso di scarico dalla betoniera, ma si limitano a posizionare l’autobetoniera e la canala di distribuzione, o a direzionare, a distanza o da cabina, il braccio, ma non il terminale in gomma, della pompa per calcestruzzo o dell’autobetonpompa a seconda della modalità di consegna.
I lavoratori della ditta esecutrice, invece, provvedono alla posa in opera dirigendo materialmente il getto del calcestruzzo, manovrando e posizionando la benna, il secchione o il terminale in gomma della pompa, in modo da garantire l’omogenea distribuzione del conglomerato durante la lavorazione, nel rispetto della regola dell’arte.
Pertanto, le materiali attività dei lavoratori della ditta esecutrice che eseguono i getti (conducendo, ad esempio, il terminale in gomma della pompa), si distinguono da quelle degli addetti alla conduzione di pompe per calcestruzzo, generalmente dipendenti della ditta fornitrice, che consistono nella manovra del braccio della pompa per calcestruzzo, o dell’autobetonpompa, per effettuare la consegna (scarico) del materiale.
La fattispecie della fornitura e posa in opera del calcestruzzo, invece, si realizza quando i lavoratori della stessa azienda provvedono sia alla fornitura (consegna/scarico) del conglomerato sia alla sua posa in opera (esecuzione dei getti) effettuando entrambe le operazioni. In tal caso, l’impresa si configura contemporaneamente come fornitrice ed esecutrice.
Alla luce di tali indicazioni, l’Ispettorato chiarisce che il personale ispettivo dovrà verificare nel caso concreto se le fasi della fornitura e della posa in opera sono messe in atto da imprese diverse ovvero dalla stessa impresa.
Nel primo caso, dovrà accertarsi che la ditta che effettua la mera fornitura (impresa fornitrice) segua la Procedura approvata dalla Commissione Consultiva Permanente nel 2011 (allegato 04 / ndr), e che la ditta che esegue materialmente i getti (impresa esecutrice) abbia redatto il POS di cui all’articolo 89, comma 1, lett. h) del D. Lgs. n. 81/2008.
Nel secondo caso, l’ispettore dovrà verificare che l’unica impresa che effettua sia la fornitura che la posa in opera abbia redatto il POS relativo alle lavorazioni della fase della posa in opera.
Per quanto concerne la manovra del braccio della pompa, ANCE ricorda che l’operazione è svolta degli operatori pompisti dell’impresa fornitrice, che devono seguire il corso di formazione previsto dall’art. 73, comma 5, del D. Lgs. n. 81/2008 e dell’Accordo Stato-Regioni del 2012, allegato X.
Fig. Fornitura di calcestruzzo - POS
Per completezza di informazioni, si segnala che anche il Consiglio Nazionale degli Ingegneri (CNI), nel 2018 (allegato 06 / ndr), ha inviato agli ordini territoriali, una circolare, d’accordo con Ance, in cui ha ribadito che si tratta di mera fornitura di calcestruzzo nel caso in cui illavoratore non tenga e non manovri il terminale in gomma della pompa o la benna, il secchione e la canala nel caso di scarico da autobetoniera.
La discriminante, pertanto, non è l’uso della pompa o dell’autobetoniera, quanto la partecipazione alla posa in opera che si esplica, appunto, nello svolgimento da parte del lavoratore dell’impresa fornitrice di operazioni che competono ai lavoratori dell’impresa esecutrice.
Anche se, in caso di mera fornitura, non è obbligatoria la redazione del POS da parte dei fornitori, la procedura del ministero del Lavoro richiede che le informazioni tra i diversi soggetti coinvolti nell’operazione vengano scambiate, ad esempio nell’ambito di una riunione di coordinamento, attraverso documenti di cui sia possibile tenere traccia sia per dimostrare il coordinamento di cantiere, sia in caso specifico di infortunio.
Tale riunione dovrebbe essere promossa dal coordinatore per la sicurezza di cantiere, in modo da avere la possibilità di chiarire e constatare personalmente la natura della prestazione ed efficacia delle informazioni scambiate. ________
[box-info]Cassazione: obbligo Imprese fornitrici di calcestruzzo redazione POS anche con il solo incarico della ditta fornitrice di azionare la macchina e di comandare a distanza il braccio snodabile
La Sentenza n. 11739 del 10 marzo 2017 stabilisce che è necessario il POS anche per fornitura e il getto di calcestruzzo con l’autobetonpompa (che non è da considerare "merafornitura di materiali")
Infatti con la Sentenza n. 11739 del 10 marzo 2017, la suprema Corte ha sostenuto che sono assoggettate agli obblighi di redigere il POS, anche le imprese che effettuano la fornitura e posa in opera di materiali nei cantieri edili quali sono la fornitura e il getto di calcestruzzo con l’autobetonpompa, motivando che tale operazione non è da considerare "merafornitura di materiali".
La Corte di Cassazione a precisato che mettere a disposizione dell’impresa richiedente la fornitura anche dei lavoratori, come è avvenuto nel caso in esame, con l’incarico di azionare la macchina e di comandare a distanza il braccio snodabile comporta un contributo tecnico ed esecutivo da parte del personale della ditta fornitrice certamente eccedente la fornitura dei materiali e delle attrezzature. .. Vedi tutto l'articolo[/box-info]
[box-warning]Per la Cassazione l'azionamento della macchina e il comando a distanza del braccio snodabile non è "merafornitura di materiali"
Per la Cassazione (Sentenza n. 11739 del 10 marzo 2017) esiste l’obbligo da parte delle Imprese fornitrici di calcestruzzo dellaredazione POS anche con il solo incarico della ditta fornitrice di azionare la macchina e di comandare a distanza il braccio snodabile motivando che tale operazione non è da considerare "merafornitura di materiali".
Art. 96 - Obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti
1. I datori di lavoro delle imprese affidatarie e delle imprese esecutrici, anche nel caso in cui nel cantiere operi una unica impresa, anche familiare o con meno di dieci addetti:
a) adottano le misure conformi alle prescrizioni di cui all'allegato XIII; b) predispongono l'accesso e la recinzione del cantiere con modalità chiaramente visibili e individuabili; c) curano la disposizione o l'accatastamento di materiali o attrezzature in modo da evitarne il crollo o il ribaltamento; d) curano la protezione dei lavoratori contro le influenze atmosferiche che possono compromettere la loro sicurezza e la loro salute; e) curano le condizioni di rimozione dei materiali pericolosi, previo, se del caso, coordinamento con il committente o il responsabile dei lavori; f) curano che lo stoccaggio e l'evacuazione dei detriti e delle macerie avvengano correttamente; g) redigono il piano operativo di sicurezza di cui all'articolo 89, comma 1, lettera h).
1-bis. La previsione di cui al comma 1, lettera g), non si applica alle mere forniture di materiali o attrezzature. In tali casi trovano comunque applicazione le disposizioni di cui all'articolo 26.
2. L'accettazione da parte di ciascun datore di lavoro delle imprese del piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 100, nonché la redazione del piano operativo di sicurezza costituiscono, limitatamente al singolo cantiere interessato, adempimento alle disposizioni di cui all'articolo 17 comma 1, lettera a), all'articolo 26, commi 1, lettera b), 2, 3, e 5, e all'articolo 29, comma 3.[/box-note]
Procedura LOTO LOCKOUT/TAGOUT Disciplina | Format procedura
ID 5249 | Update Rev. 3.0 del 18.04.2021 / In allegato modello procedura
In allegato modello che illustra, con immagini, riferimenti normativi, l'applicazione della procedura di lockout/tagout.
La procedura di lockout/tagout è la metodologia più diffusa per effettuare l’isolamento sicuro delle fonti di alimentazione di una macchina/attrezzatura/processo e permette di elevare il livello di sicurezza durante la fase di manutenzione, ordinaria e straordinaria, mediante il controllo dell’energia pericolosa. Una procedura di lockout/tagout è applicabile in tutti i casi in cui permane il rischio derivante dall’avvio inatteso della macchina/attrezzatura/processo. Le potenziali fonti di energia pericolosa devono essere identificate, isolate e bloccate e/o contrassegnate prima dell’inizio dell’attività di manutenzione.
[box-info]Il modello allegato è stato elaborato sulla base dei seguenti riferimenti normativi:
- aggiornato modello procedura; - aggiornati riferimenti normativi; - inseriti nuovi moduli.[/panel]
Il modello risulta essere così strutturato:
[panel]Indice
1. Premessa 2. Riferimenti normativi 2.1 Direttiva macchine 2006/42/CE 2.2 ANSI/ASSE Z244.1 - 2016 2.3 OSHA 29 CFR 1910.147 2.4 CEI 11-27:2014 (Ed. IV) | Lavori su impianti elettrici 2.5 EN 60204-1:2018 | Equipaggiamento elettrico delle macchine Parte 1: regole generali 3. Definizioni 4. Obiettivo 5. Fasi procedura A. Procedura LOCKOUT/TAGOUT B. Scheda procedura controllo energia C. Applicazione procedura | Modulo ordine di lavoro D. Check list di verifica corretta applicazione procedura E. Registro di informazione, formazione ed addestramento procedura LOTO[/panel]
Estratto
[...]
3. Definizioni
“Persona autorizzata” (Authorized people): personale autorizzato ad applicare la procedura di lockout a seguito di specifico training.
“Persona interessata” (Affected people): il personale che opera nelle immediate vicinanze dell’impianto o macchinario sottoposto a lockout.
“LOCKOUT”: si intende il posizionamento di un lucchetto in corrispondenza della posizione OFF di un dispositivo di isolamento (sezionatore, valvola, ecc.) di una qualsiasi fonte energetica (energia elettrica, fluido pericoloso, ecc.).
“TAGOUT”: si intende il posizionamento di un cartello in corrispondenza del lucchetto usato per il lockout, riportante chiaramente il nominativo dell’operatore autorizzato.
4. Obiettivo
L'obiettivo di questa procedura è di stabilire un mezzo di controllo positivo per impedire l'avvio o l'attivazione accidentale di macchinari o sistemi durante la riparazione, la pulizia e/o la manutenzione.
Questa procedura è utile a:
[panel]1. stabilire un mezzo sicuro per arrestare macchinari, attrezzature e sistemi; 2. vietare al personale non autorizzato o ai sistemi di controllo remoto di avviare macchinari o apparecchiature durante la manutenzione; 3. fornire un sistema di controllo secondario (TAGOUT) quando è impossibile bloccare in maniera sicura il macchinario o l'attrezzatura; 4. stabilire la responsabilità per l'implementazione e il controllo delle procedure di LOCKOUT/TAGOUT.[/panel]
5. Fasi procedura
In linea di principio, la procedura di LOCKOUT/TAGOUT richiede che l’isolamento e la messa in sicurezza di una macchina o di un impianto avvenga secondo una sequenza preordinata che prepari la macchina stessa o l’apparecchiatura all’applicazione dei dispositivi di isolamento e di “lucchettaggio”.
Prepararsi all’interruzione temporanea
Un addetto individua le fonti di energia presenti che devono essere messe sotto controllo e identifica il metodo di controllo da usare.
Notifica
Occorre quindi informare tutte le persone interessate (affected) che si è in procinto di operare sul macchinario effettuando il “lucchettaggio” dello stesso.
L’addetto comunica alle persone interessate le informazioni seguenti:
- cosa verrà isolato/etichettato; - perché verrà isolato/etichettato; - la durata dell’indisponibilità dell’impianto; - chi è responsabile di LOCKOUT/TAGOUT; - chi contattare per maggiori informazioni.
[...]
Dispositivi per l’esecuzione della procedura
Fig. 3 - Esempi dispositivi per l’applicazione della procedura
[...]
A. Procedura LOCKOUT/TAGOUT
[...]
D. Check list di verifica corretta applicazione procedura
[...] Segue in allegato
Fonti ANSI/ASSE Z244.1 - 2016 - The Control of Hazardous Energy Lockout, Tagout and Alternative Method | Licenza Certifico Srl OSHA 29 CFR 1910.147 The control of hazardous energy (lockout/tagout) CEI 11-27:2014 Lavori su impianti elettrici (Ed. IV) EN 60204-1:2018 Sicurezza del macchinario- Equipaggiamento elettrico delle macchine Parte 1: regole generali Oregon OSHA’s guide to controlling hazardous energy Direttiva macchine 2006/42/CE
Adottato, con pubblicazione sul sito del MLPS il 14 Febbraio 2022 - (Avviso in GU n.43 del 21.02.2022), il Decreto del 20 dicembre 2021 del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e del Ministro della Salute, di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico, che recepisce la Direttiva n. 2019/1832/UE della Commissione del 24 ottobre 2019, recante modifica degli allegati I, II e III della direttiva 89/656/CEE del Consiglio per quanto riguarda adeguamenti di carattere strettamente tecnico.
In allegato nuovi modelli di scelta dei DPI lavoro, contenuti nella Direttiva (UE) 2019/1832 (modifica degli Allegati I, II e III direttiva 89/656/CEE) che doveva essere recepita entro il 20 Novembre 2021.
La Direttiva (UE) 2019/1832 della Commissione del 24 ottobre 2019 (in GU L279 del 31.10.2021) modifica gli allegati I, II e III della direttiva 89/656/CEE del Consiglio per quanto riguarda adeguamenti di carattere strettamente tecnico. La direttiva doveva essere recepita entro il 20 novembre 2021.
La direttiva 89/656/CEE stabilisce le prescrizioni minime per l’uso da parte dei lavoratori di attrezzature di protezione individuale durante il lavoro, che devono essere impiegate quando i rischi associati non possono essere evitati o sufficientemente limitati con mezzi tecnici di protezione collettiva o con misure, metodi o procedimenti di organizzazione del lavoro. Per facilitare l’elaborazione delle norme generali di cui all’articolo 6 della direttiva 89/656/CEE, gli allegati I, II e III della direttiva 89/656/CEE forniscono orientamenti non vincolanti intesi ad agevolare la scelta di attrezzature di protezione individuale adeguate ai rischi, alle attività e ai settori interessati.
Il regolamento (UE) 2016/425 del Parlamento europeo e del Consiglio stabilisce le disposizioni relative alla progettazione, alla fabbricazione e alla commercializzazione dei dispositivi di protezione individuale. Con tale regolamento è stata modificata la classificazione dei prodotti in base ai rischi da cui proteggono, per consentire ai datori di lavoro di comprendere e di rendere effettivo l’uso dei dispositivi di protezione individuale, come ulteriormente illustrato negli orientamenti sui dispositivi di protezione individuale (Personal Protective Equipment Guidelines), in cui vengono precisate procedure e questioni di cui al regolamento (UE) 2016/425.
Gli allegati I, II e III della direttiva 89/656/CEE sono stati aggiornati per fare in modo che risultino coerenti con la classificazione dei rischi di cui al regolamento (UE) 2016/425, con la terminologia ivi utilizzata e con le tipologie di dispositivi di protezione individuale di cui al regolamento (UE) 2016/425.
L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 89/656/CEE stabilisce che il datore di lavoro deve fornire attrezzature di protezione individuale conformi alle pertinenti disposizioni dell’Unione riguardanti la progettazione e costruzione in materia di sicurezza e sanità. A norma di tale articolo, i datori di lavoro che forniscono tali attrezzature ai loro dipendenti devono assicurarsi che queste posseggano i requisiti di cui al regolamento (UE) 2016/425.
Nell’allegato I della direttiva 89/656/CEE è riportato uno schema indicativo e non esauriente per l’inventario dei rischi ai fini dell’impiego di attrezzature di protezione individuale e sono definite le tipologie dei rischi che possono manifestarsi nei luoghi di lavoro in relazione alle varie parti del corpo che si intende proteggere con tali attrezzature. L’allegato I pertanto è stato modificato al fine di tenere conto di alcune nuove tipologie di rischio nei luoghi di lavoro e per garantire la coerenza con la classificazione dei rischi e con la terminologia utilizzata, in particolare nel regolamento (UE) 2016/425.
L’allegato II della direttiva 89/656/CEE contiene un elenco indicativo e non esauriente delle tipologie delle attrezzature di protezione individuale, per tenere conto delle nuove tipologie di rischio riportate nell’allegato I di detta direttiva. L’allegato II è stato modificato per includere esempi di attrezzature di protezione individuale attualmente disponibili sul mercato in conformità al regolamento (UE) 2016/425 e alla terminologia in esso utilizzata.
L’allegato III della direttiva 89/656/CEE contiene un elenco indicativo e non esauriente delle attività e dei settori di attività per i quali può rendersi necessario mettere a disposizione attrezzature di protezione individuale, nel quale sono riunite le classificazioni dei rischi di cui all’allegato I della direttiva e le tipologie di attrezzature di protezione individuale di cui all’allegato II della medesima direttiva. Per garantire la coerenza tra la terminologia e le classificazioni utilizzate nei tre allegati e il regolamento (UE) 2016/425, è stato riorganizzato l’allegato III della direttiva 89/656/CEE. Ciò consentirà ai datori di lavoro di vari settori e rami industriali di individuare con maggiore esattezza le attrezzature di protezione individuale che corrispondono alle attività specifiche e alle concrete tipologie dei rischi ai quali sono esposti i lavoratori, e di fornirle a questi ultimi, conformemente alle indicazioni della valutazione dei rischi. ... Allegato I - Rischi in relazione alle parti del corpo da proteggere con attrezzature di protezione individuale
Lavori con obbligo Sorveglianza Sanitaria: Riferimenti Normativi ed elenchi / Update 02.2022
ID 10213 | Rev. 7.0 del 12.02.2022 / Documento completo allegato
Il Documento allegato intende fornire un dettagliata tabella elenco delle attività che presentano rischi di cui al D.Lgs. 81/2008 per le quali è prevista la Sorveglianza Sanitaria, in relazione al Titolo del D.Lgs. 81/2008 ed alle altre norme vigenti. E' riportata, inoltre, una tabella elenco delle mansioni a rischio per le quali è previsto l’obbligo della sorveglianza sanitaria per la valutazione dell’assunzione di alcolici o di sostanze stupefacenti e psicotrope di cui all'Accordo CSR del 13.07.2017. Il Documento tiene conto delle disposizioni sulla sorveglianza sanitaria eccezionale di cui all'Art. 83 del Decreto-Legge 19 maggio 2020 n. 34 /altri.
[box-note]Update 12.02.2022 - Modificato paragrafo Sorveglianza sanitaria eccezionale di cui Art. 83 Decreto-Legge 19 maggio 2020 n. 34. Termine prorogato fino al 31 Marzo 2022. Decreto-Legge 24 dicembre 2021, n. 221 Misure urgenti per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell'epidemia da COVID-19. (GU n.96 del 22.04.2021) - Modificato paragrafo Sorveglianza sanitaria eccezionale di cui Art. 83 Decreto-Legge 19 maggio 2020 n. 34. Termine prorogato fino al 31 Dicembre 2021. Decreto-Legge 23 luglio 2021 n. 105 Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e per l'esercizio in sicurezza di attivita' sociali ed economiche. (GU n.175 del 23.07.2021) - Decreto-Legge 17 marzo 2020 n. 18(aggiornato Art. lavoratori fragili - tutele) - Decreto-Legge 19 maggio 2020 n. 34(aggiornato Art. 83 sorveglianza sanitaria eccezionale) - Decreto 4 febbraio 2022Individuazione delle patologie croniche con scarso compenso clinico e con particolare connotazione di gravita', in presenza delle quali, fino al 28 febbraio 2022, la prestazione lavorativa e' normalmente svolta in modalita' agile. (GU n.35 del 11.02.2022)[/box-note]
[box-note]Update 26.04.2021 - Modificato paragrafo Sorveglianza sanitaria eccezionale. Termine prorogato fino al 31 luglio 2021. Decreto-Legge 22 Aprile 2021 n. 52 Misure urgenti per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell'epidemia da COVID-19. (GU n.96 del 22.04.2021) Entrata in vigore del provvedimento: 23/04/2021[/box-note]
[box-note]Update 10.03.2021 - Modificato paragrafo Sorveglianza sanitaria eccezionale. Termine prorogato fino alla data di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19 e comunque non oltre il 30 Aprile 2021. - Decreto-Legge 31 dicembre 2020 n. 183 convertito con modificazioni con Legge 26 febbraio 2021 n. 21[/box-note]
[box-note]Update 04.01.2021 - Modificato paragrafo Sorveglianza sanitaria eccezionale. Termine prorogato fino alla data di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19 e comunque non oltre il 31 marzo 2021. Decreto -Legge 31 dicembre 2020 n. 183 | Decreto Mille proroghe 2021 Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, di realizzazione di collegamenti digitali, di esecuzione della decisione (UE, EURATOM) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, nonche' in materia di recesso del Regno Unito dall'Unione europea. (GU n. 323 del 31.12.2020)[/box-note]
[box-note]Update 05.11.2020 - Modificato paragrafo Sorveglianza sanitaria eccezionale. Termine prorogato al 31.12.2020[/box-note]
[box-note]Update 19.09.2020 - Inserite: - Sezione “Sorveglianza sanitaria eccezionale”; - Note su Circolare n. 13 del 04.09.2020.[/box-note]
La Sorveglianza Sanitaria è obbligatoria, in accordo con il Testo Unico Sicurezza, solo (Art. 41 del D.Lgs. 81/2008):
1. nei casi previsti dalla normativa vigente (rischi e alle condizioni previste nei titoli del D.Lgs. 81/2008) e altre norme IT. 2. dalle indicazioni fornite dalla Commissione consultiva permanente per la Salute e Sicurezza sul Lavoro.
Sono presenti varie posizioni degli addetti ai lavori relative alla legittimità di quanto riportato al punto 1, in particolare in relazione all'assenza nel D.Lgs. 81/2008 di attivare la Sorveglianza Sanitaria in relazione alle evidenze della Valutazione dei Rischi (Vedi a seguire Posizione SIMLII - Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale).
Posizione SIMLII - Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale
Le recenti Linee Guida della Società Italiana di Medicina del Lavoro (la più importante Società Scientifica in materia) recitano a proposito:
"Come si vede la norma nazionale enfatizza, rispetto alla direttiva comunitaria, il ruolo della SS introducendo regole molto rigide per la stessa attività del MdL-MC. In particolare, ad esempio, l’articolo 41 al comma 1 limita l’attivazione della SS esclusivamente ai casi previsti dalla normativa vigente, rimandando alla lista di rischi e alle condizioni previste nei titolo successivi. Nel corso dell’applicazione della normativa del nostro Paese è sorta la questione della legittimità di attivare una SS in assenza di rischi normati ma in presenza di una VdR che ne ha evidenziato la necessità quale efficace strumento di prevenzione e controllo periodico. A tale proposito si sono susseguite varie interpretazioni dei Servizi di Prevenzione delle ASL, talora tra loro discordanti (anche nella stessa regione).
Nell’attesa di una indicazione univoca di tipo istituzionale, se non legislativo, a parere della SIMLII, la SS è da considerarsi giustificabile ogniqualvolta la VdR (siano essi normati o meno) ne obiettivi un’utilità preventiva".
D.Lgs. 81/2008 ... Art. 41 Sorveglianza sanitaria
1. La sorveglianza sanitaria è effettuata dal medico competente: a) nei casi previsti dalla normativa vigente, (...) dalle indicazioni fornite dalla Commissione consultiva di cui all'articolo 6; b) qualora il lavoratore ne faccia richiesta e la stessa sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi lavorativi. 2. La sorveglianza sanitaria comprende: a) visita medica preventiva intesa a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui il lavoratore è destinato al fine di valutare la sua idoneità alla mansione specifica; b) visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica. La periodicità di tali accertamenti, qualora non prevista dalla relativa normativa, viene stabilita, di norma, in una volta l'anno. Tale periodicità può assumere cadenza diversa, stabilita dal medico competente in funzione della valutazione del rischio. L'organo di vigilanza, con provvedimento motivato, può disporre contenuti e periodicità della sorveglianza sanitaria differenti rispetto a quelli indicati dal medico competente; c) visita medica su richiesta del lavoratore, qualora sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi professionali o alle sue condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa dell'attività lavorativa svolta, al fine di esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica; d) visita medica in occasione del cambio della mansione onde verificare l'idoneità alla mansione specifica; e) visita medica alla cessazione del rapporto di lavoro nei casi previsti dalla normativa vigente. e-bis) visita medica preventiva in fase preassuntiva; e-ter) visita medica precedente alla ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi, al fine di verificare l'idoneità alla mansione. 2-bis. Le visite mediche preventive possono essere svolte in fase preassuntiva, su scelta del datore di lavoro, dal medico competente o dai dipartimenti di prevenzione delle ASL. La scelta dei dipartimenti di prevenzione non è incompatibile con le disposizioni dell'articolo 39, comma 3. 3. Le visite mediche di cui al comma 2 non possono essere effettuate: a) [Lettera soppressa dal D. Lgs 3 agosto 2009, n. 106]; b) per accertare stati di gravidanza; c) negli altri casi vietati dalla normativa vigente. 4. Le visite mediche di cui al comma 2, a cura e spese del datore di lavoro, comprendono gli esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente. Nei casi ed alle condizioni previste dall'ordinamento, le visite di cui al comma 2, lettere a), b), d), e-bis) e e-ter) sono altresì finalizzate alla verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti. 4-bis. Entro il 31 dicembre 2009, con accordo in Conferenza Stato-regioni, adottato previa consultazione delle parti sociali, vengono rivisitate le condizioni e le modalità per l'accertamento della tossicodipendenza e della alcol dipendenza. 5. Gli esiti della visita medica devono essere allegati alla cartella sanitaria e di rischio di cui all'articolo 25, comma 1, lettera c), secondo i requisiti minimi contenuti nell'Allegato 3A e predisposta su formato cartaceo o informatizzato, secondo quanto previsto dall'articolo 53. 6. Il medico competente, sulla base delle risultanze delle visite mediche di cui al comma 2, esprime uno dei seguenti giudizi relativi alla mansione specifica: a) idoneità; b) idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni; c) inidoneità temporanea; d) inidoneità permanente. 6-bis. Nei casi di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 6 il medico competente esprime il proprio giudizio per iscritto dando copia del giudizio medesimo al lavoratore e al datore di lavoro. 7. Nel caso di espressione del giudizio di inidoneità temporanea vanno precisati i limiti temporali di validità. 8. [Comma abrogato dal D. Lgs 3 agosto 2009, n. 106]. 9. Avverso i giudizi del medico competente, ivi compresi quelli formulati in fase preassuntiva, è ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo, all'organo di vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso. _______ Il decreto legge 3 giugno 2008, n. 97 (art. 4, comma 2), convertito con modificazioni dalla legge 2 agosto 2008, n. 129 ha modificato l'art. 41, comma 3, lettera a) Il decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207 (art. 32, comma 1), convertito con modificazioni con legge 27 febbraio 2009, n. 14, ha modificato l'art. 41, comma 3, lettera a)
Art. 42. Provvedimenti in caso di inidoneità alla mansione specifica
1. Il datore di lavoro, anche in considerazione di quanto disposto dalla legge 12 marzo 1999, n. 68, in relazione ai giudizi di cui all'articolo 41, comma 6, attua le misure indicate dal medico competente e qualora le stesse prevedano un'inidoneità alla mansione specifica adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni equivalenti o, in difetto, a mansioni inferiori garantendo il trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza. 2. [Comma abrogato dal D. Lgs 3 agosto 2009, n. 106]. _______ Legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Art. 1, comma 88)
Di seguito sono riportati i fattori, i lavori, le mansioni, le attività e le situazioni di rischio più frequenti che richiedono la Sorveglianza Sanitaria obbligatoria, quindi la nomina obbligatoria di un Medico Competente (secondo eventuali livelli) (Articolo indicata in parentesi) ...
(b) Non è previsto un Articolo del D.Lgs. 81/2008 per la Sorveglianza Sanitaria (nella colonna è riportato solo l’articolo di riferimento del rischio).
(c) E’ previsto un Articolo del D.Lgs. 81/2008 per la Sorveglianza Sanitaria, riportato nella colonna (la SS e la nomina del MC potrebbe non essere necessaria in relazione al rischio)
...
Sorveglianza sanitaria eccezionale / fino al 31 Marzo 2021
Decreto-Legge 19 maggio 2020 n. 34 Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonche' di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19. (GU n.128 del 19-05-2020 - SO n. 21) convertito in Legge 17 luglio 2020 n. 77 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, recante misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonche' di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19. (GU n.180 del 18-07-2020 - SO n. 25)
Art. 83 Sorveglianza sanitaria
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 41 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, per garantire lo svolgimento in sicurezza delle attivita' produttive e commerciali in relazione al rischio di contagio da virus SARS-CoV-2, fino alla data di cessazione dello stato di emergenza per rischio sanitario sul territorio nazionale, i datori di lavoro pubblici e privati assicurano la sorveglianza sanitaria eccezionale dei lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio, in ragione dell'eta' o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, anche da patologia COVID-19, o da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o comunque da comorbilita' che possono caratterizzare una maggiore rischiosita'. Le amministrazioni pubbliche provvedono alle attivita' previste al presente comma con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente.
I datori di lavoro pubblici e privati che non sono tenuti alla nomina del medico competente possono, pertanto, sino alla data del 31 Luglio 2021, nominarne uno o fare richiesta di visita medica per sorveglianza sanitaria dei lavoratori e delle lavoratrici fragili ai servizi territoriali dell’Inail, attraverso l’apposito servizio online. …
Lavoratori fragili
La produzione normativa e tecnica inerente il SARS-CoV 2 ha posto attenzione dapprima alla “persona fragile” e successivamente al “lavoratore fragile”:
“persona fragile”: portatore di patologie attuali o pregresse che la rendono suscettibile di conseguenze particolarmente gravi in caso di contagio, anche detti ipersuscettibili.
Una generica definizione può essere rintracciata nel DPCM 08/03/2020 e successivi fino al DPCM 26/04/2020 che all’art. 3, comma 1, lett b) prevede che “sia fatta espressa raccomandazione a tutte le persone anziane o affette da patologie croniche o con multi morbilità o con stati di immunodepressione congenita o acquisita, di evitare di uscire dalla propria abitazione o dimora fuori dai casi di stretta necessità”;
Attività obbligo SS valutazione alcol e stupefacenti
- Accordo CSR del 13.07.2017 lndirizzi per la prevenzione di infortuni gravi e mortali correlati all'assunzione di alcolici e di sostanze stupefacenti, l'accertamento di condizioni di alcol dipendenza e di tossicodipendenza e il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e di sicurezza sul lavoro ex articolo 5 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. - Legge 125/2001 Legge quadro in materia di alcol e di problemi alcol correlati - DPR 309/90 T.U. stupefacenti e sostanze psicotrope
Attività di cui all'Allegato A dell'Accordo CSR del 13.07.2017 (6) Tabella delle le mansioni a rischio per le quali è previsto l’obbligo della sorveglianza sanitaria per la valutazione dell’assunzione di alcolici o di sostanze stupefacenti e psicotrope (Allegato A)
Allegato A
Le attività lavorative che comportano a causa di infortunio nell'espletamento delle relative mansioni un elevato rischio per la sicurezza, l'incolumità e la salute per i lavoratori e per i terzi sono individuate nel seguente elenco:
... [box-info]Presenza di rischi particolari dovuti a condizioni di alcol dipendenza o di tossicodipendenza attività escluse allegato A
Accordo CSR del 13.07.2017 .... Se, nello svolgimento di attività lavorative non ricomprese nell'allegato A, dalla valutazione dei rischi di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a) emerga la presenza di rischi particolari dovuti a condizioni di alcol dipendenza o di tossicodipendenza, il datore di lavoro per prevenire infortuni al lavoratore stesso o agli altri lavoratori deve richiedere l'effettuazione di controlli dell'idoneità al lavoro alla Commissione ex art. 5 L. 300/1970, costituita presso le ASL territorialmente competenti.[/box-info]
(1) Titolo IV CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI Capo I Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili D.Lgs. 81/2008
Art. 88. Campo di applicazione
1. Il presente capo contiene disposizioni specifiche relative alle misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori nei cantieri temporanei o mobili quali definiti all'articolo 89, comma 1, lettera a).
2. Le disposizioni del presente capo non si applicano: a) ai lavori di prospezione, ricerca e coltivazione delle sostanze minerali; b) ai lavori svolti negli impianti connessi alle attività minerarie esistenti entro il perimetro dei permessi di ricerca, delle concessioni o delle autorizzazioni; c) ai lavori svolti negli impianti che costituiscono pertinenze della miniera: gli impianti fissi interni o esterni, i pozzi, le gallerie, nonché i macchinari, gli apparecchi e utensili destinati alla coltivazione della miniera, le opere e gli impianti destinati all'arricchimento dei minerali, anche se ubicati fuori del perimetro delle concessioni; d) ai lavori di frantumazione, vagliatura, squadratura e trasporto dei prodotti delle cave ed alle operazioni di caricamento di tali prodotti dai piazzali; e) alle attività di prospezione, ricerca, coltivazione e stoccaggio degli idrocarburi liquidi e gassosi nel territorio nazionale, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale e nelle altre aree sottomarine comunque soggette ai poteri dello Stato; f) ai lavori svolti in mare; g) alle attività svolte in studi teatrali, cinematografici, televisivi o in altri luoghi in cui si effettuino riprese, purché tali attività non implichino l'allestimento di un cantiere temporaneo o mobile. g-bis) ai lavori relativi a impianti elettrici, reti informatiche, gas, acqua, condizionamento e riscaldamento che non comportino lavori edili o di ingegneria civile di cui all'allegato X. g-ter), alle attività di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 272, che non comportino lavori edili o di ingegneria civile di cui all'allegato X. 2-bis. Le disposizioni di cui al presente titolo si applicano agli spettacoli musicali, cinematografici e teatrali e alle manifestazioni fieristiche tenendo conto delle particolari esigenze connesse allo svolgimento delle relative attività, individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, sentita la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, che deve essere adottato entro il 31 dicembre 2013.
(2) Art. 111 D.Lgs. 81/2008 Art. 111. Obblighi del datore di lavoro nell'uso di attrezzature per lavori in quota ... 8. Il datore di lavoro dispone affinché sia vietato assumere e somministrare bevande alcoliche e superalcoliche ai lavoratori addetti ai cantieri temporanei e mobili e ai lavori in quota.
(3) Art. 196 D.Lgs. 81/2008 Lavorazioni che espongono a valori di rumore superiori al valore d’azione, >85 dBA. Nel caso di lavoratori minorenni l'obbligo inizia per esposizioni superiori a 80 dBA (D.Lgs. 4 agosto 1999 n. 345).
(4) Art. 204 D.Lgs. 81/2008 Lavorazioni che espongono a vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio e/o al corpo intero, precisamente a valori superiori ai valori d’azione (sistema mano-braccio valore d’azione giornaliero fissato a 2.5 m/s2, corpo intero valore d’azione giornaliero fissato a 0.5 m/s2.
(5) Art. 286-bis. Ambito di applicazione D.Lgs. 81/2008 1. Le disposizioni del presente titolo si applicano a tutti i lavoratori che operano, nei luoghi di lavoro interessati da attività sanitarie, alle dipendenze di un datore di lavoro, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, ivi compresi i tirocinanti, gli apprendisti, i lavoratori a tempo determinato, i lavoratori somministrati, gli studenti che seguono corsi di formazione sanitaria e i sub-fornitori.
(6) Accordo CSR del 13.07.2017 Il medico competente, nell'effettuare le valutazioni sanitarie per accertare l'idoneità alla mansione specifica e il perdurare nel tempo di tale idoneità, in relazione al rischio di assunzione di alcol e/o sostanze stupefacenti/psicotrope e per accertare l'assenza di condizioni di dipendenza, ha l'obbligo di ispirare il proprio comportamento ai principi del codice ICOH di tutela della salute dei lavoratori, ivi compreso il recupero per il reinserimento lavorativo, e contestualmente di tenere in considerazione le situazioni in cui le condizioni di salute dei lavoratori possono comportare un danno a terzi. Le visite mediche di sorveglianza sanitaria che, ai sensi dell'art. 41 comma 4 del D.Lgs. 81/2008, sono "altresì finalizzate alla verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti", riguardano tutti i lavoratori che svolgono le attività di cui all'allegato A, con periodicità e frequenza stabilita dal medico competente in funzione degli esiti della valutazione del rischio di assunzione di alcol o di sostanze stupefacenti e comunque con periodicità almeno triennale. Tali visite comprendono una anamnesi ed un esame obiettivo.
(7) Art. 73 D.Lgs. 81/2008 … 5. In sede di Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sono individuate le attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione e le condizioni considerate equivalenti alla specifica abilitazione
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, 22 febbraio 2012 - Accordo ai sensi dell'art. 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano concernente l'individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione, in attuazione dell'art. 73, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modifiche e integrazioni. (Repertorio atti n. 53/CSR). (G.U. 12 marzo 2012, n. 60 - s.o. n. 47)
Valutazione del rischio ATEX centrali termiche gas
ID 12042 | 16.11.2020
Con la Nota VVF 5 Novembre 2020 Prot. n. 14766 "Valutazione della formazione di atmosfere potenzialmente esplosive per impianti di produzione del calore ricadenti nel campo di applicazione del DM 08/11/2019 - Quesiti", e' chiarito la valutazione rischio ATEX per gli impianti di produzione del calore a combustibile gassoso di portata termica complessiva maggiore di 35 kW di cui al decreto 8 novembre 2019, indipendentemente dal luogo di installazione, deve essere effettuata in accordo con lo stesso decreto e non con la procedura di valutazione di cui al titolo XI del D.Lgs. 81/2008, in quanto non si applica all'uso di “apparecchi”, discliplinati ATEX dalD.Lgs. 85/2016 (ATEX Prodotti).
1. Le disposizioni contenute nel presente decreto si applicano alla progettazione, realizzazione ed esercizio degli impianti per la produzione di calore civili extradomestici di portata termica complessiva maggiore di 35 kW alimentati da combustibili gassosi della 1a, 2a e 3a famiglia con pressione non maggiore di 0,5 bar, asserviti a: a) climatizzazione di edifici e ambienti; b) produzione di acqua calda, acqua surriscaldata e vapore; c) cottura del pane e di altri prodotti simili (forni) ed altri laboratori artigiani; d) lavaggio biancheria e sterilizzazione; e) cottura di alimenti (cucine) e lavaggio stoviglie, anche nell’ambito dell’ospitalità professionale, di comunità e ambiti similari.[/box-note]
Il decreto 8 novembre 2019 stabilisce, puntualmente, le situazioni in cui è necessario effettuare la valutazione del rischio di formazione di atmosfere potenzialmente esplosive (punto 2.2.1 e 2.2.2, secondo la indicazione del punto 8.1.6).
2.2.1 Disposizioni per i generatori di aria calda, i moduli a tubi radianti e i nastri radianti
1. Nel caso in cui le lavorazioni o le concentrazioni dei materiali in deposito negli ambienti da riscaldare comportino la formazione di gas, vapori e/o polveri suscettibili di dare luogo ad incendi e/o esplosioni, l'installazione deve garantire il raggiungimento degli obiettivi di cui all'art.2 del decreto attraverso la valutazione del rischio di formazione di atmosfere esplosive di cui al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e secondo le modalita' operative indicate dai relativi allegati, quale parte integrante della piu' generale valutazione del rischio di incendio prevista dal decreto legislativo medesimo. La possibilita' di installazione di tali apparecchi e pertanto subordinata all'individuazione delle zone classificate pericolose ai fini della formazione di atmosfere potenzialmente esplosive in presenza di gas e o di polveri combustibili e dell'estensione dei relativi volumi nell'ambiente di lavoro, in conformita' alle norme tecniche vigenti.
3. All'esterno di tali aree gli apparecchi a gas possono essere installati ad opportune distanze di sicurezza dalle superfici esterne dei volumi e/o dell'inviluppo delle zone classificate pericolose in cui si prevede la formazione di atmosfere potenzialmente esplosive.
2.2.2 Disposizioni per gli apparecchi di tipo A realizzati con diffusori radianti ad incandescenza
1. La possibilita' di installazione di apparecchi realizzati con diffusori radianti ad incandescenza in luoghi soggetti ad affollamento di persone, quali ad esempio i luoghi di culto, e subordinata all'effettuazione di una valutazione di rischio, che prenda in considerazione i fattori di rischio indicati alla Sezione 8 della presente regola tecnica, utili all'elaborazione delle conseguenti misure di prevenzione e protezione che garantiscano il raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 2 del decreto. In ogni caso devono essere rispettate le istruzioni, le avvertenze e le limitazioni di installazione, uso e manutenzione eventualmente specificate dal fabbricante degli apparecchi a gas.
8.1.6 Disposizioni particolari
1. Per la valutazione del rischio dovuto alla presenza delle linee di alimentazione del gas all'interno dell'ambiente, devono essere presi in esame almeno i seguenti fattori:
- individuazione delle sorgenti di emissione di una eventuale perdita di gas (trafilamenti da tenute di valvole, da giunzioni e raccordi delle tubazioni ecc.); - determinazione della portata di rilascio; - individuazione delle fonti di innesco efficaci; - valutazione delle aree con rischio di esplosione.
2. Per la riduzione del rischio entro limiti ritenuti accettabili possono essere prese in esame misure compensative riconducibili all'impianto interno del gas, ovvero ad altri apprestamenti quali, ad esempio, impianti di rivelazione ed allarme, valvole di intercettazione automatica del flusso, pressostati, prove di tenuta a cadenza periodica, etc, privilegiando in ogni caso, per le tubazioni del gas, un percorso il piu' possibile esterno al manufatto.
3. Deve essere rispettata una distanza minima di 4 m tra il piano di calpestio e gli elementi radianti.
4. La distanza tra gli elementi radianti ed eventuali materiali combustibili in deposito deve essere tale da impedire il raggiungimento di temperature pericolose sulla superficie dei materiali stessi ai fini dello sviluppo di eventuali incendi e/o reazioni di combustione, ed in ogni caso non minore di 1,5 m.[/box-note]
Fig. 1 - Procedura VR ATEX installazione di generatori di aria calda, moduli a tubi radianti, nastri radianti
1. Il presente titolo prescrive le misure per la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori che possono essere esposti al rischio di atmosfere esplosive come definite all'articolo 288. 2. Il presente titolo si applica anche nei lavori in sotterraneo ove è presente un'area con atmosfere esplosive, oppure è prevedibile, sulla base di indagini geologiche, che tale area si possa formare nell'ambiente. 3. Il presente titolo non si applica: a) alle aree utilizzate direttamente per le cure mediche dei pazienti, nel corso di esse; b) all'uso di apparecchi a gas di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 1996, n. 661; c) alla produzione, alla manipolazione, all'uso, allo stoccaggio ed al trasporto di esplosivi o di sostanze chimicamente instabili; d) alle industrie estrattive a cui si applica il decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624; e) all'impiego di mezzi di trasporto terrestre, marittimo, fluviale e aereo per i quali si applicano le pertinenti disposizioni di accordi internazionali tra i quali il Regolamento per il trasporto delle sostanze pericolose sul Reno (ADNR), l'Accordo europeo relativo al trasporto internazionale di merci pericolose per vie navigabili interne (ADN), l'Organizzazione per l'Aviazione civile internazionale (ICAO), l'Organizzazione marittima internazionale (IMO), nonché la normativa comunitaria che incorpora i predetti accordi. Il presente titolo si applica invece ai veicoli destinati ad essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva. ...[/box-note]
Il Modello DVR Rischio biologico Coronavirus Rev. 34.0 del 07 Aprile 2022 è stato completamente aggiornato alla cessazione dello stato di emergenza al 31.03.2022 (Decreto-Legge 24 marzo 2022 n. 24), che modifica sostanzialmente le misure di contenimento.
- Decreto-Legge 24 marzo 2022 n. 24 / Cessazione stato di emergenza Disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza. (GU n.70 del 24.03.2022).
In sintesi:
- Il 31 Marzo 2022 cessa lo stato emergenza Covid-19; - Dal 1° Aprile 2022 cessano gli effetti del DPCM 02 marzo 2021 (DPCM protocolli); - Dal 1° Aprile 2022 è necessario solo il green pass base per accedere ai luoghi di lavoro; - Dal 1° aprile 2022 è abolito il sistema della classificazione regionale a colori; - Dal 1° Maggio 2022 non sarà più necessario il green pass per accedere ai luoghi di lavoro.
Accesso al luogo di lavoro (vedi Fig. 1)
Dal 1° aprile 2022 sarà possibile per tutti, compresi gli over 50, accedere ai luoghi di lavoro con il Green Pass Base per il quale dal 1° maggio verrà eliminato l’obbligo. Fino al 31 dicembre 2022 resta l’obbligo vaccinale con la sospensione dal lavoro per gli esercenti le professioni sanitarie e i lavoratori negli ospedali e nelle RSA; fino alla stessa data rimane il green pass per visitatori in RSA, hospice e reparti di degenza degli ospedali.
Fig. 1 Accesso al luogo di lavoro - timeline (escluso RSA / Ospedali)
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[box-info]Aggiornamenti:
Il Prodotto "fotografa" la normativa e i documenti alla data del 07 Aprile 2022 e sarà aggiornato in relazione ad evoluzioni normative o altro (download gratuito nuove revisioni).[/box-info]
Art. 28 Oggetto della valutazione dei rischi ... c1. lett a) una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa.[/box-info]
La specifica valutazione per il rischio da agenti biologici (COVID-19) è prevista dal titolo X. Una valutazione del rischio specifico per COVID-19 è obbligatoria per tutte le fattispecie in cui il rischio legato all’attività sia diverso da quello della popolazione generale (vedi ancheDirettiva (UE) 2020/739 del 3 giugno 2020).
Nell’ambiente di lavoro, il lavoratore è tenuto ad esempio a contatto con fornitori/clienti, a viaggi di lavoro, a interazione con soggetti potenzialmente infetti ecc.
Tali interazioni nell’ambiente di lavoro modificano potenzialmente il livello di rischio COVID-19 nel luogo di lavoro.
Si applica quindi il titolo X sugli agenti biologici e i disposti generali del titolo I del D.Lgs. 81/08.
L'EU OSHA ha precisato nel Documento COVID-19 EU-OSHA guidance for the workplace, che Le misure contro il COVID-9 dovrebbero essere incluse nella valutazione del rischio sul luogo di lavoro che copre tutti i rischi, compresi quelli causati da agenti biologici, come stabilito dalla legislazione nazionale e dell'UE in materia di salute e sicurezza sul lavoro. L'OSHA US nel Guidance on Preparing Workplaces for COVID-19, ha strutturato una stima del rischio a livelli per diversi tipi di attività, come simile già inserita nel DOC dalla Rev. 5.0.
In allegato tutti i Modelli di Documento Valutazione dei Rischi biologico (Coronavirus), valido per tutte le Aziende non sospese (con esclusione di quelle sanitarie), in accordo con il:
Decreto-Legge 16 maggio 2020 n. 33 (GU n.125 del 16-05-2020), convertito in legge dalla Legge 14 luglio 2020 n. 74 (GU n.177 del 15-07-2020) … Articolo 1 (Misure di contenimento della diffusione del COVID-19) ... L'adozione dei Protocolli come misure di contenimento (dal 1° Aprile 2022 cessano gli effetti del DPCM 02 marzo 2021) è comunque prevista da:
[box-info]Rischio biologico Coronavirus | Titolo X D.Lgs. 81/08: aggiornamenti
Nella Rev. 34.0 il documento è stato completamente aggiornato per la cessazione dello stato di emergenza al 31.03.2022 (Decreto-Legge 24 marzo 2022 n. 24), che modifica sostanzialmente le misure di contenimento dal 1° Aprile 2022.
Aggiornati: Premessa, Cap. 00, 0, Cap. 3.1 (inserita Definizione di contatto stretto), Cap 3.2, Cap. 3.3, Cap. 3.4, Cap. 3.5, Cap. 3.6, Cap. 3.8, Cap. 3.10, Cap. 4, Cap 5.2. - DPCM 02 Marzo 2021misure prorogate dal 1° Maggio 2021 al 31 Luglio 2021 dal DL 22 Aprile 2021 n. 52 (GU n.96 del 22.04.2021) Aggiornato Allegato II – Normativa: - Decreto-Legge 22 Aprile 2021 n. 52
Aggiunto: Cap. 00 Aggiornati: Cap. 1.7, Cap. 2, Cap 3.2, Cap. 3.3, Cap. 3.4, Cap. 3.5, Cap. 3.6, Cap. 3.8 e Cap 5.2. Aggiornato Allegato II – Normativa: - DPCM 3 Dicembre 2020 efficacia dal 4 Dicembre 2020 al 15 Gennaio 2021 - Staying safe from COVID-19 during winter
Update 24.0 del 11 Novembre 2020
Aggiunto: Cap. 00 Aggiornati: Cap. 1.7, Cap. 2, Cap 3.2, Cap. 3.3, Cap. 3.4, Cap. 3.5, Cap. 3.6, Cap. 3.8 e Cap 5.2. Aggiornato Allegato II – Normativa: - DPCM 3 Novembre 2020 misure efficaci dal 6 Novembre 2020
Update 23.0 del 27 Ottobre 2020
- Aggiornati: Cap. 1.7, Cap. 2, Cap 3.2, Cap. 3.3, Cap. 3.4, Cap. 3.5, Cap. 3.6, Cap. 3.8 e Cap 5.2. - Aggiornato Allegato II – Normativa: - DPCM 24 Ottobre 2020 misure efficaci fino al 24 Novembre 2020
Update 22.0 del 13 Ottobre 2020
- Aggiornata: Sezione Coronavirus (Decreto-Legge 7 Ottobre n. 125) - Aggiornati: Cap. 1.7, Cap. 2, Cap 3.2, Cap. 3.3, Cap. 3.4, Cap. 3.5, Cap. 3.6, Cap 3.14.1, Cap. 4, 5.2 e Cap. 5.3.1.2 - Aggiornati Allegato II – Normativa: - DPCM 13 Ottobre 2020 misure efficaci al 13 Novembre 2020 - Decreto-Legge 7 Ottobre n. 125 proroga fino al 31 Gennaio 2021 dello stato di emergenza COVID-19
Update 21.0 dell'08 Settembre 2020
- Aggiornati: Cap. 1.3, 1.7, 2, 3.2, 3.,3, 3.4, 3.5, 3.6, 3.8, 3.13, 5.2 - Aggiornato Cap. 3.14.1 (Circolare 13 del 4 Settembre 2020) - Aggiornato Cap. 3.14.2 (Circolare 13 del 4 Settembre 2020) - Aggiornato Cap. 4. (Circolare 13 del 4 Settembre 2020) - Aggiunti Allegato II - Normativa: - DPCM 07 settembre 2020 misure efficaci fino al 7 ottobre 2020 - Circolare 13 del 4 Settembre 2020 (Chiarimenti lavoratori fragili)
Update 20.0 dell'08 Agosto 2020
- Aggiornati: Cap. 1.3, 1.7, 2, 3.2, 3.,3, 3.4, 3.5, 3.6, 3.8, 3.13, 5.2 - Modificata Sez. 5.3.1.1 Validazione straordinaria ed in deroga dei DPI - Aggiunta Sez 5.3.1.2 Validazione in deroga Mascherine e DPI separati se Produttori UE o Importatori - Aggiornata Sezione: Allegato II – Normativa: - DPCM 07 agosto 2020 misure efficaci fino al 7 settembre 2020
- Aggiornato Cap. 2 - Aggiornata Sezione: Allegato II – Normativa: - - DPCM 14 luglio 2020proroga fino al 31 luglio delle misure del DPCM 11 giugno 2020
- Inserito il D.P.C.M. 17 maggio 2020 - Inserito COVID-19 Tempo di permanenza e disinfettanti (Cap. 0) - Inserite Note Sanificazione ISS e altri (cap. 3.8.1) - Inserito Ruolo medico competente lavoratori fragili (Cap. 3.10.1) - Aggiornato paragrafo su Valutazione del Medico Competente (Cap. 4) - Aggiunto paragrafo “Firme comitato” nel paragrafo finale “Firme” del DVR (Cap. 6) - Aggiunto Linee guida / Linee CSR del 16 maggio 2020 /Ordinanze regionali (Cap. 3.7) - Modificato Misure generali di protezione DPCM 17 Maggio 2020 (Cap. 5.2) - Aggiornato Allegato II – Normativa - Eliminati Cap. - - 2.1 Comunicazione sospensione attività - - 2.1.1 Modello attività commerciali al dettaglio - - 2.1.2 Modello attività produttive industriali e commerciali - - 2.1.3 Modello attività dei servizi di ristorazione - - 2.1.4 Modello attività dei servizi alla persona
Nella Rev. 4.1 si precisa che per il coronavirus (agente biologico gruppo 2) non è prevista la comunicazione di cui all’Art. 269 c.1, in quanto il rischio biologico da coronavirus, non è legato all’attività che ne fa “uso”, ma è un rischio biologico potenziale “nel contesto dell’organizzazione”.
Art. 269.Comunicazione
1. Il datore di lavoro che intende esercitare attività che comportano uso di agenti biologici dei gruppi 2 o 3, comunica all'organo di vigilanza territorialmente competente le seguenti informazioni, almeno trenta giorni prima dell'inizio dei lavori: a) il nome e l'indirizzo dell'azienda e il suo titolare; b) il documento di cui all'articolo 271, comma 5. …
Update 4.0 del 15.03.2020
- Documento è strutturato come aggiornamento DVR - Aggiornato il DPCM 8 Marzo 2020 alla luce dei provvedimenti:
Nella Rev. 3.0 è stato aggiunto il D.P.C.M. 11 Marzo 2020 | Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6 (GU n. 64 del 11-03-2020), recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull'intero territorio nazionale.
Il D.P.C.M 11 Marzo 2020 dispone la sospensione di alcune attività ed un aggiornamento della valutazione del rischio di quelle non sospese finalizzato ad individuare nuove misure per la riduzione del rischio di esposizione ad agente biologico.
1. Eliminato il D.P.C.M. 1° Marzo 2020 | Ulteriori misure COVID-19 abrogato dal D.P.C.M. 8 Marzo 2020 Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19. (GU n.59 del 08-03-2020). Le disposizioni delD.P.C.M. 8 Marzo 2020producono effetto dalla data dell’8 marzo 2020 e sono efficaci, salve diverse previsioni contenute nelle singole misure, fino al 3 aprile 2020.
1. Le disposizioni del presente decreto producono effetto dalla data dell’8 marzo 2020 e sono efficaci, salve diverse previsioni contenute nelle singole misure, fino al 3 aprile 2020. 2. Le misure di cui agli articoli 2 e 3 si applicano anche ai territori di cui all’art. 1, ove per tali territori non siano previste analoghe misure più rigorose.3. Dalla data di efficacia delle disposizioni del presente decreto cessano di produrre effetti i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo e 4 marzo 2020. 4. Resta salvo il potere di ordinanza delle Regioni, di cui all’art. 3, comma 2, del decreto-legge 23 febbraio 2020 n. 6. 5. Le disposizioni del presente decreto si applicano alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione.
Update 0.0 del 29.02.2020: In allegato modello compilabile formato.doc: Autocertificazione visitatori/fornitori[/box-info]
Il presente documento analizza come integrare il proprio documento di valutazione del rischio a seguito della diffusione del coronavirus. L’analisi si sofferma sulle diverse misure di prevenzione che possono essere adottate in base agli scenari lavorativi ipotizzabili. Si fa riferimento alla Circolare Min. Salute n. 3190 del 03.02.2020 (operatori a “contatto con il pubblico”), (valutare come spunto per possibile estensione ad altre e più ampie attività lavorative/mansioni delle organizzazioni del settore pubblico/privato).
Il documento può essere inteso, anche, come "Istruzione Operativa di norme di comportamento precauzionali", essendo la presenza del virus, non identificabile in una determinata attività lavorativa, ma essendo il lavoro una condizione per la quale potenzialmente si può venire a contatto con persone esposte/potenzialmente esposte (es. autotrasportatori che possono venire a contatto con persone in zone a rischio contagio, in aree di sosta, ecc).
[box-info]Il rischio da agenti biologici deve essere contestualizzato “durante l’attività lavorativa” dell’organizzazione, e non può essere oggetto di generalizzazione per tutte le attività lavorative / tutte le “mansioni” di una attività lavorativa. Concentrare l’attenzione per tutto ciò che può essere “veicolo per il virus” durante l’attività lavorativa che viene svolta all’interno o all’esterno del perimetro aziendale. Inoltre la stessa azienda potrebbe essere interessata da “veicoli di virus” provenienti dall’esterno.[/box-info]
E’ da precisare, inoltre, che alla data della presente, non sono state emanate specifiche disposizioni MLPS, CSR o altri sul rischio biologico da coronavirus in relazione all'epidemia in atto. ... _______
Excursus
Il presente documento analizza il Rischio coronavirus nel luogo di lavoro ed integra il Documento di Valutazione del Rischio (Art. 17 e 28 del D.Lgs. 81/2008) a seguito della diffusione del coronavirus (COVID-19) nel territorio nazionale, per la parte luogo di lavoro in accordo con:
- Il 31 Marzo 2022 cessa lo stato emergenza Covid-19; - Dal 1° Aprile 2022 cessano gli effetti del DPCM 02 marzo 2021 (DPCM protocolli); - Dal 1° Aprile 2022 è necessario solo il green pass base per accedere ai luoghi di lavoro; - Dal 1° aprile 2022 è abolito il sistema della classificazione regionale a colori; - Dal 1° Maggio 2022 non sarà più necessario il green pass per accedere ai luoghi di lavoro.
Accesso al luogo di lavoro (vedi Fig. 1)
Dal 1° aprile 2022 sarà possibile per tutti, compresi gli over 50, accedere ai luoghi di lavoro con il Green Pass Base per il quale dal 1° maggio verrà eliminato l’obbligo. Fino al 31 dicembre 2022 resta l’obbligo vaccinale con la sospensione dal lavoro per gli esercenti le professioni sanitarie e i lavoratori negli ospedali e nelle RSA; fino alla stessa data rimane il green pass per visitatori in RSA, hospice e reparti di degenza degli ospedali.
Fig. 1 Accesso al luogo di lavoro - timeline (escluso RSA / Ospedali)
Dal 1° Aprile 2022 restano comunque in vigore (in particolare):
Il documento può essere inteso, anche, come "Istruzione Operativa di norme di comportamento precauzionali", essendo la presenza del virus, non identificabile in una determinata attività lavorativa, ma essendo il lavoro una condizione per la quale potenzialmente si può venire a contatto con persone esposte/potenzialmente esposte (es. autotrasportatori che possono venire a contatto con persone in zone a rischio contagio, in aree di sosta, ecc.).
Il rischio biologico è disciplinato per i lavoratori dal Titolo X del D. Lgs. 81/08.
[panel]D. Lgs. 81/08 ... Titolo X ESPOSIZIONE AD AGENTI BIOLOGICI
1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività lavorative nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici. ...[/panel]
Ai sensi del Titolo X s’intende per:
[panel]a) agente biologico: qualsiasi microrganismo anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni; b) microrganismo: qualsiasi entità microbiologica, cellulare o meno, in grado di riprodursi o trasferire materiale genetico; c) coltura cellulare: il risultato della crescita in vitro di cellule.[/panel]
Min Salute ... OGGETTO: Indicazioni per gli operatori dei servizi/esercizi a contatto con il pubblico. In relazione alla epidemia da coronavirus 2019-nCoV, in corso nella Repubblica popolare cinese, sono pervenute a questo Ministero richieste di chiarimenti circa i comportamenti da tenersi da parte degli operatori che, per ragioni lavorative, vengono a contatto con il pubblico. ...
Con riguardo, specificatamente, agli operatori di cui all’oggetto si rappresenta preliminarmente che, ai sensi della normativa vigente (D. Lgs. 81/2008), la responsabilità di tutelarli dal rischio biologico è in capo al datore di lavoro, con la collaborazione del medico competente.[/panel]
I Coronavirus sono una vasta famiglia di virus noti per causare malattie che vanno dal comune raffreddore a malattie più gravi come la Sindrome respiratoria mediorientale (MERS) e la Sindrome respiratoria acuta grave (SARS).
Il virus che causa l'attuale epidemia di coronavirus è stato chiamato "Sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2" (SARS-CoV-2).
La malattia provocata dal nuovo Coronavirus ha un nome: “COVID-19” (dove "CO" sta per corona, "VI" per virus, "D" per disease e "19" indica l'anno in cui si è manifestata). I sintomi più comuni includono febbre, tosse, difficoltà respiratorie. Nei casi più gravi, l'infezione può causare polmonite, sindrome respiratoria acuta grave, insufficienza renale e persino la morte. La maggior parte delle persone (circa l'80%) guarisce dalla malattia senza bisogno di cure speciali. Circa 1 persona su 6 con COVID-19 si ammala gravemente e sviluppa difficoltà respiratorie. Le persone più suscettibili alle forme gravi sono gli anziani e quelle con malattie pre-esistenti, quali diabete e malattie cardiache.
Il nuovo Coronavirus è un virus respiratorio che si diffonde principalmente attraverso il contatto stretto con una persona malata. La via primaria sono le goccioline del respiro delle persone infette ad esempio tramite:
- la saliva, tossendo e starnutendo - contatti diretti personali - le mani, ad esempio toccando con le mani contaminate (non ancora lavate) bocca, naso o occhi.
Normalmente le malattie respiratorie non si tramettono con gli alimenti, che comunque devono essere manipolati rispettando le buone pratiche igieniche ed evitando il contatto fra alimenti crudi e cotti.
Studi sono in corso per comprendere meglio le modalità di trasmissione del virus.
Il periodo di incubazione varia tra 2 e 12 giorni; 14 giorni rappresentano il limite massimo di precauzione. ....
Il Titolo X classifica gli agenti biologici in 4 gruppi:
[panel]a) agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta poche probabilità di causare malattie in soggetti umani; b) agente biologico del gruppo 2: un agente che può causare malattie in soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori; è poco probabile che si propaga nella comunità; sono di norma disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche; c) agente biologico del gruppo 3: un agente che può causare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori; l’agente biologico può propagarsi nella comunità, ma di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche; d) agente biologico del gruppo 4: un agente biologico che può provocare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori e può presentare un elevato rischio di propagazione nella comunità; non sono disponibili, di norma, efficaci misure profilattiche o terapeutiche.[/panel]
1. Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio di cui all’articolo 17, comma 1, tiene conto di tutte le informazioni disponibili relative alle caratteristiche dell’agente biologico e delle modalità lavorative, ed in particolare:
a) della classificazione degli agenti biologici che presentano o possono presentare un pericolo per la salute umana quale risultante dall’ALLEGATO XLVI o, in assenza, di quella effettuata dal datore di lavoro stesso sulla base delle conoscenze disponibili e seguendo i criteri di cui all’articolo 268, commi 1 e 2; b) dell’informazione sulle malattie che possono essere contratte; c) dei potenziali effetti allergici e tossici; d) della conoscenza di una patologia della quale è affetto un lavoratore, che è da porre in correlazione diretta all’attività lavorativa svolta; e) delle eventuali ulteriori situazioni rese note dall’autorità sanitaria competente che possono influire sul rischio; f) del sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologici utilizzati.
2. Il datore di lavoro applica i principi di buona prassi microbiologica, ed adotta, in relazione ai rischi accertati, le misure protettive e preventive di cui al presente Titolo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative.
3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche dell’attività lavorativa significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall’ultima valutazione effettuata.[/panel]
Con la Direttiva (UE) 2020/739 del 3 giugno 2020 la "Sindrome respiratoria acuta grave da coronavirus 2 (SARS-CoV-2)" è inserita nell’allegato III della direttiva 2000/54/CE (direttiva agenti biologici, nella tabella relativa ai VIRUS (Ordine «Nidovirales», Famiglia «Coronaviridae», Genere «Betacoronavirus») è inserita la seguente voce tra «Sindrome respiratoria acuta grave da coronavirus (virus SARS)» e «Sindrome respiratoria medio-orientale da coronavirus (virus MERS)»:
Il rigoroso rispetto e l’applicazione delle disposizioni nazionali che recepiscono le norme dell’Unione in materia di salute e sicurezza sul lavoro sono, più che mai, di massima importanza. La direttiva 2000/54/CE stabilisce norme per la protezione dei lavoratori contro i rischi che derivano o possono derivare per la loro sicurezza e salute dall’esposizione agli agenti biologici durante il lavoro, ivi comprese norme per la prevenzione di tali rischi. Essa si applica alle attività in cui i lavoratori sono o possono essere esposti ad agenti biologici a causa della loro attività lavorativa e stabilisce, per qualsiasi attività che possa comportare un rischio di esposizione ad agenti biologici, le misure da adottare al fine di determinare la natura, il grado e la durata dell’esposizione dei lavoratori a tali agenti.
L’allegato III della direttiva 2000/54/CE stabilisce l’elenco degli agenti biologici di cui è noto che possono causare malattie infettive nell’uomo, classificati secondo il livello del rischio di infezione. Conformemente alla nota introduttiva 6 di tale allegato, l’elenco dovrebbe essere modificato per tenere conto delle conoscenze più recenti riguardo agli sviluppi scientifici ed epidemiologici che hanno determinato notevoli cambiamenti, compresa l’esistenza di nuovi agenti biologici.
Il SARS-CoV-2 può causare gravi malattie umane nella popolazione infetta, presentando un serio rischio in particolare per i lavoratori anziani e quelli con una patologia soggiacente o una malattia cronica. Attualmente non sono disponibili vaccini o cure efficaci, ma si stanno compiendo sforzi significativi a livello internazionale e finora è stato individuato un numero considerevole di vaccini candidati.
Tenuto conto delle prove scientifiche più recenti e dei dati clinici disponibili nonché dei pareri forniti da esperti che rappresentano tutti gli Stati membri, il SARS-CoV‐2 dovrebbe quindi essere classificato come patogeno per l’uomo del gruppo di rischio 3. Vari Stati membri e Stati dell’EFTA nonché altri paesi terzi hanno iniziato ad adottare misure riguardanti la classificazione del SARS-CoV‐2 nel gruppo di rischio 3.
Alla luce della gravità della pandemia di Covid‐19 a livello mondiale e in considerazione del fatto che ogni lavoratore ha diritto a un ambiente di lavoro sano, sicuro e adeguato, come previsto dal principio 10 del pilastro europeo dei diritti sociali, la presente direttiva dovrebbe prevedere un periodo di recepimento breve.
Sulla base di un’ampia consultazione è stato ritenuto appropriato un periodo di recepimento di cinque mesi. Viste le circostanze eccezionali, gli Stati membri sono invitati ad attuare la presente direttiva prima del termine di recepimento, ove possibile.[/box-warning]
Il rischio da contagio da SARS-CoV-2 in occasione di lavoro può essere classificato secondo tre variabili: - Esposizione: la probabilità di venire in contatto con fonti di contagio nello svolgimento delle specifiche attività lavorative (es. settore sanitario, gestione dei rifiuti speciali, laboratori di ricerca, ecc.); - Prossimità: le caratteristiche intrinseche di svolgimento del lavoro che non permettono un sufficiente distanziamento sociale (es. specifici compiti in catene di montaggio) per parte del tempo di lavoro o per la quasi totalità; - Aggregazione: la tipologia di lavoro che prevede il contatto con altri soggetti oltre ai lavoratori dell’azienda (es. ristorazione, commercio al dettaglio, spettacolo, alberghiero, istruzione, ecc.).
Prossimità 0 = lavoro effettuato da solo per la quasi totalità del tempo; 1 = lavoro con altri ma non in prossimità (es. ufficio privato); 2 = lavoro con altri in spazi condivisi ma con adeguato distanziamento (es. ufficio condiviso); 3 = lavoro che prevede compiti condivisi in prossimità con altri per parte non predominante del tempo (es. catena di montaggio); 4 = lavoro effettuato in stretta prossimità con altri per la maggior parte del tempo (es. studio dentistico). ...
...
1.3 Strategie di Prevenzione
Sulla base di tale approccio di matrice di rischio si possono adottare una serie di misure atte a prevenire/mitigare il rischio di contagio per i lavoratori. La gestione della prima fase emergenziale ha permesso di acquisire esperienze prevenzionali che possono essere utilmente sviluppate nella seconda fase. ...
...
Tabella 1 - Riepilogo delle classi di rischio e aggregazione sociale
.. 1.5 Individuazione Classe di Rischio
... 1.6 Misure ...
1.7 Applicazione Protocolli ...
Come gestire il rischio (SARS-CoV-2) in azienda dal 1° Aprile
In tutte le attività lavorative e non gli obblighi di Valutazione dei rischi (tra cui SARS-CoV-2) sono previsti dall’Art. 28 del D.Lgs. 81/2008.
Il Processo di Valutazione dei Rischi COVID-19 lavoro può essere così schematizzato:
(*) Scegliere il metodo adeguato - L'EU OSHSA ha precisato nel Documento COVID-19 EU-OHCA guidance for the workplace, che “le misure contro il COVID-9 dovrebbero essere incluse nella valutazione del rischio sul luogo di lavoro che copre tutti i rischi, compresi quelli causati da agenti biologici, come stabilito dalla legislazione nazionale e dell'UE in materia di salute e sicurezza sul lavoro”. - L'OSHA US nella Guidance on Preparing Workplaces for COVID-19, ha strutturato una stima del rischio a livelli per diversi tipi di attività.
(**) Possono includere misure quali green pass base (obbligo fino al 30 Aprile 2022), vaccinazioni, ecc (misure attuate dopo la VR).
Il Decreto-Legge 24 marzo 2022 n. 24 Disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza. (GU n.70 del 24.03.2022) modifica sostanzialmente le misure di contenimento.
[box-warning]Adozione Protocolli
Dal 1° Aprile 2022 cessano gli effetti del DPCM 02 marzo 2021 (DPCM protocolli), i Protocolli sono comunque applicabili ai sensi dei:
... 3.12 Misure di Pulizia/Disinfezione/Sanificazione ... ...
3.12.1 Sanificazione
Attività di "sanificazione": chi può svolgerla
Come da Direttive e Protocolli emanati emergenza COVID-19 che riportano frequentemente il termine "sanificazione", l'attività di sanificazione è regolamentata dalD.L. 31 gennaio 2007 n. 7 e Decreto 7 luglio 1997 n. 274di cui a seguire e può essere svolta solo da Imprese autorizzate con specifici requisti tecnico-professionali.
Altresì, secondo diverse fonti inerenti il Covid-19, con il termine “Sanificazione”, si intende il complesso di procedimenti ed operazioni di pulizia e/o disinfezione e mantenimento della buona qualità dell’aria e ciò presupporebbe l’esclusione del termine ai sensi del Decreto 7 luglio 1997 n. 274.
Ciò, comunque, non esclude di effettuare l’attività di Sanificazione in accordo con ilDecreto 7 luglio 1997 n. 274che prevede, in sintesi, l'incarico a Impresa autorizzata CCIAA.
Fonti inerenti il Covid-19 che precisano cosa si intende con il termine “Sanificazione”:
Quando si parla di sanificazione, anche in riferimento a normative vigenti, si intende il complesso di procedimenti ed operazioni di pulizia e/o disinfezione e mantenimento della buona qualità dell’aria. ...
3.13 Aerazione locali e impianti di condizionamento ... Per l’aerazione dei locali di lavoro e modalità d'uso degli impianti di condizionamento e frequenza di pulizia, sono presi in esame i Documenti: ...
...
3.14 Misure lavoratori fragili ...
5.3 Classificazione mascherine
5.3.1 Mascherine EN 14683 (cd chirurgiche)
... 5.3.1.1 Validazione straordinaria ed in deroga dei DPI (Cessata) (*) ...
[box-warning]Validità Attestati di validazione in deroga mascherine chirurgiche: cessa il 31.03.2022
Le semimaschere filtranti antipolvere sono classificate in base alla loro efficienza filtrante e della loro perdita di tenuta verso l’interno totale massima.
Sono previste 3 classi:
- FFP1 - FFP2 - FFP3 ...
Figura 2 - Marcatura CE maschera facciale EN 149 ...
6. Vaccinazioni ... 6.1 Operatori sanitari e lavoratori RSA, Altri ...
Obbligo vaccinale sanitari, lavoratori RSA, altri fino al 31.12.2022
A seguito della pubblicazione del Decreto-Legge 24 marzo 2022 n. 24 n.44 (GU n.70 del 24.03.2022) riguardante disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza fino al 31 dicembre 2022 resta l’obbligo vaccinale con la sospensione dal lavoro per gli esercenti le professioni sanitarie e i lavoratori negli ospedali e nelle RSA; fino alla stessa data rimane il green pass per visitatori in RSA, hospice e reparti di degenza degli ospedali (oggi 2Gplus). ...
7. Green pass
7.1 Lavoratori pubblici e privati
Green pass lavoratori PA / Privati
A seguito della pubblicazione del Decreto-Legge 24 marzo 2022 n. 24 n.44 (GU n.70 del 24.03.2022) riguardante disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza dal 1° Aprile 2022 per i lavoratori pubblici e privati con 50 anni di età sarà necessario il Green Pass base per l’accesso ai luoghi di lavoro fino al 30 aprile 2022. Dopo tale data non neccessario.
[box-warning]Misure di Prevenzione rischio Covid attuabili
Le misure Green pass / Green pass rafforzato possono essere misure di prevenzione in regime di Valutazione di Rischi di cui al DLgs. 81/2008.[/box-warning]
...
(*) Esclusi Sanitari/RSA/Altri per i quali è obbligatorio il vaccino anti Covid-19
...
8. Conclusioni
Il Presente Documento Integra il Documento di Valutazione dei Rischi di cui all’Art. 17 del D.Lgs. 81/2008 in relazione al rischio COVID-19, esso è valido fino …………… e comunque fino a quando non siano variate attività/mansioni dell’Azienda o apportate modifiche delle disposizioni applicate:
Update 26.04.2021 Aggiornati Premessa, Cap. 00, 0, Cap. 3.1 (inserita Definizione di contatto stretto), Cap 3.2, Cap. 3.3, Cap. 3.4, Cap. 3.5, Cap. 3.6, Cap. 3.8, Cap. 3.10, Cap. 4, Cap 5.2. DPCM 02 Marzo 2021 misure prorogate 1° Maggio 2021 al 31 Luglio 2021 dal DL 22 Aprile 2021 n. 52 (GU n.96 del 22.04.2021) Aggiornato Allegato II – Normativa: Decreto-Legge 22 Aprile 2021 n. 52
Update Rev. 27.0 del 14.03.2021 Nella Rev. 27.0 sono stati: Aggiornati: Premessa, Cap. 00, Cap. 0, Cap. 1.7, Cap. 2, Cap 3.2, Cap. 3.3, Cap. 3.4, Cap. 3.5, Cap. 3.6, Cap. 3.8, Cap. 3.10, Cap. 4, Cap 5.2, Cap. 5.3.1.2. Aggiornato Allegato II – Normativa: - DPCM 2 Marzo 2021efficacia dal 6 marzo 2021 al 6 Aprile 2021 - Decreto-Legge 13 marzo 2021 n. 30 / Decreto Pasqua / DAD
Nella Rev. 25.0 sono stati: Aggiunto: Cap. 00 Aggiornati: Cap. 1.7, Cap. 2, Cap 3.2, Cap. 3.3, Cap. 3.4, Cap. 3.5, Cap. 3.6, Cap. 3.8 e Cap 5.2. Aggiornato Allegato II – Normativa: - DPCM 3 Dicembre 2020 efficacia dal 4 Dicembre 2020 al 15 Gennaio 2021 - Staying safe from COVID-19 during winter
Certifico S.r.l.
24.0
11.11.2020
Nella Rev. 24.0 sono stati: Aggiunto: Cap. 00 Aggiornati: Cap. 1.7, Cap. 2, Cap 3.2, Cap. 3.3, Cap. 3.4, Cap. 3.5, Cap. 3.6, Cap. 3.8 e Cap 5.2. Aggiornato Allegato II – Normativa: - DPCM 3 Novembre 2020 misure efficaci dal 6 Novembre 2020
Certifico S.r.l.
23.0
27.10.2020
Nella Rev. 23.0 sono stati: Aggiornati: Cap. 1.7, Cap. 2, Cap 3.2, Cap. 3.3, Cap. 3.4, Cap. 3.5, Cap. 3.6, Cap. 3.8 e Cap 5.2. Aggiornato Allegato II – Normativa: - DPCM 24 Ottobre 2020 misure efficaci fino al 24 Novembre 2020
Certifico S.r.l.
22.0
13.10.2020
Aggiornata: Sezione Coronavirus (Decreto-Legge 7 Ottobre n. 125) Aggiornati: Cap. 1.7, Cap. 2, Cap 3.2, Cap. 3.3, Cap. 3.4, Cap. 3.5, Cap. 3.6, Cap 3.14.1, Cap. 4, 5.2 e Cap. 5.3.1.2 Aggiornati Allegato II – Normativa: - DPCM 13 Ottobre 2020 misure efficaci al 13 Novembre 2020 - Decreto-Legge 7 Ottobre n. 125 proroga fino al 31 Gennaio 2021 dello stato di emergenza COVID-19
Certifico S.r.l.
21.0
08.09.2020
- Aggiornati: Cap. 1.3, 1.7, 2, 3.2, 3.,3, 3.4, 3.5, 3.6, 3.8, 3.13, 5.2 - Aggiornato Cap. 3.14.1 (Circolare 13 del 4 Settembre 2020) - Aggiornato Cap. 3.14.2 (Circolare 13 del 4 Settembre 2020) - Aggiornato Cap. 4. (Circolare 13 del 4 Settembre 2020) - Aggiunti Allegato II - Normativa: - DPCM 07 settembre 2020 misure efficaci fino al 7 ottobre 2020 - Circolare 13 del 4 Settembre 2020 (Chiarimenti lavoratori fragili)
Certifico S.r.l.
20.0
08.08.2020
- Aggiornati: Cap. 1.3, 1.7, 2, 3.2, 3.,3, 3.4, 3.5, 3.6, 3.8, 3.13, 5.2 - Modificata Sez. 5.3.1.1 Validazione straordinaria ed in deroga dei DPI - Aggiunta Sez 5.3.1.2 Validazione in deroga Mascherine e DPI separati se Produttori UE o Importatori - Aggiornata Sezione: Allegato II – Normativa: - DPCM 07 agosto 2020 misure efficaci fino al 7 settembre 2020
- Aggiornato Cap. 2 - Aggiornata Sezione: Allegato II – Normativa: - - DPCM 14 luglio 2020proroga fino al 31 luglio delle misure del DPCM 11 giugno 2020
Certifico Srl
17.0
13.06.2020
Nella Rev. 17.0 è stato/a: - Aggiornata Sezione Coronavirus a seguito della pubblicazione della Direttiva (UE) 2020/739 - Aggiornato Cap. 1.3 Strategie di Prevenzione Premessa - Allegato 10 DPCM 11 Giugno 2020. (Cap. 1.3) - Aggiornato Cap. 2. Attività non sospese. (Cap. 2) - Aggiornato Cap. 5.2 Misure generali di protezione DPCM 11 Giugno 2020. (Cap. 5.2) - Aggiornata Sezione: Allegato II - Normativa - - Aggiunta Circolare n. 17664 del 22.05.2020 - - Aggiunto DPCM 11 Giugno 2020
Certifico Srl
16.0
31.05.2020
- Aggiunto Cap. Dettaglio Apprestamenti anticontagio (3.8) - - 3.8 Dettaglio Apprestamenti anticontagio - - 3.8.1 Misura temperatura corporea - - 3.8.2 Barriere - - 3.8.3 Segnaletica distanze a terra - - 3.8.4 Dispenser disinfettanti - - 3.8.5 Segnaletica / Informativa - Aggiunto Cap. Dettaglio Dispositivi anti contagio (3.9) - Aggiunto Cap. Dettaglio Formazione del personale (3.10)
- Inserito il D.P.C.M. 17 maggio 2020 - Inserito COVID-19 Tempo di permanenza e disinfettanti (Cap. 0) - Inserite Note Sanificazione ISS e altri (cap. 3.8.1) - Inserito Ruolo medico competente lavoratori fragili (Cap. 3.10.1) - Aggiornato paragrafo su Valutazione del Medico Competente (Cap. 4) - Aggiunto paragrafo “Firme comitato” nel paragrafo finale “Firme” del DVR (Cap. 6) - Aggiunto Linee guida / Linee CSR del 16 maggio 2020 /Ordinanze regionali (Cap. 3.7) - Modificato Misure generali di protezione DPCM 17 Maggio 2020 (Cap. 5.2) - Aggiornato Allegato II – Normativa - Eliminati Cap. - - 2.1 Comunicazione sospensione attività - - 2.1.1 Modello attività commerciali al dettaglio - - 2.1.2 Modello attività produttive industriali e commerciali - - 2.1.3 Modello attività dei servizi di ristorazione - - 2.1.4 Modello attività dei servizi alla persona
La norma UNI ISO 45001 del 2018 “Sistemi di gestione per la salute e sicurezza sul lavoro – Requisiti e guida per l’uso” è la prima norma internazionale a definire gli standard minimi di buona pratica per la protezione dei lavoratori in tutto il mondo.
La norma fissa un quadro per migliorare la sicurezza, ridurre i rischi in ambito lavorativo e migliorare la salute e il benessere dei lavoratori, permettendo così di aumentare le performance in materia di salute e sicurezza a qualsiasi organizzazione che scelga di certificare sotto accreditamento il sistema di gestione.
Sviluppata dall’International Organization for Standardization (ISO) con il contributo di esperti di oltre 70 Paesi del mondo, e recepita a livello nazionale dall’Ente Italiano di Normazione (UNI), fornisce dunque un quadro internazionale che tiene conto dell’interazione tra l’azienda e il suo business.
...
[box-download]In Allegato Documento pdf/doc Check list audit SGSSL | ISO 45001:2018 (IT) in formato.doc compilabile.[/box-download]
Nata per garantire uniformità tra le varie norme ISO sui sistemi di gestione, la UNI ISO 45001 ne adotta la Struttura ad Alto Livello (HLS – High Level Structure) e le principali novità riguardano:
[alert]
Risk based thinking Nel nuovo approccio basato sul rischio, il rischio viene definito “effetto dell’incertezza” e dunque colto in un senso ampio. Può assumere un’accezione positiva o negativa, e orientare l’azienda a focalizzare sia i rischi che le opportunità di migliorare le prestazioni del sistema.
Analisi del contesto La progettazione del sistema di gestione deve tenere conto del contesto in cui opera l’organizzazione nella sua accezione più ampia, compresi gli aspetti logistici, urbanistici, sociali, culturali, politici, legali, normativi del settore di mercato e molti altri. L’analisi permette di comprendere i fattori interni, ma soprattutto quelli esterni, che possono influenzare le prestazioni del sistema.
Leadership L’alta direzione deve dare un forte committment affinché sia ripreso a tutti i livelli della catena di comando.
Coinvolgimento Diventano centrali gli aspetti della partecipazione e consultazione dei lavoratori, a partire dai Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS), strumenti imprescindibili per individuare i pericoli occulti e per l’attuazione delle politiche di prevenzione.
Outsourcing Acquisti e appalti vengono compiutamente disciplinati, con la distinzione tra fornitori di beni e di servizi, poiché è in particolare nella categoria degli appaltatori o contractors che molto spesso.[/alert]
Ciclo Plan-Do-Check-Act
Il concetto PDCA è un processo iterativo utilizzato dalle organizzazioni per ottenere un miglioramento continuo. Può essere applicato a un sistema di gestione e a ciascuno dei suoi singoli elementi, come segue:
a) Pianificare: determinare e valutare i rischi di S&SL, opportunità di S&SL e altri rischi e altre opportunità, stabilire obiettivi e processi di S&SL necessari per ottenere risultati in conformità con la politica di S&SL dell'organizzazione; b) Do: attuare i processi come previsto; c) Controllare: monitorare e misurare le attività e i processi in relazione alla politica di S&SL e agli obiettivi di S&SL e riferire i risultati; d) Agire: intraprendere azioni per migliorare continuamente le prestazioni di S&SL per raggiungere i risultati previsti.
Figura - Ciclo Plan-Do-Check-Act
Focal points Check List audit SGSSL - ISO 45001:2018 (IT)
4 CONTESTO DELL'ORGANIZZAZIONE 4.1 Comprendere l’organizzazione e il suo contesto 4.2 Comprendere le esigenze e le aspettative dei lavoratori e delle parti interessate 4.3 Definire il campo di applicazione del SGSSL 4.4 Sistema di Gestione per la SSL 5 LEADERSHIP 5.1 Leadership e partecipazione dei lavoratori 5.2 Politica per la SSL 5.3 Ruoli, responsabilità e autorità 5.4 Consultazione e partecipazione dei lavoratori 6 PIANIFICAZIONE 6.1 Azioni per affrontare i rischi e le opportunità 6.1.1 Generalità 6.1.2 Identificazione dei pericoli e valutazione dei rischi e delle opportunità 6.1.2.1 Identificazione dei pericoli 6.1.2.2 Valutazione dei rischi per la SSL e altri rischi per il SGSSL 6.1.2.3 Valutazione delle opportunità per la SSL e di altre opportunità per il SGSSL L'organizzazione deve stabilire, attuare e mantenere uno o più processi per valutare: 6.1.3 Determinazione dei requisiti legali e altri requisiti 6.1.4 Attività di pianificazione 6.2 Obiettivi per la SSL e pianificazione per il raggiungimento 6.2.1 Obiettivi per la SSL 6.2.2 Azioni di pianificazione per raggiungere gli obiettivi di SSL 7 SUPPORTO 7.1 Risorse 7.2 Competenza 7.4 Comunicazione 7.4.1 Requisiti generali 7.4.2 Comunicazione interna 7.4.3 Comunicazione esterna 7.5 Informazioni documentate 7.5.1 Requisiti generali 7.5.2 Redazione e aggiornamento 7.5.3 Tenuta sotto controllo delle informazioni documentate 8 ATTIVITÀ OPERATIVE 8.1 Pianificazione e controllo operativi 8.1.1 Generalità 8.1.2 Eliminazione dei pericoli e riduzione dei rischi per la SSL 8.1.3 Gestione del cambiamento 8.1.4 Approvvigionamento 8.1.4.1 Generalità 8.1.4.2 Appaltatori 8.1.4.3 Affidamento all'esterno (outsourcing) 8.2 Preparazione e risposta alle emergenze 9 VALUTAZIONE DELLE PRESTAZIONI 9.1 Monitoraggio, misurazione, analisi e valutazione delle prestazioni 9.1.1 Requisiti generali 9.1.2 Valutazione della conformità 9.2 Audit interno 9.2.1 Requisiti generali 9.2.2 Programma di audit interno 9.3 Riesame della direzione 10 MIGLIORAMENTO 10.1Requisiti generali 10.2 Incidenti, non conformità e azioni correttive 10.3 Miglioramento continuo
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Estratto
[...] segue in allegato
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Documento Unico per la Valutazione Rischi da Interferenze (DUVRI) / Rev. 3.0 Aprile 2022
ID 1174 | Rev. 3.0 del 04.04.2022 / Documento di lavoro completo in allegato
In formato doc con allegati (su Fonte INAIL)
Il DUVRI deve essere elaborato dall'azienda committente, sotto la resposnsabilità del datore di lavoro, qualora un'impresa esterna intervenga nell'unità sua produttiva per effettuare lavori di manutenzione o impiantare cantieri temporanei non soggetti all'obbligo di stesura del Piano di sicurezza e coordinamento, in conformità a quanto disposto dal dall'art. 26 del D.Lgs. 81/2008, ove recita:
«Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il coordinamento di cui al comma 2, elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze.»
La redazione di tale documento, quindi, è onere dell'azienda committente, sia essa pubblica o privata; quest'ultima è tenuta a contattare il proprio fornitore che deve, prima di iniziare l'attività prendere visione dei rischi riportati sul DUVRI e riconsegnarlo al committente vistato per accettazione.
Fa parte del documento la procedura per la gestione delle interferenze nei contratti d'appalto, che definisce le modalità con le quali il Committente valuta le possibili interferenze del proprio ciclo produttivo, e delle attività ad esso connesse, con quelli degli operatori economici ai quali intende affidare un contratto di appalto o d'opera o di somministrazione, secondo quanto previsto dall’articolo 26 del D.Lgs 81/08, e successive modificazioni e integrazioni, di seguito D.Lgs 81/08.
La Procedura, nel caso i rischi di interferenze siano accertati, fornisce le modalità con le quali definire il Documento Unico di Valutazione dei Rischi Interferenti, nonché la gestione del coordinamento e della cooperazione dei soggetti coinvolti.
La procedura riguarda principalmente le attività affidate da un operatore economico Committente ad altro operatore economico con un contratto di appalto o d'opera o di somministrazione regolati dal diritto privato, in particolare nel settore industriale (in settori merceologici diversi). Essa intende fornire alle aziende del comparto industriale uno strumento metodologico di carattere generale utile all’adempimento di quanto disposto dalla normativa nazionale in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro.
I criteri, i contenuti, le istruzioni operative contenute nella procedura possono essere però un riferimento anche per altre tipologie di attività.
Lo strumento vuole essere un utile ausilio per garantire al Committente, in applicazione di quanto previsto dall'articolo 26 del D.Lgs 81/08, un approccio sistematico alla valutazione e alla gestione dai rischi derivanti da interferenze e dunque dovrà essere adattato alle singole realtà aziendali nelle quali vengono rese operative la valutazione e la gestione delle interferenze.
[box-note]Update Rev. 3.0 2022
Corretto documento: 01. Procedura per la valutazione e gestione delle Interferenze - Correzioni varie Corretto documento: 02. Diagramma di flusso - Aggiunta Scheda VI[/box-note]
Documenti (nr. 11) contenuti nel portfolio Rev. 3.0 2022:
Il documento unico di valutazione rischi da interferenze (DUVRI), di cui all’art. 26 co.3 del D.lgs 81/2008, contenuto all'interno del portfolio allegato, è stato redatto, rielaborando le indicazioni contenute nella Guida INAIL “L'elaborazione del DUVRI” edizione 2013 e risulta essere così strutturato:
- PARTE 1 - Azienda committente - PARTE 2 - Aree di lavoro, fasi di lavoro, rischi specifici e convenzionali - PARTE 3 – Norme di prevenzione e di emergenza adottate presso l’azienda - PARTE 4 - Valutazione dei rischi da attività interferenziali - PARTE 5 - Attività svolta dall’operatore economico - Allegato 1 - Dichiarazione sostitutiva atto di notorietá - Allegato 2 - Verbale di riunione di coordinamento
...
L'art. 26 del D.Lgs. 81/2008 ha introdotto per il Datore di Lavoro Committente l'obbligo di elaborare il Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenze, denominato DUVRI, indicando le misure da adottare per eliminare, o ridurre al minimo, i rischi da interferenze in caso di affidamento di lavori, servizi e forniture all'Impresa appaltatrice, o a lavoratori autonomi, all'interno della propria Azienda.
Il DUVRI è un documento unico per tutti gli Appalti e, pertanto, dinamico; di conseguenza tale valutazione deve essere necessariamente aggiornata al mutare delle situazioni originarie, anche in relazione all’esecuzione di attività già appaltate
[box-info]D.Lgs. 81/2008 ... Art. 26. Obblighi connessi ai contratti d'appalto o d'opera o di somministrazione
1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento di lavori, servizi e forniture all'impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all'interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda medesima, sempre che abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l'appalto o la prestazione di lavoro autonomo:
a) verifica, con le modalità previste dal decreto di cui all'articolo 6, comma 8, lettera g), l'idoneità tecnico professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori, ai servizi e alle forniture da affidare in appalto o mediante contratto d'opera o di somministrazione. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al periodo che precede, la verifica è eseguita attraverso le seguenti modalità: 1) acquisizione del certificato di iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato; 2) acquisizione dell'autocertificazione dell'impresa appaltatrice o dei lavoratori autonomi del possesso dei requisiti di idoneità tecnico professionale, ai sensi dell'articolo 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 28 dicembre 2000, n. 445;
b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività.
2. Nell'ipotesi di cui al comma 1, i datori di lavoro, ivi compresi i subappaltatori: a) cooperano all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto; b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva.
3.Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione e il coordinamento di cui al comma 2, elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze ovvero individuando, limitatamente ai settori di attività a basso rischio di infortuni e malattie professionali di cui all’articolo 29, comma 6-ter, con riferimento sia all’attività del datore di lavoro committente sia alle attività dell’impresa appaltatrice e dei lavoratori autonomi, un proprio incaricato, in possesso di formazione, esperienza e competenza professionali, adeguate e specifiche in relazione all’incarico conferito, nonché di periodico aggiornamento e di conoscenza diretta dell’ambiente di lavoro, per sovrintendere a tali cooperazione e coordinamento. In caso di redazione del documento esso è allegato al contratto di appalto o di opera e deve essere adeguato in funzione dell’evoluzione dei lavori, servizi e forniture. A tali dati accedono il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e gli organismi locali delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale. Dell’individuazione dell’incaricato di cui al primo periodo o della sua sostituzione deve essere data immediata evidenza nel contratto di appalto o di opera. Le disposizioni del presente comma non si applicano ai rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi. Nell’ambito di applicazione del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, (ex Codice Contratti pubblici, ora D.Lgs 50/2016) tale documento è redatto, ai fini dell’affidamento del contratto, dal soggetto titolare del potere decisionale e di spesa relativo alla gestione dello specifico appalto.
3-bis. Ferme restando le disposizioni di cui ai commi 1 e 2, l’obbligo di cui al comma 3 non si applica ai servizi di natura intellettuale, alle mere forniture di materiali o attrezzature, ai lavori o servizi la cui durata non è superiore a cinque uomini-giorno, sempre che essi non comportino rischi derivanti dal rischio di incendio di livello elevato, ai sensi del decreto del Ministro dell’interno 10 marzo 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 64 alla Gazzetta Ufficiale n. 81 del 7 aprile 1998, o dallo svolgimento di attività in ambienti confinati, di cui al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 177, o dalla presenza di agenti cancerogeni, mutageni o biologici, di amianto o di atmosfere esplosive o dalla presenza dei rischi particolari di cui all’allegato XI del presente decreto. Ai fini del presente comma, per uomini-giorno si intende l’entità presunta dei lavori, servizi e forniture rappresentata dalla somma delle giornate di lavoro necessarie all’effettuazione dei lavori, servizi o forniture considerata con riferimento all’arco temporale di un anno dall’inizio dei lavori.»
3-ter. Nei casi in cui il contratto sia affidato dai soggetti di cui all'articolo 3, comma 34, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (ex Codice Contratti pubblici, ora D.Lgs 50/2016), o in tutti i casi in cui il datore di lavoro non coincide con il committente, il soggetto che affida il contratto redige il documento di valutazione dei rischi da interferenze recante una valutazione ricognitiva dei rischi standard relativi alla tipologia della prestazione che potrebbero potenzialmente derivare dall'esecuzione del contratto. Il soggetto presso il quale deve essere eseguito il contratto, prima dell'inizio dell'esecuzione, integra il predetto documento riferendolo ai rischi specifici da interferenza presenti nei luoghi in cui verrà espletato l'appalto; l'integrazione, sottoscritta per accettazione dall'esecutore, integra gli atti contrattuali.[/box-info]
[box-note]Update Rev. 13.0 del 27.03.2022 Decreto-Legge 24 marzo 2022 n. 24 Disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza. (GU n.70 del 24.03.2022).[/box-note]
[box-note]Update 9.0 del 04.10.2021 Legge 24 settembre 2021 n. 133 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 agosto 2021, n. 111, recante misure urgenti per l’esercizio in sicurezza delle attività scolastiche, universitarie, sociali e in materia di trasporti (GU n.235 del 01.10.2021). Aggiornato Art. 26, commi 2 e 2-bis del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 Prorogate le disposizioni dell'articolo 26, commi 2 e 2-bis, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, fino al 31 dicembre 2021[/box-note]
[box-note]Update 8.0 del 28.07.2021 Decreto-Legge 23 luglio 2021, n. 105 | Decreto Green pass Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e per l'esercizio in sicurezza di attivita' sociali ed economiche. (GU n.175 del 23.07.2021)
Sono state prorogate fino al 31 Dicembre 2021 le disposizioni sulla Sorveglianza sanitaria eccezionale Prorogato lo smart working lavoratori privati fino al 31 Ottobre 2021, confermatilavoratori pubblici fino al 31 Dicembre 2021.[/box-note]
[box-note]Update 6.0 del 24.03.2021 Decreto-Legge 22 Marzo 2021 n. 41 | Decreto Sostegni Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all'emergenza da COVID-19. (GU n.70 del 22.03.2021) Entrata in vigore del provvedimento: 23/03/2021[/box-note]
[box-note]Update 5.0 del 15.03.2021 Decreto -Legge 31 dicembre 2020 n. 183 convertito con modificazioni con Legge 26 febbraio 2021 n. 21 Legge 26 febbraio 2021 n. 21 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, recante disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, di realizzazione di collegamenti digitali, di esecuzione della decisione (UE, EURATOM) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, nonche' in materia di recesso del Regno Unito dall'Unione europea. Proroga del termine per la conclusione dei lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunita' "Il Forteto". (GU n.51 del 01.03.2021) Entrata in vigore del provvedimento: 02/03/2021[/box-note]
[box-note]Update 4.0 del 04.01.2021 - Legge 30 dicembre 2020 n. 178 | Legge di Bilancio 2021 Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023. (GU n.322 del 30.12.2020 - SO n. 46) - Decreto -Legge 31 dicembre 2020 n. 183 | Decreto Mille proroghe 2021 Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, di realizzazione di collegamenti digitali, di esecuzione della decisione (UE, EURATOM) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, nonche' in materia di recesso del Regno Unito dall'Unione europea. (GU n. 323 del 31.12.2020) [/box-note]
[box-note]Update 3.0 del 05.09.2020 - Circolare congiunta n. 13 del 04.09.2020 - Oggetto: Circolare del Ministero della salute del 29 aprile 2020 recante "Indicazioni operative relative alle attività del medico competente nel contesto delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2 negli ambienti di lavoro e nella collettività. - Messaggio INPS n. 2584 del 24 giugno 2020 - Indicazioni operative per il riconoscimento della tutela previdenziale della malattia, in attuazione dell’articolo 26 del decreto-legge n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2020, rubricato “Misure urgenti per la tutela del periodo di sorveglianza attiva dei lavoratori del settore privato”[/box-note]
Lavoratore fragile
Per lavoratore "fragile" si intende il lavoratore affetto da patologia che ne aumenta la vulnerabilità nei confronti dell'infezione virale: soggetti immunodepressi (Circolare 7942-27/03/2020 del Ministero della Salute), donne in gravidanza, soggetti affetti da patologie cronico-degenerative come diabete, cardio vasculopatie, bronco pneumopatia, nefropatie. I lavoratori devono essere informati della normativa specifica e, in accordo con la raccomandazione di cui all'art. 3 del DPCM 26 Aprile 2020, spetta a questi, anche se asintomatici, di rivolgersi al proprio medico di medicina generale (MMG) al fine di ottenere la certificazione spettante ai soggetti a maggior rischio di contrarre l'infezione, secondo le disposizioni dell'INPS.
Tuttavia, situazioni di fragilità potrebbero infatti non essere note al medico competente (ad esempio per patologie insorte fra una visita periodica e la successiva), o potrebbero riguardare lavoratori non soggetti a sorveglianza sanitaria.
Il medico competente deve in ogni caso restare a disposizione per l'eventuale identificazione del lavoratore "fragile", che gli si rivolga ai fini dell'inquadramento della propria patologia fra quelle per cui si rende necessaria la tutela.
Si precisa che in questo ambito non è applicabile, non ricorrendone le condizioni, l'espressione di un giudizio di non idoneità temporanea alla mansione specifica.
Riguardo le situazioni di particolare fragilità e patologie attuali o pregresse dei dipendenti: l'azienda, il medico competente e il datore di lavoro comunicheranno a tutti i lavoratori le seguenti possibilità:
1) il lavoratore con patologie che determinano immunodepressione, patologie cardiovascolari importanti, malattie respiratorie croniche o altre che determinano iper-suscettibilità alle infezioni può rivolgersi al medico curante per una valutazione dello stato di salute e gli eventuali provvedimenti del caso;
2) il lavoratore con le patologie croniche suindicate deve comunicare di sua iniziativa al datore di lavoro di essere "iper-suscettibile" senza comunicare la diagnosi; il datore di lavoro, in collaborazione con il medico competente e il RSSP dovrà individuare quelle postazioni di lavoro/mansioni dove è assente o improbabile il superamento della distanza interpersonale e valutare l'assegnazione di DPI respiratori;
3) il lavoratore che non rientra nei punti 1 e 2 di cui sopra deve presentarsi alla visita prevista dall'art. 41 comma 2, lettera c) dove verrà valutata dal medico competente l'idoneità alla mansione.
La scelta tra promuovere in via prioritaria una o l'altra delle due ultime opzioni descritte dovrà essere fatta dai datori di lavoro e loro collaboratori sanitari e tecnici in base alla conoscenza del contesto lavorativo specifico e dello stato di salute dei dipendenti stessi (specifica conoscenza della popolazione lavorativa da parte del medico, anche tramite accesso alle cartelle sanitarie, possibilità di riorganizzazione di postazioni di lavoro separate, contingentamento e turnazione ingressi e accesso mensa, disponibilità di DPI, etc.).
Il lavoratore in condizione di grave disabilità o affetto da determinate malattie potrà avvalersi di alcuni benefici di tutela, riportati al secondo comma dell'Art. 26 del Decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure urgenti per la tutela del periodo di sorveglianza attiva dei lavoratori del settore privato).
L'Azienda deve informare tutti i lavoratori, certamente o potenzialmente "fragili", mediante adeguata l'informativa (Allegata). Ai lavoratori è richiesta la Dichiarazione di rientro (Allegata).
Protocollo sicurezza condiviso misure Covid-19 negli ambienti di lavoro del 06.04.2021
Figure preposte a rilasciare la certificazione di lavoratore "fragile"
Con la Circolare Presidenza del Consiglio dei Ministri 27 Marzo 2020, sono chiariti che sono organi abilitati a certificare la condizione di cui all'articolo 26, comma 2 sia i medici preposti ai servizi di medicina generale (c.d. medici di base), che i medici convenzionati con il S.S.N.
Indicazioni operative relative alle attività del medico competente
Circolare del Ministero della Salute n. 14915 del 29 Aprile 2020 Indicazioni operative relative alle attività del medico competente nel contesto delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2 negli ambienti di lavoro e nella collettività.
[…]
Relativamente alle misure organizzative e logistiche da mettere in atto, è auspicabile il coinvolgimento del medico competente fin dalle fasi di individuazione delle stesse anche in riferimento ad aspetti correlati ad eventuali fragilità; qualora ciò non fosse possibile, il datore di lavoro fornisce al medico competente informazioni in merito a quanto già pianificato, anche al fine di agevolare, ad esempio, l’individuazione, in corso di sorveglianza sanitaria, di eventuali prescrizioni/limitazioni da poter efficacemente introdurre nel giudizio di idoneità.
In merito, si rileva che diversi interventi organizzativi che già nell’ordinarietà contribuiscono al mantenimento al lavoro di soggetti cosiddetti “fragili”, a maggior ragione in questo periodo emergenziale vanno a potenziare la loro portata in termini di efficacia.
Ulteriori indicazioni operative relative alle attività del medico competenti
Circolare congiunta n. 13 del 04.09.2020 Oggetto: Circolare del Ministero della salute del 29 aprile 2020 recante "Indicazioni operative relative alle attività del medico competente nel contesto delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2 negli ambienti di lavoro e nella collettività. Aggiornamenti e chiarimenti, con particolare riguardo ai lavoratori e alle lavoratrici "fragili".
[...]Lavoratori e lavoratrici fragili - Concetto di fragilità
In merito alle situazioni di particolare fragilità rilevate dal Protocollo condiviso del 24 aprile 2020 citato in Premessa, le "Indicazioni operative” del Ministero della salute del 29 aprile 20202 sottolineavano l'opportunità che ii medico competente fosse coinvolto nella identificazione dei soggetti con particolari situazioni di fragilità, raccomandando di porre particolare attenzione ai soggetti fragili anche in relazione all'età- All'epoca, in merito a tali situazioni di fragilità, i dati epidemiologici rilevavano una maggiore fragilità nelle fasce di età più elevate della popolazione (>55 anni di età), nonché in presenza di co-morbilità tali da caratterizzare una condizione di maggiore rischio, come riportato nel Documento Tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione, approvato dal Comitato Tecnico Scientifico, di cui all'OCDPC n. 630 de! 2020, e pubblicato dall'INAIL in data 23 aprile 2020.
I dati epidemiologici recenti hanno chiaramente mostrato una maggiore fragilità nelle fasce di età più elevate della popolazione in presenza di alcune tipologie di malattie cronico degenerative (ad es. patologie cardiovascolari, respiratorie e dismetaboliche) che, in caso di comorbilità con l'infezione da SARS-CoV-2, possono influenzare negativamente la gravità e l'esito della patologia.
Nello specifico, i dati pii1 consolidati prodotti dal sistema di sorveglianza epidemiologica gestito dall'Istituto Superiore di Sanità nonché quelli derivanti dall'analisi secondaria sulle cartelle sanitarie dei pazienti deceduti, hanno messo in evidenza i seguenti aspetti: il rischio di contagio da SARS-CoV-2 non e significativamente differente nelle differenti fasce di età lavorativa; il 96,1% dei soggetti deceduti presenta una o più comorbilità e precisamente: il 13,9% presentava una patologia, ii 20,4% due patologie, ii 61,8% presentava tre o più patologie; le patologie più frequenti erano rappresentate da malattie cronico-degenerative a carico degli apparati cardiovascolare, respiratorio, renale e da malattie dismetaboliche; l'andamento crescente dell'incidenza della mortalità all'aumentare dell'età e correlabile alla prevalenza maggiore di tali patologie nelle fasce più elevate dell'età lavorativa; in aggiunta alle patologie sopra indicate, sono state riscontrate comorbilità di rilievo, quali quelle a carico del sistema immunitario e quelle oncologiche, non necessariamente correlabili all'aumentare dell'età.
Tali evidenze sono coerenti con la letteratura scientifica prevalente e con i pronunciamenti di alcune tra le più importanti Agenzie regolatorie internazionali.
Il concetto di fragilità va dunque individuate in quelle condizioni dello stato di salute de! lavoratore/lavoratrice rispetto alle patologie preesistenti che potrebbero determinar e, in caso di infezione, un esito più grave o infausto e può evolversi sulla base di nuove conoscenze scientifiche sia di tipo epidemiologico sia di tipo clinico.
Con specifico riferimento all'età, va chiarito che tale parametro, da solo, anche sulla base delle evidenze scientifiche, non costituisce elemento sufficiente per definire uno stato di fragilità nelle fasce di età lavorative. Peraltro, se quale parametro venisse individuata la sola età, non sarebbe necessaria una valutazione medica per accertare la condizione di fragilità: non è, infatti, rilevabile alcun automatismo fra le caratteristiche anagrafiche e di salute del lavoratore e la eventuale condizione di fragilità; in tale contesto, la "maggiore fragilità" nelle fasce di età più elevate della popolazione va intesa congiuntamente alla presenza di comorbilità che possono integrare una condizione di maggior rischio.
Tale evoluzione delle evidenze in tema di fragilità in caso di possibili infezioni da SARS CoV-2 e stata altresì recepita nel Rapporto ISS COVID-19 n. 58 del 22 agosto 2020, pubblicato a cura di ISS, INAIL, Ministero della salute e Ministero dell'istruzione, in collaborazione con Regione Emilia-Romagna e Regione Veneto e la Fondazione Bruno Kessler, e approvato dalla Conferenza Unificata ai sensi dell'art. 9, comma 1, del d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281 (Rep. Atti n. I 08/CU del 28 agosto 2020)
1. Fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID–19, i genitori lavoratori dipendenti del settore privato che hanno almeno un figlio minore di anni 14, a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o che non vi sia genitore non lavoratore, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile anche in assenza degli accordi individuali, fermo restando il rispetto degli obblighi informativi previsti dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, e a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione. Fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, il medesimo diritto allo svolgimento delle prestazioni di lavoro in modalità agile è riconosciuto, sulla base delle valutazioni dei medici competenti, anche ai lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio da virus SARS-CoV-2, in ragione dell’età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o, comunque, da comorbilità che possono caratterizzare una situazione di maggiore rischiosità accertata dal medico competente, nell’ambito della sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 83 del presente decreto, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione lavorativa. (1)
2. La prestazione lavorativa in lavoro agile può essere svolta anche attraverso strumenti informatici nella disponibilità del dipendente qualora non siano forniti dal datore di lavoro.
3. Per l’intero periodo di cui al comma 1, i datori di lavoro del settore privato comunicano al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in via telematica, i nominativi dei lavoratori e la data di cessazione della prestazione di lavoro in modalità agile, ricorrendo alla documentazione resa disponibile nel sito internet del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. (1) (2) (3) (4) (5) (6)
4. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 87 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, per i datori di lavoro pubblici, limitatamente al periodo di tempo di cui al comma 1 e comunque non oltre il 31 dicembre 2020, la modalità di lavoro agile disciplinata dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, può essere applicata dai datori di lavoro privati a ogni rapporto di lavoro subordinato, nel rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni, anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti; gli obblighi di informativa di cui all’articolo 22 della medesima legge n. 81 del 2017, sono assolti in via telematica anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile nel sito internet dell’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro (INAIL). (1) (2) (3) (4) (5) (6)
Aggiornamenti
(1) Il D.L. 30 luglio 2020, n. 83 ha disposto (con l'art. 1, comma 3) che: - i termini previsti dai commi 1, secondo periodo, 3 e 4 del presente articolo sono prorogati al 15 ottobre 2020; - il termine previsto dal comma 1, primo periodo del presente articolo e' prorogato al 14 settembre 2020.
(3) Il D.L. 31 dicembre 2020, n. 183, convertito con modificazioni dalla L. 26 febbraio 2021, n. 21, ha disposto (con l'art. 19, comma 1) che i termini previsti dai commi 3 e 4 del presente articolo sono prorogati fino alla data di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 e comunque non oltre il 30 aprile 2021.
(4) Il D.L. 22 aprile 2021, n. 52, convertito con modificazioni dalla L. 17 giugno 2021, n. 87, ha disposto (con l'art. 11, comma 1) che i termini previsti dai commi 3 e 4 del presente articolo sono prorogatifino al 31 dicembre 2021.
(5) Il D.L. 24 dicembre 2021, n. 221 ha disposto (con l'art. 16, comma 1) che i termini previsti dai commi 3 e 4 del presente articolo sono prorogati al 31 marzo 2022.
(6) Il D.L. 24 marzo 2022, n. 24 ha disposto (con l'art. 10, comma 2) che i termini previsti dai commi 3 e 4 dal presente articolo sono prorogati al 30 giugno 2022.[/box-note]
Art. 263. Disposizioni in materia di flessibilità del lavoro pubblico e di lavoro agile
1. Al fine di assicurare la continuità dell’azione amministrativa e la celere conclusione dei procedimenti, le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, adeguano l’operatività di tutti gli uffici pubblici alle esigenze dei cittadini e delle imprese connesse al graduale riavvio delle attività produttive e commerciali. A tal fine, le amministrazioni di cui al primo periodo del presente comma, fino alla definizione della disciplina del lavoro agile da parte dei contratti collettivi, ove previsti, e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021, in deroga alle misure di cui all'articolo 87, comma 3, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, organizzano il lavoro dei propri dipendenti e l'erogazione dei servizi attraverso la flessibilita' dell'orario di lavoro, rivedendone l'articolazione giornaliera e settimanale, introducendo modalita' di interlocuzione programmata con l'utenza, anche attraverso soluzioni digitali e non in presenza, applicando il lavoro agile, con le misure semplificate di cui alla lettera b) del comma 1 del medesimo articolo 87, e comunque a condizione che l'erogazione dei servizi rivolti ai cittadini e alle imprese avvenga con regolarita', continuita' ed efficienza nonche' nel rigoroso rispetto dei tempi previsti dalla normativa vigente. (1)
In considerazione dell’evolversi della situazione epidemiologica, con uno o più decreti del Ministro per la pubblica amministrazione possono essere stabilite modalità organizzative e fissati criteri e princìpi in materia di flessibilità del lavoro pubblico e di lavoro agile, anche prevedendo il conseguimento di precisi obiettivi quantitativi e qualitativi. Alla data del 15 settembre 2020, l’articolo 87, comma 1, lettera a), del citato decreto-legge n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2020 cessa di avere effetto. Le disposizioni del presente comma si applicano al personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico fino al termine dello stato di emergenza connesso al COVID-19. (2)
2. Le amministrazioni di cui al comma 1 si adeguano alle vigenti prescrizioni in materia di tutela della salute e di contenimento del fenomeno epidemiologico del COVID-19(1)adottate dalle competenti autorita'.
...
Aggiornamenti
(1) Il D.L. 30 aprile 2021, n. 56 (in G.U. 30/04/2021, n.103) abrogato dalla L. 17 giugno 2021 n. 87 (effetti prodottesi confermati) ha disposto con l'art. 1, comma 1, lettera a) la modifica dell'art. 263, comma 1; con l'art. 1, comma 1, lettera b) la modifica dell'art. 263, comma 2.
(2) Il D.L. 31 dicembre 2020, n. 183, convertito con modificazioni dalla L. 26 febbraio 2021, n. 21, ha disposto (con l'art. 19, comma 1) che i termini previsti dai commi 3 e 4 del presente articolo sono prorogati fino alla data di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 e comunque non oltre il 30 aprile 2021.
Art. 74 Modifiche all'articolo 26 in materia di tutela del periodo di sorveglianza attiva dei lavoratori del settore privato
1. All'articolo 26 del decreto-legge 17 marzo, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 2, le parole "fino al 30 aprile 2020" sono sostituite dalle seguenti: "fino al 31 luglio 2020"; b) al comma 5, le parole "130 milioni" sono sostituite dalle seguenti: "380 milioni". 2. Agli oneri derivanti dal presente articolo pari a 250 milioni di euro per l'anno 2020 si provvede ai sensi [/box-note]
[box-note]Decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (GU n. 70 del 17.03.2020), convertito in Legge 24 aprile 2020 n. 27 (GU n.110 del 29-04-2020 - SO n. 16) ... Art. 26. Misure urgenti per la tutela del periodo di sorveglianza attiva dei lavoratori del settore privato ...
1.Il periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva di cui all'articolo 1, comma 2, lettere h) e i) del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, e di cui all'articolo 1, comma 2, lettere d) ed e), del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, dai lavoratori dipendenti del settore privato, e' equiparato a malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento e non e' computabile ai fini del periodo di comporto.
2. Fino al 31 Marzo 2022, laddove la prestazione lavorativa non possa essere resa in modalità agile ai sensi del comma 2-bis, per i lavoratori dipendenti pubblici e privati in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ivi inclusi i lavoratori in possesso del riconoscimento di disabilita' con connotazione di gravita' ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, il periodo di assenza dal servizio e' equiparato al ricovero ospedaliero ed e' prescritto dalle competenti autorita' sanitarie, nonche' dal medico di assistenza primaria che ha in carico il paziente, sulla base documentata del riconoscimento di disabilita' o delle certificazioni dei competenti organi medico-legali di cui sopra, i cui riferimenti sono riportati, per le verifiche di competenza, nel medesimo certificato. A decorrere dal 17 marzo 2020, i periodi di assenza dal servizio di cui al presente comma non sono computabili ai fini del periodo di comporto; per i lavoratori in possesso del predetto riconoscimento di disabilita', non rilevano ai fini dell'erogazione delle somme corrisposte dall'INPS, a titolo di indennita' di accompagnamento. Nessuna responsabilita', neppure contabile, salvo il fatto doloso, e' imputabile al medico di assistenza primaria nell'ipotesi in cui il riconoscimento dello stato invalidante dipenda da fatto illecito di terzi. E' fatto divieto di monetizzare le ferie non fruite a causa di assenze dal servizio di cui al presente comma. (1) (2) (4) (7)
2-bis. A decorrere dal 16 ottobre 2020 e fino al 31 Marzo 2022, i lavoratori fragili di cui al comma 2 svolgono di norma la prestazione lavorativa in modalita' agile, anche attraverso l'adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi vigenti, o lo svolgimento di specifiche attivita' di formazione professionale anche da remoto. (1) (2) (3) (4) (5) (6)[/box-note]
[box-warning](*) Lavoratori fragili / modalità agile fino al 31.03.2022
Prima della conversione, il D.L. 24 dicembre 2021, n. 221, ha previsto per i lavoratori fragili il lavoro agile fino al 28 febbraio 2022, demandando a un decreto interministeriale l’effettiva individuazione di chi rientrasse nella categoria.
La Legge 18 febbraio 2022 n. 11 di conversione del D.L. 24 dicembre 2021, n. 221,ha disposto (con Art. 17, comma 1. Che “Che “Sono prorogate le disposizioni di cui all’articolo 26, comma 2-bis , del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, fino al 31 marzo 2022. Dal 1° gennaio 2022 fino al 31 marzo 2022 gli oneri a carico dell’INPS connessi con le tutele di cui al presente comma sono finanziati dallo Stato nel limite massimo di spesa di 16,4 milioni di euro per l’anno 2022, dando priorità agli eventi cronologicamente anteriori, di cui 1,5 milioni di euro per l’anno 2022 ai sensi di quanto previsto dall’articolo 26, comma 7-bis , del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, per i lavoratori di cui al comma 2 del medesimo articolo 26 non aventi diritto all’assicurazione economica di malattia presso l’INPS.
(1) La L. 30 dicembre 2020, n. 178, ha disposto (con l'art. 1, comma 481) che "Le disposizioni dell'articolo 26, commi 2 e 2-bis, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni,dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, si applicano nel periodo dal 1° gennaio 2021 al 28 febbraio 2021". Ha inoltre disposto (con l'art. 1, comma 484) che la modifica del comma 3 del presente articolo avra' effetto dal 1° gennaio 2021.
(2) Il D.L. 22 marzo 2021, n. 41, convertito con modificazioni dalla L. 21 maggio 2021, n. 69, ha disposto (con l'art. 15, comma 1) che all'articolo 26, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 2, al primo periodo, le parole «Fino al 15 ottobre 2020» sono sostituite dalle seguenti: «Fino al 30 giugno 2021, laddove la prestazione lavorativa non possa essere resa in modalita' agile ai sensi del comma 2-bis,» e, dopo il primo periodo e' aggiunto il seguente: «A decorrere dal 17 marzo 2020, i periodi di assenza dal servizio di cui al presente comma non sono computabili ai fini del periodo di comporto; per i lavoratori in possesso del predetto riconoscimento di disabilita', non rilevano ai fini dell'erogazione delle somme corrisposte dall'INPS, a titolo di indennita' di accompagnamento.»; b) al comma 2-bis, le parole «16 ottobre e fino al 31 dicembre 2020» sono sostitute dalle seguenti: «16 ottobre 2020 e fino al 30 giugno 2021».
(3) Il D.L. 23 luglio 2021, n. 105ha disposto (con l'art. 9, comma 2) che all'articolo 26, comma 2-bis, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, le parole «fino al 30 giugno 2021» sono sostituite dalle seguenti: «fino al 31 ottobre 2021».
Art. 2 -ter (Disposizioni di proroga in materia di lavoratori fragili) 1. All’articolo 1 della legge 30 dicembre 2020, n. 178, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 481, le parole: “30 giugno 2021” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2021”;
Testo al 02.10.2021 della legge 30 dicembre 2020, n. 178 Art. 1, comma 481 "Le disposizioni dell'articolo 26, commi 2 e 2-bis, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, si applicano nel periodo dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2021.
(5) Il D.L. 24 dicembre 2021, n. 221 ha disposto (con l'art. 17, comma 1) che "Sono prorogate le disposizioni di cui all'articolo 26, comma 2-bis, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, fino alla data di adozione del decreto di cui al comma 2 e comunque non oltre il 28 febbraio 2022".
Protocollo Nazionale sul Lavoro agile nel settore privato
Il 26 dicembre 2021 le organizzazioni sindacali datoriali e dei lavoratori hanno sottoscritto il "Protocollo Nazionale sul Lavoro Agile nel settore privato". In Europa, l'accordo, è il secondo provvedimento che disciplina lo smart working, modalità lavorativa che si è diffusa velocemente e in misura massiccia a causa dell'emergenza da COVID-19.
Già a margine della sottoscrizione del Protocollo, il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Andrea Orlando, ne aveva posto in evidenza sia le motivazioni sia la filosofia che lo hanno ispirato: "Il lavoro agile, il cosiddetto smart working, è cresciuto molto durante la pandemia, ma al di là dell'emergenza sarà una modalità che caratterizzerà il lavoro in futuro. Il Protocollo fissa il quadro di riferimento per la definizione dello svolgimento del lavoro in smart working, individuando le linee di indirizzo per la contrattazione collettiva nazionale, aziendale e territoriale".
L'accordo si sviluppa lungo sette punti chiave: Adesione volontaria; Accordo individuale; Disconnessione; Luogo e strumenti di lavoro; Salute, sicurezza, infortuni e malattie professionali; Parità di trattamento, pari opportunità, lavoratori fragili e disabili; Formazione.
1. Il Protocollo fissa il quadro di riferimento, condiviso tra le Parti sociali, per la definizione dello svolgimento del lavoro in modalità agile esprimendo pertanto linee di indirizzo per la contrattazione collettiva nazionale, aziendale e/o territoriale nel rispetto della disciplina legale di cui alla legge 22 maggio 2017, n. 81 e degli accordi collettivi in essere, tutto ciò affidando alla contrattazione collettiva quanto necessario all’attuazione nei diversi e specifici contesti produttivi. 2. L’adesione al lavoro agile avviene su base volontaria ed è subordinata alla sottoscrizione di un accordo individuale, fermo restando il diritto di recesso ivi previsto. 3. L’eventuale rifiuto del lavoratore di aderire o svolgere la propria prestazione lavorativa in modalità agile non integra gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, né rileva sul piano disciplinare. 4. L’istituto del lavoro agile differisce dal telelavoro cui continua ad applicarsi la vigente disciplina normativa e contrattuale, ove prevista … Vedi Protocollo ...[/box-info]
Lavori su impianti ai quali non si applica il Titolo IV TUS / Rev. Aprile 2022
ID 9169 | Rev. 1.0 del 04.04.2022
Documento di controllo sull'applicazione degli obblighi di sicurezza di impiantisti nei "cantieri" ai sensi del D.Lgs. n. 81/2008.
I lavori su impianti di cui all'Art. 88 comma g-bis) che non comportino lavori edili o di ingegneria civile di cui all'allegato X sono esclusi dall'applicazione del Capo I del Titolo IV del D.Lgs. n. 81/2008.
Si tratta di meri lavori su impianti elettrici, reti informatiche, gas, acqua, condizionamento e riscaldamento per i quali non sono previste opere edili.
In questo caso non sono applicabili quindi gli articoli da 88 a 104-bis:
Art. 88. Campo di applicazione Art. 89. Definizioni Art. 90. Obblighi del committente o del responsabile dei lavori Art. 91. Obblighi del coordinatore per la progettazione Art. 92. Obblighi del coordinatore per l'esecuzione dei lavori Art. 93. Responsabilità dei committenti e dei responsabili dei lavori Art. 94. Obblighi dei lavoratori autonomi Art. 95. Misure generali di tutela Art. 96 Obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti Art. 97. Obblighi del datore di lavoro dell'impresa affidataria Art. 98. Requisiti professionali del coordinatore per la progettazione del coordinatore per l'esecuzione dei lavori Art. 99. Notifica preliminare Art. 100. Piano di sicurezza e di coordinamento Art. 101. Obblighi di trasmissione Art. 102. Consultazione dei rappresentanti per la sicurezza Art. 103. Articolo abrogato dal D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106 Art. 104. Modalità attuative di particolari obblighi Art. 104-bis. Misure di semplificazione nei cantieri temporanei o mobili
[box-warning]Attenzione:
Restano applicabili gli altri obblighi pertinenti di cui alD.Lgs. 81/2008[/box-warning]
_______
E' considerato cantiere ai sensi del D.Lgs. 81/2008: Art. 89 Definizioni..."a) cantiere temporaneo o mobile, di seguito denominato: "cantiere": qualunque luogo in cui si effettuano lavori edili o di ingegneria civile il cui elenco è riportato nell'allegato X".
1. Il presente capo contiene disposizioni specifiche relative alle misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori nei cantieri temporanei o mobili quali definiti all'articolo 89, comma 1, lettera a).
2. Le disposizioni del presente capo non si applicano:
a) ai lavori di prospezione, ricerca e coltivazione delle sostanze minerali;
b) ai lavori svolti negli impianti connessi alle attività minerarie esistenti entro il perimetro dei permessi di ricerca, delle concessioni o delle autorizzazioni;
c) ai lavori svolti negli impianti che costituiscono pertinenze della miniera: gli impianti fissi interni o esterni, i pozzi, le gallerie, nonché i macchinari, gli apparecchi e utensili destinati alla coltivazione della miniera, le opere e gli impianti destinati all'arricchimento dei minerali, anche se ubicati fuori del perimetro delle concessioni;
d) ai lavori di frantumazione, vagliatura, squadratura e trasporto dei prodotti delle cave ed alle operazioni di caricamento di tali prodotti dai piazzali;
e) alle attività di prospezione, ricerca, coltivazione e stoccaggio degli idrocarburi liquidi e gassosi nel territorio nazionale, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale e nelle altre aree sottomarine comunque soggette ai poteri dello Stato;
f) ai lavori svolti in mare;
g) alle attività svolte in studi teatrali, cinematografici, televisivi o in altri luoghi in cui si effettuino riprese, purché tali attività non implichino l'allestimento di un cantiere temporaneo o mobile.
g-bis) ai lavori relativi a impianti elettrici, reti informatiche, gas, acqua, condizionamento e riscaldamento che non comportino lavori edili o di ingegneria civile di cui all'allegato X.(1) (2) (4)
2-bis. Le disposizioni di cui al presente titolo si applicano agli spettacoli musicali, cinematografici e teatrali e alle manifestazioni fieristiche tenendo conto delle particolari esigenze connesse allo svolgimento delle relative attività, individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, sentita la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, che deve essere adottato entro il 31 dicembre 2013. (3) (5) (6) [/box-note]
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(1) Il d.l. 21 giugno 2013, n. 69 - Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia, all'art. 32, c. 1, lett. g dispone l'inserimento del periodo "nonché ai piccoli lavori la cui durata presunta non è superiore ai dieci uomini giorno, finalizzati alla realizzazione o manutenzione delle infrastrutture per servizi"
(2) Comma modificato dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia
(3) Comma aggiunto dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia
(4) Comma sostituito dall'art. 16 della legge 29 luglio 2015, n. 115 - Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2014
(5)Pubblicato il Decreto MLPS 22 luglio 2014 Disposizioni che si applicano agli spettacoli musicali, cinematografici e teatrali e alle manifestazioni fieristiche tenendo conto delle particolari esigenze connesse allo svolgimento delle relative attività. (6) Circolare n. 35 del 24 dicembre 2014 Istruzioni operative tecnico - organizzative per l'allestimento e la gestione delle opere temporanee e delle attrezzature da impiegare nella produzione e realizzazione di spettacoli musicali, cinematografici, teatrali e di manifestazioni fieristiche alla luce del Decreto MLPS 22 luglio 2014.
Elenco dei lavori edili o di ingegneria civile di cui all'articolo 89 comma 1, lettera a)
1. I lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento, ristrutturazione o equipaggiamento, la trasformazione, il rinnovamento o lo smantellamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo, in legno o in altri materiali, comprese le parti strutturali delle linee elettriche e le parti strutturali degli impianti elettrici, le opere stradali, ferroviarie, idrauliche, marittime, idroelettriche e, solo per la parte che comporta lavori edili o di ingegneria civile, le opere di bonifica, di sistemazione forestale e di sterro.
2. Sono, inoltre, lavori di costruzione edile o di ingegneria civile gli scavi, ed il montaggio e lo smontaggio di elementi prefabbricati utilizzati per la realizzazione di lavori edili o di ingegneria civile.[/box-note]
Il Registro Nazionale dei Tumori Naso-Sinusali (ReNaTuNS): Note
ID 16209 | 24.03.2022 / Documento completo allegato
Il Documento illustra i criteri di definizione del Registro Nazionale dei Tumori Naso-Sinusali (ReNaTuNS) istituito ai sensi dell’art. 244 del Decreto legislativo 81/2008 che ha come obiettivo la sorveglianza epidemiologica dei tumori naso-sinusali di sospetta origine professionale.
L'Inail svolge una funzione di coordinamento, indirizzo e collegamento della rete di sorveglianza epidemiologica dei tumori naso-sinusali. I risultati dell'attività del Renatuns sono pubblicati nei Rapporti periodici e sulle riviste di divulgazione scientifica italiana e internazionale. ________
I tumori maligni naso-sinusali rappresentano una patologia con un’incidenza bassa nella popolazione generale (meno dell’ 1% di tutti i tumori), ma con una rilevante frazione di casi attribuibili all’esposizione ad agenti cancerogeni nei luoghi di lavoro. Gli studi epidemiologici e la ricerca sperimentale hanno consentito di evidenziare alcuni agenti chimici ed esposizioni lavorative causalmente associate a questa patologia. Sulla base delle evidenze disponibili, l’Agenzia internazionale di ricerca sul cancro (Iarc) ha indicato la produzione di alcool isopropilico, i composti del nickel, il fumo di tabacco, le polveri di cuoio e le polveri di legno come gli agenti o le circostanze di esposizione con evidenza certa di cancerogenicità per l’uomo per la sede Tuns.
Presso l’Inail, Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (Dimeila) è attivo il Registro nazionale dei tumori naso-sinusali (Renatuns) in attuazione di quanto previsto dall’art. 244 del d.lgs. 81/2008 e s.m.i.
Il Renatuns è un sistema di sorveglianza epidemiologica, articolato su base regionale, che prevede la registrazione dei casi, su base di popolazione, attraverso la ricerca attiva presso le strutture di diagnosi e cura e la ricostruzione individuale delle modalità di esposizione tramite intervista diretta. Le modalità operative, la rete per la ricerca attiva dei casi, il questionario anamnestico e le modalità di classificazione e codifica della diagnosi di tumore maligno naso-sinusale e dell’esposizione agli agenti causali sono definite dal Manuale operativo, redatto in collaborazione da Inail e regioni. L'Inail svolge una funzione di coordinamento, indirizzo e collegamento della rete di sorveglianza epidemiologica dei tumori naso-sinusali. I risultati dell'attività del Renatuns sono pubblicati nei Rapporti periodici e sulle riviste di divulgazione scientifica italiana e internazionale.
Il d.lgs. 81/2008 ha riordinato il quadro normativo di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. In particolare, per i temi della sorveglianza epidemiologica e della registrazione dei tumori di origine professionale, la norma prevede all’art. 244 l’istituzione di un Registro nazionale dei casi di neoplasia di sospetta origine professionale presso l’Inail, con un ruolo centrale delle Regioni e Province autonome attraverso i Centri operativi regionali (COR) nell’identificazione dei casi e nella definizione delle circostanze di esposizione professionale coinvolte nell’eziologia. All’Inail è assegnato il ruolo di destinatario dei flussi e di ente di riferimento per l’intero sistema nazionale. Il registro nazionale dei casi di neoplasia di sospetta origine professionale si articola in tre sezioni:
- il Registro nazionale dei mesoteliomi (ReNaM); - il Registro nazionale dei tumori naso-sinusali (ReNaTuNS); - il Registro nazionale delle neoplasie a bassa frazione eziologica (RENaLOCCAM)
La piena funzionalità dei registri di cui all’art. 244 del d.lgs. 81/2008 sarebbe dovuta essere già da tempo garantita in modo adeguato sull’intero territorio nazionale, oltre che in forza del d.lgs. 81/2008, anche del d.p.c.m. relativo ai livelli essenziali di assistenza (LEA). In particolare, nell’allegato n. 1 del suddetto d.p.c.m. “Prevenzione collettiva e sanità pubblica” è affermato che l’informazione epidemiologica, anche quando non espressamente citata tra le componenti del programma, dovrà comunque guidare le aziende sanitarie nella pianificazione, attuazione e valutazione dei programmi e nella verifica del raggiungimento degli obiettivi di salute. All’interno della sezione ‘AREA DI INTERVENTO C - Sorveglianza, prevenzione e tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro’ del suddetto allegato 1, nella voce ‘C6 - Sorveglianza degli ex-esposti a cancerogeni e a sostanze chimiche/fisiche con effetti a lungo termine’, deriva l’obbligo di partecipazione al percorso in capo al centro operativo regionale (COR) per l’implementazione del Registro nazionale mesoteliomi (ReNaM), del Registro nazionale dei tumori naso-sinusali (ReNaTuNS) e delle neoplasie a bassa frazione eziologica e quello di svolgere attività di indagine per la implementazione dei registri del COR.
Il ReNaTuNS
L’art. 244 del Decreto legislativo 81/2008 ha previsto l’istituzione di registri nazionali dei casi di neoplasia di sospetta origine professionale e tra questi, appunto, il Registro nazionale dei tumori naso-sinusali (ReNaTuNS).
Gli obiettivi del ReNaTuNS sono:
- stimare l'incidenza dei casi di tumore naso-sinusale in Italia; - raccogliere informazioni sulla pregressa esposizione ad agenti correlati al rischio di tumore naso-sinusale; - valutare la rilevanza dell’esposizione a fattori di rischio occupazionale; - costituire una base informativa per studi analitici di epidemiologia occupazionale; - fornire informazioni relative alla esposizione a fini preventivi e medico-assicurativi.
Una rilevante parte di territorio nazionale a oggi non dispone del registro e la capacità di analisi epidemiologica dei dati aggregati e la dimensione degli approfondimenti di ricerca a partire dai dati nazionali sono ancora limitate. È auspicabile che grazie a questo strumento fondamentale la ricerca attiva dei casi di TuNS e l’analisi dell’esposizione diventino un’attività sistematica e coordinata, in modo da garantire la prevenzione della malattia, la tutela dei diritti dei soggetti ammalati e dei loro familiari e la corretta gestione delle risorse di sanità pubblica.
Il documento intende rappresentare un testo di riferimento per la ricerca attiva dei casi. Infatti la diffusione di metodi di ricerca attiva delle neoplasie nasali su tutto il territorio nazionale e l’armonizzazione dei criteri di definizione diagnostica e di ricostruzione delle modalità di esposizione agli agenti cancerogeni causali rappresentano un obiettivo di grande rilevanza per la prevenzione primaria nei luoghi di lavoro e daranno un contributo rilevante alla conoscenza del fenomeno dei tumori naso-sinusali in Italia e alle sue cause.
Analisi del Documento
Si analizzano i seguenti argomenti del documento:
- Tumori naso-sinusali: la definizione dell’esposizione professionale - Criteri per la rilevazione, la classificazione e la codifica dell’esposizione - Tumori naso-sinusali: le tre liste degli agenti causali
Tumori naso-sinusali: la definizione dell’esposizione professionale
Il documento ricorda che uno degli obiettivi del sistema di sorveglianza epidemiologica è di fare una valutazione delle occasioni di esposizione ad agenti correlati al rischio di tumori nasali e sinusali (TuNS). E la sorveglianza delle esposizioni “è uno strumento fondamentale per la consapevolezza dei rischi, per il riconoscimento della malattia professionale, per esplorare nuove ipotesi eziologiche, per la conduzione di studi epidemiologici e per consentire di verificare l’efficacia delle misure di protezione”.
In particolare la definizione dell’esposizione professionale “si basa essenzialmente su:
- la raccolta dettagliata della storia occupazionale del caso segnalato, tramite intervista diretta, se possibile, o intervista ad un parente; descrizione dettagliata di ogni lavoro svolto tramite le schede occupazione/mansione-specifiche; - la codifica del settore lavorativo secondo la classificazione delle attività economiche dell’Istat (ATECO 91) e della mansione (codice ISTAT delle professioni 1991; e non obbligatoriamente la codifica ILO - ISCO 1968 (1) deve essere fatta per ogni periodo lavorativo e per ogni cambiamento di mansione”.
Si indica poi che sebbene la definizione dell’esposizione a singoli agenti sia l’obiettivo prioritario, “è però molto importante definire accuratamente il settore lavorativo e la mansione ove la possibile esposizione si sia verificata. L’uso di una classificazione standardizzata per il settore e la mansione svolta permette di poter condurre l’analisi per occupazione/mansione”. Inoltre la revisione delle informazioni raccolte “è fondamentale per poterle poi tradurre in termini di esposizione da parte di esperti igienisti industriali per gli agenti certi o sospetti per i tumori naso sinusali che sono stati collocati in tre diverse liste”.
Criteri per la rilevazione, la classificazione e la codifica dell’esposizione agli agenti cancerogeni coinvolti definizione dell’esposizione
Definizione dell’esposizione
Uno degli obiettivi del sistema di sorveglianza epidemiologica è di fare una valutazione delle occasioni di esposizione ad agenti correlati al rischio di TUNS. La sorveglianza delle esposizioni è uno strumento fondamentale per la consapevolezza dei rischi, per il riconoscimento della malattia professionale, per esplorare nuove ipotesi eziologiche, per la conduzione di studi epidemiologici e per consentire di verificare l’efficacia delle misure di protezione. La definizione dell’esposizione professionale si basa essenzialmente su:
- la raccolta dettagliata della storia occupazionale del caso segnalato, tramite intervista diretta, se possibile, o intervista ad un parente; descrizione dettagliata di ogni lavoro svolto tramite le schede occupazione/mansione-specifiche; - la codifica del settore lavorativo secondo la classificazione delle attività economiche dell’Istat (ATECO 91) e della mansione (codice ISTAT delle professioni 1991; e non obbligatoriamente la codifica ILO - ISCO 1968 (1) deve essere fatta per ogni periodo lavorativo e per ogni cambiamento di mansione. - sebbene la definizione dell’esposizione a singoli agenti sia l’obiettivo prioritario, è però molto importante definire accuratamente il settore lavorativo e la mansione ove la possibile esposizione si sia verificata. L’uso di una classificazione standardizzata per il settore e la mansione svolta permette di poter condurre l’analisi per occupazione/mansione (2). - la revisione delle informazioni raccolte è fondamentale per poterle poi tradurre in termini di esposizione da parte di esperti igienisti industriali per gli agenti certi o sospetti per i tumori naso sinusali che sono stati collocati in tre diverse liste come di seguito presentate. Infatti considerata la diversa valenza in rapporto alla esposizione e allo sviluppo del tumore naso-sinusale, si è deciso di prevedere tre livelli valutativi a seconda della forza dell’evidenza di cancerogenicità dei singoli agenti.
Per ogni periodo di lavoro deve essere definito il livello di esposizione (in termini di probabilità di esposizione). Qui di seguito vengono riportati i criteri di definizione dell’esposizione.
Criteri di definizione dell’esposizione
Codice 1 = Esposizione professionale certa Soggetti che hanno svolto un’attività lavorativa implicante l’esposizione all’agente causale considerato. La presenza dell’esposizione a tale agente deve essere documentata da almeno una delle seguenti condizioni: - dichiarazione esplicita del soggetto intervistato qualora si tratti del caso stesso; - indagini ambientali, relazioni degli organi di vigilanza, documentazione amministrativa aziendale; - dichiarazione dei colleghi/datore di lavoro; - dichiarazione del parente/convivente per periodi di lavoro svolti in comparti in cui vi era esposizione certa all’agente considerato.
Codice 2 = Esposizione professionale probabile Soggetti che hanno lavorato in un’industria o in un ambiente di lavoro in cui l’agente considerato era sicuramente presente ma per il quale non è possibile arrivare a documentare/valutare in maniera sicura per carenza o incoerenza di informazioni da questionario.
Codice 3 = Esposizione professionale possibile Soggetti che hanno lavorato in un’industria o in un ambiente di lavoro appartenente a un settore economico in cui si potrebbe essere verificata l’esposizione all’agente considerato ma non vi sono notizie sufficienti per documentare tali esposizioni o meno da parte degli stessi.
Codice 4 = Esposizione familiare Soggetti esposti in ambiente domestico perché conviventi almeno con un lavoratore esposto assegnabile ai codici 1 o 2.
Codice 5 = Esposizione ambientale/residenziale Soggetti non esposti professionalmente e che hanno vissuto in vicinanza di insediamenti produttivi che lavoravano o utilizzavano l’agente considerato oppure hanno frequentato ambienti con presenza di tale agente per motivi non professionali.
Codice 6 = Esposizione extraprofessionale Soggetti non esposti professionalmente all’agente considerato ma esposti in ambiti o attività extralavorative (hobbistica, riparazioni di vario genere).
Codice 7 = Esposizione improbabile Soggetti per i quali sono disponibili informazioni di buona qualità sulle loro attività lavorative e sulla loro vita, dalle quali si possa escludere un’esposizione all’agente considerato.
Codice 8 = Esposizione ignota Soggetti per i quali l’incompletezza e l’insufficienza delle informazioni raccolte e/o il livello delle conoscenze di contesto non consentono di assegnare una categoria di esposizione ma potrebbe essere ancora possibile acquisire ulteriori informazioni utili.
Codice 9 = Esposizione da definire Soggetti per i quali è in corso la raccolta delle informazioni per la valutazione dell’esposizione.
Codice 10 = Esposizione non classificabile Soggetti per i quali non ci sono e non saranno più disponibili informazioni (casi chiusi con intervista impossibile o rifiuto del soggetto o dei parenti e/o inesistenza di altre fonti informative accessibili).
Lista degli agenti causali
Gli agenti causali presi in considerazione nella definizione dell’esposizione professionale per i casi valutati sono stati suddivisi in tre gruppi, in base alla forza dell’associazione individuata in letteratura ed in particolare in relazione alle indicazioni IARC(3) per gli agenti cancerogeni.
1. Agenti con sufficiente evidenza di cancerogenicità nell’uomo per i TuNS (IARC):
- polvere di legno; - polveri di sughero (4); - polvere di cuoio; - composti del nichel; - produzione di alcol isopropilico con il procedimento all’acido forte; - radio-226 e suoi prodotti di decadimento; - radio-228 e suoi prodotti di decadimento.
2. Agenti con limitata evidenza di cancerogenicità nell’uomo per i TuNS (IARC):
- composti del cromo VI; - formaldeide; - industria tessile; - lavorazioni di carpenteria e falegnameria tal quali.
3. Altri agenti rilevati suggeriti dalla letteratura epidemiologica:
- arsenico; - oli minerali (nebbie di); - polvere di silice; - polvere di carbone; - polvere di cemento; - nebbie di acidi forti (ad esempio acido solforico, H2SO4); - idrocarburi policiclici aromatici; - asbesto; - pesticidi; - tannini; - esposizione a fumo passivo (5); - vernici; - farina; - solventi; - fumi di saldatura; - altro.
Per facilitare l’attribuzione dell’esposizione, in Allegato 2 viene presentata una scheda riassuntiva da compilare per ogni tipo di lavoro svolto dai soggetti. Nella scheda sono menzionati gli agenti secondo le tre liste. È inserita una colonna che riporta se l’agente è indicato anche nelle liste Inail I (evidenza certa) e II (evidenza limitata) in cui sono contenuti gli agenti associati ai tumori professionali. Inoltre vi è una colonna per segnalare su che fonte si è basata l’attribuzione. La scheda dà la possibilità di raccogliere meglio la concomitanza di più esposizioni a cancerogeni. Nella Tabella 2 vengono presentati gli agenti su cui fino a ora sono state fatte l’attribuzione e la relativa codifica come da programma di inserimento dati di ReNaTuNS preparato da Inail. Sarà cura di Inail modificare il database di inserimento con l’introduzione di queste modifiche con l’inserimento del ‘Fumo passivo’ in ambiente lavorativo e ‘Altro’.
Le informazioni trasmesse dai COR al ReNaTuNS relativamente alla storia occupazionale dei soggetti intervistati comprendono i seguenti elementi essenziali:
- periodo di lavoro (anno inizio, anno fine); settore di attività economica (ATECO 1991) e della mansione (codice ISTAT delle professioni 1991; - non obbligatoriamente con la codifica ILO-ISCO 1968, a scelta dei vari COR), agente di esposizione (secondo la classificazione riportata in Tabella 2).
Il COR assegna a ogni segmento di storia lavorativa (caratterizzato quindi dai quattro elementi informativi relativi al periodo, al settore, alla mansione e all’agente coinvolto) uno dei codici di esposizione ed esprime infine un giudizio finale assegnando un livello finale complessivo di esposizione. Nel caso di esposizione professionale (codici 1 - 3), i codici assegnati ai singoli segmenti di storia lavorativa e il codice complessivo di esposizione devono essere coerenti (in particolare il codice complessivo deve risultare pari al più elevato rilevante dei codici specifici assegnati) (6).
Riguardo al livello finale complessivo di esposizione (o livello anamnestico che si trova nel vecchio programma nella Sezione Anamnesi) questo deve esprimere il giudizio complessivo riguardo ai cancerogeni certi per la Iarc, cioè ai cancerogeni menzionati nella lista 1. Nel caso non ci sia esposizione a cancerogeni della lista 1 si darà un giudizio a quelli della lista 2.
(1) Per quanto riguarda la mansione, alcuni COR hanno codificato anche secondo l’International standard classification of occupations (Isco) del 1968, redatta dall’International labour office (Ilo); su questo ultimo punto si ricorda l’importanza della codifica con Ilo-Isco per i possibili confronti internazionali, per cui se ne raccomanda l’uso da parte di tutti i COR. (2) Su questo punto sarà indispensabile procedere a momenti di verifica di congruenza delle classificazioni tra i COR attraverso analisi di concordanza per i settori e le mansioni più frequentemente presenti nell’archivio. (3) International Agency for Research on Cancer (Iarc). List of Classifications by cancer sites with sufficient or limited evidence in humans, Volumes 1 to 124, 2019. (4) Il sughero è la parte esterna della Quercia suber e viene lavorato principalmente per produrre vari e numerosi prodotti, l’industria del sughero viene menzionato nella monografia Iarc volume 25 nel capitolo ‘Legno’. Nel progetto CAREX, inoltre, gli esposti a polveri di sughero sono stati considerati esposti a polveri di legno sulla base delle caratteristiche chimiche del sughero (contenuti in suberina e tannini) (Kauppinen Timo, comunicazione personale, 2011): è stato deciso di segnalare questa esposizione anche se fa parte delle polveri di legno. (5) Fumo di tabacco: esposizione a fumo passivo in ambiente di lavoro. (6) La percentuale di casi professionali sarà fornita dai casi estratti dal database ReNaTuNS con un livello finale complessivo di esposizione (1 - 3) ai soli cancerogeni con evidenza sufficiente di cancerogenicità per i tumori naso-sinusali secondo la Iarc.
Vademecum denuncia Infortuni sul lavoro / Marzo 2022
ID 16039 | 14.03.2022 / Documento completo allegato
Il Vademecum illustrata la Procedura di Comunicazione/denuncia infortuni sul lavoro in riferimento a quanto previsto dal DPR 30 giugno 1965 n. 1124, denuncia fini assicurativi ed il Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81 di cui all’Art. 18comunicazione a fini statistici. Riportate Sanzioni previste. Segnalate e linkweb alle principali Circolari d’interesse.
Il Vademecum è suddiviso in 4 parti:
A. Denuncia infortunio a fini statistici B. Denuncia infortunio a fini assicurativi C. Sanzioni omessa denuncia di infortunio D. Circolari d’interesse _______
1. Il datore di lavoro, che esercita le attività di cui all'articolo 3, e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono: … r) comunicare in via telematica all'INAIL e all'IPSEMA, nonché per loro tramite, al sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro di cui all'articolo 8, entro 48 ore dalla ricezione del certificato medico, a fini statistici e informativi, i dati e le informazioni relativi agli infortuni sul lavoro che comportino l'assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell'evento e, a fini assicurativi, quelli relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro superiore a tre giorni;
l'obbligo di comunicazione degli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro superiore a tre giorni si considera comunque assolto per mezzo della denuncia di cui all'articolo 53 del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui aldecreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124;
Fig. 2 - Comunicazione infortunio a fini statistici e informativi
(N)Comunicazione infortunio sup 3 gg / obbligo assolto con la denuncia di cui all'Art. 53 delDPR 30 giugno 1965 n. 1124
[box-info]Infortunio sup 3 gg
L'obbligo di comunicazione degli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro superiore a tre giorni si considera comunque assolto per mezzo della denuncia di cui all'articolo 53 del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124[/box-info]
Art. 53. Il datore di lavoro e' tenuto a denunciare all'Istituto assicuratore gli infortuni da cui siano colpiti i dipendenti prestatori d'opera, e che siano prognosticati non guaribili entro tre giorni, indipendentemente da ogni valutazione circa la ricorrenza degli estremi di legge per l'indennizzabilita'. La denuncia dell'infortunio deve essere fatta entro due giorni da quello in cui il datore di lavoro ne ha avuto notizia e deve essere corredata dei riferimenti al certificato medico gia' trasmesso all'Istituto assicuratore per via telematica direttamente dal medico o dalla struttura sanitaria competente al rilascio. (2)
Se si tratta di infortunio che abbia prodotto la morta o per il quale sia preveduto il pericolo di morte, la denuncia deve essere fatta per telegrafo entro ventiquattro ore dall'infortunio. Qualora l'inabilita' per un infortunio prognosticato guaribile entro tre giorni si prolunghi al quarto, il termine per la denuncia decorre da quest'ultimo giorno. La denuncia dell'infortunio ed il certificato medico trasmesso all'Istituto assicuratore, per via telematica, direttamente dal medico o dalla struttura sanitaria competente al rilascio, nel rispetto delle relative disposizioni, debbono indicare, oltre alle generalita' dell'operaio, il giorno e l'ora in cui e' avvenuto l'infortunio, le cause e le circostanze di esso, anche in riferimento ad eventuali deficienze di misure di igiene e di prevenzione, la natura e la precisa sede anatomica della lesione il rapporto con le cause denunciate, le eventuali alterazioni preesistenti. (2)
Fig. 3 - Denuncia dell'infortunio (datori di lavoro soggetti alle disposizioni del presente titolo) Fini assicurativi (*)
La denuncia delle malattie professionali deve essere trasmessa dal datore di lavoro all'istituto assicuratore, corredata dei riferimenti al certificato medico gia' trasmesso per via telematica al predetto Istituto direttamente dal medico o dalla struttura sanitaria competente al rilascio, entro i cinque giorni successivi a quello nel quale il prestatore d'opera ha fatto denuncia al datore di lavoro della manifestazione della malattia. Il certificato medico deve contenere, oltre l'indicazione del domicilio dell'ammalato e del luogo dove questi si trova ricoverato, una relazione particolareggiata della sintomatologia accusata dallo ammalato stesso e di quello rilevata dal medico certificatore. I medici certificatori hanno l'obbligo di fornire all'Istituto assicuratore tutte le notizie che esso reputi necessarie. (2) Nella denuncia debbono essere, altresi', indicati le ore lavorate e il salario percepito dal lavoratore assicurato nei quindici giorni precedenti quello dell'infortunio o della malattia professionale. Per gli addetti alla navigazione marittima ed alla pesca marittima la denuncia deve essere fatta dal capitano o padrone preposto al comando della nave o del galleggiante o, in caso di loro impedimento, dall'armatore all'Istituto assicuratore e all'autorita' portuale o consolare competente. Quando l'infortunio si verifichi durante la navigazione, la denuncia deve essere fatta il giorno del primo approdo dopo l'infortunio. Il certificato medico deve essere trasmesso, per via telematica nel rispetto delle relative disposizioni, all'Istituto assicuratore dal medico di bordo o, in mancanza di esso, da un medico del luogo di primo approdo o dalla struttura sanitaria competente al rilascio)) sia nel territorio nazionale sia all'estero. (2)
Qualunque medico presti la prima assistenza a un lavoratore infortunato sul lavoro o affetto da malattia professionale e' obbligato a rilasciare certificato ai fini degli obblighi di denuncia di cui al presente articolo e a trasmetterlo esclusivamente per via telematica all'Istituto assicuratore. (2) Ogni certificato di infortunio sul lavoro o di malattia professionale deve essere trasmesso esclusivamente per via telematica all'Istituto assicuratore, direttamente dal medico o dalla struttura sanitaria competente al rilascio, contestualmente alla sua compilazione. (2)
La trasmissione per via telematica del certificato di infortunio sul lavoro o di malattia professionale, di cui ai commi ottavo e nono, e' effettuata utilizzando i servizi telematici messi a disposizione dall'Istituto assicuratore. I dati delle certificazioni sono resi disponibili telematicamente dall'istituto assicuratore ai soggetti obbligati a effettuare la denuncia in modalita' telematica, nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni. (2) I contravventori alle precedenti disposizioni sono puniti con l'ammenda da lire seimila a lire dodicimila.(1) ________
(1) La L. 28 dicembre 1993, n. 561 ha disposto (con l'art. 1 comma 1 lettera d) che "Non costituiscono reato e sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro le violazioni previste dalle seguenti disposizioni: articoli 53 e 54 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n 1124, e successive modificazioni, in materia di denuncia di infortuni".
(2) Il D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 151 ha disposto (con l'art. 21, comma 1, lettera b)) che "Al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, sono apportate le seguenti modificazioni: [...] b) all'articolo 53: 1) al primo comma [...] il terzo periodo e' soppresso; [...] 3) al quinto comma [...] il quarto periodo e' soppresso. Ha inoltre disposto (con l'art. 21, comma 2) che le modifiche apportate al presente articolo hanno efficacia a decorrere dal 22/03/2016. ________
Art. 54. Il datore di lavoro, anche se non soggetto agli obblighi del presente titolo, deve, nel termine di due giorni, dare notizia all'autorita' locale di pubblica sicurezza di ogni infortunio sul lavoro mortale o con prognosi superiore a trenta giorni. (5) La denuncia deve essere fatta all'autorita' di pubblica sicurezza del Comune in cui e' avvenuto l'infortunio. Se l'infortunio sia avvenuto in viaggio e in territorio straniero, la denuncia e' fatta all'autorita' di pubblica sicurezza nella cui circoscrizione e' compreso il primo lungo di fermata in territorio italiano, e per la navigazione marittima e la pesca marittima la denuncia e' fatta, a norma del penultimo comma dell'art. 53, alla autorita' portuale o consolare competente. Gli uffici, ai quali e' presentata la denuncia, debbono rilasciarne ricevuta e debbono tenere l'elenco degli infortuni denunciati. La denuncia deve indicare:
1) il nome e il cognome, la ditta, ragione o denominazione sociale del datore di lavoro; 2) il luogo, il giorno e l'ora in cui e' avvenuto l'infortunio; 3) la natura e la causa accertata o presunta dell'infortunio e le circostanze nelle quali esso si e' verificato, anche in riferimento ad eventuali deficienze di misure di igiene e di prevenzione; 4) il nome e il cognome, l'eta', la residenza e l'occupazione abituale della persona rimasta lesa; 5) lo stato di quest'ultima, le conseguenze probabili dell'infortunio e il tempo in cui sara' possibile conoscere l'esito definitivo; 6) il nome, il cognome e l'indirizzo dei testimoni dell'infortunio.
Per il datore di lavoro soggetto agli obblighi del presente titolo, l'adempimento di cui al primo comma si intende assolto con l'invio all'Istituto assicuratore della denuncia di infortunio di cui all'articolo 53 con modalita' telematica. Ai fini degli adempimenti di cui al presente articolo, l'Istituto assicuratore mette a disposizione, mediante la cooperazione applicativa di cui all'articolo 72, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, i dati relativi alle denunce degli infortuni mortali o con prognosi superiore a trenta giorni. (3) (4) (5) _______
(3) La L. 28 dicembre 1993, n. 561 ha disposto (con l'art. 1, comma 1, lettera d)) che le violazioni previste dal presente articolo non costituiscono reato e sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro. Ha inoltre disposto (con l'art. 4, comma 1) che "Le disposizioni di cui agli articoli 1, 2 e 3 della presente legge si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data della sua entrata in vigore quando il procedimento penale non sia stato definito con sentenza passata in giudicato o con decreto irrevocabile".
(4) Il D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, ha disposto (con l'art. 32, comma 6, lettera a)) che "l'articolo 54 e' abrogato a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81". Ha inoltre disposto (con l'art. 32, comma 7) che ""Le modalita' di comunicazione previste dalle disposizioni di cui al comma 6 si applicano a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, che definisce le regole tecniche per la realizzazione e il funzionamento del Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP) nei luoghi di lavoro".
(5) Il D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 151 ha disposto (con l'art. 21, comma 2) che le presenti modifiche hanno efficacia a decorrere dal 22/03/2016. ... [box-warning](*)
L'invio della denuncia/comunicazione consente, per gli infortuni che comportano un'assenza dal lavoro superiore a tre giorni, di assolvere contemporaneamente sia all'obbligo previsto a fini assicurativi dall'art. 53,DPR 30 giugno 1965 n. 1124, che all'obbligo previsto a fini statistico/informativi dall'art. 18, comma 1, lettera r, del Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81a far data dall'entrata in vigore della relativa normativa di attuazione.[/box-warning]
Direttiva macchine e Testo Unico Sicurezza Lavoro: Obblighi di tutti gli attori sicurezza macchine / Ed. Settembre 2021
ID 3234 | Rev. 1.0 dell'8 settembre 2021 / In allegato documento completo
La legislazione relativa alla sicurezza delle macchine, definisce obblighi in ordine alla progettazione, costruzione ai fini dell’immissione e/o messa in servizio ed all'installazione, montaggio e all'uso delle macchine o quasi macchine, individuando i soggetti responsabili ed i relativi obblighi.
Il Presente elaborato, con illustrazioni grafiche, intende fornire un quadro completo sugli Obblighi della Sicurezza macchine, mettendo in correlazione quanto prescritto:
1. Costruzione macchine - D. Lgs. 17/2010 (Attuazione Direttiva Macchine 2006/42/CE) 2. Uso macchine - D. Lgs 81/2008 (TUSL)
Prendendo a riferimento oltre ai testi legislativi, anche Guide ufficiali, Sentenze, altro.
[box-note]Rev. 1.0 2021 dell'8 settembre 2021 - Miglioramenti grafici - Aggiunto parag. n. 14 Macchine: Fabbricante e Datore di Lavoro - Responsabilità - Guida direttiva macchine 2006/42/CE - ED. 2.2 2019 EN - definizioni fabbricante, mandatario e distributore[/box-note]
Il presente elaborato risulta essere così strutturato:
Premessa 1. Fabbricante 1.1 Obblighi del fabbricante 2. Mandatario 2.1 Obblighi del mandatario 3. Importatore 4. Distributore 5. Casi in cui gli obblighi dei fabbricanti sono applicati agli importatori e ai distributori 6. Aspetto sanzionatorio D.lgs. 17/2010 7. Uso delle Macchine 8. Definizione di attrezzatura di lavoro 9. Obblighi dei fabbricanti e dei fornitori 10. Requisiti di sicurezza 11. Progettisti 12. Installatori 13. Datore di lavoro 14. Macchine: Fabbricante e Datore di Lavoro - Responsabilità 15. Aspetto sanzionatorio art. 87 D.lgs 81/08
______
La definizione di "macchina" nel TUSL è inserita nel termine più ampio di attrezzatura di lavoro (Titolo III Capo I Art. 69):
D.Lgs. 81/2008 Titolo III Capo I ... Art. 69 Definizioni: 1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente Titolo si intende per: a) attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio, utensile o impianto, inteso come il complesso di macchine, attrezzature e componenti necessari all’attuazione di un processo produttivo, destinato ad essere usato durante il lavoro.
Il D.Lgs 81/08 prevede precisi obblighi per quanto attiene la progettazione, l’installazione e la messa a disposizione per l’utilizzo, di attrezzature conformi ai requisiti di sicurezza, idonee ai fini della salute e sicurezza e adeguate al lavoro da svolgere o adattate a tali scopi che devono essere utilizzate conformemente alle disposizioni legislative di recepimento delle Direttive comunitarie.
Figura 2 - Attori DM e TUS [box-info]Per ogni figura che è interessata alla sicurezza macchine indicata nel D. Lgs. 17/2010 (Costruzione) e D. Lgs. 81/2008 (Uso), sono individuati i relativi obblighi, e sono messi in evidenza i diversi ruoli che le stesse figure possono assumere nel caso, ad esempio, di modifiche alle macchine (modifiche delle modalità di utilizzo e delle prestazioni previste dal costruttore), manutenzione, ecc.[/box-info]
...
Autore: Certifico Srl Formato: pdf Copiabile/stampabile: SI Rielaborazione autorizzata: SI Ed: Rev. 1.0 2021
Matrice Revisioni
Rev.
Data
Oggetto
Autore
1.0
08 Settembre 2021
Miglioramenti grafici Aggiunto parag. n. 14 Macchine: Fabbricante e Datore di Lavoro – Responsabilità Guida direttiva macchine 2006/42/CE - ED. 2.2 2019 EN: definizioni fabbricante, mandatario e distributore
ID 16089 | 18.03.2022 / Documento completo in allegato
Quadro normativo sulla tutela dal fumo passivo e luoghi di lavoro. Si escludono i rischi e le norme derivanti dal fuoco da sigarette e loro divieto in merito. Il divieto di fumo e conseguentemente, se pertinente, l'eliminazione del fumo passivo o la limitazione a locali adeguati / all'aperto, è la soluzione definitiva a tale rischio. E' da considerare, inoltre l'aumento negli ultimi anni della diffusione delle sigarette elettroniche e dei prodotti di nuova generazione da inalazione senza combustione (“Heat non Burn”) che possono ridurre il rischio del fumo passivo.
Il fumo rappresenta un problema di sanità pubblica a livello mondiale ed è causa di molteplici malattie, compresi i tumori.Chi respira fumo passivo ha molte probabilità di ammalarsi rispetto ai non esposti.
L'esposizione al fumo passivo sul posto di lavoro e in casa è associata a malattie evitabili, tra cui il cancro. La figura 1 mostra una panoramica degli effetti dannosi per la salute causati dall'uso di tabacco e dall'inalazione di fumo passivo. Le abitazioni sono spesso un luogo di esposizione al fumo passivo.
Figura 1. Conseguenze per la salute causalmente collegate al consumo di tabacco e all'esposizione al fumo passivo
In Europa esistono differenze relative alle diverse modalità di attuazione dei divieti di fumo all'interno delle abitazioni, con percentuali di case senza fumo variabili dal 31 % a più del 90 % tra i vari paesi. Una maggiore protezione dall'esposizione al fumo passivo è auspicabile e realizzabile da parte di fumatori e non fumatori, mediante il divieto di fumo all'interno delle proprie case e automobili.
Nei paesi europei in cui è ancora consentito fumare sul posto di lavoro, l'adozione di politiche antifumo generalizzate come stabilito all'articolo 8 della convenzione quadro per la lotta contro il tabagismo (FCTC) dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), è l'opzione migliore per garantire che tutti i cittadini che lavorano siano tutelati dal fumo passivo in maniera uniforme e completa. Nella raccomandazione del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativa agli ambienti senza fumo, basata sul sopraccitato articolo 8, gli Stati membri sono invitati a creare ambienti senza fumo nei luoghi di lavoro chiusi, nei luoghi pubblici chiusi e nei trasporti pubblici. La portata e il grado di esecuzione di tali divieti varia da paese a paese.
Il Ministro della Sanità riporta che il fumo rappresenta uno dei più gravi problemi di sanità pubblica a livello mondiale, ed è causa di molteplice malattie dell’apparato cardiovascolare e respiratorio, tra cui il tumore polmonare.
Ogni anno, per queste patologie, si contano 90.000 morti in Italia e 3 milioni nel mondo, e la causa ultima di queste, nel 90% circa dei casi, è il fumo di sigaretta. Lo IARC (International Agency for Research on Cancer), in forza di uno studio condotto in 12 nazioni diverse, ha inserito il fumo passivo nel gruppo 1 degli agenti cancerogeni, classificandolo quindi come agente certo e dimostrato (VediMonograPhs IARC Volume 83 / 2004).
Chi respira fumo passivo ha una probabilità di ammalarsi di tumore del 20/30% superiore rispetto ai non esposti, pertanto l’associazione del fumo passivo all’ambiente di lavoro comporta un significativo aumento del rischio.
Esposizione al fumo passivo UE in esercizi commerciali (quaLI bar e ristoranti) e sul posto di lavoro
Un sondaggio commissionato nel 2012 dall'Unione europea su oltre 12 000 persone in 27 paesi (EU-27) ha rivelato che più del 25 % degli intervistati è stato esposto almeno occasionalmente al fumo passivo sul luogo di lavoro (il 19 % dei fumatori e il 17 % dei non fumatori). La percentuale complessiva degli intervistati esposti più intensamente (per più di 5 ore al giorno) è risultata pari al 3 % (il 5% dei fumatori e l'1 % dei non fumatori). In generale, il 14 % di coloro che si sono recati in un ristorante nei 6 mesi precedenti al sondaggio ha affermato di aver visto qualcuno fumare all'interno del locale. Questa percentuale era più alta nel caso dei bar (28%).
Le percentuali degli intervistati che hanno riferito di essere stati esposti al fumo passivo presso esercizi commerciali come bar e ristoranti e sul luogo di lavoro nel 2009 e nel 2012, complessivamente (UE-27) e per paese, sono illustrate nella figura 2.
Figura 2 - Percentuali degli intervistati nell'Unione europea che hanno riferito di essere stati esposti al fumo passivo presso esercizi commerciali come bar e ristoranti e sul posto di lavoro nel 2009 e nel 2012, complessivamente e per paese / esposizione al fumo passivo nell'UE-27 nel 2009 e nel 2012.
Pericoli dal fumo di sigaretta
Nel fumo di sigaretta sono stati identificate 4.000 sostanze. Alcune di queste: acroleina, formaldeide, ammoniaca, ossidi di azoto, materie particellate, monossido di carbonio (CO), benzene, amine aromatiche, cianuri, nicotina, idrocarburi aromatici policiclici (IPA), sono noti cancerogeni, altre sono irritanti delle mucose, altre interferiscono con il trasporto dell’ossigeno, altre determinano dipendenza.
L'esposizione passiva è quantitativamente più ricca per il contenuto in benzopirene (3 volte superiore), toluene (6 volte superiore), dimetilnitrosammina (50 volte superiore) del fumo inalato direttamente. Di seguito sono riportate le norme di riferimento e la loro applicazione negli ambienti di lavoro.
Norme di tutela degli ambienti di lavoro (D.Lgs. 81/2008)
- Divieto di fumare
Per quanto riguarda i luoghi specifici dove è proibito fumare, il legislatore del Testo Unico ha indicato, tra i tanti:
- tutti i luoghi dove si utilizzano dei prodotti infiammabili incendiabili o esplodenti (depositi prodotti infiammabili, ecc) (art. 63, allegato IV punto 4.1.1; norme di prevenzione incendi):
4. MISURE CONTRO L'INCENDIO E L'ESPLOSIONE
4.1. Nelle aziende o lavorazioni in cui esistono pericoli specifici di incendio: 4.1.1. è vietato fumare; _______
- tutte le attività dove si utilizzano sostanze cancerogene (D.lgs. n. 81/2008, art. 238, comma 2.):
1. Il datore di lavoro: … b) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni, anche isolando le lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguati segnali di avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali «vietato fumare», ed accessibili soltanto ai lavoratori che debbono recarvisi per motivi connessi con la loro mansione o con la loro funzione. In dette aree è fatto divieto di fumare;
Art. 238 - Misure tecniche ... 2. Nelle zone di lavoro di cui all'articolo 237, comma 1, lettera b), è vietato assumere cibi e bevande, fumare, conservare cibi destinati al consumo umano, usare pipette a bocca e applicare cosmetici. … Art. 239 - Informazione e formazione
1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda:
a) gli agenti cancerogeni o mutageni presenti nei cicli lavorativi, la loro dislocazione, i rischi per la salute connessi al loro impiego, ivi compresi i rischi supplementari dovuti al fumare; _______
- le attività in cui si impiegano sostanze radioattive (D.lgs. n. 241/2000); _______
- i laboratori biologici (D.lgs. n. 81/2008, art. 273, comma 2):
Art. 273 - Misure igieniche ... 2. Nelle aree di lavoro in cui c'è rischio di esposizione è vietato assumere cibi e bevande, fumare, conservare cibi destinati al consumo umano, usare pipette a bocca e applicare cosmetici. _______
- in tutte le attività, infine, dove ci sia un’esposizione da parte dei lavoratori a fibre di asbesto (amianto) (D.lgs. n. 81/2008, art. 252):
Art. 252 - Misure igieniche ... 1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 249, comma 2, per tutte le attività di cui all'articolo 246, il datore di lavoro adotta le misure appropriate affinché: ... 3) oggetto del divieto di fumare; _______
Titolo I Principi comuni - art 15 c. 1. lett. e), "Misure generali di tutela" prevede "..la riduzione dei rischi alla fonte.."; - art. 18 c. 1 lett. f), "Obblighi del datore di lavoro e del dirigente" prevede per il datore di lavoro l'obbligo di richiedere "… l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro…"; - art. 28 c. 1, "Oggetto della valutazione dei rischi" stabilisce che "..la valutazione dei rischi ..deve riguardare tutti rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari…";
Titolo II Luoghi di lavoro - art. 63 c. 1 - Allegato IV punto 1.9.1, "Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi" stabilisce che "Nei luoghi di lavoro chiusi, è necessario… che i lavoratori.. dispongano di aria salubre in quantità sufficiente ottenuta preferenzialmente con aperture naturali.. e…con impianti di aerazione";
Titolo IX Sostanze pericolose - art. 222 c. 3, "Definizioni" considera pericolosi anche gli "agenti chimici che, pur non essendo classificati come pericolosi, …, possono comportare un rischio per la ..salute dei lavoratori a causa delle loro proprietà..tossicologiche.."; - art. 223, "Valutazione dei rischi" impone al datore di lavoro "l’obbligo di determinare "…preliminarmente l’eventuale presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro.." e di valutare "..anche i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori derivanti dalla presenza di tali agenti.."; ...
IARC fumo di tabacco e fumo passivo
MonograPhs IARC Volume 83 / 2004
Sulla valutazione dei rischi cancerogeni per l'uomo del Fumo di tabacco e fumo passivo: Classificazione 1
La monografia presenta una serie di studi di revisione che collegano il fumo di tabacco e il fumo involontario (passivo) a diversi tipi di cancro. Evidenza della sinergia tra fumo e diverse cause professionali di cancro ai polmoni (arsenico, amianto e radon), e tra fumo e consumo di alcol per i tumori del cavo orale, faringe, laringe ed esofago e tra fumo e infezione da papillomavirus umano per il cancro della cervice è stato trovato. Inoltre, il gruppo di lavoro ha concluso che il fumo involontario (esposizione al fumo passivo o "ambientale") è cancerogeno per l'uomo.
Giurisprudenza
La giurisprudenza valuta il fumo passivo come un fattore di rischio che deve essere adeguatamente affrontato dal datore di lavoro alla pari degli altri rischi presenti negli ambienti di lavoro in quanto è oramai dimostrato il rapporto eziologico fra esposizione e danno:
- Ordinanza Tribunale Civile di Roma, 4 ottobre 2001 - Ordinanza Tribunale di Bari 4 ottobre 2001 - Ordinanza Tribunale di Milano 1 marzo 2002 - Ordinanza Tribunale di Roma 16 settembre 2000
L'Ordinanza Tribunale di Roma 16 settembre 2000, evidenzia la necessità di sicurezza nella protezione dei lavoratori dal fumo passivo, ritenendo insufficiente la presenza di impianti di areazione per garantire livelli qualitativi di aria pulita tali da non pregiudicare la salute dei lavoratori.
L'esposizione passiva a fumo derivante dalla combustione del tabacco è un fattore di rischio cancerogeno accertato e si considera fattore di rischio lavorativo qualora sia presente nei luoghi di lavoro.
Corte Costituzionale
Nel 1991, la Corte Costituzionale, interpellata relativamente al divieto di fumo nella ipotesi che la legge fosse “discriminatoria” in quanto vietava di fumare solo in alcuni ambienti, ad esempio le aule della scuola ma non corridoi, scale, servizi, dove la salute dei lavoratori non era sufficientemente tutelata (la salute è un bene primario, costituzionalmente protetto), con Sentenza n. 202/1991, nel dichiarare infondata la questione di legittimità costituzionale, ha comunque precisato che, nonostante non esistesse una specifica legge che vietasse di fumare in tutti i luoghi di lavoro, due norme sono idonee a tutelare la salute dei lavoratori anche dal fumo passivo: l’art. 2043 del codice civile, in collegamento con l’art. 32 della Costituzione, che pone il divieto primario e generale di danneggiare la salute altrui (neminen laedere).
Infine la Corte ha sollecitato il Legislatore “ad apprestare una più incisiva e completa tutela della salute dei cittadini dai danni cagionati dal fumo anche passivo, trattandosi di un bene fondamentale e primario costituzionalmente garantito“. ...
Con la pronuncia n. 399 del 1996, la Corte costituzionale ha affermato che tra gli obblighi in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro, grava sul datore anche quello di tutelare i dipendenti dai rischi derivanti dall’esposizione a fumo passivo.[/box-warning]
La prevenzione dei gravi danni alla salute derivanti dall’esposizione attiva e passiva al fumo di tabacco costituisce obiettivo prioritario della politica sanitaria del nostro Paese e dell'U.E. La nuova normativa si inserisce in questa visione strategica e per questo si rende necessario garantire il rispetto delle norme di divieto e il sanzionamento delle relative infrazioni. Il divieto di fumare trova applicazione non solo nei luoghi di lavoro pubblici ma anche in quelli privati che siano aperti al pubblico o agli utenti.
Tale accezione comprende gli stessi lavoratori dipendenti, in quanto "utenti” dei locali nell’ambito dei quali prestano la loro attività lavorativa. E’ infatti interesse del datore di lavoro mettere in atto e far rispettare il divieto, anche per tutelarsi da eventuali rivalse da parte di tutti coloro che potrebbero instaurare azioni risarcitorie per danni alla salute causati dal fumo."
Obblighi
L'obbligo del rispetto della normativa è a carico dei datori di lavoro, dirigenti e preposti ai sensi del D. Lgs. 81/2008 e della normativa ad esso correlata.
Ne deriva l'obbligo per il datore di lavoro, dirigenti e preposti, di attuare tutti gli interventi preventivi previsti dalla normativa vigente:
- effettuazione della valutazione del rischio da fumo passivo (art. 28 c. 1, art. 223D. Lgs. 81/2008) quale agente cancerogeno; - adozione di misure generali di prevenzione primaria finalizzate all’eliminazione del rischio o divieto di fumo all'interno dei locali di lavoro.
Alla luce della normativa e della giurisprudenza, nei luoghi di lavoro in cui vi siano presenti lavoratori è fatto divieto di fumo e nei locali riservati ai fumatori, (bar, ristoranti, sale di intrattenimento..), non possono essere svolte attività lavorative da personale dipendente, anche se saltuarie. E' da considerare, per la valutazione del rischio, inoltre, l'incidenza relativa l'aumento negli ultimi anni della diffusione delle sigarette elettroniche e dei prodotti di nuova generazione da inalazione senza combustione (“Heat non Burn”) che possono ridurre il rischio del fumo passivo. ... segue in allegato
Campagna "Impariamo dagli errori" ATS Brianza / Raccolta schede (n. 126)
ID 15756 | 16.02.2022 / In allegato n. 126 Schede formato portfolio.pdf
Con questa campagna , ATS Brianza ha deciso a fini preventivi di mettere a disposizione di tutti (ditte e lavoratori) le conoscenze acquisite nelle indagini, con delle brevi schede di facile lettura e corredate da fotografie dove vengono descritti casi reali con foto, dinamica conseguenze per il lavoratore coinvolto, cause dell’infortunio (“i determinanti” e le cosiddette “criticità organizzative”), indicazioni di prevenzione per evitare infortuni simili.
In particolare il decreto inserisce l'esposizione agli oli minerali usati nei motori a combustione interna (processo e sostanza) quale rischio cancerogeno.
1. Allegato XLII Processo - Lavori comportanti penetrazione cutanea degli oli minerali precedentemente usati nei motori a combustione interna per lubrificare e raffreddare le parti mobili all'interno del motore.
2. Allegato XLIII Valori limite di esposizione professionale: - Oli minerali precedentemente usati nei motori a combustione interna per lubrificare e raffreddare le parti mobili all'interno del motore Cute: Contribuisce in modo significativo all'esposizione totale attraverso la via di assorbimento cutanea[/box-info]
In entrambi i casi si tratta di processi lavorativi e pertanto non soggetti a classificazione a norma del regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio.
Nel primo caso il comitato scientifico per i limiti dell'esposizione professionale agli agenti chimici (SCOEL) ha individuato la possibilità che tali oli siano assorbiti in misura significativa attraverso la pelle e ha vivamente raccomandato l'introduzione di osservazioni in tal senso.
L’introduzione di queste due lavorazioni nell’elenco dei cancerogeni costituisce una novità rilevante se si considera l’elevato numero di lavoratori potenzialmente esposti a tali inquinanti.
Nel 1983(1) e nel 1987(2) l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro ("IARC") ha valutato la cancerogenicità degli "oli minerali" ed è giunta alla conclusione che studi condotti sull'uomo rivelano l'esistenza di elementi di prova sufficienti circa la cancerogenicità per l'uomo degli oli minerali (contenenti diversi additivi e impurità) impiegati in attività quali la filatura, la lavorazione dei metalli e la trasformazione della iuta. Tale valutazione dell'IARC comprende anche gli oli minerali utilizzati nei motori. La valutazione finale dell'IARC non cita esplicitamente gli "oli minerali sotto forma di oli motore usati", ma conclude che studi condotti sull'uomo rivelano l'esistenza di elementi di prova sufficienti circa la cancerogenicità per l'uomo (IARC gruppo 1) degli "oli minerali non trattati o blandamente trattati". L'IARC ha rivisto la valutazione alla luce dei nuovi dati contenuti nella Monografia 100F (2012)(3) e ha mantenuto tale qualifica in relazione ai tumori della pelle.
Il comitato scientifico per i limiti dell'esposizione professionale ("SCOEL")(4) ha valutato gli effetti sulla salute dei lavoratori sul luogo di lavoro degli "oli minerali sotto forma di oli motore usati", definiti come "gli oli precedentemente usati nei motori a combustione interna per lubrificare e raffreddare le parti mobili all'interno del motore" (di seguito "gli oli minerali sotto forma di oli motore usati").
Tenendo conto della valutazione dell'IARC, lo SCOEL è giunto alla conclusione, conformemente alla propria metodologia, che gli "oli minerali sotto forma di oli motore usati" sono agenti cancerogeni del gruppo A per i quali non è disponibile una soglia in funzione della modalità di azione(5).
La nota relativa alla penetrazione cutanea è stata fortemente raccomandata dallo SCOEL, che ha valutato che l'esposizione professionale agli oli minerali sotto forma di oli motore usati avviene per via cutanea. La nota indicante la possibilità di una rilevante assunzione per via cutanea è stata approvata dal Comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro ("CCSS")
(1) IARC (1984), Polynuclear aromatic hydrocarbons, parte 2, Carbon blacks, mineral oils (lubricant base oils and derived products) and some nitroarenes. IARC Monogr Eval Carcinog Risk Chem Hum, 33: 1–222. PMID:6590450 (http://monographs.iarc.fr/ENG/Monographs/vol1-42/mono33.pdf). (2) IARC (1987), Overall evaluations of carcinogenicity: an updating of IARC Monographs volumes 1 to 42. IARC Monogr Eval Carcinog Risks Hum Suppl, 7: 1–440. PMID:3482203. (3) IARC (2012), (http://monographs.iarc.fr/ENG/Monographs/vol100F/mono100F.pdf). (4) Decisione 2014/113/UE della Commissione, del 3 marzo 2014, che istituisce un comitato scientifico per i limiti dell'esposizione professionale agli agenti chimici e che abroga la decisione 95/320/CE (GU L 62 del 4.3.2014, pag. 18). (5) SCOEL/OPIN/2016-405, Mineral Oils as Used Engine Oils, parere adottato il 9 giugno 2016.
Il pericolo degli oli usati
- Per gli oli che contengono in partenza anche piccole % di IPA è possibile con l’uso un incremento della concentrazione di tali sostanze;
- Per gli oli che nella formulazione contengono dietanolammina, è possibile, con l’uso, la formazione di N-Nitrosodietanolammina (sostanza cancerogena);
L’eventuale presenza di IPA e di dietanolammina (DEA) si dovrebbe ricavare da quanto dichiarato nelle schede di sicurezza nell'olio in origine.
- Nella formulazione iniziale possono essere presenti battericidi ed antifungini (ad es.formaldeide, antibiotici vari): qualora tali sostanze siano state consumate si può sviluppare una flora batterica pericolosa che può causare dermatiti, allergie, patologie respiratorie, ecc.
Durante l'uso, la composizione dell'olio cambia a causa delle alte temperature e sollecitazioni meccaniche.
Nitrazione, cracking del polimero, ossidazione e decomposizione di composti organometallici all'interno dell'olio si verificano durante l'uso con conseguente accumulo di benzina o diesel, acqua, metalli, ossidi metallici e prodotti della combustione (inclusi IPA) nell'olio.
L'efficienza del motore, la frequenza dei cambi d'olio e il chilometraggio del veicolo possono influenzare la composizione degli oli usati.
L'olio motore usato varia in base al tipo di carburante e alle condizioni meccaniche del motore. Di tutti i metalli presenti nell'olio motore, il piombo è stato trovato nelle concentrazioni più elevate, tuttavia, con l'introduzione di combustibili senza piombo le concentrazioni di piombo negli oli motore usati sono diminuite.
Zinco, rame, cromo e nichel si trovano anche negli oli motore usati.
In passato, piccole quantità di bifenili policlorurati (PCB) sono stati incorporati nei fluidi di trasmissione per controllare il rigonfiamento delle guarnizioni in gomma.
I PCB degli anni '80 sono stati rilevati in campioni di olio usato in concentrazioni comprese tra 7 e 65 ppm. La produzione commerciale di PCB da allora è cessata e dagli anni '90 è improbabile che i PCB sono stati presenti negli oli motore usati.
Tabella 1: Principali IPA e loro classificazione secondo diversi criteri (Ufficio federale della sanità pubblica UFSP CH - 2020)
IPA
Numero CAS
Cancerogeno per l’essere umano (IARC 2016)
Principali inquinanti secondo EPA (USA)
PAH8, indicatori di presenza di IPA cancerogeni negli alimenti (EFSA 2008)
Classificazione armonizzata secondo l’allegato VI del regolamento (CE) n. 1272/2008
Cancerogenicità secondo la banca dati dell’inventario C&L (autoclassificazione) dell’ECHA
Benzo(a)pirene
50-32-8
1
X
X
X (carc.1B)
Dibenzo(a,h)antracene
53-70-3
2A
X
X
X (carc.1B)
Benzo(a)antracene
56-55-3
2B
X
X
X (carc.1B)
Benzo(b)fluorantene
205-99-2
2B
X
X
X (carc.1B)
Benzo(j)fluorantene
205-82-3
2B
X (carc.1B)
Benzo(k)fluorantene
207-08-9
2B
X
X
X (carc.1B)
Benzo(e)pirene
192-97-2
3
X (carc.1B)
Crisene
218-01-9
2B
X
X
X (carc.1B)
Indeno(1,2,3,c,d)pirene
193-39-5
2B
X
X
carc. 2
Benzo(g,h,i)perilene
191-24-2
3
X
X
non cancerogeno
Ciclopenta(c,d)pirene
27208-37-3
2A
non elencato
Dibenzo(a,l)pirene
191-30-0
2A
carc. 1B
Dibenzo(a,i)pirene
189-55-9
2B
carc. 2 (23 notifiche) o carc.1B (4) o non classificato (3)
5-metilcrisene
3697-24-3
2B
carc. 2 (23 notifiche) o carc.1B (7) o non classificato (3)
Dibenzo(a,h)pirene
189-64-0
2B
carc.1B (11 notifiche) o carc. 2 (1) o non classificato (3)
Naftalina
91-20-3
2B
X
X (carc. 2)
Benzo(j)aceantrilene
202-33-5
2B
non elencato
Benzo(c)fenantrene
195-19-7
2B
non cancerogeno (26 notifiche) o carc. 2 (7)
Antracene
120-12-7
3
X
non cancerogeno (373 notifiche), carc. 2 (1)
Acenaftene
83-32-9
3
X
non cancerogeno
Fluorantene
206-44-0
3
X
non cancerogeno
Fluorene
86-73-7
3
X
non cancerogeno
Fenantrene
85-01-8
3
X
non cancerogeno (442 notifiche), carc. 2 (2)
Pirene
129-00-0
3
X
non cancerogeno
Acenaftilene
208-96-8
-
X
non cancerogeno
Classificazione dell’IARC:
Gruppo 1: cancerogenicità dimostrata Gruppo 2A: cancerogenicità probabile Gruppo 2B: cancerogenicità possibile Gruppo 3: non classificabile come cancerogeno per l'essere umano (possibile ma dati insufficienti)
Classificazione dell’ECHA e svizzera (secondo il regolamento CLP):
carc. 1A: sostanze di cui sono noti effetti cancerogeni per l’essere umano carc. 1B: sostanze di cui si presumono effetti cancerogeni per l’essere umano carc. 2: sostanze di cui si sospettano effetti cancerogeni per l’essere umano
Estratto parere SCOEL Allegato
[box-note]"...Le composizioni chimiche degli oli motore variano a seconda delle esigenze dei diversi motori e delle condizioni operative. Sono utilizzati principalmente nei motori di automobili e motocicli, motori ferroviari diesel, motori marini, motori aeronautici e sono utilizzati nei motori di macchinari portatili, comprese motoseghe e tosaerba. La composizione chimica dell'olio motore cambia nel tempo con l'utilizzo del motore, a causa delle alte temperature e dell'usura meccanica. Durante l'uso si verificanonitrazione, cracking del polimero, ossidazione e decomposizione dei composti organometallici nell'olio, con conseguente accumulo di componenti del carburante, acqua, metalli, ossidi metallici e prodotti di combustione (compresi gli IPA) all'interno dell'olio usato.
Inoltre, va notato che la composizione degli oli motore vergini e quindi la composizione degli oli motore usati è cambiata nel tempo.
Ciò è avvenuto non solo per soddisfare i requisiti dei nuovi progetti di motori e requisiti di prestazioni, ma anche per conformarsi alla legislazione dell'UE.
In passato, molti oli minerali erano solo leggermente raffinati e contenevano livelli significativi di Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA). Inizialmente, il trattamento con acido è stato utilizzato per rimuovere IPA e altre impurità e per migliorare le proprietà tecniche degli oli finiti. Negli ultimi decenni, il trattamento con acido è stato ampiamente sostituito da una raffinazione estensiva con estrazione con solvente e/o idrotrattamento, che ha ulteriormente ridotto il livello di IPA e altri contaminanti. Gli oli minerali sono stati prodotti mediante la procedura di idrotrattamento severo sin dagli anni '60.
Dall'inizio degli anni '90, nell'UE, il processo di produzione degli oli lubrificanti è controllato utilizzando il metodo IP346(*) (IP, 1993).
La classificazione non deve essere applicata ai sensi del regolamento UE (CE) n. 1272/2008 sulla classificazione, l'etichettatura e l'imballaggio se è possibile dimostrare che la sostanza contiene meno del 3% di estratto di dimetilsolfossido DMSO (m/m) come misurato da IP 346 (*).
Va anche notato che "oli minerali, leggermente trattati o non trattati" sono flussi specifici di prodotti di raffinazione, all'inizio del processo di raffinazione; sono cancerogeni per via cutanea a causa degli IPA presenti, che hanno origine dal petrolio naturale. In quanto tali, non vengono utilizzati per produrre oli lubrificanti poiché sarebbe illegale nell'UE.
Tutti gli oli lubrificanti immessi sul mercato dell'UE o utilizzati in articoli immessi sul mercato dell'UE sono conformi a IP346 (*), il che significa che hanno un basso livello di IPA (che è stato ridotto da processi specifici come l'idrotrattamento).
Tuttavia, il presente parere si rivolge in generale agli oli minerali poiché gli oli motore usati sono oli che sono stati utilizzati in precedenza nei motori a combustione interna per lubrificare e raffreddare le parti mobili all'interno del motore e come definito sopra..."[/box-note]
(*) IP 346:2015 Determination of polycyclic aromatics in unused lubricating base oils and asphaltene free petroleum fractions - dimethyl sulphoxide extraction refractive index method Energy Institute (formerly Institute of Petroleum - IP)
Misure di Prevenzione e Protezione
Riduzione dei rischi alla fonte con l'uso di oli a bassissimo contenuto di IPA / dietanolammina /metalli.
Una serie di migliori pratiche può essere utilizzata per limitare la penetrazione cutanea, fra cui il ricorso a dispositivi di protezione individuale, quali i guanti, la rimozione e la pulizia degli indumenti contaminati.
Il Preposto: Quadro normativo e giurisprudenza / Update Rev. 2.0 Gennaio 2022 (aggiornato DL 146/2021 Decreto sicurezza Draghi)
ID 7820 | Rev. 2.0 del 26.01.2022 / Documenti allegati (!)
(!) 26.01.2021 - Invitiamo i Gentili Clienti ad effettuare di nuovo il download del Documento Rev. 2.0 2022 allegato, per correzioni e collegati inseriti.
Normativa e Giurisprudenza sul Preposto, Formazione, Modello di nomina/formalizzazione dell’incarico, Sentenze rilevanti, Documenti elaborati sul Preposto 2022.
Aggiornati gli articoli 37 (Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti) e 26 (Obblighi connessi ai contratti d'appalto o d'opera o di somministrazione) del D.Lgs. 81/2008, così come modificati dal DL n. 146/2021 (convertito / Legge 17 dicembre 2021 n. 215)[/box-info]
[box-info]Update Rev. 1.0 2022
Il Preposto sicurezza, alla luce delle modifiche introdotte dalDL n. 146/2021 (convertito / Legge 17 dicembre 2021 n. 215) al D.Lgs. 81/2008, in relazione agli obblighi di cui all'Art. 19, ha obblighi/poteri di interrompere l’attività del lavoratore, non previsti precedentemente (salvo comma 1 lett. c. istruzioni per l'abbandono del posto di lavoro/zona pericolosa in caso di pericolo grave, immediato e inevitabile), specificatamente:
- rilevazione di comportamenti non conformi alle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro e dai dirigenti ai fini della protezione collettiva e individuale (comma 1 lett. a -modificata); - in caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza (comma 1 lett. f-bis - nuova).
Il preposto o i preposti devono essere individuati dal Datore di lavoro (non precedente indicato) secondo il nuovo comma 1 lettera b -bis) dell’Art. 18introdotto dalDL n. 146/2021 alD.Lgs. 81/2008.
Il Testo unico sulla sicurezza del lavoro, D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81 - Art. 2.Definizioni, riporta “1. Ai fini ed agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo si intende per e) «preposto»: persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa;”.
La giurisprudenza (es. Cassazione Penale, Sezione IV, Sentenza 14 gennaio 2010 n. 1502) rileva che “il preposto è una delle tre figure (datore di lavoro, dirigente e preposto) cui, secondo la nostra legislazione antinfortunistica e secondo la giurisprudenza formatasi al riguardo, competono, nell’ambito dell’impresa, specifiche posizioni di garanzia autonomamente previste. Il preposto, come il datore di lavoro e il dirigente, è individuato direttamente dalla legge e dalla giurisprudenza come soggetto cui competono poteri originari e specifici, differenziati tra loro e collegati alle funzioni a essi demandati, la cui inosservanza comporta la diretta responsabilità del soggetto iure proprio. Il preposto non è chiamato a rispondere in quanto delegato [o incaricato] dal datore di lavoro, ma bensì a titolo diretto e personale per l’inosservanza di obblighi che allo stesso, come già si è detto, direttamente fanno capo. È pertanto del tutto improprio il richiamo alla assenza di delega da parte del datore di lavoro con il quale la difesa del preposto cerca di allontanare la responsabilità (responsabilità di fatto).
... Art. 2. Definizioni ... e) "preposto": persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa; ...
Art. 18 - Obblighi del datore di lavoro e del dirigente
1. Il datore di lavoro, che esercita le attività di cui all'articolo 3, e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono: …. b -bis) individuare il preposto o i preposti per l’effettuazione delle attività di vigilanza di cui all’articolo 19. I contratti e gli accordi collettivi di lavoro possono stabilire l’emolumento spettante al preposto per lo svolgimento delle attività di cui al precedente periodo. Il preposto non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività»; (1) ... Art. 19 - Obblighi del preposto
1. In riferimento alle attività indicate all’articolo 3, i preposti, secondo le loro attribuzioni e competenze, devono:
a) sovrintendere e vigilare sull’osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di rilevazione di comportamenti non conformi alle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro e dai dirigenti ai fini della protezione collettiva e individuale, intervenire per modificare il comportamento non conforme fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza. In caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza dell’inosservanza, interrompere l’attività del lavoratore e informare i superiori diretti; (2)
b) verificare affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
c) richiedere l’osservanza delle misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato e inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
d) informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
e) astenersi, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato;
f) segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro, delle quali venga a conoscenza sulla base della formazione ricevuta;
f -bis) in caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza, se necessario, interrompere temporaneamente l’attività e, comunque, segnalare tempestivamente al datore di lavoro e al dirigente le non conformità rilevate;(3)
g) frequentare appositi corsi di formazione secondo quanto previsto dall’articolo 37. ...
Art. 26 - Obblighi connessi ai contratti d'appalto o d'opera o di somministrazione ... 8 -bis. Nell’ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto o subappalto, i datori di lavoro appaltatori o subappaltatori devono indicare espressamente al datore di lavoro committente il personale che svolge la funzione di preposto.(4)
Art. 35 - Riunione periodica ... 2. Nel corso della riunione il datore di lavoro sottopone all'esame dei partecipanti: ... d) i programmi di informazione e formazione dei dirigenti, dei preposti e dei lavoratori ai fini della sicurezza e della protezione della loro salute. … Art. 37 - Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti … 2. La durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione di cui al comma 1 sono definiti mediante accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottato, previa consultazione delle parti sociali, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo. Entro il 30 giugno 2022, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano adotta un Accordo nel quale provvede all'accorpamento, rivisitazione e modifica degli Accordi attuativi del presente decreto legislativo in materia di formazione in modo da garantire: a) L'individuazione della durata, dei contenuti minimi e delle modalità della formazione obbligatoria a carico del datore di lavoro; b) L'individuazione delle modalità della verifica finale di apprendimento obbligatoria per i discenti di tutti i percorsi formativi e di aggiornamento obbligatori in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di quelle delle verifiche di efficacia della formazione durante lo svolgimento della prestazione lavorativa.(5) … 5. L'addestramento viene effettuato da persona esperta e sul luogo di lavoro. L'addestramento consiste nella prova pratica, nel caso dell'uso corretto e in sicurezza di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale; l'addestramento consiste, inoltre, nella esercitazione applicata nel caso delle procedure di lavoro in sicurezza. Gli interventi di addestramento effettuati dovranno essere tracciati in apposito registro anche informatizzato.(6) … 7. ll datore di lavoro, i dirigenti e i preposti ricevono un'adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro, secondo quanto previsto dall'Accordo di cui all'articolo 37, comma 2, secondo capoverso.(7) ...
7ter. Per assicurare l'adeguatezza e la specificità della formazione nonché l'aggiornamento periodico dei preposti ai sensi del comma 7, le relative attività formative devono essere svolte interamente con modalità in presenza e devono essere ripetute, con cadenza almeno biennale e comunque ogni qualvolta ciò sia reso necessario in ragione dell'evoluzione dei rischi o all'insorgenza di nuovi rischi.(8) ...
Art. 78. Obblighi dei lavoratori ... 5. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi rilevato nei DPI messi a loro disposizione. ...
Art. 123 - Montaggio e smontaggio delle opere provvisionali
1. Il montaggio e lo smontaggio delle opere provvisionali devono essere eseguiti sotto la diretta sorveglianza di un preposto ai lavori. ...
Art. 136 - Montaggio e smontaggio ... 6. Il datore di lavoro assicura che i ponteggi siano montati, smontati o trasformati sotto la diretta sorveglianza di un preposto, a regola d'arte e conformemente al Pi.M.U.S., ad opera di lavoratori che hanno ricevuto una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste. ...
1. Le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b), d) ed e), gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti. _________
1. Con riferimento a tutte le disposizioni del presente decreto, i preposti, nei limiti delle proprie attribuzioni e competenze, sono puniti:
a) con l’arresto fino a due mesi o con l’ammenda da 491,40a 1.474,21 euro per la violazione dell’articolo 19, comma 1, lettere a), c), e), f) ed f-bis; b) con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda da 245,70 a 982,81 euro per la violazione dell’articolo 19, comma 1, lettere b), d) e g).
(Note)
(1) Lettera aggiunta dalla Legge 17 dicembre 2021 n. 215 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili. (GU n.301 del 20.12.2021). (2) Lettera sostituita dalla Legge 17 dicembre 2021 n. 215 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili. (GU n.301 del 20.12.2021). (3) Lettera aggiunta dalla Legge 17 dicembre 2021 n. 215 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili. (GU n.301 del 20.12.2021). (4) Comma aggiunto dalla Legge 17 dicembre 2021 n. 215 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili. (GU n.301 del 20.12.2021). (5) Periodo aggiunto dalla Legge 17 dicembre 2021 n. 215 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili. (GU n.301 del 20.12.2021). (6) Periodo aggiunto dalla Legge 17 dicembre 2021 n. 215 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili. (GU n.301 del 20.12.2021). (7) Comma sostituito dalla Legge 17 dicembre 2021 n. 215 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili. (GU n.301 del 20.12.2021). (8) Comma aggiunto dalla Legge 17 dicembre 2021 n. 215 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili. (GU n.301 del 20.12.2021). ...
2. Aggiornamento dell’Art. 19 del D.Lgs. 81/2008 da parte del DL n. 146/2021 ...
3. METODOLOGIA DI INSEGNAMENTO/APPRENDIMENTO … Utilizzo delle modalità di apprendimento e-Learning
Sulla base dei criteri e delle condizioni di cui all'Allegato I l'utilizzo delle modalità di apprendimento e-Learning è consentito per: - la formazione generale per i lavoratori; - la formazione dei dirigenti; - i corsi di aggiornamento previsti al punto 9 del presente accordo; - la formazione dei preposti, con riferimento ai punti da 1 a 5 del punto 5 che segue; - progetti formativi sperimentali, eventualmente individuati da Regioni e Province autonome nei loro atti di recepimento del presente accordo, che prevedano l'utilizzo delle metodologia di apprendimento e-Learning anche per la formazione specifica dei lavoratori e dei preposti.
4. FORMAZIONE LAVORATORI ... Durata minima complessiva dei corsi di formazione per i lavoratori, in base alla classificazione dei settori di cui all’Allegato I:
4 ore di Formazione Generale + 4 ore di Formazione Specifica per i settori della classe di rischio basso: TOTALE 8 ore 4 ore di Formazione Generale + 8 ore di Formazione Specifica per i settori della classe di rischio medio: TOTALE 12 ore 4 ore di Formazione Generale + 12 ore di Formazione Specifica per i settori della classe di rischio alto: TOTALE 16 ore ...
5. FORMAZIONE PARTICOLARE AGGIUNTIVA PER IL PREPOSTO
La formazione del preposto, così come definito dall'articolo 2, comma 1, lettera e), delD.Lgs. n. 81/08, deve comprendere quella per i lavoratori, così come prevista ai punti precedenti (punto 4 – ndr), e deve essere integrata da una formazione particolare, in relazione ai compiti da lui esercitati in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
La durata minima del modulo per preposti è di 8 ore.
I contenuti della formazione, oltre a quelli già previsti ed elencati all'articolo 37, comma 7, del D.Lgs. n. 81/08, comprendono, in relazione agli obblighi previsti all'articolo 19:
1. Principali soggetti del sistema di prevenzione aziendale: compiti, obblighi, responsabilità; 2. Relazioni tra i vari soggetti interni ed esterni del sistema di prevenzione; 3. Definizione e individuazione dei fattori di rischio; 4. Incidenti e infortuni mancati 5. Tecniche di comunicazione e sensibilizzazione dei lavoratori, in particolare neoassunti, somministrati, stranieri; 6. Valutazione dei rischi dell'azienda, con particolare riferimento al contesto in cui il preposto opera; 7. Individuazione misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e protezione; 8. Modalità di esercizio della funzione di controllo dell'osservanza da parte dei lavoratori delle disposizioni di legge e aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro, e di uso dei mezzi di protezione collettivi e individuali messi a loro disposizione.
Al termine del percorso formativo, previa frequenza di almeno il 90% delle ore di formazione, verrà effettuata una prova di verifica obbligatoria da effettuarsi con colloquio o test, in alternativa tra loro. Tale prova è finalizzata a verificare le conoscenze relative alla normativa vigente e le competenze tecnico-professionali acquisite in base ai contenuti del percorso formativo.
5-bis. Modalità di effettuazione della formazione di lavoratori e preposti
Ferme restando le previsioni di cui ai punti 4 e 5 che precedono relativamente alla durata e ai contenuti dei corsi, le modalità delle attività formative possono essere disciplinate da accordi aziendali, adottati previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
9. AGGIORNAMENTO …
Con riferimento ai preposti, come indicato al comma 7 dell'articolo 37 del D.Lgs. n. 81/08, si prevede un aggiornamento quinquennale, con durata minima di 6 ore, in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro.
11. RICONOSCIMENTO DELLA FORMAZIONE PREGRESSA
La formazione erogata a cura dei datori di lavoro prima della pubblicazione del presente accordo viene riconosciuta come di seguito specificato:
a) Formazione dei lavoratori e dei preposti.
Nel rispetto di quanto previsto al punto 8 del presente accordo e, fermo restando l'obbligo di aggiornamento di cui al punto 9, non sono tenuti a frequentare i corsi di formazione di cui al punto 4 i lavoratori ed i preposti per i quali i datori di lavoro comprovino di aver svolto, alla data di pubblicazione del presente accordo, una formazione nel rispetto delle previsioni normative e delle indicazioni previste nei contratti collettivi di lavoro per quanto riguarda durata, contenuti e modalità di svolgimento dei corsi.
L'obbligo di aggiornamento per lavoratori e preposti, per i quali la formazione sia stata erogata da più di 5 anni dalla data di pubblicazione del presente accordo, dovrà essere ottemperato entro 12 mesi.
In ogni caso la formazione particolare ed aggiuntiva di cui al punto 5 dovrà concludersi entro e non oltre il termine di 12 mesi dalla pubblicazione del presente accordo.[/panel]
Fig. 1 - Ore Formazione Preposto
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4. Preposto di fatto
Si è o si diventa Preposti, quando si svolgono attività di coordinamento di un gruppo di lavoro. Tale ruolo prescinde dalla formale investitura da parte del datore di lavoro. Per la normativa, un qualsiasi lavoratore che eserciti anche temporaneamente attività di coordinamento di un gruppo di lavoratori, diventa “preposto di fatto”. Pertanto sarà obbligato a rispettare e a far rispettare ai lavoratori la normativa antinfortunistica, come espressamente menzionato dall’art. 299 del D. Lgs. n. 81/2008.
Il “ preposto di fatto” è quel soggetto che pur non avendo un ruolo gerarchico di sovrintendenza nei confronti di altri lavoratori, sia solito impartire ordini non venendo sconfessato dai superiori gerarchici; secondo la Cassazione infatti, perché venga riconosciuta questa posizione di preposto di fatto, “occorre sia che quel lavoratore sia solito dare direttive ed impartire ordini sia che quella preposizione di fatto sia nota e, soprattutto riconosciuta, obbedendo alle direttive e agli ordini, dai lavoratori sui quali viene esercitata”.
Si ricordi poi che, come ricordato a più riprese dalla Suprema Corte, la sovrintendenza spetta al preposto come “compito non esclusivo ma sussidiario, spettando anzitutto al datore di lavoro e ai dirigenti” salvo il datore di lavoro “abbia conferito apposita delega a persona tecnicamente all’altezza” laddove consentito (cfr. art. 16 D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81).
Non accettare l’incarico di Preposto (formalizzazione) al fine di evitare le responsabilità, significa che quel lavoratore non può continuare ad operare nella mansione che presenti attività di coordinamento e/o direzione di altri lavoratori.
5. Giurisprudenza
[box-note]L’obbligo del preposto di informare i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato (art. 19 c. 1 lett. d) D.Lgs.81/08) e di segnalare al datore di lavoro o al dirigente le situazioni di pericolo (art. 19 c. 1 lett. f) D.Lgs.81/08)
Cassazione Penale, Sez. IV, 27 gennaio 2016 n. 3626ha confermato la condanna di un RSPP e di un preposto per il reato di lesioni personali colpose in danno di un lavoratore dipendente di una ditta produttrice di ceramiche.
L’infortunio era avvenuto durante un'operazione di smontaggio, pulitura e rimontaggio di un atomizzatore: in particolare il lavoratore, “dopo avere rimosso il materiale che occludeva la parte inferiore dell'apparecchiatura attraverso lo smontaggio del cono inferiore dello stesso, veniva attinto alla gamba sinistra dal detto cono, del peso di circa 50 chilogrammi, caduto sotto la spinta di un blocco di materiale atomizzato distaccatosi dalle pareti dell'atomizzatore”.
Riguardo ai due imputati, “al C.B. il reato é contestato nella sua qualità di preposto al reparto macinazione dello stabilimento, per aver sottostimato i rischi di caduta di materiale dall'interno dell'apparecchiatura e per avere omesso di dare al [lavoratore] informazioni sulle regole di prevenzione e protezione da osservare, in violazione dell'art. 19, comma 1, del D.Lgs. 81/2008;
Per quanto concerne la posizione del preposto, la sentenza specifica che “é corretta e adeguata la motivazione della sussistenza, in capo al C.B., del profilo della colpa, non avendo egli (mentre era impegnato accanto al [lavoratore infortunatosi] nell'esecuzione della manovra) effettuato il controllo delle pareti interne con la dovuta diligenza, posto che l'evento poi verificatosi testimonia che egli, ove mai avesse effettuato il detto controllo, vi avrebbe provveduto in modo negligente e dunque non rispondente alle regole cautelari, come tale caratterizzato quanto meno da colpa generica. E' perciò corretto il ragionamento seguito dalla Corte territoriale laddove essa afferma che, qualora il controllo fosse stato eseguito in modo diligente, il C.B. avrebbe visto la presenza del blocco di materiale e avrebbe potuto quindi evitare che essa, cadendo, provocasse l'incidente.”[/box-note]
[box-note]Cassazione Penale, Sez. IV, 2 febbraio 2016 n. 4340 ha giudicato le responsabilità di un RSPP e di un preposto alla direzione esecutiva e capocantiere, quest’ultimo “per non avere informato i lavoratori dello specifico rischio da sprofondamento e seppellimento e sulle precauzioni da prendere e per non avere segnalato al datore di lavoro o al dirigente la situazione di pericolo presente nel cantiere - art. 119, d.lgs. n. 81/2008”.
Secondo la Cassazione il preposto non avrebbe dovuto avallare “condizioni […] di altissimo rischio che, in ogni caso, al momento del suo allontanamento dal cantiere avrebbero dovuto consigliargli di ordinare l'integrale sospensione dei lavori.
In conclusione […] il capo cantiere, la cui posizione è assimilabile a quella del preposto, assume la qualità di garante dell'obbligo di assicurare la sicurezza del lavoro, in quanto sovraintende alle attività, impartisce istruzioni, dirige gli operai, attua le direttive ricevute e ne controlla l'esecuzione sicché egli risponde delle lesioni occorse ai dipendenti (Cass., Sez. 4, n. 9491 del 10/01/2013, dep. 27/02/2013, Rv. n. 254403).”[/box-note]
[box-note]Il preposto e il coordinamento negli appalti
Cassazione Penale, Sez. IV, 18 gennaio 2016 n. 1836 è stata contestata ad un datore di lavoro e ad un preposto la responsabilità per un infortunio nel quale ha perso la vita un operaio investito dal carico di una gru che si era ribaltata all'interno dell'area di cantiere in cui egli stava lavorando.
In particolare erano stati ravvisati “profili di colpa generica (negligenza, imprudenza ed imperizia) e specifica, in relazione all'art. 7 D.Lgs.n.626/94 [ora art. 26 D.Lgs.81/08, n.d.r.], in quanto il datore di lavoro non aveva promosso quell'azione di cooperazione e coordinamento per l'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa in corso, al fine di garantire che l'autogrù operasse in cantiere in condizioni di assoluta sicurezza, ed il preposto perché non era intervenuto con azioni correttive nel momento in cui si era reso conto dell'assenza di tale coordinamento.”
La Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata con cui il Tribunale dichiarava di non doversi procedere e ha disposto la trasmissione degli atti al Tribunale per l'ulteriore corso.[/box-note]
[box-note]L’assiduità della presenza del preposto sui luoghi di lavoro
Cassazione Penale, Sez. IV, 15 dicembre 2015 n. 49361ha confermato l’assoluzione del capo squadra di una ditta di Costruzioni nonché preposto alla sicurezza in cantiere “nell'esecuzione dei lavori edili commissionati dalla Raffineria di G. s.p.a.”, al quale era stato contestato il reato di lesioni personali ai danni di un lavoratore “per aver disposto l'esecuzione di lavorazioni contrastanti con il permesso di lavoro rilasciato dal responsabile della ditta committente, e per aver omesso di informare il lavoratore infortunato della presenza di zolfo liquido all'interno di una vasca di contenimento in prossimità del quale il lavoratore si era trovato ad eseguire la propria prestazione, così propiziandone la caduta all'interno della vasca e le conseguenti gravi ustioni dallo stesso riportate.”
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso avanzato dal Procuratore Generale in virtù della “sostanziale inattendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa” e di un altro testimone nonché in virtù del fatto che risultava sufficientemente provata l’“abnormità della condotta di lavoro del prestatore infortunato”, elementi che sono “valsi a escludere l'acquisizione di una certezza, aldilà di ogni ragionevole dubbio, circa la colpevolezza dell'imputato”.
E’ interessante il punto della sentenza in cui la Cassazione sottolinea “l'impossibilità di radicare in capo all'imputato un obbligo di presenza costante e continua sui luoghi di lavoro […], specie se riferiti a un comportamento, quale quello verosimilmente tenuto dalla persona offesa, del tutto estraneo alle quotidiani e abituali attività degli operai, avendo peraltro l'imputato in ogni caso comprovato il dato di una presenza comunque assidua sul cantiere, in coerenza a quanto confermato da altri testi escussi, oltre alla stessa persona offesa”.[/box-note]
[box-note]Il preposto e la tolleranza di prassi di lavoro pericolose in assenza di presidi antinfortunistici
Cassazione Penale, Sez. IV, 2 febbraio 2016 n. 4325 ha confermato la condanna (per lesioni colpose) di un datore di lavoro e di un preposto i quali “nelle rispettive qualità hanno consentito che il [lavoratore] (e prima di lui altri operai), svolgesse un'attività di evidente pericolosità, senza mettere a sua disposizione l'unico mezzo di prevenzione sicuro, costituito dall'anello unico. Condotta questa aggravata dalla circostanza che la vittima era un mero apprendista al quale non era stata fornita una sufficiente formazione ed informazione dei rischi del lavoro che svolgeva.”
Il datore di lavoro, in particolare, aveva “omesso di adottare tutti i provvedimenti tecnici organizzativi e procedurali necessari, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, a tutelare l'integrità fisica dei lavoratori dell'impresa […] omettendo di scegliere una imbracatura ed i relativi accessori di sollevamento appropriati alla natura, alla forma ed al volume di una gabbia in ferro sagomato e barre in acciaio lunga metri 12 e del peso di kg. 1.633 agganciata per mezzo di catene ad una gru a ponte”.
La Corte precisa che “dell'incidente dovevano rispondere il datore di lavoro ed il preposto, considerato che [il lavoratore] non aveva avuto una sufficiente formazione ed informazione; nonché per il fatto che in azienda erano tollerate e non controllate prassi di lavoro pericolose.”
E conclude: riguardo al “G.P., in qualità di preposto, egli era garante dell'obbligo di assicurare la sicurezza del lavoro, sovraintendendo alle attività, impartendo istruzioni, dirigendo gli operai, attuando quindi le direttive ricevute. In ragione della sua “prossimità” al rischio aveva tutta la possibilità di evitare l'evento controllando ed impedendo prassi di lavoro pericolose in assenza della presenza di presidi che garantissero la sicurezza del lavoro.” [/box-note]
...
6. I documenti elaborati sul Preposto 2022
6.1. Nuovi obblighi preposto 2022
...
6.2. Obbligo del datore di lavoro 2022
...
6.3. Modulo di nomina preposto 2022
...
6.4. Modulo di comunicazione preposto appaltatori e subappaltatori 2022
Impianti fissi di distribuzione carburanti per l'autotrazione, la nautica e l'aeronautica; contenitori - distributori rimovibili di carburanti
No
13a
a) Impianti di distribuzione carburanti liquidi
Contenitori distributori rimovibili e non di carburanti liquidi fino a 9 mc con punto di infiammabilità superiore a 65 °C
Solo liquidi combustibili
tutti gli altri
No
13b
b) Impianti fissi di distribuzione carburanti gassosi e di tipo misto (liquidi e gassosi)
tutti
No
In rosso gli aggiornamenti Rev. 2.0 2022
Legislazione:
- D.Lgs. 81/08, art.80 comm1 1 lettere c), d), 2, 3 e 3bis; - D.P.R. 151/2011 Decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151. Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi, a norma dell’articolo 49, comma 4 -quater , del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. - DM 10 Marzo 1998 Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell'emergenza nei luoghi di lavoro - DM 37/08 Regolamento concernente l'attuazione dell'articolo 11-quaterdecies, comma 13, lettera a) della legge n. 248 del 2 dicembre 2005, recante riordino delle disposizioni in materia di attivita' di installazione degli impianti all'interno degli edifici. - DM 31 Luglio 1934 Approvazione delle norme di sicurezza per la lavorazione, l'immagazzinamento, l'impiego o la vendita di oli minerali, e per il trasporto degli oli stessi. - DPR 27 ottobre 1971 n.1269 - Norme per l'esecuzione dell'art. 16 del decreto-legge 26 ottobre 1970, n. 745, convertito in legge, con modificazioni, con la legge 18 dicembre 1970, n. 1034, riguardante la disciplina dei distributori automatici di carburante per autotrazione; - Legge 4 novembre 1997 n. 413 - Misure urgenti per la prevenzione dell'inquinamento atmosferico da benzene; - DPR 23 marzo 1998, n. 126 - Regolamento recante norme per l'attuazione della direttiva 94/9/CE in materia di apparecchi e sistemi di protezione destinati ad essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva; - DM 24 maggio 2002 - Norme di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio degli impianti di distribuzione stradale di gas naturale per autotrazione; - DM 29 novembre 2002 - Requisiti tecnici per la costruzione, l'installazione e l'esercizio dei serbatoi interrati destinati allo stoccaggio di carburanti liquidi per autotrazione, presso gli impianti di distribuzione. - DM 12/09/03 - Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per l'installazione e l'esercizio di depositi di gasolio per autotrazione ad uso privato, di capacità geometrica non superiore a 9 m3, in contenitori-distributori rimovibili per il rifornimento di automezzi destinati all'attività di autotrasporto; - DM 27 gennaio 2006 - Requisiti degli apparecchi, sistemi di protezione e dispositivi utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva, ai sensi della direttiva n. 94/9/CE, presenti nelle attività soggette ai controlli antincendio; - DM 31 agosto 2006 - Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio degli impianti di distribuzione di idrogeno per autotrazione; - DM 06 ottobre 2009 - Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l'esercizio degli impianti di distribuzione di gas di petrolio liquefatto ad uso nautico; - Decreto 30 aprile 2012 - Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per l’installazione e l’esercizio di apparecchi di erogazione ad uso privato, di gas naturale per autotrazione. - Decreto 07/08/2012 - Allegato II “Disposizioni relative alle modalità di presentazione delle istanze concernenti i procedimenti di prevenzione incendi e alla documentazione da allegare, ai sensi dell’articolo 2, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151; - D.Lgs 19 maggio 2016 n. 85 - Attuazione della direttiva 2014/34/UE concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative agli apparecchi e sistemi di protezione destinati ad essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva. - Decreto 21 aprile 2017, n. 93 - Regolamento recante la disciplina attuativa della normativa sui controlli degli strumenti di misura in servizio e sulla vigilanza sugli strumenti di misura conformi alla normativa nazionale e europea; - Decreto 22 novembre 2017 - Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per l’installazione e l’esercizio di contenitori-distributori, ad uso privato, per l’erogazione di carburante liquido di categoria C; - Decreto 27 dicembre 2017 - Requisiti dei distributori degli impianti di benzina, attrezzati con sistemi di recupero vapori; - Decreto 23 Ottobre 2018 - Regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio degli impianti di distribuzione di idrogeno per autotrazione. - DM 30 giugno 2021 Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la realizzazione e l’esercizio di impianti di distribuzione di tipo L-GNL, L-GNC e L-GNC/GNL per autotrazione alimentati da serbatoi fissi di gas naturale liquefatto.
Altre circolari - Circolare n. 70 dell'11 giugno 1951: ”Norme suppletive per la vendita di carburanti in aree pubbliche". - Circolare n. 60 del 23 aprile 1954: ”Rifornimento, a mezzo di autocisterne, di distributori stradali di carburanti, esistenti lungo le vie di comunicazione, fuori degli agglomerati urbani”. - Circolare n. 59 del 12 giugno 1957: ”Impianti di distributori di benzina, depositi di carburanti e stazioni di servizio nei pressi delle carceri”. - Circolare n. 26 del 13 aprile 1960: ”Attraversamenti con linee telegrafiche di aree sulle quali sorgono depositi o distributori stradali di benzina”. - Circolare n. 68 del 24 maggio 1963: ”Distributori di carburanti. Serbatoi collegati a più colonnine e colonnine collegate a più serbatoi”. - Circolare n. 50 del 4 maggio 1964: ”Vendita petrolio agevolato per uso riscaldamento domestico in lattine presso le stazioni per la distribuzione dei carburanti”. - Circolare n. 23 del 13 marzo 1965: ”Distributori automatici di carburanti con funzionamento a gettoni". - Circolare n. 68 del 10 giugno 1967: ”Distributori di carburanti sottostanti ad elettrodotti”. - Circolare n. 55 del 27 agosto 1968: ”Distributori stradali di carburanti Potenzialità dei serbatoi".
Norme tecniche - UNI EN 13617-1:2012 - Stazioni di servizio - Parte 1: Requisiti di sicurezza per la costruzione e prestazioni dei distributori di carburante e delle unità di pompaggio remote; - UNI EN 13617-2:2012 - Stazioni di servizio - Parte 2: Requisiti di sicurezza relativi alla costruzione e alle prestazioni dei dispositivo di sicurezza per pompe di dosaggio e distributori di carburante; - UNI EN 13617-3:2012 - Stazioni di servizio - Parte 3: Requisiti di sicurezza relativi alla costruzione e alle prestazioni delle valvole di sicurezza; - UNI EN 13617-4:2012 - Stazioni di servizio - Parte 4: Requisiti di sicurezza per la costruzione e prestazioni dei giunti girevoli per le pompe di dosaggio e distributori di carburante; - UNI EN ISO 16852:2010 - Fermafiamma - Requisiti prestazionali, metodi di prova e limiti di utilizzo; - UNI EN 13012:2012 - Stazioni di servizio - Costruzione e prestazione delle pistole automatiche di erogazione per utilizzo nei distributori di carburante; - UNI EN 13760:2004 - Sistema di rifornimento del GPL carburante per veicoli leggeri e pesanti - Pistola, requisiti di prova e dimensioni; - UNI EN 14768-1:2013 - Attrezzature e accessori per GPL - Fabbricazione e prestazioni di attrezzature per GPL per le stazioni di servizio per autoveicoli - Parte 1: Distributori; - UNI EN 14768-3:2013 - Attrezzature e accessori per GPL - Fabbricazione e prestazioni di attrezzature per GPL per le stazioni di servizio per autoveicoli - Parte 3: Impianti di rifornimento carburante presso siti commerciali e industriali; - UNI EN 16321-1:2013 -Recupero dei vapori di benzina durante il rifornimento dei veicoli a motore nelle stazioni di servizio - Parte 1: Metodi di prova per la valutazione dell'efficienza dei sistemi di recupero dei vapori di benzina; - UNI EN 13616-1:2016 - Dispositivi di troppopieno per serbatoi statici per combustibili liquidi - Parte 1: Dispositivi di prevenzione del troppopieno con dispositivo di chiusura; - UNI EN 13616-2:2016 -Dispositivi di troppopieno per serbatoi statici per combustibili liquidi - Parte 2: Dispositivi di prevenzione del troppopieno senza un dispositivo di chiusura; - UNI EN 13160-1:2016 - Sistemi di rivelazione delle perdite - Parte 1: Principi generali; - UNI EN 13160-2:2016 - Sistemi di rivelazione delle perdite - Parte 2: Requisiti e metodi di prova/di valutazione per i sistemi in pressione e in depressione; - UNI EN 13160-3:2016 - Sistemi di rivelazione delle perdite - Parte 3: Requisiti e metodi di prova/di valutazione per sistemi a liquido per serbatoi; - UNI EN 13160-4:2016 - Sistemi di rivelazione delle perdite - Parte 4: Requisiti e metodi di prova/di valutazione per i sistemi di rivelazione delle perdite basati su sensore; - UNI EN 13160-5:2016 - Sistemi di rivelazione delle perdite - Parte 5: Requisiti e metodi di prova/di valutazione per sistemi di rivelazione delle perdite mediante indicatore di livello del serbatoio; - UNI EN 13160-6:2016 - Sistemi di rivelazione delle perdite - Parte 6: Sensori in pozzi di monitoraggio; - UNI EN 13160-7:2016 - Sistemi di rivelazione delle perdite - Parte 7: Requisiti e metodi di prova/di valutazione per gli spazi interstiziali e per rivestimenti interni e rivestimenti esterni a protezione di perdite; - CEI 11-17 (Cap.6.3) - CEI EN 60079-10-1 - Atmosfere esplosive Parte 10-1: Classificazione dei luoghi. Atmosfere esplosive per la presenza gas; - CEI 31-35 - Guida all’applicazione della Norma CEI EN 60079-10 applicabile, nella versione 2012 e relativa variante 2014, sino al 13/10/2018; - CEI 64-8, Sezione 712 - Sistemi fotovoltaici solari di alimentazione; - CEI 82-25 - Guida alla realizzazione di sistemi di generazione fotovoltaica collegati alle reti elettriche di Media e Bassa Tensione; - CEI EN 60079-14 - Progettazione, scelta e installazione degli impianti elettrici; - CEI 31-108 - Guida alla progettazione, scelta e installazione degli impianti elettrici in applicazione della norma CEI E 60079-14; - CEI EN 60079-17 - Verifica e manutenzione degli impianti elettrici.
Impianto elettrico Un distributore di carburante può essere classificato, ai fini dei requisiti degli impianti elettrici in tre modi differenti:
- come luogo con pericolo di esplosione, - come ambiente a maggior rischio in caso di incendio - come locale ordinario. ______
ID 15956 | 05.03.2022 / Documento completo allegato
Obbligo di comunicazione dei lavoratori autonomi occasionali - chiarimenti in forma di FAQ (art. 13, D.L. n. 146/2021 conv. da L. n. 215/2021)
I chiarimenti, al fine di semplificarne la lettura, sono riportati sotto forma di FAQ, le quali costituiscono parte integrante delle note. Le stesse FAQ, condivise con l’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che si è espresso con nota prot.729 del 26 gennaio 2022, potranno essere integrate sulla base di eventuali ulteriori questioni che dovessero essere rappresentate.
La L. n. 215/2021, di conversione del D.L. n. 146/2021, ha introdotto a far data dal 21 dicembre u.s. un nuovo obbligo di comunicazione finalizzato a “svolgere attività di monitoraggio e di contrastare forme elusive” nell'impiego di lavoratori autonomi occasionali.
In particolare, al comma 1 dell’art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008 – come modificato dall’art. 13 del D.L. n. 146/2021 definitivamente convertito dalla L. n. 215/2021 – si prevede che: “con riferimento all'attività dei lavoratori autonomi occasionali, al fine di svolgere attività di monitoraggio e di contrastare forme elusive nell'utilizzo di tale tipologia contrattuale, l'avvio dell'attività dei suddetti lavoratori è oggetto di preventiva comunicazione all'Ispettorato territoriale del lavoro competente per territorio, da parte del committente, mediante SMS o posta elettronica. Si applicano le modalità operative di cui all'articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. In caso di violazione degli obblighi di cui al secondo periodo si applica la sanzione amministrativa da euro 500 a euro 2.500 in relazione a ciascun lavoratore autonomo occasionale per cui è stata omessa o ritardata la comunicazione. Non si applica la procedura di diffida di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124”. _______
ID 14528 | 15.09.2021 / In allegato documento di lavoro completo e modelli .doc di piano
L'elaborato illustra i contenuti del piano di primo soccorso nel quale vengono indicate in modo chiaro ed esaustivo le procedure, i compiti, i ruoli ed i comportamenti che ogni lavoratore deve assumere in caso di emergenza.
Il piano deve indicare in maniera chiara cosa fare: - a chi scopre l’incidente; - a chi è allertato (squadre di intervento); - al centralino telefonico; - alla portineria; - a tutti i lavoratori presenti.
In allegato inoltre, sono disponibili due modelli di piano di primo soccorso (un modello di piano riguardante gli istituti scolastici ed un altro riguardante altre attività). Entrambi i modelli sono in formato .doc, pertanto adattabili e modificabili.
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- 01. Modello di piano di soccorso Istituti scolatici. doc
Allegati e parti integranti del documento: Allegato 1 Istruzione Operativa “Procedure per la gestione dei malesseri degli alunni a scuola” Allegato 2 Istruzione Operativa "Procedure per il primo soccorso" Allegato 3 Istruzione Operativa “Istruzioni di primo soccorso per le scuole” Allegato 4 “Scheda di rilevazione degli interventi di PS” Allegato 5 Elenco presidi sanitari per la cassetta di pronto soccorso Allegato 6 Scheda di verifica periodica cassetta PS Allegato 7 Richiesta reintegro materiale di consumo Allegato 8 Richiesta interventi somministrazione farmaci salvavita
- 02. Modello di piano di soccorso Altre attività.doc
Allegati e parti integranti del documento: Allegato 1 - Segnalazione infortunio Allegato 2 - Registro degli interventi di primo soccorso Allegato 3- Scheda di verifica periodica del contenuto della cassetta di PS e istruzioni utilizzo prodotti Allegato 4 - Modulistica per richiesta di reintegro materiale di consumo cassetta PS Allegato 5 - Richiesta interventi somministrazione farmaci salvavita Allegato 6 - Soccorso traumatologico in azienda[/panel]
La normativa (d.lgs. 81/2008; d.m. salute 388/2003) conferisce al primo soccorso un ruolo importante all’interno del sistema di gestione della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro ed obbliga il datore di lavoro a designare e formare gli addetti e ad organizzare il piano di emergenza.
Dall’organizzazione del sistema di primo soccorso aziendale dipende infatti l’attivazione precoce e tempestiva dei primi tre anelli della catena dell’emergenza, in attesa dell’arrivo dei soccorsi avanzati.
Una corretta gestione delle prime fasi di un’emergenza sanitaria può fare la differenza tra la vita e la morte, tra recupero rapido o prolungato, tra disabilità temporanea o permanente.
Il primo soccorso è l’insieme di interventi, di manovre ed azioni messe in essere da chiunque si trovi a dover affrontare una emergenza sanitaria, in attesa dell’arrivo di personale specializzato.
Gli obiettivi del primo soccorso sono:
- riconoscere una situazione di emergenza, valutare le condizioni della vittima e attivare la catena dell’emergenza, allertando i soccorsi avanzati se necessario; - prestare i primi soccorsi utilizzando competenze adeguate; - evitare l’insorgenza di ulteriori danni causati da un mancato soccorso o da un soccorso condotto in maniera impropria.
L'organizzazione del primo soccorso rientra nelle misure generali di tutela (art.15 d.lgs. 81/2008) e si inserisce all'interno del più ampio capitolo della gestione delle emergenze (Sezione VI d.lgs. 81/2008), insieme ad altre misure quali prevenzione incendi e lotta antincendio, evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, salvataggio (Figura 1).
Figura 1 – Piano di gestione delle emergenze
Il datore di lavoro, tenendo conto della natura dell’attività e delle dimensioni dell’azienda o della unità produttiva, sentito il medico competente ove nominato, prende i provvedimenti necessari in materia di primo soccorso e di assistenza medica di emergenza, tenendo conto delle altre eventuali persone presenti sui luoghi di lavoro e stabilendo i necessari rapporti con i servizi esterni, anche per il trasporto dei lavoratori infortunati.
Le caratteristiche minime delle attrezzature di primo soccorso, i requisiti del personale addetto e la sua formazione, individuati in relazione all’attività, al numero dei lavoratori occupati ed ai fattori di rischio, sono individuati d.m. salute 388/2003, così suddiviso:
- art. 1: classificazione delle aziende; - art. 2: organizzazione del primo soccorso; - art. 3: requisiti e formazione degli addetti al primo soccorso; - art. 4: attrezzature minime per gli interventi di primo soccorso
Figura 2 - Gestione del primo soccorso nei luoghi di lavoro
La valutazione del rischio e la classificazione aziendale
Come per le azioni preventive, anche per il primo soccorso e per la redazione del relativo piano, la fonte informativa di base è il documento di valutazione dei rischi (DVR) che fornisce gli strumenti per identificare, valutare e gestire i possibili rischi e i danni che ne possono conseguire.
Quando si organizza un piano di primo soccorso è necessario tenere conto di:
- tipologia di attività e rischi specifici presenti in azienda. Questo aspetto è importante, ad esempio, per definire l’adozione di altri presidi sanitari oltre a quelli obbligatori previsti dalla normativa o il trasferimento di competenze specifiche agli addetti al primo soccorso; - luogo dove si svolge l’attività, in particolare la sua raggiungibilità da parte dei mezzi di soccorso. Tale aspetto è importante per organizzare l’arrivo dei soccorsi avanzati e le modalità di attivazioni dei medesimi; - qualsiasi altro aspetto che possa influenzare le scelte organizzative/gestionali, il numero di addetti da designare e la formazione degli stessi, il tipo di informativa da dare ai lavoratori.
Le aziende ovvero le unità produttive sono classificate, tenuto conto della tipologia di attività svolta, del numero di lavoratori occupati e dei fattori di rischio, in tre gruppi.
Se l'azienda o unità produttiva svolge attività lavorative comprese in gruppi diversi, il datore di lavoro deve riferirsi all'attività con indice più elevato. Nel caso in cui l’azienda appartenga al gruppo A, il datore di lavoro ha l’obbligo di darne comunicazione all'Azienda sanitaria locale competente sul territorio in cui si svolge l'attività lavorativa per la predisposizione degli interventi di emergenza del caso.
Dalla classificazione aziendale dipendono le attrezzature da collocare in azienda e le ore di formazione degli addetti (artt. 2 e 3 d.m. salute 388/2003). Il datore di lavoro in base ai rischi specifici, in collaborazione con il medico competente, individua e rende disponibili le attrezzature minime di equipaggiamento ed i dispositivi di protezione individuale per gli addetti al primo soccorso (art. 4 d.m. salute 388/2003).
Designazione e nomina degli addetti
Il datore di lavoro deve designare gli addetti al primo soccorso (art. 18 d.lgs.81/2008), tenendo conto delle dimensioni e dei rischi specifici dell’azienda o della unità produttiva.
Il numero dei soccorritori presenti nell'unità produttiva non può essere rigida- mente stabilito, ma dovrà comunque essere rapportato al numero di lavoratori contemporaneamente presenti nel luogo di lavoro ed alla tipologia di rischio infortunistico. In ogni caso dovrà essere previsto un sostituto, con pari competenze, per ognuno dei soccorritori individuati, al fine di garantire la presenza di un soccorritore. Il numero degli addetti contemporaneamente presenti in azienda, tenendo conto ad esempio dei turni lavorativi, sarà almeno pari a due, per coprire l'eventualità in cui l'infortunato sia uno dei soccorritori stessi.
Anche se non esistono precise indicazioni normative, la selezione degli addetti dovrebbe basarsi sulle attitudini, sulle esperienze personali nel campo dell’emergenza e sulle disponibilità individuali. Il datore di lavoro, nella scelta di per- sonale da adibire alla gestione delle emergenze, deve tenere conto di capacità e dello stato di salute del lavoratore che non deve presentare patologie o condizioni tali da impedire o limitare l’intervento immediato in emergenza.
[...]
Attrezzature e dispositivi di primo soccorso
Nelle aziende o unità produttive di gruppo A e di gruppo B il datore di lavoro deve garantire le seguenti attrezzature (art. 2 d.m. 388/2003):
- cassetta di primo soccorso, tenuta presso ciascun luogo di lavoro, adeguatamente custodita in un luogo facilmente accessibile ed individuabile con segnaletica appropriata, contenente la dotazione minima indicata nell’Allegato 1 del decreto;
- un mezzo di comunicazione idoneo ad attivare rapidamente il sistema d’emergenza del Servizio sanitario nazionale.
Nelle aziende o unità produttive di gruppo C, il datore di lavoro deve garantire le seguenti attrezzature:
- pacchetto di medicazione, tenuto presso ciascun luogo di lavoro, adeguatamente custodito e facilmente individuabile, contenente la dotazione minima indicata nell’Allegato 2 del decreto; - un mezzo di comunicazione idoneo ad attivare rapidamente il sistema di emergenza del SSN.
Il contenuto minimo della cassetta di primo soccorso e del pacchetto di medicazione è aggiornato con decreto dei Ministri della salute e del lavoro e delle politiche sociali, tenendo conto dell’evoluzione tecnico-scientifica.
La cassetta di primo soccorso e il pacchetto di medicazione devono essere:
- mantenuti in condizione di efficienza e di pronto impiego e custoditi in luogo idoneo e facilmente accessibile; - integrati sulla base dei rischi presenti nei luoghi di lavoro e su indicazione del medico competente e del sistema di emergenza sanitaria del Servizio sanitario nazionale.
Nelle aziende o unità produttive di gruppo A, anche consorziate, il datore di lavoro, sentito il medico competente, quando previsto, oltre alla cassetta di primo soccorso, è tenuto a garantire il raccordo tra il sistema di primo soccorso interno ed il sistema di emergenza sanitaria di cui al d.p.r. del 27 marzo 1992 e successive modifiche. Nelle aziende o unità produttive che hanno lavoratori che prestano la propria attività in luoghi isolati, diversi dalla sede aziendale o unità produttiva, il datore di lavoro è tenuto a fornire loro il pacchetto di medicazione ed un mezzo di comunicazione idoneo per raccordarsi con l’azienda al fine di attivare rapidamente il sistema di emergenza del Servizio sanitario nazionale.
Manutenzione e integrazione dei presidi e delle attrezzature
È necessario predisporre un piano affinché il personale addetto effettui periodicamente un controllo del contenuto e della validità dei presidi medico-chirurgici, del pacchetto di medicazione e della cassetta di primo soccorso.
Se ritenuto necessario, a seconda dei rischi presenti in azienda, si consiglia di provvedere ad una personalizzazione dei presidi, aggiungendo eventualmente attrezzature per l’immobilizzazione dell’infortunato e presidi per la mobilizzazione atraumatica.
In tal caso è necessario addestrare gli addetti al primo soccorso al corretto utilizzo di tali presidi con una specifica formazione.
Piano di primo soccorso
Un piano di soccorso e di emergenza è un documento che indica, con procedure chiare, compiti, ruoli e comportamenti che ogni lavoratore deve assumere in caso di emergenza. Il piano deve indicare in maniera chiara cosa fare:
- a chi scopre l’incidente; - a chi è allertato (squadre di intervento); - al centralino telefonico; - alla portineria; - a tutti i lavoratori presenti.
Figura 1 - Piano di primo soccorso
Informazione dei lavoratori
Se il piano di soccorso rimane nel cassetto del datore di lavoro ogni sforzo organizzativo sarà stato vano. Il datore di lavoro ha infatti l’obbligo di provvedere affinché ciascun lavoratore riceva un’adeguata informazione sulle procedure di primo soccorso e sui nominativi dei lavoratori incaricati (art. 36 d.lgs. 81/2008). La regola principale è quella di valutare l’ambiente circostante senza esporsi a pericoli e allertare gli addetti al primo soccorso. Allo stesso modo tutti dovrebbero essere informati su come allertare il 112 e quali informazioni fornire.
Per la diffusione di tali informazioni è possibile prevedere:
- incontri informativi con i lavoratori; - distribuzione, attraverso comunicazioni e-mail o in cartaceo, di un estratto del piano di soccorso (almeno la sezione dedicata ai comportamenti da attuare in caso di emergenza) o di un riassunto/decalogo di comportamenti da adottare; - distribuzione in tutte le sedi di cartellonistica adeguata contenente elenco degli addetti al primo soccorso e relativi numeri di telefono/ubicazione; - cartellonistica adeguata che segnali la presenza di cassette di pronto soccorso o pacchetti di medicazione, DAE e di qualsiasi altro presidio utile presente in azienda.
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[panel] FAQ RUMORE - TITOLO VIII CAPO II TUS
A.1 Quali sono gli effetti sulla salute e sulla sicurezza che si vogliono prevenire?
L’esposizione a rumore può provocare danni all’apparato uditivo, in questo caso si parla di “effetti uditivi del rumore”, danni su altri organi o apparati (effetti extra-uditivi) e può comportare conseguenze sulla sicurezza, come di seguito discusso.
Il danno uditivo da rumore
È noto come l’esposizione a rumore sia in grado di danneggiare l’udito.
In Italia il problema rumore è particolarmente evidente rispetto al contesto europeo; pur essendo un rischio in diminuzione rappresenta ancora una delle principali cause di malattia professionale denunciata all'INAIL.
L'energia meccanica trasportata dalle onde sonore, raggiunge l'orecchio sollecitando le cellule del Corti, strutture altamente specializzate che hanno il compito di trasformare lo stimolo meccanico in impulso nervoso. Quest'ultimo attraversa la via nervosa afferente per poi giungere all'encefalo dove verrà elaborato e trasformato in sensazione uditiva. Sfortunatamente queste cellule sono piuttosto delicate e non hanno la possibilità di rigenerarsi una volta che sono state danneggiate gravemente.
I danni che l’eccessiva esposizione sonora provoca all’apparato uditivo sull’apparato uditivo sono i seguenti:
Tinnitus
Uno dei primi effetti e segni di danni all’orecchio è il fischio nell'orecchio o tinnitus. Esso consiste nell’udire rumore e toni squillanti anche quando nessun suono reale arriva all’orecchio.
Spostamento temporaneo della soglia (STS)
Un’eccessiva stimolazione delle cellule uditive causa il cosiddetto spostamento temporaneo della soglia (STS), per cui la soglia uditiva si innalza; questo disturbo scompare lentamente una volta terminata l’esposizione al rumore. Una soglia elevata causa una sensazione di perdita della sensibilità uditiva ed è il primo sintomo di affaticamento del sistema uditivo dovuto al rumore.
Spostamento permanente della soglia (SPS)
Dopo un’esposizione prolungata o ripetuta a un rumore molto forte, l’innalzamento della soglia diventa permanente (SPS). L’innalzamento permanente della soglia uditiva corrisponde alla perdita di udito.
La sordità completa, che si ha a seguito della perdita totale di funzionalità sia delle cellule interne che di quelle esterne, causa anche una degenerazione delle fibre nervose.
L’ipoacusia da rumore può anche insorgere a livelli espositivi inferiori, in caso di alcuni co-fattori di rischio associati all’esposizione o assunzione di sostanze ototossiche o presenza di fattori individuali predisponenti, quali patologie preesistenti di altra natura, spontanee od acquisite, che possano facilitare l’azione dannosa del rumore (vedi FAQ. A.2).
Effetti extra-uditivi del rumore
È da tener presente in merito che il D.Lgs.81/08 non contiene criteri valutativi specifici per la prevenzione di tali effetti: in relazione al genere di attività andranno applicate le norme di buona tecnica specifiche, come verrà illustrato alla sez. D.
Per effetti extra-uditivi si intendono tutte le ricadute determinate dal rumore su organi ed apparati differenti dall’organo dell’udito.
È da tenere presente che i danni extra uditivi associati all’esposizione a rumore possono insorgere a livelli espositivi ben inferiori alle soglie di insorgenza dei danni all’apparato uditivo.
Effetti fisiopatologici
Il rumore può interferire con le attività mentali che richiedono attenzione, memoria ed abilità nell’affrontare problemi complessi. Le strategie di adattamento messe in atto per minimizzare l’azione di disturbo esercitata dal rumore e lo sforzo necessario per mantenere le prestazioni abituali, sono associate ad un possibile aumento della pressione arteriosa e ad elevati livelli ematici degli ormoni legati allo stress (cortisolo, adrenalina ecc.). Tali effetti possono avere gravi ricadute sulla salute e comportare, in relazione alle condizioni individuali del soggetto esposto, l’insorgenza di:
Effetti cardiovascolari: ipertensione ed incremento del rischio infarto. Esiste evidenza in letteratura della relazione tra esposizione al rumore ed insorgenza di cardiopatia ischemica ed ipertensione già a partire da livelli espositivi compresi fra 65 e 70 dB(A) di LAeq. La risposta risulta proporzionalmente crescente al variare dell’intensità sonora.
Diminuzione delle difese immunitarie
Patologie funzionali gastro-intestinali.
Riposo e sonno
Il rumore può disturbare il sonno, inducendo difficoltà ad addormentarsi, riduzione della fase di sonno profondo, aumento dei risvegli ed effetti avversi dopo il risveglio o dopo un inadeguato riposo. Ciò può comportare affaticamento e deficit delle prestazioni lavorative. Questi effetti si possono evitare se i livelli sonori nell’ambiente indoor destinato al riposo sono mantenuti sotto i 30 dB(A) di LAeq di livello di fondo, oppure con livello di picco max non oltre i 45 dB(A) di LAeq. Tali criteri dovrebbero essere scrupolosamente osservati per gli ambienti di lavoro destinati al turno di riposo dei lavoratori.
Effetti psicologici e comportamentali
La reazione di fastidio (annoyance) e malessere causata dal rumore aumenta ampiamente in base ai livelli di rumore: la maggior parte degli esseri umani risulta infastidita nell’espletamento delle attività che richiedono concentrazione da esposizioni al rumore intorno a 50 dB(A) LAeq.
Si ricorda in merito che è ben noto che il rumore - anche a livelli inferiori alle soglie di insorgenza del danno uditivo (LEX 80 dB(A)) - può interferire con le attività mentali che richiedono attenzione e concentrazione, può indurre affaticamento e calo di attenzione, incrementando il rischio di disattenzione e di incidenti nelle attività lavorative.
Livelli espositivi superiori a 80 dB(A) di LAeq riducono i riflessi istintivi in risposta a situazioni di pericolo, con potenziali ricadute in termini di sicurezza.
Il rumore elevato induce aggressività ed incrementa la possibilità di comportamenti in questo senso in soggetti predisposti.
Comunicazione
La parola è comprensibile al 100% con livelli di rumore di fondo intorno a 45 dB(A) di LAeq. Per livelli superiori ai 55 dB(A) di LAeq di livello di fondo (livello medio raggiunto dalla voce umana non alterata) è necessario incrementare il tono della voce.
L’eccessivo rumore di fondo interferisce con la capacità di concentrazione ed induce a comunicare con tono di voce alterato, contribuendo di conseguenza ad innalzare il rumore di fondo dell’ambiente e determinando affaticamento e possibili effetti avversi sull’apparato fonatorio.
Effetti sulla fonazione
Tali effetti si riscontrano prettamente tra gli insegnati e in tutte le attività lavorative che comportano un sovraccarico della voce. Il rumore di fondo presente nell’ambiente o un ambiente acusticamente non idoneo può comportare un incremento di rischio per l’insorgenza di tali effetti.
La disfonia funzionale è un disturbo della voce che ha luogo in assenza di alterazioni di natura organica. Generalmente è causata da un sovraccarico della voce conosciuto come “surmenage”, oppure da un uso scorretto della stessa che si definisce “malmenage”. Questo tipo di disfonie, colpisce maggiormente chi utilizza la voce per ragioni professionali, es: insegnanti, avvocati, cantanti etc. Un elevato rumore di fondo o un ambiente acusticamente sfavorevole concorre a incrementare il rischio di insorgenza di tali disfonie.
Un’alterazione di tipo funzionale trascurata, può evolvere in una forma organica.
Le disfonie organiche, si caratterizzano per lesioni e/o alterazioni degli organi coinvolti nella fonazione, talvolta secondarie ad un problema funzionale. Tra le forme organiche si segnalano:
- esiti di operazioni chirurgiche; - laringiti; - cisti; - sulcus/vergetures - noduli; - polipi alle corde vocali.
Effetti sulla sicurezza
Il rumore può determinare un effetto di mascheramento che disturba le comunicazioni verbali e la percezione di segnali acustici di sicurezza, con un aumento di probabilità degli infortuni sul lavoro.
Ciò in quanto:
- i segnali di pericolo possono essere mascherati dall’elevato rumore di fondo; - le informazioni e gli avvertimenti forniti da un altoparlante possono diventare incomprensibili; - le comunicazioni da parte di altri lavoratori o preposti possono risultare incomprensibili.
Inoltre l’affaticamento mentale e la stanchezza indotte dall’esposizione a rumore possono provocare una riduzione dell’attenzione e dei riflessi: ciò può incrementare il rischio di incidenti ed infortuni.
L’ipoacusia da rumore comporta un calo della selettività della frequenza, la difficoltà di percepire le variazioni del suono nel tempo e un aumento dell’effetto di mascheramento del suono. Ciò causa anche difficoltà ad individuare e localizzare le fonti sonore, con effetti sulla sicurezza.
[...]
A.2 Quali sono i soggetti particolarmente sensibili al rischio rumore? A.3In quali casi attivare la sorveglianza sanitaria? A.4Che cosa significa per il medico competente fornire 'informazioni raccolte dalla sorveglianza sanitaria, comprese quelle reperibili nella letteratura scientifica'? B.1Quali sono oggi le metodiche per fare una misurazione corretta del rumore? A quali indicazioni tecniche e'utile riferirsi? B.2 Quali requisiti deve avere la strumentazione di misura? B.3 Cosa e', come si calcola e come si tiene conto dell'incertezza delle misure ai fini della valutazione dell'esposizione e del confronto con i valori limite? B.4 Quando, in presenza di attivita' variabili, le oscillazioni del livello giornaliero di esposizione (LEX,8h) possono essere ritenute tali da giustificare l'uso del livello di esposizione settimanale (LEX,W)? B.5Come presentare il dato di esposizioni molto variabili su tempi lunghi (oltre la settimana)? B.6In quali casi considerare "il livello settimanale massimo ricorrente" ai fini della valutazione dell'esposizione? B.7Come misurare il rumore impulsivo e come tenerne conto in sede di valutazione del rischio? C.1 E' sempre necessario effettuare la valutazione del rumore con misurazioni? C.2Che caratteristiche deve avere il personale qualificato che esegue correttamente la valutazione del rischio e le misurazioni? C.3 Quali criteri per considerare "giustificabili" attivita' lavorative che non abbiano lavoratori esposti al di sopra dei valori inferiori d'azione? C.4 Cosa significa che la valutazione del rischio deve "tener conto dei lavoratori particolarmente sensibili al rumore"? C.5 Cosa significa che la valutazione del rischio deve tener conto "dell'interazione fra rumore e sostanze ototossiche e vibrazioni"? C.6 Cosa significa che la valutazione del rischio deve tener conto di "tutti gli effetti indiretti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori risultanti da interazioni fra rumore e segnali di avvertimento"? C.7 In quali occasioni occorre tener conto del prolungamento del periodo di esposizione al rumore oltre l'orario di lavoro normale, in locali di cui e' responsabile il datore di lavoro? C.8 Con quali modalita' operative si valuta l'efficienza e l'efficacia dei DPI uditivi (DPI-u) che il D.Lgs.81/2008 esplicitamente richiede all'art.193, comma 1, lettera d)? C.9 Come scegliere i DPI-u in caso di esposizione a rumore impulsivo? C.10 Nel caso in cui, in considerazione di livelli sonori molto elevati, si rendesse necessario l'utilizzo di 2 DPI-u contemporaneamente, come si valuta l'efficacia di tali dispositivi? C.11Nel caso di esposizioni a livelli di rischio molto variabili e' necessario adottare piu' di un DPI-uditivo? C.12Con quali modalita' operative deve essere valutato il rispetto dei valori limite di esposizione (VLE: 87 dB(A) e 140 dB(C)) tenuto conto dell'attenuazione prodotta dai DPI uditivi? C.13 Per decidere la classificazione dei lavoratori nelle diverse classi di rischio e' necessario che vi sia il superamento della sola pressione acustica di picco ovvero del solo livello di esposizione giornaliero/settimanale al rumore oppure e' necessario che siano superati entrambi? C.14Si tiene conto dell'efficacia dei DPI-u per adottare le misure di prevenzione previste per le diverse fasce di rischio? C.15 Come si effettua la valutazione del rischio rumore nei cantieri temporanei o mobili? C.16 Quali criteri per la valutazione del rischio in attivita' che comportano esposizioni molto variabili al rumore? C.17 Secondo quali criteri deve essere effettuata la valutazione del rischio rumore in ambienti di lavoro ad obiettivo "comfort acustico"? C.18Quali sono i criteri da seguire per la valutazione del rischio rumore nei mezzi di trasporto? C.19Quali sono i criteri da seguire nella valutazione rischio rumore negli ambienti scolastici? C.20 Quali sono i criteri da seguire nella valutazione rischio rumore nelle strutture sanitarie e nei laboratori di analisi/ricerca? C.21Quali sono i criteri da seguire nella valutazione del rischio rumore negli uffici? C.22 Quali criteri per la stima preventiva dell'esposizione sonora mediante uso di banche dati ai sensi del comma 5-bis dell'art. 190 del D.Lgs. 81/08? D.1 Alla luce delle indicazioni del D.Lgs. 81/08, Capo II, come deve essere strutturata e che cosa deve riportare la Relazione Tecnica? D.2Come deve essere fatto il programma delle misure tecniche e organizzative ex art.192, comma 2, del D.Lgs. 81/08 quando si superano gli 85 dB(A) / 137 dB(C)? D.3 Quali sono le indicazioni su segnaletica e perimetrazione delle aree a rischio? Da che livelli sono obbligatori e/o consigliati? D.4Quali sono degli esempi di ambienti utilizzati come locali di riposo nei quali il rumore deve essere ridotto a un livello compatibile con il loro scopo e con le loro condizioni di utilizzo (art.192, comma 4) del D.Lgs. 81/08? Quali criteri ai fini della valutazione dell'esposizione a rumore in detti ambienti? E.1 Le aziende hanno obblighi di riduzione del rischio al di sotto dei valori superiori di azione (85 dB(A) / 137 dB(C))? La loro omissione puo' essere oggetto di sanzioni? E.2Quali sono gli obblighi formali delle aziende che occupano sino a 10 occupati dal punto di vista delle documentazioni? E.3A quali obblighi debbono attenersi i datori di lavoro nei settori della musica, delle attivita' ricreative e dei call center? E.5Quali sono gli obblighi dei fabbricanti delle attrezzature di lavoro in merito alla riduzione al minimo del rischio ed alla informazione sui livelli sonori emessi? E.6Quali sono le ricadute del rischio rumore sulla cooperazione e coordinamento con le imprese in contratto d'appalto, d'opera o di somministrazione sui DUVRI? E.7Quali informazioni deve chiedere il datore di lavoro in fase di acquisto di nuovi macchinari / attrezzature in relazione al rischio rumore?[/panel]
Modello operativo organizzazione verifiche Green pass Lavoratori privati / Rev. 3.0 del 15.02.2022
ID 14657 | Rev. 3.0 del 15 febbraio 2022 / In allegato modello operativo .doc/pdf
In allegato modello operativo relativo all’organizzazione delle verifiche da parte del datore di lavoro delle certificazione verdi COVID-19 dei lavoratori nel settore privato. Tale modello, in formato .doc, è adattabile alle singole realtà aziendali. Inoltre, viene fornito un modello di Registro giornaliero verifiche certificazioni verdi COVID-19, al paragrafo 7 del modello in parola. Tale registro è strutturato nel rispetto di quanto previsto dal Regolamento privacy (ovvero non possono essere in nessun caso oggetto di raccolta e conservazione i dati riguardanti il possessore del green pass).
[box-note]Rev. 3.0 del 15.02.2022 - Decreto-Legge 7 gennaio 2022 n. 1 - Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza COVID-19, in particolare nei luoghi di lavoro, nelle scuole e negli istituti della formazione superiore. (GU n.4 del 07.01.2022). Il DL dispone che, dal 15 febbraio 2022 fino al 15 giugno 2022, il green pass rafforzato, cioè esclusivamente ottenuto per vaccinazione o guarigione, debba essere richiesto a tutti i lavoratori pubblici e privati a partire dai 50 anni di età, per accedere ai luoghi di lavoro. Aggiornamenti del modello relativi ai paragrafi: - Normativa di riferimento 3. Scelta del metodo di verifica 7. Modalità di verifica[/box-note]
Difatti, dal 15 ottobre 2021 fino al 31 marzo 2022, chiunque svolge un’attività lavorativa nel settore privato, per accedere ai luoghi di lavoro, è obbligato a possedere ed esibire, su richiesta, la Certificazione verde COVID-19. L’obbligo è esteso anche a tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa, formativa o di volontariato presso la medesima sede, anche con contratto esterno.
Dal 15 febbraio 2022 al 15 giugno 2022, è consentito inoltre, l'accesso ai lavoratori fino ai 49 anni di età con certificazioni verdi COVID-19 generate da vaccinazione, da guarigione o da tampone (green pass base), mentre ai lavoratori over 50, l'accesso è consentito, solo con certificazioni verdi COVID-19 generate da vaccinazione o da guarigione (green pass rafforzato).
Il presente modello è espressione di quanto previsto al comma 5 dell'articolo 9 - septies del Decreto-Legge 22 aprile 2021 n. 52 ovvero: "5. I datori di lavoro di cui al comma 1, definiscono, entro il 15 ottobre 2021, le modalità operative per l’organizzazione delle verifiche di cui al comma 4, anche a campione, prevedendo prioritariamente, ove possibile, che tali controlli siano effettuati al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro, e individuano con atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento delle violazioni degli obblighi di cui ai commi 1 e 2. Le verifiche delle certificazioni verdi COVID-19 sono effettuate con le modalità indicate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato ai sensi dell’articolo 9, comma 10".
[panel]Art. 9 co. 10 Decreto-Legge 22 aprile 2021 n. 52 10. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato di concerto con i Ministri della salute, per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale e dell’economia e delle finanze, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, sono individuate le specifiche tecniche per assicurare l’interoperabilità delle certificazioni verdi COVID-19 e la Piattaforma nazionale -DGC, nonché tra questa e le analoghe piattaforme istituite negli altri Stati membri dell’Unione europea, tramite il Gateway europeo. Con il medesimo decreto sono indicati i dati che possono essere riportati nelle certificazioni verdi COVID-19, le modalità di aggiornamento delle certificazioni, le caratteristiche e le modalità di funzionamento della Piattaforma nazionale -DCG, la struttura dell'identificativo univoco delle certificazioni verdi COVID-19 e del codice a barre interoperabile che consente di verificare l’autenticità, la validità e l’integrità delle stesse, l’indicazione dei soggetti deputati al controllo delle certificazioni, i tempi di conservazione dei dati raccolti ai fini dell’emissione delle certificazioni, e le misure per assicurare la protezione dei dati personali contenuti nelle certificazioni. Nelle more dell’adozione del predetto decreto, le certificazioni verdi COVID-19 rilasciate a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto dalle strutture sanitarie pubbliche e private, dalle farmacie, dai medici di medicina generale e pediatri di libera scelta ai sensi dei commi 3, 4 e 5, assicurano la completezza degli elementi indicati nell’allegato 1.[/panel]
(!) Si segnala che mentre, per il settore pubblico, è prevista (al comma 5 dell'art. Art. 9-quinquies Decreto-Legge 22 aprile 2021 n. 52) la possibilità di adozione di linee guida per l'omogenea definizione delle modalità organizzative, per il settore privato al contrario, tale possibilità non è stata prevista a livello normativo.
Normativa di riferimento 1. Popolazione lavorativa 2. Struttura dell’orario lavorativo 3. Scelta del metodo di verifica 4. Ingressi di accesso luogo di lavoro 5. Individuazione dei soggetti verificatori 6. Dotazione apparecchiature per la verifica 7. Modalità di verifica 8. Conclusioni
[box-warning]Sanzioni
Per i datori di lavoro che non abbiano predisposto le modalità di verifica è prevista una sanzione da 400 a 1.000 euro.[/box-warning]
...
Normativa di riferimento
- Decreto-Legge 21 Settembre 2021 n. 127 Misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l’estensione dell’ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 e il rafforzamento del sistema di screening. (GU n.226 del 21.09.2021), convertito con modificazioni dalla Legge 19 novembre 2021 n. 165 (GU n.277 del 20.11.2021).
Testo del Decreto-Legge 21 settembre 2021 n. 127 (in GU n. 226 del 21 settembre 2021), coordinato con la Legge 19 novembre 2021 n. 165 (in GU n.277 del 20.11.2021), recante: «Misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l’estensione dell’ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 e il rafforzamento del sistema di screening».
«Art. 9-septies (Impiego delle certificazioni verdi COVID-19 nel settore privato). - 1. Dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 dicembre 2022, termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di prevenire la diffusione dell’infezione da SARS-CoV-2, a chiunque svolge una attività lavorativa nel settore privato è fatto obbligo, ai fini dell’accesso ai luoghi in cui la predetta attività è svolta, di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde COVID-19 di cui all’articolo 9, comma 2. Resta fermo quanto previsto dagli articoli 9-ter, 9-ter.1 e 9-ter.2 del presente decreto e dagli articoli 4 e 4-bis del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2021, n. 76.
2. La disposizione di cui al comma 1 si applica altresì a tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione, anche in qualità di discenti, o di volontariato nei luoghi di cui al comma 1, anche sulla base di contratti esterni.
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano ai soggetti esenti dalla campagna vaccinaleesentati dalla somministrazione del vaccino sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute.
4. I datori di lavoro di cui al comma 1 sono tenuti a verificare il rispetto delle prescrizioni di cui ai commi 1 e 2 per i lavoratori di cui al comma 2 la verifica suldel rispetto delle prescrizioni di cui al comma 1, oltre che dai soggetti di cui al primo periodo, è effettuata anche dai rispettivi datori di lavoro. Per i lavoratori in somministrazione la verifica del rispetto delle prescrizioni di cui al comma 1 compete all’utilizzatore; è onere del somministratore informare i lavoratori circa la sussistenza delle predette prescrizioni.
5. I datori di lavoro di cui al comma 1, definiscono, entro il 15 ottobre 2021, le modalità operative per l’organizzazione delle verifiche di cui al comma 4, anche a campione, prevedendo prioritariamente, ove possibile, che tali controlli siano effettuati al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro, e individuano con atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento delle violazioni degli obblighi di cui ai commi 1 e 2. Le verifiche delle certificazioni verdi COVID-19 sono effettuate con le modalità indicate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato ai sensi dell’articolo 9, comma 10. Al fine di semplificare e razionalizzare le verifiche di cui al presente comma, i lavoratori possono richiedere di consegnare al proprio datore di lavoro copia della propria certificazione verde COVID-19. I lavoratori che consegnano la predetta certificazione, per tutta la durata della relativa validità, sono esonerati dai controlli da parte dei rispettivi datori di lavoro.
6. I lavoratori di cui al comma 1, nel caso in cui comunichino di non essere in possesso della certificazione verde COVID-19 o qualora risultino privi della predetta certificazione al momento dell’accesso al luogo di lavoro, al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nel luogo di lavoro, sono considerati assenti ingiustificati fino alla presentazione della predetta certificazione e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Per i giorni di assenza ingiustificata di cui al primo periodo non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato.
7. Per le imprese con meno di quindici dipendenti, dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata di cui al comma 6, il datore di lavoro può sospendere il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a dieci giorni lavorativi, rinnovabili fino alrinnovabili per una sola volta, e non oltre il predetto termine del 31 dicembre 2021, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del posto di lavoro per il lavoratore sospeso.
8. L’accesso di lavoratori ai luoghi di lavoro di cui al comma 1 in violazione degli obblighi di cui ai commi 1 e 2, è punito con la sanzione di cui al comma 9 e restano ferme le conseguenze disciplinari secondo i rispettivi ordinamenti di settore.
9. In caso di violazione delle disposizioni di cui al comma 4 o di mancata adozione delle misure organizzative di cui al comma 5 nel termine previsto, nonché per la violazione di cui al comma 8, si applica l’articolo 4, commi 1, 3, 5 e 9, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74. Per le violazioni di cui al comma 8, la sanzione amministrativa prevista dal comma 1 del citato articolo 4 del decreto-legge n. 19 del 2020 è stabilita nel pagamento di una somma da euro 600 a euro 1.500. in euro da 600 a 1.500.
10. Le sanzioni di cui al comma 9 sono irrogate dal Prefetto. I soggetti incaricati dell’accertamento e della contestazione delle violazioni di cui al medesimo comma 9 trasmettono al Prefetto gli atti relativi alla violazione.
- DPCM 17 Giugno 2021 Disposizioni attuative dell’articolo 9, comma 10, del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, recante «Misure urgenti per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell’epidemia da COVID-19» (GU n.143 del 17.06.2021)
- Decreto-Legge 22 aprile 2021 n. 52 Misure urgenti per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell'epidemia da COVID-19. (GU n.96 del 22.04.2021)
- Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati). (GU L 119/1 del 4 maggio 2016)
(*) dato da sottrarre dal totale della popolazione in quanto la verifica viene effettuata da DL del luogo di lavoro dove i lavoratori effettuano prestazione
(**) Tutti coloro che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione, anche in qualità di discenti o di volontariato
Struttura dell’orario lavorativo
Scelta del metodo di verifica
[panel]Descrizione:
L’azienda, ha adottato quale metodo di verifica delle certificazioni verdi COVID-19 la verifica di tutta la popolazione lavorativa nel momento dell’accesso al luogo di lavoro. Oppure L’azienda, ha adottato quale metodo di verifica delle certificazioni verdi COVID-19 il metodo a campione stimato rappresentativo nel …. Ad es. 70%(*) della popolazione lavorativa. (*) Il campione dovrebbe tenere conto del numero dei lavori esentati dal green pass Campione Ad esempio 54 dipendenti verificati giornalmente (in base all’orario di lavoro) Frequenza del campionamento: verifica della certificazione verdi COVID-19 Ore 6.00: 5 lavoratori (ad es. i primi cinque oppure il primo, il terzo, il quinto…) Ore 8.00: 34 lavoratori Ore 14.00: 5 lavoratori Ore 22.00: 10 lavoratori[/panel]
(*) Esenzione dalla vaccinazione anti COVID-19:
dal 7 febbraio 2022, la certificazione di esenzione dalla vaccinazione anti COVID-19 viene rilasciata esclusivamente in formato digitale in modo da permettere la verifica attraverso la scansione del QR code e con gli altri sistemi di verifica automatizzati.
La validità delle certificazioni di esenzione dalla vaccinazione è indicata nella certificazione stessa e dipende dalla specifica condizione clinica che ne ha giustificato il rilascio. In caso di sopravvenuta positività a SARS-CoV-2 anche le certificazioni di esenzione sono revocate e poi riattivate automaticamente con la guarigione.
Le certificazioni di esenzione dalla vaccinazione anti COVID-19 precedentemente emesse in modalità cartacea saranno valide massimo fino al 27 febbraio 2022, poi non potranno più essere utilizzate. Chi ne è in possesso potrà rivolgersi al medico certificatore che rilascerà all’assistito una nuova attestazione. Per venti giorni, dal 7 al 27 febbraio, sarà quindi possibile usare sia le precedenti certificazioni cartacee sia le digitali.
Inoltre, l'obbligo della Certificazione verde COVID-19 non si applica:
- ai lavoratori che, previa richiesta, abbiano consegnato al proprio datore di lavoro copia della propria certificazione verde COVID-19. I lavoratori che abbiano consegnano la predetta certificazione, per tutta la durata della relativa validità, sono esonerati dai controlli da parte dei rispettivi datori di lavoro (art. 9-septies co. 5 Decreto-Legge 52/2021).
Modello Registro giornaliero verifiche certificazioni verdi COVID-19
- Decreto-Legge 7 gennaio 2022 n. 1 Aggiornamenti del modello relativi ai paragrafi: - Normativa di riferimento 3. Scelta del metodo di verifica 7. Modalità di verifica
Certifico Srl
2.0
22.11.2021
Legge 19 novembre 2021 n. 165 Aggiornamenti del modello relativi ai paragrafi: - Normativa di riferimento 1. Popolazione lavorativa 3. Scelta del metodo di verifica
Certifico Srl
1.0
14.10.2021
DPCM 12 Ottobre 2021 Aggiornamenti del modello relativi ai paragrafi: - Normativa di riferimento 1. Popolazione lavorativa 3. Scelta del metodo di verifica 5. Individuazione dei soggetti verificatori 6. Dotazione apparecchiature per la verifica 7. Modalità verifica
Modello DVR Stress lavoro-correlato / Update 02.2022
ID 7075 | Rev. 1.0 del 09.02.2022 / Documento formato doc
Il Modello di Documento di Valutazione del Rischio Stress Lavoro-Correlato (SLC) proposto in allegato è basato sulla metodologia illustrata dalla Linea guida INAIL Ed. 2017, il processo di valutazione può articolarsi in due interventi. Si prende in esame sia il Livello di intervento 1 (preliminare) che l'eventuale, se necessario, Livello di intervento 2 (approfondito).
Con il Decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, che ha disposto (con l'art. 8, comma 12) che "al fine di adottare le opportune misure organizzative, nei confronti delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e dei datori di lavoro del settore privato il termine di applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 28 e 29 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di rischio da stress lavoro-correlato, è differito al 31 dicembre 2010 e quello di cui all'articolo 3, comma 2, primo periodo, del medesimo decreto legislativo è differito di dodici mesi".
Modalità di elaborazione / Gruppi omogenei
La Circolare MLPS 18 novembre 2010 rischio da stress lavoro-correlato - Indicazioni CCP Approvazione delle indicazioni necessarie alla valutazione del rischio da stress lavoro-correlato di cui all'articolo 28, comma 1- bis, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 prevede che la valutazione debba prendere in esame non singoli ma gruppi omogenei di lavoratori (per esempio per mansioni o partizioni organizzative) che risultino esposti a rischi dello stesso tipo secondo una individuazione che ogni datore di lavoro può autonomamente effettuare in ragione della effettiva organizzazione aziendale (potrebbero essere, ad esempio, i turnisti, i dipendenti di un determinato settore oppure chi svolge la medesima mansione, etc).
Obbligo non delegabile DL
Nelle indicazioni elaborate dalla CCP viene ribadito che la valutazione del rischio SLC è ‘parte integrante della valutazione dei rischi’ ed è effettuata dal DL (obbligo non delegabile ai sensi dell’art. 17, comma 1, lett. a), in collaborazione con il RSPP ed il MC (art. 29, comma 1), previa consultazione del RLS/RLST (art. 29, comma 2).
Validità valutazione / Se modifiche processi/organizzazione o ogni due/tre anni
Le indicazioni della CCP sono estremamente sintetiche, sia nel passaggio sulla previsione del piano di monitoraggio - carente delle relative modalità di effettuazione - sia sulla verifica dell’efficacia delle misure correttive adottate. È da rilevare, inoltre, che le indicazioni della CCP non riportano il termine di validità della valutazione del rischio, rimandando così tacitamente alla previsione normativa dell’art. 29 comma 3 del d.lgs. 81/2008 e s.m.i.
Secondo la Guida INAIL - La metodologia per la valutazione e gestione del rischio stress lavoro-correlato 2017, la valutazione dei rischi deve essere immediatamente rielaborata, […] in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità […]’; in via generale, si può ragionevolmente ritenere corretta una nuova valutazione trascorsi due/tre anni dall’ultima effettuata replicata.
Fig. 1 - Percorso metodologico di valutazione del rischio SLC secondo le indicazioni della Commissione
Per il Livello di intervento 1 la proposta metodologica prevede una valutazione oggettiva aziendale, avvalendosi dell'utilizzo di una lista di controllo di indicatori verificabili.
Per il Livello di intervento 2 si riporta la versione italiana del Management standard indicator tool sviluppato dall’Hse. Questionario suggerito dalla linea guida INAIL 2017 per un eventuale valutazione approfondita.
Il Questionario è uno strumento multidimensionale che misura gli aspetti del Contenuto e del Contesto del lavoro ritenuti come potenziali fattori di SLC. Lo strumento, sviluppato a partire dal modello dei Management standard, è stato validato sia nella versione inglese che in quella italiana. I dati potranno essere analizzati con il software di correzione online, sulla piattaforma INAIL. Il software analizzerà i risultati sulla base dei valori di soglia di riferimento nazionali.
Metodologia
La metodologia, conformemente alle indicazioni della Commissione Consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro di cui all'art. 6 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e s.m.i., suggerisce che per l’intero processo di valutazione del rischio stress lavoro-correlato, il Datore di Lavoro, che ha l'obbligo non delegabile della valutazione dei rischi (art. 17 del D.Lgs. 81/2008), si avvalga della collaborazione del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, del Medico competente, del RLS (rappresentante dei lavoratori per la sicurezza), e che coinvolga altre figure interne all'impresa (direttore del personale, qualche lavoratore anziano/esperto, ecc.) ed esterne, ove se ne ravvisi la necessità (es. psicologo, sociologo del lavoro).
Livello intervento 1|Valutazione oggettiva preliminare
La proposta metodologica prevede una valutazione oggettiva aziendale, avvalendosi dell'utilizzo di una lista di controllo di indicatori verificabili. Al fine di procedere ad una corretta valutazione del rischio è stata adottata una lista di controllo (check-list) che, sulla base della letteratura scientifica corrente, contiene ulteriori indicatori, oltre a quelli già elencati dalla Commissione Consultiva, suddivisi per "famiglie" (eventi sentinella, fattori di contenuto del lavoro e fattori di contesto del lavoro). L'approccio alla valutazione preliminare, secondo le indicazioni della Commissione Consultiva, è costituito sostanzialmente da due momenti:
1. l'analisi di "eventi sentinella" ("ad esempio: indici infortunistici, assenze per malattia, turnover, procedimenti e sanzioni, segnalazioni del medico competente, specifiche e frequenti lamentele formalizzate da parte dei lavoratori").
2. l'analisi più specifica degli indicatori di contenuto ("es.: ambiente di lavoro e attrezzature; carichi e ritmi di lavoro; orario di lavoro e turni; corrispondenza tra le competenze dei lavoratori e i requisiti professionali richiesti") e di contesto (" es.: ruolo nell'ambito dell'organizzazione; autonomia decisionale e controllo; conflitti interpersonali al lavoro; evoluzione e sviluppo di carriera; comunicazione").
La "lista di controllo" permette di rilevare numerosi parametri, tipici delle condizioni di stress, riferibili agli "eventi sentinella", al "contenuto" ed al "contesto" del lavoro. In particolare la compilazione della stessa è effettuata in modo da garantire la possibilità da parte dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e dei lavoratori di una partecipazione attiva ed in grado di fare emergere i differenti punti di vista. Fermo restante l'obbligo, previsto dalle indicazioni della Commissione Consultiva, di effettuare la valutazione su "gruppi omogenei di lavoratori", si è proceduto alla compilazione di una o più "lista di controllo", a seconda dei livelli di complessità organizzativa, tenendo in considerazione, ad esempio, le differenti partizioni organizzative e/o mansioni omogenee.
Livello intervento 2 | Valutazione soggettiva approfondita
Qualora si renda necessario, si deve integrare il primo livello d’indagine con il secondo livello: l’utilizzo di strumenti soggettivi per rilevare la percezione dello stress da parte dei lavoratori, fermo restando che l’elaborazione dei dati raccolti deve essere riferita alla situazione aziendale e non ai singoli dipendenti.
Valutazione approfondita - Metodologia INAIL-HSE Nello specifico è qui proposta la valutazione approfondita prevista dalle linee guida succitate, che va intrapresa, come approfondimento, nel caso in cui nella fase precedente, a seguito dell'attività di monitoraggio preliminare, si rilevi l'inefficacia delle misure correttive adottate e relativamente "ai gruppi omogenei di lavoratori ai quali sono state rilevate le problematiche".
In particolare per le aziende fino a 5 dipendenti, conformemente alle indicazioni della Commissione Consultiva è possibile identificare, per la fase di approfondimento, un approccio di analisi partecipata secondo la modalità delle "riunioni".
Per le aziende superiori a 5 lavoratori è possibile procedere attraverso diversi strumenti quali "focus group" di valutazione/approfondimento o questionari atti a valutare la percezione soggettiva dei lavoratori come, per esempio, il qui proposto "questionario-strumento indicatore" che analizza le sei dimensioni organizzative definite dal modello Management Standards in perfetto accordo con le indicazioni della Commissione consultiva predetta.
Va comunque ricordato che qualunque sia l’approccio o la tipologia/dimensione aziendale, va sempre garantita la possibilità a tutte le figure coinvolte di poter contribuire, attivamente ed in maniera partecipata, all'obiettivo della valutazione e gestione del rischio da stress lavoro-correlato.
[panel]Periodicità aggiornamento DVR stress lavoro - correlato
3. La valutazione dei rischi deve essere immediatamente rielaborata, nel rispetto delle modalita' di cui ai commi 1 e 2, in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessita'. A seguito di tale rielaborazione, le misure di prevenzione debbono essere aggiornate. Nelle ipotesi di cui ai periodi che precedono il documento di valutazione dei rischi deve essere rielaborato, nel rispetto delle modalita' di cui ai commi 1 e 2, nel termine di trenta giorni dalle rispettive causali. Anche in caso di rielaborazione della valutazione dei rischi, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell'aggiornamento delle misure di prevenzione e immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. A tale documentazione accede, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
La legislazione pertanto non fissa un preciso termine temporale per effettuare un aggiornamento periodico della valutazione ed anche la stessa Commissione Consultiva, non riportando il termine di validità della valutazione del rischio, rimanda tacitamente alla previsione normativa dell’art. 29 c. 3 del D.Lgs. 81/2008.
D’altra parte, è condivisibile quanto riportato nelle Linee guida INAIL 2017 - La metodologia per la valutazione e gestione del rischio stress lavoro-correlato -, ovvero che si può ragionevolmente ritenere corretta una nuova valutazione del rischio (aggiornamento periodico), trascorsi due/tre anni dall’ultima effettuata.[/panel]
Excursus normativo
Con la firma, nel 2004, dell'“Accordo quadro europeo sullo stress nei luoghi di lavoro” viene “ufficializzato” che lo stress lavoro-correlato, in quanto possibile fattore di rischio per i lavoratori alla stregua di altre noxae, va adeguatamente valutato da parte del datore di lavoro e, se presente, gestito, al fine di preservare la salute del lavoratore. In tal modo, a livello europeo, la salute del lavoratore viene tutelata nella sua definizione più ampia statuita dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), quale “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un'assenza di malattia o d'infermità”.
Il D.Lgs. 81/2008 inizialmente, oltre ad allineare la definizione di “salute” a quella dell'OMS, per quanto concerne la valutazione dei rischi rileva ed esplicita che, oggetto della stessa, sono “tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell'accordo europeo dell'8 ottobre 2004”.
1. La valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei miscele chimiche impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell'accordo europeo dell'8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonché quelli connessi alle differenze di genere, all'età, alla provenienza da altri Paesi e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoroe i rischi derivanti dal possibile rinvenimento di ordigni bellici inesplosi nei cantieri temporanei o mobili, come definiti dall'articolo 89, comma 1, lettera a), del presente decreto, interessati da attività di scavo.
1-bis. La valutazione dello stress lavoro-correlato di cui al comma 1 è effettuata nel rispetto delle indicazioni di cui all'articolo 6, comma 8, lettera m-quater), e il relativo obbligo decorre dalla elaborazione delle predette indicazioni e comunque, anche in difetto di tale elaborazione, a fare data dal 1° agosto 2010. [/panel]
[panel]D.Lgs. 81/2008 .. Art. 6 Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul Lavoro ... 8. La Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro ha il compito di: ... m-quater) elaborare le indicazioni necessarie alla valutazione del rischio da stress lavoro-correlato. La Commissione monitora l'applicazione delle suddette indicazioni metodologiche al fine di verificare l'efficacia della metodologia individuata, anche per eventuali integrazioni alla medesima. ...[/panel]
Guide ISPESL/INAIL ISPESL e conseguentemente INAIL, hanno elaborato nel tempo delle Guide alla Valutazione e gestione del Rischio Stress lavoro correlato, in sequenza da ultimo:
Nel Maggio 2011 il Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale ha sviluppato una Metodologia di valutazione e gestione del rischio stress lavoro-correlato e pubblicato una specifica piattaforma online utilizzabile dalle aziende per effettuare la valutazione del rischio ai sensi del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.
Il metodo proposto offre alle aziende strumenti validati e risorse specifiche, utilizzabili dalle aziende seguendo un approccio sostenibile ed integrato, articolato per fasi, che prevede il coinvolgimento delle figure della prevenzione e dei lavoratori.
In Allegato il Vademecum RLS Rappresentante Lavoratori per la Sicurezza, come definito all'Art. 2 comma 1 lett. i del D.Lgs. 81/2008 e Titolo I Sezione VII CONSULTAZIONE E PARTECIPAZIONE DEI RAPPRESENTANTI DEI LAVORATORI Artt. 47, 48, 49, 50, 51, 52, con Modello illustrato ed evidenziato dei Compiti della Figura, Modelli per l'iter di nomina, consultazione, ecc presenti all'interno del Documento ed allegati formato doc:
Mod. 01 - Invito alla nomina del RLS Mod. 02 - Rinuncia alla nomina del RLS Mod. 03 - Riconoscimento nomina RLS Mod. 04 - Consultazione RLS Mod. 05 - Richiesta Convocazione Verbale riunione periodica RLS Mod. 06 - Richiesta Convocazione Verbale riunione periodica DL Mod. 07 - Verbale riunione periodica
Normativa di riferimento, Interpelli, Giurisprudenza emessa sulla sul ruolo e compiti della figura dell'RLS.
Excursus
Organigramma aziendale
Nella Figura 1 è illustrato un tipico Organigramma aziendale Sicurezza:
Datore di lavoro: il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa. Nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale, individuato dall'organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo conto dell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l'attività, e dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa. In caso di omessa individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con l'organo di vertice medesimo;
Dirigente: persona che, in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l'attività lavorativa e vigilando su di essa;
Preposto: persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa;
Responsabile del servizio di prevenzione e protezione: persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all'articolo 32 designata dal datore di lavoro, a cui risponde, per coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
Addetto al servizio di prevenzione e protezione: persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all'articolo 32, facente parte del servizio di cui alla lettera l);
Medico competente: medico in possesso di uno dei titoli e dei requisiti formativi e professionali di cui all'articolo 38, che collabora, secondo quanto previsto all'articolo 29, comma 1, con il datore di lavoro ai fini della valutazione dei rischi ed è nominato dallo stesso per effettuare la sorveglianza sanitaria e per tutti gli altri compiti di cui al presente decreto;
Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: persona eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro; Servizio di prevenzione e protezione dai rischi: insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all'azienda finalizzati all'attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori.
Delegato: D.Lgs. 81/2008 Art. 16. Delega di funzioni [...] 1. La delega di funzioni da parte [...] Introduzione
Il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) o Rappresentante dei Lavoratori per Sicurezza territoriali (RLST), sono di fatto la novità della legislazione in materia di salute e sicurezza, contenuta al titolo I del D.Lgs. 81/2008, con due obiettivi:
- la consultazione e la partecipazione attiva dei lavoratori nella gestione della sicurezza per raggiungere i massimi livelli di lavoro sicuro possibile - contribuire nelle diverse azioni sino alle scelte di prevenzione e divenire soggetti di sistema aziendale.
Con le ultime modifiche introdotte viene rafforzato il ruolo partecipativo e responsabile dell’RLS nelle aziende, confermando l’attenzione che il legislatore ad esso rivolge. È riconosciuto il ruolo essenziale di snodo fondamentale dei rapporti tra tutti i soggetti coinvolti nel sistema di prevenzione aziendale, in quanto il RLS rappresenta e si fa portatore delle esigenze dei lavoratori.
I diversi tipi di RLS
A livello normativo sono individuati tre diversi tipi di rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (art. 47 c.1):
1. il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza aziendale (RLS) 2. il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale o di comparto (RLST) 3. il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo (RLSSP)
Si tratta di tre figure con identiche funzioni, diverse sono le competenze e le modalità di elezione.
Il RLS aziendale è eletto con differenti modalità a seconda del numero di dipendenti: - fino a 15 lavoratori viene eletto direttamente dai lav oratori al loro interno o individuato per più aziende nell’ambito territoriale o del comparto produttivo (art. 48) - più di 15 lavoratori viene eletto o designato dai lavoratori nell’ambito delle rappresentanze sindacali in azienda ed in assenza di tali rappresentanze, è eletto dai lavoratori dell’azienda al loro interno. Il numero, le modalità di designazione o elezione, il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti per l’espletamento delle funzioni sono stabilite in sede di contrattazione collettiva.
La norma fissa il numero minimo dei rappresentanti a seconda delle dimensioni aziendali - 1 rappresentante fino a 200 dipendenti - 3 rappresentanti tra 201 e 1000 dipendenti - 6 rappresentanti oltre i 1000 dipendenti
Il nominativo del RLS aziendale dovrà essere comunicato annualmente (se variato), a cura del datore di lavoro, all’INAIL (art.18 c.1 lettere aa) o, in caso di mancata designazione o elezione, dovrà essere indicata l’assenza del RLS in azienda (ed in tal caso troverà applicazione l’art. 48). Vedi COMUNICAZIONE INAIL DEI NOMINATIVI DEGLI RLS ENTRO IL 31 MARZO. [...]
Il RLST territoriale o di comparto (art. 48) esercita le sue competenze con riferimento a tutte le aziende o unità produttive del territorio o del comparto nelle quali non sia stato eletto o designato il RLS aziendale.
[...]
Il RLSSP di sito produttivo (art. 49) è previsto per dei contesti produttivi particolari che si distinguono per la presenza simultanea di più aziende o cantieri: i porti, i centri intermodali di trasporto, gli impianti siderurgici, i grandi cantieri edili (con almeno 30.000 uomini-giorno), contesti produttivi con complesse problematiche di interferenze lavorative e di un numero di addetti mediamente superiori a 500. [...]
[...]
L’elezione del RLS, ad ogni livello, deve avvenire in un’unica giornata stabilita da opportuno Decreto così come precisato dall’art. 47, comma 6 del D.Lgs. 81/2008: “l’elezione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza aziendali, territoriali o di comparto, salvo diverse determinazioni in sede di contrattazione collettiva, avviene di norma in corrispondenza della giornata nazionale per la salute e sicurezza sul lavoro, individuata, nell’ambito della settimana europea per la salute e sicurezza sul lavoro, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministro della salute, sentite le confederazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Con il medesimo decreto sono disciplinate le modalità di attuazione del presente comma”.
La durata dell’incarico, in base a tutti gli accordi, è stabilita in un periodo di 3 anni.
[...]
Attribuzioni dei compiti del rappresentante per la sicurezza
L’art. 50 del D.Lgs. 81/2008 enuncia i compiti del RLS sia esso aziendale o territoriale o di sito produttivo; individua quindi tutti i compiti e le facoltà di un RLS.
Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza:
a) accede ai luoghi di lavoro b) è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione e verifica della prevenzione in azienda c) è consultato sulle designazioni del responsabile e degli addetti al servizio di prevenzione, all’attività di prevenzione incendi, al primo soccorso, alla evacuazione dei luoghi di lavoro e del medico competente d) è consultato in merito all’organizzazione della formazione di cui sono destinatari i lavoratori, i preposti, gli addetti al servizio prevenzione e alla lotta antincendio e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale relativa alla valutazione dei rischi e le misure di prevenzione, nonché quelle inerenti alle sostanze e preparati pericolosi, alle macchine, agli impianti, all’organizzazione e agli ambienti di lavoro, agli infortuni e alle malattie professionali f) riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza g) riceve una formazione adeguata h) promuove l’elaborazione, l’individuazione e l’attuazione delle misure idonee a tutelare l’integrità fisica dei lavoratori i) formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle autorità competenti, dalle quali è di norma sentito l) partecipa alla riunione periodica m) fa proposte in merito all’attività di prevenzione n) avverte il responsabile dell’azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività o) può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro non siano idonee a garantire la salute e la sicurezza durante il lavoro.
[...]
[...]
[...]
[...]
INDICE
Organigramma aziendale Introduzione I diversi tipi di RLS Diritti e doveri degli RLS Attribuzioni dei compiti del rappresentante per la sicurezza L’accesso ai luoghi di lavoro La consultazione Le informazioni e la consultazione aziendale La formazione del RLS Proposte ed osservazioni da parte del RLS Il ricorso alle autorità competenti qualora le misure adottate non si ritengono adeguate L’esercizio dei diritti d’informazione e consultazione Classificazione e definizione dei rischi lavorativi Le responsabilità degli RLS STEP Nomina RLS e Modelli Verifica di corretta attuazione della sorveglianza sanitaria MOD 01 - INVITO ALLA NOMINA DEL RAPPRESENTANTE DEI LAVORATORI (RLS) MOD 02 - RICONOSCIMENTO NOMINA RAPPRESENTANTE DEI LAVORATORI PER LA SICUREZZA MOD 03 - RINUNCIA NOMINA DEL RAPPRESENTANTE DEI LAVORATORI (RLS) MOD 04 - CONSULTAZIONE DEL RAPPRESENTANTE DEI LAVORATORI PER LA SICUREZZA MOD 05 - RICHIESTA CONVOCAZIONE RIUNIONE PERIODICA RLS (1) MOD 06 - CONVOCAZIONE RIUNIONE PERIODICA DL MOD 07 - VERBALE RIUNIONE PERIODICA PREVENZIONE E PROTEZIONE RISCHI (Art. 35 D. Lgs. 81/2008) COMUNICAZIONE INAIL DEI NOMINATIVI DEGLI RLS ENTRO IL 31 MARZO Riferimenti normativi Interpelli
Requisiti docenti formazione addetti antincendio - Decreto 2 Settembre 2021 / Schema di lettura 2021/2022
ID 14884 | 05.11.2021 / Documento completo allegato
Il Documento allegato illustra con schemi specifici, i requisiti per i docenti dei corsi di formazione e aggiornamento degli addetti antincendio, in accordo con il Decreto 2 Settembre 2021 (GSA Antincendio). Previsti requisiti specifici per:
- docenti parte teorica e pratica - docenti parte teorica - docenti parte pratica
Alla data di entrata in vigore del presente decreto (04.10.2022), si ritengono già qualificati i docenti che possiedono una documentata esperienza come formatori in materia teorica antincendio di almeno cinque anni con un minimo di quattrocento ore all’anno di docenza (Art. 6 c. 4).
[box-warning]Docenti formatori già qualificati se:
Alla data di entrata in vigore del Decreto 2 Settembre 2021 (04.10.2022), si ritengono già qualificati i docenti che possiedono una documentata esperienza come formatori in materia teorica antincendio di:
- almeno cinque anni - con un minimo di quattrocento ore all’anno di docenza (Art. 6 c. 4).[/box-warning]
1. I docenti dei corsi di formazione ed aggiornamento degli addetti antincendio sono abilitati ad effettuare le docenze se in possesso dei requisiti di seguito indicati.
2. I docenti della parte teorica e della parte pratica devono aver conseguito almeno il diploma di scuola secondaria di secondo grado ed essere in possesso di almeno uno dei seguenti requisiti: a) documentata esperienza di almeno novanta ore come docenti in materia antincendio, sia in ambito teorico che in ambito pratico, alla data di entrata in vigore del presente decreto; b) avere frequentato con esito positivo un corso di formazione per docenti teorico/pratici di tipo A erogato dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi dell’art. 26 -bis del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, secondo le modalità definite nell’allegato V, che costituisce parte integrante del presente decreto; c) essere iscritti negli elenchi del Ministero dell’interno di cui all’art. 16, comma 4, del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139 e aver frequentato, con esito positivo, un corso di formazione per docenti di cui al comma 5, lettera b) del presente articolo, limitatamente al modulo 10 di esercitazioni pratiche; d) rientrare tra il personale cessato dal servizio nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che ha prestato servizio per almeno dieci anni nei ruoli operativi dei dirigenti e dei direttivi, dei direttivi aggiunti, degli ispettori antincendi nonché dei corrispondenti ruoli speciali ad esaurimento.
3. I docenti della sola parte teorica devono aver conseguito almeno il diploma di scuola secondaria di secondo grado ed essere in possesso di almeno uno dei seguenti requisiti: - documentata esperienza di almeno novanta ore come docenti in materia antincendio, in ambito teorico, alla data di entrata in vigore del presente decreto; - avere frequentato con esito positivo un corso di formazione di tipo B per docenti teorici erogato dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi dell’art. 26 -bis del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, secondo le modalità definite nell’allegato V, che costituisce parte integrante del presente decreto; - iscrizione negli elenchi del Ministero dell’interno di cui all’art. 16, comma 4, del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139; - rientrare tra il personale cessato dal servizio nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che ha prestato servizio per almeno dieci anni nei ruoli operativi dei dirigenti e dei direttivi, dei direttivi aggiunti, degli ispettori antincendi nonché dei corrispondenti ruoli speciali ad esaurimento.
4. Alla data di entrata in vigore del presente decreto, si ritengono qualificati i docenti che possiedono una documentata esperienza come formatori in materia teorica antincendio di almeno cinque anni con un minimo di quattrocento ore all’anno di docenza.
5. I docenti della sola parte pratica devono essere in possesso di almeno uno dei seguenti requisiti: a) documentata esperienza di almeno novanta ore come docenti in materia antincendio, in ambito pratico, svolte alla data di entrata in vigore del presente decreto; b) avere frequentato con esito positivo un corso di formazione di tipo C per docenti pratici erogato dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi dell’art. 26 -bis del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, secondo le modalità definite all’allegato V; c) rientrare tra il personale cessato dal servizio nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che ha prestato servizio nel ruolo dei capi reparto e dei capi squadra per almeno dieci anni.
6. I docenti frequentano specifici corsi di aggiornamento con cadenza almeno quinquennale, secondo quanto previsto nell’allegato V.
7. I docenti esibiscono, su richiesta dell’organo di vigilanza, la documentazione attestante i requisiti di cui al presente articolo o dichiarazione sostitutiva resa ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.[/box-note]
Lavoratori autonomi e TUS: Tutti gli Obblighi e Check controllo / Rev. 1.0 2022
ID 4920 | Rev. 1.0 del 31.01.2022 / Documento completo in allegato
Il documento allegato illustra gli Obblighi dei Lavoratori autonomi d'interesse per i Datori di lavoro e i Lavoratori autonomi stessi, sono presenti estratti dal D.Lgs. 81/2008 per quanto riguarda tutti gli obblighi, quesito MLPS del 14 settembre 2012, Sentenze della Corte di Cassazione ed una check di controllo.
[box-note]Update Rev. 1.0 del 31 gennaio 2022
- Decreto-Legge 21 ottobre 2021 n. 146 Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili (in GU n.252 del 21.10.2021) convertito con modificazioni in Legge 17 dicembre 2021 n. 215 (in GU n.301 del 20.12.2021). - Nota INL 11 gennaio 2022 n. 29 - Art. 13, decreto-legge 21 ottobre 2021 n. 146 conv. da Legge 17 dicembre 2021 n. 215 - obbligo di comunicazione dei lavoratori autonomi occasionali. - Nota INL 27 gennaio n. 109 2022 - Obbligo comunicazione INL lavoratori autonomi occasionali - ulteriori chiarimenti[/box-note]
Il Documento, con la Check finale, intende rispondere a comuni domande sulla sicurezza dei lavoratori autonomi, ad esempio:
- Quali sono gli obblighi dei lavoratori autonomi? - Che documenti devono produrre i lavoratori autonomi? - I lavoratori autonomi devono redigere il POS?
Excursus
Il lavoratore autonomo è “colui che si obbliga a compiere un’opera o un servizio con lavoro proprio e senza vincoli di subordinazione con il committente”.
E nel lavoro autonomo “l’oggetto della prestazione non consiste quindi in un ‘facere’ cioè nella messa a disposizione di energie lavorative che saranno utilizzate secondo le direttive del datore di lavoro, come avviene invece nel lavoro subordinato, ma consiste nella produzione, con mezzi propri e piena autonoma organizzazione, di un opus.
Il lavoratore autonomo assume quindi una obbligazione di risultato, garantendo il raggiungimento di determinati obiettivi con piena discrezionalità in merito ai tempi, luoghi e modalità della prestazione”.
E quindi caratteristiche fondamentali quindi del lavoratore autonomo “sono l’autonomia della realizzazione del lavoro ed il rischio di impresa”.
[alert]Lavoratore autonomo e impresa individuale
Il lavoratore autonomo di cui al 2222 del cod. civ. e impresa individuale senza dipendenti non sono la stessa cosa, i primi ad esempio non han alcun obbligo di iscrizione alle Camera di Commercio, mentre i secondi si come tutti i "piccoli imprenditori" di cui al 2083 del Cod. Civ. (la cui definizione è esattamente quanto riportato nell'incipit dell'art. 21 del Dlgs 81/2008) ma sono evidentemente equiparati.
L'art. 89 dell'81/2008 che dice "lavoratore autonomo: persona fisica la cui attività professionale contribuisce alla realizzazione dell’opera senza vincolo di subordinazione". Una impresa individuale senza dipendenti si applica il solo art. 21 perché nei limiti dell'applicazione del titolo IV è un lavoratore autonomo.[/alert]
[alert]D.Lgs. 81/2008 Art. 21 Disposizioni relative ai componenti dell'impresa familiare di cui all'articolo 230-bis del codice civile e ai lavoratori autonomi
1. I componenti dell'impresa familiare di cui all'articolo 230-bis del codice civile, i lavoratori autonomi che compiono opere o servizi ai sensi dell'articolo 2222 del codice civile, i coltivatori diretti del fondo, i soci delle società semplici operanti nel settore agricolo, gli artigiani e i piccoli commercianti devono: a) utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al titolo III; b) munirsi di dispositivi di protezione individuale ed utilizzarli conformemente alle disposizioni di cui al titolo III; c) munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le proprie generalità, qualora effettuino la loro prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgano attività in regime di appalto o subappalto.(1) 2. I soggetti di cui al comma 1, relativamente ai rischi propri delle attività svolte e con oneri a proprio carico hanno facoltà di: a) beneficiare della sorveglianza sanitaria secondo le previsioni di cui all'articolo 41, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali; b) partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attività svolte, secondo le previsioni di cui all'articolo 37, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali. ------------- (1) La Legge 13 agosto 2010, n. 136, ha disposto (con l'art. 5, comma 1) che " [...] Nel caso di lavoratori autonomi, la tessera di riconoscimento di cui all'articolo 21, comma 1, lettera c), del citato decreto legislativo n. 81 del 2008 deve contenere anche l'indicazione del committente." [/alert]
[alert] D.Lgs. 81/2008 Art. 26. Obblighi connessi ai contratti d'appalto o d'opera o di somministrazione
1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento di lavori, servizi e forniture all'impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all'interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda medesima, sempre che abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l'appalto o la prestazione di lavoro autonomo:
a) verifica, con le modalità previste dal decreto di cui all'articolo 6, comma 8, lettera g), l'idoneità tecnico professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori, ai servizi e alle forniture da affidare in appalto o mediante contratto d'opera o di somministrazione.
Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al periodo che precede, la verifica è eseguita attraverso le seguenti modalità:
1) acquisizione del certificato di iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato; 2) acquisizione dell'autocertificazione dell'impresa appaltatrice o dei lavoratori autonomi del possesso dei requisiti di idoneità tecnico professionale, ai sensi dell'articolo 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 28 dicembre 2000, n. 445;
b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività.[/alert]
....
[alert] D.Lgs. 81/2008 Art. 89
...
d) lavoratore autonomo: persona fisica la cui attività professionale contribuisce alla realizzazione dell'opera senza vincolo di subordinazione;[/alert] [panel] Attenzione! Non confondere il lavoratore autonomo con la ditta o impresa individuale.
Il lavoratore autonomo non ha personale dipendente. La ditta o impresa individuale fa capo a un solo soggetto, che è l’unico responsabile della gestione imprenditoriale e, a differenza del lavoratore autonomo, può avere dipendenti.
Se il titolare gestisce con la collaborazione dei propri familiari si parla di impresa familiare.
In entrambi i casi, ditta o impresa individuale e/o impresa familiare, il titolare datore di lavoro soggiace agli obblighi previsti per il datore di lavoro.
E' ritenuta non regolare la posizione di due o più lavoratori autonomi che si “associano di fatto” per eseguire un lavoro che a sua volta viene svolto senza rispettare la reciproca autonomia oppure che uno solo assume l’obbligazione contrattuale mentre gli altri operano con vincolo di subordinazione nei suoi confronti. [/panel]
[alert]I lavoratori autonomi non devono redigere il POS
D.Lgs. 81/2008 Art. 89 Definizioni ... h) piano operativo di sicurezza: il documento che il datore di lavoro dell'impresa esecutrice redige, in riferimento al singolo cantiere interessato, ai sensi dell'articolo 17 comma 1, lettera a), i cui contenuti sono riportati nell'allegato XV;
E' obbligatorio redigere il POS -Piano Operativo di Sicurezza- per il datore di lavoro di un’impresa affidataria anche nel caso in cui questa operi da sola nel cantiere o in cui si tratti di impresa familiare o di impresa con meno di dieci addetti. ...
D.Lgs. 81/2008 Art. 96. Obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti
1. I datori di lavoro delle imprese affidatarie e delle imprese esecutrici, anche nel caso in cui nel cantiere operi una unica impresa, anche familiare o con meno di dieci addetti: ... g) redigono il piano operativo di sicurezza di cui all'articolo 89, comma 1, lettera h). ...
Se in un cantiere c’è un CSE, Coordinatore della Sicurezza per l’Esecuzione, designato dal committente, nel cantiere in cui il lavoratore autonomo si trova ad operare, ricevuto il PSC -Piano di sicurezza e coordinamento- si deve adeguare alle sue prescrizioni.
I lavoratori autonomi non hanno l'obbligo di redigere il POS.[/alert]
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Lavoratori autonomi occasionali - Preventiva comunicazione all'Ispettorato territoriale del lavoro competente per territorio
La L. n. 215/2021, di conversione del D.L. n. 146/2021, ha introdotto a far data dal 21 dicembre 2021 un nuovo obbligo di comunicazione finalizzato a “svolgere attività di monitoraggio e di contrastare forme elusive” nell'impiego di lavoratori autonomi occasionali.
In particolare, al comma 1 dell’art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008 – come modificato dall’art. 13 del D.L. n. 146/2021 definitivamente convertito dalla L. n. 215/2021 – si prevede che: “con riferimento all'attività dei lavoratori autonomi occasionali, al fine di svolgere attività di monitoraggio e di contrastare forme elusive nell'utilizzo di tale tipologia contrattuale, l'avvio dell'attività dei suddetti lavoratori è oggetto di preventiva comunicazione all'Ispettorato territoriale del lavoro competente per territorio, da parte del committente, mediante SMS o posta elettronica. Si applicano le modalità operative di cui all'articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. In caso di violazione degli obblighi di cui al secondo periodo si applica la sanzione amministrativa da euro 500 a euro 2.500 in relazione a ciascun lavoratore autonomo occasionale per cui è stata omessa o ritardata la comunicazione. Non si applica la procedura di diffida di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124”.
Art. 14 Provvedimenti degli organi di vigilanza per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori
1. Ferme restando le attribuzioni previste dagli articoli 20 e 21, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, al fine di far cessare il pericolo per la salute (1)e la sicurezza dei lavoratori, nonché di contrastare il lavoro irregolare, l'Ispettorato nazionale del lavoro adotta un provvedimento di sospensione, quando riscontra che almeno il 10 per cento dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro risulti occupato, al momento dell'accesso ispettivo, senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro ovvero inquadrato come lavoratori autonomi occasionali in assenza delle condizioni richieste dalla normativa(1), nonché, a prescindere dal settore di intervento, in caso di gravi violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro di cui all'Allegato I. Con riferimento all’attività dei lavoratori autonomi occasionali, al fine di svolgere attività di monitoraggio e di contrastare forme elusive nell’utilizzo di tale tipologia contrattuale, l’avvio dell’attività dei suddetti lavoratori è oggetto di preventiva comunicazione all’Ispettorato territoriale del lavoro competente per territorio, da parte del committente, mediante SMS o posta elettronica. (2)(3)
Si applicano le modalità operative di cui all’articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. In caso di violazione degli obblighi di cui al secondo periodo si applica la sanzione amministrativa da euro 500 a euro 2.500 in relazione a ciascun lavoratore autonomo occasionale per cui è stata omessa o ritardata la comunicazione. Non si applica la procedura di diffida di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124 (1). Il provvedimento di sospensione è adottato in relazione alla parte dell'attività imprenditoriale interessata dalle violazioni o, alternativamente, dell'attività lavorati a prestata dai lavoratori interessati dalle violazioni di cui ai numeri 3 e 6 dell'Allegato I. Unitamente al provvedimento di sospensione l'Ispettorato nazionale del lavoro può imporre specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro. [...] Note (1) Modifiche apportate dalla Legge 17 dicembre 2021 n. 215 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2021 n. 146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili. (GU n.301 del 20.12.2021) (2) Nota INL 11 gennaio 2022 n. 29 - Art. 13, decreto-legge 21 ottobre 2021 n. 146 conv. da Legge 17 dicembre 2021 n. 215 - obbligo di comunicazione dei lavoratori autonomi occasionali. (3) Nota INL 27 gennaio n. 109 2022 - Obbligo comunicazione INL lavoratori autonomi occasionali - ulteriori chiarimenti[/panel]
[panel] Sicurezza lavoratori autonomi: Risposte a quesiti MLPS.
I lavoratori autonomi sono obbligati a redigere il Documento di valutazione dei rischi (DVR) ai sensi dell’articolo 28 del d.lgs. 9 aprile 2008, n.81? (Quesito del 14 settembre 2012)
A riscontro di quanto richiesto, si evidenzia che l’articolo 21 del D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e s.m.i., (di seguito T.U.), stabilisce che i componenti dell’impresa familiare di cui all’articolo 230- bis del codice civile, i lavoratori autonomi che compiono opere o servizi ai sensi dell’art. 2222 del codice civile, i coltivatori diretti del fondo, i soci delle società semplici operanti nel settore agricolo, gli artigiani e i piccoli commercianti, soggiacciono all’obbligo di utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al Titolo III, munirsi di dispositivi di protezione individuale ed utilizzarli conformemente alle disposizioni del medesimo Titolo III e munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le proprie generalità (ma quest’ultimo obbligo è previsto solo nell’ipotesi in cui effettuino la loro prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgano attività in regime di appalto o subappalto).
L’articolo 21, al comma 2, poi, prevede la facoltà degli stessi soggetti, in relazione ai rischi propri delle attività svolte e con oneri a proprio carico, di beneficiare della sorveglianza sanitaria secondo le previsioni dell’art. 41 del T.U. (fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali) e partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attività svolte, secondo quanto previsto dall’articolo 37 del T.U. (anche in tal caso fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali).
Alla luce delle considerazioni su esposte ed in risposta al quesito formulato, si evidenzia che i soggetti su menzionati non saranno obbligati a redigere il documento di valutazione dei rischi, atteso che tale obbligo incombe unicamente in capo a chi riveste la qualifica di datore di lavoro.
NB: tenere presente che per le tutte le società, i soci operanti sono equiparati ai lavoratori e quindi sussistono tutti gli obblighi del T.U. compreso il DVR. [/panel]
[panel]Sentenze:
Cassazione Penale, Sez. IV, 27 agosto 2014 n. 36268 ...
Cassazione Civile 11 giugno 2012 n. 9441[/panel] ...
2. i luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, dei lavoratori disabili;
3. l’obbligo di cui al comma 2 vige in particolare per le porte, le vie di circolazione, gli ascensori e le relative pulsantiere, le scale e gli accessi alle medesime, le docce, i gabinetti ed i posti di lavoro utilizzati da lavoratori disabili;
4. la disposizione di cui al comma 2 non si applica ai luoghi di lavoro già utilizzati prima del 01.01.1993; in ogni caso devono essere adottate misure idonee a consentire la mobilità e l’utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale. ...[/box-note]
Per gli edifici di nuova costruzione, dovranno essere rispettate le disposizioni concernenti l'abbattimento delle barriere architettoniche.
I requisiti edilizi richiesti per favorire la mobilità dei lavoratori con difficoltà motorie sono quelli riportati nella legge sul superamento delle barriere architettoniche negli edifici privati; per gli edifici aperti al pubblico, in particolare, deve essere garantito il requisito dell’accessibilità.
In base a quanto disposto dall’art. 63, comma 4, D.Lgs. 81/08, per i posti di lavoro riguardanti sia le attività pubbliche che private, si avrà una doppia possibilità:
- per i posti di lavoro utilizzati prima del 01.01.1993: accessibilità parziale, riguardante cioè un’area limitata all’interno della quale si svolge l’attività del disabile, per consentirne la mobilità, nonché l’utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale, a meno che le norme legislative e regolamentari esistenti non prevedono disposizioni più restrittive (Circ. 22/06/1989 n. 1669/UL);
- per i posti di lavoro utilizzati dopo il 01/01/1993: accessibilità completa. Quindi si ritiene opportuno che tutti i nuovi ambienti di lavoro siano realizzati garantendo in partenza l’adattabilità degli stessi in tempi successivi.
Se la struttura è aperta al pubblico, deve anche rispondere al requisito di visitabilità, intesa come un livello di accessibilità limitato ad una parte più o meno estesa dell’edificio o delle unità immobiliari, che consente comunque ogni tipo di relazione fondamentale anche alle persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale. Deve garantire l’accesso ad almeno un servizio igienico per ogni unità immobiliare (D.M. 236/89 art. 2, 3, 5.5).
Negli interventi di ristrutturazione si deve garantire il soddisfacimento di requisiti analoghi a quelli prescritti per la nuova edificazione, salvo il caso di dimostrata impossibilità tecnica connessa agli elementi strutturali ed impiantistici.
Per adattabilità si intende la possibilità di modificare nel tempo lo spazio costruito a costi limitati, allo scopo di renderlo completamente ed agevolmente fruibile anche da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, mentre per accessibilità si intende la possibilità, anche per persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di raggiungere l’edificio e le sue singole unità, di entrarvi agevolmente e di fruire di spazi ed attrezzature in condizioni di adeguata sicurezza ed autonomia. (D.M. 236/89 art. 2).
L’accessibilità consente pertanto la totale fruizione nell’immediato, mentre la adattabilità rappresenta un livello ridotto di qualità, potenzialmente suscettibile, per originaria previsione progettuale, di trasformazione in livello di accessibilità; l’adattabilità è pertanto una accessibilità differita.
Ne consegue che, qualora sia necessario effettuare lavori di modifica gravosi o costosi (es. abbattimento di pareti, rifacimenti di impianti, ecc.), l'edificio o il singolo posto di lavoro potrebbero non configurarsi come adattabili. Devono inoltre essere accessibili gli edifici sedi di aziende o imprese soggette alla normativa sul collocamento obbligatorio, secondo le norme specifiche di cui al punto 4.5. (D.M. 236/89 art. 3.3 lettera c)
Nelle unità immobiliari sedi di attività aperte al pubblico, di superficie netta inferiore a mq. 250, il requisito della visitabilità si intende soddisfatto se gli spazi di relazione nei quali il cittadino entra in rapporto con la funzione ivi svolta, sono accessibili. (D.M. 236/89 art. 3.4 lettera e)
Nei luoghi di lavoro sedi di attività non aperte al pubblico e non soggette alla normativa sul collocamento obbligatorio, è sufficiente che sia soddisfatto il solo requisito della adattabilità. (D.M. 236/89 art. 3.4 lettera f)
Negli edifici sedi di aziende o imprese soggette al collocamento obbligatorio il requisito della accessibilità si considera soddisfatto se sono accessibili tutti i settori produttivi, gli uffici amministrativi ed almeno un servizio igienico per ogni nucleo di servizi igienici previsto.
Deve essere sempre garantita la fruibilità delle mense, degli spogliatoi, dei luoghi ricreativi e di tutti i servizi di pertinenza. (D.M. 236/89 art. 4.5).
1. I luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati nell'allegato IV. 2. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, dei lavoratori disabili. 3. L'obbligo di cui al comma 2 vige in particolare per le porte, le vie di circolazione, gli ascensori e le relative pulsantiere, le scale e gli accessi alle medesime, le docce, i gabinetti ed i posi di lavoro utilizzati da lavoratori disabili. 4. La disposizione di cui al comma 2 non si applica ai luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993; in ogni caso devono essere adottate misure idonee a consentire la mobilità e l'utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale. 5. Ove vincoli urbanistici o architettonici ostino agli adempimenti di cui al comma 1 il datore di lavoro, previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e previa autorizzazione dell'organo di vigilanza territorialmente competente, adotta le misure alternative che garantiscono un livello di sicurezza equivalente. 6. Comma abrogato dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.[/box-note]
Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell'eliminazione delle barriere architettoniche. (GU n. 145 del 23 giugno 1989 S.O. n. 47)
Dirigente per la sicurezza sul lavoro / Atto di nomina / Novità DL 146/2021
ID 15649 | 05.02.2022 / In allegato Documento completo e Modello atto nomina aggiornato (*)
Il DL n. 146/2021 (convertito / Legge 17 dicembre 2021 n. 215) ha apportato all'Art. 18D.Lgs. 81/2008 (Obblighi del datore di lavoro e del dirigente) un'importante modifica riguardo agli obblighi del "dirigente per la sicurezza", inserendo il compito di individuare il preposto o i preposti per l’effettuazione delle attività di vigilanza di cui all’Art. 19 del D.Lgs. 81/2008.
[box-warning]Pur essendo una figura prevista dal D.Lgs. 81/2008, non esiste l'obbligo di nomina per il "dirigente sicurezza" (Art. 2).
Secondo il D.Lgs. 81/2008 la figura di "dirigente per la sicurezza" (Art. 2) ha poteri gerarchici e funzionali secondo le attribuzioni conferite Art. 18 c.1, (possibile delegato DL tramite di un atto di delega - Art. 16 Delega di funzioni D.Lgs. 81/2008).
L'eventuale atto di delega di funzioni al dirigente (es. c.2 Art. 18 Obblighi del Datore di lavoro delegabili) secondo le modalità di cui all'Art. 16, dovrà essere integrato, presumibilmente, con il nuovo obbligo.[/box-warning]
[box-warning](*)Attenzione:
Da valutare, di caso in caso, se sia sufficiente un semplice atto di nomina del "Dirigente per la sicurezza" ai sensi del D.Lgs. 81/2008 (Art. 2) come predisposto, oppure:
- se già è stato previsto ed inserito a livello contrattuale come "Dirigente per la sicurezza" ai sensi del D.Lgs. 81/2008; - se è da adottare una attribuzione di poteri al Dirigente con specifico atto di Delega/Procura che può ricomprendere quanto previsto da eventuale delega di funzioni di cui all’Art. 16.
Inoltre è da stabilire quali lettere del comma 1 siano oggetto o meno dell'atto di nomina (Delega/Procura).[/box-warning]
[box-warning]Posizione di garante “Dirigente per la sicurezza” di fatto:
1. Le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b), d) (dirigente / ndr) ed e), gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti.[/box-warning]
Schema 1 - Obblighi Dirigente per la Sicurezza
In allegato si fornisce un modello di nomina o collegato a delega funzioni del dirigente sicurezza, alla luce delle modifiche apportate dal DL n. 146/2021 (convertito / Legge 17 dicembre 2021 n. 215) al D.lgs 81/2008 in tema di obblighi del dirigente, in formato .doc/pdf.
Art. 18 - Obblighi del datore di lavoro e del dirigente
1. Il datore di lavoro, che esercita le attività di cui all'articolo 3, e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono:
a) nominare il medico competente per l'effettuazione della sorveglianza sanitaria nei casi previsti dal presente decreto legislativo. b) designare preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza; b-bis) individuare il preposto o i preposti per l’effettuazione delle attività di vigilanza di cui all’articolo 19. I contratti e gli accordi collettivi di lavoro possono stabilire l’emolumento spettante al preposto per lo svolgimento delle attività di cui al precedente periodo. Il preposto non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività; (7) c) nell'affidare i compiti ai lavoratori, tenere conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza; d) fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, sentito il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, ove presente; e) prendere le misure appropriate affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni e specifico addestramento accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico; f) richiedere l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuali messi a loro disposizione; g) inviare i lavoratori alla visita medica entro le scadenze previste dal programma di sorveglianza sanitaria e richiedere al medico competente l'osservanza degli obblighi previsti a suo carico nel presente decreto; g-bis) nei casi di sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41, comunicare tempestivamente al medico competente la cessazione del rapporto di lavoro; h) adottare le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa; i) informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione; l) adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui agli articoli 36 e 37; m) astenersi, salvo eccezione debitamente motivata da esigenze di tutela della salute e sicurezza, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave e immediato; n) consentire ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, l'applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute; o) consegnare tempestivamente al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su richiesta di questi e per l'espletamento della sua funzione, copia del documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), anche su supporto informatico come previsto dall'articolo 53, comma 5, nonché consentire al medesimo rappresentante di accedere ai dati di cui alla lettera r); il documento è consultato esclusivamente in azienda; p) elaborare il documento di cui all'articolo 26, comma 3 anche su supporto informatico come previsto dall'articolo 53, comma 5, e, su richiesta di questi e per l'espletamento della sua funzione, consegnarne tempestivamente copia ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Il documento è consultato esclusivamente in azienda; q) prendere appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l'ambiente esterno verificando periodicamente la perdurante assenza di rischio; r) comunicare in via telematica all'INAIL e all'IPSEMA, nonché per loro tramite, al sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro di cui all'articolo 8, entro 48 ore dalla ricezione del certificato medico, a fini statistici e informativi, i dati e le informazioni relativi agli infortuni sul lavoro che comportino l'assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell'evento e, a fini assicurativi, quelli relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro superiore a tre giorni; l'obbligo di comunicazione degli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro superiore a tre giorni si considera comunque assolto per mezzo della denuncia di cui all'articolo 53 del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124; (1) (2) s) consultare il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza nelle ipotesi di cui all'articolo 50; (5) (6) t) adottare le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell'evacuazione dei luoghi di lavoro, nonché per il caso di pericolo grave e immediato, secondo le disposizioni di cui all'articolo 43. Tali misure devono essere adeguate alla natura dell'attività, alle dimensioni dell'azienda o dell'unità produttiva, e al numero delle persone presenti; u) nell'ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto e di subappalto, munire i lavoratori di apposita tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro; (3) v) nelle unità produttive con più di 15 lavoratori, convocare la riunione periodica di cui all'articolo 35; z) aggiornare le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e sicurezza del lavoro, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della protezione; aa) comunicare in via telematica all'INAIL e all'IPSEMA, nonché per loro tramite, al sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro di cui all'articolo 8, in caso di nuova elezione o designazione, i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza; in fase di prima applicazione l'obbligo di cui alla presente lettera riguarda i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori già eletti o designati; bb) vigilare affinché i lavoratori per i quali vige l'obbligo di sorveglianza sanitaria non siano adibiti alla mansione lavorativa specifica senza il prescritto giudizio di idoneità. 1-bis. L'obbligo di cui alla lettera r) del comma 1, relativo alla comunicazione a fini statistici e informativi dei dati relativi agli infortuni che comportano l'assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell'evento, decorre dalla scadenza del termine di dodici mesi (4) dall'adozione del decreto di cui all'articolo 8, comma 4.[/panel]
[box-note](Altri obblighi solo Datore di lavoro / ndr)
2. Il datore di lavoro fornisce al servizio di prevenzione e protezione ed al medico competente informazioni in merito a: a) la natura dei rischi; b) l'organizzazione del lavoro, la programmazione e l'attuazione delle misure preventive e protettive; c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi; d) i dati di cui al comma 1, lettera r), e quelli relativi alle malattie professionali; e) i provvedimenti adottati dagli organi di vigilanza.[/box-note]
[panel]3. Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del presente decreto legislativo, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico dell'amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In tale caso gli obblighi previsti dal presente decreto legislativo, relativamente ai predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento all'amministrazione competente o al soggetto che ne ha l'obbligo giuridico.
3.1. I dirigenti delle istituzioni scolastiche sono esentati da qualsiasi responsabilità civile, amministrativa e penale qualora abbiano tempestivamente richiesto gli interventi strutturali e di manutenzione di cui al comma 3, necessari per assicurare la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati, adottando le misure di carattere gestionale di propria competenza nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente. In ogni caso gli interventi relativi all’installazione degli impianti e alla loro verifica periodica e gli interventi strutturali e di manutenzione riferiti ad aree e spazi degli edifici non assegnati alle istituzioni scolastiche nonché ai vani e locali tecnici e ai tetti e sottotetti delle sedi delle istituzioni scolastiche restano a carico dell’amministrazione tenuta, ai sensi delle norme o delle convenzioni vigenti, alla loro fornitura e manutenzione. Qualora i dirigenti, sulla base della valutazione svolta con la diligenza del buon padre di famiglia, rilevino la sussistenza di un pericolo grave e immediato, possono interdire parzialmente o totalmente l’utilizzo dei locali e degli edifici assegnati, nonché ordinarne l’evacuazione, dandone tempestiva comunicazione all’amministrazione tenuta, ai sensi delle norme o delle convenzioni vigenti, alla loro fornitura e manutenzione, nonché alla competente autorità di pubblica sicurezza. Nei casi di cui al periodo precedente non si applicano gli articoli 331, 340 e 658 del codice penale. (8)
3.2. Per le sedi delle istituzioni scolastiche, la valutazione dei rischi strutturali degli edifici e l’individuazione delle misure necessarie a prevenirli sono di esclusiva competenza dell’amministrazione tenuta, ai sensi delle norme o delle convenzioni vigenti, alla loro fornitura e manutenzione. Il documento di valutazione di cui al comma 2 è redatto dal dirigente dell’istituzione scolastica congiuntamente all’amministrazione tenuta, ai sensi delle norme o delle convenzioni vigenti, alla fornitura e manutenzione degli edifici. Il Ministro dell’istruzione, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, con proprio decreto da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, stabilisce le modalità di valutazione congiunta dei rischi connessi agli edifici scolastici. (8)
3-bis. Il datore di lavoro e i dirigenti sono tenuti altresì a vigilare in ordine all'adempimento degli obblighi di cui agli articoli 19, 20, 22, 23, 24 e 25, ferma restando l'esclusiva responsabilità dei soggetti obbligati ai sensi dei medesimi articoli qualora la mancata attuazione dei predetti obblighi sia addebitabile unicamente agli stessi e non sia riscontrabile un difetto di vigilanza del datore di lavoro e dei dirigenti.
_______
(Note) (1) Il Decreto legge 3 giugno 2008, n. 97, convertito con modificazioni dalla legge 2 agosto 2008, n. 129, ha disposto (con l'art. 4, comma 2) che le disposizioni di cui al comma 1, lettera r), del presente articolo, si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2009. (2) Il Decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, ha disposto (con l'art. 32, comma 1) che le disposizioni di cui al comma 1, lettera r), del presente articolo 18, si applicano a decorrere dal 16 maggio 2009. (3) La Legge 13 agosto 2010, n. 136, ha disposto (con l'art. 5, comma 1) che "La tessera di riconoscimento di cui all'articolo 18, comma 1, lettera u), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, deve contenere, oltre agli elementi ivi specificati, anche la data di assunzione e, in caso di subappalto, la relativa autorizzazione". (4) La Legge 27 febbraio 2017, n. 19 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, recante proroga e definizione di termini. Proroga del termine per l'esercizio di deleghe legislative ha disposto nell'allegato la proroga del termine da sei a dodici mesi. (5) Circolare INAIL 12 marzo 2009, n. 11: Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza: comunicazione nominativi (6) Circolare INAIL 11 luglio 2018, n. 29 - Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza: comunicazione a cura delle Amministrazioni statali assicurate con la speciale forma della gestione per conto dello Stato. (7) Lettera aggiunta dalla Legge 17 dicembre 2021 n. 215 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2021 n. 146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili. (GU n.301 del 20.12.2021). (8) Comma inserito dalla Legge 17 dicembre 2021 n. 215 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2021 n. 146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili. (GU n.301 del 20.12.2021).[/panel]
In rosso le modifiche apportate al TUS dal DL 146/2021
In azzurro le modifiche apportate dal TUS dalla L 215/2021 (conversione in legge con modificazioni del Dl 146/2021)
Tavola di concordanza
[...] Segue in allegato
Il dirigente è la persona che, in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l'attività lavorativa e vigilando su di essa.
1. Ai fini ed agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo si intende per: [...] d) "dirigente": persona che, in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l'attività lavorativa e vigilando su di essa;[/panel]
Secondo il D.Lgs. 81/2008 la figura di dirigente per la sicurezza ha poteri gerarchici e funzionali secondo le attribuzioni conferite Art. 18 c.1, (possibile delegato DL tramite di un atto di delega - Art. 16 Delega di funzioni D.Lgs. 81/2008).
L'eventuale atto di delega di funzioni al dirigente (es. c.2 Art. 18 Obblighi del Datore di lavoro delegabili) secondo le modalità di cui all'Art. 16, dovrà essere integrato, presumibilmente, con il nuovo obbligo.
[box-note]Struttura atto di Delega (Vedi Art. 16):
- deve risultare da atto scritto recante data certa; - deve attestare che il delegato è in possesso di tutti i requisiti professionali e dell'esperienza necessaria a ricoprire tale ruolo; - deve attribuire al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate; - deve attribuire al delegato il potere di spesa necessario; - deve essere accettata dal delegato per iscritto.[/box-note]
La delega deve essere resa nota nell'ambito lavorativo, a tutti i lavoratori.
1. La delega di funzioni da parte del datore di lavoro, ove non espressamente esclusa, è ammessa con i seguenti limiti e condizioni: a) che essa risulti da atto scritto recante data certa; b) che il delegato possegga tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate; c) che essa attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate; d) che essa attribuisca al delegato l'autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate; e) che la delega sia accettata dal delegato per iscritto.
2. Alla delega di cui al comma 1 deve essere data adeguata e tempestiva pubblicità.
3. La delega di funzioni non esclude l'obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite. L'obbligo di cui al primo periodo si intende assolto in caso di adozione ed efficace attuazione del modello di verifica e controllo di cui all'articolo 30, comma 4.
3-bis. Il soggetto delegato può, a sua volta, previa intesa con il datore di lavoro delegare specifiche funzioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro alle medesime condizioni di cui ai commi 1 e 2.
La delega di funzioni di cui al primo periodo non esclude l'obbligo di vigilanza in capo al delegante in ordine al corretto espletamento delle funzioni trasferite. Il soggetto al quale sia stata conferita la delega di cui al presente comma non può, a sua volta, delegare le funzioni delegate.[/panel]
1. Le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b), d) (dirigente / ndr) ed e), gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti.[/panel]
Piano di emergenza antincendio: in accordo Decreto 2 Settembre 2021 / Note
ID 14860 | 01.11.2021 / Documento completo in allegato
Il Decreto 2 settembre 2021 all'Art. 2 comma e, prevede l'obbligo di predisporre un piano di emergenza nei seguenti casi:
1. luoghi di lavoro ove sono occupati almeno dieci lavoratori; 2. luoghi di lavoro aperti al pubblico caratterizzati dalla presenza contemporanea di più di cinquanta persone, indipendentemente dal numero dei lavoratori; 3. luoghi di lavoro che rientrano nell’allegato I al decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151.
Fig. 1 - Casi in cui predisporre il Piano di emergenza antincendio nei luoghi di lavoro
[box-warning]Luoghi di lavoro non rientranti nei criteri 1, 2, 3 precedenti
Per i luoghi di lavoro che non rientrano in nessuno dei casi indicati in precedenza, il datore di lavoro non è obbligato a redigere il piano di emergenza, ferma restando la necessità di adottare misure organizzative e gestionali da attuare in caso di incendio. Tali misure sono, comunque, riportate nel documento di valutazione dei rischi o nel documento redatto sulla base delle procedure standardizzate di cui all'art.29, comma 5 del decreto legislativo n.81 del 2008e possono sostanziarsi in misure semplificate per la gestione dell'emergenza, secondo quanto indicato al punto 2.4 dell'Allegato II (planimetria ed indicazioni schematiche).[/box-warning]
Fig. 2 - Luoghi di lavoro dove non è prevista la redazione del Piano di emergenza antincendio
Art. 2. Gestione della sicurezza antincendio in esercizio ed in emergenza
1. Il datore di lavoro adotta le misure di gestione della sicurezza antincendio in esercizio ed in emergenza, in funzione dei fattori di rischio incendio presenti presso la propria attività, secondo i criteri indicati negli allegati I e II, che costituiscono parte integrante del presente decreto. 2. Nei casi sottoelencati il datore di lavoro predispone un piano di emergenza in cui sono riportate le misure di gestione della sicurezza antincendio in emergenza di cui al comma 1: luoghi di lavoro ove sono occupati almeno dieci lavoratori; luoghi di lavoro aperti al pubblico caratterizzati dalla presenza contemporanea di più di cinquanta persone, indipendentemente dal numero dei lavoratori; luoghi di lavoro che rientrano nell’allegato I al decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151. 3. Nel piano di emergenza sono, altresì, riportati i nominativi dei lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi, lotta antincendio e di gestione delle emergenze, o quello del datore di lavoro, nei casi di cui all’art. 34 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. 4. Per i luoghi di lavoro che non rientrano in nessuno dei casi indicati al comma 2, il datore di lavoro non è obbligato a redigere il piano di emergenza, ferma restando la necessità di adottare misure organizzative e gestionali da attuare in caso di incendio; tali misure sono riportate nel documento di valutazione dei rischi o nel documento redatto sulla base delle procedure standardizzate di cui all’art. 29, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.[/box-note]
L'articolo 2 regola l'obbligo per il datore di lavoro di adottare idonee misure di gestione della sicurezza antincendio in esercizio ed in emergenza, in funzione dei fattori di rischio di incendio presenti presso la propria attività, secondo i criteri indicati nei citati Allegati I e II, specificando l'obbligo di predisporre un piano di emergenza nei seguenti casi:
- luoghi di lavoro ove sono occupati almeno 10 lavoratori;
- luoghi di lavoro aperti al pubblico caratterizzati dalla presenza contemporanea di più di 50 persone, indipendentemente dal numero dei lavoratori;
Una delle principali novità introdotte da questo decreto è rappresentata dal fatto che la necessità del piano di emergenza non si valuta più solo in funzione dei lavoratori presenti, bensì anche rispetto al numero degli occupanti a qualsiasi titolo presenti all'interno dell'attività (lettera b) elenco puntato).
Per i luoghi di lavoro che non rientrano in nessuno dei casi indicati in precedenza, il datore di lavoro non è obbligato a redigere il piano di emergenza, ferma restando la necessità di adottare misure organizzative e gestionali da attuare in caso di incendio. Tali misure sono, comunque, riportate nel documento di valutazione dei rischi o nel documento redatto sulla base delle procedure standardizzate di cui all'art.29, comma 5 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e possono sostanziarsi in misure semplificate per la gestione dell'emergenza, secondo quanto indicato al punto 2.4 dell'Allegato II (planimetria ed indicazioni schematiche).
I contenuti del piano di emergenza sono esplicitati nell'Allegato II.
Il decreto prevede che, nel piano di emergenza, siano altresì riportati i nominativi dei lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi, lotta antincendio e di gestione delle emergenze, o quello del datore di lavoro, nei casi di cui all'articolo 34 del decreto legislativo n. 81 del 2008.[/box-note]
[box-note]ALLEGATO II GESTIONE DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO IN EMERGENZA. (Articolo 2, comma 1)
2.1 Generalità 1.In tutti i luoghi di lavoro dove ricorra l’obbligo di cui all’articolo 2, comma 2, del presente decreto, il datore di lavoro predispone e tiene aggiornato un piano di emergenza, che deve contenere: a) le azioni che i lavoratori devono mettere in atto in caso di incendio; b) le procedure per l’evacuazione del luogo di lavoro che devono essere attuate dai lavoratori e dalle altre persone presenti; c) le disposizioni per chiedere l’intervento dei vigili del fuoco e per fornire le necessarie informazioni al loro arrivo; d) le specifiche misure per assistere le persone con esigenze speciali. 2.Il piano di emergenza deve identificare un adeguato numero di addetti al servizio antincendio incaricati di sovrintendere e attuare le procedure previste. Il numero complessivo di personale designato alla gestione delle emergenze deve essere congruo, in relazione alle turnazioni e alle assenze ordinariamente prevedibili. 3.Il piano di emergenza deve essere aggiornato in occasione di ogni modifica che possa alterare le misure di prevenzione e protezione; l’aggiornamento deve prevedere l’informazione dei lavoratori ed il coinvolgimento degli addetti alla gestione dell’emergenza.
2.2 Contenuti del piano di emergenza
1. I fattori da tenere presenti nella compilazione e da riportare nel piano di emergenza sono: a) le caratteristiche dei luoghi, con particolare riferimento alle vie di esodo; b) le modalità di rivelazione e di diffusione dell’allarme incendio; c) il numero delle persone presenti e la loro ubicazione; d) i lavoratori esposti a rischi particolari; e) il numero di addetti all’attuazione ed al controllo del piano nonché all’assistenza per l’evacuazione (addetti alla gestione delle emergenze, dell’evacuazione, della lotta antincendio, del primo soccorso); f) il livello di informazione e formazione fornito ai lavoratori.
2. Il piano di emergenza deve essere è basato su chiare istruzioni scritte e deve includere: a) i compiti del personale di servizio incaricato di svolgere specifiche mansioni con riferimento alla sicurezza antincendio, quali, a titolo di esempio: telefonisti, custodi, capi reparto, addetti alla manutenzione, personale di sorveglianza; b) i compiti del personale cui sono affidate particolari responsabilità in caso di incendio; c) i provvedimenti necessari per assicurare che tutto il personale sia informato sulle procedure da attuare; d) le specifiche misure da porre in atto nei confronti di lavoratori esposti a rischi particolari; e) le specifiche misure per le aree ad elevato rischio di incendio; f) le procedure per la chiamata dei vigili del fuoco, per informarli al loro arrivo e per fornire la necessaria assistenza durante l’intervento. 3. Il piano deve includere anche una o più planimetrie nelle quali sono riportati almeno: a) le caratteristiche distributive del luogo, con particolare riferimento alla destinazione delle varie aree, alle vie di esodo ed alle compartimentazioni antincendio; b) l’ubicazione dei sistemi di sicurezza antincendio, delle attrezzature e degli impianti di estinzione; c) l'ubicazione degli allarmi e della centrale di controllo; d) l'ubicazione dell'interruttore generale dell'alimentazione elettrica, delle valvole di intercettazione delle adduzioni idriche, del gas e di altri fluidi tecnici combustibili; e) l'ubicazione dei locali a rischio specifico; f) l’ubicazione dei presidi ed ausili di primo soccorso; g) i soli ascensori utilizzabili in caso di incendio. 4. Per più luoghi di lavoro ubicati nello stesso edificio, ma facenti capo a titolari diversi, i piani di emergenza devono essere coordinati. 5. In attuazione delle previsioni di specifiche norme e regole tecniche o per adottare più efficaci misure di gestione dell’emergenza in esito alla valutazione dei rischi, potrà essere predisposto un apposito centro di gestione delle emergenze. 6. È necessario evidenziare che gli ascensori non devono essere utilizzati per l’esodo, salvo che siano stati appositamente realizzati per tale scopo.
3. Assistenza alle persone con esigenze speciali in caso di incendio
1.Il datore di lavoro deve individuare le necessità particolari delle persone con esigenze speciali e ne tiene conto nella progettazione e realizzazione delle misure di sicurezza antincendio, nonché nella redazione delle procedure di evacuazione dal luogo di lavoro. 2.Occorre, altresì, considerare le altre persone con esigenze speciali che possono avere accesso nel luogo di lavoro, quali ad esempio le persone anziane, le donne in stato di gravidanza, le persone con disabilità temporanee ed i bambini. 3.Nel predisporre il piano di emergenza, il datore di lavoro deve prevedere una adeguata assistenza alle persone con esigenze speciali, indicando misure di supporto alle persone con ridotte capacità sensoriali o motorie, tra le quali adeguate modalità di diffusione dell'allarme, attraverso dispositivi sensoriali (luci, scritte luminose, dispositivi a vibrazione) e messaggi da altoparlanti (ad esempio con sistema EVAC).
4 Misure semplificate per la gestione dell’emergenza 1.Per gli esercizi aperti al pubblico ove sono occupati meno di 10 lavoratori e caratterizzati dalla presenza contemporanea di più di 50 persone, ad esclusione di quelli inseriti in attività soggette ai controlli di prevenzione incendi e in edifici complessi caratterizzati da presenza di affollamento, il datore di lavoro può predisporre misure semplificate per la gestione dell’emergenza, costituite dalla planimetria prevista dal punto 2.2, numero 3) e da indicazioni schematiche contenenti tutti gli elementi previsti dai punti 2.2, numeri 1 e 2. ...[/box-note]
ID 539 | Rev. 4.1 del 16.02.2021 / Documento completo in allegato o acquisto singolo
Documento di analisi del quadro normativo/legislativo sulle scale e sulla loro corretta marcatura in accordo alla norma UNI EN 131-3:2018. La norma fornisce consigli sull'utilizzo in sicurezza delle scale contemplate nello scopo e campo di applicazione della UNI EN 131-1 e conformi ai requisiti della UNI EN 131-1, della UNI EN 131-2, della UNI EN 131-4 per quanto riguarda le scale trasformabili multi posizione con cerniere, della UNI EN 131-6 per quanto riguarda le scale telescopiche e della UNI EN 131-7, per quanto riguarda le scale movibili con piattaforma. _______
Scale portatili: quadro normativo
Il quadro normativo delle scale portatili è basato, in particolare, sulle seguenti leggi/norme/linee guida:
L’uso delle scale è normato dal Titolo III Capo I “Uso delle attrezzature di lavoro” e dal Titolo IV “Cantieri temporanei e mobili” del D.Lgs 81/08.
Sono particolarmente significativi gli articoli del Titolo III e Titolo IV e Allegato XX:
[panel]- Art. 69 comma 1 Definizioni - Art. 70 comma 4 Requisiti di sicurezza delle attrezzature di lavoro - Art. 71 Obblighi del Datore di lavoro correlati all’uso delle attrezzature - Art. 72 Obblighi dei noleggiatori e dei concedenti in uso di attrezzature - Art. 73 Informazione, formazione e addestramento ... - Art. 107 Definizione lavoro in quota - Art. 111 Obblighi del datore di lavoro nell’uso di attrezzature per lavori in quota - Art. 113 Scale ... - Allegato XX - - A. Costruzione e impiego di scale portatili - - B. Autorizzazione ai laboratori di certificazione (concernenti ad esempio: scale, puntelli, ponti su ruote a torre e ponteggi)[/panel]
Riferimenti normativi di buona tecnica
[panel]- EN 131-1:2019 Scale - Parte 1: Termini, tipi, dimensioni funzionali - EN 131-2:2017 Scale - Parte 2: Requisiti, prove, marcatura - EN 131-3:2018 Scale - Parte 3: Marcatura e istruzioni per l'utilizzatore - EN 131-4:2020 Scale - Parte 4: Scale trasformabili multi-posizione con cerniere - EN 131-6:2019 Scale - Parte 6: Scale telescopiche - EN 131-7:2013 Scale - Parte 7: Scale movibili con piattaforma - Linea Guida ISPESL “per la scelta, l’uso e la manutenzione delle scale portatili” - Linea Guida INAIL “Scale portatili - Quaderni Tecnici per i cantieri temporanei o mobili”[/panel]
_______
D.Lgs. 81/2008 Allegato XX
[box-info]A. Costruzione e impiego di scale portatili
1. È riconosciuta la conformità alle vigenti disposizioni, delle scale portatili, alle seguenti condizioni:
a) le scale portatili siano costruite conformemente alla norma tecnica UNI EN 131 parte 1a e parte 2a; b) il costruttore fornisca le certificazioni, previste dalla norma tecnica di cui al punto a), emesse da un laboratorio ufficiale.[/box-info]
Fig. A – Schema applicazione Allegato XX D.Lgs. 81/08
[box-warning]Deroga alle disposizioni dei commi 3, 8 e 9 dell'Art. Art. 113 (Scale) del D.Lgs. 81/2008.
D.Lgs. 81/2008 ... Art. 113 Scale ... 10. È ammessa la deroga alle disposizioni di carattere costruttivo di cui ai commi 3, 8 e 9 per le scale portatili conformi all'allegato XX.[/box-warning]
Per laboratori ufficiali si intendono:
[panel]- laboratorio dell'ISPESL; - laboratorio delle università e dei politecnici dello Stato; - laboratori degli istituti tecnici dello Stato riconosciuti ai sensi della legge 5 novembre 1971, n. 1086; - laboratori autorizzati in conformità a quanto previsto dalla sezione B del presente allegato, con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, dello sviluppo economico e della salute; - laboratori dei Paesi membri dell'Unione europea o dei paesi aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo riconosciuti dai rispettivi Stati.[/panel]
c) le scale portatili siano accompagnate da un foglio o libretto recante:
[panel]- una breve descrizione con l'indicazione degli elementi costituenti; - le indicazioni utili per un corretto impiego; - le istruzioni per la manutenzione e conservazione; - gli estremi del laboratorio che ha effettuato le prove, numeri di identificazione dei certificati, date dei rilascio) dei certificati delle prove previste dalla norma tecnica UNI EN 131 parte 1a e parte 2a; - una dichiarazione del costruttore di conformità alla norma tecnica UNI EN 131 parte 1a e parte 2a.[/panel]
2. L'attrezzatura di cui al punto 1 legalmente fabbricata e commercializzata in un altro Paese dell'Unione europea o in un altro Paese aderente all'Accordo sullo spazio economico europeo, può essere commercializzata in Italia purché il livello di sicurezza sia equivalente a quello garantito dalle disposizioni, specifiche tecniche e standard previsti dalla normativa italiana in materia.
[box-info]B. Autorizzazione ai laboratori di certificazione (concernenti ad esempio: scale, puntelli, ponti su ruote a torre e ponteggi)
1. Requisiti
1.1. I laboratori per essere autorizzati alla certificazione:
a) non devono esercitare attività di consulenza, progettazione, costruzione, commercializzazione, installazione o manutenzione nella materia oggetto della certificazione. Il rapporto contrattuale a qualsiasi titolo intercorrente tra i laboratori autorizzati ed il personale degli stessi deve essere vincolato da una condizione di esclusiva per tutta la durata del rapporto stesso; b) devono disporre di personale qualificato in numero sufficiente e dei mezzi tecnici necessari per assolvere adeguatamente alle mansioni tecniche ed amministrative connesse con le procedure riguardanti l'attività di certificazione; c) devono dotarsi di manuale di qualità redatto in conformità alla norma UNI CEI EN 45011; d) devono utilizzare locali ed impianti che garantiscano le norme di igiene ambientale e la sicurezza del lavoro.[/box-info] ___________
UNI EN 131-3
Definizioni
Ai fini del presente documento, si applicano i seguenti termini e definizioni.
[panel]1.1 produttore a) Fabbricante di un prodotto o altra persona che si presenti come il fabbricante apponendo il proprio nome, marchio di fabbrica o altro marchio distintivo sul prodotto, oppure la persona che revisiona il prodotto. b) Altri professionisti della catena di fornitura, nella misura in cui le loro attività possano influire sulle caratteristiche di sicurezza di un prodotto.
1.2 distributore Professionista della catena di fornitura, la cui attività non influisce sulle caratteristiche di sicurezza di un prodotto.
1.3 possessore Persona o azienda che acquista o che riceve la scala. Il possessore può utilizzare la scala personalmente o metterla a disposizione di altri utilizzatori.
1.4 utilizzatore Persona che utilizza la scala.
1.5 danno Lesione fisica o danno alla salute delle persone, oppure danno alla proprietà o all'ambiente.
1.6 pericolo Possibile causa di danno.
1.7 rischio Probabilità che si verifichi un pericolo che causa un danno e il grado di gravità del danno[/panel] ___________
Segnali di sicurezza
La forma geometrica dei segnali di sicurezza di base deve essere in conformità alla ISO 3864-1, ISO 3864-3 e si deve basar sul modello per i segnali di sicurezza della EN ISO 7010 con una dimensione minima d e h di 155 (figura 1).
Fig. 1 – Forma geometrica
Informazioni di sicurezza supplementari
Fig.2 – Informazioni supplementari
Marcatura di sicurezza tutte le scale
___________
Verifica conformità scala D.Lgs. 81/08 | EN 131-3
...
Segue in allegato (Documento completo in allegato o acquisto singolo)
Fonti EN 131-1:2019 Scale - Parte 1: Termini, tipi, dimensioni funzionali EN 131-2:2017 Scale - Parte 2: Requisiti, prove, marcatura EN 131-3:2018 Scale - Parte 3: Marcatura e istruzioni per l'utilizzatore EN 131-4:2020 Scale - Parte 4: Scale trasformabili multi-posizione con cerniere EN 131-6:2019 Scale - Parte 6: Scale telescopiche EN 131-7:2013 Scale - Parte 7: Scale movibili con piattaforma Linea Guida ISPESL “per la scelta, l’uso e la manutenzione delle scale portatili” Linea Guida INAIL “Scale portatili - Quaderni Tecnici per i cantieri temporanei o mobili” D.lgs. 81/08
Celle frigorifere e locali a basse T: tempi di permanenza e pause
ID 5287 | 24.11.2019
In allegato Documento completo e altri Documenti di riferimento per attività lavorative con permanenza in locali nei quali la temperatura per motivi tecnici, è mantenuta a livelli non ambientali bassi (rischio microclimatico). Particolare attenzione va rivolta al caso in cui i lavoratori addetti siano "Lavoratori particolarmente sensibili" di cui all'183 del D.Lgs. 81/2008. Valori di riferimento per i tempi di permanenza e relative pause, come appoggio alla VR, possono essere estrapolati dalla norma DIN 33403-5 Clima sul posto di lavoro e nell’ambiente circostante.
Al'interno del più ampio insieme dei luoghi di lavoro con mansioni da svolgersi al freddo si ritrovano le celle frigorifere, vani mantenuti mediante un impianto di refrigerazione a temperatura minore di quella ambientale, diffusi in diversi settori manifatturieri e di servizio.
[box-info]I rischi nelle celle frigorifere
Al profilo di rischio microclimatico, immediatamente evidente, si uniscono le necessità di operare in sicurezza in un luogo isolato e/o confinato, più o meno ristretto e/o pericoloso, quasi sempre in luce artificiale e con attrezzature in molti casi idonee solo se appositamente dedicate o allestite; tutte caratteristiche che si sommano ai rischi già connaturati alle attività previste all'interno indipendentemente dalla temperatura.[/box-info]
Seppur il D.Lgs. 81/2008 o norme UNI non diano indicazioni in merito al tempo di permanenza in posti di lavoro al freddo (nel contesto celle frigorifere), valori di riferimento possono essere estrapolati dalla norma DIN 33403-5 Clima sul posto di lavoro e nell’ambiente circostante.
Per i locali nei quali si effettuano attività ripetitive e la temperatura per motivi tecnici è mantenuta pari o inferiore ai +15°C, esistono raccomandazioni di norme specifiche.
In base alla temperatura dell’aria si propone la definizione di cinque livelli di freddo, dei relativi tempi massimi di permanenza e dei tempi minimi di recupero in locali con una temperatura confortevole, così come misure ergonomiche al fine di garantire buone condizioni lavorative.
Il tempo da trascorrere in un ambiente più caldo indicato nella norma è da intendersi come valore indicativo, viene considerato una «regola tecnica riconosciuta» e si basa sull’osservazione dei fattori di rischio. Tale tempo viene considerato tempo di recupero e vale come tempo di lavoro.
Secondo DIN 33403-5: clima sul posto di lavoro e nell’ambiente circostante, si possono avere quindi:
Tabella 1 - DIN 33403-5
Esempio: a una temperatura di -22°C dopo 90 minuti di lavoro deve essere previsto un soggiorno di almeno 30 minuti in un luogo con una temperatura gradevole.
[box-note]DIN 33403-X
DIN 33403-2:2000-08 Climate at the workplace and in its environments - Part 2: Effect of the climate on the heat balance of human beings
DIN 33403-3:2011-07 Climate at the workplace and its environments - Part 3: Assessment of the climate in the warm and hot working areas based on selected climate indices
DIN 33403-5:1997-01 Climate at the workplace and its environments - Part 5: Ergonomic design of cold workplaces[/box-note]
[box-warning]Attenzione
I Valori di cui alla Tabella 1 possono essere di riferimento per la categoria di lavoratori in generale. Particolare attenzione va rivolta al caso in cui i lavoratori addetti siano "Lavoratori particolarmente sensibili" di cui all'183 del D.Lgs. 81/2008. Vedasi a seguire.[/box-warning]
Estratto Documento SPSAL PC (allegato)
1. Valutazione dei rischi microclimatici estate-inverno
Articolo 17 del D.Lgs. 81/08 - Obblighi del datore di lavoro non delegabili
1. Il datore di lavoro non può delegare le seguenti attività: a) la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall’articolo 28;
Articolo 28 del D.Lgs. 81/08 - Oggetto della valutazione dei rischi 1. La valutazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori
D.Lgs. 81/08 ... Titolo VIII AGENTI FISICI Capo I Disposizioni generali
Art. 180. Definizioni e campo di applicazione
1. Ai fini del presente decreto legislativo per agenti fisici si intendono il rumore, gli ultrasuoni, gli infrasuoni, le vibrazioni meccaniche, i campi elettromagnetici, le radiazioni ottiche, di origine artificiale, il microclima e le atmosfere iperbariche che possono comportare rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori.
2. Fermo restando quanto previsto dal presente capo, per le attività comportanti esposizione a rumore si applica il capo II, per quelle comportanti esposizione a vibrazioni si applica il capo III, per quelle comportanti esposizione a campi elettromagnetici si applica il capo IV, per quelle comportanti esposizione a radiazioni ottiche artificiali si applica il capo V.
3. La protezione dei lavoratori dalle radiazioni ionizzanti è disciplinata unicamente dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e sue successive modificazioni.
Art. 181 Valutazione dei rischi 1. Nell’ambito della valutazione di cui all’articolo 28, il datore di lavoro valuta tutti i rischi derivanti da esposizione ad agenti fisici in modo da identificare e adottare le opportune misure di prevenzione e protezione con particolare riferimento alle norme di buona tecnica ed alle buone prassi.
Appare evidente che la valutazione dei rischi deve essere effettuata per tutti gli agenti fisici quindi anche per il microclima. L’art. 181 c.1 specifica che la valutazione del rischio di tutti gli agenti fisici deve essere tale da “identificare e adottare le opportune misure di prevenzione e protezione” facendo “particolare riferimento alle norme di buona tecnica e alle buone prassi”. Le buone prassi sono per definizione documenti di natura applicativa sviluppati in coerenza con le norme tecniche, quindi è consigliabile utilizzarle come riferimenti primari ogni qualvolta ve ne sia la disponibilità.
Art. 181 Valutazione dei rischi ... 2. La valutazione dei rischi derivanti da esposizioni ad agenti fisici è programmata ed effettuata, con cadenza almeno quadriennale, da personale qualificato…. La valutazione dei rischi è aggiornata ogni qual volta si verifichino mutamenti che potrebbero renderla obsoleta, ovvero, quando i risultati della sorveglianza sanitaria rendano necessaria la sua revisione (ad es. per il rischio microclima effettuato in periodi non rappresentativi). I dati ottenuti dalla valutazione, misurazione e calcolo dei livelli di esposizione costituiscono parte integrante del documento di valutazione del rischio.
Dalla norma appare chiaro come il Datore di lavoro debba individuare i pericoli per la sicurezza, valutarne il rischio per la salute dei lavoratori e adottare le misure di protezione. Lo schema di processo per una corretta valutazione del rischio viene riportato di seguito: - Individuazione del rischio. Verificare sempre se è presente il rischio per caldo e/o freddo.
Anche nel caso in cui il rischio sia assente o sia palesemente trascurabile, nel DVR deve esserne riportata traccia dell’avvenuta valutazione; nel caso, il datore di lavoro secondo cui la natura e l’entità dei rischi non rendono necessaria una valutazione più dettagliata, potrà ricorrere alla giustificazione. Si tratta di un comportamento applicabile a solo a tutte quelle condizioni poste ben al di sotto dei valori di riferimento/limiti di esposizione della popolazione, in quanto per condizioni di rischio più consistenti occorre comunque definire i livelli di rischio al fine di decidere se nel contesto analizzato debbano essere adottate particolari, se pur minime, misure di prevenzione e protezione.
Valutazione del rischio: oltre a quanto previsto nell’art. 28, nella valutazione del rischio dell’agente fisico vanno indicati quanto meno i seguenti elementi:
- data certa di effettuazione della valutazione, con o senza misurazioni, dell’ag. Fisico; - dati identificativi del personale qualificato che ha provveduto alla valutazione, se diverso dal datore di lavoro, del Medico Competente (se previsto), del RSPP e del RLS - dati identificativi della relazione tecnica (n.ro pagine, data,) - programma delle misure tecniche e organizzative che si adotteranno per eliminare o ridurre il rischio, con indicazione della tempistica, delle modalità e delle figure aziendali preposte. La relazione tecnica dovrà contenere : - individuazione delle mansioni-attività esposte (carrellisti in esterno, addetti al carico/scarico camion, postazioni interne fisse ecc. ) - valutazione della presenza di rischi potenzianti (vibrazioni ,sovraccarico biomeccanico); - approfondimenti specifici sui DPI eventualmente forniti; - valutazione dei rischi legati alla presenza di lavoratori particolarmente sensibili ,alla differenza di genere, all’età, alla provenienza da altri paesi e alla tipologia contrattuale; - valutazione dell’ambiente termico (per ogni postazione/mansione si deve definire se l’ambiente è: moderabile o vincolato
Per una stessa mansione/postazione la valutazione potrà essere risultare diversa se si parla di caldo o freddo. (vedi allegato 1) - quadro di sintesi degli esposti e individuazione su piantina delle aree a rischio; - risultato misurazioni metrologiche o di altro processo valutativo adottato; - Norma di riferimento e relativi limiti; (vedi allegato 2) - concrete proposte sulle soluzioni preventive e protettive adottabili nelle diverse situazioni di rischio presenti nei luoghi di lavoro
La valutazione ed elaborazione del documento di valutazione del rischio dovrà avvenire in collaborazione tra Datore di lavoro, RSPP e Medico Competente previa consultazione del RLS (art. 29 D.Lgs. 81/08) - Misure strumentali: per il periodo invernale le misure dovranno essere effettuate solo dopo aver installato impianti di riscaldamento, ovvero, a “sistema controllato” . In alternativa alle misure strumentali, per una prima valutazione di approccio, potranno essere utilizzati anche sistemi di prima valutazione come l’indice di calore o l’indice per il freddo; (vedi allegato 3)
Articolo 183 - Lavoratori particolarmente sensibili 1. Il datore di lavoro adatta le misure di cui all’articolo 182 alle esigenze dei lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente sensibili al rischio, incluse le donne in stato di gravidanza ed i minori.
Individuazione persone particolarmente sensibili
- persone che eseguono lavori fisici pesanti (formazione di sudore freddo, malattie muscolari e articolari); - donne incinte - persone che con il freddo soffrono di asma indotto; - persone di età superiore ai 55 anni; - persone cagionevoli di salute in seguito a malattie cardiocircolatorie, diabete, ipertensione, artrite, reumatismi, disturbi renali, epilessia e simili; - persone che soffrono di insufficiente irrorazione sanguigna nelle dita (sindrome di Raynaud) a seguito di una precedente esposizione al freddo o che soffrono per effetto di una lunga esposizione a vibrazioni - persone che assumono medicinali (ad es. calmanti, antidepressivi); - persone che fanno un consumo eccessivo di tabacco o alcool; - persone con lesioni o ferite causate dal freddo; - persone con la pelle danneggiata (non rispetto delle misure per la protezione della pelle, insufficiente cura della stessa); - persone che hanno subito ferite complesse (disturbi della circolazione, nervi inclusi); - Le persone fortemente sottopeso non dovrebbero svolgere compiti che richiedono una lunga permanenza in luoghi (molto) freddi.
Si definiscono ambienti termici vincolati quei luoghi di lavoro nei quali esistono particolari condizioni produttive o fattori naturali che, vincolando uno o più parametri microclimatici (temperatura, umidità, velocità dell’aria) impediscono che possano essere realisticamente perseguite le condizioni di confort.
Vengono definiti moderabili tutti quegli ambienti nei quali non sussistono condizioni di vincolo e l’obiettivo del confort risulta realisticamente perseguibile.
A titolo di esempio al fine della classificazione dell’ambiente termico per le diverse postazioni di lavoro/mansioni si può definire che: - le attività svolte all’esterno possono essere valutate come ambiente vincolato; - le attività svolte all’interno, che comportano il continuo movimento (carrellisti), possono essere valutate come ambiente vincolato; - le attività svolte in postazioni fissa possono essere valutate come ambiente moderabile; - le attività svolte in postazioni fisse o semifisse, dove non sono presenti impianti di riscaldamento, o dove sono presenti forti correnti d’aria dovute alle aperture verso l’esterno, quali baie di carico, possono essere valutate come ambiente moderabile ma non moderato con forte discomfort per cui prima si dovrà adottare le misure di prevenzione generali (riscaldamento ambientale o locale, portoni ecc.) e poi riprovvedere a classificarlo.
2. Misure di prevenzione e protezione e Procedure di lavoro
Articolo 182 comma 1 del D.Lgs 81/08-Disposizioni miranti ad eliminare o ridurre i rischi
Tenuto conto del progresso tecnico e della disponibilità di misure per controllare il rischio alla fonte, i rischi derivanti dall'esposizione agli agenti fisici sono eliminati alla fonte o ridotti al minimo. La riduzione dei rischi derivanti dall'esposizione agli agenti fisici si basa sui principi generali di prevenzione contenuti nel presente decreto.
Si riporta, come esempio, un elenco non esaustivo di misure di prevenzione e protezione, che possono essere prese a riferimento anche in combinazione tra di loro.
Le misure vengono divise per il periodo invernale e estivo.
2.1 Periodo invernale
Misure tecniche - Proteggere da vento e agenti atmosferici i posti di lavoro. Utilizzando misure adatte, è necessario assicurarsi che la velocità dell’aria nell’ambiente di lavoro non sia superiore a 0,2 (±0,1) m/s., comunque vanno evitate le correnti d’aria. In casi particolari può essere necessario compensare l’effetto negativo del freddo con fonti di irradiazione di calore; - Prevedere un riscaldamento locale (raggi infrarossi) e sistemi di aerazione che evitino la formazione di correnti d’aria. L’aerazione dovrà essere spenta durante le fasi di lavoro in locali freddi; - Non creare differenze di temperatura troppo elevate (causano distorsione della percezione e disagio termico), se vengono impiegati fonti di calore quali radiatori; - Diminuire le bocche di carico aperte contemporaneamente lasciando solo quelle effettivamente necessarie; - Realizzare Dock fisso e impermeabile o rampe di trasbordo merci dotate di collegamento, soluzione adatta ad ogni clima; - Istallare sistemi isotermici e non, porte a scorrimento veloce o portali isotermici, tunnel di trasbordo in grado di ridurre l’apertura - Rivedere Layout delle postazioni fisse, ponendole lontano dalle bocche di carico; - Separare le postazioni fisse da zone con correnti d’aria ponendo pannelli divisori ; - Fornire mezzi ausiliari per ridurre i lavori faticosi (per evitare un’eccessiva sudorazione); - Utilizzare carrelli cabinati e dotati di riscaldamento o di sedile riscaldato; - Evitare un contatto ripetuto o duraturo con superfici fredde. Quindi, per esempio, è necessario sostituire sedili o attrezzi di metallo con equivalenti con ridotta capacità di conduzione di calore.
Misure organizzative - Ridurre al minimo il numero degli esposti; - Evitare di lavorare a lungo in posizioni forzate o statiche, prevedendo la rotazione del personale; - Alternare le attività al freddo con altre da svolgersi in locali più caldi; - Strutturare l’attività dei lavoratori in modo che questi, durante l’esposizione al freddo, siano sempre fisicamente attivi e per effettuare compiti stazionari siano provvisti di una copertura che protegga da vento e agenti atmosferici; - Osservare almeno i tempi minimi di pausa (da calcolare come tempo di lavoro) e trascorrerli in ambienti termicamente confortevoli; - Offrire la possibilità di effettuare pause quando il lavoratore ne sente l’esigenza, in area riscaldata; - Realizzare locali di riposo riscaldati e dotati di distributori di bevande calde; - Prevedere una formazione; - Redigere e rendere noto a tutti procedure gestionali per evitare comportamenti peggiorativi (come ad esempio, nel caso in cui è stato possibile installare un solo dock fisso impermeabile, il solo utilizzo di quella bocca di carico in caso di pioggia).
Misure di protezione personale - Mettere a disposizione dispositivi di protezione individuale contro il freddo. Il lavaggio dei DPI è a carico del datore di lavoro; - Fornire abbigliamento da lavoro adeguato che protegga dal freddo e da condizioni atmosferiche avverse. - Prevedere uso di magliette intime di tipo termico.
Lavori al chiuso Per i locali nei quali si effettuano attività ripetitive e la temperatura per motivi tecnici, è mantenuta pari o inferiore ai +15°C, esistono raccomandazioni di norme specifiche.
La DIN 33 403-5:2001-04: clima sul posto di lavoro e nell’ambiente circostante propone la definizione di cinque livelli di freddo, dei relativi tempi massimi di permanenza e dei tempi minimi di recupero in locali con una temperatura confortevole .Tale tempo viene considerato tempo di recupero e vale come tempo di lavoro. (all.4)
Lavoro in spazi coperti Con spazi coperti si intendono spazi di lavoro esposti al vento (correnti) e alle temperature esterne, ma che garantiscono un riparo dalle precipitazioni. Gli sbalzi di temperatura sono maggiori nei luoghi di lavoro coperti rispetto ai locali chiusi e ciò sottopone il corpo a una maggiore sollecitazione. Per attività svolte in spazi coperti è necessario: - Avere a disposizione locali dove effettuare le pause ; - Prevedere pause le cui durate sono in funzione della temperatura esterna (pause che in caso di tempo freddo dovranno trascorsi in locali riscaldati); - Disporre di spogliatoi con docce e servizi; - Predisporre misure contro le correnti d’aria (prevedere delle pareti); - Assegnare abbigliamento contro il freddo (che deve essere messo a disposizione dal datore di lavoro).
2.1 Periodo estivo
- Installare dei misuratori di temperatura tipo data logger, per tenere sotto controllo in continuo la temperatura (da installare lontano da fonti di calore); - Predisporre sistemi di raffrescamento evaporativo che possono essere fissi o mobili da mettere nelle postazioni fisse (il processo consiste nello sfruttare l’abbassamento di temperatura che avviene in modo naturale quanto una massa d’aria incontra una barriera d’acqua provocandone l’evaporazione, è in grado di ridurre la temperatura anche di 6°C)(vedi allegato 4); - Prevedere porte a scorrimento veloce, portali isotermici o tunnel di trasbordo; - Mettere sui lucernari vetri /film scuri e antiriflesso; - Realizzare tettoie esterne ; - Utilizzare carrelli elevatori cabinati e climatizzati; - Prevedere la rotazione del personale durante fasi manuali di carico/scarico camion, in presenza di condizioni meteo esterne pesanti ; - Organizzare le operazioni di carico/scarico manuale, in giornate con condizioni meteo pesanti, ponendo all’interno dei camion ventilatori, insufflatori di aria fredda con estrazione dell’aria all’esterno. La soluzione dovrà essere adottata anche quando l’attività avviene all’interno dello stabilimento; - Mettere a disposizione distributori acqua fredda nelle vicinanze dei posti di lavoro; - Prevedere pause brevi (15’) ad intervalli determinati; per il calcolo far riferimento al WBGT; (vedi allegato 5); - Realizzare aree fresche con zona di acclimatizzazione, attrezzate con bevande fresche e integratori salini forniti dall’ azienda (in particolare per coloro che lavorano in esterno e al carico/scarico manuale); - Fornire ai lavoratori informazioni in merito al regime alimentare da tenere rispetto al dispendio energetico; - Fornire ai lavoratori informazioni in merito al tipo di abbigliamento personale da indossare (in funzione dei Clo)
3. Quali sono le disposizioni che regolano la sicurezza del lavoro nelle celle frigorifere? (FAQ Ministeriale)
Il D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e successive modifiche o integrazioni, anche noto come "Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro", elaborato nel pieno rispetto delle direttive comunitarie e delle convenzioni internazionali in materia, al Titolo II, rubricato "luoghi di lavoro", ha previsto numerosi adempimenti a carico del datore di lavoro al fine di assicurare condizioni di lavoro idonee onde ridurre il rischio di infortuni e malattie professionali.
In particolare, l'art. 63 del T.U., comma 1, rinvia all'allegato IV per le disposizioni di dettaglio inerenti la sicurezza nei luoghi di lavoro, prevedendo al punto 1.9.2.5., in relazione all'argomento in esame, che "quando non è conveniente modificare la temperatura di tutto l'ambiente, si deve provvedere alla difesa dei lavoratori contro le temperature troppo alte o troppo basse mediante misure tecniche localizzate o mezzi personali di protezione ".
A tal uopo è essenziale, tra l'altro, la conoscenza degli ambienti e la individuazione di "rischi interferenziali", che possono sussistere per il fatto che, nel medesimo contesto, si trovano ad operare addetti con mansioni diverse (addetti ad attività di installazione, manutenzioni edilizie, attività di produzione, ecc.) e dei rischi ambientali e intrinseci.
I lavoratori che prestano la loro attività in ambienti a basse temperature devono essere dotati, in virtù della disciplina dettata in generale dal titolo III del T.U., di dispositivi di protezione individuale idonei a garantire loro adeguata protezione contro il freddo (giubbotti, guanti, tute, ecc).
Tanto premesso si segnala una norma di buona tecnica costituita dalla UNI EN ISO 15743:2008 relativa alla "Ergonomia dell'ambiente termico -Posti di lavoro al freddo- Valutazione e gestione del rischio" che riporta le prescrizioni da seguire nei luoghi di lavoro con basse temperature per la sicurezza e salute dei lavoratori.
Tale norma, applicabile sia ad ambienti interni che esterni, indica in particolare modelli e metodi per la valutazione e la corretta gestione del rischio, una checklist per l'identificazione dei problemi connessi al freddo, un modello di questionario dedicato ai professionisti della salute, linee guida per l'applicazione di regole scientifiche per la problematica del lavoro a bassa temperatura ed anche un esempio pratico.
Un particolare caso di lavoratore isolato che opera in ambiente confinato ed esposto a rischi notevoli si può riscontrare nel personale che opera nelle celle frigorifere.
In un ambiente di questo tipo rischi e pericoli che impattano normalmente sul lavoratore isolato aumentano a causa delle situazioni ambientali estreme.
Se per un lavoratore isolato può presentarsi difficoltà nel avvisare i servizi di emergenza in modo automatico e in tutta rapidità, nelle celle frigorifere si complica poichè la perdita di coscienza in queste situazioni può portare in breve tempo ad assideramento.
La ridotta percentuale di ossigeno e le basse temperature devono alzare notevolmente il livello di attenzione che il datore di lavoro deve prestare verso i propri dipendenti. Pochi minuti di ritardo nell’avviso dei servizi di emergenza possono portare a conseguenze fatali.
Il pericolo si presenta non solo per i lavoratori interni all’azienda ma anche a tutti quei manutentori che vengono impiegati durante il ciclo di assistenza alle celle frigorifere.
I primi passi per migliorare e mitigare il rischio di incidenti fatali sono:
- Garantire che solo le persone autorizzate (adeguatamente istruite per lavorare in questi ambienti) entrino nelle celle - Garantire che queste persone portino sempre con se uno strumento di segnalazione di pericolo con tecnologia uomo a terra e non movimento in grado di far partire una sirena sul posto e avvisare tramite chiamate telefoniche il personale di soccorso in caso di malore o situazione di emergenza. - Garantire che queste persone indossino i dispositivi di protezione individuali (DPI) necessari - Garantire che queste persone non stiano per più tempo di quello consentito all’interno della cella
Il dispositivo di segnalazione: il dispositivo deve essere in grado di inviare un allarme in modo automatico ogni qualvolta il lavoratore si debba trovare per più di un tempo prestabilito in posizione orizzontale o in una situazione di non movimento.
4. Nota 18 febbraio 2004, prot. 20453 - D.lgs 626/94 Art. 33 Quesito in merito alle caratteristiche delle porte di uscita dalle celle frigorifere industriali (*)
OGGETTO: D.Lgs. 626/1994 - Art. 33 - Quesito in merito alle caratteristiche delle porte di uscita dalle celle frigorifere industriali.
Con riferimento alla nota indicata a margine, concernente il quesito di cui all’oggetto, si rappresenta quanto segue.
La questione delle caratteristiche che devono possedere le porte delle celle frigorifere industriali per soddisfare alle esigenze della sicurezza dei lavoratori in caso di pericolo, va vista alla luce delle disposizioni dell’art. 13 del D.P.R. 547/1955 come modificato dall’art, 33 del D.Lgs. 626/1994.
In particolare, al comma 3 viene stabilito, in via generale, che in caso di pericolo tutti i posti di lavoro debbono poter essere evacuati rapidamente (mediante vie e uscite di emergenza). [...] (*) Chiarimento inserito nel contesto normativo di Prevenzione Incendi con Nota Ministero dell'interno 12 maggio 2004, prot. n. P444/4122 sott. 54/9 - Luoghi di lavoro - uscite di sicurezza delle celle frigorifere. - Quesito Prot. n° P444/4122 sott. 54/9 Roma, 12 maggio 2004 Luoghi di lavoro - uscite di sicurezza delle celle frigorifere
[box-info]Dispositivi con funzionalità uomo a terra e immobilità.
La funzionalità uomo a terra permette di monitorare la postura del lavoratore, trasmettendo un allarme in caso di perdita di verticalità. I dispositivi possono comunicare segnali di allerta sia sulla rete GSM sia su reti di comunicazione proprietarie. In questo modo è possibile supervisionare e localizzare costantemente i dipendenti e ricevere segnalazioni in caso di pericolo.
La funzionalità uomo a terra permette di controllare che il dipendente si trovi in una posizione verticale e non orizzontale, garantendo cosi che la persona da tutelare non sia in una situazione di pericolo.
Il dispositivo uomo a terra (detto anche a uomo morto) gestisce la ricezione e l’intervento in caso di malore o emergenza della catena di intervento. È necessario selezionare all'interno dell'azienda una persona o una squadra che si occupi della gestione di questi allarmi.
E’ possibile dotare la cella frigo di sensori di lettura che identifichino il lavoratore che sta per accedere all’ambiente confinato e identificare se quest ultimo stia indossando il proprio dispositivo di allertamento e i DPI necessari per operare in questo tipo di area.[/box-info]
5. Lavori particolarmente usuranti in celle con T ≤ -5°C
I lavori in celle frigorifere o all’interno di ambienti con temperatura uguale o inferiore a 5 gradi centigradi sono considerati attività particolarmente usuranti (tabella A D. Lgs. 11 agosto 1993, n. 374) ... - lavoro continuativo notturno - lavori alle linee di montaggio con ritmi vincolati - lavori in galleria, cava o miniera - lavori espletati direttamente dal lavoratore in spazi ristretti: all’interno di condotti, di cunicoli di servizio, di pozzi, di fognature, di serbatoi, di caldaie - lavori in altezza: su scale aeree, con funi a tecchia o parete, su ponti a sbalzo, su ponti a castello installati su natanti, su ponti mobili a sospensione. A questi lavori sono assimilati quelli svolti dal gruista, dall’addetto alla costruzione di camini e dal copriletto - lavori in cassoni ad aria compressa - lavori svolti dai palombari - lavori in celle frigorifere o all’interno di ambienti con temperatura uguale o inferiore a 5 gradi centigradi - lavori ad alte temperature: addetti ai forni e fonditori nell’industria metallurgica e soffiatori nella lavorazione del vetro cavo - autisti di mezzi rotabili di superficie - marittimi imbarcati a bordo - personale addetto ai reparti di pronto soccorso, rianimazione chirurgia d’urgenza - trattoristi - addetti alle serre e fungaie - lavori di asportazione dell’amianto da impianti industriali, da carrozze ferroviarie e da edifici industriali e civili.
Tali Lavoratori hanno diritto per l'accesso al trattamento pensionistico anticipato.
6. Ccnl Alimentari / TUIR
Attivita`disagiate L’art. 57 del Ccnl Alimentari prevede l’erogazione dell’indennita`di disagio come elemento aggiuntivo alla normale retribuzione in favore di tutti quei lavoratori che operano in attività considerate poco agevoli.
Al riguardo il suddetto Ccnl effettua una distinzione a seconda del settore di appartenenza delle aziende. Prima di passare alla menzione di ciascuna indennità, occorre specificare che, secondo quanto previsto dall’art. 51 del Tuir, anche le indennità di disagio sono considerate interamente imponibili ai fini Irpef e contributivi, secondo il principio di onnicomprensività della retribuzione.
Per i lavoratori all’interno di celle frigorifere, attività svolta prevalentemente, in considerazione delle temperature particolarmente basse e delle condizioni di lavoro, è riconosciuta una indennità fino al 12% della paga globale di fatto.
_______
UNI EN ISO 15743:2008
Ergonomia dell ambiente termico - Posti di lavoro al freddo - Valutazione e gestione del rischio
La presente norma è la versione ufficiale in lingua inglese della norma europea EN ISO 15743 (edizione luglio 2008). La norma fornisce una strategia ed uno strumento pratico per valutare e gestire il rischio nei posti di lavoro al freddo e comprende: - modelli e metodi per la valutazione e la gestione del rischio al freddo, - un elenco di controlli per identificare i problemi legati al lavoro al freddo, - un modello, un metodo ed un questionario utilizzabili dai medici del lavoro per identificare coloro che presentano sintomi tali da aumentare la sensibilità al freddo e, col supporto di tale identificazione, offrire la guida e le istruzioni per la protezione individuale contro il freddo, - linee guida sull'applicazione delle norme sugli ambienti termici e altri metodi scientifici validati per la valutazione dei rischi legati al freddo, e - un esempio pratico per il lavoro al freddo. La norma supporta la salute e la sicurezza sul lavoro. è applicabile alle situazioni di lavoro sia all'interno che all'esterno (il lavoro all interno comprende quello svolto all'interno dei veicoli, il lavoro esterno quello sotto la superficie terrestre ed in mare), ma non è applicabile alle immersioni o ad altri tipi di lavoro svolti in acqua.
DIN 33403-5:1997-01 Climate at the workplace and its environments - Part 5: Ergonomic design of cold workplaces
BS 7915:1998 Ergonomics of the thermal environment. Guide to design and evaluation of working practices for cold indoor environments ... segue in allegato
Prevenzione Incendi: Sistemi a riduzione di ossigeno ISO 20338 (ORS - Oxygen Reduction Systems)
ID 9368 | 26.10.2019 | Documento completo in allegato (traduzione interna IT non ufficiale)
Documento Estratto e rielaborato graficamente dalla 1a Edizione della norma ISO 20338:2019 (Preview) che tratta la progettazione, installazione, pianificazione e manutenzione dei sistemi di riduzione dell'ossigeno per la prevenzione degli incendi. Vedi anche la norma del CENUNI EN 16750:2017.
Attenzione traduzione IT non ufficiale. Fare riferimento a:ISO 20338:2019
Pubblicata la 1a Edizione della norma ISO 20338:2019 che tratta la progettazione, installazione, pianificazione e manutenzione dei sistemi di riduzione dell'ossigeno per la prevenzione degli incendi.
La ISO 20338:2019 e la UNI EN 16750:2017 sono due norme con contenuto per la maggior parte identico nonostante un’esposizione diversa in alcuni capitoli. La struttura delle due norme può essere facilmente messa a confronto tramite l’indice che differisce solo per quanto riguarda l’Allegato B e l’Allegato C presenti nella UNI EN 16750:2017.
Tabella 1 - Indici a confronto
Come emerge dal confronto tra gli indici, la principale differenza è costituita dall’Allegato B che viene richiamato per la prima volta nella Tabella 2 della UNI EN 16750:2017.
Tabella 2 UNI EN 16750:2017 - Esempio per il calcolo della concentrazione di ossigeno
L’allegato B della norma si rivolge ai Datori di Lavoro ed agli operatori addetti ai sistemi ad ossigeno ridotto per la prevenzione incendi. Lo scopo dell’allegato è la descrizione dei sistemi ad ossigeno ridotto in modo da definire le misure preventive e protettive ai fini di tutelare la sicurezza e la salute sui luoghi di lavoro.
L’Allegato B, in sintesi, definisce delle specifiche classi di rischio per ognuna della quali vengono indicate le misure di sicurezza da attuare.
Tabella B.1 Classi di rischio
Tabella B.2 Classificazione del rischio di esposizione ad atmosfere ad ossigeno ridotto e misure di prevenzione
Excursus
Questo documento specifica i requisiti minimi e definisce le specifiche che regolano la progettazione, l'installazione e la manutenzione di sistemi fissi di riduzione dell'ossigeno con aria a ossigeno ridotto per la prevenzione degli incendi negli edifici e negli impianti di produzione industriale.
Le applicazioni più diffuse per i Sistemi a riduzione di ossigeno sono legati al fatto che sono evitati danni causati da principi di incendio ai beni, es:
- magazzini automatici; - data center e altri locali a grosso pericolo di rischi elettrici; - musei: - archivi e librerie storiche.
[box-info]Oxygen Reduction Systems (ORS)
L'azoto è oggi il gas più adatto per la riduzione dell'ossigeno. Per altri gas, questo documento può essere utilizzato come riferimento. Questo documento non si applica a:
- sistemi di riduzione dell'ossigeno che utilizzano nebbia d'acqua o gas di combustione; - sistemi di soppressione delle esplosioni; - sistemi di prevenzione delle esplosioni, nel caso di sostanze chimiche o materiali contenenti il proprio apporto di ossigeno, come nitrato di cellulosa; - sistemi di estinzione incendi con agenti estinguenti gassosi; - inertizzazione di contenitori portatili; - sistemi in cui i livelli di ossigeno sono ridotti per ragioni diverse dalla prevenzione degli incendi (ad es. lavorazione dell'acciaio in presenza di gas inerte per evitare la formazione di film di ossido); - inertizzazione richiesta durante i lavori di riparazione su sistemi o apparecchiature (ad es. Saldatura) al fine di eliminare il rischio di incendio o esplosione.
Oltre alle condizioni per l'attuale sistema di riduzione dell'ossigeno e dei suoi singoli componenti, questo documento copre anche alcune specifiche strutturali per l'area protetta.
Lo spazio protetto da un sistema di riduzione dell'ossigeno è a clima interno controllato e continuamente monitorato per un'occupazione prolungata.
Questo documento non copre spazi confinati non ventilati che possono contenere gas pericolosi.[/box-info]
...
4 Requisiti di sistema
4.1 Generalità
Un sistema di riduzione dell'ossigeno deve comprendere almeno:
a) una fornitura di ossigeno ridotto di aria; b) un sistema di tubazioni fisso con raccordi, valvole, ugelli, uscite; c) sensori di ossigeno e pannello di controllo; d) allarmi.
Figura 0 - Esempio schema con componenti base di un Oxygen Reduction Systems (ORS)
[box-info]Modalità di riduzione dell’ossigeno
L'aria a ossigeno ridotto viene prodotta mediante separazione dell'aria o iniettando gas inerte o miscela di gas nell'area protetta.
La concentrazione di ossigeno nell'area protetta deve essere monitorata mediante strumenti di misurazione. Durante il funzionamento, la fornitura di aria arricchita di azoto deve essere controllata automaticamente in base alla domanda. Se necessario, a seguito di un'analisi dei rischi, devono essere previsti mezzi aggiuntivi per gestire la fornitura manualmente o una fornitura aggiuntiva gestita manualmente o automaticamente.
Il sistema di riduzione dell'ossigeno può essere equipaggiato con apparecchiature automatiche progettate per spegnere macchinari e chiudere porte tagliafuoco e altre apparecchiature, con l'obiettivo di creare e mantenere la concentrazione di ossigeno richiesta.
Il livello di riduzione dell'ossigeno è definito dai singoli rischi di queste aree (vedi Allegato A).
I singoli componenti devono essere conformi alle norme tecniche pertinenti, se esistenti.
In alternativa, per i sistemi elettrici / elettronici / programmabili relativi alla sicurezza elettronica, utilizzare IEC 61508 (tutte le parti).[/box-info]
...
5 Progettazione
5.1 Qualificazione del progettista
Il progettista deve essere tecnicamente qualificato per garantire una protezione efficace.
5.2 Concetto di protezione antincendio
La progettazione del sistema deve far parte del concetto di sicurezza antincendio dell'edificio.
Come parte della progettazione del sistema, una valutazione del rischio di incendio può portare a ulteriori misure di protezione antincendio. ... [box-warning]Sistemi di rilevazione del fumo
Poiché il sistema di riduzione dell'ossigeno non è in grado di prevenire o rilevare processi di combustione o pirolizzazione (ad es. cavi surriscaldati), sono installabili adeguati sistemi di rilevazione del fumo per il volume protetto (ad es. sistemi di rilevazione del fumo altamente sensibili secondo ISO 7240-20 classe A) come parte del principale sistema di allarme antincendio della struttura.[/box-warning]
Laddove circostanze particolari si discostano da quanto trattato in questo documento (ad es. configurazione spaziale, struttura, installazioni, materiali combustibili, altitudine diversa dal livello del mare, temperatura diversa dalla normale, fumi o gas, che richiedono misure speciali), il progettista deve tenerne conto.
5.5 Riduzione dell'ossigeno per prevenire il fuoco
[box-warning]Concentrazione O2 < Concentrazione di progetto
L'accensione può essere prevenuta nelle aree protette solo se la concentrazione di ossigeno nell'area protetta non supera la concentrazione di progetto. Se questo livello viene superato, l'obiettivo di protezione della "prevenzione incendi" non può più essere garantito.
Se nell'area protetta sono presenti materiali combustibili diversi, la soglia di accensione più bassa (ovvero il materiale più infiammabile nella sua geometria più infiammabile) deve essere presa come base per determinare la concentrazione di progetto. In singoli casi, è possibile eseguire ulteriori test per stabilire soglie di accensione per materiali combustibili nelle forme e geometrie in cui i materiali sono effettivamente presenti.[/box-warning]
...
5.6 Margini di sicurezza
Il margine di sicurezza per i sistemi di riduzione dell'ossigeno deve essere fissato allo 0,75% di ossigeno in volume. ...
Figura 1 - Diagramma di controllo per la riduzione dell'ossigeno
Legenda
X tempo Y Concentrazione di O2
1 valori di progettazione 2 soglia di accensione a Margine di sicurezza b Tolleranza del sensore di ossigeno 3 concentrazione massima di O2 c Intervallo operativo di progettazione 4 concentrazione minima di O2 d Tolleranza del sensore di ossigeno e Correzione dell'altitudine 5 valore per la gestione del rischio 6 livelli di allarme e avviso 7 Avviso max O2 8 Pre-allarme O2 max (vedi NOTA 1) f Alimentazione aria ridotta ossigeno ON g Alimentazione aria ridotta ossigeno OFF 9 Pre-allarme O2 min (vedi NOTA 1) 10 O2 min allarme ...
5.7.2 Piano di emergenza
Deve essere formulato un piano di emergenza che descriva lo stato di avanzamento della concentrazione di ossigeno in caso di mancanza dell'aria ridotta di ossigeno. Se esiste il rischio che dopo l'attivazione degli allarmi di O2 max venga raggiunta la concentrazione di progetto e che non sia possibile escludere una situazione di pericolo nell'area protetta, devono essere prese misure di emergenza. Le misure di emergenza possono essere misure tecniche o organizzative.
Il piano di emergenza deve essere discusso con tutti i responsabili della protezione antincendio e, ove applicabile, con il personale addetto alla sicurezza. ...
7 Monitoraggio della concentrazione di ossigeno
In un sistema di riduzione dell'ossigeno, il processo di monitoraggio viene eseguito misurando direttamente la concentrazione di ossigeno. La misurazione deve essere sempre effettuata da almeno tre sensori di ossigeno indipendenti per volume protetto (cfr. Tabella 3) e almeno un sensore di ossigeno per zona di misurazione. ...
Figura 2 - Monitoraggio della concentrazione di ossigeno: Zone e sensori
8 Allarmi e notifiche
Quando vengono raggiunte le soglie di allarme o di avviso (vedere 5.6), devono essere emesse notifiche in base al piano di emergenza e introdotte funzioni di protezione automatica o misure organizzative. ...
I segnali che indicano l'atmosfera a ridotto contenuto di ossigeno devono essere posizionati in tutti gli ingressi (vedere le figure 3 e 4).
Figura 3 - Esempio di segnale combinato (ISO 7010-W001 "Segnale di avvertimento generale", ISO 7010-W041 "Avvertenza; Atmosfera asfissiante" e un segno di testo supplementare) all'ingresso di un'area a ridotto contenuto di ossigeno
Figura 4 - Esempio di segnale combinato (ISO 7010-P001 "Segnale di divieto generale", ISO 7010-W041 "Avvertenza; atmosfera asfissiante" e un segno di testo supplementare) in corrispondenza di un ingresso in un'area a ridotto contenuto di ossigeno in caso di allarme ...
Allegato A
Soglie di accensione per la riduzione dell'ossigeno mediante aria arricchita di azoto nella prevenzione degli incendi
A.1 Soglie di accensione
Tabella A.1 - Soglie di accensione ... segue in allegato
ID 14030 | 16.07.2021 / Vademecum completo in allegato
Documento illustrativo sui DPI protettori dell’udito, indicandone, con il supporto di immagini e schemi, la corretta selezione, l'uso e la cura di tali dispositivi, nonché gli strumenti per valutare il livello di esposizione al rumore quando si utilizza un determinato protettore dell'udito.
In allegato inoltre, è fornita una lista di controllo DPI protettori dell'udito in formato .doc compilabile.
Il documento risulta essere così strutturato: [panel]Premessa 1. Normativa 2. Classificazione protettori dell’udito 3. Selezione 3.1.1 Requisito di attenuazione sonora 3.1.2 Rischio iperprotezione 3.1.3 Metodo di selezione acustica 3.2 Suoni informativi 3.3 Calcolo efficienza dispositivi auricolari di protezione 3.4 Comunicazione 3.5 Compatibilità con altri DPI 4. Utilizzo 4.1 Corretto adattamento 4.2 Utilizzo simultaneo dei protettori dell'udito con altri DPI 4.3 Intelligibilità verbale e udibilità del segnale 5. Istruzione e formazione 6. Marcatura e nota informativa 7. Cura e manutenzione 8. Lista di controllo[/panel]
Il rumore rappresenta uno dei principali fattori di rischio per la salute dei lavoratori, sia per la diffusione che per la gravità dei danni correlati. Il rumore è un suono percepito come sgradevole e fastidioso. Il suono è un’onda invisibile all’occhio umano creata dalla vibrazione dell’aria.
Il suono si definisce “acuto” quando le onde sono più vicine, si definisce “grave” quando le onde sono più distanti. La maggior vicinanza o distanza delle onde viene definita “frequenza” e si misura in Hertz (Hz). L’intensità del suono si misura con un fonometro e viene espressa in decibel (dB). Poiché la sensibilità dell’udito cambia al variare della frequenza (tonalità), sono applicati filtri di ponderazione specifici. La ponderazione di frequenza più usata è la A, i cui risultati, definiti con dBA, sono molto vicini alla risposta data dall’orecchio umano.
All’interno dei luoghi di lavoro va misurata l’intensità del rumore per determinare i valori di esposizione e di conseguenza determinare se e quali dispositivi di protezione individuali (DPI) dell’udito vanno utilizzati.
L’art. 189 del D.lgs. 81/08 elenca i valori di esposizione giornaliera al rumore e alla pressione acustica di picco che sono:
[alert]- valori limite di esposizione: livello di esposizione giornaliera = 87 dB (frequenza A), pressione acustica di picco = 140 decibel (frequenza C). - valori superiori di azione: livello esposizione giornaliera = 85 dB (frequenza A), pressione acustica di picco = 137 decibel (frequenza C). - valori inferiori di azione: livello esposizione giornaliera = 80 dB (frequenza A), pressione acustica di picco = 135 decibel (frequenza C).[/alert]
Qualora le misure di prevenzione e protezione (come adottare macchinari, attrezzature o metodologie di lavoro che espongano meno al rumore) non consentano di eliminare totalmente i rischi per la salute delle orecchie, l’art. 193 del D.lgs. 81/08 introduce l’uso di appositi DPI che eliminino o riducano al minimo il rischio per l’udito.
Il “danno” (ipoacusia accompagnata spesso da fischi e ronzii) non si manifesta immediatamente ma nel tempo, in modo progressivo e irreversibile. I dispositivi di protezione individuali (DPI) dell’udito, o protettori auricolari devono essere utilizzati come ultima risorsa dopo aver esaurito ogni altra iniziativa di tipo tecnico, organizzativo e procedurale per la riduzione dell’esposizione del lavoratore al rumore. Nei luoghi di lavoro, l’identificazione delle aree di rumore, la valutazione dell’esposizione personale al rumore e la riduzione del rumore, devono richiedere attenzione prioritaria.
Diagramma 1 - Valutazione rischio rumore
È grazie alle loro proprietà di attenuazione che questi DPI riducono gli effetti del rumore sull’udito, cioè il “danno uditivo”. Per l’udito, oltre al fattore di rischio rumore, si evidenzia l’esistenza del fattore di rischio “ototossicità”, azione lesiva molto selettiva sull’apparato uditivo, in particolare sul nervo acustico, con alterazione dell’udito e dell’equilibrio.
Le sostanze ototossiche possono interagire quando utilizzate simultaneamente e il danno complessivo può essere maggiore di quello che deriverebbe dalle due singole sostanze (effetto sinergico).
I solventi hanno azione neurotossica (cioè azione tossica sul tessuto nervoso) sul Sistema Nervoso Centrale (SNC) e sul Sistema Nervoso Periferico (SNP). Elenco di sostanze utilizzate segnalate come ototossiche:
I protettori dell'udito sono generalmente disponibili in due forme principali: cuffie e inserti auricolari.
Entrambe le forme sono disponibili con caratteristiche e funzioni aggiuntive.
Entrambe presentano vantaggi e svantaggi in termini di attenuazione, comfort, facilità d'uso, mezzi di comunicazione e costo.
Nei programmi di conservazione dell’udito, sono identificate le aree di rumore pericolose ed è valutata l’esposizione personale al rumore. Prima di considerare un adeguato protettore dell'udito, si dovrebbe dare priorità alla riduzione del rumore alla sorgente e/o alla riduzione del tempo di esposizione.
Se si rileva necessario o consigliabile l'utilizzo di un protettore dell'udito, la scelta dei dispositivi ottimali è un compito complesso. L'aspetto più importante è che il protettore fornisca una sufficiente attenuazione.
Spesso è auspicabile mantenere la capacità di sentire messaggi verbali e i segnali di avvertimento. Per ottenere ciò, il protettore dell'udito non dovrebbe fornire iperprotezione.
Attenzione particolare a questo fattore è richiesta a livelli moderati di rumore. I protettori dell'udito sono forniti con dati di attenuazione in vari formati. L'attenuazione è espressa in decibel ed è stata ricavata da prove di laboratorio. È importante notare che questi dati sono stati ottenuti in condizioni controllate di laboratorio utilizzando soggetti di prova addestrati. Nelle condizioni reali di lavoro, l'attenuazione ottenuta dall'utilizzatore può essere minore di quella generata dalle prove di laboratorio.
La prestazione dei protettori dell'udito è soggetta a variabilità naturale in funzione degli utilizzatori. Il corretto adattamento, l'addestramento, l'ispezione regolare e la motivazione dell'utilizzatore sono importanti per ottenere la protezione desiderata.
Per la variabilità naturale, non è possibile calcolare l'esatta attenuazione che un certo protettore dell'udito offre per un individuo. Se è richiesta una previsione più precisa, è possibile eseguire qualche forma di controllo individuale dell'attenuazione. Nel caso di esposizioni a livelli elevati di rumore è consigliabile richiedere la consulenza di esperti. In alcuni casi può essere richiesta protezione doppia, cioè uso di una combinazione di cuffie e inserti auricolari.
Affinchè i protettori dell'udito siano efficaci dovrebbero essere utilizzati in ogni momento in cui l'utilizzatore è in un ambiente di rumore potenzialmente pericoloso.
Quando si selezionano protettori dell'udito, si dovrebbe prestare attenzione a fattori che influenzano il comfort e la preferenza dell'utilizzatore.
Normativa
Con l'entrata in vigore del D.Lgs. 81/2008, le disposizioni inerenti i DPI oltre a quelle generali (....) sono previste al Titolo III USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO E DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE, CAPO II - Uso dei dispositivi di protezione individuale (Art. 74÷79 e 87) ed i Criteri per l’individuazione e l’uso dei dispositivi di protezione individuale (DPI) sono rimandati ad apposito decreto secondo quanto previsto dall'Art. 79 comma 2, non ancora emanato, ma nelle cui more di adozione restano ferme le disposizioni di cui al D.M. 2 maggio 2001
1. Il contenuto dell'allegato VIII, costituisce elemento di riferimento per l'applicazione di quanto previsto all'articolo 77, commi 1 e 4. 2. Con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6, tenendo conto della natura, dell'attività e dei fattori specifici di rischio sono indicati: a) i criteri per l'individuazione e l'uso dei DPI; b) le circostanze e le situazioni in cui, ferme restando le priorità delle misure di protezione collettiva, si rende necessario l'impiego dei DPI. 2-bis. Fino alla adozione del decreto di cui al comma 2 restano ferme le disposizioni di cui al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale in data 2 maggio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 126 del 1 ° giugno 2001. [/panel]
Nel D.M. 2 maggio 2001 all'Art. 3, è previsto aggiornamento degli allegati del decreto in relazione al progresso tecnologico.
[panel]D.M. 2 maggio 2001 ...
Art. 3
1. Con successivi decreti del Ministero del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e l'igiene del lavoro, si provvederà all'indicazione dei criteri per l'individuazione e l'uso di altre tipologie di DPI nonché all'aggiornamento degli allegati del presente decreto in relazione al progresso tecnologico.[/panel]
La norma EN 458 è riportata nell’elenco presente nel D.M. 2 maggio 2001 "Criteri per l’individuazione e l’uso dei dispositivi di protezione individuale (DPI)", emanato nel 2001 in accordo con quanto previsto dall'articolo 45, comma 2, lettera a) del decreto legislativo n. 626 del 19 settembre 1994. Il decreto stabilisce i criteri per l'individuazione e l'uso dei dispositivi di protezione individuale (DPI), tenendo conto della natura, dell'attività e dei fattori specifici di rischio.
Le norme riportate nel D.M. 2 maggio 2001 costituiscono il riferimento di buona tecnica.
1. Il presente capo determina i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti dall'esposizione al rumore durante il lavoro e in particolare per l'udito.
1. I valori limite di esposizione e i valori di azione, in relazione al livello di esposizione giornaliera al rumore e alla pressione acustica di picco, sono fissati a: a) valori limite di esposizione rispettivamente LEX = 87 dB(A) e ppeak = 200 Pa (140 dB(C) riferito a 20 \muPa); b) valori superiori di azione: rispettivamente LEX = 85 dB(A) e ppeak = 140 Pa (137 dB(C) riferito a 20 \muPa); c) valori inferiori di azione: rispettivamente LEX = 80 dB(A) e ppeak = 112 Pa (135 dB(C) riferito a 20 \muPa). 2. Laddove a causa delle caratteristiche intrinseche della attività lavorativa l'esposizione giornaliera al rumore varia significativamente, da una giornata di lavoro all'altra, è possibile sostituire, ai fini dell'applicazione dei valori limite di esposizione e dei valori di azione, il livello di esposizione giornaliera al rumore con il livello di esposizione settimanale a condizione che: a) il livello di esposizione settimanale al rumore, come dimostrato da un controllo idoneo, non ecceda il valore limite di esposizione di 87 dB(A); b) siano adottate le adeguate misure per ridurre al minimo i rischi associati a tali attività. 3. Nel caso di variabilità del livello di esposizione settimanale va considerato il livello settimanale massimo ricorrente.
1. In ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 18, comma 1, lettera c), il datore di lavoro, nei casi in cui i rischi derivanti dal rumore non possono essere evitati con le misure di prevenzione e protezione di cui all'articolo 192, fornisce i dispositivi di protezione individuali per l'udito conformi alle disposizioni contenute nel titolo III, capo II, e alle seguenti condizioni:
a) nel caso in cui l'esposizione al rumore superi i valori inferiori di azione il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori dispositivi di protezione individuale dell'udito; b) nel caso in cui l'esposizione al rumore sia pari o al di sopra dei valori superiori di azione esige che i lavoratori utilizzino i dispositivi di protezione individuale dell'udito; c) sceglie dispositivi di protezione individuale dell'udito che consentono di eliminare il rischio per l'udito o di ridurlo al minimo, previa consultazione dei lavoratori o dei loro rappresentanti; d) verifica l'efficacia dei dispositivi di protezione individuale dell'udito.
2. Il datore di lavoro tiene conto dell'attenuazione prodotta dai dispositivi di protezione individuale dell'udito indossati dal lavoratore solo ai fini di valutare l'efficienza dei DPI uditivi e il rispetto del valore limite di esposizione. I mezzi individuali di protezione dell'udito sono considerati adeguati ai fini delle presenti norme se, correttamente usati, e comunque rispettano le prestazioni richieste dalle normative tecniche.
Regolamento (UE) 2016/425 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016 sui dispositivi di protezione individuale e che abroga la direttiva 89/686/CEE del Consiglio (GU L 81/51 del 31 Marzo 2016) … Capo III Conformità del DPI ...
Allegato I Categorie di rischio dei DPI
Il presente allegato definisce le categorie di rischio da cui i DPI sono destinati a proteggere gli utilizzatori.
Categoria I
La categoria I comprende esclusivamente i seguenti rischi minimi:
a) lesioni meccaniche superficiali; b) contatto con prodotti per la pulizia poco aggressivi o contatto prolungato con l'acqua; c) contatto con superfici calde che non superino i 50 °C; d) lesioni oculari dovute all'esposizione alla luce del sole (diverse dalle lesioni dovute all'osservazione del sole); e) condizioni atmosferiche di natura non estrema.
Categoria II
La categoria II comprende i rischi diversi da quelli elencati nelle categorie I e III.
Categoria III
La categoria III comprende esclusivamente i rischi che possono causare conseguenze molto gravi quali morte o danni alla salute irreversibili con riguardo a quanto segue:
a) sostanze e miscele pericolose per la salute; b) atmosfere con carenza di ossigeno; c) agenti biologici nocivi; d) radiazioni ionizzanti; e) ambienti ad alta temperatura aventi effetti comparabili a quelli di una temperatura dell'aria di almeno 100 °C; f) ambienti a bassa temperatura aventi effetti comparabili a quelli di una temperatura dell'aria di - 50 °C o inferiore; g) cadute dall'alto; h) scosse elettriche e lavoro sotto tensione; i) annegamento; j) tagli da seghe a catena portatili; k) getti ad alta pressione; l) ferite da proiettile o da coltello; m) rumore nocivo[/panel]
ALLEGATO VIII D.Lgs. 81/2008 Indicazioni di carattere generale relative a protezioni particolari
[…]
2. Elenco indicativo e non esauriente delle attrezzature di protezione individuale
Dispositivi di protezione dell’udito
- Palline e tappi per le orecchie. - Caschi (comprendenti l’apparato auricolare). - Cuscinetti adattabili ai caschi di protezione per l’industria. - Cuffie con attacco per ricezione a bassa frequenza. - Dispositivi di protezione contro il rumore con apparecchiature di intercomunicazione.
3. Elenco indicativo e non esauriente delle attività e dei settori di attività per i quali può rendersi necessario mettere a disposizione attrezzature di protezione individuale
Otoprotettori
- Lavori nelle vicinanze di presse per metalli. - Lavori che implicano l’uso di utensili pneumatici. - Attività del personale a terra negli aeroporti. - Battitura di pali e costipazione del terreno. - Lavori nel legname e nei tessili.
4. Indicazioni non esaurienti per la valutazione dei dispositivi di protezione individuale
[...omissis]
Norme tecniche
[panel]- EN 352-1, Protezioni per l'udito - Requisiti generali - Parte 1: Cuffie - EN 352-2, Protezioni per l'udito - Requisiti generali - Parte 2: Inserti - EN 352-3, Protezioni per l'udito - Requisiti generali - Parte 3: Cuffie montate su dispositivi di protezione della testa e/o del viso - EN 352-4, Protezioni per l'udito - Requisiti di sicurezza - Parte 4: Cuffie con risposta in funzione del livello sonoro - EN 352-5, Protezioni per l'udito - Requisiti di sicurezza - Parte 5: Cuffie con controllo attivo della riduzione del rumore - EN 352-6, Protezioni per l'udito - Requisiti di sicurezza - Parte 6: Cuffie con comunicazione audio legata alla sicurezza - EN 352-7, Protezioni per l'udito - Requisiti di sicurezza - Parte 7: Inserti con attenuazione in funzione del livello sonoro - EN 352-8, Protezioni per l'udito - Requisiti di sicurezza - Parte 8: Cuffie con possibilità di ascolto audio non legato al lavoro - EN 352-9, Protezioni per l'udito - Requisiti di sicurezza - Parte 9: Inserti con comunicazione audio legata alla sicurezza - EN 352-10, Protezioni per l'udito - Requisiti di sicurezza - Parte 10: Inserti con possibilità di ascolto audio non legato al lavoro
Metodi di prova
- EN 13819-1, Protezioni per l'udito - Prove - Parte 1: Metodi di prova fisica (2021) - EN 13819-2, Protezioni per l'udito - Prove - Parte 2: Metodi di prova acustica (2021) - EN 13819-3, Protezioni per l'udito - Prove - Parte 3: Metodi di prova acustica supplementari (2020)[/panel]
Le cuffie sono costituite da conchiglie che coprono le orecchie e creano un contatto ermetico con la testa per mezzo di cuscinetti morbidi, solitamente riempiti con liquido e/o espanso.
Le conchiglie sono solitamente rivestite con materiale fonoassorbente.
Esse sono collegate da una fascia di tensione (archetto di sostegno), solitamente di metallo e/o plastica.
Quando la cuffia è indossata dietro alla testa o sotto il mento, spesso è montata una cinghia di sostegno flessibile su ciascuna conchiglia o sull'archetto di sostegno in prossimità delle conchiglie, per sostenere la cuffia. Alcune cuffie hanno una conchiglia destinata solo all'orecchio sinistro e un'altra conchiglia destinata solo all'orecchio destro.
Le cuffie possono essere disponibili in una gamma di taglie "media", "piccola" e "grande".
Le cuffie di “taglia media” si adattano alla maggior parte degli utilizzatori. Le cuffie di “taglia piccola” o di “taglia grande” sono progettate per adattarsi agli utilizzatori per i quali non sono adatte le cuffie di “taglia media".
Le cuffie sono disponibili con archetti di sostegno che passano sopra alla testa, dietro alla nuca, sotto il mento e universali. Le cuffie con archetto di sostegno dietro alla nuca e sotto il mento consentono di indossare contemporaneamente un elmetto di sicurezza.
Gli archetti universali possono essere indossati sulla testa, dietro alla nuca o sotto il mento. Gli archetti universali, gli archetti di sostegno dietro alla nuca e sotto il mento possono essere integrati da cinghie di sostegno che assicurino un adattamento affidabile alla cuffia. I requisiti per le cuffie sono specificati nella EN 352-1.
Cuffie montate su elmetto
Le cuffie montate su elmetto consistono in conchiglie singole collegate a bracci che sono fissati ad un elmetto industriale di sicurezza o ad altra attrezzatura che possa servire come fissaggio del protettore dell'udito. I bracci sono regolabili in modo che le conchiglie possano essere posizionate sulle orecchie.
I requisiti per le cuffie montate su elmetto sono specificati nella EN 352-3.
Inserti auricolari
Gli inserti auricolari sono progettati per essere inseriti nel condotto uditivo oppure per coprire l’entrata del condotto uditivo. Talvolta sono provvisti di un cordino o di un archetto di interconnessione o di presa. Gli inserti auricolari possono essere monouso (destinati ad essere utilizzati una sola volta) oppure riutilizzabili (destinati ad essere utilizzati più volte). I requisiti per gli inserti auricolari sono specificati nella EN 352-2.
Inserti auricolari preformati
Gli inserti auricolari preformati possono essere facilmente inseriti nel condotto uditivo senza essere precedentemente modellati. Gli inserti auricolari preformati sono disponibili in una varietà di materiali. Possono essere disponibili in più taglie.
Inserti auricolari modellabili dall'utilizzatore
Gli inserti auricolari modellabili dall’utilizzatore sono fabbricati di materiali comprimibili che l’utilizzatore modella prima di inserirli nel condotto uditivo. Dopo l’inserimento, questi inserti auricolari sono progettati per espandersi e formare una chiusura ermetica nel condotto uditivo.
Inserti auricolari con archetto
Sono inserti auricolari preformati collegati ad un archetto che li preme nel condotto uditivo o contro l’entrata del condotto uditivo. Alcuni sono destinati ad essere utilizzati in più di una posizione, per esempio con l'archetto sotto il mento.
Inserti auricolari modellati personalizzati
Gli inserti auricolari modellati personalizzati sono modellati singolarmente per adattarsi alla forma dei condotti uditivi dell’utilizzatore. Possono essere forniti con vari filtri per offrire una gamma di attenuazione.
[...]
Selezione secondo l'attenuazione sonora
I protettori dell'udito dovrebbero essere scelti secondo l'attenuazione sonora da essi fornita.
Nota È generalmente riconosciuto che il rischio di danni all’udito associati all'esposizione al rumore occupazionale è basso dove il livello di esposizione al rumore giornaliero (LEX,8h) è minore di 80 dB, e insignificante dove LEX,8h è minore di 75 dB.
Regolamenti nazionali o altre linee guida possono prevedere criteri di selezione per i protettori dell’udito individuali e porre limiti all'esposizione al suono. Tali criteri e limiti pertinenti dovrebbero essere presi in considerazione nel decidere quale livello di attenuazione sonora è richiesto.
[box-warning]In generale, è considerato idoneo un protettore dell'udito che fornisce un livello sonoro effettivo all'orecchio (L'p,A,eq) compreso tra 70 dB e 80 dB.[/box-warning]
Requisito di attenuazione sonora
È auspicabile che un protettore auricolare riduca il livello del rumore all’orecchio del portatore al di sotto del livello di azione, i cui valori sono esplicitati nelle “Informazioni” destinate al Portatore. Tali valori sono ottenuti in condizioni “ideali”, e pertanto vanno corretti. Si ricorda, infatti, le prestazioni ottenute dai protettori auricolari in “condizioni reali” possono essere minori di quelle ottenute nel laboratorio di prova a causa di un adattamento non corretto o perché il soggetto ha i capelli lunghi oppure perché indossa occhiali o altri indumenti di protezione. Questa riduzione dell’attenuazione in “condizioni reali” varia da prodotto a prodotto e può essere ridotta al minimo con un adattamento corretto.
Si deve tener conto anche della necessità di evitare l’isolamento del portatore che aumenta la difficoltà nella percezione dei suoni (effetto di iperprotezione), causando quindi difficoltà di comunicazione. Questo porterebbe ad una diminuzione del tempo d’uso del dispositivo.
I procedimenti raccomandati per valutare il livello di rumore effettivo ponderato a livello dell’orecchio quando si indossano protettori auricolari in un ambiente con un dato rumore, sono “Metodi di valutazione dell’attenuazione sonora di un protettore auricolare relativa a un livello di pressione acustica continua equivalente ponderata A” e “Metodi di valutazione dell’attenuazione sonora di un protettore auricolare rispetto al livello di pressione acustica di picco” -Metodo pratico per il calcolo di L’peak. Si può, quindi calcolare l’esposizione quotidiana equivalente, tenendo conto dell’associazione di ambiente rumoroso e tempo di esposizione durante la giornata.
Diagramma 2 – Selezione del protettore auricolare
Rischio iperprotezione
[box-info]Definizione iperprotezione: Selezione e uso di un protettore dell'udito con un'attenuazione troppo elevata che può provocare un senso di isolamento e difficoltà nella percezione dei suoni.[/box-info]
Se il protettore dell'udito selezionato fornisce un'eccessiva attenuazione, gli utilizzatori sono soggetti al rischio di non riconoscere i segnali di avvertimento e di non comprendere le comunicazioni essenziali.
Gli utilizzatori possono anche sentirsi isolati dall'ambiente di lavoro. La percezione dell'isolamento aumenta man mano che diminuisce il livello sonoro effettivo all'orecchio.
I lavoratori possono essere esposti a diversi ambienti di rumore durante la giornata lavorativa. Può essere possibile selezionare un singolo protettore dell'udito adeguato a tutte le situazioni prevedibili oppure può essere necessario selezionare più di un tipo di protettore dell'udito.
Esempio 1:
La sola esposizione significativa al rumore di un lavoratore è un Lp,A,eq di 98 dB, per un totale di 30 min al giorno. Il suo LEX,8h è 86 dB. Il datore di lavoro desidera ridurre al minimo il rischio per l'udito del lavoratore e pertanto ambisce a fornire un protettore dell'udito che fornisca un livello di pressione sonora effettiva all'orecchio minore di 80 dB, idealmente tra 75 dB e 70 dB.
Il datore di lavoro seleziona un protettore che fornisca un'attenuazione sonora di 26 dB.
Immagine 2 – Scelta DPI udito
L'attenuazione consentita da un protettore dell'udito utilizzato in condizioni di lavoro normali può differire da quella indicata sull’imballaggio del dispositivo o nelle informazioni per l'utilizzatore.
Ciò può essere dovuto a fattori che includono la selezione e l'uso non corretti, l'uso improprio e una scarsa manutenzione. Per le osservazioni sul miglioramento delle prestazioni sul campo.
Queste differenze possono essere superate mediante informazioni appropriate, istruzioni e formazione nell'utilizzo del prodotto. Sono disponibili strumenti per eseguire prove individuali al fine di verificare il corretto adattamento.
Alcuni Paesi hanno pubblicato guide specifiche sulla correzione dei dati pubblicati nel tentativo di risolvere il problema dell'attenuazione nella pratica. Per ulteriori informazioni fare riferimento alla guida nazionale.
Metodo di selezione acustica
Metodi per valutare l'attenuazione sonora di un protettore dell'udito passivo per l'esposizione al rumore continuo
Quando si seleziona un adeguato protettore dell'udito, si dovrebbe tener conto delle caratteristiche del rumore e dei dati di attenuazione dei protettori dell'udito potenzialmente idonei.
L'attenuazione della maggior parte dei protettori dell'udito varia con la frequenza.
Per determinare se un protettore dell'udito è idoneo (dal punto di vista acustico) è necessario stimare il livello di pressione sonora effettivo all'orecchio quando è utilizzato il protettore dell'udito.
Esistono quattro metodi per valutare il livello di pressione sonora effettivo all'orecchio. Essi sono:
[alert]- Metodo per banda d’ottava; - Metodo HML; - Metodo di controllo HML; - Metodo SNR.[/alert]
....
Suoni informativi
In molti luoghi di lavoro è importante che i suoni siano sentiti chiaramente e distintamente.
Tali suoni possono essere comunicazioni verbali, segnali di avvertimento, suono di macchine o musica. Si noti che l'uso della protezione doppia dell'udito può compromettere il riconoscimento del suono informativo più della protezione singola dell'udito.
Segnali di avvertimento
Quando il riconoscimento di suoni come segnali di avvertimento è critico, sono preferibili i protettori dell’udito passivi con risposta a frequenza piatta. In caso di rumore non continuo, dovrebbero essere presi in considerazione i protettori dell'udito con attenuazione in funzione del livello sonoro. L'uso di protettori dell'udito dotati di audio di intrattenimento può non essere idoneo se ci sono rischi associati alla mancata udibilità dei suoni che necessitano di essere sentiti al fine di ridurre i rischi di incidenti, per esempio originati da veicoli in movimento.
A seconda del contenuto di frequenza del segnale di avvertimento devono essere considerati i protettori dell'udito con un'adeguata risposta in frequenza. In ogni caso, i segnali di avvertimento necessitano di essere chiaramente riconoscibili. In caso di dubbio, si dovrebbe effettuare un controllo di ascolto secondo la EN ISO 7731.
Localizzazione delle sorgenti di rumore
Talvolta è necessaria l’identificazione della direzione di una sorgente di rumore. Questa può essere compromessa quando si utilizzano protettori dell'udito. Gli inserti auricolari possono essere preferiti.
Comunicazione verbale
Generalmente l'intelligibilità del discorso tramite i protettori dell'udito passivi è migliorata con risposta a frequenza piatta. L'intelligibilità del discorso può anche essere migliorata con protettori dell'udito con attenuazione in funzione del livello (per esempio per rumore intermittente) o protettori dell'udito con impianti di comunicazione.
Suono di macchinari
I suoni di macchinari possono contenere informazioni relative al lavoro. A seconda del contenuto di frequenza del suono del macchinario, possono essere considerati protettori dell'udito con un'adeguata risposta di frequenza o i protettori dell'udito con attenuazione in funzione del livello sonoro.
Musica dal vivo
Per gli esecutori e ascoltatori di musica, è desiderabile un'attenuazione più piatta possibile (con valori H, M e L quasi uguali). Ciò permette la distorsione minima del suono originale. L'attenuazione dovrebbe anche essere attentamente selezionata. Si dovrebbe evitare una iper-protezione per incoraggiare l'uso ininterrotto dei protettori dell'udito.
Fattori ambientali (non acustici)
Oltre ai fattori acustici che influenzano la selezione, si dovrebbero prendere in considerazione anche altri fattori ambientali. Il prospetto 2 fornisce una guida generale per la scelta del protettore dell'udito appropriato quando si considerano i fattori ambientali. La valutazione dei rischi e le influenze dell'ambiente di lavoro possono annullare gli effetti dei fattori ambientali sulla selezione dei protettori dell'udito descritta in questo punto.
Temperatura (temperature alte e basse e/o umidità)
Il lavoro fisico, specialmente a temperature ambiente e/o umidità elevate, può causare sudorazione sotto i cuscinetti delle cuffie. In queste condizioni sono preferibili gli inserti auricolari. Se si utilizzano cuffie, si possono utilizzare delle sottili coperture igieniche in materiale assorbente per i cuscinetti. Tuttavia, si dovrebbe notare che tali coperture possono ridurre l’attenuazione del protettore dell’udito Dovrebbero essere preferiti i prodotti che dispongono di dati di attenuazione pubblicati per una combinazione di cuffie e copertura igienica. Temperature estreme basse possono influenzare l'attenuazione dei protettori dell'udito perché la flessibilità dei materiali può essere ridotta.
Contaminazione e condizioni di lavoro non pulite
In condizioni di lavoro non pulite, si dovrebbe prestare attenzione per assicurare che il protettore dell’udito selezionato possa essere utilizzato senza rischio di infezione per l'utilizzatore. Contaminanti come sporcizia, polvere, germi o limatura di metallo possono provocare irritazioni o infezioni cutanee, per esempio polvere sulla superficie del cuscinetto della cuffia o sporcizia su un inserto auricolare che è quindi introdotto nel canale uditivo. Prima di indossare il protettore dell'udito, l'utilizzatore dovrebbe assicurarsi che l'ambiente e le mani siano pulite.
Tutti gli inserti auricolari dovrebbero essere indossati prima di entrare in un ambiente polveroso.
Parti in movimento di macchine
Se si lavora in un ambiente in cui le macchine hanno parti in movimento, gli inserti auricolari con cordino dove il cordino potrebbe essere intrappolato dalla macchina, possono non essere adatti.
Incompatibilità individuale dell'utilizzatore
Se un utilizzatore ha canali uditivi piccoli o tessuti del canale uditivo sensibili, l'uso di inserti auricolari può non essere appropriato. In questi casi le cuffie possono essere più appropriate.
Tipo di lavoro da svolgere
Le cuffie con ingresso audio di intrattenimento possono essere adatte a utilizzatori con compiti monotoni o ripetitivi o quando la valutazione del rischio lo consente. Quando si seleziona tale dispositivo, si dovrebbe tenere in considerazione la sorgente di rumore aggiuntiva rappresentata dall'ingresso audio. I segnali di avvertimento necessitano di essere chiaramente riconoscibili. In caso di dubbio, effettuare un controllo di ascolto in conformità alla EN ISO 7731.
Prospetto 2 Guida generale per la selezione dei protettori dell'udito in relazione a fattori ambientali
...
Lista di controllo
(In allegato lista di controllo DPI protettori dell'udito in formato .doc compilabile.)
Modelli Comunicazione preposto appalto e subappalto art. 26 co. 8 bis TUS
ID 15508 | 21.01.2022 / Modelli di comunicazione .doc/pdf in allegato
Modelli per la comunicazione dati personale con funzione di preposto nelle attività di appalto e di subappalto ai sensi dell’Art. 26co. 8 bis (nuovo)D.lgs 81/2008alla luce delle modifiche apportate dal DL n. 146/2021(convertito /Legge 17 dicembre 2021 n. 215) alD.Lgs. 81/2008. Inoltre in allegato, modello di informativa, da parte del committente, riguardante il nuovo obbligo di comunicazione, indirizzata alle imprese appaltatrici e subappaltatrici.
Nei casi di appalto e subappalto, difatti,dal 21 dicembre 2021, il datore di lavoro, sia appaltatore che subappaltatore, ha l’obbligo di indicare espressamente, al datore di lavoro committente, il personale che svolge la funzione di preposto(art. 26, comma 8 bis). Previste Sanzioni per il datore di lavoro appaltante Art. 55.
Art. 26- Obblighi connessi ai contratti d'appalto o d'opera o di somministrazione ... 8 -bis. Nell’ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto o subappalto, i datori di lavoro appaltatori o subappaltatori devono indicare espressamente al datore di lavoro committente il personale che svolge la funzione di preposto. (1)
(1) Comma aggiunto dalla Legge 17 dicembre 2021 n. 215 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2021 n. 146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili. (GU n.301 del 20.12.2021).[/box-info]
Art. 26 - Obblighi connessi ai contratti d'appalto o d'opera o di somministrazione / anteDL n. 146/2021
Art. 26 - Obblighi connessi ai contratti d'appalto o d'opera o di somministrazione / postDL n. 146/2021
1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento di lavori, servizi e forniture all'impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all'interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda medesima, sempre che abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l'appalto o la prestazione di lavoro autonomo:
1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento di lavori, servizi e forniture all'impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all'interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda medesima, sempre che abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l'appalto o la prestazione di lavoro autonomo:
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8-bis. Nell’ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto o subappalto, i datori di lavoro appaltatori o subappaltatori devono indicare espressamente al datore di lavoro committente il personale che svolge la funzione di preposto. (1)
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(1) Comma aggiunto dalla Legge 17 dicembre 2021 n. 215 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2021 n. 146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili. (GU n.301 del 20.12.2021).
e) "preposto": persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa.
[box-warning]Sanzioni datore di lavoro appaltatore o subappaltatore
Il datore di lavoro appaltatore o subappaltatore che non ottempera all'obbligo di comunicazione del nominativo del preposto nell’ambito degli appalti e subappalti è sanzionato dall’art. 55, comma 5, lett. d) del Dlgs 81/2008.[/box-warning]
5. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
[...] d) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.500 a 6.000 euro per la violazione degli articoli 18, comma 1, lettere a), b -bis ), d) e z), prima parte, e 26, commi 2, 3, primo periodo, e 8 -bis;
Art. 55 co. 5 - Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente / anteDL n. 146/2021
Art. 55 co. 5 - Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente / postDL n. 146/2021
5. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
5. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
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d) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.500 a 6.000 euro per la violazione degli articoli 18, comma 1, lettere a), d) e z) prima parte, e 26, commi 2 e 3, primo periodo. Medesima pena si applica al soggetto che viola l'articolo 26, commi 3, quarto periodo, o 3-ter.
d) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.500 a 6.000 euro per la violazione degli articoli 18, comma 1, lettere a), b -bis), d) e z), prima parte, e 26, commi 2, 3, primo periodo, e 8 -bis; (1)
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(1) Modifiche apportate dalla Legge 17 dicembre 2021 n. 215 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2021 n. 146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili. (GU n.301 del 20.12.2021). ...
In allegato Informativa / Modelli Comunicazione preposto appalto e subappalto art. 26 co. 8 bis TUS:
1. Informativa riguardante il nuovo obbligo comunicazione dati personale preposto art. 26 co. 8-bis TUS 2.Modello Comunicazione preposto appalto art. 26 co. 8 bis TUS 3. Modello Comunicazione preposto subappalto art. 26 co. 8 bis TUS
Obbligo del datore di lavoro 2022 (individuazione Preposto/i sicurezza)
ID 15504 | 20.01.2022 / Documento allegato
Il DL n. 146/2021 (convertito / Legge 17 dicembre 2021 n. 215)ha apportato all'Art. 18D.Lgs. 81/2008 (Obblighi del datore di lavoro e del dirigente), la modifica di cui al comma 1. b-bis relativa all'individuazione del/i preposto/i, non precedentemente esplicitata.
1. Il datore di lavoro, che esercita le attività di cui all'articolo 3, e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono:
1. Il datore di lavoro, che esercita le attività di cui all'articolo 3, e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono:
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b -bis) individuare il preposto o i preposti per l’effettuazione delle attività di vigilanza di cui all’articolo 19. I contratti e gli accordi collettivi di lavoro possono stabilire l’emolumento spettante al preposto per lo svolgimento delle attività di cui al precedente periodo. Il preposto non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività»; (1)
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(1) Lettera aggiunta dalla Legge 17 dicembre 2021 n. 215 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili. (GU n.301 del 20.12.2021).
[box-note]Come riportato al comma b-bis) secondo periodo:
1. Eventuali emolumenti possono essere riconosciuti al/i preposto/i se stabiliti dai contratti e gli accordi collettivi di lavoro; 2. Il/i preposto/i non può/possono subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività.[/box-note]
Le nuove disposizioni del DL n. 146/2021, convertito in Legge 17 dicembre 2021 n. 215, sanzionano penalmente il datore di lavoro che non ottempera agli obblighi di nomina, di formazione del preposto e di comunicazione del nominativo del preposto nell’ambito degli appalti.
La formazione del datore di lavoro, rientrante tra gli obblighi dell’art. 37, comma 7, è soggetta alla sanzione già prevista per tale disposizione dall’art. 55, comma 5, lett. c) del Dlgs 81/2008. Mentre, la nomina e la comunicazione del nominativo del preposto nell’ambito degli appalti, sono sanzionate dall’art. 55, comma 5, lett. d) del Dlgs 81/2008.
5. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti: [...] c) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.200 a 5.200 euro per la violazione dell'articolo 18, comma 1, lettere c), e), f) e q), 36, commi 1 e 2, 37, commi 1, 7, 7-ter, 9 e 10, 43, comma 1, lettere d) ed e-bis), 46, comma 2; d) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.500 a 6.000 euro per la violazione degli articoli 18, comma 1, lettere a) , b -bis ), d) e z) , prima parte, e 26, commi 2, 3, primo periodo, e 8 -bis;
Art. 55 co. 5 - Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente / anteDL n. 146/2021
Art. 55 co. 5 - Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente / postDL n. 146/2021
5. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
5. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
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c) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.200 a 5.200 euro per la violazione dell'articolo 18, comma 1, lettere c), e), f) e q), 36, commi 1 e 2, 37, commi 1, 7, 9 e 10, 43, comma 1, lettere d) ed e-bis), 46, comma 2;
c) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.200 a 5.200 euro per la violazione dell'articolo 18, comma 1, lettere c), e), f) e q), 36, commi 1 e 2, 37, commi 1, 7, 7-ter, 9 e 10, 43, comma 1, lettere d) ed e-bis), 46, comma 2;
d) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.500 a 6.000 euro per la violazione degli articoli 18, comma 1, lettere a), d) e z) prima parte, e 26, commi 2 e 3, primo periodo. Medesima pena si applica al soggetto che viola l'articolo 26, commi 3, quarto periodo, o 3-ter.
d) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.500 a 6.000 euro per la violazione degli articoli 18, comma 1, lettere a) , b -bis ), d) e z) , prima parte, e 26, commi 2, 3, primo periodo, e 8 -bis;
Guidelines 3/2019 on processing of personal data through video devices
Il Comitato Europeo per la Protezione dei Dati (EDPB) ha adottato il 29 gennaio 2020 la versione definitiva delle Linee Guida sui trattamenti di videosorveglianza (Guidelines 3/2019 on processing of personal data through video devices) che illustrano in quali termini il Regolamento 2016/679 si applichi al trattamento dei dati personali quando si utilizzano dispositivi video, e mirano a garantire l’applicazione coerente del GDPR in materia.
Le linee-guida riguardano sia i dispositivi video tradizionali sia i dispositivi video intelligenti. Altre tematiche affrontate nel documento riguardano: la liceità del trattamento, l’applicabilità dei criteri di esclusione relativi ai trattamenti in ambito domestico e la divulgazione di filmati a terzi. _______
Introduction
The intensive use of video devices has an impact on citizen’s behaviour. Significant implementation of such tools in many spheres of the individuals’ life will put an additional pressure on the individual to prevent the detection of what might be perceived as anomalies. De facto, these technologies may limit the possibilities of anonymous movement and anonymous use of services and generally limit the possibility of remaining unnoticed. Data protection implications are massive.
While individuals might be comfortable with video surveillance set up for a certain security purpose for example, guarantees must be taken to avoid any misuse for totally different and – to the data subject – unexpected purposes (e.g. marketing purpose, employee performance monitoring etc.). In addition, many tools are now implemented to exploit the images captured and turn traditional cameras into smart cameras. The amount of data generated by the video, combined with these tools and techniques increase the risks of secondary use (whether related or not to the purpose originally assigned to the system) or even the risks of misuse. The general principles in GDPR (Article 5), should always be carefully considered when dealing with video surveillance.
Video surveillance systems in many ways change the way professionals from the private and public sector interact in private or public places for the purpose of enhancing security, obtaining audience analysis, delivering personalized advertising, etc. Video surveillance has become high performing through the growing implementation of intelligent video analysis. These techniques can be more intrusive (e.g. complex biometric technologies) or less intrusive (e.g. simple counting algorithms). Remaining anonymous and preserving one’s privacy is in general increasingly difficult. The data protection issues raised in each situation may differ, so will the legal analysis when using one or the other of these technologies.
In addition to privacy issues, there are also risks related to possible malfunctions of these devices and the biases they may induce. Researchers report that software used for facial identification, recognition, or analysis performs differently based on the age, gender, and ethnicity of the person it’s identifying.
Algorithms would perform based on different demographics, thus, bias in facial recognition threatens to reinforce the prejudices of society. That is why, data controllers must also ensure that biometric data processing deriving from video surveillance be subject to regular assessment of its relevance and sufficiency of guarantees provided.
Video surveillance is not by default a necessity when there are other means to achieve the underlying purpose. Otherwise we risk a change in cultural norms leading to the acceptance of lack of privacy as the general outset.
These guidelines aim at giving guidance on how to apply the GDPR in relation to processing personal data through video devices. The examples are not exhaustive, the general reasoning can be applied to all potential areas of use.
[...]
7. TRANSPARENCY AND INFORMATION OBLIGATIONS
It has long been inherent in European data protection law that data subjects should be aware of the fact that video surveillance is in operation. They should be informed in a detailed manner as to the places monitored.19 Under the GDPR the general transparency and information obligations are set out in Article 12 GDPR and following. Article 29 Working Party’s “Guidelines on transparency under Regulation 2016/679 (WP260)” which were endorsed by the EDPB on May 25th 2018 provide further details. In line with WP260 par. 26, it is Article 13 GDPR, which is applicable if personal data are collected “[…] from a data subject by observation (e.g. using automated data capturing devices or data capturing software such as cameras […].”.
In light of the volume of information, which is required to be provided to the data subject, a layered approach may be followed by data controllers where they opt to use a combination of methods to ensure transparency (WP260, par. 35; WP89, par. 22). Regarding video surveillance the most important information should be displayed on the warning sign itself (first layer) while the further mandatory details may be provided by other means (second layer).
7.1 First layer information (warning sign)
The first layer concerns the primary way in which the controller first engages with the data subject. At this stage, controllers may use a warning sign showing the relevant information. The displayed information may be provided in combination with an icon in order to give, in an easily visible, intelligible and clearly readable manner, a meaningful overview of the intended processing (Article 12 (7) GDPR). The format of the information should be adjusted to the individual location (WP89 par. 22).
7.1.1 Positioning of the warning sign
The information should be positioned in such a way that the data subject can easily recognize the circumstances of the surveillance before entering the monitored area (approximately at eye level). It is not necessary to reveal the position of the camera as long as there is no doubt as to which areas are subject to monitoring and the context of surveillance is clarified unambiguously (WP 89, par. 22). The data subject must be able to estimate which area is captured by a camera so that he or she is able to avoid surveillance or adapt his or her behaviour if necessary.
Content of the first layer
The first layer information (warning sign) should generally convey the most important information, e.g. the details of the purposes of processing, the identity of controller and the existence of the rights of the data subject, together with information on the greatest impacts of the processing.20 This can include for example the legitimate interests pursued by the controller (or by a third party) and contact details of the data protection officer (if applicable). It also has to refer to the more detailed second layer of information and where and how to find it.
In addition the sign should also contain any information that could surprise the data subject (WP260, par. 38). That could for example be transmissions to third parties, particularly if they are located outside the EU, and the storage period. If this information is not indicated, the data subject should be able to trust that there is solely a live monitoring (without any data recording or transmission to third parties).
7.2 Second layer information
The second layer information must also be made available at a place easily accessible to the data subject, for example as a complete information sheet available at a central location (e.g. information desk, reception or cashier) or displayed on an easy accessible poster. As mentioned above, the first layer warning sign has to refer clearly to the second layer information. In addition, it is best if the first layer information refers to a digital source (e.g. QR-code or a website address) of the second layer.
However, the information should also be easily available non-digitally. It should be possible to access the second layer information without entering the surveyed area, especially if the information is provided digitally (this can be achieved for example by a link). Other appropriate means could be a phone number that can be called. However the information is provided, it must contain all that is mandatory under Article 13 GDPR.
In addition to these options, and also to make them more effective, the EDPB promotes the use of technological means to provide information to data subjects. This may include for instance; geolocating cameras and including information in mapping apps or websites so that individuals can easily, on the one hand, identify and specify the video sources related to the exercise of their rights, and on the other hand, obtain more detailed information on the processing operation.
...
Table of contents 1 Introduction 2 Scope of application 2.1 Personal Dat 2.2 Application of the Law Enforcement Directive, LED (EU2016/680) 2.3 Household exemption 3 Lawfulness of processing 3.1 Legitimate interest, Article 6 (1) (f) 3.1.1 Existence of legitimate interests 3.1.2 Necessity of processing 3.1.3 Balancing of interests 3.2 Necessity to perform a task carried out in the public interest or in the exercise of official authority vested in the controller, Article 6 (1) (e) 3.3 Consent, Article 6 (1) (a) 4 Disclosure of video footage to third parties 4.1 Disclosure of video footage to third parties in general 4.2 Disclosure of video footage to law enforcement agencies 5 Processing of special categories of data 5.1 General considerations when processing biometric data 5.2 Suggested measures to minimize the risks when processing biometric data 6 Rights of the data subject 6.1 Right to access 6.2 Right to erasure and right to object 6.2.1 Right to erasure (Right to be forgotten) 6.2.2 Right to object 7 Transparency and information obligations 7.1 First layer information (warning sign) 7.1.1 Positioning of the warning sign 7.1.2 Content of the first layer 7.2 Second layer information 8 Storage periods and obligation to erasure 9 Technical and organisational measures 9.1 Overview of video surveillance system 9.2 Data protection by design and by default 9.3 Concrete examples of relevant measures 9.3.1 Organisational measures 9.3.2 Technical measures 10 Data protection impact assessment
Tavola di concordanza TUS - Modifiche DL n. 146/2021 (Decreto sicurezza lavoro Draghi) convertito L. n. 215/2021
ID 14846 | Rev. 1.0 del 21.12.2021 / In allegato tavola di concordanza completa
In allegato: 1. Tavola di concordanza TUS - Modifiche DL n. 146/2021 (Rev. 0.0 2021) 2. Tavola di concordanza TUS - Modifiche DL n. 146/2021 convertito dalla Legge n. 215/2021 (Rev. 1.0 2021)
[box-note]Update Rev. 1.0 del 21.12.2021 Legge 17 dicembre 2021 n. 215 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili. (GU n.301 del 20.12.2021) Entrata in vigore del provvedimento: 21/12/2021[/box-note]
Art. 13. Disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro 1. Al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 7, dopo il comma 1, è aggiunto il seguente: «1 -bis . Il comitato regionale si riunisce almeno due volte l’anno e può essere convocato anche su richiesta dell’ufficio territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro.»; b) all’articolo 8: 1) al comma 1: 1.1. le parole «e per indirizzare» sono sostituite dalle seguenti: «e per programmare e valutare, anche ai fini del coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale»; 1.2. le parole: «negli attuali» sono sostituite dalla seguente: «nei»; 1.3 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Gli organi di vigilanza alimentano un’apposita sezione del Sistema informativo dedicata alle sanzioni irrogate nell’ambito della vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.»; 2) al comma 2: 2.1. le parole «Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali» sono sostituite dalle seguenti: «Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dal Ministero della salute»; 2.2. dopo le parole «dal Ministero dell’interno» sono inserite le seguenti: «dal Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri competente per la trasformazione digitale»; 2.3. le parole: «dall’IPSEMA e dall’ISPESL», sono sostituite dalle seguenti: «dall’INPS e dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro»; 2.4. dopo il primo periodo, è inserito il seguente: «Ulteriori amministrazioni potranno essere individuate con decreti adottati ai sensi del comma 4.»; 3) il comma 3 è sostituito dal seguente: «3. L’INAIL garantisce le funzioni occorrenti alla gestione tecnica ed informatica del SINP e al suo sviluppo, nel rispetto di quanto disciplinato dal regolamento (UE) 2016/679del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016 e dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, e, a tale fine, è titolare del trattamento dei dati secondo quanto previsto dal codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. L’INAIL rende disponibili ai Dipartimenti di prevenzione delle Aziende sanitarie locali, per l’ambito territoriale di competenza, e all’Ispettorato nazionale del lavoro i dati relativi alle aziende assicurate, agli infortuni denunciati, ivi compresi quelli sotto la soglia di indennizzabilità, e alle malattie professionali denunciate.»; 4) al comma 4, primo periodo, le parole da «Ministro del lavoro» fino a «pubblica amministrazione» sono sostituite dalle seguenti: «Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro della salute, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e con il Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale» e le parole «da adottarsi entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, vengono definite» sono sostituite dalle seguenti: «sono definiti i criteri e»; 5) dopo il comma 4 è inserito il seguente: «4 -bis . Per l’attività di coordinamento e sviluppo del SINP, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, è ridefinita la composizione del Tavolo tecnico per lo sviluppo e il coordinamento del sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP), istituito ai sensi dell’articolo 5 del regolamento di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro della salute 25 maggio 2016, n. 183.»; 6) il comma 5 è sostituito dal seguente: «5. La partecipazione delle parti sociali al Sistema informativo avviene attraverso la periodica consultazione in ordine ai flussi informativi di cui al comma 6.»; c) all’articolo 13: 1) al comma 1, dopo le parole «è svolta dalla azienda sanitaria locale competente per territorio» sono aggiunte le seguenti: «, dall’Ispettorato nazionale del lavoro»; 2) il comma 2 è abrogato; 3) il comma 4 è sostituito dal seguente: «4. La vigilanza di cui al presente articolo è esercitata nel rispetto del coordinamento di cui agli articoli 5 e 7. A livello provinciale, nell’ambito della programmazione regionale realizzata ai sensi dell’articolo 7, le aziende sanitarie locali e l’Ispettorato nazionale del lavoro promuovono e coordinano sul piano operativo l’attività di vigilanza esercitata da tutti gli organi di cui al presente articolo. Sono adottate le conseguenti modifiche al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 dicembre 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 31 del 6 febbraio 2008; 4) al comma 6: 4.1. dopo le parole «L’importo delle somme che l’ASL» sono inserite le seguenti: «e l’Ispettorato nazionale del lavoro» e la parola: «ammette» è sostituita dalla seguente: «ammettono»; 4.2. le parole «l’apposito capitolo regionale» sono sostituite dalle seguenti: «rispettivamente, l’apposito capitolo regionale e il bilancio dell’Ispettorato nazionale del lavoro»; 4.3. dopo le parole «svolta dai dipartimenti di prevenzione delle AA.SS.LL.», sono inserite le seguenti: «e dall’Ispettorato»; 5) dopo il comma 7 è aggiunto il seguente: «7 -bis . L’Ispettorato nazionale del lavoro è tenuto a presentare, entro il 30 giugno di ogni anno al Ministro del lavoro e delle politiche sociali per la trasmissione al Parlamento, una relazione analitica sull’attività svolta in materia di prevenzione e contrasto del lavoro irregolare e che dia conto dei risultati conseguiti nei diversi settori produttivi e delle prospettive di sviluppo, programmazione ed efficacia dell’attività di vigilanza nei luoghi di lavoro.»; d) l’articolo 14 è sostituito dal seguente: «Art. 14 (Provvedimenti degli organi di vigilanza per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori) . — 1. Ferme restando le attribuzioni previste dagli articoli 20 e 21, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, al fine di far cessare il pericolo per la salute e la sicurezza dei lavoratori, nonché di contrastare il lavoro irregolare, l’Ispettorato nazionale del lavoro adotta un provvedimento di sospensione, quando riscontra che almeno il 10 per cento dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro risulti occupato, al momento dell’accesso ispettivo, senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro ovvero inquadrato come lavoratori autonomi occasionali in assenza delle condizioni richieste dalla normativa, nonché, a prescindere dal settore di intervento, in caso di gravi violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro di cui all’Allegato I. Con riferimento all’attività dei lavoratori autonomi occasionali, al fine di svolgere attività di monitoraggio e di contrastare forme elusive nell’utilizzo di tale tipologia contrattuale, l’avvio dell’attività dei suddetti lavoratori è oggetto di preventiva comunicazione all’Ispettorato territoriale del lavoro competente per territorio, da parte del committente, mediante SMS o posta elettronica. Si applicano le modalità operative di cui all’articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. In caso di violazione degli obblighi di cui al secondo periodo si applica la sanzione amministrativa da euro 500 a euro 2.500 in relazione a ciascun lavoratore autonomo occasionale per cui è stata omessa o ritardata la comunicazione. Non si applica la procedura di diffida di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124. Il provvedimento di sospensione è adottato in relazione alla parte dell’attività imprenditoriale interessata dalle violazioni o, alternativamente, dell’attività lavorati a prestata dai lavoratori interessati dalle violazioni di cui ai numeri 3 e 6 dell’Allegato I. Unitamente al provvedimento di sospensione l’Ispettorato nazionale del lavoro può imporre specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro. 2. Per tutto il periodo di sospensione è fatto divieto all’impresa di contrattare con la pubblica amministrazione e con le stazioni appaltanti, come definite dal codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. A tal fine il provvedimento di sospensione è comunicato all’ Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) e al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, per gli aspetti di rispettiva competenza al fine dell’adozione da parte del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili del provvedimento interdittivo. Il datore di lavoro è tenuto a corrispondere la retribuzione e a versare i relativi contributi ai lavoratori interessati dall’effetto del provvedimento di sospensione. 3. L’Ispettorato nazionale del lavoro adotta i provvedimenti di cui al comma 1 per il tramite del proprio personale ispettivo nell’immediatezza degli accertamenti nonché, su segnalazione di altre amministrazioni, entro sette giorni dal ricevimento del relativo verbale. 4. I provvedimenti di cui al comma 1, per le ipotesi di lavoro irregolare, non trovano applicazione nel caso in cui il lavoratore risulti l’unico occupato dall’impresa. In ogni caso di sospensione, gli effetti della stessa possono essere fatti decorrere dalle ore dodici del giorno lavorativo successivo ovvero dalla cessazione dell’attività lavorativa in corso che non può essere interrotta, salvo che non si riscontrino situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi o per la pubblica incolumità. 5. Ai provvedimenti di cui al presente articolo si applicano le disposizioni di cui all’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241. 6. Limitatamente ai provvedimenti adottati in occasione dell’accertamento delle violazioni in materia di prevenzione incendi, provvede il Comando provinciale dei vigili del fuoco territorialmente competente. Ove gli organi di vigilanza o le altre amministrazioni pubbliche rilevino possibili violazioni in materia di prevenzione incendi, ne danno segnalazione al competente Comando provinciale dei vigili del fuoco, il quale procede ai sensi delle disposizioni del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139. 7. In materia di prevenzione incendi, in ragione della competenza esclusiva del Corpo nazionale dei vigili del fuoco prevista dall’articolo 46 del presente decreto, si applicano le disposizioni di cui agli articoli 16, 19 e 20 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139. 8. I poteri di cui al comma 1 spettano anche ai servizi ispettivi delle aziende sanitarie locali nell’ambito di accertamenti in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro. 9. È condizione per la revoca del provvedimento da parte dell’amministrazione che lo ha adottato: a) la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria anche sotto il profilo degli adempimenti in materia di salute e sicurezza; b) l’accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro; c) la rimozione delle conseguenze pericolose delle violazioni nelle ipotesi di cui all’Allegato I; d) nelle ipotesi di lavoro irregolare, il pagamento di una somma aggiuntiva pari a 2.500 euro qualora siano impiegati fino a cinque lavoratori irregolari e pari a 5.000 euro qualora siano impiegati più di cinque lavoratori irregolari; e) nelle ipotesi di cui all’Allegato I, il pagamento di una somma aggiuntiva di importo pari a quanto indicato nello stesso Allegato I con riferimento a ciascuna fattispecie. 10. Le somme aggiuntive di cui alle lettere d) ed e) del comma 9 sono raddoppiate nelle ipotesi in cui, nei cinque anni precedenti alla adozione del provvedimento, la medesima impresa sia stata destinataria di un provvedimento di sospensione. 11. Su istanza di parte, fermo restando il rispetto delle condizioni di cui al comma 9, la revoca è altresì concessa subordinatamente al pagamento del venti per cento della somma aggiuntiva dovuta. L’importo residuo, maggiorato del cinque per cento, è versato entro sei mesi dalla data di presentazione dell’istanza di revoca. In caso di mancato versamento o di versamento parziale dell’importo residuo entro detto termine, il provvedimento di accoglimento dell’istanza di cui al presente comma costituisce titolo esecutivo per l’importo non versato. 12. È comunque fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali, civili e amministrative vigenti. 13. Ferma restando la destinazione della percentuale prevista dall’articolo 14, comma 1, lettera d) , del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, l’importo delle somme aggiuntive di cui al comma 9, lettere d) ed e) , integra, in funzione dell’amministrazione che ha adottato i provvedimenti di cui al comma 1, il bilancio dell’Ispettorato nazionale del lavoro o l’apposito capitolo regionale ed è utilizzato per finanziare l’attività di prevenzione nei luoghi di lavoro svolta dall’Ispettorato nazionale del lavoro o dai dipartimenti di prevenzione delle AA.SS.LL. 14. Avverso i provvedimenti di cui al comma 1 adottati per l’impiego di lavoratori senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro è ammesso ricorso, entro 30 giorni, all’Ispettorato interregionale del lavoro territorialmente competente, il quale si pronuncia nel termine di 30 giorni dalla notifica del ricorso. Decorso inutilmente tale ultimo termine il provvedimento di sospensione perde efficacia. 15. Il datore di lavoro che non ottempera al provvedimento di sospensione di cui al presente articolo è punito con l’arresto fino a sei mesi nelle ipotesi di sospensione per le violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro nelle ipotesi di sospensione per lavoro irregolare. 16. L’emissione del decreto di archiviazione per l’estinzione delle contravvenzioni, accertate ai sensi del comma 1, a seguito della conclusione della procedura di prescrizione prevista dagli articoli 20 e 21, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, comporta la decadenza dei provvedimenti di cui al comma 1 fermo restando, ai fini della verifica dell’ottemperanza alla prescrizione, anche il pagamento delle somme aggiuntive di cui al comma 9, lettera d) .
d -bis ) all’articolo 18, comma 1, dopo la lettera b) è inserita la seguente:
«b -bis ) individuare il preposto o i preposti per l’effettuazione delle attività di vigilanza di cui all’articolo 19. I contratti e gli accordi collettivi di lavoro possono stabilire l’emolumento spettante al preposto per lo svolgimento delle attività di cui al precedente periodo. Il preposto non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività»;
d -ter ) all’articolo 19, comma 1:
1) la lettera a) è sostituita dalla seguente:
« a) sovrintendere e vigilare sull’osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di rilevazione di comportamenti non conformi alle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro e dai dirigenti ai fini della protezione collettiva e individuale, intervenire per modificare il comportamento non conforme for- nendo le necessarie indicazioni di sicurezza. In caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza dell’inosservanza, interrompere l’attività del lavoratore e informare i superiori diretti»;
2) dopo la lettera f) è inserita la seguente:
«f -bis) in caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza, se necessario, interrompere temporaneamente l’attività e, comunque, segnalare tempestivamente al datore di lavoro e al dirigente le non conformità rilevate»;
d -quater) all’articolo 26, dopo il comma 8 è aggiunto il seguente:
«8 -bis. Nell’ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto o subappalto, i datori di lavoro appaltatori o subappaltatori devono indicare espressamente al datore di lavoro committente il personale che svolge la funzione di preposto»;
d -quinquies) all’articolo 37:
1) al comma 2 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Entro il 30 giugno 2022, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adotta un accordo nel quale provvede all’accorpamento, alla rivisitazione e alla modifica degli accordi attuativi del presente decreto
in materia di formazione, in modo da garantire:
a) l’individuazione della durata, dei contenuti minimi e delle modalità della formazione obbligatoria a carico del datore di lavoro;
b) l’individuazione delle modalità della verifica finale di apprendimento obbligatoria per i discenti di tutti i percorsi formativi e di aggiornamento obbligatori in materia di salute e sicurezza sul lavoro e delle modalità delle verifiche di efficacia della formazione durante lo svolgimento della prestazione lavorativa»;
2) al comma 5 sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «L’addestramento consiste nella prova pratica, per l’uso corretto e in sicurezza di attrezzature, macchine,
impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale; l’addestramento consiste, inoltre, nell’esercitazione applicata, per le procedure di lavoro in sicurezza. Gli interventi di addestramento effettuati devono essere tracciati in apposito registro anche informatizzato»;
3) il comma 7 è sostituito dal seguente:
«7. Il datore di lavoro, i dirigenti e i preposti ricevono un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, secondo quanto previsto dall’accordo di cui al comma 2, secondo periodo»;
4) dopo il comma 7 -bis è inserito il seguente:
«7 -ter. Per assicurare l’adeguatezza e la specificità della formazione nonché l’aggiornamento periodico dei preposti ai sensi del comma 7, le relative attività formative devono essere svolte interamente con modalità in presenza e devono essere ripetute con cadenza almeno biennale e comunque ogni qualvolta sia reso necessario in ragione dell’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi; e) all’articolo 51: 1) dopo il comma 1 è inserito il seguente: «1 -bis. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali istituisce il repertorio degli organismi paritetici, previa definizione dei criteri identificativi, sentite le associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale per il settore di appartenenza, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.
2) il comma 8 -bis è sostituito dai seguenti: «8 -bis . Gli organismi paritetici comunicano annualmente, nel rispetto delle disposizioni di cui al regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016 (regolamento generale sulla protezione dei dati-GDPR), all’Ispettorato nazionale del lavoro e all’INAIL i dati relativi: a) alle imprese che hanno aderito al sistema degli organismi paritetici e a quelle che hanno svolto l’attività di formazione organizzata dagli stessi organismi; b) ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriali; c) al rilascio delle asseverazioni di cui al comma 3 -bis. 8 -ter . I dati di cui al comma 8 -bis sono utilizzati ai fini della individuazione di criteri di priorità nella programmazione della vigilanza e di criteri di premialità nell’ambito della determinazione degli oneri assicurativi da parte dell’INAIL. Per la definizione dei suddetti criteri si tiene conto del fatto che le imprese facenti parte degli organismi paritetici aderiscono ad un sistema paritetico volontario che ha come obiettivo primario la prevenzione sul luogo di lavoro;
e -bis) all’articolo 52, comma 3, le parole: «entro il 31 dicembre 2009» sono sostituite dalle seguenti: «entro il 30 giugno 2022»;
e -ter) all’articolo 55, comma 5:
1) alla lettera c) , dopo le parole: «commi 1, 7,» è inserita la seguente: «7- ter,»;
2) la lettera d) è sostituita dalla seguente: «
d) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.500 a 6.000 euro per la violazione degli articoli 18, comma 1, lettere a) , b -bis ), d) e z) , prima parte, e 26, commi 2, 3, primo periodo, e 8 -bis »;
e -quate ) all’articolo 56, comma 1, lettera a) , le parole: «ed f) » sono sostituite dalle seguenti: «, f) e f -bis )»;
e -quinquies) all’articolo 79, comma 2 -bis , dopo le parole: «1° giugno 2001» sono aggiunte le seguenti: «, aggiornato con le edizioni delle norme UNI più recenti»;
e -sexies) all’articolo 99, al comma 1 -bis , introdotto dalla lettera f) del presente comma, è premesso il seguente: «1.1. I soggetti destinatari della notifica preliminare di cui al comma 1 la trasmettono alla cassa edile territorialmente competente;
f) all’articolo 99, dopo il comma 1, è inserito il seguente: «1 -bis . Le comunicazioni di cui al comma 1 alimentano una apposita banca dati istituita presso l’Ispettorato nazionale del lavoro, ferma l’interoperabilità con le banche dati esistenti. Con decreto del direttore dell’Ispettorato nazionale del lavoro sono individuate le modalità tecniche, la data di effettivo avvio dell’alimentazione della banca dati e le modalità di condivisione delle informazioni con le Pubbliche Amministrazioni interessate.»; g) l’Allegato I è sostituito dall’Allegato I al presente decreto.
1 -bis . All’articolo 14, comma 1, lettera d) , del decretolegge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, le parole: «somme aggiuntive di cui all’articolo 14, comma 4, lettera c) , e comma 5, lettera b) » sono sostituite dalle seguenti: «somme aggiuntive di cui all’articolo 14, comma 9, lettere d) ed e) » . 2. In funzione dell’ampliamento delle competenze di cui al comma 1, lettera c) , numero 1), l’Ispettorato nazionale del lavoro è autorizzato, per il biennio 2021-2022, a bandire procedure concorsuali pubbliche e, conseguentemente, ad assumere con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente e con corrispondente incremento della vigente dotazione organica, un contingente di personale ispettivo pari a 1.024 unità da inquadrare nell’Area terza, posizione economica F1, del contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto Funzioni centrali. A tal fine è autorizzata la spesa di euro 22.164.286 per il 2022 e di euro 44.328.571 a decorrere dal 2023 in relazione alle assunzioni di cui al presente comma, nonché di euro 9.106.800 per il 2022 e di euro 6.456.800 a decorrere dal 2023 per le spese di funzionamento connesse alle medesime assunzioni, nonché di euro 1.500.000 per il 2022 in relazione alle spese relative allo svolgimento e alla gestione dei concorsi pubblici. 3. Al fine di rafforzare l’attività di vigilanza sull’applicazione delle norme in materia di diritto del lavoro, legislazione sociale e sicurezza sui luoghi di lavoro, il contingente di personale dell’Arma dei carabinieri di cui all’articolo 826, comma 1, del codice dell’ordinamento militare di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, è incrementato di 90 unità in soprannumero rispetto all’organico attuale a decorrere dal 1° gennaio 2022. 4. All’articolo 826, comma 1, del codice dell’ordinamento militare di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’alinea, le parole: «570 unità» sono sostituite dalle seguenti: «660 unità»; b) alla lettera b) , il numero «6» è sostituito dal seguente: «8»; c) la lettera c) è abrogata; d) la lettera d) è sostituita d a lla seguente: « d) ispettori: 246»; e) la lettera f) è sostituita dalla seguente: « f) appuntati e carabinieri: 229». 5. Al fine di ripianare i propri livelli di forza organica, l’Arma dei carabinieri è autorizzata ad assumere, in deroga alle ordinarie facoltà assunzionali, un corrispondente numero di unità di personale, ripartite in 45 unità del ruolo ispettori e in 45 unità del ruolo appuntati e carabinieri, a decorrere dal 1° settembre 2022. A tal fine è autorizzata la spesa di euro 658.288 per l’anno 2022, euro 3.756.018 per l’anno 2023, euro 4.328.623 per l’anno 2024, euro 4.544.998 per l’anno 2025, euro 4.595.330 per l’anno 2026, euro 4.668.246 per l’anno 2027, euro 4.713.412 per ciascuno degli anni dal 2028 al 2031, euro 4.766.424 per l’anno 2032 e euro 4.846.170 annui a decorrere dall’anno 2033. 6. Agli oneri derivanti dal presente articolo, pari a 45.329.374 euro per l’anno 2022, 64.941.389 euro per l’anno 2023, 65.513.994 euro per l’anno 2024, 65.730.369 euro per l’anno 2025, 65.780.701 euro per l’anno 2026, 65.853.617 euro per l’anno 2027, 65.898.783 euro per ciascuno degli anni dal 2028 al 2031, 65.951.795 euro per l’anno 2032 e 66.031.541 euro annui a decorrere dall’anno 2033, si provvede ai sensi dell’art. 17.
Art. 13 - bis Disposizioni in materia di interventi strutturali e di manutenzione per la sicurezza delle istituzioni scolastiche
1. All’articolo 18 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, dopo il comma 3 sono inseriti i seguenti:
«3.1. I dirigenti delle istituzioni scolastiche sono esentati da qualsiasi responsabilità civile, amministrativa e penale qualora abbiano tempestivamente richiesto gli interventi strutturali e di manutenzione di cui al comma 3, necessari per assicurare la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati, adottando le misure di carattere gestionale di propria competenza nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente. In ogni caso gli interventi relativi all’installazione degli impianti e alla loro verifica periodica e gli interventi strutturali e di manutenzione riferiti ad aree e spazi degli edifici non assegnati alle istituzioni scolastiche nonché ai vani e locali tecnici e ai tetti e sottotetti delle sedi delle istituzioni scolastiche restano a carico dell’amministrazione tenuta, ai sensi delle norme o delle convenzioni vigenti, alla loro fornitura e manutenzione. Qualora i dirigenti, sulla base della valutazione svolta con la diligenza del buon padre di famiglia, rilevino la sussistenza di un pericolo grave e immediato, possono interdire parzialmente o totalmente l’utilizzo dei locali e degli edifici assegnati, nonché ordinarne l’evacuazione, dandone tempestiva comunicazione all’amministrazione tenuta, ai sensi delle norme o delle convenzioni vigenti, alla loro fornitura e manutenzione, nonché alla competente autorità di pubblica sicurezza. Nei casi di cui al periodo precedente non si applicano gli articoli 331, 340 e 658 del codice penale.
3.2. Per le sedi delle istituzioni scolastiche, la valutazione dei rischi strutturali degli edifici e l’individuazione delle misure necessarie a prevenirli sono di esclusiva competenza dell’amministrazione tenuta, ai sensi delle norme o delle convenzioni vigenti, alla loro fornitura e manutenzione. Il documento di valutazione di cui al comma 2 è redatto dal dirigente dell’istituzione scolastica congiuntamente all’amministrazione tenuta, ai sensi delle norme o delle convenzioni vigenti, alla fornitura e manutenzione degli edifici. Il Ministro dell’istruzione, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, con proprio decreto da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, stabilisce le modalità di valutazione congiunta dei rischi connessi agli edifici scolastici. Capo IV MISURE FINANZIARIE URGENTI Art. 14. Disposizioni urgenti per l’adempimento di obblighi europei e internazionali e per la liquidazione degli enti dipendenti dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale Art. 15. Proroga «Strade sicure» e misure urgenti per il presidio del territorio in occasione del vertice G-20 Capo V DISPOSIZIONI FINANZIARIE E FINALI Art. 16. Misure urgenti per l’anticipo di spese nell’anno corrente, nonché per la finanza regionale e il riparto del Fondo di solidarietà comunale Art. 17. Disposizioni finanziarie Art. 18. Entrata in vigore 1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.
ALLEGATO I (articolo 13, comma 1, lett.g) Sostituisce l’Allegato I al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 “ALLEGATO I (articolo 14, comma 1) Fattispecie di violazione ai fini dell'adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 14
ISO/TR 12295 Documento applicativo rischio MMC ISO 11228-X e ISO 11226
ID 6095 | 07.05.2018 / In allegato Traduzione IT non ufficiale
ISO/TR 12295 Prima edizione 01/04/2014 Ergonomia - Documento per l'applicazione delle norme ISO alla movimentazione manuale di carichi (ISO 11228-1, ISO 11228-2 e ISO 11228- 3) e la valutazione delle posture di lavoro statiche (ISO 11226)
Questo Technical Report guida i potenziali utenti dell'ISO 11228-1, 2, 3, serie di norme standard riferite alla movimentazione manuale di carichi, e dell'ISO 11226 sulle posture di lavoro statiche.
Nello specifico, guida gli utenti potenziali e fornisce informazioni aggiuntive sulla scelta e l'utilizzo delle norme appropriate. Questo documento è inteso ad assistere l'utente nel decidere quali norme debbano essere applicate, a seconda dei rischi specifici presenti.
Questo documento agisce in un doppio ambito:
1) Fornire a tutti gli utenti, in particolare a coloro che non sono esperti in ergonomia, criteri e procedure: per identificare le situazioni in cui si possano applicare le norme delle serie ISO 11228 e/o ISO 11226; sulla base dei criteri indicati nello standard corrispondente, per fornire un metodo di "valutazione rapida" per riconoscere facilmente attività "certamente accettabili" e "certamente critiche". Se un'attività è "inaccettabile" è necessario completare una valutazione di rischio dettagliata, come disposto nella norma, ma dovrebbe essere possibile continuare con le azioni successive.
Nel caso in cui il metodo di valutazione rapida mostri che l'attività di rischio cade tra le due condizioni d'esposizione, è necessario fare riferimento ai metodi dettagliati per la valutazione del rischio disposti nelle norme corrispondenti. Questa possibilità e approccio sono illustrati nella flowchart in Figura 1 e sono descritti nel testo principale di questo resoconto tecnico. All'utente verrà chiesto di rispondere a una breve serie di "domande chiave" funzionali, di modo da assisterlo/a nella selezione e applicazione delle norme appropriate. L'enfasi viene posta sul fatto che il metodo di valutazione rapida viene completato al meglio se si usa un approccio partecipativo, coinvolgendo nell'impresa i lavoratori stessi. Un tale coinvolgimento è considerato essenziale per identificare efficacemente le priorità nel fronteggiare le diverse condizioni di pericolo e rischio, e, dove necessario, per identificare le misure di riduzione del rischio più efficaci.
2) Fornire a tutti gli utenti, specialmente coloro che hanno una discreta preparazione in ergonomia, o a cui le norme ISO 11228 sono familiari, dettagli e criteri per applicare i metodi di valutazione del rischio proposti dalle norme originali della serie. Tale informazione è pienamente compatibile con i metodi proposti nelle norme e non introduce alcuna modifica all'applicazione del calcolo matematico del livello di rischio definito nelle norme esistenti. La seconda parte di tale ambito verrà sviluppata mediante ALLEGATI separati (A, B, C), relativi rispettivamente a ISO 11228 Parte 1, 2 e 3.
Tali allegati forniscono informazioni rispetto l'applicazione pratica dei metodi e le procedure presentati nella serie ISO 11228 sulla base di esperienze di applicazione delle norme. Alcune variazioni delle metodiche indicate nelle norme sono descritte nel presente Technical Report, le quali sono destinate ad essere complementari agli utenti con un'attenzione particolare alle applicazioni in cui compiti manuali multipli vengono eseguiti dagli stessi lavoratori.
ISO 11226 e le tre parti di ISO 11228 stabiliscono raccomandazioni ergonomiche per diversi compiti di movimentazione manuale di carichi e posture lavorative.
Tutte le parti sono da applicarsi ad attività professionali e non. Le norme forniranno informazioni per designers, datori di lavoro, dipendenti e altre figure coinvolte nel lavoro e nella progettazione del prodotto, nonché sulla salute sul lavoro e addetti alla sicurezza.
La norma ISO 11228 è formata dalle seguenti parti, sotto il titolo generale Ergonomia-movimentazione manuale:
Parte 1: sollevamento e trasporto Parte 2: traino e spinta Parte 3: movimentazione di bassi carichi ad alta frequenza.
La norma ISO 11226 (Valutazione Ergonomica di posture di lavoro statiche) specifica i limiti raccomandati per le posture di lavoro statiche senza o con minimo esercizio di forza esterna, tenendo conto degli angoli del corpo e la durata.
È pensata per fornire indicazioni sulla valutazione di diversi e variabili compiti valutando il rischio per la salute per la popolazione lavorativa. Mentre ISO 11228 e ISO 11226 sono indipendenti per quanto riguarda i dati e i metodi, gli utenti potrebbero avere bisogno di una guida per selezionare o usare le norme nella loro specifica applicazione.
Questa technical report serve come una guida applicativa che offre una semplice metodologia di valutazione del rischio per piccole e medie imprese e per attività non professionali. Per gli utilizzatori esperti metodologie di valutazione più dettagliate sono presentate negli Annessi.
Figura 1. I differenti livelli di approccio alla ISO 11226 e alla serie ISO 11228
Prefazione Introduzione 1 Scopi 2 Fonti normative 3 Le "Domande Chiave" e la “Valutazione Rapida” 3.1 Step 1 - Procedure per rientrare negli standard: le "Domande Chiave" 3.2 Step 2 - La "Valutazione Rapida" Allegato A (informativa) Informazioni sull'applicazione di ISO 11228-1 Allegato B (informativa) Informazioni sull'applicazione di ISO 11228-2 Allegato C (informative) Informazioni sull'applicazione di ISO 11228-3 Bibliografia
[panel]ISO/TR 12295:2014 Ergonomics - Application document for International Standards on manual handling (ISO 11228-1, ISO 11228-2 and ISO 11228-3) and evaluation of static working postures (ISO 11226)
Novità sugli obblighi del Preposto sicurezza (Art. 19 D.Lgs. 81/2008) di cui al D.L. n. 146/2021 / Note
ID 15496 | 19.01.2022 / Documento completo allegato
Il Preposto sicurezza, alla luce delle modifiche apportate dal DL n. 146/2021(convertito /Legge 17 dicembre 2021 n. 215)alD.Lgs. 81/2008, in relazione agli obblighi di cui all'Art. 19, ha obblighi/poteri di interrompere l’attività del lavoratore, non previsti precedentemente (salvo comma 1 lett. c. istruzioni per l'abbandono del posto di lavoro/zona pericolosa in caso di pericolo grave, immediato e inevitabile), specificatamente:
- rilevazione di comportamenti non conformi alle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro e dai dirigenti ai fini della protezione collettiva e individuale (comma 1 lett. a -modificata); - in caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza (comma 1 lett. f-bis - nuova).
Il preposto o i preposti devono essere individuati dal Datore di lavoro (non precedente esplicitato) secondo il nuovo comma 1 lettera b -bis) dell’Art. 18 introdotto dalDL n. 146/2021alD.Lgs. 81/2008.[/box-warning]
[box-warning]NB
Valutare eventuali aggiornamenti/integrazione formazione del Preposto e/o consegna informativa/nuovo modulo incarico allo stesso in ordine ai nuovi obblighi.
Art. 2. Definizioni ... e) "preposto": persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa.[/box-note]
L’obbligo di individuazione del Preposto da parte del Datore di lavoro (nuovo) di cui all’Art. 18ante / post modifica attuata dal DL n. 146/2021:
1. Il datore di lavoro, che esercita le attività di cui all'articolo 3, e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono:
1. Il datore di lavoro, che esercita le attività di cui all'articolo 3, e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono:
...
...
---
b -bis) individuare il preposto o i preposti per l’effettuazione delle attività di vigilanza di cui all’articolo 19. I contratti e gli accordi collettivi di lavoro possono stabilire l’emolumento spettante al preposto per lo svolgimento delle attività di cui al precedente periodo. Il preposto non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività»;(1)
...
...
(1) Lettera aggiunta dalla Legge 17 dicembre 2021 n. 215 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili. (GU n.301 del 20.12.2021). ________
1. In riferimento alle attività indicate all'articolo 3, i preposti, secondo le loro attribuzioni e competenze, devono:
1. In riferimento alle attività indicate all'articolo 3, i preposti, secondo le loro attribuzioni e competenze, devono:
a) sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di persistenza della inosservanza, informare i loro superiori diretti;
a) sovrintendere e vigilare sull’osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in casodi rilevazione di comportamenti non conformi alle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro e dai dirigenti ai fini della protezione collettiva e individuale, intervenire per modificare il comportamento non conforme fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza. In caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza dell’inosservanza, interrompere l’attività del lavoratore e informare i superiori diretti;(1)
b) verificare affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
b) verificare affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
c) richiedere l'osservanza delle misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato e inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
c) richiedere l'osservanza delle misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato e inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
d) informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
d) informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
e) astenersi, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato;
e) astenersi, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato;
f) segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro, delle quali venga a conoscenza sulla base della formazione ricevuta;
f) segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro, delle quali venga a conoscenza sulla base della formazione ricevuta;
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f -bis) in caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza, se necessario, interrompere temporaneamente l’attività e, comunque, segnalare tempestivamente al datore di lavoro e al dirigente le non conformità rilevate; (2)
g) frequentare appositi corsi di formazione secondo quanto previsto dall'articolo 37.
g) frequentare appositi corsi di formazione secondo quanto previsto dall'articolo 37.
(Note)
(1) Lettera sostituita dalla Legge 17 dicembre 2021 n. 215 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili. (GU n.301 del 20.12.2021). (2) Lettera aggiunta dalla Legge 17 dicembre 2021 n. 215 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili. (GU n.301 del 20.12.2021). ...
Fig. 1 - Schema novità Obblighi Preposto DL. n. 146/2021 - in rosso le novità per gli obblighi del Preposto ...
Tutte le novità del Preposto sicurezza 2022
Vedi il modulo di nomina preposto 2022
Vedi il modulo di comunicazione preposto appaltatori e subappaltatori 2022
Art. 18 - Obblighi del datore di lavoro e del dirigente
1. Il datore di lavoro, che esercita le attività di cui all'articolo 3, e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono: … b -bis) individuare il preposto o i preposti per l’effettuazione delle attività di vigilanza di cui all’articolo 19. I contratti e gli accordi collettivi di lavoro possono stabilire l’emolumento spettante al preposto per lo svolgimento delle attività di cui al precedente periodo. Il preposto non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività»; (1) …
(1) Lettera aggiunta dalla Legge 17 dicembre 2021 n. 215 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili. (GU n.301 del 20.12.2021). [/box-info]
[box-warning]NB
In ordine ai nuovi obblighi del preposto introdotti al DL n. 146/2021, valutare eventuali aggiornamenti/integrazione formazione del Preposto e/o consegna informativa/nuovo modulo incarico.
Art. 2. Definizioni ... e) "preposto": persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa.
Gli Obblighi del Preposto, sono stabiliti dall’Art. 19 del D.Lgs. 81/2008.[/box-info]
1. In riferimento alle attività indicate all'articolo 3, i preposti, secondo le loro attribuzioni e competenze, devono:
a) sovrintendere e vigilare sull’osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di rilevazione di comportamenti non conformi alle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro e dai dirigenti ai fini della protezione collettiva e individuale, intervenire per modificare il comportamento non conforme fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza. In caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza dell’inosservanza, interrompere l’attività del lavoratore e informare i superiori diretti; (1) b) verificare affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico; c) richiedere l'osservanza delle misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato e inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa; d) informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione; e) astenersi, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato; f) segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro, delle quali venga a conoscenza sulla base della formazione ricevuta; f -bis) in caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza, se necessario, interrompere temporaneamente l’attività e, comunque, segnalare tempestivamente al datore di lavoro e al dirigente le non conformità rilevate; (2) g) frequentare appositi corsi di formazione secondo quanto previsto dall'articolo 37.[/panel]
(Note)
(1) Lettera sostituita dalla Legge 17 dicembre 2021 n. 215 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili. (GU n.301 del 20.12.2021). (2) Lettera aggiunta dalla Legge 17 dicembre 2021 n. 215 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili. (GU n.301 del 20.12.2021).
Valutazione rischio MMC ripetitivi ISO 11228-3 OCRA | Valutazione Semplice
ID 8349 | 22.05.2019
Premessa
Documento e check list allegato sulla Valutazione del rischio da movimentazione manuale dei carichi (ripetitivi) - Valutazione del rischio semplice, che “deve” essere effettuata in accordo con la norma ISO 11228-3 in quanto norma di cui all’All. XXXIII del D.Lgs. 81/2008, da considerarsi tra quelle previste dall’Art. 168 c. 3 come criteri di riferimento per gli obblighi del DL per il rischio MMC.
In questo primo documento di due, è illustrata la Procedura di Valutazione del rischio MMC in accordo con la norma UNI ISO 11228-3 (Valutazione del rischio semplice) con check list di cui all’allegato B della norma e riduzione del rischio di cui all’allegato E.
Nel secondo documento è affrontata la Valutazione del rischio dettagliata (UNI ISO 11228-3 Allegato C).
[box-info]D.Lgs. 81/2008 … Art. 168. Obblighi del datore di lavoro … 3. Le norme tecniche costituiscono criteri di riferimento per le finalità del presente articolo e dell'allegato XXXIII, ove applicabili. Negli altri casi si può fare riferimento alle buone prassi e alle linee guida.
ALLEGATO XXXIII MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI … RIFERIMENTI A NORME TECNICHE Le norme tecniche della serie ISO 11228 (parti 1-2-3) relative alle attività di movimentazione manuale (sollevamento, trasporto, traino, spinta, movimentazione di carichi leggeri ad alta frequenza) sono da considerarsi tra quelle previste all'articolo 168, comma 3. ...[/box-info]
UNI ISO 11228-3:2009 Ergonomia - Movimentazione manuale Parte 3: Movimentazione di bassi carichi ad alta frequenza
La norma stabilisce le raccomandazioni ergonomiche per compiti lavorativi ripetitivi che implicano la movimentazione manuale di bassi carichi ad alta frequenza. La norma fornisce una guida sull'identificazione e valutazione dei fattori di rischio comunemente associati alla movimentazione di bassi carichi ad alta frequenza, consentendo di conseguenza la valutazione dei relativi rischi per la salute per la popolazione lavorativa.
Excursus
Introduzione
La movimentazione di carichi leggeri ad alta frequenza (lavoro ripetitivo) può causare dolore e affaticamento, che possono portare a disordini muscolo-scheletrici, riduzione della produttività e peggioramento del coordinamento della postura e dei movimenti. Quest'ultimo fattore può aumentare il rischio di errori e determinare di conseguenza un abbassamento della qualità e situazioni di pericolo. Una buona progettazione ergonomica e una corretta organizzazione del lavoro sono requisiti base per evitare gli effetti avversi menzionati.
I fattori di rischio nel lavoro ripetitivo includono la frequenza delle azioni, la durata dell'esposizione, le posture e il movimento dei segmenti del corpo, le forze richieste dal lavoro, l'organizzazione del lavoro, il controllo del lavoro, le esigenze connesse ai risultati del lavoro (per esempio qualità, precisione del compito) e il livello di addestramento/abilità. Ulteriori fattori possono includere fattori ambientali quali clima, rumore, vibrazioni e illuminazione.
Le raccomandazioni fornite dalla presente parte della ISO 11228-3 si basano sulle evidenze scientifiche disponibili concernenti la fisiologia e l'epidemiologia del lavoro manuale. La conoscenza è, comunque, limitata e le linee guida suggerite sono soggette a variazioni in base ai risultati delle future ricerche.
La norma definisce le raccomandazioni ergonomiche per compiti di lavoro ripetitivi che 'coinvolgono la movimentazione manuale di carichi leggeri ad alta frequenza. Fornisce una guida all'identificazione e alla valutazione dei fattori di rischio comunemente associati alla movimentazione di carichi leggeri ad alta frequenza, consentendo pertanto la valutazione dei rischi per la salute della popolazione lavorativa. Le raccomandazioni si applicano alla popolazione lavorativa adulta e sono destinate a fornire una ragionevole protezione a quasi tutti gli adulti in buona salute. Le raccomandazioni concernenti i rischi per la salute e le misure di controllo si basano in larga parte su studi sperimentali relativi al carico muscolo-scheletrico, al disagio/dolore e alla resistenza/affaticamento correlati ai metodi di lavoro. Per la valutazione delle posture lavorative, fare riferimento alla ISO 11226.
1. Termini e definizioni
compito ripetitivo: Compito caratterizzato da cicli di lavoro ripetuti.
ciclo di lavoro: Sequenza di azioni (tecniche) ripetute sempre nello stesso modo.
tempo di ciclo te : Tempo, in secondi, trascorso dal momento in cui un operatore inizia un ciclo di lavoro al momento in cui lo stesso ciclo di lavoro è ripetuto.
azione tecnica: Azioni manuali elementari necessarie al completamento delle operazioni comprese in un ciclo.
Esempio:
Tenere, ruotare, spingere o tagliare.
ripetitività: Caratteristica di un compito quando una persona ripete continuamente gli stessi cicli di lavoro, azioni tecniche e movimenti.
frequenza delle azioni: Numero di azioni tecniche per unità di tempo.
forza F: Sforzo fisico dell'operatore necessario all'esecuzione del compito.
posture e movimenti: Posizioni e movimenti del(i) segmento(i) del corpo o della(e) articolazione(i) necessari per eseguire il compito.
tempo di recupero: Periodo di riposo che segue un periodo di attività e che consente il ripristino della funzione muscolo-scheletrica (in minuti).
fattore di rischio complementare: Oggetti e fattori ambientali per i quali sussistono evidenze di relazione causale o aggravante con disordini muscolo-scheletrici degli arti superiori correlati al lavoro.
Esempio:
Vibrazioni, compressioni localizzate, ambiente freddo o superfici fredde. ...
Quando la movimentazione ripetitiva è inevitabile, si dovrebbe adottare un approccio in quattro fasi in conformità alla ISO Guide 51 e alla ISO 14121, che prevede sia la valutazione del rischio sia la riduzione del rischio. Le quattro fasi riguardano l'identificazione del pericolo, la stima del rischio la valutazione del rischio e la riduzione del rischio.
La procedura illustrata nella figura 1 dovrebbe essere adottata quando si esegue una valutazione del rischio dei compiti implicanti la movimentazione manuale di carichi leggeri ad alta frequenza.
Figura 1 - Procedura di Valutazione del rischio ...
3. Identificazione del pericolo
Generalità
La prima fase della valutazione d0el rischio consiste nell'identificare l'eventuale esistenza di un pericolo che può esporre gli individui a un rischio di lesione. Se simili pericoli sono presenti, allora può essere necessaria una valutazione del rischio più dettagliata. Quando si determina se sono presenti uno o più dei seguenti pericoli, si dovrebbe prestare attenzione alle linee guida per evitarli.
Ripetizione
I movimenti ripetitivi frequenti fanno insorgere un rischio di lesione che può variare a seconda del contesto delle modalità di movimento e dell'individuo. Con l'aumentare dei movimenti nel ciclo di movimento e/o la riduzione della durata del ciclo, il rischio di lesione cresce. All'interno di un lavoro o di un compito si dovrebbero evitare i movimenti ripetitivi.
Postura e movimento
La posizione assisa limita il movimento complessivo del corpo, in particolare quelli dell'arto inferiore e della schiena. Ciò può portare a un carico maggiore e più complesso sulla schiena e sulle estre01ità superiori. Rimanere in posizione eretta per periodi di tempo prolungati produce spesso dolore/disagio alle gambe e alla parte inferiore della schiena e può portare al ristagno venoso nelle gambe. Le posture complesse che coinvolgono movimenti combinati (per esempio in flessione e in torsione) possono presentare rischi maggiori (vedere ISO 11226). Ogni qualvolta possibile, ai lavoratori dovrebbe essere concessa l'opzione di variare tra la posizione assisa e quella eretta.
I compiti e le operazioni lavorative dovrebbero consentire variazioni della postura lavorativa sia per il corpo intero che per il movimento di segmenti specifici degli arti. Nei compiti di lavoro, si dovrebbero evitare condizioni estreme di movimento delle articolazioni; inoltre esiste l'esigenza di evitare posture statiche prolungate. ...
4. Stima del rischio
Metodo 1 - Valutazione semplificata del rischio
La stima del rischio consiste in una valutazione semplificata del rischio in lavori composti da un singolo compito ripetitivo pavori monocompito).
Il modello di procedura e lista di controllo (check list) presentati nell'appendice B sono da preferirsi per lo svolgimento della valutazione semplificata del rischio. Questa procedura di valutazione si divide in quattro parti:
- informazioni preliminari che descrivono il compito lavorativo; - identificazione del pericolo, procedura e lista di controllo per la stima del rischio; - valutazione complessiva del rischio; - azioni di miglioramento da intraprendere.
Nota Come seconda scelta, si possono usare altri metodi e liste di controllo semplici forniti nell'appendice A, tenendo presenti le caratteristiche specifiche del compito ripetitivo in esame.
La stima del rischio con il metodo 1 dovrebbe consentire la classificazione del rischio mediante l'approccio a tre zone (verde, gialla e rossa) e determinare le conseguenti azioni da intraprendere. Le tre zone di rischio sono definite come segue.
A) Zona verde (rischio accettabile) __Rischio acccettabile _
Il rischio di malattia o lesione è trascurabile oppure è a un livello accettabilmente basso per l'intera popolazione lavorativa. Non occorre alcuna azione.
B) Zona gialla (rischio accettabile a determinate condizioni)__Rischio acccettabile a determinate condizioni _
Esiste un rischio di malattia o lesione che non può essere trascurato per l'intera popolazione lavorativa o parte di essa. Il rischio deve essere determinato ulteriormente (usando la valutazione più dettagliata del metodo 2), analizzando i fattori di rischio determinanti e deve essere seguito quanto prima possibile da una riprogettazione. Se la riprogettazione non è possibile, si devono prendere altre misure per controllare. il rischio.
C) Zona rossa (non accettabile) __Rischio non acccettabile _
Esiste un considerevole rischio di malattia o lesione che non può essere trascurato per la popolazione lavorativa. È necessaria un'azione immediata (per esempio, riprogettazione, organizzazione del lavoro, istruzione e addestramento dei lavoratori) per ridurre il rischio. ...
Prospetto 1 ..
APPENDICE B Metodo 1 - Lista di controllo per la valutazione semplificata del rischio
B.1 Generalità
La presente appendice fornisce liste di controllo e un modello per la valutazione semplificata del rischio di cui al metodo 1 (vedere punto 4.2.3.1). La struttura e il contenuto della lista di controllo sono i seguenti.
- Informazioni preliminari che descrivono il compito di lavoro
Consiste di informazioni generali (descrizione del lavoro, compiti da valutare, ecc.). Si dovrebbe prestare attenzione inizialmente alla prevalenza dei reclami per ragioni di salute e correlati al lavoro e/o alle variazioni operative (pianificate o improvvisate) apportate alle attrezzature o agli utensili di lavoro.
- Identificazione del pericolo, procedura e lista di controllo e stima del rischio
Presenta una procedura che adotta un approccio in cinque fasi, tenendo conto dei quattro fattori di rischio fisico primari (ripetizione, forza elevata, postura e movimenti incongrui, recupero insufficiente), oltre a ogni altro fattore di rischio complementare che possa essere presente. Quando i pericoli sono identificati, si dovrebbero attivare azioni in modo da ridurre o eliminare questi pericoli dal compito/lavoro (vedere appendice E).
Le caratteristiche del ciclo di lavoro sono i fattori di rischio primari per un lavoro.
La fase 1 della valutazione è pertanto la base della stima del rischio. Gli altri fattori di rischio pertinenti per la valutazione del rischio sono posture incongrue o disagevoli (fase 2), uso della forza mediante gli arti superiori (fase 3), la mancanza di periodi di recupero (fase 4) e ulteriori fattori di rischio complementari (fase 5).
Valutazione complessiva del rischio
Il punto B.2.3 descrive il metodo per la valutazione complessiva del rischio e le conseguenti azioni da attivare. Se uno dei fattori di rischio è riscontrato trovarsi nella zona rossa, allora il rischio complessivo è ROSSO; se nessuno dei livelli di rischio è ROSSO, ma uno o più è nella zona gialla allora il rischio complessivo è GIALLO; se tutti i livelli di rischio sono nella zona verde allora il livello di rischio complessivo è VERDE. Per i fattori complementari, il livello di rischio si riduce quando ci si muove verso la zona verde. Nell'effettuare una valutazione complessiva, si dovrebbero sempre prendere in considerazione i fattori complementari. Vedere punto 4.2.3.1 per una spiegazione delle zone di rischio e delle azioni conseguenti.
- Azione di miglioramento da attivare
Vedere punto B.2.4 per l'azione di miglioramento che dovrebbe essere formulata ed eseguita.
B.2 Lista di controllo
B.2.1 Informazioni preliminari
Completare il prospetto B.1 ...
B.2.2 Identificazione del pericolo e valutazione del rischio
La presente parte della lista di controllo è usata per una specifica valutazione del rischio se il lavoro è ripetitivo. Il rischio dovrebbe essere sempre ulteriormente analizzato se il lavoro prevede movimenti quasi identici ripetuti frequentemente per un periodo significativo della normale gi9rnata lavorativa. Se la durata del lavoro ripetitivo è minore di 1 h/giorno o 5 h/settimana, il rischio derivato dalla ripetitività è considerato trascurabile. In tal caso, non occorre alcuna ulteriore valutazione del rischio della ripetitività.
Completare il prospetto B.2.
Fase 1 - Ripetitività/durata dei movimenti Fase 2 - Ripetitività/durata dei movimenti e postura Fase 3 - Forza Fase 4 - Periodi di recupero Fase 5 - Fattori di rischio complementari
Prospetto B2
...
APPENDICE E Riduzione del rischio
1. Introduzione
Le conoscenze scientifiche sottolineano l'importanza di un approccio ergonomico alla rimozione o riduzione dei rischi connessi con la movimentazione ripetitiva dei carichi.
L'ergonomia si focalizza sulla progettazione del lavoro e sulla sua integrazione con le esigenze e le capacità fisiche e mentali umane. Un approccio ergonomico considera i compiti di movimentazione ripetitiva nella loro interezza, tenendo conto di una gamma di fattori rilevanti fra cui la natura del compito, le caratteristiche dell'oggetto, l'ambiente lavorativo e le limitazioni e capacità dell'individuo.
Un'adeguata valutazione corretta del rischio costituisce la base delle scelte appropriate nella riduzione del rischio.
2. Evitare la movimentazione ripetitiva
Per cercare di evitare lesioni conseguenti alla movimentazione ripetitiva, è importante chiedersi se la movimentazione ripetitiva degli oggetti possa essere totalmente eliminata. I progettisti di lavori, macchine o impianti dovrebbero prendere in considerazione l'introduzione di un sistema di movimentazione motorizzato o meccanico invece di un sistema manuale.
Si dovrebbe, comunque, ricordare che l'introduzione di automazione o meccanizzazione può creare nuovi rischi. Tutte le attrezzature dovrebbero essere oggetto di corretta manutenzione, compatibili con il resto del sistema di lavoro, efficaci, progettate in modo appropriato e facilmente azionabili. I lavoratori dovrebbero essere correttamente addestrati all'uso sicuro ed efficace delle attrezzature. Istruzioni operative e avvisi di sicurezza dovrebbero essere posizionati sull'attrezzatura. ... segue in allegato
Banchine di carico - Sicurezza zona carico/scarico
ID 4861 | 31.10.2017 / Documento completo allegato
Il presente focus tratta dell’organizzazione efficiente di una banchina di carico, soffermandosi sulla gestione della sicurezza, dato il potenziale pericoloso, che il suo uso rappresenta.
Le banchine di carico hanno una funzione critica nel sistema logistico del trasporto. Sono il punto di collegamento tra produzione e trasporto e tra trasporto e stoccaggio.
[box-note]Normativa di riferimento:[/box-note]
Allegato IV Dlgs 81/08 - Requisiti dei luoghi di lavoro
1.3 Pavimenti, muri, soffitti, finestre e lucernari dei locali scale e marciapiedi mobili, banchina e rampe di carico […] 1.3.11. Le banchine e rampe di carico devono essere adeguate alle dimensioni dei carichi trasportati. 1.3.12. Le banchine di carico devono disporre di almeno un’uscita. Ove è tecnicamente possibile, le banchine di carico che superano m 25,0 di lunghezza devono disporre di un’uscita a ciascuna estremità. 1.3.13. Le rampe di carico devono offrire una sicurezza tale da evitare che i lavoratori possono cadere. […] 1.4. Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi 1.4.1. Le vie di circolazione, comprese scale, scale fisse e banchine e rampe di carico, devono essere situate e calcolate in modo tale che i pedoni o i veicoli possano utilizzarle facilmente in piena sicurezza e conformemente alla loro destinazione e che i lavoratori operanti nelle vicinanze di queste vie di circolazione non corrano alcun rischio. 1.4.2. Il calcolo delle dimensioni delle vie di circolazione per persone ovvero merci dovrà basarsi sul numero potenziale degli utenti e sul tipo di impresa. 1.4.3. Qualora sulle vie di circolazione siano utilizzati mezzi di trasporto, dovrà essere prevista per i pedoni una distanza di sicurezza sufficiente. 1.4.4. Le vie di circolazione destinate ai veicoli devono passare ad una distanza sufficiente da porte, portoni, passaggi per pedoni, corridoi e scale. 1.4.5. Nella misura in cui l’uso e l’attrezzatura dei locali lo esigano per garantire la protezione dei lavoratori, il tracciato delle vie di circolazione deve essere evidenziato. 1.4.6. Se i luoghi di lavoro comportano zone di pericolo in funzione della natura del lavoro e presentano rischi di cadute dei lavoratori o rischi di cadute d’oggetti, tali luoghi devono essere dotati di dispositivi per impedire che i lavoratori non autorizzati possano accedere a dette zone. 1.4.7. Devono essere prese misure appropriate per proteggere i lavoratori autorizzati ad accedere alle zone di pericolo. 1.4.8. Le zone di pericolo devono essere segnalate in modo chiaramente visibile. […][/box-hint]
La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN 1570-1:2011+A1 (edizione ottobre 2014). La norma specifica i requisiti di sicurezza per le piattaforme elevabili industriali per il sollevamento e/o l’abbassamento di beni e degli operatori: - dove la piattaforma elevabile non supera un livello fisso di sbarco; - non serve più di due livelli fissi di sbarco.
La norma si occupa di tutti i pericoli significativi pertinenti alle piattaforme elevabili quando esse sono utilizzate come previsto dalle istruzioni operative e secondo le condizioni da esse previste (compreso l’uso anomalo prevedibile). La norma specifica le misure tecniche adeguate per eliminare o ridurre i rischi derivanti dai pericoli significativi.
La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN 1398 (edizione marzo 2009). La norma si applica al calcolo, alla progettazione, alla costruzione, ai dispositivi di sicurezza, all installazione, all utilizzo, alla manutenzione e alla prova di rampe di carico regolabili ad eccezione delle rampe di carico regolabili per applicazioni navali e aeronautiche, tavole di sollevamento ed elevatori posteriori montati su veicoli.
[box-note]Struttura/articolato Focus:[/box-note]
1. Premessa 2. Progettazione della banchina 2.1 Posizionamento delle banchine 2.2 Viabilità 2.3 Spazio per la sosta 3. Scelta della tipologia di banchina da utilizzare 3.1 Banchina interno/esterno 3.1 Banchina all’aperto 4. Caratteristiche di sicurezza 4.1 Barra di protezione 4.2 Altezza della banchina 4.3 Dimensioni dell’area di carico e delle porte 5. Scelta dei sistemi per livellare la banchina 6. Ponti idraulici 7. Blocco del rimorchio 8. Ammortizzatori e respingenti 9. Pittogrammi di sicurezza
[box-note]Excursus[/box-note]
Progettazione della banchina - Posizionamento delle banchine
Nella progettazione di una banchina di carico è importante che il luogo di installazione minimizzi il percorso dei carrelli elevatori all’interno del sito. È più sicuro spostare un camion all’esterno dell’edificio che aumentare il traffico dei carrelli elevatori all’interno dello stesso.
Di solito le banchine di carico sono di due tipi:
1. combinate, spedizione e ricezione merci insieme;
2. separate, spedizione e ricezione merci divise.
...
Caratteristiche di sicurezza
Barra di protezione
I camion hanno spesso una barra di protezione inferiore montata sul retro del rimorchio.
La barra può essere collegata alla banchina per evitare l’allontamento accidentale del camion durante la fase di carico; allontamento che potrebbe generare gravi rischi per i carrellisti. A tal scopo la banchina è dotata di un apposito gancio per il collegamento alla barra.
... segue
Certifico Srl - IT Rev. 00 2017 Formato: PDF Copiabile/stampabile: SI Abbonati: Sicurezza/2X/3X/4X/Full
Impianti antincendio fissi a gas inerti / Quadro normativo 01.2022
ID 6867 | Rev. 1.0 del 12.01.2022 / Documento completo allegato
La norma di riferimento per la progettazione degli impianti antincendio fissi a gas inerti è la "UNI EN 15004-1:2019 Installazioni fisse antincendio - Sistemi a estinguenti gassosi - Parte 1: Progettazione, installazione e manutenzione", dove in funzione del gas inerte utilizzato, in genere azoto, argon e miscele degli stessi, codificati come IG100 (azoto), IG01 (argon), IG55 (miscela 50% Azoto/Argon) e IG541 (miscela Azoto/Argon/CO2), le norme dedicate sono: - UNI EN 15004-8:2018 (IG100) (azoto), - UNI EN 15004-7:2018 (IG01) (argon), - UNI EN 15004-9:2018 (IG55) (miscela 50% Azoto/Argon), - UNI EN 15004-10:2008 (IG541) (miscela Azoto/Argon/CO2).
[box-note]Altri gas chimici utilizzati negli impianti di spegnimento (gas halocarbon)
- UNI EN 15004-2:2020 (FK-5-1-12) - UNI EN 15004-2:2020 (HFC 125) - UNI EN 15004-5:2020 (HFC 227ea) - UNI EN 15004-6:2020 (HFC 23)[/box-note]
Gli impianti antincendio a gas inerti utilizzano come agente estinguente i gas argon e azoto e relative miscele, con la tecnica della saturazione totale d’ambiente “TOTAL FLOODING”: agiscono per riduzione del livello di ossigeno nell’ambiente fino al punto in cui la combustione non può essere sostenuta.
Argon e azoto sono gas naturali presenti nell’aria e la loro azione estinguente si basa principalmente sull’abbassamento del contenuto di ossigeno presente nell’ambiente fino ad un valore compreso tra il 10% ed il 12%, sotto il quale il processo di combustione non può avvenire, ma tale comunque da non costituire pericolo per eventuali persone presenti.
Argon e azoto quando vengono a contatto con le fiamme non hanno nessun tipo di reazione, non sviluppano nessun prodotto di decomposizione dannoso o corrosivo, ritornando nel ciclo naturale dell’atmosfera senza danneggiare l’ambiente.
Argon e azoto non danneggiano i materiali più delicati, sono puliti, efficaci e privi di impatto ambientale (GWP nullo) e con nessun effetto di depauperamento dell’ozono (ODP zero).
Gli impianti di spegnimento a gas inerte sono da considerarsi quindi dei sistemi a clean agent (agenti puliti), così definiti perché il loro uso assicura un processo di spegnimento di tipo rapido e pulito, non rilasciando alcun tipo di residuo nell’area in cui viene erogato, infatti dopo che l’agente estinguente viene scaricato, può essere rimosso dallo spazio protetto attraverso una semplice ventilazione, permettendo di riprendere rapidamente le normali operazioni.
Il gas inerti con argon e azoto sono sono codificati:
- IG100 è Azoto al 100% (più economico sul mercato); - IG55 è composto in parti eguali da Argon e Azoto (è il più utilizzato); - IG01 è Argon al 100% (adatto, per la sua elevata comprimibilità, quando lo spazio di stoccaggio per le bombole risulta essere limitato): - l’IG541 detto inergen è una miscela di gas inerti composta per il 40% da Argon, 52% da Azoto e 8% da CO2.
Gli impianti antincendio a gas inerti sono costituiti essenzialmente da una o più batterie di bombole ad alta pressione 200/300 bar aventi capacità di 80/140 litri.
Grazie all’alta pressione di stoccaggio, si possono posizionare le bombole anche a notevole distanza dalle aree da proteggere e coprire più locali con la stessa batteria usando opportune valvole direzionali.
Durante la scarica l’alta pressione di stoccaggio viene ridotta con l’impiego di orifizi calibrati: il gas estinguente viene scaricato all’interno del locale protetto mediante una rete di distribuzione e ugelli a bassa pressione.
L’eventuale sovrappressione che si forma nell’area protetta durante la scarica dell’estinguente viene attenuata con l’utilizzo di una o più serrande di sovrappressione. Le serrande sono dotate di alette mobili con contrappeso tarato, che si aprono quando la pressione all’interno del locale protetto diventa troppo elevata per poi richiudersi e garantire la saturazione ambientale per almeno 10 minuti dopo la scarica.
L’integrità del volume protetto di tutti i sistemi a saturazione totale deve essere controllata per localizzare e quindi sigillare efficacemente qualunque perdita d’aria significativa, che potrebbe portare all’incapacità del volume di mantenere il livello specificato di concentrazione della sostanza estinguente per il periodo di permanenza specificato. Tale verifica deve essere eseguita con il “Door Fan Test”.
L’impianto di spegnimento a gas inerti è progettato, con l’ausilio di software per il calcolo delle forature delle sezioni di passaggio degli ugelli, per scaricare il gas nell’ambiente in 60 secondi. Il tempo di scarica viene definito come il tempo necessario per raggiungere il 95% della concentrazione minima di progetto.
I sistemi di spegnimento automatici gassosi entrano in azione quando il sistema di rivelazione invia un segnale di allarme alla centrale, che mette in atto le azioni per cui è stata programmata, estinguendo le fiamme in brevissimo tempo.
SOSTANZA ESTINGUENTE
PRODOTTO CHIMICO
FORMULA
NOME DEPOSITATO
NORMA
IG-01
Argon
Ar
Argotec
UNI EN 15004-7:2018
IG-100
Azoto
N2
-
UNI EN 15004-8:2018
IG-55
Azoto (50%) Argon (50%)
N2 Ar
Argonite
UNI EN 15004-9:2018
IG-541
Azoto (52%) Argon (40%) Anidride carbonica (8%)
N2 Ar CO2
Inergen
UNI EN 15004-10:2018
Tabella A - Principali gas inerti utilizzati negli impianti di spegnimento.
Ambienti di applicazione
I gas inerti come agenti estinguenti sono particolarmente adatti per la protezione di tutti gli ambienti dove non è possibile utilizzare l’acqua (locali CED, archivi, cabine elettriche, biblioteche, magazzini ed aree tecniche con presenza di personale).
Sicurezza d'uso
Per evitare scariche di estinguenti non necessarie e garantire la massima sicurezza del personale e dei beni presenti negli spazi sottoposti a protezione, può essere utile che l’attivazione degli impianti a gas inerti sia coadiuvata da un impianto di rivelazione fumi a doppio consenso incrociato
Per quanto riguarda i limiti di concentrazione ed esposizione delle persone al gas estinguente inerte si applica quanto stabilito negli Stati Uniti dall’EPA (Environmental Protection Agency) e dal Protocollo di Reinhardt. I parametri determinanti
NOAEL-NO Observable Adverse Effect Level (massimo valore di esposizione all’agente estinguente ovvero concentrazione, a cui non vengono riscontrati effetti
LOAEL-Lowest Observable Adverse Effect Level (minimo valore di esposizione all’agente estinguente ovvero concentrazione, a cui vengono riscontrati effetti collaterali).
PRESENZA UMANA
CONCENTRAZIONE
OSSIGENO RESIDUO
ESPOSIZIONE MASSIMA
Aree normalmente occupate
43% NOAEL
12%
5 minuti
Aree normalmente non occupate
52% – 62% LOAEL
10% – 8%
3 minuti – 30 secondi
Tabella B - Concentrazioni massime di utilizzo.
Pertanto è chiaro che nel caso di aree normalmente occupate da personale, non si potrà ridurre la concentrazione di ossigeno ad un valore inferiore al 12%, se si vuole permettere la presenza umana all’interno del locale interessato dalla scarica estinguente per 5 minuti.
Norme Impianti antincendio a gas
In rosso i riferimenti delle norme aggiornate Rev. 1.0 del Documento del 12.01.2022
UNI 11280:2012 Controllo iniziale e manutenzione dei sistemi di estinzione incendi ad estinguenti gassosi
UNI 11512:2021 Impianti fissi di estinzione antincendio - Componenti per impianti di estinzione a gas - Requisiti e metodi di prova per la compatibilità tra i componenti
UNI EN 12094-1:2004 Sistemi fissi di lotta contro l'incendio - Componenti di impianti di estinzione a gas - Requisiti e metodi di prova per dispositivi elettrici automatici di comando e gestione spegnimento e di ritardo
UNI EN 12094-2:2004 Sistemi fissi di lotta contro l'incendio - Componenti di impianti di estinzione a gas - Requisiti e metodi di prova per dispositivi non elettrici automatici di comando e gestione spegnimento e di ritardo
UNI EN 12094-3:2004 Sistemi fissi di lotta contro l'incendio - Componenti di impianti di estinzione a gas - Requisiti e metodi di prova per dispositivi manuali di azionamento e di bloccaggio
UNI EN 12094-4:2004 Sistemi fissi di lotta contro l'incendio - Componenti di impianti di estinzione a gas - Parte 4: Requisiti e metodi di prova per complesso valvola di scarica e rispettivi attuatori
UNI EN 12094-5:2006 Sistemi fissi di lotta contro l'incendio - Componenti di impianti di estinzione a gas - Parte 5: Requisiti e metodi di prova per valvole direzionali e loro attuatori in alta e bassa pressione
UNI EN 12094-6:2006 Sistemi fissi di lotta contro l'incendio - Componenti di impianti di estinzione a gas - Parte 6: Requisiti e metodi di prova per dispositivi non elettrici di messa fuori servizio
UNI EN 12094-7:2005 Sistemi fissi di lotta contro l'incendio - Componenti di impianti di estinzione a gas - Parte 7: Requisiti e metodi di prova per ugelli per sistemi a CO2
UNI EN 12094-8:2006 Sistemi fissi di lotta contro l'incendio - Componenti di impianti di estinzione a gas - Parte 8: Requisiti e metodi di prova per raccordi
UNI EN 12094-9:2004 Sistemi fissi di lotta contro l'incendio - Componenti di impianti di estinzione a gas - Requisiti e metodi di prova per rivelatori di incendio speciali
UNI EN 12094-10:2004 Sistemi fissi di lotta contro l'incendio - Componenti di impianti di estinzione a gas - Requisiti e metodi di prova per manometri e pressostati
UNI EN 12094-11:2004 Sistemi fissi di lotta contro l'incendio - Componenti di impianti di estinzione a gas - Requisiti e metodi di prova per dispositivi di pesatura meccanici
UNI EN 12094-12:2004 Sistemi fissi di lotta contro l'incendio - Componenti di impianti di estinzione a gas - Requisiti e metodi di prova per dispositivi di allarme pneumatici
UNI EN 12094-13:2002 Sistemi fissi di lotta contro l'incendio - Componenti di impianti di estinzione a gas - Requisiti e metodi di prova per valvole di ritegno e valvole di non ritorno
UNI EN 12094-16:2004 Sistemi fissi di lotta contro l'incendio - Componenti di impianti di estinzione a gas - Requisiti e metodi di prova per dispositivi odorizzanti per sistemi a bassa pressione a CO2
UNI/TS 11512:2013 Impianti fissi di estinzione antincendio - Componenti per impianti di estinzione a gas - Requisiti e metodi di prova per la compatibilità tra i componenti (sostituita da UNI 11512:2021)
UNI EN 15004-1:2019 Installazioni fisse antincendio - Sistemi a estinguenti gassosi - Parte 1: Progettazione, installazione e manutenzione
UNI EN 15004-2:2020 Installazioni fisse antincendio - Sistemi a estinguenti gassosi - Parte 2: Proprietà fisiche e progettazione dei sistemi a estinguenti gassosi per l'agente estinguente FK-5-1-12
UNI EN 15004-3:2008 Installazioni fisse antincendio - Sistemi a estinguenti gassosi - Parte 3: Proprietà fisiche e progettazione dei sistemi a estinguenti gassosi per l'agente estinguente HCFC Miscela A (ritirata senza sostituzione)
UNI EN 15004-4:2020 Installazioni fisse antincendio - Sistemi a estinguenti gassosi - Parte 4: Proprietà fisiche e progettazione dei sistemi a estinguenti gassosi per l'agente estinguente HFC 125
UNI EN 15004-5:2020 Installazioni fisse antincendio - Sistemi a estinguenti gassosi - Parte 5: Proprietà fisiche e progettazione dei sistemi a estinguenti gassosi per l'agente estinguente HFC 227ea
UNI EN 15004-6:2018 Installazioni fisse antincendio - Sistemi a estinguenti gassosi - Parte 6: Proprietà fisiche e progettazione dei sistemi a estinguenti gassosi per l'agente estinguente HFC 23
UNI EN 15004-7:2018 Installazioni fisse antincendio - Sistemi a estinguenti gassosi - Parte 7: Proprietà fisiche e progettazione dei sistemi a estinguenti gassosi per l'agente estinguente IG-01 (argon)
UNI EN 15004-9:2018 Installazioni fisse antincendio - Sistemi a estinguenti gassosi - Parte 9: Proprietà fisiche e progettazione dei sistemi a estinguenti gassosi per l'agente estinguente IG-55
UNI EN 15004-8:2018 Installazioni fisse antincendio - Sistemi a estinguenti gassosi - Parte 8: Proprietà fisiche e progettazione dei sistemi a estinguenti gassosi per l'agente estinguente IG-100
UNI EN 15004-10:2018 Installazioni fisse antincendio - Sistemi a estinguenti gassosi - Parte 10: Proprietà fisiche e progettazione dei sistemi a estinguenti gassosi per l'agente estinguente IG-541
ISO 14520-1:2015 Gaseous fire-extinguishing systems - Physical properties and system design General requirements
ISO 14520-5:2019 Gaseous fire-extinguishing systems -- Physical properties and system design FK-5-1-12
ISO 14520-10:2019 Gaseous fire-extinguishing systems - Physical properties and system design HFC 23 extinguishant
ISO 14520-11:2016 Gaseous fire-extinguishing systems - Physical properties and system design HFC 236fa extinguishant
ISO 14520-12:2015 Gaseous fire-extinguishing systems - Physical properties and system design IG-01 extinguishant
ISO 14520-13:2015 Gaseous fire-extinguishing systems - Physical properties and system design IG-100 extinguishant
ISO 14520-14:2015 Gaseous fire-extinguishing systems - Physical properties and system design IG-55 extinguishant
ISO 14520-15:2015 Gaseous fire-extinguishing systems - Physical properties and system design IG-541 extinguishant
UNI EN 15004-1:2019 UNI EN 15004-2:2020 UNI EN 15004-3:2008 UNI EN 15004-4:2020 UNI EN 15004-5:2020 UNI EN 15004-6:2018 UNI 11280:2012 UNI EN 12094-9:2004 UNI/TS 11512:2013 UNI 11512:2021 ISO 14520-5:2019 ISO 14520-10:2019
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[panel]FAQ TITOLO VIII CAPO I
1. 1 Quali sono gli agenti fisici che debbono essere considerati nell'ambito della valutazione dei rischi ex art. 28 e art. 181 del D.Lgs. 81/08?
La valutazione dei rischi da agenti fisici deve essere eseguita dal datore di lavoro (art. 17 comma a) secondo le modalità previste dagli articoli 28 e 29 del D.Lgs. 81/08e deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori. Lo stesso articolo 28, al comma 3, specifica che il contenuto del documento redatto al termine della valutazione dei rischi deve altresì rispettare le indicazioni specifiche contenute nei successivi titoli del decreto, che, nel caso degli agenti fisici, è il Titolo VIII. In ogni caso la finalità della valutazione del rischio deve essere sempre quella di identificare e adottare opportune misure di prevenzione e protezione, che vanno indicate all’interno del DVR.
Ciò premesso, a seconda dell’agente fisico in questione, si presentano diversi casi:
- rumore, vibrazioni, campi elettromagnetici e radiazioni ottiche artificiali. Sono gli agenti fisici che, elencati nel campo di applicazione del Titolo VIII, possiedono un Capo loro dedicato. In questo caso le esposizioni dei lavoratori dovranno essere valutate in conformità alle modalità e ai requisiti descritti nei rispettivi Capi; - ultrasuoni, infrasuoni, microclima, atmosfere iperbariche. Sono gli agenti fisici che, elencati nel campo di applicazione del Titolo VIII, NON possiedono un Capo specifico; per essi si applica quanto richiesto al Capo I, ossia, il datore di lavoro valuta i rischi derivanti da esposizione ad agenti fisici in modo da identificare e adottare le opportune misure di prevenzione e protezione, con particolare riferimento alle norme di buona tecnica ed alle buone prassi disponibili, elimina i rischi alla fonte o li riduce al minimo, pone attenzione ai lavoratori particolarmente sensibili, provvede agli obblighi di informazione e formazione, alla sorveglianza sanitaria e alla tenuta della cartella sanitaria di rischio (vedere anche FAQ 1.2). - radiazione solare (radiazione ottica di origine naturale). La radiazione solare non rientra nell’ambito di applicazione del Titolo VIII, che tra le radiazioni ottiche tratta esclusivamente quelle di origine artificiale. Considerato che gli effetti sulla salute a breve e a lungo termine delle esposizioni a questo agente fisico sono scientificamente noti da tempo e, soprattutto, che la radiazione solare è inserita fin dal 1992 nel Gruppo 1 degli “agenti cancerogeni per gli esseri umani” della IARC (International Agency for Research on Cancer) la valutazione del rischio per questo agente è da considerarsi un obbligo per il datore di lavoro ai sensi del comma 1 dell’art. 28 del D.Lgs. 81/08 (vedere anche FAQ 1.3); - radiazioni ionizzanti. Il recepimento della direttiva 59/2013/Euratom avvenuta con il Decreto Legislativo n.101 del 31/07/2020, ha modificato il comma 3 dell’art. 180 del D.Lgs. 81/08 relativo alla protezione dei lavoratori dalle radiazioni ionizzanti, rimandando alle disposizioni contenute nella normativa specifica in materia, nel rispetto dei principi di cui al Titolo I del D.Lgs. 81/08 stesso. La valutazione dei rischi relativi alla esposizione a radiazioni ionizzanti, nonché la sorveglianza fisica e medica, devono essere dunque eseguite in conformità al Decreto Legislativo n. 101 del 31 luglio 2020. di recepimento della direttiva 59/2013/Euratom dal titolo " Attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom e riordino della normativa di settore in attuazione dell'articolo 20, comma 1, lettera a), della legge 4 ottobre 2019, n. 117.
Il Decreto introduce nel nostro Paese importanti novità in materia di prevenzione e protezione dalle radiazioni ionizzanti, adeguando la normativa vigente a quanto previsto in sede europea.
1. 2 Relativamente ai fattori di rischio ultrasuoni, infrasuoni, microclima e atmosfere iperbariche, che sono esplicitamente elencati nel campo di applicazione del Titolo VIII dall'art. 180 del D.Lgs. 81/08, ma per i quali non esiste un Capo dedicato, secondo quali criteri specifici devono essere effettuate le valutazioni del rischio?
L’art. 181 comma 1 specifica che la valutazione del rischio di tutti gli agenti fisici deve essere svolta nell’ambito della valutazione dei rischi generale, di cui all’art.28, e deve essere tale da “identificare e adottare le opportune misure di prevenzione e protezione” facendo “particolare riferimento alle norme di buona tecnica e alle buone prassi”.
Le presenti linee d’indirizzo illustrano gli specifici criteri per effettuare correttamente la valutazione dei rischi derivanti dall’esposizione agli agenti fisici ultrasuoni, infrasuoni, microclima e atmosfere iperbariche, nell’ambito della propria specifica sezione.
Si suggerisce inoltre di consultare il Portale Agenti Fisici all’indirizzo https://www.portaleagentifisici.it/ in cui vengono periodicamente inseriti aggiornamenti normativi, metodologie e algoritmi di calcolo di ausilio alla valutazione del rischio, nonché possibili soluzioni per la riduzione della esposizione al rischio.
1. 3 Relativamente al fattore di rischio radiazione solare che non e' esplicitamente incluso nel campo di applicazione del Titolo VIII dall'art. 180 del D.Lgs. 81/08, secondo quali modalita' deve essere effettuata la valutazione del rischio?
In riferimento alla valutazione del rischio di esposizione alla radiazione solare che interessa tutti i lavoratori che operano all’aperto, non si applicano le disposizioni del Titolo VIII del D.Lgs. 81/08 in quanto questo fattore di rischio non è incluso tra gli “agenti fisici” elencati nell’art. 180 del Titolo stesso.
La valutazione del rischio dovrà essere effettuata secondo i requisiti di cui agli articoli 28 e 29 del Titolo I ed essere eseguita secondo le norme tecniche, le linee guida e le buone prassi disponibili; al termine della valutazione il documento redatto dovrà contenere le opportune misure di prevenzione e protezione dai rischi.
I criteri specifici di valutazione e di prevenzione sono articolati nella specifica sezione di questo documento dedicata alla Radiazione Solare.
Si suggerisce inoltre di consultare il Portale Agenti Fisici all’indirizzo https://www.portaleagentifisici.it/ in cui vengono periodicamente inseriti aggiornamenti normativi, metodologie e algoritmi di calcolo di ausilio alla valutazione del rischio, nonché possibili soluzioni per la riduzione della esposizione al rischio.
1. 4 La valutazione del rischio di esposizione dei lavoratori alle radiazioni ionizzanti, va integrata nell'ambito del documento di valutazione dei rischi? Con quali modalita'?
Per la tutela dell’esposizione dei lavoratori alle radiazioni ionizzanti (artificiali e naturali), è in vigore il D.Lgs. 101/2020 che ha modificato l'art. 180 comma 3 del D.Lgs. 81/08 come segue: "la protezione dei lavoratori dalle radiazioni ionizzanti è disciplinata, nel rispetto dei principi di cui al Titolo I, dalle disposizioni speciali in materia".
Il D.Lgs.101/20 specifica inoltre, all’art. 2 comma 4, che in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, per quanto non espressamente previsto in tema di radiazioni ionizzanti dal decreto stesso, si applica il Decreto Legislativo 81/08 .
In particolare l’art. 109 del D.Lgs. 101/20 (obblighi dei datori di lavoro, dirigenti e preposti) al comma 5 stabilisce che la relazione redatta dall’esperto di radioprotezione per la valutazione e la prevenzione dell’esposizione di lavoratori e popolazione a seguito della esecuzione della pratica radiologica, costituisce il documento di cui all'articolo 28, comma 2, lettera a), del decreto legislativo del 9 aprile 2008, n. 81, per gli aspetti relativi ai rischi di esposizione alle radiazioni ionizzanti ed è munita di data certa in qualsiasi modo attestata, nel rispetto dell’articolo 28, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2008.
1.5 Il rischio relativo alle sorgenti naturali di radiazioni ionizzanti deve essere considerato nel documento di valutazione dei rischi del D.Lgs. 81/08 e smi?
Si, come già specificato nella FAQ 1.4, la valutazione del rischio di esposizione dei lavoratori alle radiazioni ionizzanti, anche di origine naturale, deve fare parte del DVR generale di cui agli articoli 17, 28 e 29 del D.Lgs. 81/08 e smi. on l’entrata in vigore del D.Lgs. 101/20 sono state introdotte molte novità in tema di sorgenti naturali di radiazioni ionizzanti ed affrontati vari aspetti radioprotezionistici. Il D.Lgs. 101/20 al Titolo IV si occupa delle sorgenti di origine naturale, ed è suddiviso in:
Capo I: esposizione al radon nei luoghi di lavoro (sezione II). Per quel che riguarda la protezione dall’esposizione al radon negli ambienti di lavoro sono contenute importanti modifiche rispetto al quadro normativo precedente (FAQ 1.6). La sezione III del capo I si occupa della protezione dell’esposizione al radon negli ambienti di vita, che rappresenta una importante novità, in quanto nel precedente decreto 230/95 era dichiarato fuori dal campo di applicazione.
Capo II: pratiche che comportano l’impiego di materiali contenenti radionuclidi di origine naturale, riguarda la protezione dei lavoratori e degli individui della popolazione dall’esposizione ai radionuclidi naturali presenti nelle materie e nei residui di “industrie NORM” (acronimo di Naturally Occurring Radioactive Material: identifica quei materiali abitualmente non considerati radioattivi ma che possono contenere elevate concentrazioni di radionuclidi naturali per cui sono considerati di interesse dal punto di vista della protezione dei lavoratori e del pubblico).
Capo III: attività lavorative che comportano esposizione a radiazione cosmica, riguarda in particolare modo la protezione del personale di navigazione.
Capo IV: radiazioni gamma emesse da materiale da costruzione, regolamenta gli obblighi per l’immissione sul mercato di materiali da costruzione che emettono radiazioni gamma e che devono essere considerati in termini di radioprotezione.
In accordo con quanto raccomandato dall’ICRP 103, per le situazioni di esposizione esistenti (come la protezione dal radon negli ambienti di vita e di lavoro e la protezione dell’esposizione gamma dovuta ai materiali da costruzione) lo strumento operativo per la radioprotezione è il “livello di riferimento” al posto del “livello di azione”. Il “livello di riferimento” è definito come un valore di dose o di concentrazione di attività in aria (nel caso del radon) da intendere non come “soglia”, ma come un valore al di sopra del quale non è opportuno che si verifichi l’esposizione (attenzione: non è un limite!), ed è necessario adottare interventi protettivi, tuttavia, in osservanza del principio di ottimizzazione, si richiede che tali interventi siano apportati anche al di sotto di tale livello
1.6 Quando ed in quali situazioni deve essere effettuata la valutazione del rischio Radon? Come deve essere strutturato il documento di valutazione del rischio specifico?
La valutazione del rischio radon deve essere eseguita per tutte le attività che sono contemplate nel campo di applicazione della normativa di radioprotezione in vigore e finalizzata alla valutazione della possibile esposizione dei lavoratori e alla messa in atto delle misure di prevenzione e protezione
A differenza della normativa finora vigente (D.Lgs. 230/95 e smi), i livelli di riferimento della concentrazione media annua di attività del radon non sono riferiti esclusivamente ai luoghi di lavoro, ma anche alle abitazioni (vedi tabella 1).
Tabella1. Livelli di riferimento concentrazione media annua Radon
Tipologia locale
Concentrazione media annua
(Bq m-3)
Abitazioni esistenti
300
Abitazioni costruite dopo il 31/12/2024
200
Luoghi di lavoro
300
Le norme relative alla protezione dal radon nei luoghi di lavoro si applicano alle attività lavorative svolte in ambienti sotterranei, negli stabilimenti termali, nei luoghi di lavoro seminterrati e al piano terra se ubicati in aree prioritarie (opportunamente definite nell’art. 11), oppure se svolti in “specifici luoghi di lavoro” da individuare nell’ambito di quanto previsto dal Piano di Azionale Nazionale Radon.
Nei luoghi di lavoro sopra citati è richiesta la misurazione della concentrazione di radon in aria media annua.
E’ da notare che anche il fattore convenzionale di conversione utile alla stima della dose efficace da radon è stato aggiornato, aumentandone il valore, alla luce della raccomandazione ICRP137.
E' demandata al Piano d’Azione Nazionale Radon la definizione di:
- specifiche attività lavorative per le quali il rischio di esposizione al lavoro deve essere oggetto di attenzione - strumenti metodologici necessari all’assolvimento degli obblighi previsti dalla legge - strumenti tecnici operativi (linee guida e procedure) - strategie e criteri attraverso i quali le regioni potranno individuare le aree prioritarie: un primo criterio di identificazione è già presente nel decreto che individua come “aree prioritarie” quelle in cui in almeno il 15% degli edifici si supera il valore di riferimento opportunamente normalizzato - misure per rendere le politiche sul radon compatibili e coerenti con quelle sul risparmio energetico o sulla Indoor Air Quality (IAQ) e con le politiche sul fumo di tabacco.
Il documento che viene redatto a seguito della valutazione è parte integrante del Documento di Valutazione del Rischio redatto ai sensi del D.Lgs. del 9 aprile 2008, n. 81 e smi.
Ai sensi del D.Lgs 101/2020 la relazione tecnica deve contenere le seguenti indicazioni:
1. intestazione del servizio di dosimetria che rilascia la relazione; 2. identificazione univoca del documento (numero o codice progressivo e data); 3. dati anagrafici del committente (con codice fiscale o partita iva) e indirizzo; 4. identificazione univoca del punto di misura, con l'indicazione del locale e del piano (interrato, seminterrato, piano terra, piano rialzato, ecc.); 5. associazione univoca dei punti di misurazione con il dispositivo di misurazione; 6. tecnica di misurazione utilizzata con eventuali riferimenti a norme nazionali o internazionali; 7. indicazione delle date di inizio e fine campionamento di ogni dispositivo di misurazione; 8. risultato in termini di concentrazione media annua di attività di radon in aria per ogni punto di misurazione con l'incertezza associata; 9. eventuali note relative ai risultati; 10. firma del responsabile della misurazione e del responsabile del rilascio dei risultati.
La prima valutazione della concentrazione media annua di attività del Radon deve essere effettuata per i luoghi di lavoro che rientrano nell'ambito di applicazione della normativa (vedi FAQ 1.6) entro 24 mesi dall’inizio dell’attività o dalla definizione delle aree a rischio o dalla identificazione delle specifiche tipologie nel Piano nazionale.
Cadenza delle misure:
- Ogni volta che vengono fatti degli interventi strutturali a livello di attacco a terra o di isolamento termico - Ogni 8 anni, se il valore di concentrazione è inferiore a 300 Bq m-3
Se viene superato il livello di riferimento di 300 Bq m-3, entro due anni vengono adottate misure correttive per abbassare il livello sotto il valore di riferimento. L’efficacia delle misure viene valutata tramite una nuova valutazione della concentrazione. In particolare:
A seguito di esito positivo (minore di 300 Bq m-3) le misurazioni vengono ripetute ogni 4 anni.
Se la concentrazione risultasse ancora superiore è necessario effettuare la valutazione delle dosi efficaci annue, tramite esperto di radioprotezione almeno di II grado iscritto nell'elenco del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che rilascia apposita relazione con le modalità indicate nell'allegato II del D.Lgs. 101/20 (il livello di riferimento in questo caso è 6 mSv annui).
E' stata a tal fine istituita la figura dell’“esperto in interventi di risanamento radon”, un professionista che abbia il titolo di ingegnere o architetto o geometra e formazione specifica sull’argomento attestata mediante la frequentazione di corsi di formazione o aggiornamento universitari dedicati, della durata di 60 ore, su progettazione.
1.7 Chi puo' effettuare le misure delle concentrazioni di Radon?
Le misurazioni della concentrazione media annua di attività di radon in aria sono effettuate da servizi di dosimetria riconosciuti; i requisiti minimi dei servizi di dosimetria sono riportati al comma 5 dell’allegato II del D.Lgs. 101/20.
La determinazione della dose o dei ratei di dose, e delle altre grandezze tramite le quali possono essere valutati le dosi e i ratei di dose, nonche' delle attività e concentrazioni di attività, volumetriche o superficiali, di radionuclidi deve essere effettuata con mezzi di misura, adeguati ai diversi tipi e qualità di radiazione, che siano muniti di certificati di taratura secondo la normativa vigente.
I soggetti che svolgono attivita' di servizio di dosimetria individuale e quelli di cui agli articoli 17, comma 6, 19, comma 4, e 22, comma 6, del D.Lgs. 101/20 devono essere riconosciuti idonei nell'ambito delle norme di buona tecnica da istituti previamente abilitati; nel procedimento di riconoscimento si tiene conto dei tipi di apparecchi di misura e delle metodiche impiegate. Con uno o più decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'interno e della salute, sentiti l'ISIN, l'Istituto di metrologia primaria delle radiazioni ionizzanti e l'INAIL sono disciplinate le modalità per l'abilitazione dei predetti istituti, tenendo anche conto delle decisioni, delle raccomandazioni e degli orientamenti tecnici forniti dalla Commissione europea o da organismi internazionali. Sono considerati istituti abilitati l'ISIN e l'INAIL.
1.8 Quando ed in quali luoghi di lavoro deve essere effettuata la valutazione del rischio per le sorgenti di radioattivita' naturale (industrie NORM)?
Il Capo II del Titolo IV del D.Lgs. 101/20 disciplina le “Pratiche che comportano l'impiego di materiali contenenti radionuclidi di origine naturale”, le cosiddette “industrie NORM.
Nell’ambito del Titolo IV questa è forse tra le parti che hanno subito il cambiamento più importante rispetto alla normativa precedente. Innanzitutto queste sono già classificate come “pratiche”, mentre prima erano “attività lavorative” che entravano nel sistema di radioprotezione solo se sussistevano determinate condizioni (superamento del livello di azione). In altri termini le attività che ricadono nell'ambito di applicazione della norma hanno l'obbligo - entro dodici mesi dall'entrata in vigore del decreto (entro il 27 agosto 2021) o dall'inizio della pratica, di provvedere alle misurazioni delle concentrazioni di attività dei radionuclidi presenti nel ciclo produttivo e nei residui di lavorazione, avvalendosi di organismi riconosciuti. I requisiti minimi dei servizi di dosimetria sono riportati al comma 5 dell’allegato II del D.Lgs. 101/20. Nel caso in cui i risultati delle misurazioni siano superiori ai livelli di esenzione è necessaria la nomina di un Esperto di Radioprotezione almeno di II grado iscritto nell'elenco del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che procederà all'attuazione degli adempimenti di radioprotezione prescritti per la tutela dei lavoratori. L'articolo 22 del D.Lgs. 101/20 prevede esplicitamente che la relazione tecnica contenente gli esiti delle valutazioni effettuate dall'Esperto di Radioprotezione sia parte integrante della valutazione dei rischi ai sensi del D.Lgs. 81/08.
I settori industriali ai quali si applicano le nuove norme sono più numerosi rispetto al passato; ad esempio i cementifici, la geotermia, gli impianti per la filtrazione delle acque di falda ecc. sono settori prima non coinvolti dalla normativa di radioprotezione. Nell’ambito dei settori industriali di cui all'allegato II (vedi Tabella II-1 del D.Lgs. 101/20), si considerano le attività che comportano:
a) l'uso o lo stoccaggio di materiali che contengono radionuclidi di origine naturali
b) produzione di residui o di effluenti che contengono radionuclidi di origine naturale.
Come sempre nel caso delle pratiche, gli strumenti di radioprotezione sono i livelli di esenzione, i livelli di allontanamento e il limite di dose. In questo caso i livelli di esenzione e di allontanamento hanno gli stessi valori: essi sono stati definiti per i lavoratori e per gli individui della popolazione sia in termini di concentrazione di attività, sia in termini di dose efficace, nell’allegato II.
Si prevede che l'esercente di tali pratiche provveda alla misurazione della concentrazione di attività sui materiali presenti nel ciclo produttivo, sui residui ed eventualmente effluenti, avvalendosi di organismi riconosciuti, i cui requisiti minimi sono riportati al comma 5 dell’allegato II del D.Lgs. 101/20.
Nel caso in cui tali valori di concentrazione risultino inferiori ai livelli di esenzione in termini di concentrazione di attivita', la pratica si può considerare “esente” dagli obblighi di notifica ed “uscire” dal sistema di radioprotezione, con la sola richiesta di ripetere tali misurazioni radiometriche con cadenza triennale.
Nel caso i suddetti valori siano superiori ai livelli di esenzione in termini di concentrazione di attività, è necessario valutare la dose efficace ai lavoratori e all’individuo rappresentativo: se dalle valutazioni risultano non superati i livelli di esenzione in termini di dose al lavoratore e all’individuo rappresentativo, la pratica ha una nuova opportunità per considerarsi “esente” dagli obblighi di notifica ed “uscire” dal sistema di radioprotezione, con la sola richiesta di ripetere tali valutazioni con cadenza triennale.
In caso di superamento dei livelli di esenzione in termini di dose al lavoratore e all’individuo rappresentativo si applica quanto previsto ai titoli XI e XII del D.Lgs. 101/20 inerenti rispettivamente la protezione dei lavoratori e la protezione della popolazione.
Tabella II-1 del D.Lgs. 101/20 All. II- Settori industriali "NORM"
Settori industriali
Classi o tipi di pratiche
Centrali elettriche a carbone
manutenzione di caldaie
Estrazione di minerali diversi dal minerale di uranio
estrazione di granitoidi, quali graniti, sienite e ortogneiss, porfidi, tufo, pozzolana, lava, basalto
Industria dello zircone e dello zirconio
Lavorazione delle sabbie zirconifere produzione di refrattari, ceramiche, piastrelle produzione di ossido di zirconio e zirconio metallico
Lavorazione di minerali e produzione primaria di ferro
Estrazione di terre rare da monazite; estrazione di stagno; estrazione di piombo; estrazione di rame; estrazione di ferro- niobio da pirocloro; estrazione di alluminio da bauxite; lavorazione del minerale niobite-tantalite utilizzo del cloruro di potassio come additivo nella estrazione dei metalli tramite fusione
Lavorazioni di minerali fosfatici e potassici
produzione di fosforo con processo termico; produzione di acido fosforico; produzione e commercio all'ingrosso di fertilizzanti fosfatici e potassici produzione e commercio all’ingrosso di cloruro di potassio
Produzione del pigmento TiO2
gestione e manutenzione degli impianti di produzione del pigmento biossido di titanio
Produzione di cemento
manutenzione di forni per la produzione di clinker
Produzione di composti di torio e fabbricazione di prodotti contenenti torio
produzione di composti di torio e fabbricazione, gestione e conservazione di prodotti contenenti torio, con riferimento a elettrodi per saldatura con torio, componenti ottici contenenti torio, reticelle per lampade a gas
Produzione di energia geotermica
impianti di alta e media entalpia, con particolare riguardo alla manutenzione dell'impianto
Produzione di gas e petrolio
estrazione e raffinazione di petrolio ed estrazione di gas, con particolare riguardo alla presenza e rimozione di fanghi e incrostazioni in tubazioni e contenitori
Impianti per la filtrazione delle acque di falda
gestione e manutenzione dell’impianto
Cartiere
manutenzione delle tubazioni
Lavorazioni di taglio e sabbiatura
impianti che utilizzano sabbie o minerali abrasivi
L’adozione di misure correttive e la ripetizione dello schema sopra descritto può determinare nuove condizioni. Un aspetto molto importante è l’allontanamento dei residui prodotti da industrie NORM, per i quali è stata introdotta una classificazione (altra novità molto importante) tra “esenti”.
I residui “esenti” escono dal campo di applicazione del sistema di radioprotezione e necessitano di autorizzazione per essere gestiti, smaltiti nell’ambiente, riciclati o riutilizzati nel rispetto della disciplina generale delle emissioni in atmosfera o della gestione dei rifiuti di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
I residui “non esenti” vanno smaltiti in discariche autorizzate, in possesso di requisiti descritte nella norma all’articolo 26 del D.Lgs. 101/20 e secondo le modalità di cui all’allegato VII del medesimo decreto.
1.9 Quali sono i materiali da costruzione che possono emettere radiazione gamma e rientrano nel campo della radioprotezione (Titolo V del D.Lgs. 101/20)?
Questo aspetto è di nuova introduzione nel sistema regolatorio italiano.
Si riferisce ad alcune tipologie di materiali da costruzione presenti sul mercato che rientrano nel campo di applicazione della legge sulla radioprotezione poiché possono emettere radiazione gamma;
Questa normativa va ad integrare il Regolamento UE 305/2011 sui prodotti da costruzione in relazione alla marcatura per la stesura della dichiarazione di prestazione.
Sono adempimenti che coinvolgono il fabbricante, il mandatario, il distributore e l’importatore. Per tale situazione di esposizione esistente, il nuovo decreto fissa un livello di riferimento pari ad 1 mSv/anno
I materiali sono elencati nell’allegato II al D.Lgs. 101/20 e di seguito riportati:
1. Materiali naturali
Alum-shale (cemento contenente scisti alluminosi)
Materiali da costruzione o additivi di origine naturale ignea tra cui:
Granitoidi
Porfidi
Tufo
Pozzolana
Lava
2. Derivati dalle sabbie zirconifere
Materiali che incorporano residui delle industrie che lavorano materiali radioattivi naturali tra cui:
Ceneri volanti
Fosfogesso
Scorie di fosforo, stagno, rame
Fanghi rossi residui della produzione dell’alluminio
Residui della produzione dell’acciaio
Per questi materiali che rientrano nell’elenco di cui all’allegato II del D.Lgs. 101/20, è necessario effettuare - prima dell'immissione sul mercato-una misura delle concentrazioni di attività di Ra-226, Th-232 e K-40, avvalendosi di organismi riconosciuti, i cui requisiti minimi sono riportati al comma 5 dell’allegato II del D.Lgs. 101/20.
Tali valori di concentrazione di attività sono necessari alla stima dell’ “Indice di concentrazione di attività – Indice I” (foglio di calcolo per Indice di concentrazione di attività – Indice I disponibile sul Portale Agenti Fisici - sezione Radiazioni Ionizzanti naturali - metodiche di valutazione del rischio).
Se il valore dell’indice di concentrazione di attività è pari o minore di 1, il materiale in esame può essere utilizzato come materiale strutturale (quindi in grandi quantità) senza che il livello di riferimento sia superato.
Se il valore dell’indice I risultasse superiore a 1, è necessaria una valutazione accurata del possibile contributo in termini di dose efficace, tenuto conto delle caratteristiche del materiale in termini di spessore e densità.
Nei casi in cui il materiale è suscettibile di dare una dose superiore a 1 mSv/anno, tale materiale non può essere utilizzato per l’edilizia civile (materiale strutturale di abitazioni e di edifici a elevato fattore di occupazione) ma per scopi diversi, che vanno previsti nei codici e nei regolamenti edilizi.
La norma di radioprotezione è molto complessa e articolata, (anche ricca di molte eccezioni). In questa nota di sintesi è impossibile riportare tutti i dettagli, per cui si rimanda ad un’attenta lettura del Capo IV del D.Lgs. 101/20.
1.10 Nel caso sia stato nominato l'Esperto di Radioprotezione per le radiazioni ionizzanti, questi deve partecipare alla riunione annuale ex art.35 del D.Lgs. 81/08?
Sì, l’Esperto di Radioprotezione (Esperto Qualificato ai sensi della precedente normativa) deve partecipare alla riunione periodica annuale di cui all’art. 35 del D.Lgs. 81/08, e relaziona in tale occasione in merito ai risultati della sorveglianza fisica relativi all’anno precedente, come stabilito dall’art. 130 comma 10 del D.Lgs. 101/20.
1.11 Cosa si intende per "personale qualificato nell'ambito del servizio di prevenzione e protezione in possesso di specifiche conoscenze in materia"?
Per la valutazione dei rischi da agenti fisici il datore di lavoro, i sensi dell’art. 181 comma 2 del D.Lgs. 81/08, deve avvalersi di “personale qualificato nell’ambito del servizio di prevenzione e protezione in possesso di specifiche conoscenze in materia”.
Il “personale qualificato” risulta tale se in grado di effettuare la valutazione del rischio da agenti fisici richiesta per la specifica attività lavorativa e di redigere una relazione tecnica completa ed esaustiva, secondo i requisiti richiesti negli specifici Capi del Titolo VIII del D.Lgs. 81/08 per gli agenti fisici rumore, vibrazioni, ROA, CEM, ovvero secondo i requisiti indicati nelle specifiche sezioni delle presenti linee guida per gli altri agenti fisici (a cui si rimanda).
La dicitura “personale qualificato” definisce correntemente un operatore che abbia sostenuto un corso di qualificazione sulla valutazione richiesta per lo specifico agente di rischio conclusosi con una valutazione positiva e documentabile dell’apprendimento. Inoltre, nei casi in cui ai fini della valutazione del rischio siano richieste competenze di misura e/o di calcolo degli agenti fisici, i datori di lavoro devono accertarsi che i fornitori di servizi dispongano delle competenze specialistiche, dell’esperienza e degli strumenti adeguati per effettuare la valutazione in maniera corretta.
In assenza di qualsiasi riferimento su durata e contenuti del corso e sui soggetti autorizzati alla valutazione e all’espressione della certificazione finale, si suggerisce di giudicare il “personale qualificato” essenzialmente sulla base:
- del curriculum: è opportuno a tal fine richiedere di documentare un curriculum specifico nel settore, comprovante la partecipazione ad almeno un corso teorico-pratico sulla valutazione richiesta per lo specifico agente di rischio, ovvero l’aver effettuato valutazioni dello specifico agente di rischio per conto di aziende/enti o istituti nel rispetto delle norme di buona tecnica e di buona prassi;
- del rispetto delle norme di buona prassi applicabili al settore specifico: apparecchiature adeguate, modalità tecniche appropriate e conformi alla buona prassi metrologica ;
- del prodotto finale: Relazione Tecnica e/o Documento di valutazione dei rischi.
Si fa presente che una generica formazione in igiene industriale non garantisce a priori le competenze necessarie per l’effettuazione delle valutazioni dei rischi di natura fisica e che per alcuni agenti di rischio fisico sono disponibili certificazioni specifiche. Maggiori dettagli sono inseriti nelle indicazioni relative ai Capi dedicati ai differenti agenti di rischio.
1.12 Cosa si intende all'art. 181, comma 3, del D.Lgs. 81/08 per "giustificazione" nell'ambito della valutazione del rischio?
Si definisce situazione “giustificabile” (art.181 comma 3 D.Lgs. 81/08) la condizione prevista dalla normativa generale sugli agenti fisici secondo cui il datore di lavoro può concludere il processo di valutazione del rischio anche in una fase preliminare qualora si riscontri l’assenza di rischio, o una sua palese trascurabilità, in relazione sia agli effetti diretti che agli effetti indiretti, considerando anche i soggetti particolarmente sensibili al rischio.
Per poter definire un’esposizione lavorativa giustificabile questa, oltre a risultare innocua per tutte le categorie di soggetti potenzialmente esposti, inclusi i soggetti particolarmente sensibili, dovrebbe essere tale da non dare luogo nel tempo ad alcuna situazione potenzialmente pericolosa, sia in termini di effetti diretti che di effetti indiretti. Pertanto una condizione giustificabile non necessita dell'attuazione di specifiche misure di controllo e gestione del rischio. (es. procedure di manutenzione, acquisto/sostituzione attrezzature, tutela soggetti sensibili etc.)
Si fa presente che la condizione di esposizione al di sotto di un valore di riferimento normativo (come meglio specificato nelle FAQ dedicate ad ogni specifico agente di rischio) non è in genere condizione sufficiente per terminare la valutazione del rischio senza ulteriori approfondimenti.
All’interno delle specifiche sezioni del presente documento potranno essere meglio dettagliate le situazioni di giustificabilità.
1.13 Alla luce del D.Lgs. 81/2008 come deve essere strutturato il documento di valutazione del rischio di un agente fisico e quali elementi deve contenere la relazione tecnica?
Il documento di valutazione dei rischi da agenti fisici costituisce una sezione del Documento di Valutazione di tutti i Rischi per la salute e sicurezza presenti nell’ambiente di lavoro (DVR).
La valutazione del rischio è supportata dalla Relazione Tecnica redatta dal personale qualificato (vedi FAQ 1.11, da allegare al Documento di Valutazione dei Rischi. La valutazione del rischio dovuto all’esposizione a un agente fisico deve tener conto delle sorgenti, della loro ubicazione, delle loro caratteristiche di emissione, delle caratteristiche dell’ambiente di lavoro, delle condizioni di esposizione e deve riportare le mansioni o i gruppi omogenei cui il rischio è associato, nonché identificare i lavoratori esposti. Il Documento deve riportare le misure di prevenzione e protezione già in essere e indicare il programma delle misure atte a garantire nel tempo il mantenimento e miglioramento dei livelli di salute e sicurezza con le relative procedure aziendali e i ruoli dell’organizzazione che vi debbono provvedere, cui devono essere assegnati soggetti in possesso di adeguate competenze, formazione e poteri.
La valutazione del rischio va effettuata e riprogrammata almeno ogni quattro anni e ogni qual volta si verifichino mutamenti che potrebbero renderla obsoleta, ovvero quando i risultati della sorveglianza sanitaria o la revisione della normativa rendano necessaria la sua revisione (Vedi FAQ 1.14)
Nel documento di valutazione del rischio di ogni agente fisico vanno indicati quanto meno i seguenti elementi:
- data/e certa/e di effettuazione della valutazione, con o senza misurazioni, dell’agente fisico; - dati identificativi del personale qualificato che ha provveduto alla valutazione; - dati identificativi del medico competente (se ed in quanto previsto ai sensi degli artt. 41 e 185 del D.Lgs. 81/08) e del RSPP che hanno partecipato alla valutazione del rischio; - dati identificativi del/i RLS, o, in sua/loro assenza, dei lavoratori, consultati ai sensi dell’art. 50 comma 1, modalità della loro consultazione e informazione; - elenco delle mansioni e di eventuali gruppi omogenei di rischio, i lavoratori esposti. - i criteri utilizzati per la valutazione del rischio;
la Relazione Tecnica, che dovrà contenente almeno:
- elenco delle sorgenti e loro principali caratteristiche correlate al rischio in esame; - planimetria con indicazione delle sorgenti e delle postazioni di lavoro; - quadro di sintesi dei lavoratori esposti all’agente fisico articolato per fasce di rischio; - individuazione e rappresentazione in planimetria delle aree aziendali a rischio; - valutazione della presenza di co-fattori di rischio potenzianti (es.: come ad esempio, nel caso di esposizione al rumore, di sostanze ototossiche, condizioni di lavoro estreme (es: ambienti severi, presenza di materiali esplosivi e/o infiammabili, condizioni di lavoro disergonomiche …); - valutazione specifica per ogni agente di rischio, effettuata con misurazioni, calcoli, utilizzo dei dati dei fabbricanti delle attrezzature, utilizzo di database, come meglio specificato nelle sezioni dedicate; - valutazione degli effetti indiretti - valutazione dell’efficienza e dell’efficacia dei dispositivi di protezione collettivi e individuali; - delimitazione segregazione delle aree, zonizzazione, se pertinente; - valutazione dei rischi legati alla presenza di lavoratori particolarmente sensibili, alla differenza di genere, all’età, alla provenienza da altri paesi ed alla tipologia contrattuale; - identificazione delle soluzioni preventive e protettive adottabili nelle diverse situazioni di rischio presenti nei luoghi di lavoro;
Programma delle misure organizzative, tecniche e procedurali al fine di eliminare o ridurre il rischio da esposizione all’agente fisico, con l’indicazione della tempistica, delle modalità e delle figure aziendali preposte alla loro attuazione
Poiché le eventuali carenze e le misure di prevenzione evidenziate nella Relazione Tecnica dal personale qualificato andranno tenute in considerazione nel Documento di valutazione del rischio, si raccomanda ai Datori di lavoro (in quanto responsabili del processo di valutazione) di esplicitare con chiarezza il mandato al personale qualificato (particolarmente se esterno) e di verificare i contenuti della prestazione.
1.14 Qualora al termine dei quattro anni non si siano verificati mutamenti significativi nel processo lavorativo tali da rendere obsoleta la valutazione dei rischi derivanti da esposizioni ad agenti fisici, in quale modo la valutazione dei rischi deve essere aggiornata?
Secondo quanto previsto dall’art. 29 comma 2 del D.Lgs. 81/08 la valutazione dei rischi deve essere immediatamente rielaborata in occasione di modifiche del processo produttivo o dell’organizzazione del lavoro significativi ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione al grado di evoluzione della tecnica e della disponibilità delle misure di prevenzione o protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità. A seguito di tale rielaborazione, le misure di prevenzione debbono essere aggiornate.
Lo stesso articolo 29 precisa anche che il documento di valutazione del rischio deve essere aggiornato entro 30 giorni dall’evento che ha generato la necessità di aggiornamento.
Per mutamenti significativi che fanno si' che il Documento di Valutazione dei Rischi debba essere aggiornato anche prima dei quattro anni si intendono, ad esempio:
- inserimento/sostituzione di macchine ed attrezzature di lavoro; - modifiche intercorse al processo produttivo, alle modalità di lavoro o alle condizioni di funzionamento dell’attrezzatura/macchina, alle caratteristiche dei materiali in lavorazione…; - modifica della condizione espositiva dei lavoratori; - modifica dell’assetto del posto di lavoro; - degrado dell’efficienza dell’attrezzatura di lavoro/macchina che possa comportare un aumento dell’esposizione al rischio; - perdita di efficacia del dispositivo di protezione collettiva; - risultati della sorveglianza sanitaria che rivelino una alterazione apprezzabile dello stato di salute del lavoratore correlata ai rischi lavorativi; - revisione o modifica della normativa vigente.
Tali mutamenti dovranno essere opportunamente considerati nell'ambito della riunione periodica ex art. 35 D.Lgs. 81/08.
L’aggiornamento della valutazione del rischio almeno ogni quattro anni prevista dall’art. 181 comma 2 per tutti gli agenti fisici elencati al titolo VIII, anche nel caso in cui non si rilevino mutamenti significativi, ha l’obiettivo di verificare comunque e periodicamente:
- se la valutazione del rischio e le misure preventive messe in atto siano ancora attuali; - se durante i quattro anni trascorsi le misure di tutela previste siano state correttamente messe in atto, mantenute e siano state efficaci, - nonche' verificare se sia possibile ridurre ulteriormente il rischio espositivo mediante nuove misure tecniche /organizzative o procedurali.
Ai fini della valutazione dell’efficacia del sistema di prevenzione messo in atto sarà importante analizzare gli esiti dei controlli sanitari in relazione al rischio specifico, forniti dal medico competente in forma collettiva ed anonima, eventuali incidenti o potenziali infortuni verificatisi in relazione al rischio specifico, le modalità di impiego dei DPI e dei sistemi di protezione messi in atto da parte dei lavoratori, le procedure di acquisto, manutenzione e gestione dei macchinari attuate.
Il documento di valutazione dei rischi aggiornato almeno ogni quattro anni diventa lo strumento operativo di verifica e pianificazione aziendale degli strumenti di prevenzione.
1.15 Cosa significa "disponibilita' di misure" nell'ambito dell'art.182, comma 1 del D.Lgs. 81/08: 'Tenuto conto del progresso tecnico e della disponibilita' di misure per controllare il rischio alla fonte, i rischi derivanti dall'esposizione agli agenti fisici sono eliminati alla fonte o ridotti al minimo.'?
Il datore di lavoro deve adottare tutte le misure idonee a prevenire sia i rischi insiti all'ambiente di lavoro, sia quelli derivanti da fattori esterni e inerenti al luogo in cui tale ambiente si trova, atteso che la sicurezza e la salute del lavoratore sono un bene di rilevanza costituzionale che impone al datore di anteporre al proprio profitto la sicurezza e la salute di chi esegue la prestazione.
La disponibilità delle misure consiste nell’effettiva disponibilità tecnica e commerciale delle misure di prevenzione e protezione presenti sul mercato e normalmente utilizzate dalle aziende dello stesso comparto per controllare il rischio alla fonte.
I capi del Titolo VIII del D.Lgs. 81/08 relativi ai rischi rumore, vibrazioni, campi elettromagnetici e radiazioni ottiche artificiali riportano misure e disposizioni specifiche per il rischio fisico considerato. Per gli altri agenti di rischio fisico non dettagliati in un capo del Titolo VIII del D.Lgs. 81/08, alcune tipiche misure di riduzione e controllo del rischio sono riportate nelle Linee di Indirizzo (FAQ) dedicate, nel rispetto delle misure generali di tutela previste dall'art. 15 del D.Lgs. 81/08.
1.16 In quali casi e' necessario effettuare specifica informazione / formazione?
In base agli artt. 36 e 37 del D.Lgs. 81/08, ai relativi Accordi Stato Regione sulla formazione, tutti i lavoratori devono essere formati in merito ai rischi della propria professione con un corso della durata di 4, 8, 12 ore a seconda della fascia di rischio cui appartiene l’azienda, in relazione al codice Ateco .
L’obbligo di informazione e formazione per gli agenti fisici viene regolamentato con articoli dedicati nel caso di:
- rischio rumore, limitatamente agli effetti sull’apparato uditivo, per il quale l’obbligo della informazione/formazione dei lavoratori si attiva al raggiungimento o al superamento dei valori inferiori di azione (art. 195 del D.Lgs. 81/08) - rischio CEM, per il quale l’obbligo della informazione e formazione dei lavoratori si attiva al raggiungimento o al superamento dei livelli di esposizione ammessi per la popolazione e, in ogni caso, indipendentemente dal carattere professionale o meno dell’esposizione, in relazione all'utilizzo di attrezzature potenzialmente in grado di produrre effetti su lavoratori particolarmente sensibili (ad es. dotati di dispositivi medici impiantati - art. 210-bis del D.Lgs. 81/08); - rischio vibrazioni, per il quale l’informazione e la formazione sull’uso corretto e sicuro delle attrezzature di lavoro e dei DPI, sono obbligatorie al superamento del valore di azione (art. 203 comma 1 lettera f del D.Lgs. 81/08).§ - utilizzo di dispositivi individuali di protezione (DPI): il datore di lavoro qualora il rischio da agente fisico non possa essere evitato, o sufficientemente ridotto, oltre a fornire ai lavoratori idonei dispositivi di protezione individuale, ha l’obbligo di informare e formare il lavoratore in merito alla loro funzione ed al loro corretto utilizzo, e, se necessario, a seconda della categoria cui appartiene il DPI stesso, assicurare anche l’addestramento all’uso (art. 77 commi 4 e 5 del D.Lgs. 81/08).
In tutti gli altri casi, per gli altri agenti fisici, l’obbligo di informazione e formazione del personale non è subordinato al superamento di predeterminati livelli di rischio o all’impiego di DPI, quanto invece alla presenza del rischio (art. 184 del D.Lgs. 81/08) e all’impossibilità di poter “giustificare” un mancato approfondimento della valutazione dei rischi; in altre parole, l’obbligo d’informazione/ formazione del personale è subordinato alla presenza di un rischio che deve essere dimensionato per decidere se debbano adottarsi particolari misure di prevenzione e protezione, anche in relazione alla tutela dei soggetti particolarmente sensibili. Qualsiasi lavoratore che rientri in uno dei gruppi «a rischio» riconosciuti sarà così consapevole della necessità di comunicarlo ai dirigenti, per attivare, se necessario, un processo di valutazione “specifica” del rischio e di sorveglianza sanitaria.
Tale informazione è indispensabile anche per rendere consapevoli tutti i lavoratori che, qualora nel corso degli anni intervenga un possibile cambiamento nella situazione individuale che li faccia rientrare nella categoria di “soggetto particolarmente sensibile” per un determinato rischio, devono darne tempestiva comunicazione al datore di lavoro che provvederà all’effettuazione di una valutazione specifica di concerto con il Medico Competente.
1.17 Quali sono gli obblighi e le indicazioni sulla sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti a rischi da agenti fisici per i quali non e' previsto un Capo specifico?
Allo stato attuale l’obbligo di attivare la sorveglianza sanitaria nei confronti dei lavoratori esposti agli agenti fisici per i quali non è previsto un Capo specifico all’interno del Titolo VIII del D.Lgs. 81/2008, scaturisce dai risultati della valutazione del rischio specifico.
Il Medico Competente, che partecipa attivamente alla valutazione del rischio, ed è a conoscenza dei rischi presenti in azienda, dovrà tenere conto nell’effettuazione dell’attività di sorveglianza sanitaria, della presenza del rischio derivante da uno specifico agente fisico, soprattutto per quei lavoratori che, a seguito di alcune patologie preesistenti o condizioni individuali, possano risultare particolarmente sensibili allo specifico fattore di rischio, come ad esempio nel caso dell'esposizione a radiazione solare, condizioni microclimatiche critiche etc.
Con riferimento all’art. 41 del D.Lgs. 81/2008 è in ogni caso prevista la possibilità di attivare la sorveglianza sanitaria qualora il lavoratore ne faccia richiesta al Medico Competente (ove già presente in azienda), nel momento in cui il Medico Competente la ritenga correlata ai rischi lavorativi o alle condizioni di salute del lavoratore suscettibili di peggioramento a causa dell’attività lavorativa svolta. Ciò presuppone che sia stata impartita un’efficace informazione/formazione aziendale sugli effetti dell’esposizione allo specifico agente di rischio che ha reso consapevole il lavoratore delle condizioni di rischio residuo e di suscettibilità individuale.
1.18 Come si deve interpretare il termine "alterazione apprezzabile" riferito allo stato di salute di lavoratori esposti ad agenti fisici?
Come previsto dall’articolo 185, comma 2, del D.Lgs. 81/2008, nel caso in cui la sorveglianza sanitaria mostri in un lavoratore una "alterazione apprezzabile" cioè una variazione in senso negativo dello stato di salute correlata ai rischi lavorativi, il Medico Competente deve informare il lavoratore e, nel rispetto del segreto professionale (ma comunque sollecitamente), il datore di lavoro, il quale, a sua volta, deve procedere a revisionare la valutazione dei rischi e le misure di prevenzione collettiva e individuale adottate tenendo conto del parere espresso dal Medico Competente.
Il legislatore richiede che si proceda ad un riesame completo del processo di valutazione in quei casi in cui il Medico Competente abbia constatato nel lavoratore alterazioni anche precoci della salute correlabili all’esposizione ad agenti fisici nei luoghi di lavoro.
1.19 Quali sono gli obblighi formali delle aziende che occupano sino a 10 lavoratori dal punto di vista del documento di valutazione del rischio?
La valutazione dei rischi e la conseguente elaborazione del Documento di Valutazione dei rischi costituisce un obbligo non delegabile del datore di lavoro.
Fino al 31 maggio 2013 le aziende che occupavano sino a 10 lavoratori (salvo quelle a rischio rilevante) potevano dimostrare l’avvenuta valutazione dei rischi attraverso la cosiddetta "autocertificazione".
Dal 1° giugno 2013 l’autocertificazione non e' piu' accettata ed anche le piccole aziende dovranno possedere un DVR che analizzi tutti i rischi presenti, che indichi requisiti di sicurezza adottati e che definisca il programma degli interventi necessari a mantenere o migliorare i livelli di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali.
Il Decreto Interministeriale del 30 novembre 2012 (G.U. n. 285 del 6/12/2012) ha però introdotto la possibilità, per le aziende che occupano fino a 50 lavoratori, di effettuare la valutazione del rischio secondo procedure standardizzate, escludendo le aziende ad alto rischio, nonché quelle in cui si svolgono attività che espongono i lavoratori a rischi chimici, biologici, da atmosfere esplosive, cancerogeni-mutageni, o connessi all’esposizione ad amianto.
Le procedure standardizzate sono presenti in allegato al Decreto cui sopra e costituiscono il modello di riferimento.
1.20 L'armatore di una nave commerciale deve valutare i rischi derivanti dall'esposizione ad agenti fisici?
Con riferimento alle navi italiane civili che sono considerate dalla legislazione alla stregua di “aziende” e quindi soggette agli stessi obblighi di sicurezza, il comandante o l'armatore designato (Codice della Navigazione art. 321)
In base all’art. 6, comma 1, del D.Lgs. 271/1999 e in relazione alle caratteristiche tecnico-operative dell'unità, deve valutare tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori marittimi, compresi quindi i rischi derivanti dagli agenti fisici. Tale documento deve essere parte integrante della relazione tecnica dei rischi (elemento del Piano di Sicurezza) prevista dall'art. 6, comma 1, lettera c) del D.Lgs. 271/99.
Per le navi straniere vigono regole internazionali.
1.21 Quali sono gli obblighi per i soggetti che rientrano nell'ambito di applicazione dell'art. 21 del DLgs.81/2008, ovvero i componenti delle imprese familiari ed i lavoratori autonomi?
I soggetti che rientrano nel campo di applicazione dell’art. 21 del D.Lgs. 81/08 devono:
- utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al Titolo III; - munirsi di dispositivi di protezione individuale ed utilizzarli conformemente alle disposizioni di cui al Titolo III; - munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le proprie generalità, qualora effettuino la loro prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgano attività in regime di appalto o subappalto;
Inoltre, relativamente ai rischi propri delle attività svolte e con oneri a proprio carico hanno facoltà di:
- beneficiare della sorveglianza sanitaria secondo le previsioni di cui all’articolo 41, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali; - partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attività svolte, secondo le previsioni di cui all’articolo 37, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali.
Si ricorda che l’art. 21 si applica ai componenti dell’impresa familiare esclusivamente esplicitati all’articolo 230-bis del Codice Civile, i lavoratori autonomi che compiono opere o servizi ai sensi dell’articolo 2222 del Codice Civile, i coltivatori diretti del fondo, i soci delle società semplici operanti nel settore agricolo, gli artigiani e i piccoli commercianti.
Le imprese e i soggetti indicati in tale articolo non sono quindi tenuti ad effettuare la valutazione dei rischi ne' ad effettuare la sorveglianza sanitaria, la formazione e l’informazione, misure queste che potranno invece essere richieste sulla base di accordi privati (anche se promossi da obblighi legislativi), ad es. dai committenti.
Nel caso in cui il lavoratore autonomo operi in contesti di appalto o subappalto sarà comunque soggetto agli obblighi previsti dall’art. 26 comma 3 di collaborazione nella riduzione al minimo dei rischi da interferenza; dovrà pertanto risultare condiviso dal lavoratore autonomo il documento elaborato dal datore di lavoro committente, DUVRI, o il POS /PSC nel caso di lavorazioni presso cantieri edili.