Modello lettera di richiamo sicurezza lavoratore / Rev. 0.0 Aprile 2023
ID 19412 | 14.04.2023 / In allegato Modello lettera di richiamo .doc/pdf
Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.
Nel caso in cui un lavoratore violasse i propri obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro (individuati dall'art. 20 del D.lgs 81/2008), è necessario che il datore di lavoro, attraverso anche il preposto, richiami il lavoratore.
[box-download]In allegato Modello di lettera di richiamo con cui il DL, può contestare al lavoratore un comportamento che viola i propri obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro in formato .doc/pdf riservato Abbonati[/box-download]
Le fattispecie di violazione degli obblighi dei lavoratori consistono:
- nel non contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all'adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro; - nella non osservanza delle disposizioni e delle istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale; - nello scorretto utilizzo delle attrezzature di lavoro, delle sostanze e i miscele pericolose , dei mezzi di trasporto, nonché dei dispositivi di sicurezza; - nel non utilizzo in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione; - nella non immediata segnalazione al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi di cui alle lettere c) e d), nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell'ambito delle proprie competenze e possibilità e fatto salvo l'obbligo di cui alla lettera f) per eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave e incombente, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza; - nel non rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo; - nel non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori; - nel non partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro; - nel non sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal presente decreto legislativo o comunque disposti dal medico competente.
[box-info]Il richiamo disciplinare può essere espressione dell'attività di sorveglianza del datore di lavoro (art. 18 comma 1 lettera f)Dlgs 81/2008 - Obblighi del datore di lavoro e del dirigente) riguardo all'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuali messi a loro disposizione.[/box-info]
Nella lettera di richiamo deve essere indicato in maniera puntuale cosa è accaduto e perché tale comportamento viola il patto con l’azienda.
1. Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.
2. I lavoratori devono in particolare: a) contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all'adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro; b) osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale; c) utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze e miscele pericolose (1), i mezzi di trasporto, nonché i dispositivi di sicurezza; d) utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione; e) segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi di cui alle lettere c) e d), nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell'ambito delle proprie competenze e possibilità e fatto salvo l'obbligo di cui alla lettera f) per eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave e incombente, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza; f) non rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo; g) non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori; h) partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro; i) sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal presente decreto legislativo o comunque disposti dal medico competente.
3. I lavoratori di aziende che svolgono attività in regime di appalto o subappalto, devono esporre apposita tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro. Tale obbligo grava anche in capo ai lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nel medesimo luogo di lavoro, i quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto.
Attestazione conformità D.Lgs. 81-2008 / Noleggio Concessione Uso Attrezzature - Update Maggio 2023
ID 552 | 08.05.2023 / Documentazione e modello .doc/pdf di attestazione in allegato
L'aggiornamento al modello di attestazione di maggio 2023 è dovuto alle modifiche all'articolo 72 del D.Lgs 81/2008 apportate dal Decreto-Legge 4 maggio 2023 n. 48 "Misure urgenti per l'inclusione sociale e l'accesso al mondo del lavoro", in GU n.103 del 04.05.2023 ed in vigore dal 05 maggio 2023.
In allegato, oltre al Modello di attestazione conformità D.Lgs 81/2008 Noleggio concessione uso attrezzature (in formato .doc/pdf), sono presenti:
1. Chiunque venda, noleggi o conceda in uso o locazione finanziaria macchine, apparecchi o utensili costruiti o messi in servizio al di fuori della disciplina di cui all'articolo 70, comma 1, attesta, sotto la propria responsabilità, che le stesse siano conformi, al momento della consegna a chi acquisti, riceva in uso, noleggio o locazione finanziaria, ai requisiti di sicurezza di cui all'allegato V.
2. Chiunque noleggi o conceda in uso (...) attrezzature di lavoro senza operatore deve, al momento della cessione, attestarne il buono stato di conservazione, manutenzione ed efficienza a fini di sicurezza. Deve altresì acquisire e conservare agli atti, per tutta la durata del noleggio o della concessione dell’attrezzatura, una dichiarazione autocertificativa del soggetto che prende a noleggio, o in concessione in uso, o del datore di lavoro, che attesti l’avvenuta formazione e addestramento specifico, effettuati conformemente alle disposizioni del presente Titolo, dei soggetti individuati per l’utilizzo.(1)
Note (1) Il Decreto-Legge 4 maggio 2023 n. 48 - Misure urgenti per l'inclusione sociale e l'accesso al mondo del lavoro, ha modificato il secondo periodo del comma 2.[/panel]
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente titolo si intende per:
a) attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio, utensile o impianto, inteso come il complesso di macchine, attrezzature e componenti necessari all'attuazione di un processo produttivo, destinato ad essere usato durante il lavoro; (2) (3)
b) uso di una attrezzatura di lavoro: qualsiasi operazione lavorativa connessa ad una attrezzatura di lavoro, quale la messa in servizio o fuori servizio, l'impiego, il trasporto, la riparazione, la trasformazione, la manutenzione, la pulizia, il montaggio, lo smontaggio;
c) zona pericolosa: qualsiasi zona all'interno ovvero in prossimità di una attrezzatura di lavoro nella quale la presenza di un lavoratore costituisce un rischio per la salute o la sicurezza dello stesso;
d) lavoratore esposto: qualsiasi lavoratore che si trovi interamente o in parte in una zona pericolosa;
e) operatore: il lavoratore incaricato dell'uso di una attrezzatura di lavoro o il datore di lavoro che ne fa uso. (1)
Note
(1) Lettera modificata dall'art. 20, comma 1 lett. l del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151 - Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183. (2) Parere ML prot. 21346-07-4 del 13 Settembre 1995 equpare le scaffalature ad attrezzature di lavoro (3) Decreto 20 maggio 2015 Revisione generale periodica delle macchine agricole ed operatrici, ai sensi degli articoli 111 e 114 del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285.
Interpelli (0)
Interpello n. 1/2020 del 23/01/2020 - Applicazione della sanzione prevista per la violazione dell’art. 71 comma 7 e art. 73 comma 4 del D.Lgs. 81/08.[/panel]
Documento di validazione e Rapporto di ispezione scaffalature metalliche / UNI 11636:2023
ID 19528 | 30.04.2023 / Documento e modelli allegati
La norma UNI 11636:2023 Scaffalature industriali metalliche - Validazione delle attrezzature di immagazzinamento, fornisce una metodologia per stabilire, definire e identificare lo stato funzionale di una scaffalatura in uso. Nell'Appendice A è riportato il contenuto del Documento di validazione e del Rapporto di ispezione.
In allegato: 1. Documento validazione e Rapporto ispezione scaffalature metalliche UNI 11636 2. Modello Documento di validazione scaffalature metalliche UNI 11636 3. Modello Rapporto ispezione a vista scaffalature metalliche UNI 11636 4. Modello Rapporto ispezione esperto validatore scaffalature metalliche UNI 11636 _________
La norma stabilisce il processo di validazione di una scaffalatura per magazzino nel corso della sua vita utile, al fine di assicurare un grado di sicurezza adeguato per l'impiego. La presente norma fornisce una metodologia per stabilire, definire e identificare lo stato funzionale di una scaffalatura in uso.
La norma assicura condizioni di impiego corretto di scaffalature per magazzino e interessa principalmente gli utilizzatori finali, ma anche produttori, progettisti, redattori di specifiche, consulenti, installatori, distributori, rivenditori di scaffalature industriali e impianti di immagazzinamento.
Si applica congiuntamente alle norme UNI EN 15512, UNI EN 15620, UNI EN 15635, UNI EN 15629, UNI EN 15878.
Si applica a tutti i tipi di scaffalatura di acciaio, comunemente impiegati in qualsiasi area di stoccaggio (centri di distribuzione, industriali, commerciali, etc.), in zone sia non aperte che aperte all'accesso di pubblico.
Non si applica alle attrezzature per lo stoccaggio realizzate con materiali diversi dall'acciaio tranne che per alcuni accessori, né alle attrezzature per impiego domestico.
Fig. 1 - Tipi di validazione
(1) Il progettista strutturale dello scaffale oppure altra persona adeguatamente formata facente parte dell’organizzazione tecnica del costruttore della scaffalatura sono da intendersi “esperti validatori” nei diversi ambiti di competenza.
Fig. 2 - Validazione / Esperto validatore
Fig. 3 - Tipi di Ispezioni
_________
Estratto UNI 11636:2023
[...] 3.4 esperto validatore:
Persona che possiede le conoscenze, abilità e competenze necessarie per eseguire le validazioni previste dalla norma
Nota 1: Il progettista strutturale dello scaffale oppure altra persona adeguatamente formata facente parte dell’organizzazione tecnica del costruttore della scaffalatura sono da intendersi “esperti validatori” nei diversi ambiti di competenza.
3.7 installatore:
Persona qualificata nell'assemblaggio, nella costruzione e nella posa in opera delle scaffalature o di impianti di immagazzinamento
Nota 1: L'installatore dovrebbe essere formato ed esperto nel lavoro di installazione di scaffalature in modo da operare garantendo la salvaguardia della salute e della sicurezza di tutti i lavoratori e delle altre persone; ove richiesto dalla Legge il lavoro dell’installatore deve essere soggetto alla supervisione di terzi.
3.8 ispezione:
Sopralluogo condotto in conformità alla UNI EN 15635 da una persona responsabile per la sicurezza della scaffalatura (PRSES) o da un esperto validatore.
Nota1: Il presente termine è contestualizzato nell'ambito della validazione delle scaffalature industriali metalliche. Non è da intendersi ai sensi della valutazione della conformità (EN ISO/IEC 17000)
3.9 ispezione a vista:
Ispezione stabilita dalla persona responsabile per la sicurezza della scaffalatura da magazzino (PRSES) ad intervalli temporali regolari stabiliti in funzione della valutazione dei rischi
3.10 persona responsabile della sicurezza della scaffalatura da magazzino (PRSES):
Persona nominata dalla direzione con la responsabilità di mantenere in sicurezza il funzionamento del sistema di stoccaggio del magazzino. Il PRSES deve avere competenze adeguate per svolgere tale compito [...]
3.15 validazione di montaggio:
Processo che verifica che il montaggio della scaffalatura è stato portato a termine in accordo alle specifiche del costruttore e del progettista, relativamente alle configurazioni previste per l’uso sicuro della stessa. L’esito di tale processo è formalizzato in un “documento di validazione del montaggio”Tale documento è emesso dal fornitore della scaffalatura o da esperto validatore al termine della installazione della scaffalatura
3.16 validazione documentale:
Processo che verifica che la documentazione di accompagnamento della scaffalatura è idonea a dimostrare che la stessa può essere utilizzata in modo sicuro nella configurazione installataL’esito di tale processo è formalizzato in un “documento di validazione documentale” emesso dal fornitore della scaffalatura o da un esperto validatore
3.17 validazione d'uso di una scaffalatura da magazzino:
Processo che verifica la sicurezza di uso di una scaffalatura sulla base della validazione statica, della validazione di montaggio e della validazione documentaleL’esito di tale processo è formalizzato in un “documento di validazione d’uso” emesso dal fornitore della scaffalatura o dall’esperto validatore
3.18 validazione statica:
Processo che verifica la capacità di carico in condizioni di sicurezza della scaffalatura installata in specifiche disposizioni e configurazioniL’esito di tale processo è formalizzato in un “documento di validazione statica” emesso dal fornitore della scaffalatura o da un esperto validatore.
3.19 vita attiva di una scaffalatura da magazzino:
Numero di anni nel quale la scaffalatura, purché soggetta a manutenzione ordinaria, è utilizzata per la destinazione d'impiego prevista. [...]
5 VALIDAZIONE DELLA ATTREZZATURA DI IMMAGAZZINAGGIO
5.1 Generalità La validazione per l’uso della scaffalatura è una validazione globale.
La validazione documentale, la validazione statica e la validazione di montaggio, sono validazioni parziali. La validazione per l’uso di una scaffalatura richiede obbligatoriamente, in conformità alla UNI EN 15635, che siano condotte ispezioni da parte di un esperto validatore ad intervalli temporali non maggiori di 12 mesi dalla entrata in uso della scaffalatura.
Per le validazioni di cui ai punti seguenti si fa riferimento alle UNI EN 15512, UNI EN 16681, UNI EN 15620, UNI EN 15629, UNI EN 15635 e UNI EN 15878. Per le tipologie di scaffalature non riconducibili a tali norme, si fa riferimento alle UNI 11575, UNI 11262, oppure ai documenti riportati in bibliografia.
5.2 Validazione statica
La validazione statica è la verifica della capacità portante della scaffalatura nella sua configurazione corrente, in conformità allo stato dell’arte della tecnica e dei metodi di calcolo in essere al momento della validazione; garantisce che la scaffalatura è in grado di sostenere i carichi previsti nelle condizioni di progetto.
La validazione statica è riferita alla scaffalatura utilizzata in modo corretto secondo le specifiche d’uso, in assenza di danni dovuti alla gestione quotidiana dell’impianto di immagazzinamento.
La validazione statica non fa riferimento alla configurazione iniziale dello scaffale, ove questa sia variata, né allo stato dell’arte della tecnica o dei metodi di calcolo e progettazione in essere al momento della sua prima installazione. Tale validazione deve essere prodotta dal fornitore della scaffalatura o da un esperto validatore, mediante il rilascio di opportuna documentazione.
5.3 Validazione di montaggio
La validazione di montaggio è il processo che permette di stabilire che la scaffalatura nello stato in cui si trova è stata installata conformemente alle specifiche di progetto, alle istruzioni di montaggio del fornitore e alle disposizioni per l’uso sicuro delle scaffalature. In conformità alla UNI EN 15635, la scaffalatura deve essere corredata di un “Documento di corretta installazione” rilasciato da un esperto validatore.
In assenza di “Documento di corretta installazione” lo stesso deve essere ottenuto a seguito di un rapporto di ispezione, stilato da un esperto validatore, in cui non emergano situazioni di rischio o di danno grave alla struttura.
5.4 Validazione documentale
La validazione documentale è la verifica della esistenza e congruenza di tutti i documenti richiesti dalle norme per l’uso sicuro della scaffalatura.
Tali documenti sono:
- la relazione di calcolo o un documento con validità contrattuale, con la chiara identificazione delle configurazioni ammesse e delle relative portate;
- i disegni di progetto o un documento con validità contrattuale, che illustrano e identificano le configurazioni della scaffalatura come installate; - l’identificazione dei componenti; - le targhe di portata correttamente installate e coerenti con le configurazioni in essere; - il manuale di montaggio, uso e manutenzione; - l’attestazione di corretto montaggio o documento equivalente; - il registro delle ispezioni e degli interventi di manutenzione.
La validazione documentale è condotta da un esperto validatore.
5.5 Validazione di uso della scaffalatura
La validazione d’uso della scaffalatura è il processo che stabilisce l’utilizzo sicuro della stessa; a tale scopo è necessario che risulti verificata l’integrità funzionale della scaffalatura a fronte di:
- il controllo degli elementi strutturali e degli accessori secondo le indicazioni del punto 8; - la conformità della validazione statica; - la conformità della validazione di montaggio; - la conformità della validazione documentale; - la verifica dell’esistenza di condizioni di uso sicuro della scaffalatura, ovvero le condizioni operative previste dalle UNI EN 15512, UNI EN 15620, UNI EN 15629, UNI EN 15635.
La validazione di uso della scaffalatura è rilasciata dal fornitore della stessa o da una persona competente
[...]
8 ISPEZIONE DELLA ATTREZZATURA DI IMMAGAZZINAGGIO
8.1 Generalità I criteri generali per la conduzione delle ispezioni sono indicati nella UNI EN 15635.
L’ispezione riguarda tutti i componenti della scaffalatura esistente. Essa può essere eventualmente suddivisa in fasi distinte con frequenza adatta all’operatività e alla gestione del magazzino. In generale, per qualsiasi tipo di scaffalatura, l’ispezione deve essere condotta sistematicamente, partendo dall’analisi dello stato dei componenti nelle parti più basse, dove è maggiore la tendenza ad avere danni significativi, e osservando nei livelli più alti tutto ciò che sia raggiungibile a vista e interpretabile restando al suolo. Nel caso in cui si debba condurre un’ispezione a livelli non direttamente verificabili da terra, si devono utilizzare metodi sicuri per andare in quota e osservare i componenti. Non deve essere permesso a nessuno di arrampicarsi sulla scaffalatura.
La frequenza e l’estensione dell‘ispezione dipendono dalle specificità di ciascuna installazione ed è compito del PRSES stabilire la frequenza e le modalità di conduzione delle ispezioni affinché queste avvengano in modo compatibile con l’operatività del magazzino. L’ispezione deve sempre riguardare tutti i componenti e gli accessori della scaffalatura; il PRSES, d’accordo con l’esperto validatore, ha la responsabilità di organizzarla eventualmente suddividendola in più fasi, registrando preventivamente il programma e dando evidenza dello stato di avanzamento di questo fino al completamento.
Il PRSES decide come procedere avendo preso in esame:
- il tipo di prodotto da immagazzinare, - la frequenza delle operazioni di movimentazione e la metodologia operativa, - l’estensione del magazzino, - le attrezzature di movimentazione utilizzate, - il personale coinvolto, ovvero tutto ciò che interagisce con la scaffalatura.
L’ispezione deve essere organizzata tenendo convenientemente conto di zone differenti con diverse tipologie di rischio.
Le annotazioni comunque registrate dal PRSES durante la normale operatività dell’impianto e i precedenti verbali di ispezione, sono utili per individuare zone o attività specifiche che richiedono maggiore attenzione in fase di ispezione. In conformità alla UNI EN15635, al fine di assicurare l’utilizzo sicuro di una scaffalatura per lo stoccaggio, oltre all’attività di controllo giornaliero da parte degli operatori, devono essere condotti due tipi di ispezioni:
- l’ispezione a vista, - l’ispezione dell’esperto validatore.
Nota 1 Per eseguire un’ispezione di una scaffalatura non è richiesta la rimozione delle unità di carico. Ciò potrebbe essere necessario in caso di fondati dubbi da parte dell’esperto validatore sullo stato di efficienza di una certa parte di scaffalatura. E’ ammissibile che vi siano parti della scaffalatura non visibili durante una ispezione, perché occupate dalle merci. Il PRSES dovrebbe rendere accessibili tali parti nel corso di ispezioni successive.
Nota 2 In base al grado di riempimento dell’impianto, il PRSES dovrebbe eseguire controlli più frequenti laddove la scaffalatura è normalmente molto caricata oppure dove sono più frequenti le operazioni di prelievo e deposito.
8.2 Ispezioni a vista
Il PRSES è responsabile che le ispezioni visive siano eseguite da personale istruito a svolgere tale attività, secondo un programma e con una frequenza prefissata. Il PRSES deve mantenere la registrazione di queste ispezioni, come richiesto dalla UNI EN 15635.
Le ispezioni visive devono essere eseguite settimanalmente o ad intervalli regolari definiti dal datore di lavoro sulla base dell’analisi dei rischi del magazzino, come previsto dalle norme per la sicurezza nei luoghi di lavoro.
Le ispezioni visive prevedono una serie di controlli che servono a:
- comprovare lo stato di mantenimento della scaffalatura nelle condizioni di sicurezza richieste, - controllare la presenza e l’efficacia della segnaletica e dei dispositivi di protezione, - individuare danni non segnalati nel corso dell’attività giornaliera.
Il datore di lavoro ha la responsabilità di individuare il PRSES ovvero la persona o l’ente che esegue le ispezioni visive, conferendogli l’autorità, l’autonomia e le responsabilità come richiesto da UNI EN15635. Il PRSES solitamente fa parte del personale dell’azienda e riceve una formazione adeguata per ricoprire il suo ruolo con competenza.
Non è preclusa la possibilità di assegnare il ruolo di PRSES ad una parte terza ovvero al fornitore delle scaffalature, purché in possesso dei requisiti di “persona competente” specificati dalla UNI EN 15635. Il PRSES deve essere capace di anteporre la sicurezza degli operatori e delle merci, o comunque di persone che accedono in prossimità agli scaffali, a qualsiasi altra mansione affidatagli, potendosi trovare nella necessità di prendere decisioni che possono influire sullo svolgimento delle attività aziendali.
8.3 Ispezione di un esperto validatore
Le ispezioni di un esperto validatore sono eseguite per valutare la sicurezza globale della scaffalatura e dell’ambiente circostante. Le ispezioni si devono svolgere almeno ogni 12 mesi e si deve tenere un registro delle ispezioni effettuate, secondo quanto richiesto dalla UNI EN 15635. La competenza dell’esperto validatore deve essere accertata dall’utilizzatore della scaffalatura e deve essere adeguatamente comprovata e documentata. Il programma dell’ispezione deve prevedere le fasi seguenti:
1) controllo documentale della scaffalatura da magazzino
2) verifica della conformità delle unità di carico 3) verifica della adeguatezza dei mezzi di movimentazione 4) verifica dell’idoneità della scaffalatura per l’impiego richiesto 5) ispezione visiva delle condizioni generali del magazzino 6) ispezione visiva delle scaffalature 7) identificazione e registrazione dei danni rilevati 8) valutazione del rischio conseguente al danno osservato 9) ricerca delle cause del danno osservato 10) proposta di azioni correttive 11) trasmissione di tutte le informazioni ai responsabili del magazzino e dell’azienda, in forma efficace per la messa in atto delle azioni correttive
[...]
APPENDICE A (informativa) CONTENUTI DEI RAPPORTI DI ISPEZIONE E DEI DOCUMENTI DI VALIDAZIONE
1. Lavoratori dipendenti pubblici e privati fragili: 30 Settembre 2023 2. Lavoratori dipendenti del settore privato che hanno almeno un figlio minore di anni 14: 31 Dicembre 2023
1. Lavoratori dipendenti pubblici e privati fragili: 30 Settembre 2023
Art. 28- bis Proroga del termine per il lavoro agile per i lavoratori dipendenti pubblici e privati affetti dalle patologie e condizioni individuate dal decreto del Ministro della salute 4 febbraio 2022.
1. Al comma 306 dell’articolo 1 della legge 29 dicembre 2022 n. 197, le parole: “30 giugno 2023” sono sostituite dalle seguenti: “30 settembre 2023”[/box-note]
Quindi
[box-note]Legge 29 dicembre 2022 n. 197 ... 06. Fino al 30 settembre 2023, per i lavoratori dipendenti pubblici e privati affetti dalle patologie e condizioni individuate dal decreto del Ministro della salute di cui all’articolo 17, comma 2, del decreto-legge 24 dicembre 2021 n. 221, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2022, n. 11, il datore di lavoro assicura lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile anche attraverso l’adibizione a diversa mansione compresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi di lavoro vigenti, senza alcuna decurtazione della retribuzione in godimento. Resta ferma l’applicazione delle disposizioni dei relativi contratti collettivi nazionali di lavoro, ove più favorevoli.[/box-note]
2. Lavoratori dipendenti del settore privato che hanno almeno un figlio minore di anni 14: 31 Dicembre 2023
Art. 42. Istituzione di un Fondo per le attività socio-educative a favore dei minori e proroga di termine in materia di lavoro agile ... 3-bis. Il termine previsto dall’articolo 10, comma 2, del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 maggio 2022, n. 52, con riferimento alla disposizione di cui al punto 2 dell’allegato B annesso al medesimo decreto-legge, è prorogato al 31 dicembre 2023.[/box-note]
Art. 10 (Proroga dei termini correlati alla pandemia di COVID-19). ... 2. I termini previsti dalle disposizioni legislative di cui all’allegato B sono prorogati al 31 Dicembre 2023 e le relative disposizioni vengono attuate nei limiti delle risorse disponibili autorizzate a legislazione vigente.
1. Fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, i genitori lavoratori dipendenti del settore privato che hanno almeno un figlio minore di anni 14, a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell'attivita' lavorativa o che non vi sia genitore non lavoratore, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalita' agile anche in assenza degli accordi individuali, fermo restando il rispetto degli obblighi informativi previsti dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, e a condizione che tale modalita' sia compatibile con le caratteristiche della prestazione. Fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, il medesimo diritto allo svolgimento delle prestazioni di lavoro in modalita' agile e' riconosciuto, sulla base delle valutazioni dei medici competenti, anche ai lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio da virus SARS-CoV-2, in ragione dell'eta' o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o, comunque, da comorbilita' che possono caratterizzare una situazione di maggiore rischiosita' accertata dal medico competente, nell'ambito della sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 83 del presente decreto, a condizione che tale modalita' sia compatibile con le caratteristiche della prestazione lavorativa.
2. La prestazione lavorativa in lavoro agile puo' essere svolta anche attraverso strumenti informatici nella disponibilita' del dipendente qualora non siano forniti dal datore di lavoro.[/box-note]
UNI/TR 11886-2 Criteri di scelta protezioni antiurto
ID 17915 | Rev. 0.0 del 27.03.2023 / Documento di approfondimento allegato
Linee guida per la scelta più appropriata delle protezioni antiurto in ambito industriale, sulla base della classificazione definita nella UNI/TS 11886-1:2022.
Allo scopo di migliorare e mantenere la sicurezza nelle zone di movimentazione industriale, può essere utile l’installazione, in alcune sezione dello stabilimento e in luoghi particolarmente a rischio, di protezioni antiurto atte a evitare che mezzi e pedoni possano entrare in zone o aree pericolose non di loro competenza.
1. Ferme restando le disposizioni di cui al titolo I, si intendono per luoghi di lavoro, unicamente ai fini della applicazione del presente titolo, i luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati all'interno dell'azienda o dell'unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza dell'azienda o dell'unità produttiva accessibile al lavoratore nell'ambito del proprio lavoro.
2. Le disposizioni di cui al presente titolo non si applicano: a) ai mezzi di trasporto; b) ai cantieri temporanei o mobili; c) alle industrie estrattive; d) ai pescherecci. d-bis): ai campi, ai boschi e agli altri terreni facenti parte di un'azienda agricola o forestale.
1. I luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati nell'allegato IV.
2. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, dei lavoratori disabili.
3. L'obbligo di cui al comma 2 vige in particolare per le porte, le vie di circolazione, gli ascensori e le relative pulsantiere, le scale e gli accessi alle medesime, le docce, i gabinetti ed i posi di lavoro utilizzati da lavoratori disabili.
4. La disposizione di cui al comma 2 non si applica ai luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993; in ogni caso devono essere adottate misure idonee a consentire la mobilità e l'utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale.
5. Ove vincoli urbanistici o architettonici ostino agli adempimenti di cui al comma 1 il datore di lavoro, previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e previa autorizzazione dell'organo di vigilanza territorialmente competente, adotta le misure alternative che garantiscono un livello di sicurezza equivalente.
[...] 1.4.6. Se i luoghi di lavoro comportano zone di pericolo in funzione della natura del lavoro e presentano rischi di cadute dei lavoratori o rischi di cadute d'oggetti, tali luoghi devono essere dotati di dispositivi per impedire che i lavoratori non autorizzati possano accedere a dette zone.
1.4.7. Devono essere prese misure appropriate per proteggere i lavoratori autorizzati ad accedere alle zone di pericolo.
1.4.8. Le zone di pericolo devono essere segnalate in modo chiaramente visibile.
1.4.9. I pavimenti degli ambienti di lavoro e dei luoghi destinati al passaggio non devono presentare buche o sporgenze pericolose e devono essere in condizioni tali da rendere sicuro il movimento ed il transito delle persone e dei mezzi di trasporto.
1.4.10. I pavimenti ed i passaggi non devono essere ingombrati da materiali che ostacolano la normale circolazione.
1.4.11. Quando per evidenti ragioni tecniche non si possono completamente eliminare dalle zone di transito ostacoli fissi o mobili che costituiscono un pericolo per i lavoratori o i veicoli che tali zone devono percorrere, gli ostacoli devono essere adeguatamente segnalati. [...][/panel]
Il rapporto tecnico UNI/TR 11886-2:2022 definisce le specifiche per la corretta installazione di una protezione antiurto, perché sia efficace e garantisca le migliori performance.
Le protezioni antiurto di cui tratta il rapporto tecnico sono progettate per livelli specifici di prestazione, in modo da permette il contenimento dei mezzi di movimentazione che accidentalmente escono dai confini delle zone di movimentazione prescritte.
La gamma dei possibili urti di mezzi di movimentazione a cui può essere soggetta una protezione antiurto è estremamente ampia in termini di velocità, angoli di avvicinamento, tipo di mezzo ed altre condizioni del mezzo e della superficie.
Di conseguenza, nella UNI/TS 11886-1:2022 si definisce un metodo di prova che sia il più conservativo possibile in modo da inglobare la più ampia casistica.
Il rapporto tecnico UNI/TR 11886-2:2022, invece, si rivolge a tutti gli operatori aziendali, che hanno una responsabilità diretta nella valutazione del rischio e nella pianificazione delle azioni correttive necessarie alla messa in sicurezza degli ambienti di lavoro, e che intendono implementare efficacemente la sicurezza passiva in azienda, applicando processi di valutazione dei rischi e di scelta delle protezioni antiurto, con la finalità di proteggere infrastrutture, macchinari e soprattutto i lavoratori, da eventuali incidenti provocati dai mezzi di movimentazione.
[box-note]UNI/TS 11886-1:2022 Protezioni antiurto in ambito industriale - Parte 1: Metodi di prova e criteri per la classificazione
Data entrata in vigore: 13 Ottobre 2022
La specifica tecnica definisce le modalità di prova e i criteri per la classificazione energetica e di ingombro operativo, tramite velocità e massa di prova, delle protezioni antiurto in ambito industriale.[/box-note]
[box-note]UNI/TR 11886-2:2022 Protezioni antiurto in ambito industriale - Parte 2: Criteri di scelta
Data entrata in vigore: 13 Ottobre 2022
Il rapporto tecnico fornisce linee guida per la scelta più appropriata delle protezioni antiurto in ambito industriale, sulla base della classificazione definita nella UNI/TS 11886-1. Il rapporto tecnico definisce le specifiche per la corretta installazione di una protezione antiurto, perché sia efficacie e garantisca le migliori performance.[/box-note]
[...]
1. Criteri di scelta delle protezioni antiurto
La scelta delle protezioni antiurto dovrebbe essere effettuata sulla base delle analisi
seguenti:
- le caratteristiche di viabilità dell’ambiente in cui si vuole intervenire; - le caratteristiche dei mezzi di movimentazione; - le caratteristiche dei carichi trasportati; - la valutazione del rischio su cose e operatori; - la valutazione dei parametri di efficacia della protezione antiurto; - la legislazione vigente a cui è assoggettato l’ambiente di lavoro preso in esame.
[...]
2.5 Individuazione della classe energetica della protezione antiurto idonea alle condizioni di lavoro
Le classi energetiche sono definite nella tabella 1 seguente.
Tabella 1 - Classi energetiche delle protezioni antiurto
[...]
Prospetto B.3 Angolo massimo d’impatto di 45°
[...]
8 Esempi applicativi
[...]
9 Esempi illustrativi
Figura 9 - Esempio di protezione dei montanti della scaffalatura
Figura 10 - Esempio di protezione macchinari industriali
Figura 11 - Esempio di protezione percorsi pedonali
Figura 12 - Esempio di protezione percorsi carrelli elevatori
Modulistica di Prevenzione Incendi / UpdateGiugno 2023
ID 779 | Raccolta Agg. Giugno 2023 (Rev. 5a 2014/2023) | Update file singoli
Modulistica di Prevenzione Incendi aggiornata al 27 giugno 2023 (link diretti) e portfolio PDF completo dei moduli allegato in calce.
[box-warning]Update 27 Giugno 2023
Nell’ambito delle iniziative intraprese dalla Direzione centrale per la prevenzione e la sicurezza tecnica in materia di PNRR e transizione energetica, con decreto del Direttore Centrale per la Prevenzione e la Sicurezza Tecnica, sono stati emanati due modelli PIN (valutazione progetto e SCIA), ai soli fini statistici e per un puntuale monitoraggio, relativi alle attività che beneficiano del regime previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), dal Piano nazionale per gli investimenti complementari (PNC) o che siano inserite nelle Zone Economiche Speciali (ZES).
Modelli aggiornati: - PIN 1-2023 Valutazione Progetto PNRR PNC ZES (Istanza di valutazione del progetto) (dal 3 luglio 2023 - solo per attività PNRR, PNC, ZES - modulistica a carattere temporaneo) - PIN 2-2023 S.C.I.A PNRR (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) (dal 3 luglio 2023 - solo per attività PNRR, PNC, ZES - modulistica a carattere temporaneo)
Suddetta modulistica ha carattere temporaneo in quanto resterà in vigore per il solo periodo di vigenza dei provvedimenti normativi in sopra richiamati.[/box-warning]
[alert]Le modifiche principali, dei moduli in vigore dall'11 giugno 2018 riguardano, in particolare, l’inserimento di una parte in cui indicare se nel progetto si è fatto ricorso alle norme tecniche allegate al decreto del ministro dell’interno 3 agosto 2015 (RTO) e/o alle regole tecniche verticali della sezione V (RTV) dello stesso decreto.[/alert]
[box-info]Update del 20.01.2023
Nuovi moduli in vigore dal 1° marzo 2023:
- PIN 1-2023 Valutazione Progetto: Istanza di valutazione del progetto [pdf/word] - PIN 2-2023 S.C.I.A.: Segnalazione Certificata di Inizio Attività [pdf/word] - PIN 2.2-2023 - Cert. REI: Certificazione di resistenza al fuoco [pdf/word] - PIN 3-2023 Rinnovo periodico: Attestazione di rinnovo periodico di conformità antincendio [pdf/word] - PIN 4-2023 Deroga: Istanza di deroga [pdf/word] - PIN 5-2023 Richiesta N.O.F.: Istanza di nulla osta di fattibilità [pdf/word][/box-info]
File singoli modulistica di Prevenzione Incendi Update 27.06.2023:
1. Valutazione dei progetti:
PIN 1 2018 Valutazione Progetto: .pdf | .doc Istanza di valutazione del progetto PIN 1-2023 Valutazione Progetto: .pdf | .doc(in vigore dal 1° marzo 2023) Istanza di valutazione del progetto PIN 1-2023 Valutazione Progetto PNRR PNC ZES:.pdf | .doc(dal 3 luglio 2023 - solo per attività PNRR, PNC, ZES - modulistica a carattere temporaneo) Istanza di valutazione del progetto
2. Segnalazione Certificata di Inizio Attività:
PIN 2 2018 S.C.I.A.: .pdf | .doc Segnalazione Certificata di Inizio Attività PIN 2-2023 S.C.I.A.: .pdf | .doc(in vigore dal 1° marzo 2023) Segnalazione Certificata di Inizio Attività PIN 2-2023 S.C.I.A. PNRR:.pdf | .doc(dal 3 luglio 2023 - solo per attività PNRR, PNC, ZES - modulistica a carattere temporaneo) Segnalazione Certificata di Inizio Attività
PIN 2.1 2018 Asseverazione: .pdf | .doc Asseverazione ai fini della sicurezza antincendio PIN 2.2 2018 Cert. REI: .pdf | .doc Certificazione di resistenza al fuoco PIN 2.2-2023 - Cert. REI:.pdf | .doc(in vigore dal 1° marzo 2023) Certificazione di resistenza al fuoco PIN 2.3 2018 Dich. Prod.: .pdf | .doc Dichiarazione inerente i prodotti PIN 2.4 2018 Dich. Imp.: .pdf | .doc Dichiarazione di corretta installazione e funzionamento dell'impianto PIN 2.5 2018 Cert. Imp.: .pdf | .doc Certificazione di rispondenza e di corretto funzionamento dell'impianto PIN 2.6 2018 Dichiarazione non aggravio rischio: .pdf |.doc Dichiarazione di non aggravio del rischio incendio PIN 2 gpl 2018 S.C.I.A.: .pdf | .doc Segnalazione Certificata di Inizio Attività per depositi di gpl PIN 2.1 gpl 2018 Attestazione: .pdf | .doc Attestazione per depositi di gpl PIN 2.7 gpl 2012 dichiarazione di installazione: .pdf | .doc Dichiarazione di installazione per depositi di gpl Dichiarazione di rispondenza: .pdf (Decreto 22 gennaio 2008, n. 37, art. 7, comma 6 - M.S.E.)
3. Rinnovo periodico di conformità antincendio:
PIN 3 2018 Rinnovo periodico: .pdf | .doc Attestazione di rinnovo periodico di conformità antincendio PIN 3-2023 Rinnovo periodico: .pdf | .doc(in vigore dal 1° marzo 2023) Attestazione di rinnovo periodico di conformità antincendio PIN 3.1 2014 Asseverazione per rinnovo: .pdf | .doc Asseverazione ai fini della attestazione di rinnovo periodico di conformità PIN 3 gpl 2018 Attestazione di rinnovo periodico gpl: .pdf | .doc Attestazione di rinnovo periodico di conformità antincendio per depositi di gpl PIN 3.1 gpl 2018 Dichiarazione per rinnovo: .pdf | .doc Dichiarazione per depositi di gpl
4. Deroga:
PIN 4 2018 Deroga: .pdf | .doc Istanza di deroga PIN 4-2023 Deroga:.pdf | .doc(in vigore dal 1° marzo 2023) Istanza di deroga
5. Nulla Osta di Fattibilità:
PIN 5 2018 Richiesta N.O.F.: .pdf | .doc Istanza di nulla osta di fattibilità PIN 5-2023 Richiesta N.O.F.:.pdf | .doc(in vigore dal 1° marzo 2023) Istanza di nulla osta di fattibilità
6. Verifiche in corso d'opera:
PIN 6 2018 Richiesta Verifica in corso d'opera: .pdf | .doc Istanza di verifiche in corso d'opera
Rischi elementi mobili: misure sicurezza alternative alla protezione/segregazione
ID 14510 | 10.09.2021 / Documento completo allegato
Rischi elementi mobili: è possibile adottare, in determinati contesti, misure di sicurezza alternative alla protezione/segregazione (secondo il D.Lgs. 81/2008).
La recente Sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza CP n. 32956 del 07 settembre 2021) stabilisce fondato il ricorso della condanna del DL per un infortunio del lavoratore addetto ad una macchina curvatubi che frequentemente, per esigenze di lavorazione, doveva rimuovere le protezioni a fotocellule, ma erano previste altre misure sicurezza in tale caso, secondo quanto previsto dal punto 6.5 dell’Allegato V D.Lgs. 81/2008.
La Sentenza di 2° grado impugnata aveva trascurato di valutare le effettive esigenze della lavorazione, che imponevano la sostituzione delle fotocellule di sicurezza con altre misure di riduzione del rischio, individuabili in due elementi: l'esecuzione di lavorazioni specifiche (la curvatura di tubi a base quadrata) e la preparazione (o attrezzamento) della macchina.
[box-info]Rischi elementi mobili (per effettive esigenze di lavorazione/in estrema ratio)
è possibile valutare, per effettive esigenze di lavorazione, altre misure di riduzione del rischio alternative alla protezione/segregazione (Allegato V D.Lgs. 81/2008pp. 6.2, 6.5) [/box-info]
2.1. Violazione dell'art. 590 cod. pen. e del par. 6.5 dell'Allegato V del D.Lgs. n. 81/2008 e vizio di motivazione per l'omessa valutazione del particolare funzionamento bifasico della macchina curvatubi quale motivo principale della temporanea disattivazione delle fotocellule di sicurezza della macchina e della sostituzione con altre misure preventive, in conformità al par. 6.5 Allegato V del D. Lgs. n. 81/2008.
La sentenza impugnata, pertanto, ha trascurato di valutare le effettive esigenze della lavorazione, che imponevano la sostituzione delle fotocellule di sicurezza con altre misure di riduzione del rischio, individuabili in due elementi: l'esecuzione di lavorazioni specifiche (la curvatura di tubi a base quadrata) e la preparazione (o attrezzamento) della macchina.
La sentenza impugnata si è limitata a considerare lo svolgimento dell'infortunio durante una lavorazione specifica e, solo su questo dato, ha escluso l'impossibilità di una completa segregazione delle aree pericolose. .... Vedi tutta a seguire o al linkSentenza CP n. 32956 del 07 settembre 2021[/box-note]
6.1. Se gli elementi mobili di un'attrezzatura di lavoro presentano rischi di contatto meccanico che possono causare incidenti, essi devono essere dotati di protezioni o di sistemi protettivi che impediscano l'accesso alle zone pericolose o che arrestino i movimenti pericolosi prima che sia possibile accedere alle zone in questione. Le protezioni ed i sistemi protettivi: - devono essere di costruzione robusta, - non devono provocare rischi supplementari, - non devono essere facilmente elusi o resi inefficaci, - devono essere situati ad una sufficiente distanza dalla zona pericolosa, - non devono limitare più del necessario l'osservazione del ciclo di lavoro, - devono permettere gli interventi indispensabili per l'installazione e/o la sostituzione degli attrezzi, nonché per i lavori di manutenzione, limitando però l'accesso unicamente al settore dove deve essere effettuato il lavoro e, se possibile, senza che sia necessario smontare le protezioni o il sistema protettivo.
6.2. Quando per effettive ragioni tecniche o di lavorazione non sia possibile conseguire una efficace protezione o segregazione degli organi lavoratori e delle zone di operazione pericolose delle attrezzature di lavoro si devono adottare altre misure per eliminare o ridurre il pericolo, quali idonei attrezzi, alimentatori automatici, dispositivi supplementari per l'arresto della macchina e congegni di messa in marcia a comando multiplo simultaneo.
6.3. Gli apparecchi di protezione amovibili degli organi lavoratori, delle zone di operazione e degli altri organi pericolosi delle attrezzature di lavoro, quando sia tecnicamente possibile e si tratti di eliminare un rischio grave e specifico, devono essere provvisti di un dispositivo di blocco collegato con gli organi di messa in moto e di movimento della attrezzatura di lavoro tale che: a) impedisca di rimuovere o di aprire il riparo quando l'attrezzatura di lavoro è in moto o provochi l'arresto dell'attrezzatura di lavoro all'atto della rimozione o dell'apertura del riparo; b) non consenta l'avviamento dell'attrezzatura di lavoro se il riparo non è nella posizione di chiusura.
6.4. Nei casi previsti nei punti 6.2 e 6.5, quando gli organi lavoratori non protetti o non completamente protetti possono afferrare, trascinare o schiacciare e sono dotati di notevole inerzia, il dispositivo di arresto dell'attrezzatura di lavoro, oltre ad avere l'organo di comando a immediata portata delle mani o di altre parti del corpo del lavoratore, deve comprendere anche un efficace sistema di frenatura che consenta l'arresto nel più breve tempo possibile.
6.5. Quando per effettive esigenze della lavorazione non sia possibile proteggere o segregare in modo completo gli organi lavoratori e le zone di operazione pericolose delle attrezzature di lavoro, la parte di organo lavoratore o di zona di operazione non protetti deve essere limitata al minimo indispensabile richiesto da tali esigenze e devono adottarsi misure per ridurre al minimo il pericolo.[/box-note]
(*) Il p. 6.4 prevede che nei casi p. 6.2 e p. 6.5 (di natura residuale) occorre: - un organo di comando di arresto a immediata portata - un’efficace sistema di frenatura che consenta l'arresto nel più breve tempo possibile (se elevata inerzia)
(**) Formazione specifica, Procedure, Segnaletica, ecc ...
Gli elementi mobili della macchina devono essere progettati e costruiti per evitare i rischi di contatto che possono provocare infortuni oppure, se i rischi persistono, essere muniti di ripari o dispositivi di protezione.
Devono essere prese tutte le disposizioni necessarie per impedire un bloccaggio improvviso degli elementi mobili di lavoro. Nei casi in cui, malgrado le precauzioni prese, possa verificarsi un bloccaggio, dovranno essere previsti, ove opportuno, i dispositivi di protezione specifici e gli utensili specifici necessari per permettere di sbloccare la macchina in modo sicuro.
Le istruzioni e, ove possibile, un'indicazione sulla macchina devono individuare tali dispositivi di protezione specifici e la modalità di impiego. ...[/box-note]
Codice ATECO e Livello di Rischio / Update Rev. 1.0 Aprile 2023
ID 11126 | 11.04.2023 / In allegato Documento completo e Tabella in .xlsx
In allegato Documento/Tabella sul livello di rischio sicurezza di una attività in relazione al proprio Codice ATECO in formato .pdf e in .xlsx (consultabile con filtri di ricerca).
- Tabella Codice ATECO 2007(estesa) aggiornata con le modifiche ISTAT al 2022 Dettaglio aggiornamento 2022 dei Codice ATECO 2022: Sezione A: Divisione 01 Sezione C: Classe 10.89, Classe 16.23, Classe 24.33 e Classe 27.40 Sezione F: Classe 43.21, Classe 43.29 Sezione G: Classe 45.20, Categoria 46.18.3 e Classe 46.90 Sezione I: Classe 55.20 e Classe 56.10 Sezione K: Classe 66.19 Sezione M: Classe 69.20, Classe 71.20, Classe 73.11 e Classe 74.90 Sezione N: Classe 77.39 Sezione R: Classe 90.01, Classe 92.00 e Gruppo 93.2 Sezione S: Classe 96.01 Sezione T: Classe 97.00
- Allegata in excel Tabella di raccordo Codici ATECO 2007 aggiornata con le modifiche ISTAT al 2022 e livelli di rischio (di cui al Accordo Stato-Regioni del 21 Dicembre 2011) con filtri per codici ATECO e livelli di rischio.
L’Accordo Stato-Regioni del 21 Dicembre 2011, stabilisce la durata dei corsi di Formazione Specifica dei Lavoratori, RSPP (Datore di Lavoro) (poi modificato), viene determinata in base al Livello di Rischio dell’Azienda.
L’Allegato II dell’Accordo individua le macro-categorie di rischio (basso / medio / alto) di ciascuna attività in base al proprio codice ATECO 2007.
- Tabella Codice ATECO 2007(estesa) aggiornata con le modifiche ISTAT al 2022 Dettaglio aggiornamento 2022 dei Codice ATECO 2022: Sezione A: Divisione 01 Sezione C: Classe 10.89, Classe 16.23, Classe 24.33 e Classe 27.40 Sezione F: Classe 43.21, Classe 43.29 Sezione G: Classe 45.20, Categoria 46.18.3 e Classe 46.90 Sezione I: Classe 55.20 e Classe 56.10 Sezione K: Classe 66.19 Sezione M: Classe 69.20, Classe 71.20, Classe 73.11 e Classe 74.90 Sezione N: Classe 77.39 Sezione R: Classe 90.01, Classe 92.00 e Gruppo 93.2 Sezione S: Classe 96.01 Sezione T: Classe 97.00
- Allegata in excel Tabella di raccordo Codici ATECO 2007 aggiornata con le modifiche ISTAT al 2022 e livelli di rischio (di cui al Accordo Stato-Regioni del 21 Dicembre 2011) con filtri per codici ATECO e livelli di rischio.
Luoghi di lavoro | Check List Titolo II Allegato IV D.Lgs. 81/08
ID 10102 | 13.02.2020
Check List di analisi conformità luoghi di lavoro Titolo II Allegato IV D.Lgs. 81/08.
[panel]TITOLO II - Luoghi di lavoro
CAPO I - DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 62 - Definizioni
1. Ferme restando le disposizioni di cui al titolo I, si intendono per luoghi di lavoro, unicamente ai fini della applicazione del presente titolo, i luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza dell’azienda o dell’unità produttiva accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro.
2. Le disposizioni di cui al presente Titolo non si applicano:
a) ai mezzi di trasporto; b) ai cantieri temporanei o mobili; c) alle industrie estrattive; d) ai pescherecci; d-bis) ai campi, ai boschi e agli altri terreni facenti parte di un’azienda agricola o forestale.
Articolo 63 - Requisiti di salute e di sicurezza
1. I luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati nell’ALLEGATO IV.
2. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, dei lavoratori disabili.
3. L’obbligo di cui al comma 2 vige in particolare per le porte, le vie di circolazione, gli ascensori e le relative pulsantiere, le scale e gli accessi alle medesime, le docce, i gabinetti ed i posi di lavoro utilizzati da lavoratori disabili.
4. La disposizione di cui al comma 2 non si applica ai luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993; in ogni caso devono essere adottate misure idonee a consentire la mobilità e l’utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale.
5. Ove vincoli urbanistici o architettonici ostino agli adempimenti di cui al comma 1 il datore di lavoro, previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e previa autorizzazione dell’organo di vigilanza territorialmente competente, adotta le misure alternative che garantiscono un livello di sicurezza equivalente.
a) i luoghi di lavoro siano conformi ai requisiti di cui all’articolo 63, commi 1, 2 e 3; b) le vie di circolazione interne o all’aperto che conducono a uscite o ad uscite di emergenza e le uscite di emergenza siano sgombre allo scopo di consentirne l’utilizzazione in ogni evenienza; c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori; d) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche adeguate; e) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla prevenzione o all’eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti a regolare manutenzione e al controllo del loro funzionamento.
Articolo 65 - Locali sotterranei o semisotterranei
1. È vietato destinare al lavoro locali chiusi sotterranei o semisotterranei.
2. In deroga alle disposizioni di cui al comma 1, possono essere destinati al lavoro locali chiusi sotterranei o semisotterranei, quando ricorrano particolari esigenze tecniche. In tali casi il datore di lavoro provvede ad assicurare idonee condizioni di aerazione, di illuminazione e di microclima.
3. L’organo di vigilanza può consentire l’uso dei locali chiusi sotterranei o semisotterranei anche per altre lavorazioni per le quali non ricorrono le esigenze tecniche, quando dette lavorazioni non diano luogo ad emissioni di agenti nocivi, sempre che siano rispettate le norme del presente Decreto Legislativo e si sia provveduto ad assicurare le condizioni di cui al comma 2.
Articolo 66 - Lavori in ambienti sospetti di inquinamento
1. È vietato consentire l’accesso dei lavoratori in pozzi neri, fogne, camini, fosse, gallerie e in generale in ambienti e recipienti, condutture, caldaie e simili, ove sia possibile il rilascio di gas deleteri, senza che sia stata previamente accertata l’assenza di pericolo per la vita e l’integrità fisica dei lavoratori medesimi, ovvero senza previo risanamento dell’atmosfera mediante ventilazione o altri mezzi idonei. Quando possa esservi dubbio sulla pericolosità dell’atmosfera, i lavoratori devono essere legati con cintura di sicurezza, vigilati per tutta la durata del lavoro e, ove occorra, forniti di apparecchi di protezione. L’apertura di accesso a detti luoghi deve avere dimensioni tali da poter consentire l’agevole recupero di un lavoratore privo di sensi.
Art. 67. - Notifiche all'organo di vigilanza competente per territorio (N)
1. In caso di costruzione e di realizzazione di edifici o locali da adibire a lavorazioni industriali, nonche' nei casi di ampliamenti e di ristrutturazioni di quelli esistenti, i relativi lavori devono essere eseguiti nel rispetto della normativa di settore e devono essere comunicati all'organo di vigilanza competente per territorio i seguenti elementi informativi:
a) descrizione dell'oggetto delle lavorazioni e delle principali modalità di esecuzione delle stesse; b) descrizione delle caratteristiche dei locali e degli impianti.
2. Il datore di lavoro effettua la comunicazione di cui al comma 1 nell'ambito delle istanze, delle segnalazioni o delle attestazioni presentate allo sportello unico per le attività produttive con le modalità stabilite dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160.
Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuate, secondo criteri di semplicità e di comprensibilità, le informazioni da trasmettere e sono approvati i modelli uniformi da utilizzare per i fini di cui al presente articolo.
3. Le amministrazioni che ricevono le comunicazioni di cui al comma 1 provvedono a trasmettere in via telematica all'organo di vigilanza competente per territorio le informazioni loro pervenute con le modalità indicate dal comma 2.
4. L'obbligo di comunicazione di cui al comma 1 si applica ai luoghi di lavoro ove e' prevista la presenza di più di tre lavoratori.
5. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 2 trovano applicazione le disposizioni di cui al comma 1.
______________
Note all’Art. 67: - articolo 67, come sostituito dal Decreto Legge n. 69/2013 (Decreto Fare).
CAPO II - SANZIONI
Articolo 68 - Sanzioni per il datore di lavoro
1. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
a) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 3.071,27 a 7.862,44 euro per la violazione dell’articolo 66; b) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.228,50 a 5.896,84 euro per la violazione degli articoli 64, comma 1, e 65, commi 1 e 2; c) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 614,25 a 2.211,31 euro per la violazione dell’articolo 67, commi 1 e 2.
2. La violazione di più precetti riconducibili alla categoria omogenea di requisiti di sicurezza relativi ai luoghi di lavoro di cui all’allegato IV, punti 1.1, 1.2, 1.3, 1.4, 1.5, 1.6, 1.7, 1.8, 1.9, 1.10, 1.11, 1.12, 1.13, 1.14, 2.1, 2.2, 3, 4, 6.1, 6.2, 6.3, 6.4, 6.5, e 6.6, è considerata una unica violazione ed è punita con la pena prevista dal comma 1, lettera b).
L’organo di vigilanza è tenuto a precisare in ogni caso, in sede di contestazione, i diversi precetti violati.[/panel]
...
Allegato IV Requisiti dei luoghi di lavoro
Ambienti di lavoro
Legenda
A - Applicabile NA - Non applicabile C - Conforme NC - Non conforme
Tecniche avanzate per la gestione dei serbatoi di stoccaggio atmosferico (verticali cilindrici di prodotti petroliferi e chimici)
ID 19337 | 29.03.2023 / In allegato Quaderno INAIL 20/2023
I serbatoi verticali di stoccaggio atmosferico sono sistemi di contenimento primari presenti in molti stabilimenti industriali, inclusi raffinerie, depositi petroliferi, impianti chimici e petrolchimici.
Oggetto specifico sono i serbatoi verticali cilindrici costruiti con materiali metallici destinati allo stoccaggio a pressione atmosferica di prodotti petroliferi e chimici allo stato liquido.
Il quaderno, nella prima parte, presenta una rassegna delle tecnologie oggi disponibili per verifica integrità e sicurezza dei serbatoi, con particolare riguardo ai fondi, che in base all’esperienza operativa, risultano il componente più critico.
Nella seconda parte si presenta un approccio innovativo, sviluppato nell’ambito del progetto BRIC/2018/ID11, che consente una predizione più accurata delle condizioni del fondo durante la fase di esercizio.
Nell’ultimo capitolo molti consigli pratici per i gestori e per gli enti di controllo.
L’obiettivo di questo quaderno di ricerca è di divulgare i recenti risultati di ricerca sullo sviluppo di modelli di prognostica per serbatoi atmosferici, al fine di rendere più sicuro ed efficace il loro esercizio durante l’intero ciclo di vita. ________
Oggetto specifico sono i serbatoi verticali cilindrici costruiti con materiali metallici destinati allo stoccaggio a pressione atmosferica di prodotti petroliferi e chimici allo stato liquido.
Queste attrezzature sono, ingannevolmente, ritenute più semplici rispetto alle più complesse caratterizzate da pressioni e temperature di esercizio beni più elevate. Anche la legislazione, sia per la costruzione che per l’esercizio è più blanda rispetto a quella degli apparecchi in pressione. I tempi di vita dei serbatoi sono ben più lunghi rispetto a quelli delle altre componenti d’ impianto. È noto che più a lungo un serbatoio è in servizio, più cresce la probabilità che i danneggiamenti dovuti alla corrosione, all’usura o alla fatica, che non sono rilevati per mancanza di rigorose ispezioni possano portare a probabilità di rottura non più accettabili. Mentre la corrosione esterna è facile da rilevare, il controllo dei danneggiamenti interni è molto più complesso e difficile. L’uso di tecnologie di misurazione innovative e di modelli prognostici potenti, può contribuire in modo significativo ad estendere nel tempo l’esercizio sicuro dei serbatoi di stoccaggio. Il presente quaderno illustra i risultati ottenuti, in particolare, dall’Unità Operativa dell’Università di Messina, all’interno del progetto MAC4PRO, finanziato da INAIL nell’ambito del bando BRIC 2018/ID11.
Nel presente quaderno non sono inclusi gli stoccaggi criogenici e quelli a bassa pressione, che presentano problematiche diverse. Dalla trattazione sono esclusi i serbatoi sferici, i serbatoi orizzontali, i serbatoi interrati o tumulati, i piccoli serbatoi in materiali plastici o compositi. Anche qui le analogie potrebbero essere molte, ma ci sono problemi particolari che meriterebbero indagini dedicate.
I serbatoi in pressione, soggetti peraltro ad una legislazione specifica, presentano invece problematiche del tutto diverse che non sono qui affrontate. L’approccio seguito nella ricerca, che include l’applicazione la statistica degli estremi combinata con l’inferenza Bayesiana, è potenzialmente estendibile ad altri sistemi di contenimento, tenendo conto delle caratteristiche meccaniche, dei materiali di costruzione, dei prodotti contenuti, delle condizioni ambientali e delle modalità di esercizio.
Tali estensioni saranno oggetto di future ricerche, ma non sono fuori dagli obiettivi del quaderno.
Il quaderno è destinato innanzitutto ai ricercatori che si occupano delle tematiche affrontate ovvero prevenzione delle perdite di contenimento nell’industria di processo, analisi quantitativa del rischio, scienza della corrosione, statistica predittiva. Si è cercato di avere uno stile agile e divulgativo in modo che la pubblicazione possa essere utile anche al mondo industriale, in particolare a responsabili e addetti di raffinerie, parchi serbatoi, stabilimenti petrolchimici, terminali e depositi costieri, personale qualificato per le prove non distruttive (PND), responsabili e addetti al servizio di prevenzione e protezione di stabilimenti “Seveso”, consulenti della sicurezza, nonché analisti del rischio, ispettori e auditor, che hanno incarichi nell’ambito della legislazione Seveso.
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Indice degli argomenti
Introduzione
1. Inquadramento Tecnico Normativo 1.1 Norme Tecniche 1.1.1 Costruzione e modifica 1.1.2 Esercizio 1.2 Legislazione 1.2.1 Antincendio 1.2.2 Sicurezza del lavoro 1.2.3 Sicurezza industriale 1.2.4 Legislazione Navale 1.2.5 Legislazione ambientale 1.3. Prassi delle Autorità competenti 1.3.1 Doppi fondi 1.3.2 Nuovi materiali ed alternative ai doppi fondi 1.3.3 Indicazioni sull’ esercizio dei serbatoi
2 Stato dell’arte 2.1 Esperienza Operativa 2.1.1 Incidenti Rilevanti 2.1.2 Mancati Incidenti 2.2 Principali meccanismi di danno 2.2.1 Corrosività dei prodotti 2.2.2 Impurità nei prodotti 2.2.3 Biocorrosione interna 2.2.4 Altri danneggiamenti interni 2.2.5 Deterioramento Atmosferico 2.2.6 Deterioramento dovuto al suolo 2.3 Tecniche per il controllo dell’ integrità 2.3.1 Esame Visivo 2.3.2 Spessimetria ad ultrasuoni 2.3.3 Misure di Flusso Magnetico 2.3.4 Emissione Acustica 2.3.5 Misure robotizzate 2.3.6 Onde Guidate 2.4 Organizzazione delle verifiche e dei controlli 2.4.1 Ispezioni periodiche d’integrità 2.4.2 Ispezioni basate sul rischio RBI 2.4.3 Ispezioni Funzionali 2.4.4 Controlli quotidiani
3. Nuovi risultati per l’integrità dei fondi di serbatoi 3.1 Stato dell’arte della ricerca 3.2 Metodologia per la stima del tempo residuo di vita 3.2.1 Raccolta dati 3.2.2 Casi studio 3.2.3 Analisi dei dati e discussione 3.3 Modellazione sperimentale del fenomeno corrosivo 3.3.1 Preparazione e trattamenti iniziali dei provini 3.3.2 Predisposizione dei contenitori ed immersione dei provini 3.3.3 Estrazione dei provini e caratterizzazione 3.4 Strumenti sviluppati a supporto delle ispezioni
4. Suggerimenti e Indicazioni Pratiche 4.1 Per le autorità/enti di controllo 4.2 Per i gestori 4.3 Per costruttori/manutentori
Vademecum Attrezzature captazione e separazione fumi saldatura EN ISO 21904-1:2020 / Rev. 1.0 del 04.10.2021
ID 14508 | Rev. 1.0 del 04.10.2021 / Vademecum completo in allegato
Documento di raccordo tra la norma di prodotto EN ISO 21904-1:2020 " Salute e sicurezza in saldatura e nei processi correlati - Attrezzature per la cattura e la separazione dei fumi di saldatura - Parte 1: Requisiti generali" ed i requisiti del D.Lgs 81/08 relativi al rischio chimico, con evidenza dei punti principali della EN ISO 21904-1:2020 in relazione al TUS Art. da 221 a 243 Titolo IX sostanze pericolose.
La saldatura di metalli, un processo industriale diffuso in molte realtà industriali, è sicuramente tra le attività più critiche per la salute dei lavoratori addetti.
Il rischio chimico della saldatura deriva principalmente dallo sviluppo dei fumi, complesse miscele di componenti chimici inorganici ed organici, anche cancerogeni, che si libera durante la fase di riscaldamento ed eventuale fusione del pezzo da saldare.
[box-info]Classificazione IARC Fumi di saldatura
I fumi di saldatura sono classificati nella IARC Monograph 118 Welding, Molybdenum Trioxide, and Indium Tin Oxide (2018) che ha aggiornato la IARC Monograph 49 Chromium, Nickel and Welding (1990).
I fumi di saldatura sono stati riclassificati come "cancerogeni" per l'uomo (Gruppo 1) nel 2018 (IARC Monograph 118), classificazione aggiornata dalla precedente come "possibili cancerogeni" per l'uomo (Gruppo 2B) del 1989 (IARC 49, 1990).
La EN ISO 21904-1:2020 definisce i requisiti generali che sono necessari all'attrezzatura di ventilazione per mantenere a livelli accettabili l'esposizione ai fumi.
Saldatura e processi correlati generano fumi e gas, che, se inalati, possono essere dannosi per la salute umana. Pertanto, si deve esercitare un controllo dei fumi e dei gas generati per ridurre al minimo l'esposizione dei lavoratori.
Il metodo di controllo più efficace consiste nella cattura dei fumi e dei gas nei pressi della loro sorgente prima che entrino nella zona respiratoria di un lavoratore o nell'ambiente del luogo di lavoro in genere.
L'attrezzatura di ventilazione utilizzata per la cattura dei fumi e dei gas deve essere adeguata allo scopo dal momento che una cattura inefficiente può risultare in un'elevata esposizione e potrebbe essere nociva per la salute dei lavoratori. È quindi importante che essa aderisca ai requisiti definiti di fabbricazione, materiali e progettazione e fornisca avvertenze in caso di malfunzionamento.
La EN ISO 21904-1:2020 definisce i requisiti generali che sono necessari all'attrezzatura di ventilazione per mantenere a livelli accettabili l'esposizione ai fumi.
La EN ISO 21904-1:2020 è una norma di tipo C come indicato nella ISO 12100.
La EN ISO 21904-1:2020 è pertinente in particolare per i seguenti gruppi di portatori di interesse che rappresentano gli attori del mercato in relazione alla sicurezza del macchinario:
- fabbricanti di macchine (piccole, medie e grandi imprese); - organismi per la salute e la sicurezza (di regolamentazione, organizzazioni per la prevenzione degli incidenti, sorveglianza del mercato, ecc.).
Altri possono essere interessati dal livello di sicurezza del macchinario ottenuto con i mezzi previsti dal presente documento dai sopra menzionati gruppi di portatoti di interesse:
- utilizzatori di macchine/datori di lavoro (piccole, medie e grandi imprese); - utilizzatori di macchine/dipendenti (per esempio unioni sindacali, organizzazioni per persone con esigenze particolari); - fornitori di servizi, per esempio per la manutenzione (piccole, medie e grandi imprese); - consumatori (nel caso di macchinario destinato all'utilizzo da parte dei consumatori).
Per le macchine che rientrano nello scopo e campo di applicazione di una norma di tipo C e che sono state progettate e costruite secondo i requisiti di detta norma, i requisiti di detta norma di tipo C hanno la precedenza.
Il Documento raccorda in modo trasversale la norma di prodotto e i requisti del TUS, evidenziando i punti principali della norma EN ISO 15012-4:2016, in relazione al rischio chimico fumi di saldatura, con inserito parte del "Vademecum per il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori nelle attività di saldatura metalli - RL", presenti informazioni dell’Industrial Ventilation ACGIH 2007.
[box-note]Altre norme delle serie
UNI EN ISO 21904-2:2020 Salute e sicurezza in saldatura e nei processi correlati - Attrezzature per la cattura e la separazione dei fumi di saldatura - Parte 2: Requisiti per le prove e la marcatura dell'efficacia della separazione
Recepisce: EN ISO 21904-2:2020 Adotta: ISO 21904-2:2020 Data entrata in vigore: 23 aprile 2020 Sostituisce: UNI EN ISO 15012-1:2013
La norma specifica un metodo per sottoporre a prova l'attrezzatura per la separazione dei fumi di saldatura al fine di determinare se la sua efficacia di separazione soddisfa i requisiti specificati. Il metodo specificato non si applica alle prove di cartucce filtranti indipendenti dall'attrezzatura nella quale sono destinate ad essere utilizzate.
UNI EN ISO 21904-3:2018 Salute e sicurezza nei processi di saldatura e affini - Requisiti, prove e marcatura delle apparecchiature per la filtrazione dell'aria - Parte 3: Determinazione dell'efficienza di captazione dei dispositivi torcia di saldatura aspirante
Recepisce: EN ISO 21904-3:2018 Adotta: ISO 21904-3:2018 Data entrata in vigore: 12 aprile 2018
La norma definisce un metodo di laboratorio per misurare l'efficienza di captazione dei fumi di saldatura dei sistemi di estrazione sulla torcia. La procedura prescrive solo una metodologia, lasciando all'utente la selezione dei parametri di prova, in modo che possa essere valutato l'effetto di diverse variabili.
È applicabile ai sistemi integrati sulla torcia e ai sistemi in cui un sistema di estrazione separato è collegato alla torcia di saldatura vicino all'area dell'arco. La metodologia è adatta per l'uso con tutti i processi di saldatura a filo continuo, tutti i tipi di materiale e tutti i parametri di saldatura.
Il metodo può essere utilizzato per valutare gli effetti di variabili quali portata di estrazione, posizione dell'ugello di estrazione, portata del gas di protezione, geometria della saldatura, angolo della torcia di saldatura, velocità di emissione dei fumi, ecc., sull'efficienza di captazione.
UNI EN ISO 21904-4:2020 Salute e sicurezza in saldatura e nei processi correlati - Attrezzature per la cattura e la separazione dei fumi di saldatura - Parte 4: Determinazione della portata minima del volume d'aria dei dispositivi di cattura
Recepisce: EN ISO 21904-4:2020 Adotta: ISO 21904-4:2020 Data entrata in vigore: 23 aprile 2020
La norma specifica due metodi per stabilire la portata minima del volume d'aria. Un metodo è dedicato all'utilizzo con cappe, ugelli e ugelli a fessura con un rapporto tra lunghezza della fessura e diametro del tubo di 8:1 o minore. L'altro metodo è dedicato all'utilizzo con dispositivi di estrazione a pistola.
Sostituisce: UNI EN ISO 15012-2:2008[/box-note]
A. UNI EN ISO 21904-1:2020
UNI EN ISO 21904-1:2020 Salute e sicurezza in saldatura e nei processi correlati - Attrezzature per la cattura e la separazione dei fumi di saldatura - Parte 1: Requisiti generali
Recepisce: EN ISO 21904-1:2020 Adotta: ISO 21904-1:2020 Data entrata in vigore: 23 aprile 2020 Sostituisce: UNI EN ISO 15012-4:2016
La norma definisce i requisiti generali per l'attrezzatura di ventilazione utilizzata per catturare e separare i fumi generati dalla saldatura e dai processi correlati, per esempio saldatura ad arco e taglio termico. La norma specifica inoltre i dati delle prove da marcare sui dispositivi di cattura.
Essa si applica alla progettazione e alla fabbricazione di parti dell'attrezzatura, comprese cappe per saldatura, condotti, unità di filtro, motori dell'aria, sistemi che informano sul funzionamento non sicuro e pratiche sul luogo di lavoro per garantire un lavoro sicuro in relazione all'esposizione.
Scopo e campo di applicazione
La norma EN ISO 21904-1:2020 definisce i requisiti generali per le attrezzature di ventilazione utilizzate per catturare e separare i fumi generati dalla saldatura e dai processi correlati, per esempio la saldatura ad arco e il taglio termico.
Il presente documento specifica anche i dati di prova da marcare sui dispositivi di cattura. Si applica alla produzione e alla fabbricazione delle parti dell'attrezzatura, comprese cappe per la saldatura, condotti, unità filtranti, motori per l'estrazione dell'aria, sistemi che informano del funzionamento insicuro e pratiche del luogo di lavoro per garantire la sicurezza del lavoro per quanto concerne l'esposizione.
I pericoli significativi sono elencati nel punto 4. Non sono trattati i pericoli elettrici, meccanici e pneumatici.
Il presente documento è applicabile a: [alert]- sistemi di ventilazione di scarico locale (LEV), escluse le tavole di pescaggio; - attrezzatura mobile e stazionaria; - attrezzature di separazione utilizzate per la saldatura e i processi correlati;[/alert] Il presente documento non è applicabile a:
- ventilazione generale, sistemi di reintegro dell'aria o di movimento dell'aria; - sistemi di condizionamento dell'aria; - polvere di smerigliatura.
La norma EN ISO 21904-1:2020 si applica ai sistemi progettati e fabbricati dopo la sua pubblicazione.
Figura - Impianto di aspirazione localizzato fisso
Figura - Attrezzatura di aspirazione localizzata mobile
[...]
PERICOLI SIGNIFICATIVI
L'esposizione ai fumi e ai gas di saldatura generati da saldatura e processi correlati può essere nociva per la salute. Il controllo dell'esposizione solitamente può essere ottenuto utilizzando un'attrezzatura di ventilazione ma qualsiasi guasto a questa attrezzatura, quale, per esempio, una progettazione carente e l'utilizzo di parti realizzate con materiali inadeguati, può dare luogo a una ridotta efficacia di estrazione e quindi a una sovra-esposizione e a danni alla salute.
Gli effetti comuni sulla salute comprendono patologie respiratorie, ma durante la saldatura si può verificare, e quindi deve essere presa in considerazione, l'esposizione a sostanze cancerogene.
I requisiti dell'attrezzatura di ventilazione dipendono dal livello di controllo necessario.
REQUISITI E VERIFICHE
[...]
MARCATURA
Ogni macchina deve essere marcata in modo distinto e permanente in conformità al punto 6.4.4 della ISO 12100:2010 e punto 16.4 della IEC 60204-1:2005.
Se i requisiti del presente documento sono rispettati, il fabbricante può etichettare l'attrezzatura come conforme al presente documento.
Marcatura dell'efficacia di separazione
Se il requisito di cui al punto 5.4 è soddisfatto, il fabbricante può etichettare l'attrezzatura W3 come indicato nell'appendice B.
Marcatura di cappe e ugelli di cattura
Il dispositivo di cattura deve essere marcato in modo chiaramente visibile e permanente con le seguenti informazioni:
a) la portata volumetrica minima dell'aria, Qmin; b) le dimensioni del campo di aspirazione, Lx e Ly, alla portata volumetrica minima dell'aria; c) la distanza, d, dal piano di ingresso del dispositivo di cattura al piano di misurazione; d) facoltativo: un riferimento al presente documento (cioè ISO 21904-1).
...
ETICHETTE PER L'ATTREZZATURA PER LA SEPARAZIONE DEI FUMI DI SALDATURA
figura Etichette per l'attrezzatura per la separazione dei fumi di saldatura
Legenda
1 RAL 5005 (blu) 2 RAL 9003 (bianco) 3 RAL 9004 (nero) a 50 mm o 100 mm η efficacia massica di separazione
NOTA La marcatura con W3 è facoltativa.
Figura - Filtro W3
...
B. VADEMECUM ATTIVITÀ DI SALDATURA METALLI
Le attività di saldatura sono presenti in quasi tutte le realtà metalmeccaniche (industriali ed artigianali), con tecnologie variegate ed esigenze di produzione molto diversificate. Il presente documento è limitato alla saldatura di metalli ed è particolarmente attento alla saldatura di acciaio inox al cromo, per le forti implicazioni sul piano della salute e la sempre maggiore diffusione.
Materiali
L’attività di saldatura metalli è un processo industriale che porta ad unire due parti metalliche (materiale base), con l’ausilio di un sistema di riscaldo e fusione locale di materiale.
A volte è possibile aggiungere ai pezzi da unire altro materiale di composizione opportuna (materiale di apporto), oltre che utilizzare l’ausilio di pressione statica, martellamento o altre azioni meccaniche.
Principali tecnologie
La realtà produttiva delle attività di saldatura dei materiali metallici prevede un ciclo tecnologico semplice, con ambienti di lavoro impostati su un modello comune, ma che appaiono molteplici e diversificati nelle singole realtà produttive anche in funzione della tecnologia impiegata.
In particolare si distinguono le seguenti categorie di saldatura di metalli:
... Gestione del rischio da agenti chimici pericolosi ...
Contenuti minimi del Documento di Valutazione del rischio da agenti chimici di cui all'art.223 del D.Lgs 81/2008.
Benché il D.Lgs. 81/08, nelle more dei Decreti previsti all’art. 232 c. 2 e c. 3, stabilisca che la responsabilità della valutazione di rischio IRRILEVANTE sia a carico del Datore di Lavoro, considerando la specificità del comparto, si ritiene che il giudizio di rischio IRRILEVANTE non possa essere assunto in presenza di una delle seguenti condizioni:
...
Le misurazioni
Qualora le conclusioni della valutazione portino ad un giudizio conclusivo di rischio non irrilevante per la salute, deve essere affrontata la problematica delle misurazioni (art. 225 D.Lgs 81/08).
Al di là dei requisiti intrinseci delle modalità di campionamento e analisi risulta necessario premettere alcune considerazioni derivanti dall’analisi della peculiarità del comparto.
In particolare nelle piccole aziende che esercitano attività di saldatura conto terzi si è constatata una notevole variabilità, almeno infrasettimanale se non giornaliera, dei materiali utilizzati: in tali condizioni la scelta delle sostanze da campionare e del momento di campionamento riveste un’importanza determinante potendo condurre a risultati non rappresentativi delle reali condizioni espositive. Inoltre, le metodiche di campionamento ed analisi devono necessariamente possedere requisiti di sufficiente sensibilità.
L’art. 225 del D.Lgs 81/08 prevede la possibilità di omettere l’effettuazione delle misurazioni quando “si possa dimostrare con altri mezzi in conseguimento di un adeguato livello di prevenzione e di protezione”.
Indicativamente, oltre al ben noto “ciclo chiuso”, si ritiene che un adeguato livello di prevenzione e protezione possa essere ragionevolmente raggiunto, per esempio, in presenza di:
- impianto di aspirazione localizzata asservito a tutte le postazioni con le caratteristiche di cui ai punti seguenti; - manutenzione programmata, verifica periodica dell’efficienza dell’impianto con misurazioni della velocità di cattura ai singoli punti di captazione.
"2. Salvo che possa dimostrare con altri mezzi il conseguimento di un adeguato livello di prevenzione e di protezione, il datore di lavoro, periodicamente ed ogni qualvolta sono modificate le condizioni che possono influire sull'esposizione, provvede ad effettuare la misurazione degli agenti che possono presentare un rischio per la salute, con metodiche standardizzate di cui è riportato un elenco meramente indicativo nell'allegato XLI o in loro assenza, con metodiche appropriate e con particolare riferimento ai valori limite di esposizione professionale e per periodi rappresentativi dell'esposizione in termini spazio temporali."
....
Misure tecniche di prevenzione del rischio chimico e cancerogeno
Nel rispetto di quanto previsto dal D.Lgs 81/08 i principi di prevenzione cui deve attenersi il datore di lavoro nella programmazione degli interventi di miglioramento sono quelli di prevenzione primaria ovvero:
- la sostituzione, quando possibile, di una sostanza o preparato con uno a minore tossicità.
- minimizzare la formazione dei fumi che si possono originare durante le lavorazioni.
I seguenti accorgimenti pratici ed organizzativi (misure collettive) possono essere un ottimo sistema di prevenzione del rischio legato ad agenti chimici:
...
Impianti di aspirazione localizzata
I flussi di inquinanti emessi durante le fasi di lavoro a caldo sono aspirati attraverso terminali di captazione definiti cappe, per essere successivamente allontanati e convogliati in impianti di abbattimento, nel rispetto delle vigenti normative in materia di tutela ambientale.
I terminali di captazione si possono distinguere in cappe chiuse, riceventi e catturanti:
- Cappe chiuse: sono costituite da un sistema che circonda la sorgente e non sono utilizzabili per sistemi dove è necessario l'intervento del personale. Questo tipo di cappa rappresenta il sistema più efficace e da preferirsi, poiché più si riesce ad avvolgere la sorgente inquinante, minore sarà la portata necessaria.
- Cappe riceventi: sono realizzate in maniera da catturare gli agenti inquinanti interponendosi sul “cammino” della massa fluida inquinante. Il principio di funzionamento si basa sulla spontanea cattura di elementi contaminati rilasciati da un particolare processo come ad esempio un processo a “caldo” durante il quale i vapori o fumi prodotti da una sorgente calda tendono a salire con moti convettivi
verso la cappa o un processo in cui le particelle di dimensioni medio-grande vengono rilasciate con una velocità sufficiente da raggiungere la cappa stessa.
- Cappe catturanti: l’effluente è aspirato verso la cappa per mezzo di un flusso d’aria direzionale, che realizza l’opportuna velocità di cattura alla distanza voluta. La cappa deve essere posizionata relativamente vicino alla fonte inquinante per contenere i costi di esercizio, in quanto i volumi di aria necessari a garantire la velocità di cattura crescono notevolmente. Tale sistema è applicabile a processi dove si rende necessario l’intervento dell’operatore. Le cappe catturanti possono essere distinte in superiori, laterali e inferiori.
Per il controllo delle concentrazioni di inquinanti prodotti negli ambienti industriali è necessaria una corretta progettazione dei sistemi di aspirazione: di fondamentale importanza sono la scelta dell’organo di captazione e la determinazione della portata di aspirazione necessaria per ottenere adeguate velocità di cattura là dove servono.
Allo scopo la progettazione deve essere affidata a persone di specifica competenza in campo impiantistico e d’igiene industriale, in grado di effettuare i necessari calcoli previsionali o di applicare correttamente criteri largamente sperimentati e pubblicati in numerose pubblicazioni tecniche.
Requisiti minimi degli impianti di aspirazione localizzata (rif.:Industrial Ventilation ACGIH 2007 26th Edition e altre pubblicazioni):
...
C. NORMATIVA
D.Lgs 81/08 (da Art. 221 a 243) Titolo IX sostanze pericolose
1. Il presente capo determina i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza che derivano, o possono derivare, dagli effetti di agenti chimici presenti sul luogo di lavoro o come risultato di ogni attività lavorativa che comporti la presenza di agenti chimici.
2. I requisiti individuati dal presente capo si applicano a tutti gli agenti chimici pericolosi che sono presenti sul luogo di lavoro, fatte salve le disposizioni relative agli agenti chimici per i quali valgono provvedimenti di protezione radiologica regolamentati dal decreto legislativo del 17 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni.
3. Le disposizioni del presente capo si applicano altresì al trasporto di agenti chimici pericolosi, fatte salve le disposizioni specifiche contenute nei decreti ministeriali 4 settembre 1996, 15 maggio 1997, 28 settembre 1999 e nel decreto legislativo 13 gennaio 1999, n. 41, nelle disposizioni del codice IMDG del codice IBC e nel codice IGC, quali definite dall'articolo 2 della direttiva 93/75/CEE, del Consiglio, del 13 settembre 1993, nelle disposizioni dell'accordo europeo relativo al trasporto internazionale di merci pericolose per vie navigabili interne (ADN) e del regolamento per il trasporto delle sostanze pericolose sul Reno (ADNR), quali incorporate nella normativa comunitaria e nelle istruzioni tecniche per il trasporto sicuro di merci pericolose emanate alla data del 25 maggio 1998.
4. Le disposizioni del presente capo non si applicano alle attività comportanti esposizione ad amianto che restano disciplinate dalle norme contenute al capo III del presente titolo.
Procedura per la movimentazione dei carichi: operazioni di imbracatura, sollevamento e spostamento
ID 1870 | Rev. 2.0 2018
Procedura concernente l’uso di attrezzature di lavoro che servono alla movimentazione dei carichi, per operazioni di imbracatura, sollevamento e spostamento durante attività di carico e scarico. E’ rivolta a tutto il personale che effettua sollevamenti di carichi mediante l’utilizzo di attrezzature atte al sollevamento ed alla movimentazione.
1. PREMESSA La procedura si applica a tutti gli operatori che, all’interno dello stabilimento produttivo, sono addetti alla movimentazione dei carichi mediante attrezzature adibite allo scopo. La finalità è quella di fornire le corrette procedure per operazioni di imbracatura, sollevamento e movimentazione dei carichi e delinea l’uso in sicurezza, manutenzione e verifiche preliminari delle attrezzature di sollevamento.
2 RESPONSABILITÀ Ai sensi dell’articolo 18 del D.Lgs. 81/2008 il datore di lavoro, che esercita le attività di cui all’articolo 3, e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono prendere le misure appropriate affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni e specifico addestramento accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
Ai sensi dell’articolo 20 del D.Lgs. 81/2008, ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.
Inoltre i lavoratori devono: a) Osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal Datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale; b) Utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto, nonché i dispositivi di sicurezza; c) Utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione; d) Segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi di cui di cui alle lettere b) e c), nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente in caso di urgenza, nell’ambito delle proprie competenze e possibilità per eliminare e ridurre le situazioni di pericolo grave e incombente, dandone notizia al Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza RLS; e) Non rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo dei carrelli elevatori; f) Non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori.
0. REVISIONI 1. PREMESSA 2. RESPONSABILITÀ 2.1 INFORMAZIONE, FORMAZIONE E ABILITAZIONE SPECIFICA DEGLI OPERATORI5 2.2 CONSUMO DI BEVANDE ALCOLICHE E SUPERALCOLICHE 3. MACCHINE PER IL SOLLEVAMENTO 3.1 AUTOGRÙ 3.1.1 DESCRIZIONE 3.1.2 PIANO DI SICUREZZA 3.1.3 OPERATORI COINVOLTI 3.1.4 OBBLIGHI OPERATORI COINVOLTI NELLE OPERAZIONI CON AUTOGRÙ 3.1.5 OPERAZIONI DI SICUREZZA PRELIMINARI ALLA MOVIMENTAZIONE 3.1.6 USO IN SICUREZZA DELL’AUTOGRU 3.1.7 MISURE DA ADOTTARE IN CASO DI INTERRUZIONE DEL LAVORO 3.1.8 MISURE DA ADOTTARE DOPO IL LAVORO 3.1.9 MANUTENZIONE 3.1.10 DPI 3.2 GRU A BANDIERA 3.2.1 DESCRIZIONE 3.2.2 DISPOSITIVI DI COMANDO 3.2.3 OBBLIGHI DEGLI OPERATORI 3.2.4 OPERAZIONE DI SICUREZZA PRELIMINARI ALLA MOVIMENTAZIONE 3.2.5 USO DELLA GRU A BANDIERA 3.2.6 MISURE DA ADOTTARE DOPO IL LAVORO 3.2.7 DPI 3.3 PARANCHI ELETTRICI A CATENA/FUNE/MANUALI 3.3.1 DESCRIZIONE 3.3.2 OBBLIGHI DEGLI OPERATORI 3.3.3 OPERAZIONE DI SICUREZZA PRELIMINARI ALLA MOVIMENTAZIONE 3.3.4 USO DEL PARANCO 3.3.5 MISURE DA ADOTTARE DOPO IL LAVORO 3.3.6 DPI39 3.4 ARGANO MANUALE 3.4.1 DESCRIZIONE 3.4.1 ANOMALIE DI FUNZIONAMENTO 3.4.1 USO IN SICUREZZA 4. ACCESSORI DI SOLLEVAMENTO 4.1 DEFINIZIONE 4.1.1 BRACHE A CATENA 4.1.1.1 SCELTA DELLA CATENA INVECE DELLA FUNE IN ACCIAIO VANTAGGI/SVANTAGGI 4.1.1.2 VERIFICHE PRIMA DELL’USO 4.1.1.3 USO IN SICUREZZA 4.1.1.4 MESSA FUORI SERVIZIO/MANUTENZIONE 4.1.1.5 ESEMPIO TARGA PORTATE 4.1.2 BRACHE IN FUNE DI ACCIAIO 4.1.2.1 FUNI E PULEGGE 4.1.2.2 VERIFICHE PRIMA DELL’USO 4.1.2.3 USO IN SICUREZZA 4.1.2.4 MESSA FUORI SERVIZIO/MANUTENZIONE 4.1.2.5 ESEMPIO TARGA PORTATE 4.1.3 BRACHE IN TESSUTO 4.1.3.1 VERIFICHE PRIMA DELL’USO 4.1.3.2 USO IN SICUREZZA 4.1.3.3 MESSA FUORI SERVIZIO/MANUTENZIONE 4.1.3.4 ESEMPIO TARGA PORTATE 5. DISPOSITIVI DI PRESA DEL CARICO 5.1 VERIFICHE DA EFFETTUARE PRIMA DELL’USO 5.2 MORSE DI SOLLEVAMENTO 5.2.1.1 USO IN SICUREZZA 5.3 FORCHE PER PALLETS 5.3.1.1 USO IN SICUREZZA 6. PROCEDURE MOVIMENTAZIONE SICURA 6.1 PRINCIPI GENERALI 6.2 ESEMPI DI SOLLEVAMENTO 7. TRASPORTO DI PERSONE CON DISPOSITVI DI SOLLEVAMENTO 7.1 ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO 7.2 CONTROLLO PRELIMINARI ALL’UTILIZZO DELLA CESTA 7.3 PERSONE DIRETTAMENTE INTERESSATE 7.4 PROCEDURA OPERATIVA 8. GESTIONE ATTREZZATURE 9. ALLEGATI
UNI 10339 Portate di aria esterna e di estrazione locali (ricambi d'aria)
ID 14902 | 09.11.2021 / Documento completo allegato
Il Documento prende a riferimento la legislazione d’interesse per i ricambi d’aria nei locali (di lavoro e non) e riporta quanto previsto dalla norma UNI 10339 (p. 9.1) per gli impianti aeraulici (esclusa climatizzazione) in diverse tipologie edilizie (la norma è in aggiornamento).
Per i luoghi di lavoro, il D.Lgs. 81/2008 riporta all’Allegato IV informazioni generali sul ricambio d’aria nei locali (1.3.1.2) e sul microclima (1.9.1), ma non riporta indicazioni sui quantitativi dei ricambi d’aria.
Per i locali specifici, esempio adibiti a scuole, oltre a quanto previsto dalla UNI 10339, può essere preso a riferimento il D.M. 18 dicembre 1975, seppur abrogato, fornisce valori in merito ai ricambi d’aria.
1.3. Pavimenti, muri, soffitti, finestre e lucernari dei locali scale e marciapiedi mobili, banchina e rampe di carico …
1.3.1.2. avere aperture sufficienti per un rapido ricambio d'aria; …
1.9 Microclima 1.9.1. Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi 1.9.1.1. Nei luoghi di lavoro chiusi, è necessario far si che tenendo conto dei metodi di lavoro e degli sforzi fisici ai quali sono sottoposti i lavoratori, essi dispongano di aria salubre in quantità sufficiente ottenuta preferenzialmente con aperture naturali e quando ciò non sia possibile, con impianti di areazione.
1.9.1.2. Se viene utilizzato un impianto di aerazione, esso deve essere sempre mantenuto funzionante. Ogni eventuale guasto deve essere segnalato da un sistema di controllo, quando ciò è necessario per salvaguardare la salute dei lavoratori.
1.9.1.3. Se sono utilizzati impianti di condizionamento dell'aria o di ventilazione meccanica, essi devono funzionare in modo che i lavoratori non siano esposti a correnti d'aria fastidiosa.
1.9.1.4. Gli stessi impianti devono essere periodicamente sottoposti a controlli, manutenzione, pulizia e sanificazione per la tutela della salute dei lavoratori.
1.9.1.5. Qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe comportare un pericolo immediato per la salute dei lavoratori dovuto all'inquinamento dell'aria respirata deve essere eliminato rapidamente. …[/box-note]
[box-note]UNI 10339:1995
La UNI 10339 al p. 9.1 fornisce indicazione in merito alle portate di aria esterna e di estrazione per gli impianti aeraulici da adottare per le diverse tipologie edilizie (esclusa climatizzazione).
UNI 10339:1995 lmpianti aeraulici a fini di benessere Generalità, classificazione e requisiti Regole per la richiesta d'offerta, l'offerta, l'ordine e la fornitura ______
Fornisce una classificazione degli impianti, la definizione dei requisiti minimi e i valori delle grandezze di riferimento durante il funzionamento.
Si applica agli impianti aeraulici destinati al benessere delle persone, comunque installati in edifici chiusi, con esclusione:
- degli impianti per la climatizzazione invernale degli edifici adibiti ad attività industriale o artigianale (per i quali si applica la UNI 8852); - degli impianti destinati a scopi diversi, per esempio quelli per la conservazione di prodotti deteriorabili e/o per la realizzazione di condizioni adatte a particolari lavorazioni industriali (impianti di processo); - degli impianti di solo riscaldamento invernale e raffrescamento estivo senza immissione di meccanica di aria esterna.[/box-note]
Il D.M. 18 dicembre 1975 Norme tecniche aggiornate relative all’edilizia scolastica (GU n. 29 del 2 febbraio 1976 - SO)
5.3.12. Purezza dell'aria. Dovrà essere assicurata l'introduzione delle seguenti portate d'aria esterna, mediante opportuni sistemi:
i) Ambienti adibiti ad attività didattica collettiva o attività di gruppo. Per scuole materne ed elementari coefficienti di ricambio 2,5. Per scuole medie coefficiente di ricambio 3,5. Per scuole secondarie di 2° grado coefficiente di ricambio 5.
ii) Altri ambienti di passaggio, uffici. Coefficiente di ricambio 1,5.
iii) Servizi igienici, palestre, refettori. Coefficiente di ricambio 2,5.
5.3.13. Trattamento dell'aria esterna. Nelle zone in cui si verificano condizioni particolarmente gravi di inquinamento atmosferico dovrà porsi particolare cura per quanto riguarda la presa dell'aria esterna.[/box-note]
... UNI 10339:1995 ... 9. Requisiti degli impianti ... 9.1 Qualità e movimento dell'aria ...
9.1.1 Portate di aria esterna e di estrazione
Le portate di aria esterna e di estrazione da adottare per le diverse tipologie edilizie sono contenute nel prospetto III. In detto prospetto:
- le portate di aria esterna Q0 sono riferite alle condizioni normali di 15 °C, 101,325 kPa, aria secca; - la conversione da portate volumetriche a portate massiche si effettua facendo riferimento ad una massa volumica pari a 1,225 kg/m3; - le condizioni indicate si riferiscono ad impianti a regime: e consigliata la riduzione delle portate di aria esterna ed eventualmente ii funzionamento a totale ricircolo durante la fase di transitorio termico di avviamento dell'impianto precedente alla utilizzazione dei locali; - il progettista deve verificare la congruenza dei valori esposti con ii rispetto di valori previsti da leggi e regolamenti, anche applicati in base a disposizioni locali. A titolo informativo in appendice E sono riportate disposizioni legislative vigenti al momento dell'emissione della presente norma;
- l'indicazione "estrazioni" indica che le portate di aria esterna, immesse negli ambienti di stazionamento, devono essere estratte, nelle quantità necessarie, preferibilmente attraverso i locali indicati che devono, quindi, essere mantenuti in depressione.
In assenza di informazioni certe, si adottano gli affollamenti desumibili dal prospetto VIII di cui all'appendice A.
Prospetto III - Portate di aria esterna in edifici adibiti ad uso civile
...
[box-info]Esempio
Ospedali (degenze) 11 L/sec - pari a 39,6 m3/h[/box-info]
[...]
9.1.1.1 Locali di pubblico spettacolo e di riunione Nei locali di pubblico spettacolo o di riunione la portata effettiva Qope e determinata, in funzione del rapporto tra ii volume V e l'affollamento n, espresso in metri cubi per persona, con la seguente procedura:
1. Il presente capo contiene disposizioni specifiche relative alle misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori nei cantieri temporanei o mobili quali definiti all'articolo 89, comma 1, lettera a).
2. Le disposizioni del presente capo non si applicano:
a) ai lavori di prospezione, ricerca e coltivazione delle sostanze minerali;
b) ai lavori svolti negli impianti connessi alle attività minerarie esistenti entro il perimetro dei permessi di ricerca, delle concessioni o delle autorizzazioni;
c) ai lavori svolti negli impianti che costituiscono pertinenze della miniera: gli impianti fissi interni o esterni, i pozzi, le gallerie, nonché i macchinari, gli apparecchi e utensili destinati alla coltivazione della miniera, le opere e gli impianti destinati all'arricchimento dei minerali, anche se ubicati fuori del perimetro delle concessioni;
d) ai lavori di frantumazione, vagliatura, squadratura e trasporto dei prodotti delle cave ed alle operazioni di caricamento di tali prodotti dai piazzali;
e) alle attività di prospezione, ricerca, coltivazione e stoccaggio degli idrocarburi liquidi e gassosi nel territorio nazionale, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale e nelle altre aree sottomarine comunque soggette ai poteri dello Stato;
f) ai lavori svolti in mare;
g) alle attività svolte in studi teatrali, cinematografici, televisivi o in altri luoghi in cui si effettuino riprese, purché tali attività non implichino l'allestimento di un cantiere temporaneo o mobile.
g-bis) ai lavori relativi a impianti elettrici, reti informatiche, gas, acqua, condizionamento e riscaldamento che non comportino lavori edili o di ingegneria civile di cui all'allegato X. (1)(2)(4)
2-bis. Le disposizioni di cui al presente titolo si applicano agli spettacoli musicali, cinematografici e teatrali e alle manifestazioni fieristiche tenendo conto delle particolari esigenze connesse allo svolgimento delle relative attività, individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, sentita la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, che deve essere adottato entro il 31 dicembre 2013. (Decreto MLPS 22 luglio 2014 / ndr) (3) (5) (6)
Note (1) Il decreto legge 21 giugno 2013, n. 69 - Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia, all'art. 32, c. 1, lett. g dispone l'inserimento del periodo "nonché ai piccoli lavori la cui durata presunta non è superiore ai dieci uomini giorno, finalizzati alla realizzazione o manutenzione delle infrastrutture per servizi" (2) Comma modificato dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia (3) Comma aggiunto dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia (4) Comma sostituito dall'art. 16 della legge 29 luglio 2015, n. 115 - Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2014 (5) Pubblicato il Decreto MLPS 22 luglio 2014 Disposizioni che si applicano agli spettacoli musicali, cinematografici e teatrali e alle manifestazioni fieristiche tenendo conto delle particolari esigenze connesse allo svolgimento delle relative attività (GU n. 183 dell'8 agosto 2014) (6) Circolare n. 35 del 24 dicembre 2014 Istruzioni operative tecnico - organizzative per l'allestimento e la gestione delle opere temporanee e delle attrezzature da impiegare nella produzione e realizzazione di spettacoli musicali, cinematografici, teatrali e di manifestazioni fieristiche alla luce del Decreto MLPS 22 luglio 2014.[/box-note]
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente capo si intendono per:
a) cantiere temporaneo o mobile, di seguito denominato: "cantiere": qualunque luogo in cui si effettuano lavori edili o di ingegneria civile il cui elenco è riportato nell'allegato X.[/box-note]
Elenco dei lavori edili o di ingegneria civile di cui all'articolo 89 comma 1, lettera a)
1. I lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento, ristrutturazione o equipaggiamento, la trasformazione, il rinnovamento o lo smantellamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo, in legno o in altri materiali, comprese le parti strutturali delle linee elettriche e le parti strutturali degli impianti elettrici, le opere stradali, ferroviarie, idrauliche, marittime, idroelettriche e, solo per la parte che comporta lavori edili o di ingegneria civile, le opere di bonifica, di sistemazione forestale e di sterro.
2. Sono, inoltre, lavori di costruzione edile o di ingegneria civile gli scavi, ed il montaggio e lo smontaggio di elementi prefabbricati utilizzati per la realizzazione di lavori edili o di ingegneria civile.[/box-note]
Fig. 1 - Schema di lettura campo applicazione cantieri temporanei o mobili
(1) Decreto Legislativo 27 luglio 1999, n. 272 Adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori nell'espletamento di operazioni e servizi portuoli, nonchè di operazioni di manutenzione, riparazione e trasformazione delle navi in ambito portuale, a norma della legge 31 dicembre 1998, n. 485. (GU n.185 del 09-08-1999 - S.O. n. 151)
(2) Decreto MLPS 22 luglio 2014 Disposizioni che si applicano agli spettacoli musicali, cinematografici e teatrali e alle manifestazioni fieristiche tenendo conto delle particolari esigenze connesse allo svolgimento delle relative attività (GU n. 183 dell'8 agosto 2014) _______
Decreto MLPS 22 luglio 2014 Disposizioni che si applicano agli spettacoli musicali, cinematografici e teatrali e alle manifestazioni fieristiche tenendo conto delle particolari esigenze connesse allo svolgimento delle relative attività (GU n. 183 dell'8 agosto 2014)
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Fig. 2 - Schema di lettura campo applicazione "Decreto palchi" Capo I - Spettacoli musicali, cinematografici, teatrali (Art. 88 co. 2-bis. D.Lgs. 81/2008)
Fig. 3 - Schema di lettura campo applicazione "Decreto palchi" Capo II - Manifestazioni fieristiche (Art. 88 co. 2-bis. D.Lgs. 81/2008)
UNI ISO 18893:2020 Sicurezza PLE: Ispezioni, manutenzione e funzionamento
ID 8613 | Rev. 1.0 del 16.11.2022 / Documento di approfondimento allegato
Documento di approfondimento sulle piattaforme mobili elevabili (PLE) (MEWP - mobile elevating working platform) in accordo alla norma tecnica UNI ISO 18893:2020.
La norma si applica a tutte le piattaforme di lavoro mobili elevabili (PLE) destinate a posizionare persone, strumenti e materiali e che, come minimo, sono costituite da una piattaforma di lavoro con comandi, una struttura allungabile e un telaio.
[box-info]ISO 18893:2014 “Mobile elevating work platforms — Safety principles, inspection, maintenance and operation”
Data entrata in vigore: 14 Aprile 2014
Recepita in Italia con la UNI ISO 18893:2020 “Piattaforme di lavoro mobili elevabili - Principi di sicurezza, ispezione, manutenzione e funzionamento” entrata in vigore il 06 Febbraio 2020[/box-info]
La responsabilità per il funzionamento sicuro di una PLE è attribuibile ai datori di lavoro, ai dirigenti, ai supervisori, agli operatori e ad altri che usano queste macchine/dispositivi.
La norma UNI ISO 18893:2020 fornisce i requisiti in modo che PLE appropriate siano selezionate per l'uso e posizionate, usate, sottoposte a manutenzione ed esaminate per un uso sicuro.
PLE e D.Lgs. 81/08
Le piattaforme di lavoro mobili elevabili devono essere sottoposte ad attività di manutenzione e controllo osservando le modalità e le frequenze previste dal costruttore ed indicate sul manuale di istruzioni, devono essere effettuate da persona competente e registrate sul cosiddetto registro di controllo. Il registro di controllo deve essere tenuto a disposizione degli organi di vigilanza. Sul registro di controllo, oltre ai controlli e le manutenzioni vanno registrati tutti gli eventi che riguardano la vita della macchina.
1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi ai requisiti di cui all'articolo precedente, idonee ai fini della salute e sicurezza e adeguate al lavoro da svolgere o adattate a tali scopi che devono essere utilizzate conformemente alle disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie.
2. All'atto della scelta delle attrezzature di lavoro, il datore di lavoro prende in considerazione:
a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere; b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro; c) i rischi derivanti dall'impiego delle attrezzature stesse; d) i rischi derivanti da interferenze con le altre attrezzature già in uso.
3. Il datore di lavoro, al fine di ridurre al minimo i rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro e per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte, adotta adeguate misure tecniche ed organizzative, tra le quali quelle dell'allegato VI.
4. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché:
a) le attrezzature di lavoro siano:
1) installate ed utilizzate in conformità alle istruzioni d'uso; 2) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la permanenza dei requisiti di sicurezza di cui all'articolo 70 e siano corredate, ove necessario, da apposite istruzioni d'uso e libretto di manutenzione; 3) assoggettate alle misure di aggiornamento dei requisiti minimi di sicurezza stabilite con specifico provvedimento regolamentare adottato in relazione alle prescrizioni di cui all'articolo 18, comma 1, lettera z);
b) siano curati la tenuta e l'aggiornamento del registro di controllo delle attrezzature di lavoro per cui lo stesso è previsto.
5. Le modifiche apportate alle macchine quali definite all'articolo 1, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 459, per migliorarne le condizioni di sicurezza in rapporto alle previsioni del comma 1, ovvero del comma 4, lettera a), numero 3), non configurano immissione sul mercato ai sensi dell'articolo 1, comma 3, secondo periodo, sempre che non comportino modifiche delle modalità di utilizzo e delle prestazioni previste dal costruttore.
6. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché il posto di lavoro e la posizione dei lavoratori durante l'uso delle attrezzature presentino requisiti di sicurezza e rispondano ai principi dell'ergonomia.
7. Qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilità particolari in relazione ai loro rischi specifici, il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché:
a) l'uso dell'attrezzatura di lavoro sia riservato ai lavoratori allo scopo incaricati che abbiano ricevuto una informazione, formazione ed addestramento adeguati; b) in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, i lavoratori interessati siano qualificati in maniera specifica per svolgere detti compiti.
8. Fermo restando quanto disposto al comma 4, il datore di lavoro, secondo le indicazioni fornite dai fabbricanti ovvero, in assenza di queste, dalle pertinenti norme tecniche o dalle buone prassi o da linee guida, provvede affinché:
a) le attrezzature di lavoro la cui sicurezza dipende dalle condizioni di installazione siano sottoposte a un controllo iniziale (dopo l'installazione e prima della messa in esercizio) e ad un controllo dopo ogni montaggio in un nuovo cantiere o in una nuova località di impianto, al fine di assicurarne l'installazione corretta e il buon funzionamento; b) le attrezzature soggette a influssi che possono provocare deterioramenti suscettibili di dare origine a situazioni pericolose siano sottoposte:
1. ad interventi di controllo periodici, secondo frequenze stabilite in base alle indicazioni fornite dai fabbricanti, ovvero dalle norme di buona tecnica, o in assenza di queste ultime, desumibili dai codici di buona prassi;
2. ad interventi di controllo straordinari al fine di garantire il mantenimento di buone condizioni di sicurezza, ogni volta che intervengano eventi eccezionali che possano avere conseguenze pregiudizievoli per la sicurezza delle attrezzature di lavoro, quali riparazioni, trasformazioni, incidenti, fenomeni naturali o periodi prolungati di inattività;
c) Gli interventi di controllo di cui alle lettere a) e b) sono volti ad assicurare il buono stato di conservazione e l'efficienza a fini di sicurezza delle attrezzature di lavoro e devono essere effettuati da persona competente.
9. I risultati dei controlli di cui al comma 8 devono essere riportati per iscritto e, almeno quelli relativi agli ultimi tre anni, devono essere conservati e tenuti a disposizione degli organi di vigilanza.
10. Qualora le attrezzature di lavoro di cui al comma 8 siano usate al di fuori della sede dell'unità produttiva devono essere accompagnate da un documento attestante l'esecuzione dell'ultimo controllo con esito positivo.
11. Oltre a quanto previsto dal comma 8, il datore di lavoro sottopone le attrezzature di lavoro riportate nell’allegato VII a verifiche periodiche volte a valutarne l’effettivo stato di conservazione e di efficienza ai fini di sicurezza, con la frequenza indicata nel medesimo allegato. Per la prima verifica il datore di lavoro si avvale dell’INAIL, che vi provvede nel termine di quarantacinque giorni dalla richiesta. Una volta decorso inutilmente il termine di quarantacinque giorni sopra indicato, il datore di lavoro può avvalersi, a propria scelta, di altri soggetti pubblici o privati abilitati secondo le modalità di cui al comma 13. Le successive verifiche sono effettuate su libera scelta del datore di lavoro dalle ASL o, ove ciò sia previsto con legge regionale, dall’ARPA, o da soggetti pubblici o privati abilitati che vi provvedono secondo le modalità di cui al comma 13. Per l’effettuazione delle verifiche l’INAIL può avvalersi del supporto di soggetti pubblici o privati abilitati. I verbali redatti all’esito delle verifiche di cui al presente comma devono essere conservati e tenuti a disposizione dell’organo di vigilanza. Le verifiche di cui al presente comma sono effettuate a titolo oneroso e le spese per la loro effettuazione sono poste a carico del datore di lavoro.
12. Per l'effettuazione delle verifiche di cui al comma 11, le ASL e l'ISPESL possono avvalersi del supporto di soggetti pubblici o privati abilitati. I soggetti privati abilitati acquistano la qualifica di incaricati di pubblico servizio e rispondono direttamente alla struttura pubblica titolare della funzione.
13. Le modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'allegato VII, nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti pubblici o privati di cui al comma precedente sono stabiliti con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali e del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottarsi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
13-bis. Al fine di garantire la continuità e l'efficienza dei servizi di soccorso pubblico e di prevenzione ed estinzione degli incendi, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco può effettuare direttamente le verifiche periodiche di cui al comma 11, relativamente alle attrezzature riportate nell'allegato VII di cui dispone a titolo di proprietà o comodato d'uso. Il Corpo nazionale dei vigili del fuoco provvede a tali adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
14. Con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e province autonome di Trento e di Bolzano e sentita la Commissione consultiva di cui all'articolo 6, vengono apportate le modifiche all'allegato VII relativamente all'elenco delle attrezzature di lavoro da sottoporre alle verifiche di cui al comma 11.[/panel]
Verifiche secondo il D.Lgs. 81/2008
Il D.Lgs. 81/2008 all’articolo 71 comma 11 prevede l’obbligo per il datore di lavoro di sottoporre alcune categorie di attrezzature di lavoro, a “verifiche periodiche” oltre ai controlli ed alle manutenzioni previste dai commi 4 e 8 dello stesso articolo. la verifica periodica consiste nell’accertamento e controllo dello stato di conservazione e manutenzione dell’apparecchio per accertarne lo stato di funzionamento e di conservazione ai fini della sicurezza dei lavoratori, con particolare riferimento ai sistemi e dispositivi di sicurezza. le piattaforme di lavoro mobili elevabili sono comprese nell’allegato VII del D.Lgs. 81/2008 (ponti mobili sviluppabili su carro) e devono essere sottoposte a verifica periodica.
Art. 73 - Informazione, formazione e addestramento
1. Nell'ambito degli obblighi di cui agli articoli 36 e 37 il datore di lavoro provvede, affinché per ogni attrezzatura di lavoro messa a disposizione, i lavoratori incaricati dell'uso dispongano di ogni necessaria informazione e istruzione e ricevano una formazione e un addestramento adeguati, in rapporto alla sicurezza relativamente:
a) alle condizioni di impiego delle attrezzature; b) alle situazioni anormali prevedibili.
2. Il datore di lavoro provvede altresì a informare i lavoratori sui rischi cui sono esposti durante l'uso delle attrezzature di lavoro, sulle attrezzature di lavoro presenti nell'ambiente immediatamente circostante, anche se da essi non usate direttamente, nonché sui cambiamenti di tali attrezzature.
3. Le informazioni e le istruzioni d'uso devono risultare comprensibili ai lavoratori interessati.
4. Il datore di lavoro provvede affinché i lavoratori incaricati dell'uso delle attrezzature che richiedono conoscenze e responsabilità particolari di cui all'articolo 71, comma 7, ricevano una formazione, informazione ed addestramento adeguati e specifici, tali da consentire l'utilizzo delle attrezzature in modo idoneo e sicuro, anche in relazione ai rischi che possano essere causati ad altre persone.
5. In sede di Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sono individuate le attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione e le condizioni considerate equivalenti alla specifica abilitazione.
5-bis. Al fine di garantire la continuità e l'efficienza dei servizi di soccorso pubblico e di prevenzione ed estinzione degli incendi, la formazione e l'abilitazione del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco all'utilizzo delle attrezzature di cui al comma 5 possono essere effettuate direttamente dal Corpo nazionale medesimo, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.[/panel]
Accordo ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano concernente l'individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali e richiesta una specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione, in attuazione dell'articolo 73, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modifiche e integrazioni.
Allegato III dall’Accordo del 22 febbraio 2012 della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano
Requisiti minimi dei corsi di formazione teorico-pratico per lavoratori addetti alla conduzione di piattaforme di lavoro mobili elevabili (PLE) (8 ÷ 10 ÷ 12 ore)
1.0. Fermi restando gli obblighi di formazione ed addestramento specifici previsti dall’articolo 73, comma 4 del D.Lgs. 81/2008, l’utilizzo di PLE con caratteristiche diverse da quelle esplicitamente considerate nel presente allegato, richiede il possesso, da parte dell’operatore, dì almeno una delle abilitazioni di cui al presente allegato.[/panel]
[...]
Estratto norma UNI ISO 18893:2020
5 Manutenzione (Ispezioni)
5.1 Manutenzione preventiva
Deve essere stabilito un programma di manutenzione preventiva in conformità alle raccomandazioni del fabbricante. Deve essere potenziato un programma di manutenzione preventiva in base all'ambiente e alla gravosità di uso della PLE. Le raccomandazioni del fabbricante devono essere i requisiti minimi.
Il programma di manutenzione preventiva deve comprendere le ispezioni periodiche e annuali come definito nella presente norma internazionale. Tutti i malfunzionamenti identificati devono essere corretti prima che la PLE sia posizionata o rimessa in servizio.
5.2 Ispezioni di manutenzione
5.2.1 Generalità
La PLE deve essere sottoposta a ispezioni di manutenzione come richiesto per assicurare un funzionamento appropriato. La frequenza delle ispezioni di manutenzione deve essere
determinata in base alle raccomandazioni del fabbricante e alle condizioni di funzionamento. La frequenza delle ispezioni di manutenzione può essere potenziata per essere compatibile con le condizioni di funzionamento e la gravosità dell'ambiente operativo, ma le raccomandazioni del fabbricante devono essere i requisiti minimi. Le PLE che non sono in condizioni di funzionamento appropriate devono essere corrette da una persona qualificata e le riparazioni devono avvenire in conformità alle raccomandazioni del fabbricante.
5.2.2 Ispezione pre-consegna
Le PLE devono essere ispezionate, riparate e regolate in conformità alle specifiche del fabbricante prima di ogni consegna tramite vendita, locazione, noleggio o prestito.
[...]
6 Funzionamento
6.1 Pianificazione
6.1.1 Generalità
La portata della pianificazione necessaria dipende dalla natura del compito da svolgere e dai pericoli ad esso associati, ma devono essere eseguite le seguenti fasi di pianificazione.
La pianificazione deve essere responsabilità dell'entità che ha in carico la cura e la custodia della PLE. È responsabilità del datore di lavoro o dell'utilizzatore assicurarsi che la pianificazione sia effettuata con l'operatore.
6.1.2 Fasi della pianificazione
6.1.2.1 Comunicare il piano a tutte le persone coinvolte
Uno degli aspetti più importanti per una pianificazione di successo è garantire che i contenuti del piano siano comunicati in modo efficace alle parti coinvolte, tenendo conto delle differenze linguistiche. Rivedere il piano prima dell'inizio del lavoro.
Immediatamente prima dell'inizio di un lavoro e periodicamente nel corso di un lavoro a lungo termine, il piano deve essere rivisto per verificare se alcune parti del compito o l'ambiente di lavoro sono cambiati e l'effetto che potrebbe avere sulla sicurezza del funzionamento. Se sono necessarie modifiche al piano, queste dovrebbero essere comunicate a tutti i soggetti coinvolti.
6.1.2.2 Identificare il compito da svolgere
Come prima fase del processo di pianificazione, il compito da svolgere dovrebbe essere chiaramente identificato, insieme al luogo e alla tempistica.
6.1.2.3 Selezionare una PLE appropriata
Vi sono molteplici tipi diversi di PLE con svariate portate nominali, altezze di lavoro ed estensioni. Dovrebbe essere scelta la macchina corretta per il compito da svolgere, tenendo conto delle limitazioni del cantiere di lavoro, delle condizioni del suolo, dell'accesso al cantiere e della vicinanza al pubblico o ad altri lavoratori.
Se l'area in cui la PLE deve lavorare è un ambiente pericoloso (vedere punto 6.7), deve essere selezionata una PLE progettata/designata per questo ambiente.
[...]
6.8.9 Pericoli di folgorazione
I conduttori elettrici devono essere considerati come sotto tensione finché non sia stabilito diversamente mediante prove o altri metodi o mezzi appropriati e devono essere opportunamente scaricati a terra.
Tutti i conduttori elettrici, compresi quelli che sembrano isolati, devono essere considerati non isolati finché non sia stabilito diversamente mediante prove o altri metodi o mezzi appropriati.
Nota I seguenti requisiti non si applicano ai conduttori che sono protetti mediante isolamento e sono racchiusi in strutture.
La distanza minima di avvicinamento (Minimum Approach Distance, MAD) ai conduttori elettrici fuori terra deve essere mantenuta coerente con il prospetto 1 per l'operatore della PLE che non ha un addestramento specializzato relativamente al lavoro in prossimità di conduttori elettrici. Le MAD nazionali/locali per i lavoratori con addestramento specializzato possono variare dal prospetto 1.
Prospetto 1 - Distanze minime di avvicinamento
[...]
Appendice A Pittogrammi di uso improprio delle PLE
Calcolo OEL Solventi idrocarburici e ossigenati con metodo RCP (Reciprocal Calculation Procedure)
ID 16642 | 14.05.2022 / Documento completo allegato
Note, Documenti e tools (metodo RCP) per il calcolo del livello di esposizione occupazionale (OEL) a solventi idrocarburici e ossigenati.
La definizione dei limiti di esposizione occupazionale OEL per i solventi idrocarburici è impegnativa poiché questo tipo di solventi ha composizioni di idrocarburi complesse e variabili. Ciò significa che il lavoratore inalerà non solo uno ma molti tipi di idrocarburi dal solvente contemporaneamente. Alcuni di questi idrocarburi sono ben caratterizzati e hanno i propri OEL, ma per altri le informazioni possono essere limitate. Pertanto, è fondamentale definire un OEL che tenga conto di tutti i tipi rilevanti di idrocarburi e fornisca una consulenza professionale coerente.
Le sostanze solventi a base di idrocarburi sono generalmente derivate dal petrolio come materia prima e contengono una o più classi di idrocarburi (per esempio alcani lineari, ramificati o ciclici e idrocarburi aromatici).
[box-note]I Solventi
I solventi sono assolutamente essenziali per un efficace funzionamento di molti prodotti.
Ogni giorno traiamo vantaggi dall’esistenza di una vasta ed eterogenea gamma di solventi, ciascuno con proprietà uniche.
I solventi servono a sciogliere altre sostanze.
Tuttavia un solvente non si sceglie soltanto osservando se una sostanza si scioglie o meno in esso (capacità solvente), ma anche tenendo conto della velocità di evaporazione, del punto di ebollizione, della viscosità, della tensione superficiale e di molti altri fattori che hanno effetto sulle migliaia di processi industriali che necessitano solventi.
I fattori da considerare, così come i differenti materiali da sciogliere, sono talmente numerosi che richiedono la disponibilità di una vasta gamma di solventi.
In molti processi produttivi le richieste sono complesse e le esigenze possono variare durante il processo stesso. Ad esempio, per ottenere una superficie perfettamente lucida, potrebbe essere necessario avere inizialmente a disposizione un solvente che evapori rapidamente, mentre la fase successiva ne richiederà uno che evapori molto più lentamente.
Prestazioni personalizzate di questo tipo possono essere ottenute mescolando insieme sostanze differenti appartenenti alla famiglia dei solventi.
LA FAMIGLIA DEI SOLVENTI OSSIGENATI ED IDROCARBURI
La classificazione chimica dei solventi si basa sulla loro struttura chimica.
I solventi idrocarburici sono molecole contenenti soltanto atomi di idrogeno e di carbonio. I solventi ossigenati contengono atomi di idrogeno, carbonio e ossigeno
La maggior parte dei solventi è prodotta partendo dal petrolio. Il processo produttivo è altamente integrato nel funzionamento di una raffineria di petrolio o di uno stabilimento produttivo petrolchimico. Almeno il 10% dei solventi è prodotto utilizzando altre materie prime (gas naturale, carbone o biomassa).
La maggior parte dei solventi idrocarburici è separata nella raffineria mediante distillazione per essere quindi ulteriormente trattata e purificata.
Alcuni sono sintetizzati a partire da olefine. I solventi idrocarburi, classificati in sottogruppi in base al tipo di “scheletro di carbonio” delle loro molecole, danno origine alle famiglie dei solventi alifatici, aromatici e paraffinici.
I solventi ossigenati sono prodotti mediante reazioni chimiche a partire da olefine (derivate da petrolio o gas naturale) e danno origine ai seguenti sottogruppi: alcoli, chetoni, esteri, eteri, esteri glicolici ed esteri etere glicolici. Questa brochure vi offre solo qualche esempio sul modo in cui i solventi possono essere utilizzati a vantaggio dei consumatori; in realtà, esistono migliaia di altre applicazioni.
FAMIGLIE / Solventi rappresentativi
SOLVENTI OSSIGENATI
ALCOLI Isopropilico Butanolo Etanolo
ETERI Etere dietilico
ESTERI Acetato di etile Acetato isopropilico Acetato di butile
La differenza fra i diversi tipi di solventi a base di idrocarburi è data principalmente dalle rispettive classi di idrocarburi e dalla distribuzione delle lunghezze delle relative catene di carbonio. La distribuzione della lunghezza della catena di carbonio varia a seconda dell'intervallo mirato di distillazione del prodotto finale. Le lunghezze delle catene di carbonio dei solventi a base di idrocarburi generalmente sono dei tagli stretti delle lunghezze degli idrocarburi superiori a C5 e inferiori a C20. Data la variabilità della composizione dei materiali di partenza, molti solventi a base di idrocarburi rientrano nella definizione di sostanza UVCB (Substances of Unknown or Variable Composition, Complex Reaction Products and Biological Materials).
Sostanze UVCB
L'acronimo UVCB indica sostanze di composizione sconosciuta o variabile, prodotti di una reazione complessa o materiali biologici. Le sostanze UVBC sono formate da molti costituenti diversi, alcuni dei quali possono essere ignoti. La composizione può essere variabile o difficile da prevedere.
Spesso le sostanze UVCB non sono completamente identificabili; pertanto è necessario fornire una descrizione del processo di fabbricazione e altri tipi di informazioni, come l'intervallo di ebollizione.
In generale, la denominazione di una sostanza UVCB è formata da una combinazione delle denominazioni delle materie prime e del processo.
Le sostanze UVBC sono formate da molti costituenti diversi, alcuni dei quali possono essere ignoti. La composizione può essere variabile o difficile da prevedere. _________
Il processo principale per la trasformazione del petrolio come materia prima in sostanze solventi a base di idrocarburi è la combinazione di diverse fasi di lavorazione, fra cui la distillazione di tali materie, l'idrodesolforazione, l'idrogenazione pesante o media e, infine, una distillazione e uno stripping dei componenti leggeri.
I limiti di esposizione occupazionale (OEL) sono essenziali per la protezione dei lavoratori dai rischi per la salute e la sicurezza dovuti all'esposizione a sostanze pericolose nell'aria.
Un OEL è un limite superiore alla concentrazione nell'aria accettabile di una sostanza pericolosa nell'aria del posto di lavoro per una particolare sostanza o gruppo di sostanze a cui i lavoratori possono essere esposti durante la loro vita lavorativa (per 8 ore al giorno, 5 giorni alla settimana, per 40 anni) senza sviluppare effetti negativi sulla salute.
Da oltre 60 anni, le organizzazioni di regolamentazione in tutto il mondo definiscono OELS. Nell'UE, la Commissione europea è incaricata di definire gli OEL a seguito di una valutazione scientifica e di un processo di consultazione, mentre in alcuni Stati membri può essere in atto una procedura separata.
Le informazioni sugli OEL esistenti per le sostanze HSPA (Hydrocarbon Solvent Producers Association) e OSPA (Oxigenated olvent Producers Association) sono disponibili nei documenti (allegati):
- Solventi idrocarburici registrati in REACH / Dati - Solventi ossigenati registrati in REACH / Dati
I solventi idrocarburici: un caso particolare
La definizione dei limiti di esposizione professionale per i solventi idrocarburici è impegnativa poiché questo tipo di solventi ha composizioni di idrocarburi complesse e variabili. Ciò significa che il lavoratore inalerà non solo uno ma molti tipi di idrocarburi dal solvente contemporaneamente. Alcuni di questi idrocarburi sono ben caratterizzati e hanno i propri OEL, ma per altri le informazioni possono essere limitate. Pertanto, è fondamentale definire un OEL che tenga conto di tutti i tipi rilevanti di idrocarburi e fornisca una consulenza professionale coerente.
È necessario un approccio che consenta di calcolare un OEL univoco per ciascun solvente idrocarburico, sulla base di informazioni compositive relativamente semplici. Inoltre, non è sempre possibile identificare tutti i componenti dei solventi idrocarburici e la maggior parte dei dati tossicologici esistenti si riferisce a solventi idrocarburici rappresentativi piuttosto che ai loro singoli componenti.
L'approccio Reciprocal Calculation Procedure (RCP) è stato sviluppato dai produttori di solventi per idrocarburi negli Stati Uniti e in Europa, che raggruppa tutti gli idrocarburi con proprietà fisiche, chimiche e tossicologiche simili e assegna loro un Valore Guida di Gruppo o GGV (Group Guidance Value) che copre gli OEL esistenti di idrocarburi rappresentativi all'interno di un gruppo. L'utilizzo di questi valori GGV nel calcolo dell'RCP garantisce che gli idrocarburi in quel gruppo non superino i propri OEL individuali. In pratica ciò significa misurare un singolo OEL che riflette la composizione idrocarburica del solvente.
Ciascun GGV è supportato da una serie di studi tossicologici che includono effetti acuti sul sistema nervoso centrale che confermano che alcuni costituenti idrocarburici possono essere raggruppati in tre GGV e li distinguono dai valori specifici della sostanza o SSV.
l'applicazione web sulle sostanze pericolose dell'assicurazione sociale tedesca contro gli infortuni, è un database completo per le sostanze chimiche, che include tutti gli OEL esistenti. Include i rispettivi OEL esistenti.
Tabella riepilogativa Informazione/Formazione lavoratori TUS / Febbraio 2023
ID 3195 | Update 5.0 Febbraio 2023 / Documento completo allegato
Nella presente revisione 5.0 Febbraio 2023, aggiornato il documento al Decreto 2 Settembre 2021 PI che ha abrogato il DM 10 marzo 1998, altro (vedasi changelog), miglioramenti grafici/correzioni. Il Documento non ha carattere di esaustività SSL.
[panel]Changelog
Ed. 5.0 - Abrogato il DM 10 marzo 1998 dal Decreto 2 Settembre 2021 01. Art. 37 - Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti 02. Art. 46 - Prevenzione incendi 012. Accordo Stato Regioni n. 2429 del 26 gennaio 2006 /Trasposto nell’Allegato XXI 047. Disocianati ---, Merci pericolose ADR ---, Regolamento (CE) n. 1907/2006 (REACH) ---, Regolamento (CE) n. 1272/2008 (CLP)
Ed. 4.0 037. UNI ISO 23813:2011 Apparecchi di sollevamento - Formazione di persona designata 038. Formazione impianti elettrici ATEX 039. Formazione addetti manutenzione impianti antincendio 040. Formazione verifiche impianti di terra 041. Formazione bombole GPL 042. Formazione scarico /scarico Gas naturale 043. Formazione Seveso III 044. Igienista industriale
Ed. 3.0 08. Circolare MLPS n. 23 del 22 luglio 2016 allo scopo di divulgare le “Istruzioni per l'esecuzione in sicurezza di lavori su alberi con funi”. 013. Decreto Interministeriale del 4 marzo 2013 - Sostituito da Decreto MLPS 22 gennaio 2019 026. Titolo X-bis protezione dalle ferite da taglio e da punta nel settore ospedaliero e sanitario - Art. 286-sexies. Misure di prevenzione specifiche D.Lgs. 19 febbraio 2014 n. 19 Attuazione della direttiva 2010/32/UE che attua l'accordo quadro, concluso da HOSPEEM e FSESP, in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario. 031. UNI EN 15635:2009 PRSES (Person Responsable for Storage Equipment Safety) (Addetto alla sicurezza dell’attrezzatura di immagazzinaggio) 032. Patentino saldatura (per la parte di sicurezza durante l’attività) 033. Tecnico addetto LASER LSO Laser Safety Officer (CEI EN 60825-1) (IEC/TR 60825-8) 034. DM 18 novembre 2014, n. 201 Disposizioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro Regolamento recante norme per l'applicazione, nell'ambito dell'amministrazione della giustizia, delle disposizioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro. 035. Sicurezza lavoratori marittimi 036. D.M. 2 agosto 1991 Autorizzazione alla installazione ed uso di apparecchiature diagnostiche a risonanza magnetica. Il D.M. 02.08.91 identifica quali responsabili per la gestione della sicurezza in un sito di Risonanza Magnetica due figure professionali specifiche, il Medico Responsabile (MR) e l’Esperto Responsabile (ER).
con Schede di sintesi sulla durata e aggiornamento.
Excursus
Tabella riepilogativa sulla formazione/informazione dei lavoratori e addetti Antincendio, Primo Soccorso, prevista dal Testo Unico sicurezza, Decreti collegati e Accordi per tipologia di formazione, con durata e aggiornamenti in riferimento a:
Formazione
Durata
Aggiornamento
Lavoratori
Lavoratori attrezzature specifiche
Addetti Antincendio
Addetti Primo Soccorso
[...segue in allegato]
Aggiunta II tabella di suddivisione per rischio:
________
Quadro normativo
1. Informazione/Formazione/Addestramento nel D.Lgs 81/2008 ....
Art. 2 Definizioni c.1 ... aa) "formazione": processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi; bb) "informazione": complesso delle attività dirette a fornire conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi in ambiente di lavoro; cc) "addestramento": complesso delle attività dirette a fare apprendere ai lavoratori l'uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, e le procedure di lavoro; ...
Art. 15. Misure generali di tutela c. 1 .... n) l'informazione e formazione adeguate per i lavoratori; ...
Art. 18 Obblighi del datore di lavoro e del dirigente c.1 ... l) adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui agli articoli 36 e 37; ...
Art. 20. Obblighi dei lavoratori c.1 ... h) partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro; ...
Art. 25. Obblighi del medico competente c.1 a) collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi, anche ai fini della programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria, alla predisposizione della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori, all'attività di formazione e informazione nei confronti dei lavoratori, per la parte di competenza, e alla organizzazione del servizio di primo soccorso considerando i particolari tipi di lavorazione ed esposizione e le peculiari modalità organizzative del lavoro. ...
Art. 28.Oggetto della valutazione dei rischi c.2 ... f) l'individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento. ...
Art. 33. Compiti del servizio di prevenzione e protezione c.1 ... d) a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori; ...
Art. 34. Svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi c.1 ... 2-bis. Il datore di lavoro che svolge direttamente i compiti di primo soccorso nonché di prevenzione incendi e di evacuazione deve frequentare gli specifici corsi formazione previsti agli articoli 45 e 46. ...
Art. 35. Riunione periodica c. 1 ... d) i programmi di informazione e formazione dei dirigenti, dei preposti e dei lavoratori ai fini della sicurezza e della protezione della loro salute. ...
Art. 36. Informazione ai lavoratori
1. Il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione: a) sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi alla attività della impresa in generale; b) sulle procedure che riguardano il primo soccorso, la lotta antincendio, l'evacuazione dei luoghi di lavoro; c) sui nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di cui agli articoli 45 e 46; d) sui nominativi del responsabile e degli addetti del servizio di prevenzione e protezione, e del medico competente. 2. Il datore di lavoro provvede altresì affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione: a) sui rischi specifici cui è esposto in relazione all'attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia; b) sui pericoli connessi all'uso delle sostanze e dei miscele pericolose sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica; c) sulle misure e le attività di protezione e prevenzione adottate. 3. Il datore di lavoro fornisce le informazioni di cui al comma 1, lettera a), e al comma 2, lettere a), b) e c), anche ai lavoratori di cui all'articolo 3, comma 9. 4. Il contenuto della informazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le relative conoscenze. Ove la informazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione della lingua utilizzata nel percorso informativo.
Art. 37. Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti
1. Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento a: a) concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza; b) rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell'azienda.
2. La durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione di cui al comma 1 sono definiti mediante accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottato, previa consultazione delle parti sociali, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo. Entro il 30 giugno 2022, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adotta un accordo nel quale provvede all’accorpamento, alla rivisitazione e alla modifica degli accordi attuativi del presente decreto in materia di formazione, in modo da garantire: a) l’individuazione della durata, dei contenuti minimi e delle modalità della formazione obbligatoria a carico del datore di lavoro; b) l’individuazione delle modalità della verifica finale di apprendimento obbligatoria per i discenti di tutti i percorsi formativi e di aggiornamento obbligatori in materia di salute e sicurezza sul lavoro e delle modalità delle verifiche di efficacia della formazione durante lo svolgimento della prestazione lavorativa.
3. Il datore di lavoro assicura, altresì, che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in merito ai rischi specifici di cui ai titoli del presente decreto successivi al I. Ferme restando le disposizioni già in vigore in materia, la formazione di cui al periodo che precede è definita mediante l'accordo di cui al comma 2.
4. La formazione e, ove previsto, l'addestramento specifico devono avvenire in occasione: a) della costituzione del rapporto di lavoro o dell'inizio dell'utilizzazione qualora si tratti di somministrazione di lavoro; b) del trasferimento o cambiamento di mansioni; c) della introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e miscele pericolose.
5. L'addestramento viene effettuato da persona esperta e sul luogo di lavoro. L’addestramento consiste nella prova pratica, per l’uso corretto e in sicurezza di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale; l’addestramento consiste, inoltre, nell’esercitazione applicata, per le procedure di lavoro in sicurezza. Gli interventi di addestramento effettuati devono essere tracciati in apposito registro anche informatizzato.
6. La formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti deve essere periodicamente ripetuta in relazione all'evoluzione dei rischi o all'insorgenza di nuovi rischi.
7. Il datore di lavoro, i dirigenti e i preposti ricevono un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, secondo quanto previsto dall’accordo di cui al comma 2, secondo periodo.
7-bis. La formazione di cui al comma 7 può essere effettuata anche presso gli organismi paritetici di cui all'articolo 51 o le scuole edili, ove esistenti, o presso le associazioni sindacali dei datori di lavoro o dei lavoratori.
7-ter. Per assicurare l’adeguatezza e la specificità della formazione nonché l’aggiornamento periodico dei preposti ai sensi del comma 7, le relative attività formative devono essere svolte interamente con modalità in presenza e devono essere ripetute con cadenza almeno biennale e comunque ogni qualvolta sia reso necessario in ragione dell’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi.
8. I soggetti di cui all'articolo 21, comma 1, possono avvalersi dei percorsi formativi appositamente definiti, tramite l'accordo di cui al comma 2, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
9. I lavoratori incaricati dell'attività di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave ed immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza devono ricevere un'adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico; in attesa dell'emanazione delle disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 46, continuano a trovare applicazione le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'interno in data 10 marzo 1998, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 81 del 7 aprile 1998, attuativo dell'articolo 13 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.
10. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza concernente i rischi specifici esistenti negli ambiti in cui esercita la propria rappresentanza, tale da assicurargli adeguate competenze sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi.
11. Le modalità, la durata e i contenuti specifici della formazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale, nel rispetto dei seguenti contenuti minimi: a) principi giuridici comunitari e nazionali; b) legislazione generale e speciale in materia di salute e sicurezza sul lavoro; c) principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi; d) definizione e individuazione dei fattori di rischio; e) valutazione dei rischi; f) individuazione delle misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e protezione; g) aspetti normativi dell'attività di rappresentanza dei lavoratori; h) nozioni di tecnica della comunicazione. La durata minima dei corsi è di 32 ore iniziali, di cui 12 sui rischi specifici presenti in azienda e le conseguenti misure di prevenzione e protezione adottate, con verifica di apprendimento. La contrattazione collettiva nazionale disciplina le modalità dell'obbligo di aggiornamento periodico, la cui durata non può essere inferiore a 4 ore annue per le imprese che occupano dai 15 ai 50 lavoratori e a 8 ore annue per le imprese che occupano più di 50 lavoratori.
12. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici, ove presenti nel settore e nel territorio in cui si svolge l'attività del datore di lavoro, durante l'orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori.
13. Il contenuto della formazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le conoscenze e competenze necessarie in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Ove la formazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione e conoscenza della lingua veicolare utilizzata nel percorso formativo.
14. Le competenze acquisite a seguito dello svolgimento delle attività di formazione di cui al presente decreto sono registrate nel libretto formativo del cittadino di cui all'articolo 2, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, se concretamente disponibile in quanto attivato nel rispetto delle vigenti disposizioni. Il contenuto del libretto formativo è considerato dal datore di lavoro ai fini della programmazione della formazione e di esso gli organi di vigilanza tengono conto ai fini della verifica degli obblighi di cui al presente decreto.
14-bis. In tutti i casi di formazione ed aggiornamento, previsti dal presente decreto legislativo per dirigenti, preposti, lavoratori e rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza in cui i contenuti dei percorsi formativi si sovrappongano, in tutto o in parte, è riconosciuto il credito formativo per la durata e per i contenuti della formazione e dell'aggiornamento corrispondenti erogati. Le modalità di riconoscimento del credito formativo e i modelli per mezzo dei quali è documentata l'avvenuta formazione sono individuati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentita la Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6. Gli istituti di istruzione e universitari provvedono a rilasciare agli allievi equiparati ai lavoratori, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera a), e dell'articolo 37, comma 1, lettere a) e b), del presente decreto, gli attestati di avvenuta formazione sulla salute e sicurezza sul lavoro.
Art. 45. Primo soccorso ... 2. Le caratteristiche minime delle attrezzature di primo soccorso, i requisiti del personale addetto e la sua formazione, individuati in relazione alla natura dell'attività, al numero dei lavoratori occupati ed ai fattori di rischio sono individuati dal decreto ministeriale 15 luglio 2003, n. 388 e dai successivi decreti ministeriali di adeguamento acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
Art. 46. Prevenzione incendi
1. La prevenzione incendi è la funzione di preminente interesse pubblico, di esclusiva competenza statuale, diretta a conseguire, secondo criteri applicativi uniformi sul territorio nazionale, gli obiettivi di sicurezza della vita umana, di incolumità delle persone e di tutela dei beni e dell'ambiente.
2. Nei luoghi di lavoro soggetti al presente decreto legislativo devono essere adottate idonee misure per prevenire gli incendi e per tutelare l'incolumità dei lavoratori.
3. Fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139 e dalle disposizioni concernenti la prevenzione incendi di cui al presente decreto, i Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale, in relazione ai fattori di rischio, adottano uno o più decreti nei quali sono definiti: a) i criteri diretti atti ad individuare: 1) misure intese ad evitare l'insorgere di un incendio ed a limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi; 2) misure precauzionali di esercizio; 3) metodi di controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio; 4) criteri per la gestione delle emergenze; b) le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio, compresi i requisiti del personale addetto e la sua formazione
4. Fino all'adozione dei decreti di cui al comma 3, continuano ad applicarsi i criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione delle emergenze nei luoghi di lavoro di cui al decreto del Ministro dell'interno in data 10 marzo 1998.
5. Al fine di favorire il miglioramento dei livelli di sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro, ed ai sensi dell'articolo 14, comma 2, lettera h), del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, con decreto del Ministro dell'interno sono istituiti, presso ogni direzione regionale dei vigili del fuoco, dei nuclei specialistici per l'effettuazione di una specifica attività di assistenza alle aziende. Il medesimo decreto contiene le procedure per l'espletamento della attività di assistenza.
6. In relazione ai principi di cui ai commi precedenti, ogni disposizione contenuta nel presente decreto legislativo, concernente aspetti di prevenzione incendi, sia per l'attività di disciplina che di controllo, deve essere riferita agli organi centrali e periferici del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, di cui agli articoli 1 e 2 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139. Restano ferme le rispettive competenze di cui all'articolo 13.
7. Le maggiori risorse derivanti dall'espletamento della funzione di controllo di cui al presente articolo, sono rassegnate al Corpo nazionale dei vigili per il miglioramento dei livelli di sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro.
2. Formazione generale Lavoratori
Accordo Stato/Regioni 21 dicembre 2011 Accordo tra il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano per Ia formazione dei lavoratori ai sensi dell'articolo 37, comma 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. (GU n.8 dell’11 gennaio 2012)
3. Formazione Addetti Prevenzione Incendi
Decreto 2 Settembre 2021 Criteri per la gestione dei luoghi di lavoro in esercizio ed in emergenza e caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio, ai sensi dell'articolo 46, comma 3, lettera a), punto 4 e lettera b) del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. (GU n.237 del 04.10.2021)
4. Formazione Addetti Primo Soccorso
Decreto 15 luglio 2003, n. 388 Regolamento recante disposizioni sul pronto soccorso aziendale, in attuazione dell'articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni. (GU n. 27 del 03 Febbraio 2004)
5. Formazione lavoratori attrezzature (abilitazione specifica)
Accordo Stato/Regioni 22 febbraio 2012 Individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori (art. 73, comma 5, d.lgs. 81/2008) (GU n. 60 del 12 marzo 2012 - S.O. n. 47)
6. Formazione lavoratori attività lavorative stradali
Decreto Interministeriale del 4 marzo 2013 Criteri di sicurezza sulle procedure di revisione, integrazione e apposizione della segnaletica stradale destinata ad attività lavorative che si svolgono in presenza di traffico veicolare. (GU n. 67 del 20 marzo 2013)
7. Ambienti Confinati
D.Lgs 81/08: Artt. 63, 66, 121 Allegato IV, punto 3 DPR 177/2011
Regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 concernente la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un'Agenzia europea per le sostanze chimiche, che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 1488/94 della Commissione, nonché la direttiva 76/769/CEE del Consiglio e le direttive della Commissione 91/155/CEE, 93/67/CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE. (GU L 136/3 del 29.5.2007)
14. CLP
Regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008 , relativo alla classificazione, all'etichettatura e all'imballaggio delle sostanze e delle miscele che modifica e abroga le direttive 67/548/CEE e 1999/45/CE e che reca modifica al regolamento (CE) n. 1907/2006. (GU L 353/1 31.12.2008)
15. Merci pericolose ADR
L'ADR, norma in specifici capitoli gli Obblighi (ADR 1.4) e la Formazione (ADR 1.3) degli addetti al trasporto merci pericolose.
Le figure individuate nella catena carico-trasporto-scarico di merci pericolose sono quelle individuate dal confezionamento della merce pericolosa sino allo scarico della stessa sono ("in forma non esaustiva"):
1.4.2.1. Speditore 1.4.2.2. Trasportatore 1.4.2.3. Destinatario 1.4.3.1. Caricatore 1.4.3.2. Imballatore 1.4.3.3. Riempitore 1.4.3.4. Gestore di un contenitore-cisterna o di una cisterna mobile 1.4.3.7. Scaricatore
Ogni Addetto ha obblighi ben definiti (ADR 1.4), e la formazione deve essere articolata (ADR 1.3)
16. Accordo Stato Regioni n. 2429 del 26 gennaio 2006 (*)
Accordo Stato, regioni e province autonome, in attuazione degli articoli 36-quater, comma 8, e 36-quinquies, comma 4, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, in materia di prevenzione e protezione dei lavoratori sui luoghi di lavoro. Accordo, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. (Repertorio atti n. 2429). (GU n. 45 del 23.02.2006) Vedi
(*)II presente accordo costituisce attuazione del citati articoli 36-quater e 36-quinquies decreto legislativo n. 626 del 1994. ove si demanda alla Conferenza Stato, Regioni e Province autonome l'individuazione dei soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di per lavoratori e preposti addetti all'uso di attrezzature di lavoro in quota. (l’Accordo è trasposto nell’Allegato XXI) ...
Richiami al TUS nel Codice dei contratti pubblici 2023
ID 19365 | 04.04.2023 / Documento completo in allegato
Pubblicato nella GU n.77 del 31.03.2023 - S.O. n. 12 il Decreto Legislativo 31 marzo 2023 n. 36 Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici, in vigore dal 1° aprile 2023.
Le nuove disposizioni saranno operative in tre fasi:
- il 1° aprile è prevista la vigenza della norma, - il 1 luglio l'operatività, - il 1° gennaio 2024 la digitalizzazione degli appalti.
Di seguito si illustrano gli articoli e gli allegati del codice dei contratti pubblici 2023 nei quali sono richiamati i riferimenti al testo unico salute e sicurezza 81/2008.
Tabella di raccordo Richiami TUS nel Codice Appalti 2023
1. Le sanzioni per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato sono: a) la sanzione pecuniaria; b) le sanzioni interdittive; c) la confisca; d) la pubblicazione della sentenza.
2. Le sanzioni interdittive sono: a) l'interdizione dall'esercizio dell'attivita'; b) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito; c) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; d) l'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli gia' concessi; e) il divieto di pubblicizzare beni o servizi.[/panel]
1. Ferme restando le attribuzioni previste dagli articoli 20 e 21, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, al fine di far cessare il pericolo per la salute (9) e la sicurezza dei lavoratori, nonché di contrastare il lavoro irregolare, l'Ispettorato nazionale del lavoro adotta un provvedimento di sospensione, quando riscontra che almeno il 10 per cento dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro risulti occupato, al momento dell'accesso ispettivo, senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro ovvero inquadrato come lavoratori autonomi occasionali in assenza delle condizioni richieste dalla normativa (9), nonché, a prescindere dal settore di intervento, in caso di gravi violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro di cui all'Allegato I. Con riferimento all’attività dei lavoratori autonomi occasionali, fatte salve le attività autonome occasionali intermediate dalle piattaforme digitali di cui al decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233 (15), al fine di svolgere attività di monitoraggio e di contrastare forme elusive nell’utilizzo di tale tipologia contrattuale, l’avvio dell’attività dei suddetti lavoratori è oggetto di preventiva comunicazione all’Ispettorato territoriale del lavoro competente per territorio, da parte del committente, mediante modalità informatiche. (10) (11) (15) Si applicano le modalità operative di cui all’articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. In caso di violazione degli obblighi di cui al secondo periodo si applica la sanzione amministrativa da euro 500 a euro 2.500 in relazione a ciascun lavoratore autonomo occasionale per cui è stata omessa o ritardata la comunicazione. Non si applica la procedura di diffida di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124 (9). Il provvedimento di sospensione è adottato in relazione alla parte dell'attività imprenditoriale interessata dalle violazioni o, alternativamente, dell'attività lavorati a prestata dai lavoratori interessati dalle violazioni di cui ai numeri 3 e 6 dell'Allegato I. Unitamente al provvedimento di sospensione l'Ispettorato nazionale del lavoro può imporre specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro.
2. Per tutto il periodo di sospensione è fatto divieto all’impresa di contrattare con la pubblica amministrazione e con le stazioni appaltanti, come definite dal codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (9). A tal fine il provvedimento di sospensione è comunicato all’ Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) e al Ministero (9) infrastrutture e della mobilità sostenibili, per gli aspetti di rispettiva competenza al fine dell'adozione da parte del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili del provvedimento interdittivo. Il datore di lavoro è tenuto a corrispondere la retribuzione e a versare i relativi contributi ai lavoratori interessati dall’effetto del provvedimento di sospensione. (9)
3. L'Ispettorato nazionale del lavoro adotta i provvedimenti di cui al comma 1 per il tramite del proprio personale ispettivo nell'immediatezza degli accertamenti nonché, su segnalazione di altre amministrazioni, entro sette giorni dal ricevimento del relativo verbale.
4. I provvedimenti di cui al comma 1, per le ipotesi di lavoro irregolare, non trovano applicazione nel caso in cui il lavoratore risulti l'unico occupato dall'impresa. In ogni caso di sospensione, gli effetti della stessa possono essere fatti decorrere dalle ore dodici del giorno lavorativo successivo ovvero dalla cessazione dell'attività lavorativa in corso che non può essere interrotta, salvo che non si riscontrino situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi o per la pubblica incolumità. (17)
5. Ai provvedimenti di cui al presente articolo (9) si applicano le disposizioni di cui all'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
6. Limitatamente ai provvedimenti adottati in occasione dell'accertamento delle violazioni in materia di prevenzione incendi, provvede il Comando provinciale dei vigili del fuoco territorialmente competente. Ove gli organi di vigilanza o le altre amministrazioni pubbliche rilevino possibili violazioni in materia di prevenzione incendi, ne danno segnalazione al competente Comando provinciale dei vigili del fuoco, il quale procede ai sensi delle disposizioni del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.
7. In materia di prevenzione incendi, in ragione della competenza esclusiva del Corpo nazionale dei vigili del fuoco prevista dall'articolo 46 del presente decreto, si applicano (9) le disposizioni di cui agli articoli 16, 19 e 20 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.
8. I poteri di cui al comma 1 spettano anche ai servizi ispettivi delle aziende sanitarie locali nell'ambito di accertamenti in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro.
9. È condizione per la revoca del provvedimento da parte dell'amministrazione che lo ha adottato:
a) la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria anche sotto il profilo degli adempimenti in materia di salute e sicurezza; b) l'accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro; c) la rimozione delle conseguenze pericolose delle violazioni nelle ipotesi di cui all'Allegato I; d) nelle ipotesi di lavoro irregolare, il pagamento di una somma aggiuntiva pari a 2.500 euro qualora siano impiegati (9) fino a cinque lavoratori irregolari e pari a 5.000 euro qualora siano impiegati più di cinque lavoratori irregolari; e) nelle ipotesi di cui all'Allegato I, il pagamento di una somma aggiuntiva di importo pari a quanto indicato nello stesso Allegato I con riferimento a ciascuna fattispecie.
10. Le somme aggiuntive di cui alle lettere d) ed e) del comma 9 (9) sono raddoppiate nelle ipotesi in cui, nei cinque anni precedenti alla adozione del provvedimento, la medesima impresa sia stata destinataria di un provvedimento di sospensione.
11. Su istanza di parte, fermo restando il rispetto delle condizioni di cui al comma 9, la revoca è altresì concessa subordinatamente al pagamento del venti per cento della somma aggiuntiva dovuta. L'importo residuo, maggiorato del cinque per cento, è versato entro sei mesi dalla data di presentazione dell'istanza di revoca. In caso di mancato versamento o di versamento parziale dell'importo residuo entro detto termine, il provvedimento di accoglimento dell'istanza di cui al presente comma costituisce titolo esecutivo per l'importo non versato.
12. È comunque fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali, civili e amministrative vigenti.
13. Ferma restando la destinazione della percentuale prevista dall'articolo 14, comma 1, lettera d) , del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, l'importo delle somme aggiuntive di cui al comma 9, lettere d) ed e) , integra, in funzione dell'amministrazione che ha adottato i provvedimenti di cui al comma 1, il bilancio dell'Ispettorato nazionale del lavoro o l'apposito capitolo regionale ed è utilizzato per finanziare l'attività di prevenzione nei luoghi di lavoro svolta dall'Ispettorato nazionale del lavoro o dai dipartimenti di prevenzione delle AA.SS.LL.
14. Avverso i provvedimenti di cui al comma 1 adottati per l'impiego di lavoratori senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro è ammesso ricorso, entro 30 giorni, all'Ispettorato interregionale del lavoro territorialmente competente, il quale si pronuncia nel termine di 30 giorni dalla notifica del ricorso. Decorso inutilmente tale ultimo termine il provvedimento di sospensione perde efficacia (9).
15. Il datore di lavoro che non ottempera al provvedimento di sospensione di cui al presente articolo è punito con l'arresto fino a sei mesi nelle ipotesi di sospensione per le violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.500 a 6.400 euro nelle ipotesi di sospensione per lavoro irregolare.
16. L'emissione del decreto di archiviazione per l'estinzione delle contravvenzioni, accertate ai sensi del comma 1, a seguito della conclusione della procedura di prescrizione prevista dagli articoli 20 e 21, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, comporta la decadenza dei provvedimenti di cui al comma 1 fermo restando, ai fini della verifica dell'ottemperanza alla prescrizione, anche il pagamento delle somme aggiuntive di cui al comma 9, lettera d).
Note (1) La Corte Costituzionale, con sentenza 2-5 novembre 2010, n. 310 (in G.U. 1a s.s. 10/11/2010, n. 45) ha dichiarato l'illegittimità costituzionale "dell'articolo 14, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (Attuazione dell'art. 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e di sicurezza nei luoghi di lavoro), come sostituito dall'articolo 11, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 3 agosto 2009 n. 106 (Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro), nella parte in cui, stabilendo che ai provvedimenti di sospensione dell'attività imprenditoriale previsti dalla citata norma non si applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), esclude l'applicazione ai medesimi provvedimenti dell'articolo 3, comma 1, della legge n. 241 del 1990". (2) Il decreto legge 23 dicembre 2013 n. 145, (art. 14, comma 1, lett. a) stabilisce che "l'importo delle sanzioni amministrative di cui all'articolo 3 del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2002, n. 73, nonché delle somme aggiuntive di cui all'articolo 14, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, è aumentato del 30%" (3) La legge 21 febbraio 2014 n. 9, che converte con modificazioni il decreto legge 23 dicembre 2013 n. 145, sostituisce l'art. 14 dello stesso dl. n. 145/2013 stabilendo che le "somme aggiuntive di cui all'articolo 14, comma 4, lettera c), e comma 5, lettera b), del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81, e successive modificazioni, è aumentato del 30 per cento." (4) Comma modificato dall'art. 22, comma 4 lett. a del decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 151 - Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183 (5) Comma modificato dall'art. 22, comma 4 lett. b del decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 151 - Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183 (6) Comma aggiunto dall'art. 22, comma 4 lett. c del decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 151 - Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183 (7) Articolo completamente sostituito dall'articolo 13 co. 1 del Decreto-Legge 21 ottobre 2021 n. 146 Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili (GU n.252 del 21.10.2021) (8) Circolare INL n. 3 del 9 novembre 2021 - Nuovo provvedimento di sospensione ex art. 14 D.Lgs. n. 81/2008 - prime indicazioni. (9) Modifiche apportate dalla Legge 17 dicembre 2021 n. 215 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2021 n. 146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili. (GU n.301 del 20.12.2021) (10) Nota INL 11 gennaio 2022 n. 29 - Art. 13, decreto-legge 21 ottobre 2021 n. 146 conv. da Legge 17 dicembre 2021 n. 215 - obbligo di comunicazione dei lavoratori autonomi occasionali. (11) Nota INL 27 gennaio n. 109 - Obbligo comunicazione INL lavoratori autonomi occasionali - ulteriori chiarimenti (12) Nota INL 2 febbraio 2022 n. 151 - Richiesta parere su condizioni di revoca del provvedimento di sospensione ex art. 14 D.Lgs. n. 81/2008. (13) Nota INL 1 marzo 2022 n. 393 - Obbligo comunicazione INL lavoratori autonomi occasionali - ulteriori chiarimenti (14) Nota INL 28 marzo 2022 n. 573 - Comunicazione lavoratori autonomi occasionali - termine periodo transitorio (15) Modifiche apportate dall'Art. 12-sexies della Legge 20 maggio 2022 n. 51 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, recante misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina. (GU n.117 del 20.05.2022) (16) Nota INL 7 giugno 2022 n. 1159 - Art. 14 D.Lgs. n. 81/2008 Provvedimenti di sospensione - Attività non differibili. (17) Nota INL n. 162 del 24 gennaio 2023 - Provvedimento di sospensione e microimpresa[/panel]
Articolo 114 Comma 1 Comma 1 Direzione dei lavori e dell’esecuzione dei contratti.
1. L’esecuzione dei contratti aventi ad oggetto lavori, servizi o forniture è diretta dal RUP, che controlla i livelli di qualità delle prestazioni. Il RUP, nella fase dell'esecuzione, si avvale del direttore dell'esecuzione del contratto o del direttore dei lavori, del coordinatore in materia di salute e di sicurezza durante l'esecuzione previsto dal decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nonché del collaudatore oppure della commissione di collaudo o del verificatore della conformità e accerta il corretto ed effettivo svolgimento delle funzioni ad ognuno affidate.
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente capo si intendono per:
[…]
e) coordinatore in materia di sicurezza e di salute durante la progettazione dell'opera, di seguito denominato coordinatore per la progettazione: soggetto incaricato, dal committente o dal responsabile dei lavori, dell'esecuzione dei compiti di cui all'articolo 91;
f) coordinatore in materia di sicurezza e di salute durante la realizzazione dell'opera, di seguito denominato coordinatore per l'esecuzione dei lavori: soggetto incaricato, dal committente o dal responsabile dei lavori, dell'esecuzione dei compiti di cui all'articolo 92, che non può essere il datore di lavoro delle imprese affidatarie ed esecutrici o un suo dipendente o il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) da lui designato. Le incompatibilità di cui al precedente periodo non operano in caso di coincidenza fra committente e impresa esecutrice;.[/panel]
1. È vietato eseguire lavori sotto tensione. Tali lavori sono tuttavia consentiti nei casi in cui le tensioni su cui si opera sono di sicurezza, secondo quanto previsto dallo stato della tecnica o quando i lavori sono eseguiti nel rispetto delle seguenti condizioni: a) le procedure adottate e le attrezzature utilizzate sono conformi ai criteri definiti nelle norme tecniche; b) per sistemi di categoria 0 e I purché l'esecuzione di lavori su parti in tensione sia affidata a lavoratori riconosciuti dal datore di lavoro come idonei per tale attività secondo le indicazioni della pertinente normativa tecnica; 1) l'esecuzione di lavori su parti in tensione deve essere affidata a lavoratori riconosciuti dal datore di lavoro come idonei per tale attività secondo le indicazioni della pertinente normativa tecnica; 2) le procedure adottate e le attrezzature utilizzate sono conformi ai criteri definiti nelle norme di buona tecnica; c) per sistemi di II e III categoria purché: 1) i lavori su parti in tensione siano effettuati da aziende autorizzate, con specifico provvedimento del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, ad operare sotto tensione; 2) l'esecuzione di lavori su parti in tensione sia affidata a lavoratori abilitati dal datore di lavoro ai sensi della pertinente normativa tecnica riconosciuti idonei per tale attività. 2. Con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, da adottarsi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, sono definiti i criteri per il rilascio delle autorizzazioni di cui al comma 1, lettera c), numero 1). 3. Hanno diritto al riconoscimento di cui al comma 2 le aziende già autorizzate ai sensi della legislazione vigente.[/box-note]
Sez. A - Elenco aziende autorizzate all'effettuazione di lavori sotto tensione (articolo 82, comma 1, lettera c) , numero 1), del d.lgs. n. 81 del 2008)
Aziende autorizzate
Data di autorizzazione
Lavori autorizzati
Codice procedure aziendali
Procedure aziendali
1
TERNA RETE ITALIA S.p.A.
Viale Egidio Galbani, 70 00156 ROMA
01/08/2022
Lavori su parti non attive di linee AT, all'interno della zona dei lavori sotto tensione come definita dalle norme vigenti
IO417MN – 6.9 (Rev 00 del 01/04/2019)
Esecuzione di interventi su parti non alla tensione di esercizio
IO417MN – 18 (Rev 00 del 01/04/2019)
Interventi sulla fune di guardia
IO417MN – 21 (Rev 00 del 01/04/2019)
Sistemi per la protezione di opere sottopassanti linee elettriche aeree
Lavori a potenziale su parti attive di linee AT con conduttori singoli, binati o trinati comportanti accesso o percorrenza campata su conduttori
IO417MN – 12 (Rev 00 del 01/04/2019)
Accesso alle parti in tensione
IO417MN – 14 (Rev 00 del 01/04/2019)
Percorrenza dei conduttori
IO417MN – 15 (Rev 00 del 01/04/2019)
Interventi manutentivi delle connessioni
Lavori a distanza su isolatori e armamenti di linee AT, con armamenti in sospensione, in rettifilo o angolo, con armamenti a ''l'', a "V", a "L". Catene semplici e doppie, conduttori singoli, binati o trinati
IO417MN – 7 (Rev 00 del 01/04/2019)
Metodo della triangolazione
IO417MN – 8 (Rev 00 del 01/04/2019)
Metodo della sospensione catene a "I" in rettifilo
IO417MN – 9 (Rev 00 del 01/04/2019)
Interventi particolari su catene a "I"
IO417MN – 10 (Rev 00 del 01/04/2019)
Catene a "V" e a "L"
IO417MN – 19 (Rev 00 del 01/04/2019)
Lavaggio isolatori di linea
Lavori con tecniche convenzionali su sostegni di linee AT con almeno una terna in servizio
IO417MN – 16 (Rev 00 del 01/04/2019)
Invio sul sostegno ed utilizzo di oggetti non isolanti di dimensioni non contenute
IO417MN – 17 (Rev 00 del 01/04/2019)
Esecuzione di lavori su sostegni con due terne di cui una in servizio
Lavori su linee AT con uso di strumenti per la
diagnostica
IO417MN – 20 (Rev 00 del 01/04/2019)
Utilizzo field detector per rilevazione difetti su isolatori compositi
Lavori a distanza ed a potenziale su amarri singoli, doppi o tripli di linee AT
IO417MN – 11 (Rev 00 del 01/04/2019)
Metodo dell'amarro
IO417MN – 13 (Rev 00 del 01/04/2019)
Metodo dell'amarro a potenziale
Attività di sperimentazione di cui all'articolo1, comma 1, lettera b), del D.M. 04.02.2011.
PNL STG 003 (Rev 01 del 12-10-2012)
Sperimentazione sotto tensione
PNL STG 003A (Rev 01 del 11-10-2012)
Modello di progetto di sperimentazione sotto tensione
PNL STG 003B (Rev 01 del 11-10-2012)
Modello valutazione dei rischi
2
E- DISTRIBUZIONE S.p.A.(
già ENEL Distribuzione)Via Ombrone, 2 00198ROMA
01/06/2023
Sostituzione isolatori e parti di armamento su
sostegni con conduttore non in amarro su linee in isolatori sospesi
EM LST 03 (Rev. 00 del 20-07-2013)
Sostituzione isolatori e parti di armamento su sostegni con conduttore non in amarro su linee in isolatori sospesi con metodo a distanza
Sostituzione isolatori e parti di armamento su
sostegni con conduttore non in amarro su linee in isolatori rigidi
EM LST 04 (Rev. 00 del 20-07-2013)
Sostituzione isolatori e parti di armamento su sostegni con conduttore non in amarro su linee in isolatori rigidi con metodo a distanza
Sostituzione isolatori e parti di armamento su
sostegni con conduttore in amarro su linee in isolatori sospesi
EM LST 05 (Rev. 00 del 20-07-2013)
Sostituzione isolatori e parti di armamento su sostegni con conduttore in amarro su linee in isolatori sospesi con metodo a distanza
Sostituzione isolatori e parti di armamento su
sostegni con conduttore in amarro su linee in isolatori rigidi
EM LST 06 (Rev. 00 del 20-07-2013)
Sostituzione isolatori e parti di armamento su sostegni con conduttore in amarro su linee in isolatori rigidi con metodo a distanza
Posa protettori su parti di impianto in tensione
EM LST 07 (Rev. 00 del 20-07-2013)
Posa protettori su parti di impianto in tensione, di linee elettriche aeree con conduttori nudi in media tensione con metodo a distanza
Taglio rami in prossimità dei conduttori
EM LST 08 (Rev. 00 del 20-07-2013)
Taglio rami in prossimità dei conduttori in tensione, di linee elettriche aeree con conduttori nudi in media tensione con metodo a distanza
Rimozione di oggetti estranei in prossimità dei
conduttori e armamenti
EM LST 09 (Rev. 00 del 20-07-2013)
Rimozione di oggetti estranei in prossimità dei conduttori e armamenti di linee elettriche aeree con conduttori nudi in media tensione con metodo a distanza
Rilievi e misure
EM LST 10 (Rev. 00 del 20-07-2013)
Rilievi e misure su parti di impianto di linee elettriche aeree con conduttori nudi in media tensione con metodo a distanza
Lavori su parti di impianto della rete aerea con i metodi a contatto
EMLST 11,12,14,14,15,17 e 18 (Rev. 01 del 05-10-2017)
EMLST 16, 19 (Rev.00 del 21-03-2017)
Sostituzione isolatori disposti in sospensione e parti dell’armamento (EMLST 11); sostituzione isolatori rigidi e relativi perni di fissaggio (EMLST 12); sostituzione isolatori disposti in amarro e parti dell’armamento (EMLST 13); apertura e chiusura cavallotti di linea e derivazioni (EMLST 14); punti di sezionamento flessibili (EMLST 15); rimozione oggetti estranei sui conduttori e parti di armamento (EMLST 17); posa di protettori temporanei e/o permanenti (EMLST 18); taglio rami in prossimità dei conduttori (EMLST 16); riparazione dei conduttori danneggiati (EMLST 19) con metodo a contatto
Attività di sperimentazione di cui all'articolo1, comma 1, lettera b), del D.M. 04.02.2011.
WKI-HSE-SSL-19-24-ITA (Rev. 01 del 14.06.2019)
PLST03 - Sperimentazione nuove modalità di lavoro sotto tensione MT
Sez. B - Elenco soggetti formatori per i lavoratori impiegati nei lavori sotto tensione (articolo 82, comma 1, lettera c), numero 1), del D.Lgs. n. 81/08 s.m.i.)
N.
Soggetti formatori
Data di autorizzazione
Formazione sui lavori
Codice di riferimento aziendale
Programma formativo
1
TERNA RETE ITALIA S.p.A.
Viale Egidio Galbani, 70 00156 ROMA
01/06/2023
Lavori sulle parti non attive dell'impianto, all'interno della zona dei lavori sotto tensione come definita dalle norme vigenti
RQ XI PF001 (Rev 02 del 10.12.2013)
Proposta formativa operatori LST linee
Lavori con tecniche miste su sostegni di linee con almeno una terna in servizio
RQ XI PF001 (Rev 02 del 10.12.2013)
Proposta formativa operatori LST linee
Lavori a potenziale e percorrenza campate su conduttori a fascio
RQ XI PF001 (Rev 02 del 10.12.2013)
Proposta formativa operatori LST linee
Lavori a distanza su linee in rettifilo o angolo, con armamenti a ''l'', a "V", a "L". Catene semplici e doppie, conduttori singoli, binati o trinati
RQ XI PF001 (Rev 02 del 10.12.2013)
Proposta formativa operatori LST linee
Lavori a distanza ed a potenziale su amarri
RQ XI PF001 (Rev 02 del 10.12.2013)
Proposta formativa operatori LST linee
Lavori con uso di strumenti per la diagnostica
RQ XI PF001 (Rev 02 del 10.12.2013)
Proposta formativa operatori LST linee
Interventi di pulizia isolatori
RQ XI PF001 (Rev 02 del 10.12.2013)
Proposta formativa operatori LST linee
2
E- DISTRIBUZIONE S.p.A.
Via Ombrone, 2
00198 ROMA
01/06/2023
Sostituzione isolatori e parti di armamento su
sostegni con conduttore non in amarro su linee in isolatori sospesi
EM LST 03 (Rev. 01 del 5.09.2017)
Formazione del personale per l'effettuazione di lavori sotto tensione in media tensione - Istruzione operativa n. 77 rev 02 del del 21/03/2017
Sostituzione isolatori e parti di armamento su
sostegni con conduttore non in amarro su linee in isolatori rigidi
EM LST 04 (Rev. 00 del 20.07.2013)
Formazione del personale per l'effettuazione di lavori sotto tensione in media tensione - Istruzione operativa n. 77 rev 02 del del 21/03/2017
Sostituzione isolatori e parti di armamento su
sostegni con conduttore in amarro su linee in isolatori sospesi
EM LST 05 (Rev. 00 del 20.07.2013)
Formazione del personale per l'effettuazione di lavori sotto tensione in media tensione - Istruzione operativa n. 77 rev 02 del del 21/03/2017
Sostituzione isolatori e parti di armamento su
sostegni con conduttore in amarro su linee in isolatori rigidi
EM LST 06 (Rev. 00 del 20.07.2013)
Formazione del personale per l'effettuazione di lavori sotto tensione in media tensione - Istruzione operativa n. 77 rev 02 del del 21/03/2017
Posa protettori su parti di impianto in tensione
EM LST 07 (Rev. 00 del 20.07.2013)
Formazione del personale per l'effettuazione di lavori sotto tensione in media tensione - Istruzione
operativa n. 77 rev 02 del del 21/03/2017
Taglio rami in prossimità dei conduttori
EM LST 08 (Rev. 00 del 20.07.2013)
Formazione del personale per l'effettuazione di lavori sotto tensione in media tensione - Istruzione operativa n. 77 rev 02 del del 21/03/2017
Rimozione di oggetti estranei in prossimità dei
conduttori e armamenti
EM LST 09 (Rev. 00 del 20.07.2013)
Formazione del personale per l'effettuazione di lavori sotto tensione in media tensione - Istruzione
operativa n. 77 rev 02 del del 21/03/2017
Rilievi e misure
EM LST 10 (Rev. 00 del 20.07.2013)
Formazione del personale per l'effettuazione di lavori sotto tensione in media tensione - Istruzione
operativa n. 77 rev 02 del del 21/03/2017
Lavori su parti di impianto della rete aerea con i metodi a contatto
EM LST 11,12,13,14,15,17e18 (Rev. 01 del 05.10.2017)
EM LST 16 e 19 (Rev. 00 del 21.03.2017)
Formazione del personale per l'effettuazione di lavori sotto tensione in media tensione - Istruzione operativa n. 77 rev 02 del del 21/03/2017
Accordo CSR n. 91 del 5 agosto 2014 / Soccorsi manifestazioni / Algoritmo di Maurer
ID 14082 | 20.07.2021 / In allegato testo nativo PDF ed elaborato DOCX
Linee di indirizzo sull'organizzazione dei soccorsi sanitari negli eventi e nelle manifestazioni programmate (comprensivo degli allegati A1 e A2, parti integranti del documento stesso).
[box-info]Valutazione del rischio sanitario:Algoritmo di Maurer
Indicazioni per la predisposizione e la valutazione de/la pianificazione a cura del Servizio di Emergenza Territoriale 118.[/box-info]
[box-warning]Documento integrato in Manifestazioni pubbliche - Normativa e Piano Safety e Security
Il Documento è integrato nel Documento Piano Safety e Security:
“Linee di indirizzo sull’organizzazione sanitaria negli eventi e nelle manifestazioni programmate”.
Premessa
L’organizzazione di eventi e manifestazioni di qualsiasi tipologia e connotazione, soprattutto qualora gli stessi richiamino un rilevante afflusso di persone, deve essere programmata e realizzata con il prioritario obiettivo di garantire il massimo livello di sicurezza possibile per chi partecipa, per chi assiste e per chi è coinvolto a qualsiasi titolo, anche solo perché presente casualmente nell’area interessata.
La normativa vigente prevede l’obbligo di informare e/o di richiedere l’autorizzazione allo svolgimento degli eventi/manifestazioni alle competenti Autorità, espressamente individuate nel Questore, quale Autorità di Pubblica sicurezza, e nel Sindaco o nel Prefetto, a cui fanno capo le Commissioni di Vigilanza dei luoghi di pubblico spettacolo, rispettivamente, comunali e provinciali.
In attuazione di quanto previsto dal DPR 27 marzo 1992 e dall’Atto di Intesa Stato Regioni dell’11/4/1996, il Servizio di Emergenza Territoriale 118 ha assunto la competenza esclusiva in materia di coordinamento e di gestione degli interventi di soccorso sanitario territoriale, nonché di trasporto dei pazienti alle strutture della rete ospedaliera.
Le Regioni e le PPAA, a loro volta, hanno predisposto e compiutamente attivato l’organizzazione territoriale dell’emergenza e urgenza sanitaria. Anche in occasione di eventi/manifestazioni programmate deve essere preventivamente pianificata e messa a disposizione un’organizzazione totalmente sinergica con l’ordinaria organizzazione del Servizio di Emergenza Territoriale 118, finalizzata a garantire livelli di assistenza non inferiori a quelli che vengono assicurati alla popolazione nelle situazioni ordinarie.
Riguardo agli oneri di detta pianificazione, risultano a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN):
- gli interventi di soccorso primario, - il coordinamento e la gestione degli interventi stessi, - le risorse necessarie alla gestione di eventi intercorrenti (maxiemergenza o evento NBCR).
Non risultano a carico del SSN le risorse aggiuntive che vengono previste dall’Ente organizzatore autonomamente per interventi di soccorso correlati allo specifico ed estemporaneo contesto nel quale l'evento/manifestazione si svolge.
Gli oneri di tale organizzazione preventiva devono essere a carico dell’organizzatore stesso, in analogia a quanto già da tempo previsto per i Servizi di prevenzione incendi. Fanno eccezione a questa regola le manifestazioni di cui al successivo punto 1, lettera b): in tali eventi la predisposizione del soccorso sanitario di emergenza e urgenza compete ed è a carico del Servizio di Emergenza Territoriale 118, anche attraverso l’integrazione con le Istituzioni preposte a garantire la sicurezza e l’ordine pubblico nonché con il sistema di Protezione Civile regionale.
Affinché in occasione degli eventi/manifestazioni organizzati possano essere garantiti a tutti i soggetti presenti, partecipanti o spettatori, livelli di assistenza non inferiori a quelli che vengono assicurati alla popolazione nelle situazioni ordinarie, vengono di seguito definite le modalità che devono guidare le Regioni nel disciplinare l’attività di pianificazione dell’organizzazione dei soccorsi sanitari dedicati all’evento e/o manifestazione.
1. Classificazione degli eventi e/o manifestazioni
Gli eventi e/o manifestazioni si distinguono, rispetto alla pianificazione, in: a) programmati e/o organizzati che richiamano un rilevante afflusso di persone a fini sportivi, ricreativi, sociali, politici, religiosi, organizzati da privati, Organizzazioni/Associazioni, Istituzioni pubbliche; b) non programmati e non organizzati, che richiamano spontaneamente e in un breve lasso di tempo un rilevante afflusso di persone in un luogo pubblico o aperto al pubblico (es. raduni spontanei e improvvisi nelle piazze o nelle pubbliche vie, funerali di personalità, sommosse). Gli eventi/manifestazioni di cui sopra, in relazione al livello di rischio, ovvero alla probabilità di avere necessità di soccorso sanitario, possono essere classificati in base alle seguenti variabili:
- tipologia dell’evento - caratteristiche del luogo - affluenza di pubblico
Nel caso degli eventi di cui al precedente punto a) l’’identificazione del livello di rischio può, in fase iniziale, essere calcolata dallo stesso organizzatore dell’evento applicando i punteggi riportati nella
“Tabella per il calcolo del livello di rischio da compilare a cura dell’organizzatore dell’evento/manifestazione” (allegato A1).
Nel caso invece degli eventi di cui al precedente punto b), che per loro caratteristica sono non organizzati e, talvolta, imprevedibili e improvvisi, il livello di rischio non può essere preventivamente calcolato: se ritenuto utile e ci fosse un tempo minimo di preavviso/informazione del rispetto all’evento, è facoltà delle Istituzioni deputate all’ordine e alla sicurezza pubblica valutare la possibilità di utilizzare la classificazione allegata per dimensionare l’eventuale supporto da mettere a disposizione.
In base al risultato ottenuto è quindi possibile ottenere il livello di rischio ed il relativo punteggio:
...
Allegato A1
Tabella: Calcolo del livello di rischio.
Da compilare a cura dell’organizzatore dell’evento/manifestazione
...
Allegato A2
Tabella: Algoritmo di Maurer
Indicazioni per la predisposizione e la valutazione della pianificazione a cura del Servizio di Emergenza Territoriale 118.
Esperto di radioprotezione / Update Rev. 5.0 del 25 Maggio 2023
ID 11353 | Rev. 5.0 del 25.05.2023 / Documento completo in allegato
L'Esperto di radioprotezione è una delle figure previste dal nuovoD.Lgs 101/2020 relativo alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti (figura equivalente all’esperto qualificato di cui al DLgs 230/1995).
L’esperto di radioprotezione è la persona, incaricata dal datore di lavoro o dall’esercente, che possiede le cognizioni, la formazione e l’esperienza necessarie per gli adempimenti di cui all’articolo 130 del Decreto Legislativo 31 luglio 2020 n. 101.
Pubblicato nella GU n.201 del 12-08-2020 - Suppl. Ordinario n. 29 il Decreto Legislativo 31 luglio 2020 n. 101 Attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom e riordino della normativa di settore in attuazione dell'articolo 20, comma 1, lettera a), della legge 4 ottobre 2019, n. 117.
Entrata in vigore: 27.08.2020
Pubblicato nella GU n. 2 del 03.01.2022 Decreto Legislativo 25 novembre 2022 n. 203 riguardante disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101, di attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom e riordino della normativa di settore in attuazione dell'articolo 20, comma 1, lettera a), della legge 4 ottobre 2019, n. 117.
Entrata in vigore: 18.01.2023 ...
Art. 243 Abrogazioni 1. Alla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le seguenti disposizioni: a) gli articoli 3, 4 e 5, della legge 31 dicembre 1962 n. 1860; b) il decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 cosi' come modificato dal decreto legislativo n. 241 del 2000, dal decreto legislativo n. 23 del 2009, dal decreto legislativo n. 100 del 2011, dal decreto legislativo n. 185 del 2011, dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 45 del 2014 e dall'articolo 2 del decreto legislativo n. 137 del 2017; c) il decreto legislativo 26 maggio 2000, n.187; d) il decreto legislativo 6 febbraio 2007, n.52; e) il decreto del Ministro dello sviluppo economico 28 settembre 2011.
Art. 244 Modifiche 1. L'articolo 180, comma 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e' sostituito dal seguente: «3. La protezione dei lavoratori dalle radiazioni ionizzanti e' disciplinata, nel rispetto dei principi di cui al titolo I, dalle disposizioni speciali in materia».
39) «esperto di radioprotezione»: la persona, incaricata dal datore di lavoro o dall’esercente, che possiede le cognizioni, la formazione e l’esperienza necessarie per gli adempimenti di cui all’articolo 130. Le capacità e i requisiti professionali dell’esperto di radioprotezione sono disciplinate dall’articolo 129;[/alert] Attribuzioni esperto di radioprotezione
I compiti dell’esperto di radioprotezione sono individuati all’art. 130.
Rif. Normativi Art. 130 Attribuzioni dell’esperto di radioprotezione (direttiva 2013/59/EURATOM, articoli 34, 41, 43; decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, articolo 79).
L’esperto di radioprotezione, nell’esercizio della sorveglianza fisica per conto del datore di lavoro:
- effettua la valutazione di radioprotezione di cui all’articolo 109 e fornisce indicazioni al datore di lavoro sull’attuazione dei compiti di cui al comma 6 del predetto articolo a esclusione di quelli di cui alle lettere e) e g);
1. I datori di lavoro e i dirigenti che rispettivamente svolgono e dirigono le attività disciplinate dal presente decreto e i preposti che vi sovraintendono, nell’ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, attuano le misure di protezione e di sicurezza previste dal presente Titolo e dai provvedimenti emanati in applicazione di esso. 2. Prima dell’inizio delle pratiche disciplinate dal presente decreto, il datore di lavoro acquisisce e sottoscrive una relazione redatta e firmata dall’esperto di radioprotezione contenente: a) la descrizione della natura e la valutazione dell’entità dell’esposizione anche al fine della classificazione di radioprotezione dei lavoratori nonché la valutazione dell’impatto radiologico sugli individui della popolazione a seguito dell’esercizio della pratica; b) le indicazioni di radioprotezione incluse quelle necessarie a ridurre le esposizioni dei lavoratori in tutte le condizioni di lavoro e degli individui della popolazione conformemente al principio di ottimizzazione. 3. Per le finalità di cui al comma 2 il datore di lavoro fornisce all’esperto di radioprotezione le informazioni in merito a: a) descrizione degli ambienti, degli impianti e dei processi che comportano il rischio di esposizione alle radiazioni ionizzanti, ivi compreso l’elenco delle sorgenti di radiazioni ionizzanti che si intendono impiegare; b) organizzazione del lavoro; c) mansioni cui sono adibiti i lavoratori; d) ogni altra informazione ritenuta necessaria dall’esperto di radioprotezione. 4. Il datore di lavoro comunica altresì preventivamente all’esperto di radioprotezione le variazioni relative allo svolgimento della pratica, ivi comprese quelle inerenti ai lavoratori interessati e all’organizzazione del lavoro, nonché le eventuali migliorie tecniche che si intendono apportare alla pratica stessa. 5. La relazione di cui al comma 2 costituisce il documento di cui all’articolo 28, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, per gli aspetti relativi ai rischi di esposizione alle radiazioni ionizzanti ed è munita di data certa, in qualsiasi modo attestata, nel rispetto dell’articolo 28, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2008. 6. Sulla base delle indicazioni della relazione di cui al comma 2, e successivamente di quelle di cui all’articolo 131, comma 1, i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti, nell’ambito delle rispettive competenze: a) provvedono affinché gli ambienti di lavoro in cui sussiste un rischio da radiazioni vengano, nel rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 133, individuati, delimitati, segnalati, classificati in zone e che l’accesso a esse sia adeguatamente regolamentato; b) provvedono affinché i lavoratori interessati siano classificati ai fini della radioprotezione nel rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 133 e informano i lavoratori stessi in merito alla loro classificazione; c) predispongono norme interne di protezione e sicurezza adeguate al rischio di radiazioni e curano che copia di dette norme sia consultabile nei luoghi frequentati dai lavoratori, e in particolare nelle zone classificate; d) forniscono ai lavoratori, ove necessario, i mezzi di sorveglianza dosimetrica e i dispositivi di protezione individuale in relazione ai rischi cui sono esposti e ne garantiscono lo stato di efficienza e la manutenzione; e) provvedono affinché i singoli lavoratori osservino le norme interne di cui alla lettera c), e usino i dispositivi e i mezzi di cui alla lettera d); f) provvedono affinché siano apposte segnalazioni che indichino il tipo di zona, la natura delle sorgenti e i relativi tipi di rischio e siano indicate, mediante appositi contrassegni, le sorgenti di radiazioni ionizzanti, fatta eccezione per quelle non sigillate in corso di manipolazione; g) forniscono al lavoratore classificato esposto, o comunque al lavoratore sottoposto a dosimetria individuale, i risultati delle valutazioni di dose effettuate dall’esperto di radioprotezione, che lo riguardino direttamente, nonché assicurano l’accesso alla documentazione di cui all’articolo 132 concernente il lavoratore stesso. 7. Per gli obblighi previsti al comma 6, con esclusione di quelli previsti alla lettera e) , nei casi in cui occorre assicurare la sorveglianza fisica ai sensi dell’articolo 125, i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti si avvalgono degli esperti di radioprotezione e, per gli aspetti sanitari, dei medici autorizzati. Nei casi in cui non occorre assicurare la sorveglianza fisica, essi adempiono alle disposizioni di cui alle lettere c) ed e), e forniscono i dispositivi di protezione eventualmente necessari di cui alla lettera d). 8. I datori di lavoro, i dirigenti e i preposti comunicano tempestivamente all’esperto di radioprotezione e al medico autorizzato la cessazione del rapporto di lavoro con il lavoratore esposto. 9. I datori di lavoro trasmettono all’archivio nazionale dei lavoratori esposti, di cui all’art. 126, comma 1, istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, i risultati delle valutazioni di dose effettuate dall’esperto di radioprotezione per i lavoratori esposti, secondo le modalità previste dal decreto di cui all’art. 126, comma 2. 10. I datori di lavoro garantiscono le condizioni per la collaborazione tra l’esperto di radioprotezione e il responsabile del servizio di prevenzione e protezione di cui all’articolo 2, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nell’ambito delle rispettive competenze. L’esperto di radioprotezione e, ove nominato, il medico autorizzato partecipano alle riunioni periodiche di cui all’articolo 35 del medesimo decreto legislativo. 11. Tutti gli oneri economici relativi alla sorveglianza fisica e sanitaria della radioprotezione sono a carico del datore di lavoro.[/panel]
- effettua l’esame e la verifica delle attrezzature, dei dispositivi di protezione e dei mezzi di misura, e in particolare:
-- procede all’esame preventivo e rilascia il relativo benestare, dal punto di vista della sorveglianza fisica della radioprotezione, dei progetti di installazioni che comportano rischi di esposizione, dell’ubicazione delle medesime all’interno dello stabilimento in relazione a tali rischi, nonché delle modifiche alle installazioni che implicano rilevanti trasformazioni delle condizioni, delle caratteristiche di sicurezza, dei dispositivi d’allarme, dell’uso o della tipologia delle sorgenti; -- effettua la prima verifica, dal punto di vista della sorveglianza fisica, di nuove installazioni e delle eventuali modifiche apportate alle stesse; -- esegue la verifica periodica dell’efficacia dei dispositivi e delle procedure di radioprotezione; -- effettua la verifica periodica delle buone condizioni di funzionamento degli strumenti di misurazione; -- effettua la verifica di conformità degli strumenti di misura ai requisiti di cui all’articolo 155;
- effettua una sorveglianza ambientale di radioprotezione nelle zone controllate e sorvegliate, e, ove appropriato, nelle zone con esse confinanti;
- procede alla valutazione delle dosi e delle introduzioni di radionuclidi relativamente ai lavoratori;
- verifica che il personale di cui all’articolo 128, comma 2, impieghi in maniera corretta gli strumenti e i mezzi di misura e svolga le attività delegate secondo le procedure definite;
- svolge l’attività di sorveglianza sullo smaltimento dei materiali che soddisfano le condizioni di allontanamento previste dal presente decreto;
- assiste, nell’ambito delle proprie competenze, il datore di lavoro:
-- nella predisposizione dei programmi di sorveglianza individuale nonché nella individuazione delle tecniche di dosimetria personale appropriate; -- nella predisposizione del programma di garanzia della qualità finalizzato alla radioprotezione dei lavoratori e degli individui della popolazione, attraverso la redazione di procedure e istruzioni di lavoro che rendano efficace ed efficiente l’organizzazione radioprotezionistica adottata; -- nella predisposizione del programma di monitoraggio ambientale connesso all’esercizio della pratica; -- nella predisposizione delle procedure per la gestione di rifiuti radioattivi; -- nella predisposizione delle procedure di prevenzione di inconvenienti e di incidenti; -- nella pianificazione e risposta nelle situazioni di emergenza; -- nella definizione dei programmi di formazione e aggiornamento dei lavoratori; -- nell’esame e nell’analisi degli infortuni, delle situazioni incidentali e nell’adozione delle azioni di rimedio appropriate; -- nell’individuazione delle condizioni di lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza e in periodo di allattamento;
Nel caso di pratiche che comportano esposizioni a scopo medico, l’esperto di radioprotezione, coordinandosi, laddove necessario, con lo specialista in fisica medica:
- svolge l’attività di sorveglianza fisica della radioprotezione dei lavoratori e degli individui della popolazione; - fornisce indicazioni al datore di lavoro in merito all’ottimizzazione della protezione dei lavoratori.
La valutazione delle dosi individuali da esposizioni esterne per i lavoratori esposti deve essere eseguita, a norma dell’articolo 125, mediante uno o più apparecchi di misura individuali nonché in base ai risultati della sorveglianza ambientale di cui al comma 1, lettera c), anche tenuto conto delle norme di buona tecnica applicabili.
[...]
Relazione esperto di radioprotezione
Rif. Normativo Art. 131. Comunicazioni al datore di lavoro e relativi adempimenti (direttiva 2013/59/EURATOM, articoli 32, 37; decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, articolo 80).
In base alle valutazioni relative all’entità del rischio, l’esperto di radioprotezione indica, con apposita relazione scritta, trasmessa anche per via telematica al datore di lavoro:
a) l’individuazione e la classificazione delle zone ove sussiste rischio da radiazioni; b) la classificazione dei lavoratori addetti, previa definizione da parte del datore di lavoro delle attività che questi devono svolgere; c) la frequenza delle valutazioni di cui all’articolo 130, che deve essere almeno annuale; d) tutti i provvedimenti di cui ritenga necessaria l’adozione, al fine di assicurare la sorveglianza fisica, di cui all’articolo 125, dei lavoratori esposti e della popolazione; e) la valutazione delle dosi ricevute e impegnate, per tutti i lavoratori esposti e per l’individuo rappresentativo (modifica disposta dal Decreto Legislativo 25 novembre 2022 n. 203), con la frequenza stabilita ai sensi della lettera c).
Il datore di lavoro provvede ai necessari adempimenti sulla base delle indicazioni di cui sopra, si assicura altresì che l’esperto di radioprotezione trasmetta al medico autorizzato i risultati delle valutazioni di cui alla lettera e) del comma 1 relative ai lavoratori esposti, con la periodicità prevista all’articolo 130, comma 8.
1. L’esperto di radioprotezione, nell’esercizio della sorveglianza fisica per conto del datore di lavoro: a) effettua la valutazione di radioprotezione di cui all’articolo 109 e fornisce indicazioni al datore di lavoro sull’attuazione dei compiti di cui al comma 6 del predetto articolo a esclusione di quelli di cui alle lettere e) e g); b) effettua l’esame e la verifica delle attrezzature, dei dispositivi di protezione e dei mezzi di misura, e in particolare: 1) procede all’esame preventivo e rilascia il relativo benestare, dal punto di vista della sorveglianza fisica della radioprotezione, dei progetti di installazioni che comportano rischi di esposizione, dell’ubicazione delle medesime all’interno dello stabilimento in relazione a tali rischi, nonché delle modifiche alle installazioni che implicano rilevanti trasformazioni delle condizioni, delle caratteristiche di sicurezza, dei dispositivi d’allarme, dell’uso o della tipologia delle sorgenti; 2) effettua la prima verifica, dal punto di vista della sorveglianza fisica, di nuove installazioni e delle eventuali modifiche apportate alle stesse; 3) esegue la verifica periodica dell’efficacia dei dispositivi e delle procedure di radioprotezione; 4) effettua la verifica periodica delle buone condizioni di funzionamento degli strumenti di misurazione; 5) effettua la verifica di conformità degli strumenti di misura ai requisiti di cui all’articolo 155; c) effettua una sorveglianza ambientale di radioprotezione nelle zone controllate e sorvegliate, e, ove appropriato, nelle zone con esse confinanti; d) procede alla valutazione delle dosi e delle introduzioni di radionuclidi relativamente ai lavoratori come previsto ai commi 2, 3, 4 e 5; e) verifica che il personale di cui all’articolo 128, comma 2, impieghi in maniera corretta gli strumenti e i mezzi di misura e svolga le attività delegate secondo le procedure definite; f) svolge l’attività di sorveglianza sullo smaltimento dei materiali che soddisfano le condizioni di allontanamento previste dal presente decreto; g) assiste, nell’ambito delle proprie competenze, il datore di lavoro: 1) nella predisposizione dei programmi di sorveglianza individuale nonché nella individuazione delle tecniche di dosimetria personale appropriate; 2) nella predisposizione del programma di garanzia della qualità finalizzato alla radioprotezione dei lavoratori e degli individui della popolazione, attraverso la redazione di procedure e istruzioni di lavoro che rendano efficace ed efficiente l’organizzazione radioprotezionistica adottata; 3) nella predisposizione del programma di monitoraggio ambientale connesso all’esercizio della pratica; 4) nella predisposizione delle procedure per la gestione di rifiuti radioattivi; 5) nella predisposizione delle procedure di prevenzione di inconvenienti e di incidenti; 6) nella pianificazione e risposta nelle situazioni di emergenza; 7) nella definizione dei programmi di formazione e aggiornamento dei lavoratori; 8) nell’esame e nell’analisi degli infortuni, delle situazioni incidentali e nell’adozione delle azioni di rimedio appropriate; 9) nell’individuazione delle condizioni di lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza e in periodo di allattamento; 2. Nel caso di pratiche che comportano esposizioni a scopo medico, l’esperto di radioprotezione, coordinandosi, laddove necessario, con lo specialista in fisica medica: a) svolge l’attività di sorveglianza fisica della radioprotezione dei lavoratori e degli individui della popolazione; b) fornisce indicazioni al datore di lavoro in merito all’ottimizzazione della protezione dei lavoratori. 3. La valutazione delle dosi individuali da esposizioni esterne per i lavoratori esposti deve essere eseguita, a norma dell’articolo 125, mediante uno o più apparecchi di misura individuali nonché in base ai risultati della sorveglianza ambientale di cui al comma 1, lettera c) , anche tenuto conto delle norme di buona tecnica applicabili. 4. La valutazione delle dosi efficaci impegnate per i lavoratori soggetti a rischi di incorporazione di sostanze radioattive deve essere effettuata in base a idonei metodi fisici e/o radio tossicologici, anche tenuto conto delle norme di buona tecnica applicabili. 5. La valutazione della dose equivalente al cristallino deve essere effettuata mediante uno o più apparecchi di misura individuali, anche tenuto conto delle norme di buona tecnica applicabili. 6. La valutazione della dose equivalente alle estremità e alla cute deve essere effettuata mediante uno o più apparecchi di misura individuali, anche tenuto conto delle norme di buona tecnica applicabili. 7. Qualora la valutazione individuale delle dosi con i metodi di cui ai commi 3, 4, 5 e 6, risulti per particolari condizioni impossibile o insufficiente, la valutazione stessa può essere effettuata sulla scorta dei risultati della sorveglianza dell’ambiente di lavoro o a partire da misurazioni individuali compiute su altri lavoratori esposti. 8. L’ esperto di radioprotezione comunica per iscritto al medico autorizzato, almeno ogni sei mesi, le valutazioni delle dosi ricevute o impegnate dai lavoratori di categoria A e, con periodicità almeno annuale, quelle relative agli altri lavoratori esposti. In caso di esposizioni accidentali o di emergenza la comunicazione delle valutazioni basate sui dati disponibili deve essere immediata e, ove necessario, tempestivamente aggiornata. 9. L’esperto di radioprotezione procede inoltre alle analisi e alle valutazioni necessarie ai fini della sorveglianza fisica della protezione degli individui della popolazione secondo i principi di cui al Titolo XII del presente decreto; in particolare, effettua la valutazione preventiva dell’impegno di dose derivante dall’attività e, in corso di esercizio, delle dosi ricevute o impegnate dall’individuo rappresentativo della popolazione in condizioni normali, con frequenza almeno annuale, nonché la valutazione delle esposizioni in caso di eventi anomali o incidentali. A tal fine, il predetto individuo rappresentativo della popolazione è identificato sulla base di valutazioni ambientali, adeguate alla rilevanza dell’attività stessa, che tengano conto delle diverse vie di esposizione. 10. L’esperto di radioprotezione partecipa alle riunioni previste dall’articolo 35, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, debitamente comunicate dal datore di lavoro, e relaziona in tale occasione in merito ai risultati della sorveglianza fisica relativi all’anno precedente. 11. In caso di cessazione dall’incarico, l’esperto di radioprotezione è comunque tenuto a effettuare e registrare le valutazioni dosimetriche relative a tutto il periodo del suo incarico, anche se derivanti da risultati di misurazioni resi disponibili successivamente alla data di cessazione dell’incarico.[/panel]
[panel]ALLEGATO XXI (articolo 129)
ISTITUZIONE DEGLI ELENCHI DEGLI ESPERTI DI RADIOPROTEZIONE E DEI MEDICI AUTORIZZATI E DETERMINAZIONE AI SENSI DEGLI ARTICOLI 129 e 138 DELLE MODALITA', TITOLI DI STUDIO, ACCERTAMENTO DELLA CAPACITA' TECNICO-PROFESSIONALE PER L'ISCRIZIONE, E AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE.
1. Elenchi nominativi
1.1 Sono istituiti presso il Ministero del Lavoro Direzione Generale dei Rapporti di Lavoro e delle relazioni industriali gli elenchi nominativi degli esperti di radioprotezione e dei medici autorizzati, incaricati rispettivamente della sorveglianza fisica e della sorveglianza sanitaria della radioprotezione, secondo quanto stabilito dagli articoli 129 e 138.
1.2 Gli elenchi nominativi degli esperti di radioprotezione e dei medici autorizzati, costituiti separatamente, devono contenere, per ciascuno degli iscritti, il cognome, il nome, il luogo e la data di nascita, il domicilio, il codice fiscale, la data ed il numero di iscrizione.
1.3 Per l'iscrizione negli elenchi di cui al punto 1.1 devono essere osservate le modalita' stabilite nel presente allegato.
1.4 Nelle more dell'emanazione del decreto di cui all'articolo 138, comma 2, l'obbligo di aggiornamento professionale e' adempiuto tramite il rispetto delle disposizioni di cui all'art.38, comma 3, del d.lgs. 81/2008.
2. Requisiti per l'iscrizione
2.1 Agli elenchi nominativi di cui al precedente punto 1.1 possono essere iscritti su domanda diretta al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali - Direzione Generale Rapporti di Lavoro e delle relazioni industriali coloro che:
a) siano cittadini italiani o di Stati membri dell'Unione Europea, ovvero cittadini di altri Stati nei cui confronti vige un regime di reciprocita'; b) godano dei diritti politici e non risultino essere stati interdetti; c) siano in possesso dei titoli previsti dal successivo punto 9, se aspiranti all'iscrizione nell'elenco degli esperti di radioprotezione, ovvero dei titoli previsti dal successivo punto 14 se aspiranti all'elenco dei medici autorizzati; d) siano dichiarati abilitati dalle competenti Commissioni di cui ai punti 3 e 4 allo svolgimento dei compiti di sorveglianza fisica e sanitaria della radioprotezione; e) non siano stati cancellati dagli elenchi nominativi degli esperti di radioprotezione e dei medici autorizzati negli ultimi cinque anni ai sensi del punto 17 lettere a) e b).
3. Commissione per l'iscrizione nell'elenco nominativo degli esperti di radioprotezione.
3.1 Presso il Ministero del lavoro- Direzione Generale dei Rapporti di Lavoro e delle relazioni industriali- e' istituita la Commissione per l'iscrizione nell'elenco nominativo degli esperti di radioprotezione.
3.2 La Commissione e' composta da laureati in materie tecnico-scientifiche, esperti in sorveglianza fisica della protezione dalle radiazioni ionizzanti di cui:
- due designati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali; - uno designato dal Ministero della salute; - uno designato dall'Istituto superiore di sanita'; - uno designato dall'INAIL; - uno designato dal Ministero dell'universita' e della ricerca tra i professori universitari di ruolo; - due designati dall'ISIN. Le funzioni di segreteria della Commissione sono espletate da un funzionario del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali.
3.3 I componenti della Commissione, il presidente, scelto tra i funzionari del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, ed il segretario sono nominati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, durano in carica cinque anni e possono essere riconfermati. In corrispondenza di ogni membro effettivo e' nominato un supplente.
4. Commissione per l'iscrizione nell'elenco nominativo dei medici autorizzati.
4.1 Presso il Ministero del lavoro Direzione Generale dei Rapporti di Lavoro e delle relazioni industriali- e' istituita la Commissione per l'iscrizione nell'elenco nominativo dei medici autorizzati.
4.2 La Commissione e' composta da laureati, esperti in materia di sorveglianza sanitaria della protezione dalle radiazioni ionizzanti, di cui:
- due designati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali; - uno designato dal Ministero della salute; - uno designato dall'Istituto superiore di sanita'; - uno designato dall'INAIL; - uno designato dal Ministero dell'universita' e della ricerca tra i professori universitari di ruolo; - due designati dall'ISIN.
Le funzioni di segreteria della Commissione sono espletate da un funzionario del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali.
4.3 I componenti della Commissione, il presidente, scelto tra i funzionari del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, ed il segretario sono nominati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, durano in carica cinque anni e possono essere riconfermati. In corrispondenza di ogni membro effettivo e' nominato un supplente.[/panel] ...
Requisiti di iscrizione all’elenco, modalità di formazione, modalità di svolgimento dell'esame e aggiornamento professionale
Pubblicato il Decreto del 9 agosto 2022 del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministro della Salute che, in attuazione dell’articolo 129, comma 4, del decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101, disciplina i requisiti di iscrizione all'elenco degli esperti di radioprotezione, le modalità di formazione, le modalità di svolgimento dell'esame e l'aggiornamento professionale. Entrata in vigore: 1° gennaio 2023.
[...] 4. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, sentiti il Ministro dell’università e della ricerca, l’ISIN, l’ISS e l’INAIL, da emanarsi entro 18 mesi dall’entrata in vigore del presente decreto, sono disciplinati i requisiti di iscrizione all’elenco, le modalità di formazione, le modalità di svolgimento dell’esame e l’aggiornamento professionale degli esperti di radioprotezione, nel rispetto dei seguenti criteri: a) indicazione, per ciascun grado per il quale il candidato esperto in radioprotezione intende ottenere l’iscrizione, dei titoli di studio universitario occorrenti; b) previsione di una formazione post-universitaria corrispondente almeno al master di primo livello per il primo grado e almeno al master di secondo livello per il secondo grado, il terzo grado sanitario e il terzo grado ovvero ad una scuola di specializzazione per tutti i gradi, che contempli anche un tirocinio pratico della durata minima di 20, 40, 60 e 80 giorni lavorativi rispettivamente per il primo, il secondo, il terzo grado sanitario e il terzo grado; c) previsione dei contenuti tecnico-scientifici della prova di esame fermo restando che la stessa dovrà contemplare anche la risoluzione di un caso pratico; d) aggiornamento professionale assicurato mediante corsi tenuti da università, albi professionali, associazioni scientifiche o associazioni di categoria professionale che operano in ambito di radiazioni ionizzanti, della durata minima di 60 ore ogni tre anni o corrispondenti crediti formativi universitari; e) previsione dell’impossibilità dell’iscrizione nell’elenco per chi abbia riportata una condanna per reati contro la pubblica amministrazione e contro la fede pubblica, fermo restando che possono essere iscritti a detto elenco coloro che godono dei diritti politici e che non risultano interdetti; f) indicazione degli obblighi informativi dei soggetti presso i quali il tirocinio è svolto; (Soppressa) g) indicazione delle modalità di presentazione della domanda di iscrizione nell’elenco e della modalità secondo cui avviene l’iscrizione e delle cause di cancellazione dall’elenco; h) previsione della composizione della commissione di esame con designazione dei suoi componenti nelle seguenti proporzioni: 1) due componenti designati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali; 2) un componente designato dal Ministero della salute; 3) un componente designato dall’Istituto superiore di sanità; 4) un componente designato dall’INAIL; 5) un componente designato dal Ministero dell’Università; 6) due componenti designati dall’ISIN; fermo il ruolo del presidente in capo ad uno dei componenti designati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali; i) definizione dei compiti della commissione preposta a deliberare sull’iscrizione nell’elenco, fermo restando che alla stessa spetta di esprimere proposte e pareri in merito alla sospensione e alla cancellazione dagli elenchi; l) individuazione nella sede del Ministero del lavoro e delle politiche sociali in Roma del luogo di svolgimento degli esami finalizzati ad ottenere l’iscrizione; m) annualità della sessione d’esami ed equiparazione a rinuncia della mancata presentazione del candidato all’esame nella data stabilita.[/panel]
[...]
Percorso di formazione
Il percorso di formazione dell'ER prevede obbligatoriamente:
- oltre alle lauree caratterizzanti (laurea in fisica o in chimica o in chimica industriale o in ingegneria),
- un periodo di tirocinio di almeno 120 giorni lavorativi presso strutture che utilizzano le sorgenti corrispondenti a ciascun grado di abilitazione e sotto la guida del relativo Esperto qualificato (complessivi 240 giorni lavorativi per il 2° grado e 360 giorni lavorativi per il 3° grado), per poter sostenere l'esame di abilitazione di Eq secondo il grado prescelto su un elenco di argomenti definiti per legge (nell'Allegato V al D.Lgs. 241/2000, che aggiorna il D.Lgs. 230/95 in vigore da 1.1.2001) per ciascun grado di abilitazione.
Modalità di presentazione della domanda di ammissione all’esame
Il candidato deve inviare la domanda di esame di abilitazione per l'iscrizione nell'elenco degli esperti di radioprotezione, di cui all'Allegato XXI del decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101, entro il 31 dicembre dell'anno solare precedente l'anno della sessione di esame tramite Posta elettronica certificata alla Divisione III della Direzione Generale dei rapporti di lavoro e delle relazioni industriali, al seguente indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Nella domanda dovranno essere puntualmente specificati i gradi per i quali si chiede di essere ammessi a sostenere il relativo esame di abilitazione:
- primo grado - secondo grado - terzo grado sanitario (ai sensi dell’articolo 140 del decreto legislativo n. 101/2020 la disposizione di cui all'articolo 129, comma 2, lettera c), relativa all'abilitazione di terzo grado sanitario è applicabile decorsi diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del predetto decreto) - terzo grado.
L'Amministrazione, ricevuta la documentazione, avvierà l'istruttoria per l'iscrizione nell'elenco degli esperti di radioprotezione, procedendo allo scambio di informazioni e documenti con il candidato.
Modulistica per l'ammissione all'esame di abilitazione
Modalità di presentazione della domanda di iscrizione nell’elenco degli esperti di radioprotezione
La domanda deve essere trasmessa esclusivamente tramite PEC all’indirizzo di posta elettronica: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Analogamente le richieste di eventuali duplicati di certificati devono essere inviate esclusivamente tramite PEC all’indirizzo di posta elettronica: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Nell'ottica della progressiva digitalizzazione di queste procedure è stato previsto che il pagamento delle marche da bollo avvenga secondo le modalità indicate nei moduli.
La modalità con cui assolvere il pagamento delle marche da bollo relative all'istanza di richiesta di duplicato e al certificato che verrà rilasciato dall'Ufficio sono le medesime previste per le istanze di iscrizione negli elenchi.
Modulistica per l'iscrizione nell'elenco degli esperti di radioprotezione
N.B.: La data d'iscrizione si può anche riferire alla data di rinnovo per gli iscritti con la normativa previgente.
L'elenco comprende gli iscritti ai tre gradi di abilitazione.
La cifra che precede il numero di iscrizione indica il grado di appartenenza ("1" per il primo grado, "2" per il secondo grado e "3" per il terzo grado di abilitazione).
Per la consultazione dell'elenco ufficiale è possibile rivolgersi alla Direzione Generale dei rapporti di lavoro e delle relazioni industriali - Divisione III.
Imbracature di sicurezza per il corpo: Norme, Requisiti e Registro di controllo
ID 13779 | 13.06.2021 / Documento completo allegato
Premessa
Documento sulle imbracature di sicurezza di cui alla norma UNI EN 361:2003 suddiviso in 3 parti:
A. Imbracature per il corpo (UNI EN 361:2003) B. Scheda di controllo (UNI EN 365:2005) C. Legislazione
Allegato Registro di verifica annuale imbracature di sicurezza.
D. Registro di controllo imbracature di sicurezza per il corpo _____
La norma di riferimento per le imbracature di sicurezza (imbracature per il corpo) è la UNI EN 361:2003 Dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall’alto - Imbracature per il corpo, e deve essere letta anche in accordo con:
- i requisiti di progettazione ed ergonomia dalla EN 363; - i metodi prova la EN 364; - la manutenzione ed ispezione periodica dalla UNI EN 365. - altre riportate (es. EN 362 relativa ai connettori ed EN 1497 relativa alle imbracature di salvataggio)
[box-info]Norme armonizzate Regolamento DPI
Le norme sono EN 361, EN 362, EN 365 ed EN 1497 sono armonizzate per il Regolamento DPI (Regolamento 2016/425/UE)
Attività lavorativa che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 m rispetto ad un piano stabile.[/box-note]
Schematicamente si riportano la Fig. 1 le norme d’interesse le imbracature per il corpo:
Fig. 1 - Le norme d’interesse per i DPI contro le cadute dall’alto / Imbracature per il corpo (a seguire riportata anche la UNI EN 362:2005 inerenti i connettori ed EN 1497 per le imbracature di salvataggio)
Le ispezioni e la durata delle imbracature
[box-note]1. Ispezioni periodiche
La 365:2005 al p. 4.7 specifica che:
I fabbricanti devono fornire tutte le informazioni e tutti gli equipaggiamenti necessari, per esempio istruzioni, liste di controllo, elenchi dei ricambi e attrezzi speciali, ecc., per consentire l'esecuzione delle ispezioni periodiche da parte di una “persona competente” (per la definizione vedasi a seguire).
Nota I fabbricanti possono addestrare le persone per renderle competenti o per aggiornare le loro competenze durante l'ispezione periodica di DPI o altro equipaggiamento o prendere accordi affinché tale opera di formazione sia resa disponibile da organizzazioni o persone autorizzate. [/box-note]
La EN 365:2005 al punto 4.4 Istruzioni per la manutenzione lettera b) specifica la frequenza delle Ispezioni periodiche:
b) raccomandazione relativamente alla frequenza delle ispezioni periodiche, prendendo in considerazione fattori quali legislazione, tipo di equipaggiamento, frequenza di utilizzo e condizioni ambientali. La raccomandazione deve comprendere una dichiarazione che specifichi che la frequenza delle ispezioni
periodiche deve essere almeno ogni 12 mesi; ...[/box-note]
[box-note]3. Vita utile / Durata (Dichiarazione del fabbricante)
La EN 365:2005 al punto 4.4.2 lettera y) prevede che:
il fabbricante dichiari i limiti noti alla vita utile sicura del prodotto o di tutte le parti del prodotto e/o raccomandazione su come determinare quando il prodotto non è più sicuro per essere utilizzato;[/box-note]
[box-note]4. Persona competente
Persona a conoscenza dei requisiti correnti di ispezione periodica, delle raccomandazioni e delle istruzioni emesse dal fabbricante applicabili al componente, al sottosistema o al sistema pertinente.
Nota 1 Questa persona dovrebbe essere in grado di identificare e valutare l'entità dei difetti, dovrebbe avviare l'azione correttiva da intraprendere e dovrebbe avere le capacità e le risorse necessarie per fare tutto ciò.
Nota 2 Può essere necessario un addestramento rivolto alla persona competente da parte del fabbricante o del suo rappresentante autorizzato su DPI specifici o altro equipaggiamento, per esempio a causa della loro complessità o innovazione o dove sia fondamentale avere nozioni tecniche per lo smantellamento, il riassemblaggio o la valutazione di un DPI o di altro equipaggiamento e può essere necessario prevedere un aggiornamento di tale addestramento a causa di modifiche e miglioramenti.
Nota 3 Una persona può essere competente per eseguire le ispezioni periodiche su un particolare modello di DPI o altro equipaggiamento o essere competente per ispezionare parecchi modelli. [/box-note]
Le norme d’interesse per le imbracature di sicurezza
[box-note]UNI EN 361:2003 Dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall’alto - Imbracature per il corpo
UNI EN 362:2005 Dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall’alto - Connettori
UNI EN 363:2019 Dispositivi individuali per la protezione contro le cadute - Sistemi individuali per la protezione contro le cadute
UNI EN 364:1993 Dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall'alto - Metodi di prova.
UNI EN 365:2005 Dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall’alto - Requisiti generali per le istruzioni per l’uso, la manutenzione, l’ispezione periodica, la riparazione, la marcatura e l’imballaggio
UNI EN 1497:2008 Dispositivi individuali per la protezione contro le cadute - Imbracature di salvataggio[/box-note]
A. Imbracature per il corpo (UNI EN 361:2003)
UNI EN 361:2003
2. SCOPO E CAMPO DI APPLICAZIONE
La presente norma europea specifica i requisiti, i metodi di prova, la marcatura, le informazioni fornite dal fabbricante e l’imballaggio per le imbracature per il corpo. Altri tipi di supporto per il corpo, specificati in altre norme europee, per esempio la EN 358, la EN 813 o la EN 1497, possono essere incorporati nell’imbracatura per il corpo. I sistemi di arresto caduta sono specificati nella EN 363.
I requisiti generali per la progettazione e l’ergonomia sono specificati al punto 4.1 della EN 363 ...
Figura 1
Esempio di imbracatura per il corpo con attacco sulla schiena per l’arresto caduta e attacco per il posizionamento sul lavoro
Legenda
1 Bretella 2 Cinghia secondaria 3 Cinghia di seduta (cinghia primaria) 4 Cosciale 5 Supporto schiena per posizionamento sul lavoro 6 Elemento di regolazione 7 Elemento di attacco per arresto caduta 8 Fibbia 9 Elemento di attacco per posizionamento sul lavoro a Marcatura, vedere 6 b Marcatura con lettera maiuscola "A"
Imm. 1 - Imbracature attacco posteriore ...
4 REQUISITI
4.1 Progettazione ed ergonomia
I requisiti generali per la progettazione e l’ergonomia sono specificati al punto 4.1 della EN 363:2002. ...
UNI EN 365:2005 … 4.8 Marcatura (Capitolo riportato anche nel Parte B del Documento)
4.8.1 Ciascun articolo di DPI o altro equipaggiamento deve essere marcato in modo chiaro, indelebile e permanente dal fabbricante nella lingua ufficiale del Paese di destinazione, mediante qualsiasi metodo idoneo non avente un effetto nocivo sui materiali così marcati (vedere esempio in figura 2) e deve comprendere almeno:
a) mezzo di identificazione, per esempio nome del fabbricante, nome del fornitore o marchio commerciale;
Nota 1 Quando il DPI è marcato con il nome del fornitore questo dovrebbe avere l'approvazione dell'organismo notificato.
b) lotto di produzione o numero di serie del fabbricante o altro mezzo di rintracciabilità; c) modello e tipo/identificazione; d) numero e anno del documento a cui l'equipaggiamento è conforme; e) pittogramma o altro metodo per indicare la necessità per gli utilizzatori di leggere le istruzioni per l'uso.
Nota 2 Dovrebbero essere inoltre incluse tutte le eventuali ulteriori marcature specifiche all'articolo dell'equipaggiamento.
4.8.2 I caratteri delle marcature devono essere leggibili e inequivocabili.
Figura 2 Esempio di marcatura (le indicazioni in corsivo sono esempi a solo scopo illustrativo) ...
7 INFORMAZIONI FORNITE DAL FABBRICANTE
Le informazioni fornite dal fabbricante devono essere fornite nelle lingue del Paese di destinazione. Devono essere conformi al punto 2.1 della EN 365:1992 e in aggiunta devono includere almeno i consigli o le informazioni seguenti:
a) il modo corretto di indossare l’imbracatura per il corpo; b) le condizioni specifiche in cui l’imbracatura per il corpo può essere utilizzata; c) le caratteristiche richieste per un punto di ancoraggio affidabile; d) su come effettuare il collegamento ad un punto di ancoraggio affidabile, ad un sottosistema di collegamento, per esempio un assorbitore di energia, un cordino e un connettore e ad altri componenti di un sistema di arresto caduta; e) quali elementi di attacco dell’imbracatura per il corpo devono essere utilizzati in un sistema di arresto caduta o di posizionamento sul lavoro; f) come garantire la compatibilità di tutti i componenti da utilizzare congiuntamente all’imbracatura per il corpo, per esempio facendo riferimento ad altre norme europee; g) che si dovrebbe tenere in considerazione la distanza minima necessaria sotto i piedi dell’utilizzatore al fine di evitare la collisione con la struttura o il terreno in una caduta dall’alto e che è fornita un’indicazione specifica con il sottosistema, per esempio assorbitore di energia o dispositivo anticaduta; h) i materiali di cui è costituita l’imbracatura per il corpo; i) sulle limitazioni dei materiali nel prodotto o i pericoli che possono influire sulle sue prestazioni, per esempio la temperatura, l’effetto di bordi taglienti, reagenti chimici, conducibilità elettrica, taglio, abrasione, degradamento da raggi UV, altre condizioni climatiche; j) che prima e durante l’utilizzo, si dovrebbe considerare come un eventuale salvataggio potrebbe essere eseguito in sicurezza e in modo efficiente; k) che il prodotto dovrebbe essere utilizzato solo da una persona addestrata e/o altrimenti competente o che l’utilizzatore dovrebbe essere sotto la supervisione diretta di tale persona; l) su come pulire il prodotto, disinfezione inclusa, senza effetti negativi; m) se esistono informazioni al riguardo, la durata di vita prevista del prodotto (obsolescenza) o come questa può essere determinata; n) su come proteggere il prodotto durante il trasporto; o) il marchio di identificazione del modello/tipo dell’imbracatura per il corpo; p) sul significato di qualsiasi marcatura sul prodotto; q) il numero della presente norma europea, cioè EN 361. ... B. Scheda di controllo (UNI EN 365:2005) ... Istruzioni per l'uso (UNI EN 365:2005 p. 4.2) (Capitolo riportato anche nel Parte A del Documento)
4.2.1 Le istruzioni per l'uso devono essere in formato scritto, devono essere chiare, leggibili e inequivocabili e devono contenere i dettagli appropriati, corredati, se necessario, da schemi per consentire l'uso corretto e sicuro del DPI o altro equipaggiamento.
4.2.2 Le istruzioni per l'uso devono comprendere:
a) nome e dettagli di contatto del fabbricante o del rappresentante autorizzato, come appropriato; b) dichiarazioni descriventi l'equipaggiamento, il suo uso previsto, l'applicazione e le relative limitazioni; c) avvertenze su condizioni mediche che potrebbero compromettere la sicurezza dell'utilizzatore dell'equipaggiamento in condizioni di uso normale e di emergenza; d) avvertenze indicanti che l'equipaggiamento deve essere utilizzato unicamente da una persona addestrata e competente in condizioni di uso sicuro; e) avvertenza indicante che deve essere messo in atto un piano di salvataggio per far fronte ad eventuali emergenze che potrebbero insorgere durante il lavoro; f) avvertenze indicanti che non si possono apportare alterazioni o aggiunte all'equipaggiamento senza previo consenso scritto del fabbricante e che specifichino che eventuali riparazioni devono essere eseguite unicamente in conformità ai procedimenti specificati dal fabbricante; g) avvertenza relativa al fatto che l'equipaggiamento non deve essere utilizzato al di fuori delle sue limitazioni o per scopi diversi da quelli previsti; h) raccomandazione sul fatto che l'equipaggiamento dovrebbe essere un articolo personale, dove ciò è applicabile; i) informazioni sufficienti per assicurare la compatibilità degli articoli dell'equipaggiamento quando assemblati in un sistema; j) avvertenza su qualsiasi pericolo che possa derivare dall'uso di combinazioni di articoli dell'equipaggiamento in cui il funzionamento sicuro di ciascun articolo è influenzato o interferisce con il funzionamento sicuro di un altro; k) istruzioni per l'utilizzatore affinché esegua un controllo dell'equipaggiamento prima di utilizzarlo, per assicurare che questo sia in una condizione efficiente e funzioni correttamente prima di utilizzarlo;
Nota 1 Una verifica prima dell'utilizzo da parte dell'utilizzatore può non essere applicabile nel caso in cui alcune parti dell'equipaggiamento destinate all'uso di emergenza siano state preimballate o sigillate da una persona competente.
l) le caratteristiche dell'equipaggiamento che richiedono un controllo prima dell'uso, il metodo di controllo e i criteri in base ai quali l'utilizzatore può decidere se l'equipaggiamento sia o meno difettoso; m) avvertenza dichiarante che per la sicurezza è essenziale che l'uso dell'equipaggiamento sia sospeso immediatamente in caso: 1) sorga qualche dubbio sulle sue condizioni di uso sicuro; o 2) sia stato utilizzato per arrestare una caduta, e non sia utilizzato nuovamente fino a conferma scritta da parte di una persona competente che il suo riutilizzo è accettabile;
n) requisiti del dispositivo di ancoraggio o membro strutturale selezionato per fungere da punto(i) di ancoraggio, in particolare la resistenza minima richiesta, l'idoneità e la posizione; o) dove pertinente, istruzioni su come effettuare il collegamento al dispositivo di ancoraggio o alla struttura; p) dove pertinente, un'istruzione dettagliante il punto corretto di attacco dell'imbracatura da utilizzare e come collegarla allo stesso; q) per equipaggiamenti destinati ad essere utilizzati nei sistemi di arresto caduta, un'avvertenza che sottolinei che per la sicurezza è essenziale che il dispositivo di ancoraggio o il punto di ancoraggio siano sempre posizionati e che il lavoro sia eseguito in modo tale da ridurre al minimo sia il potenziale di caduta sia la distanza potenziale di caduta. Dove è essenziale che il dispositivo/punto di ancoraggio sia posizionato al di sopra della posizione dell'utilizzatore, il fabbricante deve provvedere a un'apposita dichiarazione a tal fine; r) dove pertinente, un'istruzione che specifichi che un'imbracatura per il corpo è il solo dispositivo di presa del corpo accettabile che può essere utilizzato in un sistema anticaduta; s) per equipaggiamenti destinati ad essere utilizzati in sistemi anticaduta, un'avvertenza che sottolinei che per la sicurezza è essenziale verificare lo spazio libero richiesto al di sotto dell'utilizzatore in corrispondenza della postazione di lavoro prima di ogni occasione di utilizzo, in modo tale che, in caso di caduta, non vi sia collisione con il pavimento o altro ostacolo nel percorso di caduta; t) informazioni sui pericoli che potrebbero compromettere le prestazioni dell'equipaggiamento e sulle precauzioni di sicurezza corrispondenti da osservare, per esempio: temperature estreme, trascinamento o attorcigliamento di cordini o funi di salvataggio su bordi affilati, reagenti chimici, conduttività elettrica, taglio, abrasione, esposizione climatica, cadute a pendolo; u) istruzioni, per quanto pertinente, su come proteggere l'equipaggiamento dai danni durante il trasporto; v) informazioni sul significato di tutte le marcature e/o simboli sull'equipaggiamento; w) dichiarazione descrivente il modello di equipaggiamento, il tipo, i marchi identificativi e, se appropriato, il documento e l'anno a cui è conforme; x) dove è richiesta l'esecuzione di un esame CE da parte di un organismo notificato, il nome, l'indirizzo e il numero identificativo dell'organismo notificato coinvolto nella fase di progettazione e dell'organismo notificato coinvolto nella fase di controllo della produzione; y) dichiarazione di tutti i limiti noti alla vita utile sicura del prodotto o di tutte le parti del prodotto e/o raccomandazione su come determinare quando il prodotto non è più sicuro per essere utilizzato; z) avvertenza relativa al fatto che è essenziale per la sicurezza dell'utilizzatore che, se il prodotto è rivenduto al di fuori del Paese originale di destinazione, il rivenditore deve fornire le istruzioni per l'uso, la manutenzione, l'ispezione periodica e la riparazione nella lingua del Paese in cui deve essere utilizzato il prodotto.
Nota 2 Dovrebbero essere inoltre fornite tutte le eventuali ulteriori informazioni pertinenti specifiche all'articolo dell'equipaggiamento. ...
Scheda di controllo
Deve essere raccomandato di tenere una scheda di controllo per ogni componente, sottosistema e sistema. La scheda di controllo deve contenere titoli e spazi per consentire l'immissione dei seguenti dettagli:
a) prodotto (per esempio imbracatura per il corpo), modello e tipo/identificazione e relativo nome commerciale; b) nome e dettagli di contatto del fabbricante o del fornitore; c) mezzo di identificazione, che potrebbe essere il lotto o il numero di serie; d) dove applicabile, l'anno di fabbricazione o l'anno di scadenza [fare riferimento al punto 4.2.2 y)]; e) data di acquisto; f) qualsiasi altra informazione necessaria, per esempio manutenzione e frequenza di utilizzo; g) data del primo utilizzo; h) storia delle ispezioni periodiche e delle riparazioni, comprendente:
1) date e dettagli di ciascuna ispezione periodica e riparazione e nome e firma della persona competente che ha eseguito l'ispezione periodica o la riparazione; 2) data prevista per la successiva ispezione periodica.
Nota L'organizzazione dell'utilizzatore ha la responsabilità di fornire la scheda di controllo e di immettervi i dettagli richiesti. Un esempio di scheda di controllo è illustrato in figura 1.
...
Figura 1- Esempio di scheda di controllo
(*) La data di scadenza deve essere fornita dal Fabbricante (UNI EN 365 4.4.2 lettera f) (**) La frequenza di ispezione deve essere di almeno di 12 mesi e fornita dal Fabbricante (UNI EN 365 4.4) ...
1. Ai fini del presente decreto si intende (2) per dispositivo di protezione individuale, di seguito denominato "DPI", qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo. (1)
Si tiene conto, inoltre, delle finalità, del campo di applicazione e delle definizioni di cui agli articoli 1, 2 e 3, paragrafo 1, numero 1), del regolamento (UE) 2016/425. (2) 2. Ai fini del presente decreto non costituiscono DPI: (2)
a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente destinati a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore;
b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio;
c) le attrezzature di protezione individuale delle forze armate, delle forze di polizia e del personale del servizio per il mantenimento dell'ordine pubblico;
d) le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di trasporto (...);
e) i materiali sportivi quando utilizzati a fini specificamente sportivi e non per attività lavorative;
f) i materiali per l'autodifesa o per la dissuasione;
g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e fattori nocivi.
Note (1) Circolare MLPS n. 3 del 13 febbraio 2015 - Chiarimenti riguardanti l'utilizzo, durante l'esecuzione dei lavori in quota, dei dispositivi d'ancoraggio a cui vengono collegati i sottosistemi per la protezione contro le cadute dall'alto, d'intesa con il Ministero dello sviluppo economico e con il Ministero delle infrastrutture e trasporti. (2) Come modificato dall'art. 2, comma 1 lett. a del decreto legislativo 19 febbraio 2019, n. 17 - Adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 2016/425 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sui dispositivi di protezione individuale e che abroga la direttiva 89/686/CEE del Consiglio
1. I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro.
2. Ai fini del presente decreto i DPI di cui al comma 1 (2) devono inoltre:
a) essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per sé un rischio maggiore; b) essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro; c) tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore; d) poter essere adattati all'utilizzatore secondo le sue necessità.
3. In caso di rischi multipli che richiedono l'uso simultaneo di più DPI, questi devono essere tra loro compatibili e tali da mantenere, anche nell'uso simultaneo, la propria efficacia nei confronti del rischio e dei rischi corrispondenti. ... [box-info]D.Lgs. 81/2008
Regolamento (UE) 2016/425 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016 sui dispositivi di protezione individuale e che abroga la direttiva 89/686/CEE del Consiglio (GU L 81/51 del 31 Marzo 2016) … Capo III Conformità del DPI ...
Allegato I Categorie di rischio dei DPI
Il presente allegato definisce le categorie di rischio da cui i DPI sono destinati a proteggere gli utilizzatori.
Categoria I
La categoria I comprende esclusivamente i seguenti rischi minimi:
a) lesioni meccaniche superficiali; b) contatto con prodotti per la pulizia poco aggressivi o contatto prolungato con l'acqua; c) contatto con superfici calde che non superino i 50 °C; d) lesioni oculari dovute all'esposizione alla luce del sole (diverse dalle lesioni dovute all'osservazione del sole); e) condizioni atmosferiche di natura non estrema.
Categoria II
La categoria II comprende i rischi diversi da quelli elencati nelle categorie I e III.
Categoria III
La categoria III comprende esclusivamente i rischi che possono causare conseguenze molto gravi quali morte o danni alla salute irreversibili con riguardo a quanto segue:
a) sostanze e miscele pericolose per la salute; b) atmosfere con carenza di ossigeno; c) agenti biologici nocivi; d) radiazioni ionizzanti; e) ambienti ad alta temperatura aventi effetti comparabili a quelli di una temperatura dell'aria di almeno 100 °C;
f) ambienti a bassa temperatura aventi effetti comparabili a quelli di una temperatura dell'aria di - 50 °C o inferiore; g) cadute dall'alto; h) scosse elettriche e lavoro sotto tensione; i) annegamento; j) tagli da seghe a catena portatili; k) getti ad alta pressione; l) ferite da proiettile o da coltello; m) rumore nocivo ... D) Modello Registro di verifica annuale Imbracature di sicurezza
Agenti cancerogeni TUS: Stato Direttive ed Elenchi sostanze e processi / Rev. 5.0 Dicembre 2022
ID 8404 | Rev. 5.0 del 06.12.2022
27 sostanze cancerogene ed 8 processi nel D.Lgs. 81/2008.
Il Documento illustra lo stato di applicazione delle Direttive sugli agenti cancerogeni i cui agenti e Processi previsti sono stati nel TUS D.Lgs. 81/2008.
06.12.2022 - Stato recepimento ultime direttive sugli agenti cancerogeni:
(R) Recepite conDecreto 11 febbraio 2021 (-) da recepire entro il 05.04.2024 (in vigore dal 05.04.2022)
che introducono nuove sostanze cancerogene e processi inserite rispettivamente nell'Allegato XLIII e XLII di cui al Capo II Protezione da agenti cancerogeni e mutageni del Titolo IX Sostanze pericolose del D.Lgs. 81/2008.
Con l’attuazione della Direttiva (UE) 2019/130 e della Direttiva (UE) 2019/983 ad opera del Decreto 11 febbraio 2021, sono state recepite nell’ordinamento italiano, le ultime due direttive, mancanti, relative alle modifiche della Direttiva 90/394/CEE (VI Direttiva particolare) del Consiglio, del 28 giugno 1990, sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti cancerogeni durante il lavoro (sesta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE.
[box-warning]Direttiva (UE) 2022/431(entrata in vigore il 05.04.2022 / da recepire entro il 05.04.2024)
Direttiva (UE) 2022/431del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2022, che modifica la direttiva 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro. (GU L 88/1 del 16.03.2022)
[box-info]Sostanze cancerogene e processi nel TUS data news
Sono attualmente 27 le sostanze cancerogene in Allegato XLIII ed 8 i processi in Allegato XLII.
Allegato XLII: - Produzione di auramina con il metodo Michler - I lavori che espongono agli idrocarburi policiclici aromatici presenti nella fuliggine, nel catrame o nella pece di carbone - Lavori che espongono alle polveri, fumi e nebbie prodotti durante il raffinamento del nichel a temperature elevate - Processo agli acidi forti nella fabbricazione di alcool isopropilico - Il lavoro comportante l'esposizione a polvere di legno duro - Lavori comportanti esposizione a polvere di silice cristallina respirabile generata da un procedimento di lavorazione. - Lavori comportanti penetrazione cutanea degli oli minerali precedentemente usati nei motori a combustione interna per lubrificare e raffreddare le parti mobili all'interno del motore. - Lavori comportanti l'esposizione alle emissioni di gas di scarico dei motori diesel.
Allegato XLIII: - Polveri di legno duro - Composti di cromo VI definiti cancerogeni ai sensi dell'articolo 2, lettera a), punto i) della direttiva 2004/37 (come cromo) - Fibre ceramiche refrattarie definite cancerogene ai sensi dell'articolo 2, lettera a), punto i) della direttiva 2004/37 - Polvere di silice cristallina respirabile - Benzene - Cloruro di vinile monomero - Ossido di etilene - 1,2 –Epossipropano - Tricloroetilene - Acrilammide - 2-Nitropropano - o-Toluidina - 14,4 '- Metilendianilina - Epicloridrina - Etilene dibromuro - 1,3-Butadiene - Etilene dicloruro - Idrazina - Bromoetilene - Cadmio e suoi composti inorganici - Berillio e composti inorganici del berillio - Acido arsenico e i suoi sali e composti inorganici dell'arsenico - Formaldeide - 4,4'Metilene-bis (2 cloroanilina) - Emissioni di gas di scarico dei motori diesel - Miscele di idrocarburi policiclici aromatici, in particolare quelle contenenti benzo[a]pirene, definite cancerogene ai sensi della direttiva 2004/37 - Oli minerali precedentemente usati nei motori a combustione interna per lubrificare e raffreddare le parti mobili all'interno del motore[/box-info]
La Direttiva di riferimento è la Direttiva 90/394/CEE (VI Direttiva particolare) del Consiglio, del 28 giugno 1990, sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti cancerogeni durante il lavoro (sesta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE.
Nuove sostanze/processi agenti cancerogene nel TUS D.Lgs. 81/2008 a seguito della pubblicazione del Decreto 11 febbraio 2021
Sono 13 le nuove sostanze cancerogene e 2 i processi inseriti, rispettivamente, nell'Allegato XLIII e XLII di cui al Capo II Protezione da agenti cancerogeni e mutageni del Titolo IX Sostanze pericolose del D.Lgs. 81/2008 in accordo con le Direttive recepite:
- Oli minerali precedentemente usati nei motori a combustione interna - Miscele di idrocarburi policiclici aromatici - Emissioni di gas di scarico dei motori diesel - Tricloroetilene - 4,4′-metilendianilina (MDA) - Epicloridrina - Etilene dibromuro - Etilene dicloruro
Elenco di sostanze, miscele e processi:
- Lavori comportanti penetrazione cutanea degli oli minerali precedentemente usati nei motori a combustione interna pr lubrificare e raffreddare le parti mobili all'interno del motore. - Lavori comportanti esposizione alle emissioni di gas di scarico dei motori diesel.[/panel]
[panel]Direttiva (UE) 2019/983
Sostanze cancerogene introdotte:
- Cadmio e suoi composti inorganici - Berillio e composti inorganici del berillio - Acido arsenico e suoi sali e composti inorganici dell'arsenico - Formaldeide - 4,4′-metilene-bis(2 cloroanilina)[/panel]
Vademecum HSE Gruppi elettrogeni / Update Rev. 1.0 Febbraio 2023
ID 4348 | 07.02.2023 / Vademecum completo allegato
Il Documento illustra la legislazione e la normativa HSE applicabile ai Gruppi elettrogeni, dalla costruzione con la marcatura CE (Direttiva macchine, Direttiva OND, EMC, BT), all'installazione secondo il D.M. 13 Luglio 2011 RTV se l'attività soggetta a Prevenzione Incendi (Gruppo elettrogeno P. >25 Kw), norma di riferimento Safety EN ISO 8528-13:2016 (armonizzata direttiva macchine), emissioni in atmosfera (D.Lgs 152/2006 TUA), UTF (D.Lgs 504/1995 TU Accise)e prescrizioni in materia di limiti di emissione di inquinanti gassosi, particolato inquinante e di omologazione (Regolamento (UE) 2016/1628).
A. Lista dei pericoli B. Applicazione della EN 60204 ai generatori
[box-note]Update Rev. 1.0 del 07 Febbraio 2023
- Aggiornamento norme tecniche - Aggiornamento stato normativo D.M. 13 luglio 2011 - Regolamento (UE) 2016/1628 - Aggiornamento normativo Dlgs 152/2006 - Qualifica sismica dei gruppi elettrogeni (CEI 45-100) - Inseriti link normativi - Miglioramenti grafici[/box-note]
Menzioni di: CEI 64-8/5 (IEC 60364-5-55) per quanto concerne protezione Gruppi generatori di bassa tensione CEI 11-20 Impianti di produzione di energia elettrica e gruppi di continuità collegati a reti di I e II categoria (abrogata dal 1° Marzo 2022) CEI EN 88528-11 (Classificazione CEI: 2-35) Gruppi elettrogeni a corrente alternata azionati da motori a combustione interna a pistoni - Parte 11: Gruppi di continuità rotanti - Prestazioni richieste e metodi di prova IEC 60364-4-41:2005+AMD1:2017 Low-voltage electrical installations - Part 4-41: Protection for safety – Protection against electric shock ________
Il vademecum risulta essere così strutturato:
[box-note]Indice
1. Tipologia di gruppi elettrogeni 2. Direttive di Prodotto 3. Prevenzione Incendi D.M. 13 Luglio 2011 3.1 Premessa 3.2 Scopo 3.3 Definizioni 3.4 Disposizioni Comuni 3.5 Disposizioni Complementari 3.6 Installazione gruppi con potenza nominale complessiva superiore a 50 kw e fino a 10000 kw 3.7 Installazione gruppi con potenza nominale complessiva maggiore di 25 Kw e non superiore a 50 Kw 3.8 Installazione gruppi con potenza nominale complessiva fino a 25 kw 4. UNI EN ISO 8528-13:2016 5. CEI EN 60204-1:2018 6. Installazione elettrica 7. Regolamento (UE) 2016/1628 - Regolamento macchine mobili non stradali (NRMM) 8. Autorizzazioni emissioni in atmosfera 9. Autorizzazione UTF a produrre energia elettrica 10. Norme 11. Qualifica sismica dei gruppi elettrogeni (CEI 45-100) 12. Gruppi elettrgeni P ≤ 25 kW: gli obblighi per l'installazione[/box-note]
Excursus ...
1. Tipologia di gruppi elettrogeni
Il relazione al collegamento con la rete:
- in alternativa, ad installazione fissa con opportuni sistemi di commutazione (di riserva); - in parallelo, funzionamento in parallelo con la rete; - in isola, completamente indipendente dalla rete pubblica; - in funzionamento misto, con funzionamento che può essere sia in parallelo che in isola;
In relazione alla mobilità:
- trasportabili, di potenza non superiore a qualche kVA, di dimensioni contenute, possono essere spostati a mano; - carrellati, di elevata potenza e dimensioni, sono montati su mezzi mobili, solitamente un carrello, per facilitarne il trasporto; - fissi, sono collocati in posizione permanente e stabile In relazione al motore endotermico associato possono essere equipaggiati con: - motori a scoppio, piccoli gruppi (dai 2 ai 6 kW), solitamente trasportabili, alimentati a benzina; - diesel, per potenze che possono superare i 5000 kW, alimentati a gasolio; - turbine a gas, si tratta di vere e proprie centrali elettriche, da alcuni MW al centinaio di MW, con alternatori mossi da turbine a gas
In relazione al tipo di generatore:
- alternatore sincrono; - alternatore asincrono;
Tipo di funzione I gruppi elettrogeni possono essere utilizzati in particolari situazioni come sorgenti di alimentazione ordinaria, quando non è possibile allacciarsi alla rete pubblica (ad esempio unità mobili, cantieri, allestimenti temporanei per fiere e spettacoli, ecc..), oppure in condizioni di emergenza, quando non è tollerabile il venir meno della fornitura dell'energia elettrica dalla rete principale, per la produzione di energia ausiliaria, di riserva o di sicurezza.
Alimentazione ordinaria Alimentazione diretta agli impianti senza allaccio alla rete.
Alimentazione per i servizi di sicurezza Fornisce l'alimentazione di parti dell'impianto per le quali è fondamentale, per la sicurezza delle persone garantire la continuità di funzionamento. Per questo motivo i gruppi elettrogeni utilizzati per servizi di sicurezza devono possedere alcuni requisiti supplementari indicati dalle Norme CEI 64-8:
- per i servizi di sicurezza devono essere scelte sorgenti che mantengano l’alimentazione per un intervallo di tempo adeguato. (CEI 64-8/5 art. 561.1); - l’alimentazione dei servizi di sicurezza può essere: - non automatica, quando la sua messa in servizio richiede l’intervento di un operatore; - automatica, quando la sua messa in servizio non richiede l’intervento di un operatore. L’alimentazione automatica dei servizi di sicurezza è classificata, in base al tempo entro cui diviene disponibile, come segue: - Classe 0 (di continuità): assicura la continuità dell’alimentazione; - Classe 0,15 (ad interruzione brevissima): alimentazione disponibile in un tempo non superiore a 0,15 s; - Classe 0,5 (ad interruzione breve): alimentazione disponibile in un tempo superiore a 0,15 s, ma non superiore a 0,5 s; - Classe 15 (ad interruzione media): alimentazione disponibile in un tempo superiore a 0,5 s, ma non superiore a 15 s; - Classe >15 (ad interruzione lunga): alimentazione disponibile in un tempo superiore a 15 s (CEI 64-8/3 art. 352);
- le sorgenti di alimentazione dei servizi di sicurezza devono essere installate in modo tale che non possano essere influenzate negativamente da guasti dell’alimentazione ordinaria. (CEI 64-8/5 art. 562.1);
- una sorgente di alimentazione dei servizi di sicurezza può essere utilizzata per altri scopi solo se: -- la disponibilità per i servizi di sicurezza non ne è compromessa; -- un guasto su un circuito destinato a scopi diversa da quelli dei servizi di sicurezza non comporta l’interruzione di qualsiasi circuito di alimentazione dei servizi di sicurezza. (CEI 64-8/5 art. 562.5).
Alimentazione di riserva Un'alimentazione di riserva deve fornire l'alimentazione agli utilizzatori o parti dell'impianto per motivi diversi dalla sicurezza delle persone. I gruppi elettrogeni utilizzati come sorgente di riserva non devono quindi sottostare a particolari prescrizioni normative né per il tipo di intervento né per la continuità di servizio.
2. Direttive di Prodotto
EMC Direttiva 2014/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica
BT Direttiva 2014/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato del materiale elettrico destinato a essere adoperato entro taluni limiti di tensione
EN ISO 8528-13:2016 Motore alternativo a combustione interna che aziona gruppi elettrogeni a corrente alternata - Parte 13: Sicurezza (ISO 8528-13:2016)
OND (Emissione acustica ambientale macchine all'aperto) Direttiva 2000/14/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’8 maggio 2000 sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l’emissione acustica ambientale delle macchine ed attrezzature destinate a funzionare all'aperto. ... Articolo 12 Macchine e attrezzature soggette a limiti di emissione acustica
- gruppi elettrogeni (< 400 kW) Definizione: Allegato I n. 45. Misura: Allegato III B 45
...
3. Prevenzione Incendi D.M. 13 Luglio 2011
Installazione I gruppi elettrogeni e simili di potenza superiore a 25 kW sono stati ricompresi al punto 49 dell’allegato I del D.P.R. 11 agosto 2011, n. 151.
D.M. 13 luglio 2011 Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la installazione di motori a combustione interna accoppiati a macchina generatrice elettrica o ad altra macchina operatrice e di unità di cogenerazione a servizio di attività civili, industriali, agricole, artigianali, commerciali e di servizi. (G.U. n. 169 del 22 luglio 2011)
Tali norme sono state sostituite dal DM 22 ottobre 2007 che ha riesaminato le problematiche specifiche, anche alla luce delle direttive europee.
Infine, tale ultimo decreto, è stato sostituito dal DM 13/07/2011, oggi in vigore, che regolamenta anche i gruppi di cogenerazione che sono stati richiamati fra quelli assoggettabili ai controlli di prevenzione incendi nella nuova attività.
Il decreto contempla pure le misure di prevenzione incendi per i gruppi con potenza inferiore a 25 kW, non soggetti a controllo da parte dei VV.F.. Esse dovranno essere adottate sotto la responsabilità del titolare e del progettista[/box-info]
Il D.M. 13 Luglio 2011 individua i criteri di sicurezza contro i rischi d'incendio e di esplosione riguardanti le installazioni terrestri fisse e mobili di motori a combustione interna accoppiati a macchine generatrici di energia elettrica o ad altre macchine operatrici, di seguito denominati gruppi, e di unità di cogenerazione e si applica ad installazioni di nuova realizzazione aventi potenza nominale complessiva, come definita dalla lettera q) del paragrafo 1.1 del Capo I, del Titolo I dell'allegato al presente decreto, non superiore a 10.000 kW a servizio di attività civili, industriali, agricole, artigianali, commerciali e di servizi(*)
(*) Attività di carattere temporaneo: allorché l'attività non si configura in una unità strutturale, ma è costituita dalla singola attrezzatura (gruppi elettrogeni, carri bombolai di emergenza, caldaie locomobili, sorgenti RX), la stessa non può essere soggetta al controllo di prevenzione incendi. Va comunque precisato che il rispetto delle specifiche misure di sicurezza antincendio costituisce sempre un obbligo da parte dei titolari delle attività indipendentemente dal regime di controllo alle quali dette attività sono assoggettate (nota prot. P78/4101 sott. 106/33 del 25/01/1999).
Per le installazioni di gruppi e di unità di cogenerazione aventi potenza nominale complessiva maggiore di 50 kW e fino a 10.000 kW si applicano le disposizioni di cui ai Titoli I e II dell'allegato al D.M. 13 Luglio 2011. Per le installazioni di gruppi e di unità di cogenerazione aventi potenza nominale complessiva maggiore di 25 kW e non superiore a 50 kW si applicano le disposizioni di cui ai Titoli I e III dell'allegato. Per le installazioni di gruppi e di unità di cogenerazione aventi potenza nominale complessiva fino a 25 kW si applicano le disposizioni di cui al Titolo IV dell'allegato. ...
3.1 Disposizioni Comuni ...
...
Caratteristiche del sistema di adduzione e utilizzo del gas: I sistemi di adduzione ed utilizzo del gas devono essere realizzati a regola d'arte secondo quanto previsto dal D.M. 22 gennaio 2008, n. 37.
Le valvole di sicurezza e/o valvole di sfiato, a corredo delle rampe gas e dei regolatori di pressione, qualora sistemate all'interno del locale di installazione, devono avere un tubo di sfogo con l'estremità posta all'esterno del locale o dell'edificio a non meno di 1,50 m da qualsiasi apertura o presa d'aria.
Alimentazione
Disposizione comune: Qualsiasi sia il luogo di installazione il piano di appoggio del gruppo e/o unità di cogenerazione dovrà essere realizzato in modo tale da consentire di rilevare e segnalare eventuali perdite di combustibile al fine di limitarne gli spargimenti.
Sistema di alimentazione: Il gruppo e/o la unità di cogenerazione può essere alimentato direttamente dal serbatoio di deposito o attraverso un serbatoio incorporato o di servizio. Il rifornimento del serbatoio incorporato o di servizio deve avvenire per circolazione forzata.
Nel caso venga utilizzato un serbatoio incorporato o di servizio, deve essere previsto un sistema di contenimento del combustibile contenuto nei suddetti serbatoi.
Serbatoio incorporato: Ciascun gruppo e/o unità di cogenerazione può avere un serbatoio incorporato anche diviso in più setti o più serbatoi singoli purché la capacità complessiva non superi quella indicata al successivo punto 3.2; i serbatoi devono essere fermamente vincolati all'intelaiatura, protetti contro urti, vibrazioni e calore.
La capacità del serbatoio incorporato non può eccedere i 2.500 dm3 nel caso di combustibile con temperatura di infiammabilità pari o superiore a 55 °C, fatto salvo quanto prescritto ai punti precedenti; nel caso di alimentazione con combustibile liquido avente temperatura di infiammabilità inferiore a 55°C, la capacità del serbatoio non può eccedere i 120 dm3.
Disposizioni Complementari
Sistemi di scarico dei gas combusti
Varie
I gas di combustione devono essere convogliati all'esterno mediante tubazioni in acciaio o altro materiale idoneo allo scopo di sufficiente robustezza e a perfetta tenuta a valle della tubazione del gruppo e/o unità di cogenerazione. Il convogliamento deve avvenire in modo che l'estremità del tubo di scarico sia posto a distanza adeguata da finestre, pareti o aperture praticabili o prese d'aria di ventilazione, in relazione alla potenza nominale installata, comunque non inferiore a 1,5 m per potenze nominali complessive fino a 2500 kW e 3 m per potenze superiori e a quota non inferiore a 3 m sul piano praticabile.
...
Installazione
Gli impianti e i dispositivi posti a servizio sia del gruppo e/o dell'unità di cogenerazione che del locale di installazione, devono essere eseguiti a regola d'arte in base alla normativa tecnica vigente. Il pulsante di arresto di emergenza di tutti i gruppi e/o delle unità di cogenerazione installati deve essere duplicato all'esterno, in prossimità dell'installazione, in posizione facilmente raggiungibile ed adeguatamente segnalato.
... Mezzi di estinzione portatili
Nei pressi del locale di installazione deve essere prevista l'ubicazione, in posizione segnalata e facilmente raggiungibile, di estintori portatili di tipo omologato per fuochi di classe 21-A, 113 B-C.
Il numero di estintori deve essere:
a) uno per installazioni di gruppi e/o di unità di cogenerazione di potenza nominale complessiva fino a 400 kW;
...
Installazione Gruppi Con Potenza Nominale Complessiva Superiore a 50 Kw e Fino a 10000 Kw
Disposizioni comuni I gruppi e/o le unità di cogenerazione, se installati in locali inseriti nella volumetria di un fabbricato (CASO C) devono essere ubicati in locali fuori terra, salvo quanto previsto nei punti successivi È consentita l'installazione di gruppi e/o di unità di cogenerazione alimentati a combustibile liquido con temperatura di infiammabilità pari o superiore a 55 °C o a gas aventi massa volumica rispetto all'aria non superiore a 0,8 in locali siti al primo piano interrato, il cui piano di calpestio non può comunque essere ubicato a quota inferiore a 5 m al di sotto del piano di riferimento.
... Caso C (In locali inseriti nella volumetria di un fabbricato)
Dimensioni
L'altezza libera interna dal pavimento al soffitto non deve essere inferiore a 2,50 m con un minimo di 2,00 m sotto trave.
Le distanze tra un qualsiasi punto esterno dei gruppi e/o delle unità di cogenerazione e delle relative apparecchiature accessorie e le pareti verticali ed orizzontali del locale, nonché le distanze tra i gruppi e/o le unità installati nello stesso locale, devono permettere l'accessibilità agli organi di regolazione, sicurezza e controllo nonché la manutenzione ordinaria e straordinaria secondo quanto prescritto dal fabbricante del gruppo e/o della unità di cogenerazione.
Ai fini antincendio le distanze di cui sopra devono rispettare un minimo di 0,6 m su almeno tre lati.
EN ISO 8528-13:2016 Motore alternativo a combustione interna che aziona gruppi elettrogeni a corrente alternata - Parte 13: Sicurezza (ISO 8528-13:2016)
La norma della serie 8528 specifica i requisiti di sicurezza per i motori alternativi a combustione interna che alimentano gruppi elettrogeni fino a 1 000 V, costituiti da motore alternativo a combustione interna, generatore di corrente alternata e dagli equipaggiamenti addizionali richiesti per la sua operatività, ad esempio le apparecchiature di comando e i dispositivi ausiliari.
Si applica ai gruppi elettrogeni per usi marini e terrestri (applicazioni domestiche, ricreazionali e industriali), ad esclusione dei gruppi elettrogeni usati a bordo di navi e unità mobili offshore come su aircraft o per alimentare veicoli stradali e locomotive.
Estratto ...
ISO 8528 consists of the following parts, under the general title Reciprocating internal combustion engine driven alternating current generating sets:
Part 1: Application, ratings and performance Part 2: Engines Part 3: Alternating current generators for generating sets Part 4: Controlgear and switchgear Part 5: Generating sets Part 6: Test methods Part 7: Technical declarations for specification and design Part 8: Requirements and tests for low-power generating sets Part 9: Measurement and evaluation of mechanical vibrations Part 10: Measurement of airborne noise by the enveloping swface method Part 12: Emergency power supply to safety services Part 13: Safety
Safety labels
Marking
Generating sets shall be marked legibly and indelibly with the following minimum information:
- the name and address and trademark of the manufacturer and where applicable his authorized representative; - the designation of the machinery "Generating set" or " Low-power generating set" the designation of series or type 1) - the serial number; - the year of construction, that is the year in which the manufacturing process is completed; - mass in kilograms; - the rated power, in kilowatts, with the prefixes COP, PRP, LTP or ESP in accordance with ISO 8528-1:2005, Clause 13; - the performance class in accordance with ISO 8528-1:2005 - the rated power factor;
1) The designation of the series or type is to allow the technical identification of the product and this can be achieved a combination of letter and/or numbers and can be combined whith the technical designation of the machinery
- the rated voltage, in volts; - the rated current, in amperes; - for low power generating sets: - - the quality class in accordance with ISO 8528-8:2016, 7.3.2; - - the maximum power, in kilowatts ,with the prefix MAX in accordance with ISO 8528-8:2016, 3.4; - - the degree of protection provided by the generating set (at least IP23M).
NOTE Information related to the maximum side altitude above sea level (m) and the maximum site ambient temperature (C°) are not relevant for the rating plate but can be made available in a technical documentation. ... Annex A (Normativo) List of hazards
Table A.1 List of hazards ...
Annex B (Informative) Application of IEC 60204-1:2009 for generating sets
[box-warning]Attenzione
L’allegato B della norma UNI EN ISO 8528-13:2016 specifica e completa i requisiti generali della norma CEI EN 60204-1:2009 applicabili all'equipaggiamento elettrico dei gruppi elettrogeni.
Si rappresenta che la norma norma IEC 60204-1:2009 è sostituita dalla norma CEI EN 60204-1:2018 e la norma UNI EN ISO 8528-13:2016 non è pertanto aggiornata alla nuova edizione.
Nellta tabella B.1 sono riportati in rosso e barrate le modifche di cui alla norma CEI EN 60204-1:2018, VERIFICARE il contenuto tecnico di quanto riportato nei nuovi punti e la corrispondenza con la norma UNI EN ISO 8528-13:2016[/box-warning]
B.1 General
In accordance with IEC 60204-1:2009, Annex F, this Annex specifies and completes the general requirements of IEC 60204-1which are applicable to the electric equipment of the generating sets.
Table B1 shall indicate the following:
- A: the articles or subclauses of IEC 60204-1applicable to generating sets; - R: the articles or subclauses of IEC 60204-1for which a replacement is necessary so that these apply to generating sets and are indicated by the clauses or subclauses numbers in this Annex; - N/A:the articles or subclauses of IEC 60204-1that do not apply; - whenever an article, clause or subclause is referenced, check in this table if it is ''A:',"R" or "N/X'; - the replacements of these clauses or subclauses are given in the continuation of this Annex.
Table B.1-Table on the application of IEC 60204-1
In rosso le modifche di cui alla norma CEI EN 60204-1:2018
...
B.5 Protection against electric shock
B.5.1 Protection against direct contact
B.5.1.1 General
IEC 60204-1:2009.6.2.1is replaced as follows:
For each circuit or part of the electrical equipment. the measures of either 6.1 5.1.1 or 6.15.1.2 and where applicable IEC 60204-1:2009 6.2.4 shall be applied.
Exception: where those measures are not appropriate other measures for protection against direct contact (for example by using barriers. by placing out of reach. using obstacles. using construction or installation techniques that prevent access) as defined in IEC 60364-4-41 shall be applied (see IEC 60204-1:2009.6.2.5 and 6.2.6).
B.5.2 Protection against indirect contact
B.5.2.1 General
IEC 60204-1:2009, 6.3.1is replaced as follows:
For each circuit or part of the generating set, at least one of the measures as prescribed in 8.5.2.1.1 and 8.5.2.1.2 shall be applied.
- measures to prevent the occurrence of a touch voltage (B.5.2.1.1); - automatic disconnection of the supply before the duration of contact with a touch voltage can become hazardous (B.5.2.1.1).
B.5.2.1.1 Protection by electrical separation
IEC 60204-1:2009, 6.3.2.3 is replaced as follows:
Electrical separation of an individual circuit is intended to prevent touch voltage through contact with exposed conductive parts that can be energized by a fault in the basic insulation of the live parts of that circuit For this type of protection, the requirement of IEC 60364-4-41:2005, 413 apply.
B.5.2.1.2 Protection by automatic disconnection of supply ...
5. Installazione elettrica
Impianti di produzione di energia
CEI 11-20 Impianti di produzione di energia elettrica e gruppi di continuità collegati a reti di I e II categoria
l gruppo elettrogeno, è l'interconnessione di un motore e di un generatore di energia elettrica. Tuttavia il sistema necessario a rendere questo gruppo effettivamente utilizzabile in applicazioni reali è più complesso. La definizione più ampia data dalla norma CEI 11-20, ci permette di considerare il gruppo elettrogeno come un sistema di produzione di energia, ossia un complesso costituito da tre apparati fondamentali:
- Apparato motore (fonte di energia) - Apparato generatore (macchina elettrica) - Quadri di comando, controllo e di potenza
Generatori mobili
CEI 64-8/5 - Data pubblicazione 2021-08
Le norma base applicabile ai generatori mobili è la seguente: CEI 64-8/5 (IEC 60364-5-55: 08-2001) riguardante gli "Impianti elettrici utilizzatori a tensione nominale non superiore a 1000 V in corrente alternata e a 1500 V in corrente continua" con riferimento alla Parte 5: "Scelta ed installazione dei componenti elettrici" e specificamente al Capitolo 55 "Altri componenti elettrici" e alla Sezione 551 "Gruppi generatori di bassa tensione". ...
Regolamento (UE) 2016/1628 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 settembre 2016 relativo alle prescrizioni in materia di limiti di emissione di inquinanti gassosi e particolato inquinante e di omologazione per i motori a combustione interna destinati alle macchine mobili non stradali, e che modifica i regolamenti (UE) n. 1024/2012 e (UE) n. 167/2013 e modifica e abroga la direttiva 97/68/CE. (GU L 252/53 del 16.9.2016) ...
Impianti, di qualunque fonte energetica, che presentano emissioni ma esclusi dall’autorizzazione
Come espressamente specificato dal comma 14 dell’art.269 del D.Lgs 15/06 rientrano in questacategoria:
a) impianti di combustione, compresi i gruppi elettrogeni a cogenerazione, di potenza termica nominale inferiore a 1 MW, alimentati a biomasse di cui all'Allegato X alla parte quinta del D.Lgs 152/06, a gasolio, come tale o in emulsione, o a biodiesel;
b) impianti di combustione alimentati ad olio combustibile, come tale o in emulsione, di potenza termica nominale inferiore a 0,3 MW;
c) impianti di combustione alimentati a metano o a GPL, di potenza termica nominale inferiore a 3 MW;
d) impianti di combustione, ubicati all'interno di impianti di smaltimento dei rifiuti, alimentati da gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas, di potenza termica nominale non superiore a 3 MW, se l'attività di recupero e' soggetta alle procedure autorizzative semplificate previste dalla parte quarta del presente decreto e tali procedure sono state espletate;
e) impianti di combustione alimentati a biogas di cui all'Allegato X alla parte quinta del D.Lgs 152/06, di potenza termica nominale complessiva inferiore o uguale a 3 MW;
f) gruppi elettrogeni di cogenerazione alimentati a metano o a GPL, di potenza termica nominale inferiore a 3 MW;
g) gruppi elettrogeni di cogenerazione alimentati a benzina di potenza termica nominale inferiore a 1 MW;
8. Autorizzazione UTF a produrre energia elettrica
Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative. [T.U. Accise]
Art. 52.
(Artt. 1 e 5 T.U. energia elettrica 1924 (*) - Art. 2 legge 31 ottobre 1966, n. 940 - Art. 6 legge 19 marzo 1973, n. 32 - Art. 22 legge 9 gennaio 1991, n. 9 - Art. 6 D.L. n. 151/1991 (**) - Art. 10 legge 31 gennaio 1994, n. 97).
(Oggetto dell'imposizione).
1. L'energia elettrica (codice N. 2716) e' sottoposta ad accisa, con l'applicazione delle aliquote di cui all'allegato I, al momento della fornitura ai consumatori finali ovvero al momento del consumo per l'energia elettrica prodotta per uso proprio.
2. Non e' sottoposta ad accisa l'energia elettrica:
a) prodotta con impianti azionati da fonti rinnovabili ai sensi della normativa vigente in materia, con potenza non superiore a 20 kW;
b) impiegata negli aeromobili, nelle navi, negli autoveicoli, purche' prodotta a bordo con mezzi propri, esclusi gli accumulatori, nonche' quella prodotta da gruppi elettrogeni mobili in dotazione alle forze armate dello Stato ed ai corpi ad esse assimilati;
c) prodotta con gruppi elettrogeni azionati da gas metano biologico;
d) prodotta da piccoli impianti generatori comunque azionati, purche' la loro potenza disponibile non sia superiore ad 1 kW, nonche' prodotta in officine elettriche costituite da gruppi elettrogeni di soccorso aventi potenza disponibile complessiva non superiore a 200 kW; ...
12. Gruppi elettrgeni P ≤ 25 kW: gli obblighi per l'installazione
Per i Gruppi elettrgeni P ≤ 25 kW vedasi Documento:
Indice 1. Tipologia di gruppi elettrogeni 2. Direttive di Prodotto 3. Prevenzione Incendi D.M. 13 Luglio 2011 3.1 Premessa 3.2 Scopo 3.3 Definizioni 3.4 Disposizioni Comuni 3.5 Disposizioni Complementari 3.6 Installazione gruppi con potenza nominale complessiva superiore a 50 kw e fino a 10000 kw 3.7 Installazione gruppi con potenza nominale complessiva maggiore di 25 Kw e non superiore a 50 Kw 3.8 Installazione gruppi con potenza nominale complessiva fino a 25 kw 4. UNI EN ISO 8528-13:2016 5. CEI EN 60204-1:2018 6. Installazione elettrica 7. Regolamento (UE) 2016/1628 - Regolamento macchine mobili non stradali (NRMM) 8. Autorizzazioni emissioni in atmosfera 9. Autorizzazione UTF a produrre energia elettrica 10. Norme 11. Qualifica sismica dei gruppi elettrogeni (CEI 45-100) 12. Gruppi elettrgeni P ≤ 25 kW: gli obblighi per l'installazione
Elaborato Certifico Srl Rev. 1.0 2023 Formato: pdf Pagine: 75 Abbonati: Sicurezza/2X/3X/4X/Full/Full Plus
Il Medico Competente e il Medico Autorizzato / Rev. 2.0 2023 (Agg. Dlgs 203/2022)
ID 11035 | Rev. 2.0 del 06.01.2023
A seguito della pubblicazione del D.lgs 31 Luglio 2020 n. 101, attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, sono state ridefinite le competenze del medico autorizzato rispetto a quelle del medico compente in relazione alla sorveglianza medica dei lavoratori esposti.
Difatti, il novello articolo 134 dispone che i medici competenti di cui all’articolo 25 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 che al 27 Agosto 2020 già svolgono l’attività di sorveglianza sanitaria sui lavoratori classificati esposti di categoria B possono continuare a svolgere tale attività anche senza l’abilitazione per ulteriori ventiquattro mesi (ovvero fino al 27 agosto 2022).
[box-note]Update Rev. 2.0 del 06.01.2023
- Decreto Legislativo 25 novembre 2022 n. 203 Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101, di attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom e riordino della normativa di settore in attuazione dell'articolo 20, comma 1, lettera a), della legge 4 ottobre 2019, n. 117. (GU n. 2 del 03.01.2023). Entrata in vigore del provvedimento: 18/01/2023 - Inseriti link normativi www.tussl.it - Elenco dei medici autorizzati aggiornato al 13 dicembre 2022 - Decreto MLPS n. 6 del 24 marzo 2022[/box-note]
Pubblicato nella GU n. 201 del 12.08.2020 - SO n. 29 il Decreto Legislativo 31 luglio 2020 n. 101 Attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom e riordino della normativa di settore in attuazione dell'articolo 20, comma 1, lettera a), della legge 4 ottobre 2019, n. 117.
Entrata in vigore: 27.08.2020
Pubblicato nella GU n. 2 del 03.01.2022 Decreto Legislativo 25 novembre 2022 n. 203 riguardante disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101, di attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom e riordino della normativa di settore in attuazione dell'articolo 20, comma 1, lettera a), della legge 4 ottobre 2019, n. 117.
Entrata in vigore: 18.01.2023
________
Art. 243 Abrogazioni 1. Alla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le seguenti disposizioni: a) gli articoli 3, 4 e 5, della legge 31 dicembre 1962 n. 1860; b) il decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 cosi' come modificato dal decreto legislativo n. 241 del 2000, dal decreto legislativo n. 23 del 2009, dal decreto legislativo n. 100 del 2011, dal decreto legislativo n. 185 del 2011, dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 45 del 2014 e dall'articolo 2 del decreto legislativo n. 137 del 2017; c) il decreto legislativo 26 maggio 2000, n.187; d) il decreto legislativo 6 febbraio 2007, n.52; e) il decreto del Ministro dello sviluppo economico 28 settembre 2011.
Art. 244 Modifiche 1. L'articolo 180, comma 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e' sostituito dal seguente: «3. La protezione dei lavoratori dalle radiazioni ionizzanti e' disciplinata, nel rispetto dei principi di cui al titolo I, dalle disposizioni speciali in materia».[/panel]
Medico Competente
Il Medico Competente è un professionista sanitario i cui requisiti sono elencati nell’art. 38 del D.Lgs 81/2008.
Il Medico Competente è nominato dal datore di lavoro e le sue funzioni sono:
1. Collaborare con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione: - alla valutazione dei rischi, - all’attività di formazione e informazione nei confronti dei lavoratori, per la parte di competenza; - alla organizzazione del servizio di primo soccorso. 2. programmare ed effettuare la sorveglianza sanitaria attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici; 3. collaborare alla attuazione e valorizzare i programmi volontari di promozione della salute, secondo i principi della responsabilità sociale; 4. visitare gli ambienti di lavoro almeno una volta all’anno o con cadenza diversa che stabilisce in base alla valutazione dei rischi.
Il Medico Autorizzato è un medico in possesso del titolo di Medico Competente, abilitato presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ai sensi del D.lgs 31 Luglio 2020 n. 101, a svolgere l’attività di Radioprotezione Medica, cioè qualsiasi tipologia di sorveglianza medica per lavoratori esposti a radiazioni ionizzanti.
In particolare le attività del Medico Autorizzato sono:
- sorveglianza medica dei lavoratori esposti di categoria A e B; - sorveglianza medica delle squadre speciali di intervento; - sorveglianza medica eccezionale.
Il datore di lavoro, nell'ambito di attività con l'esposizione a radiazioni ionizzanti, deve assicurare la sorveglianza medica del personale dipendente avvalendosi esclusivamente di tale figura professionale.
Art. 133 D.lgs 31 Luglio 2020 n. 101 Classificazione dei lavoratori e degli ambienti di lavoro ai fini della radioprotezione e della sorveglianza fisica (direttiva 2013/59/EURATOM, articoli 9, 36; decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, articolo 82).
1. Sono classificati lavoratori esposti i soggetti che, in ragione della attività lavorativa svolta per conto del datore di lavoro, sono suscettibili di superare in un anno solare uno o più dei seguenti valori:
a) 1 mSv di dose efficace;
b) 15 mSv di dose equivalente per il cristallino;
c) 150 mSv di dose equivalente per la pelle, calcolato in media su 1 cm2 qualsiasi di pelle, indipendentemente dalla superficie esposta;
d) 50 mSv di dose equivalente per le estremità.
2. Sono considerati lavoratori non esposti i soggetti che, in ragione dell’attività lavorativa svolta per conto del datore di lavoro, non siano suscettibili di superare uno qualsiasi dei limiti fissati per gli individui della popolazione di cui all’articolo 146, comma 7.
3. Sono classificati in Categoria A i lavoratori esposti che, sulla base degli accertamenti compiuti dall’esperto di radioprotezione ai sensi del paragrafo 5 dell’allegato XXII sono suscettibili di un’esposizione superiore, in un anno solare, ad uno dei seguenti valori:
a) 6 mSv di dose efficace;
b) 15 mSv di dose equivalente per il cristallino;
c) 150 mSv di dose equivalente per la pelle nonché per mani, avambracci, piedi e caviglie, con le modalità di valutazione stabilite al predetto paragrafo.
4. I lavoratori esposti non classificati in Categoria A ai sensi del comma 3 sono classificati in Categoria B.
5. Agli apprendisti ed agli studenti di cui all’articolo 120, comma 1, lettera a) si applicano le modalità di classificazione stabilite per i lavoratori di cui ai commi 1, 2, 3 e 4.
6. Sono classificati in categoria A i prestatori di lavoro addetti alle lavorazioni minerarie disciplinate dal Titolo V del presente decreto, salvo esplicita dimostrazione di non necessità da parte di un esperto di
7. Ogni area di lavoro in cui, sulla base degli accertamenti e delle valutazioni compiuti dall’esperto di radioprotezione ai sensi dei paragrafi 1 e 4 dell’Allegato XXII, sussiste per i lavoratori in essa operanti il rischio di superamento di uno qualsiasi dei valori di cui al precedente comma 3, è classificata Zona Controllata.
8. Ogni area di lavoro in cui, sulla base degli accertamenti e delle valutazioni compiuti dall’esperto di radioprotezione ai sensi dei paragrafi 1 e 4 dell’Allegato XXII, sussiste per i lavoratori in essa operanti il rischio di superamento di uno dei limiti di dose fissati per gli individui della popolazione dall’articolo 146 comma 7, ma che non debba essere classificata Zona Controllata ai sensi del comma 7, è classificata Zona Sorvegliata.
9. Con decreto dei Ministri del lavoro e delle politiche sociali e della salute, sentito l’ISIN, possono essere stabilite particolari modalità di esposizione, di sorveglianza fisica e di classificazione in zone degli ambienti di lavoro ai fini della radioprotezione, nel rispetto dei criteri di cui all’allegato XXII.
10. I criteri, le categorie e le modalità di cui al comma 1 garantiscono comunque, con la massima efficacia, la tutela sanitaria dei lavoratori, degli apprendisti e degli studenti dai rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti.[/box-info]
Nell’esercizio delle proprie funzioni, il medico addetto alla sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti, fermi comunque restando gli altri compiti previsti nel Titolo XI:
- effettua l’analisi dei rischi individuali per la salute connessi alla destinazione lavorativa e alle mansioni ai fini della programmazione della sorveglianza sanitaria del lavoratore, anche attraverso accessi diretti negli ambienti di lavoro;
- istituisce e aggiorna i documenti sanitari personali e li consegna all’INAIL con le modalità previste all’articolo 140 del presente decreto;
- consegna al medico autorizzato subentrante i documenti sanitari personali, nel caso di cessazione dall’incarico;
- fornisce consulenza al datore di lavoro per la messa in atto di infrastrutture e procedure idonee a garantire la sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti, sia in condizioni di lavoro normale che in caso di esposizioni accidentali o di emergenza.
Inoltre per ogni lavoratore esposto il medico addetto alla sorveglianza medica deve istituire, tenere aggiornato e conservare un documento sanitario personale in cui sono compresi:
- i dati raccolti nella visita preventiva e nelle visite mediche periodiche, straordinarie ed in occasione della sorveglianza medica eccezionale;
- la destinazione lavorativa, i rischi ad essa connessi e i successivi mutamenti;
- le dosi ricevute dal lavoratore, derivanti sia da esposizioni normali, sia da esposizioni accidentali o di emergenza, ovvero soggette ad autorizzazione speciale, utilizzando i dati trasmessi dall'esperto qualificato.
I lavoratori hanno diritto ad accedere ai risultati delle valutazioni di dose, delle introduzioni e degli esami medici e radiotossicologici, nonchè ai risultati delle valutazioni di idoneità, che li riguardano, e di ricevere, dietro loro richiesta, copia della relativa documentazione.
Procedure per l'iscrizione all'elenco dei medici autorizzati
Nell'ambito della legislazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, la Divisione III della Direzione Generale dei rapporti di lavoro e delle relazioni industriali del MLPS, gestisce le procedure per l'iscrizione all'elenco dei medici autorizzati.
Si tratta di medici ai quali i datori di lavoro affidano la sorveglianza medica dei lavoratori esposti al rischio da radiazioni ionizzanti, in possesso delle cognizioni e dell'addestramento a ciò necessari, quali definiti dall'allegato XXI del D.lgs 31 Luglio 2020 n. 101.
Tempi e modalità di svolgimentodelle procedure d’esame per l'iscrizione negli elenchi nominativi dei Medici Autorizzati sono sul sito del MLPS.
Ultimo elenco pubblicato MLPS data articolo: Elenco dei medici autorizzati aggiornato al 13 dicembre 2022.
I Medici Autorizzati alla Radioprotezione sono iscritti, dal momento del conseguimento dell'abilitazione, in un elenco nazionale istituito presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute e il Ministro dell’università e della ricerca, da emanarsi entro diciotto mesi dal 27 agosto 2020, sono disciplinate le modalità di iscrizione nell’elenco, i contenuti della formazione e dell’aggiornamento professionale dei medici autorizzati.
Pubblicato il Decreto MLPS n. 6 del 24 marzo 2022 nel quale sono definite le modalità per lo svolgimento degli esami per la sessione dell’anno 2022 a distanza.
Art. 7. Definizioni (direttiva 59/2013/EURATOM, articolo 4; decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, articoli 3, 4, 7 e 7 -bis ; decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 52, articolo 2; decreto legislativo del 26 maggio 2000, n. 187, articolo 2)
95) «medico autorizzato»: medico responsabile della sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti, la cui qualificazione e specializzazione sono riconosciute secondo le procedure e le modalità stabilite nel presente decreto;
Art. 134. Sorveglianza sanitaria (direttiva 2013/59/EURATOM, articoli 32, 44; decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, articolo 83).
1. Il datore di lavoro provvede ad assicurare mediante uno o più medici autorizzati la sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti e degli apprendisti e studenti in conformità alle norme del presente Titolo. Tale sorveglianza è basata sui principi che disciplinano la medicina del lavoro. La lettera di incarico al medico autorizzato e la relativa dichiarazione di accettazione da parte dell’incaricato, deve essere conservata dal datore di lavoro ed esibita, su richiesta, agli organi di vigilanza.
2. I medici competenti di cui all’articolo 25 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 che alla data di entrata in vigore della presente disposizione già svolgono l’attività di sorveglianza sanitaria sui lavoratori classificati esposti di categoria B possono continuare a svolgere tale attività anche senza l’abilitazione di cui all’articolo 138 per ulteriori ventiquattro mesi.
3. Il datore di lavoro non può assegnare le persone di cui al comma 1 ad alcuna attività che le esponga al rischio di radiazioni ionizzanti in assenza di giudizio di idoneità favorevole.
4. Il datore di lavoro assicura ai medici di cui al comma 1 le condizioni e i mezzi necessari per lo svolgimento dei loro compiti.
5. Il datore di lavoro consente ai medici di cui al comma 1 l’accesso a qualunque informazione o documentazione che questi ritengano necessaria per la valutazione dello stato di salute dei lavoratori esposti, e delle condizioni di lavoro incidenti, sotto il profilo medico, sul giudizio di idoneità dei lavoratori.
6. Le funzioni di medico autorizzato non possono essere assolte dalla persona fisica del datore di lavoro né dai dirigenti che eserciscono e dirigono l’attività disciplinata, né dai preposti che ad essa sovrintendono, né dagli addetti alla vigilanza di cui all’articolo 106.
Art. 135. Visita medica preventiva (direttiva 2013/59/EURATOM, articolo 45; decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, articolo 84).
1. Il datore di lavoro assicura che i lavoratori esposti e gli apprendisti e studenti di cui all’articolo 120, prima di essere destinati ad attività che li espongono alle radiazioni ionizzanti, sono sottoposti a visita medica a cura del medico autorizzato al fine di valutare la loro idoneità alla mansione specifica.
2. Il datore di lavoro informa il medico autorizzato, all’atto della visita, della destinazione lavorativa del soggetto, nonché dei rischi, ancorché di natura diversa da quella radiologica, connessi a tale destinazione.
3. La visita medica preventiva comprende un’anamnesi completa, dalla quale risultino anche le eventuali esposizioni precedenti, dovute sia alle mansioni esercitate sia a esami e trattamenti medici, e un esame obiettivo completato dalle indagini specialistiche e di laboratorio, ritenute necessarie dal medico autorizzato, ai fini della valutazione di cui al comma 1. A tal fine egli può avvalersi, per accertamenti diagnostici, della collaborazione di medici specialisti.
4. In base alle risultanze della visita medica preventiva il medico autorizzato esprime per il lavoratore uno dei seguenti giudizi:
a) idoneo; b) idoneo a determinate condizioni; c) non idoneo.
5. Il medico autorizzato comunica per iscritto al datore di lavoro o suo delegato, anche in modalità telematica, il giudizio di idoneità e i limiti di validità del medesimo.
6. Il medico autorizzato, nell’ambito della visita preventiva nonché in occasione delle visite previste dall’articolo 136, illustra al lavoratore il significato delle dosi ricevute, delle introduzioni di radionuclidi, degli esami medici e radiotossicologici e gli comunica per iscritto anche in modalità telematica i risultati dei giudizi di idoneità che lo riguardano.
7. Ai fini della valutazione dell’idoneità all’esposizione alle radiazioni ionizzanti il medico autorizzato tiene conto delle linee guida riconosciute nell’ambito del Sistema Nazionale di cui alla legge 8 marzo 2017, n. 24.
Art. 136. Visite mediche periodiche e straordinarie (direttiva 2013/59/EURATOM, articolo 45, 46, 47; decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, articolo 85).
1. Il datore di lavoro provvede affinché i lavoratori esposti e gli apprendisti e studenti di cui all’articolo 120 siano sottoposti, a cura del medico autorizzato, a visita medica periodica almeno una volta ogni dodici mesi e, comunque, ogni qualvolta venga variata la destinazione lavorativa o aumentino i rischi connessi a tale destinazione. La visita medica periodica per i lavoratori classificati esposti di categoria A e per gli apprendisti e studenti a essi equiparati deve essere effettuata di norma ogni sei mesi e comunque almeno una volta ogni dodici mesi a giudizio del medico autorizzato. Le visite mediche periodiche sono integrate dalle indagini specialistiche e di laboratorio ritenute necessarie dal medico autorizzato per esprimere il giudizio di idoneità.
2. Gli organi preposti alla vigilanza di cui all’articolo 106, comma 2, e i medici autorizzati possono disporre che dette visite siano ripetute con maggiore frequenza in tutti i casi in cui le condizioni di esposizione e lo stato di salute dei lavoratori lo esigano.
3. La visita medica straordinaria è eseguita su richiesta del lavoratore qualora la motivazione della richiesta stessa sia ritenuta dal medico autorizzato correlabile ai rischi professionali e, pertanto, suscettibile di modificare il giudizio di idoneità alla mansione specifica.
4. In base alle risultanze delle visite mediche di cui ai commi 1 e 2, il medico autorizzato esprime per i lavoratori uno dei seguenti giudizi:
a) idonei;
b) idonei a determinate condizioni;
c) non idonei;
d) lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria dopo la cessazione del lavoro che li ha esposti alle radiazioni ionizzanti.
5. Il medico autorizzato comunica per iscritto, anche in modalità telematica, al datore di lavoro il giudizio di cui al comma 4 e i termini di validità del medesimo.
6. Il datore di lavoro dispone la prosecuzione della sorveglianza sanitaria per il tempo ritenuto opportuno, a giudizio del medico autorizzato, nei confronti dei lavoratori allontanati dal rischio perché non idonei o trasferiti ad attività che non espongono ai rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti. Anche per tali lavoratori il medico formula il giudizio di idoneità ai sensi del comma 4 , al fine di un loro eventuale reinserimento in attività con radiazioni.
7. Prima della cessazione del rapporto di lavoro il datore di lavoro provvede a sottoporre il lavoratore a visita medica. In tale occasione il medico autorizzato fornisce al lavoratore indicazioni riguardo all’opportunità di sottoporsi ad accertamenti sanitari, anche dopo la cessazione dell’attività lavorativa, sulla base dello stato di salute del medesimo e dell’evoluzione delle conoscenze scientifiche.
8. Ferma restando la periodicità delle visite di cui al comma 1, nel periodo necessario all’espletamento e alla valutazione delle indagini specialistiche e di laboratorio di cui allo stesso comma, il giudizio di idoneità, di cui al comma 4 , in precedenza formulato conserva la sua efficacia.
Art. 137. Allontanamento dal lavoro (direttiva 59/2013/EURATOM, articolo 47; decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, articolo 86).
1. Il datore di lavoro ha l’obbligo di allontanare immediatamente dal lavoro comportante esposizione a rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti i lavoratori che alla visita medica risultino, a giudizio del medico autorizzato, non idonei.
2. Detti lavoratori non possono proseguire l’attività cui erano adibiti, né altre attività che li espongano ai rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti, se non dopo essere stati riconosciuti nuovamente idonei dal medico autorizzato.
3. Il medico autorizzato richiede al datore di lavoro l’allontanamento dal lavoro dei lavoratori non idonei e propone il reinserimento di essi quando accerta la cessazione dello stato di non idoneità.
Art. 138. Elenco dei medici autorizzati (decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, articolo 88)
1. Presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è tenuto l’elenco dei medici autorizzati cui sono iscritti su domanda, i medici competenti ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 che abbiano i requisiti stabiliti dal successivo comma 2 e che dimostrino di essere in possesso della capacità tecnica e professionale necessaria per lo svolgimento dei compiti inerenti alla sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti.
2. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute e il Ministro dell’università e della ricerca, da emanarsi entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono disciplinate le modalità di iscrizione nell’elenco di cui al comma 1, i contenuti della formazione e dell’aggiornamento professionale dei medici autorizzati, nel rispetto dei seguenti criteri:
a) indicazione dei titoli di studio e professionali richiesti ai fini dell’iscrizione nell’elenco dei medici autorizzati;
b) previsione di una formazione post-universitaria corrispondente almeno al master di secondo livello ovvero ad una scuola di specializzazione che comprendano una parte pratica corrispondente a 40 giorni lavorativial corso di perfezionamento universitario, con verifica dell’apprendimento, in materia di prevenzione dagli effetti delle radiazioni ionizzanti che comprenda una parte pratica corrispondente a 30 giorni lavorativi;
c) previsione dei contenuti tecnico-scientifici della prova di esame fermo restando che la stessa dovrà contemplare anche la risoluzione di un caso pratico;
d) aggiornamento professionale assicurato mediante corsi tenuti da istituti universitari, dagli Albi professionali o dalle associazioni di categoria equivalente a 150 crediti ECM ogni tre anni nell’ambito del programma di educazione continua in medicina (ECM) di cui all’Accordo 2 febbraio 2017, concluso ai sensi dell’art. 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sul documento “La formazione continua nel settore salute” e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 274 del 23 novembre 2017, assicurato mediante corsi tenuti da istituti universitari, dagli Albi professionali dei medici o dalle associazioni scientifiche o di categoria dei medici autorizzati con la previsione della percentuale non inferiore al 30% dei crediti ECM ivi previsti al comma 3 dell’art. 38 del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81 in materia di prevenzione dagli effetti delle esposizioni alle radiazioni ionizzanti;
e) previsione dell’impossibilità dell’iscrizione nell’elenco per chi abbia riportata una condanna per reati contro la pubblica amministrazione e contro la fede pubblica, fermo restando che possono essere iscritti a detto elenco coloro che godono dei diritti politici e che non risultano interdetti;
f) indicazione degli obblighi informativi dei soggetti presso i quali il tirocinio è svolto; (Soppressa)
g) indicazione delle modalità di presentazione della domanda di iscrizione nell’elenco e della modalità secondo cui avviene l’iscrizione e delle cause di cancellazione dall’elenco;
h) previsione della composizione della commissione di esame con designazione dei suoi componenti nelle seguenti proporzioni:
1) due componenti designati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
2) un componente designato dal Ministero della salute;
3) un componente designato dall’Istituto superiore di sanità;
4) un componente designato dall’INAIL;
5) un componente designato dal Ministero dell’Università;
6) due componenti designati dall’ISIN;
fermo il ruolo del presidente in capo ad uno dei componenti designati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
i) definizione dei compiti della commissione preposta a deliberare sull’iscrizione nell’elenco, fermo restando che alla stessa spetta di esprimere proposte e pareri in merito alla sospensione e alla cancellazione dagli elenchi;
l) individuazione nella sede del Ministero del lavoro e delle politiche sociali in Roma del luogo di svolgimento degli esami finalizzati ad ottenere l’iscrizione;
m) annualità della sessione d’esami ed equiparazione a rinuncia della mancata presentazione del candidato all’esame nella data stabilita.
3. Sino all’emanazione del decreto di cui al comma 2 si applica la disciplina di cui all’allegato XXI.
Art. 139. Attribuzioni del medico autorizzato (decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, articolo 89)
1. Nell’esercizio delle proprie funzioni, il medico addetto alla sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti, fermi comunque restando gli altri compiti previsti nel presente Titolo:
a) effettua l’analisi dei rischi individuali per la salute connessi alla destinazione lavorativa e alle mansioni ai fini della programmazione della sorveglianza sanitaria del lavoratore, anche attraverso accessi diretti negli ambienti di lavoro;
b) istituisce e aggiorna i documenti sanitari personali e li consegna all’INAIL con le modalità previste all’articolo 140 del presente decreto;
c) consegna al medico autorizzato subentrante i documenti sanitari personali di cui alla lettera b) , nel caso di cessazione dall’incarico;
d) fornisce consulenza al datore di lavoro per la messa in atto di infrastrutture e procedure idonee a garantire la sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti, sia in condizioni di lavoro normale che in caso di esposizioni accidentali o di emergenza.
Art. 140. Documento sanitario personale (direttiva 2013/59/ EURATOM, articolo 48; decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, articolo 90).
1. Per ogni lavoratore esposto il medico autorizzato istituisce, aggiorna e conserva un documento sanitario personale in cui sono compresi:
a) i dati raccolti nella visita preventiva e nelle visite mediche periodiche, straordinarie e in occasione della sorveglianza sanitaria eccezionale;
b) la destinazione lavorativa, i rischi a essa connessi e i successivi mutamenti;
c) le dosi ricevute dal lavoratore, derivanti sia da esposizioni normali, sia da esposizioni accidentali o di emergenza ovvero soggette ad autorizzazione speciale, utilizzando i dati trasmessi dall’esperto di radioprotezione.
2. I lavoratori hanno diritto ad accedere ai risultati delle valutazioni di dose, delle valutazioni delle introduzioni di radionuclidi e degli esami medici e radiotossicologici che li riguardano, e di ricevere, dietro loro richiesta, copia della relativa documentazione. Copia del documento sanitario personale è consegnata dal medico autorizzato all’interessato su sua richiesta e, comunque, alla cessazione del rapporto di lavoro.
3. Il documento sanitario personale è conservato sino alla data in cui il lavoratore compie o avrebbe compiuto il settantacinquesimo anno di età, e in ogni caso per almeno trenta anni dopo la cessazione del lavoro comportante esposizione alle radiazioni ionizzanti.
4. Il medico autorizzato provvede entro nove mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro o dalla cessazione dell’attività di impresa comportante esposizioni alle radiazioni ionizzanti a consegnare i predetti documenti sanitari personali unitamente ai documenti di cui all’articolo 132, comma 1, lettere d) ed e) all’INAIL, che assicura la loro conservazione nel rispetto dei termini e delle modalità previste nel presente articolo. Su richiesta motivata del medico autorizzato e valutate le circostanze dei singoli casi, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali può concedere proroga ai predetti termini di consegna.
5. Le modalità di tenuta e conservazione della predetta documentazione e i modelli della stessa, anche per i casi di esposizione contemporanea alle radiazioni ionizzanti e ad altri fattori di rischio, sono stabiliti nell’allegato XXIII.
Art. 141. Sorveglianza sanitaria eccezionale (direttiva 2013/59/ EURATOM, articolo 49; decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, articolo 91).
1. Il datore di lavoro provvede affinché i lavoratori che hanno subito una contaminazione siano sottoposti a provvedimenti di decontaminazione.
2. Il datore di lavoro provvede inoltre affinché siano sottoposti a visita medica eccezionale, da parte di un medico autorizzato, i lavoratori che abbiano subito una esposizione tale da comportare il superamento di uno qualsiasi dei valori stabiliti ai sensi dell’articolo 146. Provvede altresì a che i lavoratori in questione siano sottoposti a sorveglianza sanitaria eccezionale, comprendente in particolare i trattamenti terapeutici, il controllo clinico e gli esami, che siano ritenuti necessari dal medico autorizzato a seguito dei risultati della visita medica. Le successive condizioni di esposizione sono subordinate all’assenso del medico autorizzato.
3. Nel caso in cui, nell’ambito della sorveglianza sanitaria eccezionale di cui al comma 2, il medico autorizzato decida l’allontanamento di un lavoratore dal lavoro cui era assegnato, il datore di lavoro ne dà notizia all’Ispettorato territoriale del lavoro e agli organi del SSN competenti per territorio.
Art. 142. Segnalazione di incidenti, esposizioni rilevanti e malattie professionali (decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, articolo 92).
1. Il datore di lavoro comunica, senza ritardo e comunque entro tre giorni, all’ISIN, all’Ispettorato territoriale del lavoro e agli organi del SSN, competenti per territorio, gli incidenti verificatisi nelle attività previste dall’articolo 2, nonché le esposizioni che abbiano comportato il superamento dei valori stabiliti ai sensi dell’articolo 146.
2. Entro tre giorni dal momento in cui ne abbia effettuato la diagnosi il medico comunica all’Ispettorato territoriale del lavoro e agli organi del SSN competenti per territorio i casi di malattia professionale.
3. I medici, le strutture sanitarie pubbliche e private, nonché gli istituti previdenziali o assicurativi pubblici o privati, che refertano casi di neoplasie da loro ritenute causate da esposizione professionale alle radiazioni ionizzanti, trasmettono all’INAIL copia della relativa documentazione clinica ovvero anatomopatologica e quella inerente l’anamnesi lavorativa.
4. L’INAIL inserisce nel registro di cui all’articolo 244, comma 3, del decreto legislativo del 9 aprile 2008, n. 81, i casi di neoplasia di cui al comma 3.
Il rischio scivolamento pavimentazioni luoghi di lavoro: Metodo di prova B.C.R.A. / Tortus
ID 17957 | 30.10.2022 / Documenti in allegato
Il rischio di caduta in piano da scivolamento rappresenta oggi un rischio normato dal D. Lgs. 81/2008 che il datore di lavoro è obbligato a valutare, per identificare adeguate misure di miglioramento.
Il Documento illustra il metodo di prova B.C.R.A. Rep. CEC.6/81 per la misura dell’attrito dinamico delle pavimentazioni, con:
- Estratto normativo IT; - Estratto B.C.R.A. Rep. CEC.6/81; - Modello report esempio Istituto Giordano (si ringrazia).
Il D.Lg. 81/2008 prevede che all’Allegato IV che “1.3.2. I pavimenti dei locali devono essere fissi, stabili ed antisdrucciolevoli nonché esenti da protuberanze, cavità o piani inclinati pericolosi.”
Non sono presenti riferimenti diretti inerente la resistenza allo scivolamento dei pavimenti relativa o metodi normati/UNI/altro per i luoghi di lavoro in IT.
Il D.M. LL PP. 236/89, Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica, ai fini del superamento e dell'eliminazione delle barriere architettoniche (GU n. 145 del 23 giugno 1989 S.O. n. 47), al paragrafo 8.2.2 riporta che il metodo della British Ceramic Research Association Ltd. (B.C.R.A.) Rep. CEC.6/81 deve essere utilizzato per misurare il coefficiente d attrito (denominato anche “Tortus Test” / con dispositivo Tortus) (Fig. 1).
Il metodo, è, quindi, di applicazione vincolante per gli edifici privati di nuova costruzione, residenziali e non, ivi compresi quelli di edilizia residenziale convenzionata.
Può essere utile riferimento per la misura del coefficiente di attrito per le pavimentazioni dei luoghi di lavoro.
Per pavimentazione antisdrucciolevole si intende una pavimentazione realizzata con materiali il cui coefficiente di attrito, misurato secondo il metodo della British Ceramic Research Association Ltd. (B.C.R.A.) Rep. CEC.6/81, sia superiore ai seguenti valori:
- 0.40 per elemento scivolante cuoio su pavimentazione asciutta; - 0.40 per elemento scivolante gomma dura standard su pavimentazione bagnata.
I valori di attrito predetto non devono essere modificati dall'apposizione di strati di finitura lucidanti o di protezione che, se previsti, devono essere applicati sui materiali stessi prima della prova. Le ipotesi di condizione della pavimentazione (asciutta o bagnata) debbono essere assunte in base alle condizioni normali del luogo ove sia posta in opera.
Gli strati di supporto della pavimentazione devono essere idonei a sopportare nel tempo la pavimentazione ed i sovraccarichi previsti nonché ad assicurare il bloccaggio duraturo degli elementi costituenti la pavimentazione stessa.
Gli elementi costituenti una pavimentazione devono presentare giunture inferiori a 5 mm, stilate con materiali durevoli, essere piani con eventuali risalti di spessore non superiore a mm 2.
I grigliati inseriti nella pavimentazione devono essere realizzati con maglie non attraversabili da una sfera di 2 cm di diametro; i grigliati ed elementi paralleli devono comunque essere posti con gli elementi ortogonali al verso di marcia.[/box-note]
Il metodo BCRA è una rilevazione strumentale, che può essere effettuata in laboratorio o in situ, e fornisce la misura dell’attrito dinamico (µ) a cui una superficie deve rispondere per essere considerata antisdrucciolevole.
Questa prova misura il coefficiente attraverso un dispositivo (Tortus / Tribometro) con un pattino standardizzato di cuoio o di gomma che viene fatto scivolare sulla pavimentazione da testare.
Fig. 1 - Dispositivo “Tortus” ...
La misura della scivolosità delle pavimentazioni dipende da diversi fattori che possono pregiudicare la sicurezza della superficie di camminamento e, tra questi, il Coefficiente d'attrito (dinamico) μ o Coefficient of Friction (CoF), rappresenta la forza che resiste al movimento tra due superfici ed è espressa dal rapporto:
μ = F/L
dove:
- μ è il coefficiente di attrito dinamico ed un valore adimensionale in quanto rapporto tra due forze, - F è la forza orizzontale necessaria per mantenere il movimento tra le due superfici e - L è la forza verticale o carico
Secondo il test B.C.R.A. i valori del Coefficiente di attrito (CoF) sono così suddivisi:
[box-note]Parametri di prova dispositivo “Tortus”
Il test B.C.R.A. è eseguito utilizzando il dispositivo “Tortus”, e misurando il coefficiente di attrito dinamico tra l’elemento di scorrimento e la superficie da testare. Il “Tortus” scorre sulla superficie da testare ad una velocità di 17 mm/s.
L'elemento di scorrimento è ha un carico di 200 g.[/box-note]
Esercizio impianti elettrici: Procedure e organizzazione sicurezza
ID 3944 | Rev. 1.0 del 12.05.2023 / Documento di approfondimento allegato
Documento di approfondimento sulle corrette modalità operative di lavoro eseguite sugli con o nelle vicinanze di un impianto elettrico in accordo alla norma tecnica EN 50110-1:2013.
[box-info]Nella Revisione 1.0 2023 del presente documento sono stati aggiunti i seguenti approfondimenti:
- procedure per l’esercizio; - procedure di lavoro; - procedure di manutenzione; - esempi livelli di responsabilità.[/box-info]
In italia la CEI 11-27, che deriva dalla EN 50110-1, rappresenta da oltre 20 anni il riferimento normativo per l’esecuzione dei lavori elettrici, in “tutte quelle operazioni ed attività di lavoro sugli impianti elettrici, ad essi connesse e vicino ad essi”.
L'importanza della norma CEI 11-27 nel panorama normativo italiano in materia antinfortunistica è chiarita in modo inequivocabile dall’articolo 83 del D.Lgs. 81/2008, il cui oggetto sono i “Lavori in prossimità di parti attive”.
1. È vietato eseguire lavori sotto tensione. Tali lavori sono tuttavia consentiti nei casi in cui le tensioni su cui si opera sono di sicurezza, secondo quanto previsto dallo stato della tecnica (3)(4) o quando i lavori sono eseguiti nel rispetto delle seguenti condizioni:
a) le procedure adottate e le attrezzature utilizzate sono conformi ai criteri definiti nelle norme tecniche; b) per sistemi di categoria 0 e I purché l'esecuzione di lavori su parti in tensione sia affidata a lavoratori riconosciuti dal datore di lavoro come idonei per tale attività secondo le indicazioni della pertinente normativa tecnica;
1) l'esecuzione di lavori su parti in tensione deve essere affidata a lavoratori riconosciuti dal datore di lavoro come idonei per tale attività secondo le indicazioni della pertinente normativa tecnica; 2) le procedure adottate e le attrezzature utilizzate sono conformi ai criteri definiti nelle norme di buona tecnica;
c) per sistemi di II e III categoria purché:
1) i lavori su parti in tensione siano effettuati da aziende autorizzate, con specifico provvedimento del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, ad operare sotto tensione; 2) l'esecuzione di lavori su parti in tensione sia affidata a lavoratori abilitati dal datore di lavoro ai sensi della pertinente normativa tecnica riconosciuti idonei per tale attività.
2. Con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, da adottarsi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, sono definiti i criteri per il rilascio delle autorizzazioni di cui al comma 1, lettera c), numero 1).(0)(1)(2) (3) (5)
3. Hanno diritto al riconoscimento di cui al comma 2 le aziende già autorizzate ai sensi della legislazione vigente.
1. Non possono essere eseguiti lavori non elettrici in vicinanza di linee elettriche o di impianti elettrici con parti attive non protette, o che per circostanze particolari si debbano ritenere non sufficientemente protette, e comunque a distanze inferiori ai limiti di cui alla tabella 1 dell'allegato IX, salvo che vengano adottate disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi. (1) (2)
2. Si considerano idonee ai fini di cui al comma 1 le disposizioni contenute nelle pertinenti norme tecniche.
(1) CEI 11-27 Lavori su impianti elettrici (2) CEI 11-15 Lavori su impianti elettrici categoria II e III
[...]
ALLEGATO IX Valori delle tensioni nominali di esercizio delle macchine ed impianti elettric
In relazione alla loro tensione nominale i sistemi elettrici si dividono in:
- sistemi di Categoria 0 (zero), chiamati anche a bassissima tensione, quelli a tensione nominale minore o uguale a 50 V se a corrente alternata o a 120 V se in corrente continua (non ondulata); - sistemi di Categoria I (prima), chiamati anche a bassa tensione, quelli a tensione nominale da oltre 50 fino a 1000 V se in corrente alternata o da oltre 120 V fino a 1500 V compreso se in corrente continua; - sistemi di Categoria II (seconda),chiamati anche a media tensione quelli a tensione nominale oltre 1000 V se in corrente alternata od oltre 1500 V se in corrente continua, fino a 30000 V - compreso; - sistemi di Categoria III (terza),chiamati anche ad alta tensione, quelli a tensione nominale maggiore di 30000 V.
Qualora la tensione nominale verso terra sia superiore alla tensione nominale tra le fasi, agli effetti della classificazione del sistema si considera la tensione nominale verso terra. Per sistema elettrico si intende la parte di un impianto elettrico costituito da un complesso di componenti elettrici aventi una determinata tensione nominale.
Tab. 1 Allegato IX- Distanze di sicurezza da parti attive di linee elettriche e di impianti elettrici non protette o non sufficientemente protette da osservarsi, nell’esecuzione di lavori non elettrici, al netto degli ingombri derivanti dal tipo di lavoro, delle attrezzature utilizzate e dei materiali movimentati, nonché degli sbandamenti laterali dei conduttori dovuti all’azione del vento e degli abbassamenti di quota dovuti alle condizioni termiche.
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La EN 50110 consiste di due parti:
- la Parte 1 della EN 50110 fornisce le prescrizioni minime valide per tutti i Paesi Membri del CENELEC ed alcuni Allegati informativi che riguardano la sicurezza del lavoro eseguito sugli, con o nelle vicinanze di impianti elettrici; - la Parte 2 della EN 50110 consiste di un insieme di Allegati normativi (uno per Paese) che specificano le prescrizioni di sicurezza in atto o forniscono elementi aggiuntivi a dette prescrizioni minime.
La presente Norma EN 50110, Parte 1 costituisce una revisione della precedente edizione del 2004, pari numero.
La EN 50110-1:2013 comprende i seguenti cambiamenti tecnici significativi rispetto alla EN 50110-1:2004:
- miglioramento delle definizioni di persone responsabili e livello di responsabilità; - aggiunta di un paragrafo sulle misure di emergenza; - aggiunta di esempio del livello di responsabilità di cui all'Allegato B; - aggiunta di un articolo sul pericolo dell’arco elettrico cui all'Allegato B; - aggiunta di un articolo sulle misure di emergenza di cui all'Allegato B; - aggiornamento dei riferimenti normativi e della Bibliografia
La norma è stata recepita in Italia con la CEI EN 50110-1:2014.
[...]
4 Principi fondamentali
4.1 Operazioni in sicurezza
Prima di eseguire qualsiasi operazione sugli impianti elettrici, si deve far riferimento alla valutazione dei rischi. Tale valutazione deve specificare come devono essere eseguite le attività, quali provvedimenti e quali precauzioni si devono assumere per garantire la sicurezza.
[...]
6.3.4 Metodi di lavoro
6.3.4.1 Generalità
Attualmente esistono tre metodi di lavoro riconosciuti che dipendono dalla posizione dell’operatore in relazione alle parti attive e dai mezzi usati per prevenire lo shock elettrico ed i cortocircuiti.
6.3.4.2 Lavoro con aste isolanti - lavoro a distanza di sicurezza
Metodo di lavoro sotto tensione in cui l’operatore rimane ad una distanza specificata dalle parti attive ed esegue il proprio lavoro per mezzo di aste isolanti.
6.3.4.3 Lavoro con guanti isolanti - lavoro a contatto
Metodo di lavoro sotto tensione in cui l’operatore, le cui mani sono protette dal punto di vista elettrico con guanti isolanti e possibilmente con bracciali isolanti, esegue il proprio lavoro a diretto contatto meccanico con le parti attive.
Per gli impianti di bassa tensione, l’uso di guanti isolanti non esclude l’obbligo d’uso di attrezzi manuali isolanti ed isolati e di un idoneo isolamento da terra.
6.3.4.4 Lavoro a mani nude - lavoro a potenziale
Metodo di lavoro sotto tensione in cui l’operatore esegue il proprio lavoro a contatto elettrico con le parti attive dopo essere stato portato alla loro stessa tensione ed appropriatamente isolato da quanto lo circonda.
[...]
DL: distanza che definisce il limite esterno della zona di lavoro sotto tensione DV: distanza che definisce il limite esterno della zona prossima
Figura 1 - Distanze in aria e zone per le procedure di lavoro
DL: distanza che definisce il limite esterno della zona di lavoro sotto tensione DV: distanza che definisce il limite esterno della zona prossima
Figura 2 - Limitazioni della zona di lavoro sotto tensione mediante l’uso di un dispositivo di protezione isolante
[...]
B.1 Esempio dei livelli di responsabilità
B.1.1 Schema generale
Legenda
a) Persona responsabile di un impianto elettrico b) Persona designata al controllo di un impianto elettrico durante le attività di lavoro c) Persona designata al controllo dell’attività di lavoro d) Componenti la squadra di lavoro
Figura B.1 - Livelli di responsabilità
B.1.2 Abitazione
Classificazione a): proprietario Classificazione b), c) e d): elettricisti autonomi
B.1.3 Piccola azienda o artigiano
Classificazione a): proprietario (es. panettiere quale proprietario di un panificio) Classificazione b), c) e d): elettricisti autonomi
ATEX Modulo richiesta informazioni Fabbricante - Datore di Lavoro
ID 19418 | 19.04.2023 / Documento di approfondimento e moduli richiesta informazioni in allegato
Modulo richiesta informazioni per la fornitura di un’attrezzatura destinata a lavorare in atmosfera potenzialmente esplosiva.
Un'atmosfera potenzialmente esplosiva esiste quando una miscela di gas, vapori, nebbie o polveri dell'aria si combina in modo tale da poter esplodere in determinate condizioni operative.
Per la riduzione del rischio legato ad ambienti di lavoro ATEX esistono due Direttive che devono essere gestite in correlazione tra di loro quanto relative agli Obblighi del fabbricante (ATEX Prodotti) e Datore di Lavoro (ATEX lavoro) che devono interscambiarsi le informazioni ATEX di competenza:
[panel]- Direttiva 1999/92/CE (ATEX Lavoro) del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1999, relativa alle prescrizioni minime per il miglioramento della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori che possono essere esposti al rischio di atmosfere esplosive (quindicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE);
- Direttiva 2014/34/UE (ATEX Prodotti) del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli stati membri relative agli apparecchi e sistemi di protezione destinati a essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva.[/panel]
Nella fornitura di apparecchi destinati a lavorare in atmosfera esplosiva è indispensabile uno scambio di informazioni tra il fornitore dell’attrezzatura (Fabbricante) e l’utilizzatore (Datore di Lavoro) in relazione alla Classificazione ATEX degli ambienti di lavoro.
Lo scambio di informazioni reciproco è mirato alla prevenzione del rischio ATEX negli ambienti di lavoro in accordo con il D.Lgs. 81/08.
Il Datore di lavoro richiede al Fabbricante una apparecchiatura ATEX che può essere inserita in un determinato ambiente ATEX.
Il Fabbricate in relazione ad una fornitura di apparecchiatura ATEX, potrà chiedere conferma al Datore di Lavoro o informare lo stesso (anche direttamente attraverso la DC / Manuale Istruzioni) che la stessa può essere inserita in determinate aree ATEX.
La Direttiva 2014/34/UE è stata recepita in Italia con il D.Lgs. 85/2016. La Responsabilità della sua applicazione ricade sul Fabbricante come definito all’interno della Direttiva stessa.
Nella fornitura di attrezzature destinate a lavorare in atmosfera esplosiva si ritiene, pertanto, utile uno scambio di informazioni tra il fornitore dell’attrezzatura (Fabbricante) e l’utilizzatore (Datore di Lavoro). Lo scambio di informazioni reciproco è mirato alla riduzione delle responsabilità stabilite dal D.Lgs. 81/08 e dal D.Lgs. 85/2016.
In particolare, il Fabbricante, durante la valutazione del rischio atta a dimostrare la conformità dell’attrezzatura ai Requisiti Essenziali di Salute e Sicurezza ripotati nell’Allegato II della Direttiva 2014/34/UE, dovrebbe poter tener conto di eventuali informazioni e requisiti specificati dall’utilizzatore. La norma EN 1127-1:2019 (norma armonizzata per la Direttiva 2014/34/UE) specifica in una nota che:
[box-info]Nota p. 4.1EN 1127-1:2019 “il livello di protezione previsto è definito da almeno i requisiti di legge e, se necessario, da ulteriori requisiti specificati dall’utilizzatore”[/box-info]
La stessa EN 1127-1:2019 precisa che la procedura per la valutazione dei possibili effetti di un’esplosione, ripotata al p. 4.4, può servire da guida per gli utilizzatori dell’attrezzatura, dei sistemi di protezioni e dei componenti durante la valutazione del rischio esplosione nel posto di lavoro e la selezione di attrezzature, sistemi di protezione e componenti del tipo più appropriato.
Art. 289 - Prevenzione e protezione contro le esplosioni
1. Ai fini della prevenzione e della protezione contro le esplosioni, sulla base della valutazione dei rischi e dei principi generali di tutela di cui all'articolo 15, il datore di lavoro adotta le misure tecniche e organizzative adeguate alla natura dell'attività; in particolare il datore di lavoro previene la formazione di atmosfere esplosive.
2. Se la natura dell'attività non consente di prevenire la formazione di atmosfere esplosive, il datore di lavoro deve:
a) evitare l'accensione di atmosfere esplosive; b) attenuare gli effetti pregiudizievoli di un'esplosione in modo da garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori.
3. Se necessario, le misure di cui ai commi 1 e 2 sono combinate e integrate con altre contro la propagazione delle esplosioni e sono riesaminate periodicamente e, in ogni caso, ogniqualvolta si verifichino cambiamenti rilevanti.
1. Nell'assolvere gli obblighi stabiliti dall'articolo 17, comma 1, il datore di lavoro valuta i rischi specifici derivanti da atmosfere esplosive, tenendo conto almeno dei seguenti elementi:
a) probabilità e durata della presenza di atmosfere esplosive; b) probabilità che le fonti di accensione, comprese le scariche elettrostatiche, siano presenti e divengano attive ed efficaci; c) caratteristiche dell'impianto, sostanze utilizzate, processi e loro possibili interazioni; d) entità degli effetti prevedibili.
2. I rischi di esplosione sono valutati complessivamente.
3. Nella valutazione dei rischi di esplosione vanno presi in considerazione i luoghi che sono o possono essere in collegamento, tramite aperture, con quelli in cui possono formarsi atmosfere esplosive.
1. Al fine di salvaguardare la sicurezza e la salute dei lavoratori, e secondo i principi fondamentali della valutazione dei rischi e quelli di cui all'articolo 289, il datore di lavoro prende i provvedimenti necessari affinché:
a) dove possono svilupparsi atmosfere esplosive in quantità tale da mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori o di altri, gli ambienti di lavoro siano strutturati in modo da permettere di svolgere il lavoro in condizioni di sicurezza; b) negli ambienti di lavoro in cui possono svilupparsi atmosfere esplosive in quantità tale da mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori, sia garantito un adeguato controllo durante la presenza dei lavoratori, in funzione della valutazione del rischio, mediante l'utilizzo di mezzi tecnici adeguati.
Art. 294 - Documento sulla protezione contro le esplosioni
1. Nell'assolvere gli obblighi stabiliti dall'articolo 290 il datore di lavoro provvede a elaborare e a tenere aggiornato un documento, denominato: "documento sulla protezione contro le esplosioni".
2. Il documento di cui al comma 1, in particolare, deve precisare:
a) che i rischi di esplosione sono stati individuati e valutati; b) che saranno prese misure adeguate per raggiungere gli obiettivi del presente titolo; c) quali sono i luoghi che sono stati classificati nelle zone di cui all'allegato XLIX; d) quali sono i luoghi in cui si applicano le prescrizioni minime di cui all'allegato L; e) che i luoghi e le attrezzature di lavoro, compresi i dispositivi di allarme, sono concepiti, impiegati e mantenuti in efficienza tenendo nel debito conto la sicurezza; f) che, ai sensi del titolo III, sono stati adottati gli accorgimenti per l'impiego sicuro di attrezzature di lavoro.
3. Il documento di cui al comma 1 deve essere compilato prima dell'inizio del lavoro ed essere riveduto qualora i luoghi di lavoro, le attrezzature o l'organizzazione del lavoro abbiano subito modifiche, ampliamenti o trasformazioni rilevanti.
4. Il documento di cui al comma 1 è parte integrante del documento di valutazione dei rischi di cui all'articolo 17, comma 1.
1. Le attrezzature da utilizzare nelle aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive, già utilizzate o a disposizione dell'impresa o dello stabilimento per la prima volta prima del 30 giugno 2003, devono soddisfare, a decorrere da tale data, i requisiti minimi di cui all'allegato L, parte A, fatte salve le altre disposizioni che le disciplinano.
2. Le attrezzature da utilizzare nelle aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive, che sono a disposizione dell'impresa o dello stabilimento per la prima volta dopo il 30 giugno 2003, devono soddisfare i requisiti minimi di cui all'allegato L, parti A e B.
3. I luoghi di lavoro che comprendono aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive devono soddisfare le prescrizioni minime stabilite dal presente titolo.[/panel]
1. All’atto della commercializzazione dei loro prodotti o dell’uso degli stessi per finalità proprie, i fabbricanti garantiscono che tali prodotti sono stati progettati e fabbricati in conformità ai requisiti essenziali di salute e sicurezza elencati all’allegato II.
2. I fabbricanti preparano la documentazione tecnica di cui agli allegati da III a IX ed eseguono o fanno eseguire la pertinente procedura di valutazione della conformità di cui all’articolo 12. Se la procedura dimostra la conformità di un prodotto diverso da un componente ai requisiti applicabili, i fabbricanti redigono una dichiarazione UE di conformità e appongono il marchio CE. Qualora la conformità di un componente alle prescrizioni applicabili sia stata dimostrata dalla pertinente procedura di valutazione della conformità, i fabbricanti redigono un attestato scritto di conformità ai sensi dell’articolo 12, comma 3. I fabbricanti garantiscono che ciascun prodotto sia accompagnato da una copia della dichiarazione di conformità UE o dall’attestato di conformità, come appropriato. Tuttavia, se un vasto numero di prodotti è consegnato a un singolo utente, il lotto o la consegna in questione possono essere corredati da un’unica copia.
3. I fabbricanti conservano la documentazione tecnica e la dichiarazione UE di conformità o, se del caso, l’attestato di conformità per 10 anni dopo la data di inizio della commercializzazione del prodotto.
4. I fabbricanti garantiscono la predisposizione delle procedure necessarie, affi nché la produzione in serie continui a essere conforme al presente decreto. A tal fi ne tengono debitamente conto delle modifiche apportate al progetto o ad altre caratteristiche del prodotto, nonché quelle apportate alle norme armonizzate o alle specifiche tecniche in riferimento alle quali viene dichiarata la conformità di un prodotto. Ove necessario in considerazione dei rischi presentati da un prodotto, i fabbricanti eseguono, per proteggere la salute e la sicurezza degli utilizzatori finali, una prova a campione dei prodotti messi a disposizione sul mercato, esaminano i reclami e, se del caso, mantengono un registro dei reclami, dei prodotti non conformi e dei richiami di prodotti e informano i distributori di tale monitoraggio.
5. I fabbricanti appongono sui prodotti che hanno immesso sul mercato un numero di tipo, di lotto, di serie o altri elementi che ne consentano l’identificazione, oppure, qualora le dimensioni o la natura del prodotto non lo consentano, appongono le informazioni prescritte sull’imballaggio o su un documento di accompagnamento del prodotto.
6. I fabbricanti garantiscono che i prodotti, diversi dai componenti, che hanno immesso sul mercato, riportino il marchio specifi co di protezione dalle esplosioni e, se del caso, le altre marcature e informazioni di cui al punto 1.0.5 dell’allegato II.
7. I fabbricanti indicano sul prodotto il loro nome, la loro denominazione commerciale registrata o il loro marchio registrato e l’indirizzo postale al quale possono essere contattati, oppure, ove ciò non è possibile, appongono tale informazione sull’imballaggio o su un documento di accompagnamento del prodotto. L’indirizzo indica un unico punto in cui il fabbricante può essere contattato.
Le informazioni relative al contatto sono redatte in lingua italiana.
8. I fabbricanti garantiscono che il prodotto sia accompagnato da istruzioni e informazioni sulla sicurezza, in lingua italiana. Tali istruzioni e informazioni sulla sicurezza, al pari di qualunque etichettatura, devono essere chiare, comprensibili e intelligibili.
9. I fabbricanti che si accorgono o ritengono che un prodotto da essi immesso sul mercato non è conforme al presente decreto adottano immediatamente i correttivi necessarie per rendere conforme tale prodotto, a seconda dei casi, per ritirarlo o richiamarlo. Inoltre, se il prodotto presenta dei rischi, i fabbricanti ne informano immediatamente le autorità nazionali competenti degli Stati membri in cui hanno messo a disposizione il prodotto sul mercato, dando informazioni dettagliate sulla non conformità e sui correttivi adottati.
10. I fabbricanti, a seguito di una richiesta motivata di un’autorità nazionale competente, forniscono a quest’ultima tutte le informazioni e la documentazione, in formato cartaceo o elettronico, necessarie per dimostrare la conformità del prodotto al presente decreto, in una lingua che può essere facilmente compresa da tale autorità e, per gli strumenti immessi sul mercato in Italia, in lingua italiana. Cooperano con tale autorità, su sua richiesta, a ogni iniziativa tesa a eliminare i rischi presentati dai prodotti da essi immessi sul mercato.[/panel]
Il serbatoio usato come esempio appartiene ad una STRALIS IVECO dotato di due valvole di sicurezza:
- valvola di sovrapressione primaria (tarata a 17 bar); - valvola di sovrapressione secondaria (tarata a 22 bar).
Fig. 1 - Serbatoio LNG Iveco STRALIS
La valvola di sovrapressione primaria si apre quando la pressione supera i 17 bar e si trova dietro la cabina del camion.
La valvola di sovrapressione secondaria si apre quando la valvola di sovrapressione primaria non funziona e la pressione supera i 22 bar. Questa valvola di sicurezza secondaria si trova proprio sopra la valvola di sfiato manuale. Ha un tappo di plastica rossa per evitare la formazione di ghiaccio.
La pressione impostata per l'apertura della valvola è 1,5 volte la pressione massima di esercizio all'interno del serbatoio.
It is intended to be applied where there may be an ignition hazard due to the presence of flammable gas or vapour, mixed with air, but it does not apply to:
a) mines susceptible to firedamp; b) the p rocessing and manufacture of explosives; c) catastrophic failures or rare malfunctions which are beyond the concept of normality dealt with in this standard (see 3.7.3 and 4.5); d) rooms used for medical p urposes;e) domestic premises; f) where a hazard may arise due to the presence of combustible dusts or combustible flyings but the principles may be used in assessment of a hybrid mixture (re fer also to IEC 6 0079-10-2).
[...]
3.7.3 rare malfunction
type of malfunction which may happen only in rare instances
Note 1 to entry: Rare malfunctions in the context of this standard include failure of separate and independent process controls, that may be either automated or manual, that could trigger a chain of events that would lead to major release of flammable substance.
Note 2 to entry: Rare malfunctions could also include unanticipated conditions that are not covered by the plant design such as unexpected corrosion that results in a release. Where releases due to corrosion or similar conditions may or could reasonably be expected as part of the plant operations then this is not considered as a rare malfunction.
[...]
4.5 Catastrophic failures
As far as possible, such failures should be prevented.
Reasonably unexpected catastrophic failures need not be accounted for in the hazardous area classification. For example, major accidents such as the rupture of a process vessel, or large scale failures of equipment or piping such as total breakdown of a flange or seal.
The likelihood of such failures should be reduced by appropriate inspection, design, operation and maintenance of a plant.[/panel]
[...]
Introduzione
La valutazione del rischio derivante da atmosfere esplosive, riportata di seguito, è stata eseguita tenendo conto dei seguenti elementi:
- probabilità e durata della presenza di atmosfere esplosive; - probabilità che le fonti di accensione, comprese le scariche elettrostatiche, siano presenti e divengono attive ed efficaci; - caratteristiche dell'impianto, sostanze utilizzate, processi e loro possibili interazioni; - entità degli effetti prevedibili.
L’attività dell’azienda e l’analisi delle mansioni riportate nel documento specifico del Documento di Valutazione dei Rischi aziendali hanno evidenziato la presenza di rischi da atmosfere esplosive per gli autisti dei messi alimentazioni ad LNG.
1. Nell'assolvere gli obblighi stabiliti dall'articolo 17, comma 1, il datore di lavoro valuta i rischi specifici derivanti da atmosfere esplosive, tenendo conto almeno dei seguenti elementi:
a) probabilità e durata della presenza di atmosfere esplosive; b) probabilità che le fonti di accensione, comprese le scariche elettrostatiche, siano presenti e divengano attive ed efficaci; c) caratteristiche dell'impianto, sostanze utilizzate, processi e loro possibili interazioni; d) entità degli effetti prevedibili.
2. I rischi di esplosione sono valutati complessivamente.
3. Nella valutazione dei rischi di esplosione vanno presi in considerazione i luoghi che sono o possono essere in collegamento, tramite aperture, con quelli in cui possono formarsi atmosfere esplosive.
Art. 294 - Documento sulla protezione contro le esplosioni
1. Nell'assolvere gli obblighi stabiliti dall'articolo 290 il datore di lavoro provvede a elaborare e a tenere aggiornato un documento, denominato: "documento sulla protezione contro le esplosioni".
2. Il documento di cui al comma 1, in particolare, deve precisare:
a) che i rischi di esplosione sono stati individuati e valutati; b) che saranno prese misure adeguate per raggiungere gli obiettivi del presente titolo; c) quali sono i luoghi che sono stati classificati nelle zone di cui all'allegato XLIX; d) quali sono i luoghi in cui si applicano le prescrizioni minime di cui all'allegato L; e) che i luoghi e le attrezzature di lavoro, compresi i dispositivi di allarme, sono concepiti, impiegati e mantenuti in efficienza tenendo nel debito conto la sicurezza; f) che, ai sensi del titolo III, sono stati adottati gli accorgimenti per l'impiego sicuro di attrezzature di lavoro.
3. Il documento di cui al comma 1 deve essere compilato prima dell'inizio del lavoro ed essere riveduto qualora i luoghi di lavoro, le attrezzature o l'organizzazione del lavoro abbiano subito modifiche, ampliamenti o trasformazioni rilevanti.
4. Il documento di cui al comma 1 è parte integrante del documento di valutazione dei rischi di cui all'articolo 17, comma 1.
RIPARTIZIONE DELLE AREE IN CUI POSSONO FORMARSI ATMOSFERE ESPLOSIVE
OSSERVAZIONE PRELIMINARE.
Il sistema di classificazione che segue si applica alle aree in cui vengono adottati provvedimenti di protezione in applicazione degli articoli 258, 259, 262, 263.
1. AREE IN CUI POSSONO FORMARSI ATMOSFERE ESPLOSIVE
Un'area in cui può formarsi un'atmosfera esplosiva in quantità tali da richiedere particolari provvedimenti di protezione per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori interessati è considerata area esposta a rischio di esplosione ai sensi del presente titolo.
Un'area in cui non è da prevedere il formarsi di un'atmosfera esplosiva in quantità tali da richiedere particolari provvedimenti di protezione è da considerare area non esposta a rischio di esplosione ai sensi del presente titolo.
Le sostanze infiammabili e combustibili sono da considerare come sostanze che possono formare un'atmosfera esplosiva a meno che l'esame delle loro caratteristiche non abbia evidenziato che esse, in miscela con l'aria, non sono in grado di propagare autonomamente un'esplosione.
2. CLASSIFICAZIONE DELLE AREE A RISCHIO DI ESPLOSIONE
Le aree a rischio di esplosione sono ripartite in zone in base alla frequenza e alla durata della presenza di atmosfere esplosive.
Il livello dei provvedimenti da adottare in conformità dell'ALLEGATO L, parte A, è determinato da tale classificazione.
Zona 0 Area in cui è presente in permanenza o per lunghi periodi o frequentemente un'atmosfera esplosiva consistente in una miscela di aria e di sostanze infiammabili sotto forma di gas, vapore o nebbia.
Zona 1 Area in cui la formazione di un'atmosfera esplosiva, consistente in una miscela di aria e di sostanze infiammabili sotto forma di gas, vapori o nebbia, è probabile che avvenga occasionalmente durante le normali attività.
Zona 2 Area in cui durante le normali attività non è probabile la formazione di un'atmosfera esplosiva consistente in una miscela di aria e di sostanze infiammabili sotto forma di gas, vapore o nebbia o, qualora si verifichi, sia unicamente di breve durata.
Zona 20 Area in cui è presente in permanenza o per lunghi periodi o frequentemente un'atmosfera esplosiva sotto forma di nube di polvere combustibile nell'aria.
Zona 21 Area in cui la formazione di un'atmosfera esplosiva sotto forma di nube di polvere combustibile nell'aria, è probabile che avvenga occasionalmente durante le normali attività.
Zona 22 Area in cui durante le normali attività non è probabile la formazione di un'atmosfera esplosiva sotto forma di nube di polvere combustibile o, qualora si verifichi, sia unicamente di breve durata.
Note
1. Strati, depositi o cumuli di polvere combustibile sono considerati come qualsiasi altra fonte che possa formare un'atmosfera esplosiva. 2. Per "normali attività" si intende la situazione in cui gli impianti sono utilizzati entro i parametri progettuali. 3. Per la classificazione delle aree o dei luoghi si può fare riferimento alle norme tecniche armonizzate relative ai settori specifici, tra le quali: EN 60079-10 (CEI 31-30) "Classificazione dei luoghi pericolosi" e successive modificazioni. (1) EN 61241-10 (CEI 31-66) "Classificazione delle aree dove sono o possono essere presenti polveri combustibili" e successive modificazioni. (1) e le relative guide: CEI 31-35 e CEI 31-56" e per l'analisi dei pericoli, valutazione dei rischi e misure di prevenzione e protezione, alla norma: EN 1127-1"Atmosfere esplosive. Prevenzione dell'esplosione e protezione contro l'esplosione. Parte 1: Concetti fondamentali e metodologia".
(1) la Norma CEI EN 61241-10 (CEI 31-66) e la Norma CEI EN 60079-10 (CEI 31-30) sono sostituite rispettivamente dalla Norma CEI EN 60079-10-2 (CEI 31-88) e dalla Norma CEI EN IEC 60079-10-1 (CEI 31-87).[/panel]
[panel]CEI EN IEC 60079-10-1:2021 (Classificazione CEI: 31-87) “Atmosfere esplosive Parte 10-1: Classificazione dei luoghi - Atmosfere esplosive per la presenza di gas”
1. Nell'assolvere gli obblighi stabiliti dall'articolo 6, paragrafo 3, e dell'articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE, il datore di lavoro valuta i rischi specifici derivanti da atmosfere esplosive, tenendo conto almeno dei seguenti elementi:
- probabilità e durata della presenza di atmosfere esplosive, - probabilità della presenza, dell'attivazione e dell'efficacia di fonti di ignizione, comprese scariche elettrostatiche, - caratteristiche dell'impianto, sostanze utilizzate, processo e loro possibili interazioni, - entità degli effetti prevedibili.
I rischi di esplosione sono valutati complessivamente. 2. Nella valutazione dei rischi di esplosione vanno presi in considerazione i luoghi che sono o possono essere in collegamento tramite aperture con quelli in cui possono formarsi atmosfere esplosive.[/panel]
Probabilità di esplosione
In linea generale, si può considerare che la probabilità P che si verifichi una esplosione dipenda dai seguenti parametri:
- Probabilità che la sorgente di emissione SE generi una atmosfera esplosiva, che si può indicare con PSE; - Probabilità di innesco dell'atmosfera esplosiva PINN.
La probabilità PSE che possa crearsi un'atmosfera esplosiva può essere associata per semplicità direttamente al tipo di zona ed essere suddivisa anch'essa qualitativamente in 4 livelli rispettivamente per le zone 0/20, 1/21, 2/22 e per le zone non pericolose indicate con NE, dove l'atmosfera esplosiva non esiste oppure è di dimensioni tanto ridotte da non essere considerata pericolosa. A ciascuno di questi livelli è assegnato un punteggio che parte dal valore 4 per le zone 0/20 e finisce con il valore 1 per quelle NE, come indicato nella tabella che segue.
[...]
Danno
Il danno D può essere qualitativamente suddiviso in 4 livelli cioè trascurabile, lieve, grave e gravissimo, a ciascuno dei quali è associato un valore numerico rispettivamente da 1 a 4, come nella tabella di seguito indicata. Nella tabella stessa vengono specificati significati attribuiti a ciascun livello:
La magnitudo del danno può essere considerata dipendente dai seguenti parametri:
- Classificazione della zona CLZONA; - Presenza di lavoratori esposti LESP; - Fattore di esplodibilità dell'atmosfera KExp; - Indice relativo al volume Vz pericoloso FVZ; - Indice relativo allo spessore di strati di polvere IS; - Fattore di confinamento FC. Un'atmosfera esplosiva confinata o localizzata in una zona molto congestionata da strutture,impianti, che ne ostacolano l'espansione o lo sfogo ha una probabilità maggiore di produrre danni elevati.
Per il parametro CLZONA vengono definiti 4 livelli associati al tipo di zona e ad ognuno viene attribuito un valore numerico crescente con la pericolosità della zona, come indicato nella tabella seguente:
[...]
Classificazione Zona
Un serbatoio criogenico di LNG, destinato all’alimentazione del motore di un trattore stradale, è dotato delle seguenti due valvole di sicurezza:
PSV1: chiamata valvola di sicurezza primaria, è tarata a 17 bar e protegge il serbatoio criogenico dalle normali fasi di riscaldamento dell’LNG presente all’interno (“ Boil off ”). L ’uscita è convogliata con tubazioni che sfociano nella parte più alta del mezzo;
[...]
Con i seguenti dati inseriti nella successiva matrice di classificazione:
- Grado della sorgente di emissione: SECONDO - Disponibilità della ventilazione: ADEGUATA - Grado della diluzione: MEDIO
si ottiene una zona di tipo 2 IICT1 estesa.
Tabella D.1 CEI EN IEC 60079-10-1:2021 - Matrice di classificazione
[...]
Determinazione distanza pericolosa
La determinazione della distanza pericolosa fatta invece in base alla Figura D.1 dell’Allegato D, CEI EN IEC 60079-10-1:2021 è di seguito riportata.
[...]
Esito della valutazione
(1) KG Metano = 55. KG è un valore variabile che dipende dal volume pertanto non è possibile considerarlo costante. Il valore Kg considerato in questo caso è quello a cui ci si riferisce generalmente (NFPA 68).
Valutazione del rischio biologico / Algoritmo valutazione esposizione agenti biologici
ID 17634 | 27.09.2022 / Documento completo in allegato
Il Titolo X del D.Lgs. 81/08 e ss.mm.ii. richiede di effettuare la valutazione in tutte le attività lavorative nelle quali si possono presentare le seguenti condizioni di rischio:
- Rischio Biologico Generico, potenzialmente presente in tutti gli ambienti di lavoro; - Rischio Biologico Specifico, proprio della mansione svolta e classificato in: -- deliberato: nel caso in cui una determinata attività preveda l’uso intenzionale di agenti biologici (AB); -- potenziale: derivante da un’esposizione non intenzionale, bensì potenziale ed accidentale ad AB presenti nell’ambiente di lavoro.
Per agente biologico si intende qualsiasi microrganismo (parte di esso o suo prodotto) anche geneticamente modificato, coltura cellulare parassita (protozoi e metazoi) o organismo superiore che può provocare infezioni, allergie e intossicazioni. Gli stessi sono classificati nei seguenti quattro gruppi a seconda del rischio di infezione:
- agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta poche probabilità di causare malattie in soggetti umani; - agente biologico del gruppo 2: un agente che può causare malattie in soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori; è poco probabile che si propaga nella comunità; sono di norma disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche; - agente biologico del gruppo 3: un agente che può causare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori; l’agente biologico può propagarsi nella comunità, ma di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche; - agente biologico del gruppo 4: un agente biologico che può provocare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori e può presentare un elevato rischio di propagazione nella comunità; non sono disponibili, di norma, efficaci misure profilattiche o terapeutiche.
Dal punto di vista dell'esposizione professionale è necessario distinguere le operazioni dove gli agenti biologici sono presenti in quanto parte essenziale del processo (agente biologico atteso), dalle operazioni ove gli agenti biologici costituiscono un evento "inaspettato" (agente biologico inatteso).
Il modello di valutazione adottato, anche se rivolto principalmente alle attività caratterizzate da rischio biologico da esposizione potenziale, ha nell'intento quello di consentire una valutazione universalmente applicabile, di semplice utilizzo e in grado di aiutare a focalizzare l’attenzione sugli elementi importanti caratterizzanti il rischio biologico e a mettere in atto di conseguenza le necessarie azioni preventive. La metodologia adottata è concettualmente basata sul metodo "a matrice" ampiamente utilizzato per una valutazione semi-quantitativa dei rischi occupazionali.
La valutazione del rischio [R] è in generale effettuata tenendo conto dell'entità dell'evento dannoso [D] e della probabilità di accadimento dello stesso [P]. Dalla relazione [P] x [D] scaturisce un valore [R] che esprime il livello di rischio presente in quell'attività stante le condizioni che hanno portato a determinare [P] e [D].
Tra i metodi presenti in letteratura che consentono di determinare il livello di rischio biologico specifico vi è l’algoritmo elaborato dall’ISPRA e pubblicato con il Manuale e Linee Guida ISPRA n. 93/2013: “Criteri ed indirizzi per la tutela della salute e sicurezza in tema di valutazione del Rischio Biologico nelle attività istituzionali delle Agenzie per la Prevenzione dell’Ambiente” (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, 2013).
1. Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio di cui all'articolo 17, comma 1, tiene conto di tutte le informazioni disponibili relative alle caratteristiche dell'agente biologico e delle modalità lavorative, ed in particolare:
a) della classificazione degli agenti biologici che presentano o possono presentare un pericolo per la salute umana quale risultante dall'allegato XLVI o, in assenza, di quella effettuata dal datore di lavoro stesso sulla base delle conoscenze disponibili e seguendo i criteri di cui all'articolo 268, commi 1 e 2; b) dell'informazione sulle malattie che possono essere contratte; c) dei potenziali effetti allergici e tossici; d) della conoscenza di una patologia della quale è affetto un lavoratore, che è da porre in correlazione diretta all'attività lavorativa svolta; e) delle eventuali ulteriori situazioni rese note dall'autorità sanitaria competente che possono influire sul rischio; f) del sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologici utilizzati.
2. Il datore di lavoro applica i principi di buona prassi microbiologica, ed adotta, in relazione ai rischi accertati, le misure protettive e preventive di cui al presente titolo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative.
3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche dell'attività lavorativa significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata.
4. Nelle attività, quali quelle riportate a titolo esemplificativo nell'allegato XLIV, che, pur non comportando la deliberata intenzione di operare con agenti biologici, possono implicare il rischio di esposizioni dei lavoratori agli stessi, il datore di lavoro può prescindere dall'applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 273, 274, commi 1 e 2, 275, comma 3, e 279, qualora i risultati della valutazione dimostrano che l'attuazione di tali misure non è necessaria.
5. Il documento di cui all'articolo 17 è integrato dai seguenti dati: a) le fasi del procedimento lavorativo che comportano il rischio di esposizione ad agenti biologici; b) il numero dei lavoratori addetti alle fasi di cui alla lettera a); c) le generalità del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi; d) i metodi e le procedure lavorative adottate, nonché le misure preventive e protettive applicate; e) il programma di emergenza per la protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione ad un agente biologico del gruppo 3 o del gruppo 4, nel caso di un difetto nel contenimento fisico.
6. Il rappresentante per la sicurezza è consultato prima dell'effettuazione della valutazione di cui al comma 1 ed ha accesso anche ai dati di cui al comma 5. _______
Algoritmo per la valutazione del rischio biologico
Manuale e Linee Guida ISPRA n. 93/2013: “Criteri ed indirizzi per la tutela della salute e sicurezza in tema di valutazione del Rischio Biologico nelle attività istituzionali delle Agenzie per la Prevenzione dell’Ambiente”
L’algoritmo per la valutazione del rischio biologico
L’algoritmo è stato concepito riferendosi al metodo “a matrice”, ampiamente utilizzato in igiene industriale per la valutazione semi quantitativa dei rischi occupazionali.
Nella matrice, per il calcolo del rischio sono inseriti due elementi:
P = la probabilità d’accadimento di un evento dannoso.
D = il danno conseguente all’evento, qualora accada.
Dalla relazione P x D scaturisce un valore R che esprime il livello di rischio presente in quell’attività stante le condizioni che hanno portato a determinare P e D.
Per la valutazione del rischio biologico gli elementi P e D sono calcolati come di seguito illustrato.
Il fattore probabilità P è determinato dalla seguente formula,
dove:
C: indica la contaminazione presuntiva delle sostanze utilizzate (rischio intrinseco).
F: è il coefficiente derivante dall’analisi delle modalità operative, delle caratteristiche ambientali e della formazione degli operatori.
Il fattore danno D invece ha una diretta relazione con la classificazione di pericolosità degli AB, secondo l’allegato XLVI del D.Lgs. 81/08.
D è dato dal gruppo di pericolosità degli AB.
[box-info]Di seguito si illustra la valutazione del rischio biologico proprio degli operatori delle Agenzie di Protezione Ambientale desunta dal Manuale e Linee Guida ISPRA n. 93/2013: “Criteri ed indirizzi per la tutela della salute e sicurezza in tema di valutazione del Rischio Biologico nelle attività istituzionali delle Agenzie per la Prevenzione dell’Ambiente”[/box-info]
Danno (D)
Questo elemento importante della matrice del rischio indispensabile per risolvere l’algoritmo è individuato riferendosi al gruppo d’appartenenza secondo la classificazione dell’allegato XLVI dell’Agente Biologico utilizzato o potenzialmente presente.
Nei casi in cui l’operatore è esposto contemporaneamente a più AB, il valore del danno deve essere individuato considerando il gruppo d’appartenenza dell’AB potenzialmente presente/utilizzato, classificato con maggiore pericolosità.
Ad esempio per alcuni operatori l’esposizione ad AB è una conseguenza delle attività in cui gli AB sono:
- ricercati; utilizzati come ceppi di riferimento; - eventualmente presenti nei campioni; - presenti o veicolati dall’ambiente esterno.
Nella tabella 1.1. sono evidenziate le diverse sorgenti di pericolo.
Tabella 1.1 Le sorgenti di pericolo
Uso deliberato di AB
I pericoli, durante quest’attività, sono rappresentati dai ceppi microbici di riferimento e dagli AB oggetto dei saggi analitici di microbiologia. I saggi analitici prevedono la selezione mediante l’isolamento microbiologico, l’accrescimento e l’identificazione tramite le reazioni metaboliche e/o la caratterizzazione sierologia di alcuni di loro.
La valutazione del rischio biologico inizia con la compilazione della tabella 1.2, dove devono essere inscritti gli agenti che sono utilizzati in “maniera deliberata” nei laboratori oggetto della stima.
Danno in caso d’uso deliberato di microrganismi
Esposizione potenziale
Il valore che è attribuito a D in caso di esposizione potenziale dipende essenzialmente dalla pericolosità degli AB (quantificabile attraverso il gruppo d’appartenenza) che potrebbero contaminare i campioni.
Per stabilire quale valore di D potrebbe essere più appropriato per i vari processi lavorativi svolti nelle Agenzie, le tipologie di sostanze con cui gli operatori possono venire a contatto sono state organizzate in macrogruppi, caratterizzati ognuno da una certa omogeneità per la capacità potenziale di esporre gli operatori alla contaminazione.
In fase di VDR devono essere individuate le categorie, chiamate matrici cui i lavoratori possono venire in contatto; un esempio delle quali è riportato in tabella 1.3.
Tabella 1.3 Tipologia di campioni e raggruppamento per “matrici”
Per ciascuna categoria è stata eseguita un’approfondita ricerca bibliografica che ha portato ad individuare i microrganismi patogeni che potrebbero essere veicolati da ciascuna di esse insieme al riconoscimento della via di trasmissione attraverso la quale gli AB possono essere trasferiti al soggetto recettivo. Da tale ricerca sono stati individuati più di 200 AB con caratteristiche di patogenicità per l’individuo; di questi almeno una quarantina è trasmissibile per via aerea, tramite gli aerosol che si possono produrre durante l’attività.
Lo studio evidenzia inoltre come la gran quantità di dati che possono essere raccolti, quando si utilizzano queste matrici, siano difficili da impiegare e gestire per valutare il rischio biologico.
Inoltre, dopo una più approfondita considerazione sulla tipologia e sulle modalità d’esecuzione delle attività lavorative, oggetto della valutazione, si constata oggettivamente che sono anche poco utili ai fini della conoscenza della reale situazione a rischio.
Per quanto sopra risulta più utile e pratico tenere in evidenza ai fini della VDR solo il dato relativo al gruppo d’appartenenza degli agenti potenzialmente presenti di ciascuna macrocategoria; un esempio di risultati ottenuti dalla valutazione del danno potenziale in riferimento alle matrici sono schematizzati nella tabella 1.4.
Tabella 1.4 Danno in caso d’esposizione potenziale a microrganismi
In talune matrici possono teoricamente essere contenuti anche agenti del gruppo 4: in questi casi è indicato il numero 4 tra parentesi poiché si tratta di AB che scientificamente è possibile trovare tali matrici e quindi diventa doveroso considerare questa eventualità, ma bisogna pure tenere conto che questa evenienza, è estremamente remota. Sarà cura del valutatore, in considerazione della tipologia di campioni e della loro provenienza, considerare l’opportunità di inserire nell’algoritmo il valore di danno più opportuno, secondo le matrici manipolate nel processo di cui si vuole valutare il rischio biologico.
Quando, all’interno delle matrici, sono individuati più AB appartenenti a differenti gruppi di pericolosità, di norma, si deve inserire nell’algoritmo il valore più elevato a titolo cautelativo. È da tener presente, tuttavia, a questo proposito che i microrganismi appartenenti al gruppo 2 sono molto più numerosi e diffusi nell’ambiente rispetto a quelli di gruppo 3 e ancora di più rispetto a quelli di gruppo 4, quindi è ancora demandato al valutatore che applica il metodo inserire il valore più opportuno a seconda del caso.
[...]
C: Grado di contaminazione presuntiva delle sostanze utilizzate.
Pur non essendo note le caratteristiche microbiologiche quali-quantitive delle sostanze processate, l’esperienza e la letteratura a riguardo aiutano a classificare, seppure indicativamente, le matrici in base ad una contaminazione presuntiva.
La classificazione proposta si basa su 4 gradi di contaminazione, come illustrato in tabella 1.5, che concettualmente riprendono quelli che potrebbero essere i valori di carica batterica totale delle matrici.
Tabella 1.5 Classificazione della contaminazione presuntiva
Durante l’uso deliberato
Nelle attività lavorative degli operatori delle Agenzie condotte nei laboratori analitici di microbiologia, i terreni di coltura solidi o liquidi seminati contenenti gli AB (prevalentemente batteri e miceti) costituiscono l’origine del rischio biologico per gli operatori addetti alle attività microbiologiche.
Operando con questi sistemi di coltura è evidente che la contaminazione delle sostanze con cui si opera (i terreni di coltura, appunto) non è più presuntiva ma certa, e anche di grado elevato, in quanto una colonia batterica è costituita al 100% da batteri; il grado di contaminazione da attribuire per questa tipologia di attività è massimo (C=4).
Esposizione potenziale
Il giudizio sulla contaminazione presuntiva delle matrici è desunto dai valori espressi nella tabella 1.5.
In conformità con questa classificazione diviene possibile assegnare a ciascuna matrice un valore del Grado di contaminazione delle sostanze utilizzate “C”, come illustrato in tabella 1.6.
Tabella 1.6 Grado di contaminazione presuntiva delle sostanze utilizzate (C) - esposizione potenziale
Coefficienti Fi: quantità e frequenza delle manipolazioni dei campioni, caratteristiche ambientali procedure adottate (buone pratiche), utilizzo di DPI, formazione
I coefficienti, indicati con la lettera F e con un numero identificativo da 1 a 6, individuano le caratteristiche che condizionano il rischio biologico; ad ognuno di loro è assegnato un valore numerico:
- 0 = la caratteristica è adeguata alla corretta gestione del Rischio Biologico,
- 1 = la caratteristica non è adeguata alla corretta gestione del Rischio Biologico,
- 0,5 = la caratteristica è giudicata parzialmente adeguata alla corretta gestione del Rischio Biologico. La valutazione dell’adeguatezza è effettuata con i criteri specificati nelle tabelle seguenti, che sono state differenziate per processo.
[...]
Matrice dei rischi
Il modello di matrice matematica utilizzato è quello con 4 valori di Probabilità e 4 di Danno. In considerazione delle peculiarità proprie del rischio biologico di fatto in molte situazioni con esposizione ad AB le probabilità di contaminazione sono davvero basse. Per risolvere al meglio la valutazione del rischio nei casi con bassissima probabilità di contaminazione, nella scala delle probabilità, il valore “1” è stato suddiviso in due livelli: 0,5 (probabilità estremamente bassa) e 1 (probabilità molto bassa).
Graficamente il modello si visualizza come riportato in figura 1
L’assegnazione di un valore di P (probabilità) di 0.5, invece che 1, determina una valutazione del rischio in una categoria inferiore.
Al termine della valutazione è possibile esprimere un giudizio sul valore del rischio biologico secondo la scala evidenziata in Tabella 1.13.
Tabella 1.13 Misure di Prevenzione e Protezione in relazione all’entità del rischio
Per quanto riguarda le misure di prevenzione e protezione da attuare si può far riferimento al seguente elenco:
Norme igieniche generali
- Misure tecniche organizzative e procedurali di cui all’art. 272 del D.Lgs. 81/08 - Buona igiene personale, lavaggio delle mani dopo aver starnutito o tossito o pulito il naso, aver usato il bagno - Ventilazione adeguata degli spazi chiusi. - Utilizzo salviette monouso. - Utilizzo appositi contenitori per le salviette usate. - Formazione e informazione
Misure specifiche di prevenzione e protezione
- Misure specifiche per i laboratori con uso deliberato (del livello di contenimento adeguato) - Servizi sanitari per il personale dotati di docce con acqua calda e fredda - Lavaggi oculari - Rubinetti con pedale o fotocellula elettrica - Disinfezione periodica delle superfici di lavoro - Tempestivo allontanamento dei rifiuti, in particolare materiale organico - Utilizzo di DPI correttamente mantenuti (per quanto riguarda pulizia e controllo di funzionalità) - Indumenti protettivi riposti separatamente dagli abiti civili - Utilizzo preferibile di materiale usa e getta - Divieto di mangiare bere fumare nelle aree di lavoro - Formazione e informazione - Sorveglianza sanitaria
Misure igieniche specifiche urgenti
Quando la valutazione del rischio individua un livello di rischio biologico “alto le misure specifiche, individuate in precedenza, devono essere attuate nel più breve tempo possibile.
[...]
Esempio valutazione rischio biologico
- Esposizione ad agenti biologici per l'attività di "Pulizia e disinfezione dei servizi igienici"
Mansioni: Addetto all'attività di "Pulizia e disinfezione dei servizi igienici".
Il rischio da esposizione di agenti biologici è derivato dall'ambiente di lavoro in cui l'addetto opera.
- Esposizione ad aerosol provenienti da lavandini e docce
CEI EN 50527-1 / Procedura Valutazione esposizione CEM lavoratori con dispositivi medici impiantabili attivi (DMIA)
ID 17497 | 02.09.2022 / Documento completo in allegato
Documento sulla procedura per la valutazione dell'esposizione ai campi elettromagnetici dei lavoratori con dispositivi medici impiantabili attivi (DMIA) in accordo con le norme della serie CEI EN 50527-X, in riferimento a quanto previsto dalla Direttiva 2013/35/UE (GU L 179/1 del 29.6.2013) disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) (ventesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE), recepita in IT con il Decreto Legislativo 1 agosto 2016 n. 159 (GU 192 del 18.08.2016)
La Direttiva 2013/35/UE detta misure più adeguate e proporzionate per la protezione dei lavoratori dai rischi collegati ai campi elettromagnetici.
La Direttiva 2004/40/CE non affrontava il problema degli effetti a lungo termine, compresi i possibili effetti cancerogeni dell’esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici che variano nel tempo, per i quali non si dispone attualmente di prove scientifiche concludenti in grado di stabilire una relazione causale.
La Direttiva 2013/35/UE mira a trattare tutti gli effetti biofisici diretti e gli effetti indiretti noti provocati dai campi elettromagnetici, non solo al fine di assicurare la salute e la sicurezza di ciascun lavoratore considerato individualmente, ma anche a creare per tutti i lavoratori nell’Unione una piattaforma minima di protezione, evitando nel contempo possibili distorsioni della concorrenza.
del Parlamento Europeo e del 26 giugno 2013 sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) (ventesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) e che abroga la direttiva 2004/40/CE. (GU L 179/1 del 29.6.2013)[/box-note]
Attuazione della direttiva 2013/35/UE sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) e che abroga la direttiva 2004/40/CE. (GU 192 del 18.08.2016) [/box-note]
Fig. 1 - XX Direttiva particolare sicurezza lavoro (Rischio CEM)
CEI EN 50527-1:2017
Procedura per la valutazione dell'esposizione ai campi elettromagnetici dei lavoratori con dispositivi medici impiantabili attivi - Parte 1: Generalità
Classificazione CEI: 106-33
La presente Norma, predisposta per contribuire a soddisfare i requisiti essenziali della Direttiva 2013/35/EU, descrive la procedura di valutazione del rischio dell'esposizione sul luogo di lavoro a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici di frequenza da 0 Hz a 300 GHz, per i lavoratori che abbiano impiantati dei dispositivi medici attivi. Essa specifica come effettuare una valutazione generale del rischio e come determinare se sia necessario procedere con una ulteriore valutazione dettagliata. In particolare, viene fornita una tabella contenente i luoghi di lavoro conformi a priori per i lavoratori portatori di dispositivi impiantati attivi.
Questa Norma non copre gli effetti indiretti provocati da dispositivi impiantati non attivi e si limita a considerare il rischio causato dal malfunzionamento dei dispositivi impiantati attivi. Le possibilità di contributo al rischio dei dispositivi impiantati, ad esempio la modifica locale del campo elettromagnetico prodotto da una sorgente esterna o il campo elettromagnetico prodotto dal dispositivo impiantato stesso, sono stabilite nelle rispettive norme di prodotto.
In base agli specifici standard del posto di lavoro si può determinare se devono essere adottate misure/azioni preventive per rispettare le disposizioni della direttiva 2013/35/EU.
I requisiti prestazionali dei dispositivi medici impiantabili, non considerati da questa norma, sono definiti nelle rispettive norme di prodotto.
Se la valutazione del rischio, effettuata in accordo con questa norma, non conduce a un risultato, disposizioni integrative specifiche per differenti tipi di dispositivi medici impiantati sono fornite dalle relative norme particolari della serie 50527.
La presente Norma sostituisce completamente la Norma CEI EN 50527-1:2013-07, che rimane applicabile fino al 04-07-2019.
Questa Norma viene pubblicata dal CEI nella sola lingua inglese in quanto particolarmente mirata a settori specialistici. ________
Struttura delle norme della Serie CEI EN 50527-X
CEI EN 50527-1:2017 Procedura per la valutazione dell'esposizione ai campi elettromagnetici dei lavoratori con dispositivi medici impiantabili attivi Parte 1: Generalità
CEI EN 50527-2.1:2017 Procedura per la valutazione dell'esposizione ai campi elettromagnetici dei lavoratori con dispositivi medici impiantabili attivi Parte 2-1: Valutazione specifica per lavoratori con stimolatore cardiaco (pacemaker)
CEI EN 50527-2-2:2018 Procedura per la valutazione dell'esposizione ai campi elettromagnetici dei lavoratori con dispositivi medici impiantabili attivi Parte 2-2: Valutazione specifica per lavoratori con defibrillatori cardiaci impiantati (ICDs)
CEI EN 50527-2-3:2022 Procedura per la valutazione dell'esposizione ai campi elettromagnetici dei lavoratori portatori di dispositivi medici impiantabili attivi Parte 2-3: Valutazione specifica per lavoratori con neurostimolatori impiantabili
Fig. 2 - Struttura norme serie CEI EN 50527-X ... ________
CEI EN 50527-1:2017 Risk assessment
4 Risk assessment
4.1 Risk assessment procedure
4.1.1 Introduction
The Occupational Health and Safety Framework Directive 89/391/EEC requires in Article 15 about Risk groups: “Particularly sensitive risk groups must be protected against the dangers which specifically affect them.”
The interference of EMF with an implanted AIMD is identified as being an indirect effect causing particular risk within the scope of Article 4.5 of Directive 2013/35/EU.
Figure 2 gives a schematic overview of the risk assessment process.
For some types of workplaces the EMF risk assessment is covered by a specific workplace standard. If such a standard is used for risk assessment then the presentation of the result should normally be done in accordance with that standard.
Special considerations are often needed when it comes to the assessment of work that takes place outside the employer’s premises. It is generally advised that the employer trains
AIMD-Employees to be aware of particular risks that they might encounter during their work. This could be, for example, in situations where craftsmen like bricklayers, plumbers and carpenters do maintenance work on chimneys, rooftops, etc. where radio transmission or other transmitting antennas could be installed. AIMD-Employees should be instructed on how to deal with such equipment in a safe manner. Generally this means that AIMD-Employees are informed about the interference distances or zones of such equipment. If the safety information is not provided in a sign at the site, it can be requested from the owner of the Recepita come CEI EN 50527-1:2017-09 equipment. However, it is the employer’s responsibility that AIMD-employees have the right information on every workplace that they visit. ...
Figure 2 - Risk assessment process ...
5.2 Equipment with recommendations restricting use
5.2.1 General recommendations
In all cases where recommendations restricting use of workplace equipment are given with the AIMD, they should be identified and taken into account as part of the risk assessment. Where these recommendations cannot be taken into account at the workplace, a specific risk assessment following Annex A is required.
Such recommendations are normally in the form of a minimum separation distance between the equipment and the AIMD.
Those recommendations are given in the patients manual the AIMD-Employee receives from the implanting institution or by the suppliers of the specific equipment in the workplace.
Radon nelle abitazioni e luoghi di lavoro: tabelle riassuntive per Regione / Rev. Maggio 2023
ID 9941 | Rev. 1.0 del 14.05.2023 / Documento completo allegato
In allegato Documento completo e tabelle riassuntive, suddivise per Regione, delle misure di concentrazione di radon in oltre 50mila edifici tra abitazioni, scuole e luoghi di lavoro (Fonte ISS).
Nell’Archivio Nazionale Radon (ANR) sono presenti dati relativi a misure di concentrazione di radon in oltre 50mila edifici tra abitazioni, scuole e luoghi di lavoro. Tali misure sono state effettuate nell’ambito di indagini di misura organizzate da enti pubblici regionali e nazionali.
In particolare, nell’ANR sono presenti dati di concentrazione di radon in abitazioni presenti in oltre 3500 comuni italiani, nella metà dei quali sono state effettuate misure in almeno 5 abitazioni.
Negli allegati presenti in questa pagina, per ciascuna regione e provincia autonoma italiana, sono riportate tabelle riassuntive nelle quali, per i comuni con almeno 5 abitazioni misurate, sono presenti le seguenti informazioni:
i) numero di abitazioni in cui è stata misurata la concentrazione di radon; ii) media aritmetica della concentrazione di radon misurata nelle abitazioni del comune; iii) minimo e massimo della concentrazione di radon misurata nelle abitazioni del comune.
È possibile scaricare le suddette tabelle per ciascuna regione e provincia autonoma cliccando sugli allegati in basso.
Si ricorda, in ogni caso, che il valore di concentrazione medio comunale (riportato nelle tabelle) non permette di stimare la concentrazione nella propria abitazione. Per conoscere la concentrazione di radon nella propria abitazione è necessario effettuare una misura con dispositivi adeguati.
Attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom e riordino della normativa di settore in attuazione dell'articolo 20, comma 1, lettera a), della legge 4 ottobre 2019, n. 117. (GU n.201 del 12.08.2020 - Suppl. Ordinario n. 29) Entrata in vigore del provvedimento: 27/08/2020 ________
Art. 2 - Ambito di applicazione …
g) all'esposizione dei lavoratori o di individui della popolazione al radon in ambienti chiusi, all'esposizione esterna dovuta ai materiali da costruzione e ai casi di esposizione prolungata dovuta agli effetti di un'emergenza o di un'attivita' umana del passato; … Art. 12 Livelli di riferimento radon (Direttiva 2013/59/Euratom), articolo 7, articolo 54, comma 1, 74, comma 1; decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, allegato I-bis, punto 4 lettera a).
1. I livelli massimi di riferimento per le abitazioni e i luoghi di lavoro, espressi in termini di valore medio annuo della concentrazione di attivita' di radon in aria, sono di seguito indicati:
a) 300 Bq/m3 in termini di concentrazione media annua di attivita' di radon in aria per le abitazioni esistenti;
b) 200 Bq/m3 in termini di concentrazione media annua di attivita' di radon in aria per abitazioni costruite dopo il 31 dicembre 2024;
c) 300 Bq/m3 in termini di concentrazione media annua di attivita' di radon in aria per i luoghi di lavoro;
d) il livello di cui all'articolo 17, comma 4, e' fissato in 6 mSv in termini di dose efficace annua o del corrispondente valore di esposizione integrata annua riportato nell'Allegato II, sez. I, punto 1.[/box-note]
Valori di riferimento
La nuova direttiva europea “direttiva 2013/59/Euratom” (GU L 13/1 del 17.1.2014), recepita con il Decreto Legislativo 31 Luglio 2020 n. 101, indica come livello di riferimento, oltre il quale si suggerisce di intraprendere azioni di risanamento in 300 Bq/m3 (media annua) per tutti gli ambienti chiusi, abitazioni e luoghi di lavoro. ...
1-bis. Il presente decreto non si applica all'esposizione al radon nelle abitazioni o al fondo naturale di radiazioni, ossia non si applica ne' ai radionuclidi contenuti nell'organismo umano, ne' alla radiazione cosmica presente al livello del suolo, ne' all'esposizione in superficie ai radionuclidi presenti nella crosta terrestre non perturbata. Dal campo di applicazione sono escluse le operazioni di aratura, di scavo o di riempimento effettuate nel corso di attivita' agricole o di costruzione, fuori dei casi in cui dette operazioni siano svolte nell'ambito di interventi per il recupero di suoli contaminati con materie radioattive. ...[/box-note]
Per molti anni si è fatto riferimento alla Raccomandazione Euratom 143/90 “Sulla tutela della popolazione contro l’esposizione al Radon in ambienti chiusi” della Commissione Europea, dove sono consigliati dei livelli soglia per le abitazioni esistenti (400 Bq/m3) e per quelle di nuova costruzione (200 Bq/m3). I livelli vanno intesi come valori medi annui di concentrazione di radon.
A seguito dei risultati dei numerosi studi epidemiologici effettuati negli ultimi 20 anni e della conseguente rivalutazione del rischio di tumore polmonare associato all’esposizione al radon nelle abitazioni, nel 2009 l’Oms ha pubblicato il rapporto “WHO Handbook on Indoor Radon: A Public Health Perspective”, nel quale si raccomanda che i Paesi adottino possibilmente un livello di riferimento di 100 Bq/m3 o comunque non superiore a 300 Bq/m3.
L'EPA (Agenzia Americana per l'Ambiente) definisce in 150 Bq/mc3 il limite oltre il quale e' consigliabile prevedere tecniche di riduzione del Radon (EPA - Indoor Radon Abatement Act 1988)
Le attuali linee guida del Governo Canadese per il Radon adottate nel 2008, riportano una valore limite di 200 Bq/m3, tale valore è stato ridotto notevolmente rispetto il precedente che era di 800 Bq /m3.
La nuova direttiva europea “direttiva 2013/59/Euratom” (GU L 13/1 del 17.1.2014), recepita appunto con il Decreto Legislativo 31 Luglio 2020 n. 101, indica come livello di riferimento, oltre il quale si suggerisce di intraprendere azioni di risanamento in 300 Bq/m3 (media annua) per tutti gli ambienti chiusi, locali di lavoro e le abitazioni.
Art. 10 Piano nazionale d'azione per il radon (Direttiva 2013/59/Euratom), articolo 103 e allegato XVIII)
1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, del lavoro e delle politiche sociali e delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, sentito l'ISIN e l'Istituto superiore di sanita' (ISS), e' adottato il Piano nazionale d'azione per il radon, concernente i rischi di lungo termine dovuti all'esposizione al radon.
2. Il Piano si basa sul principio di ottimizzazione di cui all'articolo 1, comma 3, del presente decreto e individua conformemente a quanto previsto all'allegato III: …
c) le regole tecniche e i criteri di realizzazione di misure per prevenire l'ingresso del radon negli edifici di nuova costruzione nonche' degli interventi di ristrutturazione su edifici esistenti che coinvolgono l'attacco a terra, inclusi quelli di cui all'articolo 3, comma 1, lettere b), c) e d) del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380; ...[/box-note]
Sezione III Protezione dall'esposizione al radon nelle abitazioni
Art. 19 Radon nelle abitazioni - Interventi nelle aree prioritarie (Direttiva 2013/59/Euratom, articoli 74 e 103)
1. Fermo restando quanto stabilito all'articolo 10, comma 2, al fine di tutelare la popolazione dai rischi conseguenti all'esposizione al radon nelle abitazioni, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano promuovono campagne e azioni, nelle aree definite prioritarie ai sensi dell'articolo 11, per incentivare i proprietari di immobili adibiti a uso abitativo, aventi locali situati al pianterreno o a un livello semi sotterraneo o sotterraneo, a effettuare la misura della concentrazione di radon nell'ambiente chiuso attraverso i servizi di cui all'articolo 155, comma 3, o intraprendono specifici programmi di misurazione.
2. Le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano provvedono altresi' nelle aree definite prioritarie ai sensi dell'articolo 11, a intraprendere specifici programmi di misurazione della concentrazione di radon nell'ambiente chiuso per il patrimonio di edilizia residenziale pubblica, provvedendo conseguentemente all'adozione di misure correttive. Le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano comunicano all'ISIN le misure di risanamento adottate ai fini della registrazione delle stesse nella sezione della banca dati di cui all'articolo 13.
3. Nel caso in cui le misurazioni all'interno di abitazioni esistenti presentino una concentrazione media annua di attivita' di radon in aria superiore al livello di riferimento per gli edifici di nuova costruzione previsto nell'articolo 12, le Regioni e le Provincie autonome promuovono e monitorano l'adozione di misure correttive in attuazione del principio di ottimizzazione anche attraverso strumenti tecnici o di altro tipo, sulla base di quanto previsto nel Piano di cui all'articolo 10 ovvero secondo quanto previsto all'articolo 15, comma 2. Le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano comunicano all'ISIN le misure di risanamento rilevate ai fini della registrazione delle stesse nella sezione della banca dati di cui all'articolo 13.
4. Le misurazioni di cui al comma 1, sono effettuate dai servizi di dosimetria di cui all'articolo 155, i quali rilasciano al proprietario o al detentore dell'immobile una relazione tecnica contenente il risultato della misurazione e le informazioni specificate, e inviano con cadenza semestrale i dati alle Regioni e Provincie autonome e alla banca dati della rete nazionale di sorveglianza della radioattivita' ambientale, di cui all'articolo 152.[/box-note]
B. Luoghi di lavoro: 300 Bq/m3 (Direttiva 2013/59/UE - D.Lgs. 31 Luglio 2020 n. 101)
La nuova Direttiva 2013/59/Euratom all'Art. 54 Radon nei luoghi di lavoro (Decreto Legislativo 31 Luglio 2020 n. 101Art. 12 c.1 lett. c)), riporta che il livello di riferimento per la media annua della concentrazione di attività aerea non deve essere superiore a 300 Bq/m3, a meno che un livello superiore non sia giustificato dalle circostanze esistenti a livello nazionale.
Sezione II Esposizione al radon nei luoghi di lavoro
Art. 16 Campo di applicazione (Direttiva 2013/59/Euratom, articoli 23 e 54; decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, articolo 10-bis).
1. Le disposizioni di cui alla presente sezione si applicano a:
a) luoghi di lavoro sotterranei; b) luoghi di lavoro in locali semisotterranei o situati al piano terra, localizzati nelle aree di cui all'articolo 11; c) specifiche tipologie di luoghi di lavoro identificate nel Piano nazionale d'azione per il radon di cui all'articolo 10; d) stabilimenti termali.
Art. 17 Obblighi dell'esercente (Direttiva 2013/59/Euratom, articoli 9, 31 e 54; decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, articoli 10 ter e 10-quinquies).
1. Nei luoghi di lavoro di cui all'articolo 16 l'esercente e' tenuto a completare le misurazioni della concentrazione media annua di attivita' di radon in aria entro ventiquattro mesi decorrenti:
a) dall'inizio dell'attivita' nell'ipotesi di cui all'articolo 16 comma 1, lettere a) e d); b) dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana dell'elenco di cui all'articolo 11, comma 2, nell'ipotesi di cui all'articolo 16, comma 1, lettera b); c) dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del Piano di cui all'articolo 10 o delle sue successive modifiche, nell'ipotesi di cui all'articolo 16, comma 1, lettera c); d) dall'inizio delle attivita' se questo e' successivo al momento indicato nelle lettere b) e c).
1-bis. Fermo restando quanto previsto dalle lettere a) e b) del comma 1 nei luoghi di lavoro in locali semisotterranei e situati al piano terra l'esercente e' tenuto a completare le misurazioni entro 18 mesi dall'individuazione(fino entrata in vigore del Piano nazionale d’azione per il radon / ndr) di cui all'articolo 11 comma 3 da parte delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano.
2. Qualora la concentrazione media annua di attivita' di radon in aria non superi il livello di riferimento di cui all'articolo 12, comma 1, lettera c) l'esercente elabora e conserva per un periodo di otto anni un documento contenente l'esito delle misurazioni nel quale e' riportata la valutazione delle misure correttive attuabili. Tale documento costituisce parte integrante del documento di valutazione del rischio di cui all'articolo 17, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
L'esercente ripete le misurazioni di cui al comma 1 ogni otto anni e ogniqualvolta siano realizzati gli interventi di cui all'articolo 3, comma 1, lettere b), c) e d) del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 che comportano lavori strutturali a livello dell'attacco a terra nonche' gli interventi volti a migliorare l'isolamento termico.
3. Qualora la concentrazione media annua di attivita' di radon in aria superi il livello di riferimento di cui all'articolo 12, comma 1, lettera c), l'esercente e' tenuto a porre in essere misure correttive intese a ridurre le concentrazioni al livello piu' basso ragionevolmente ottenibile, avvalendosi dell'esperto di cui all'articolo 15, tenendo conto dello stato delle conoscenze tecniche e dei fattori economici e sociali. Dette misure sono completate entro due anni dal rilascio della relazione tecnica di cui al comma 6 e sono verificate, sotto il profilo dell'efficacia, mediante nuova misurazione. L'esercente deve garantire il mantenimento nel tempo dell'efficacia delle misure correttive. A tal fine ripete le misurazioni con cadenza quadriennale.
4. Qualora, nonostante l'adozione delle misure correttive, la concentrazione media annua di radon resti superiore al livello di riferimento di cui all'articolo 12, comma 1, lettera c), l'esercente effettua la valutazione delle dosi efficaci annue, avvalendosi dell'esperto di radioprotezione che rilascia apposita relazione, o delle corrispondenti esposizioni integrate annue. Nel caso in cui i risultati della valutazione siano inferiori ai valori indicati all'articolo 12, comma 1, lettera d), l'esercente tiene sotto controllo le dosi efficaci o le esposizioni dei lavoratori fintanto che ulteriori misure correttive non riducano la concentrazione media annua di attivita' di radon in aria al di sotto del predetto livello di riferimento, tenendo conto dello stato delle conoscenze tecniche e dei fattori economici e sociali. L'esercente conserva i risultati delle valutazioni per un periodo non inferiore a dieci anni. Nel caso in cui i risultati della valutazione siano superiori ai valori indicati all'articolo 12, comma 1, lettera d), l'esercente adotta i provvedimenti previsti dal Titolo XI, ad esclusione dell'articolo 109, commi 2, 3, 4 e 6, lettera f) e dell'articolo 130, commi 3, 4, 5 e 6.
5. Le valutazioni di dose efficace o di esposizione di cui al precedente comma sono effettuate con le modalita' indicate nell'allegato II o nell'allegato XXIV, ove applicabile. Nel caso in cui il lavoratore sia esposto anche ad altre sorgenti di radiazioni ionizzanti le dosi efficaci dovute ai diversi tipi di sorgenti sono registrate in modo distinto, fermi restando gli obblighi di cui agli articoli 112, 123 e 146. Il limite di dose efficace annua di cui all'articolo 146 si applica alla somma delle dosi efficaci dovute all'esposizione al radon e a quelle dovute ad altre sorgenti.
6. L'esercente effettua le misurazioni della concentrazione media annua di attivita' di radon in aria avvalendosi dei servizi di dosimetria riconosciuti di cui all'articolo 155, secondo le modalita' indicate nell'allegato II, che rilasciano una relazione tecnica con il contenuto indicato nel medesimo allegato che costituisce parte integrante del documento di valutazione del rischio di cui all'articolo 17 , del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
7. Nelle more dei riconoscimenti dei servizi per le misure radon sono organismi idoneamente attrezzati quelli che soddisfano i requisiti minimi indicati nell'allegato II.[/box-note]
1. Gli Stati membri stabiliscono livelli di riferimento nazionali per le concentrazioni di radon nei luoghi di lavoro. Il livello di riferimento per la media annua della concentrazione di attività aerea non deve essere superiore a 300 Bq/m3, a meno che un livello superiore non sia giustificato dalle circostanze esistenti a livello nazionale. 2. Gli Stati membri dispongono che le misurazioni del radon siano effettuate: a) in luoghi di lavoro all'interno delle zone individuate conformemente all'articolo 103, paragrafo 3, situati al pianterreno o a livello interrato, tenendo conto dei parametri contenuti nel piano d'azione nazionale di cui al punto 2 dell'allegato XVIII, nonché b) in specifiche tipologie di luoghi di lavoro identificate nel piano d'azione nazionale tenendo conto del punto 3 dell'allegato XVIII. 3. Nelle zone all'interno dei luoghi di lavoro in cui la concentrazione di radon (come media annua) continua a superare il livello di riferimento nazionale nonostante le azioni intraprese conformemente al principio di ottimizzazione di cui al capo III, gli Stati membri dispongono che tale situazione sia notificata conformemente all'articolo 25, paragrafo 2, e si applica l'articolo 35, paragrafo 2. ...[/box-note]
Rischio alcol e sostanze stupefacenti: DVR e Procedura controllo su nuove linee di Indirizzo CSR
ID 337 | 05.04.2017 / Modello allegato
Modello di Valutazione dei Rischi assunzione alcolici e sostanze stupefacenti in accordo con le nuove linee di Indirizzo CSR in approvazione (Vedi il testo definitivo).
Le nuove di linee di indirizzo, molto attese, (testo definitivo disponibile, provvedimento previsto dall'Art. 41 c. 4-bis del D.Lgs. 81/2008, non ancora adottato), armonizzano la valutazione e le procedure per il rischio di assunzione alcolici e sostanze stupefacenti e psicotropiche per le attività lavorative (articoli 17, 28 e 41D.Lgs. 81/08).
Le linee di indirizzo sono elaborate ai sensi dell'Art. 41 c. 4-bis (l'attuazione dell'art.41, c. 4-bis del D.Lgs. 81/2008 indicato nel TUS con data 31 dicembre 2009) hanno l'obiettivo di predisporre un protocollo nazionale per l'accertamento di condizioni di tossico-dipendenza e alcol-dipendenza, quindi uniforme sul territorio nazionale.
[alert]D.Lgs. 81/2008 ... Art. 41 Sorveglianza sanitaria ... 4-bis. Entro il 31 dicembre 2009, con accordo in Conferenza Stato-regioni, adottato previa consultazione delle parti sociali, vengono rivisitate le condizioni e le modalità per l'accertamento della tossicodipendenza e della alcol dipendenza.[/alert]
Infatti la mancata predisposizione delle linee di indirizzo nazionali, previste come detto al 31 Dicembre 2009, ha indotto le Regioni a dotarsi di protocolli regionali differenti, con conseguenti valutazioni e comportamenti differenziati degli organi di vigilanza nelle varie regioni.
Inoltre le linee di indirizzo intendono armonizzare l'attuale condizione di individuazione di mansioni diverse per l'alcol e per le sostanze stupefacenti e psicotrope, previste rispettivamente nell'intesa del 16 marzo 2006 e nell'intesa del 30 ottobre 2007, con l'individuazione di una unica tabella delle le mansioni a rischio per le quali sia prevista la sorveglianza sanitaria a tutela del lavoratore e dei terzi. _______
Il presente documento, costituisce parte integrante del documento di Valutazione dei rischi.
Infatti, ai fini di ottemperare al D.Lgs 9 aprile 2008 n. 81, il datore di lavoro deve effettuare un’analisi completa e puntuale di tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori (articoli 17, 28 e 41), valutando, il rischio di assunzione alcolici e sostanze stupefacenti e psicotropiche per le attività lavorative, che comportano nell'espletamento delle relative mansioni, un elevato rischio per la sicurezza, l'incolumità e la salute per i lavoratori e per i terzi, attività individuate nell’allegato di A delle linee di indirizzo.
Allegato A elenco:
Punto 1: Attività per le quali è richiesto un certificato di abilitazione per l'espletamento dei seguenti lavori:
a) Impiego di gas tossici; b) Fabbricazione e uso di fuochi artificiali; c) Direzione tecnica e conduzione di impianti nucleari;
Punto 2: Attività comportanti lavori in tubazioni, canalizzazioni, recipienti, quali vasche e serbatoi e simili, nei quali possono esservi gas, vapori, polveri infiammabili od esplosivi;
Punto 3: Attività sanitarie che comportano procedure invasive svolte in strutture sanitarie pubbliche o private che espongono al rischio di ferite da taglio o da punta, di cui al titolo X-bis del Dlgs 81/08.
Punto 4: Attività comportanti l'obbligo della dotazione di armi.
Punto 5: Attività di trasporto:
a) Autisti di veicoli stradali per i quali è richiesto il possesso della patente di guida categorie C, D, E e quelli per i quali è richiesto il certificato di abilitazione per la guida di taxi o di veicoli in servizio di noleggio con conducente ovvero il certificato di formazione professionale per la guida di veicoli che trasportano merci pericolose su strada; b) circolazione dei treni e sicurezza dell'esercizio ferroviario:
- Personale ferroviario navigante sulle navi del gestore dell'infrastruttura ferroviaria con esclusione del personale di camera e di mensa; - Personale navigante delle acque interne e delle acque marine, con qualifica di conduttore per le imbarcazioni da diporto adibite a noleggio; - Personale addetto alla circolazione e alla sicurezza delle ferrovie in concessione e in gestione governativa, metropolitane, tranvie e impianti assimilabili, filovie, autolinee e impianti funicolari; - Conducenti, conduttori, manovratori e addetti agli scambi di altri veicoli con binario, rotaie o di apparecchi di sollevamento, esclusi i manovratori di carri ponte con pulsantiera a terra e di monorotaie;
c) personale marittimo di l categoria delle sezioni di coperta e di macchina, limitatamente allo Stato maggiore e sottufficiali componenti l'equipaggio di navi mercantili e passeggeri, nonché il personale marittimo e tecnico delle piattaforme in mare e delle navi posatubi; d) controllori di volo; e) personale aeronautico di volo; f) collaudatori di mezzi di navigazione marittima, terrestre ed aerea; g) addetti ai pannelli di controllo del movimento nel settore dei trasporti; h) addetti alla guida di macchine di movimentazione terra e merci richiedenti una specifica abilitazione, prevista dal comma 5 dell'articolo 73 del Dlgs 81/08;
Punto 6: Attività di produzione, confezionamento, trasporto e vendita di esplosivi.
Punto 7: Attività nel settore dell'edilizia e delle costruzioni: operatori che svolgano attività in quota ad altezze superiori ai due metri.
Punto 8: Attività nel settore idrocarburi: Operatori con sostanze esplosive ed infiammabili.
Punto 9: Attività svolte in cave e miniere: addetti ai lavori in cave e miniere.
Il Datore di lavoro, insieme al RSPP e al medico competente, una volta stabilita l’applicabilità del rischio correlato alcol-stupefacenti, adotta le seguenti misure di prevenzione:
- Divieti di assunzione;
- Informazione sul rischio alcol-stupefacenti;
- Controllo/accertamento per la verifica del rispetto del divieto di assunzione e per l’idoneità alla mansione dell’attività a rischio. _______
Il DVR assunzione alcolici e sostanze stupefacenti risulta essere così articolato:
1. Nota introduttiva 1.1 Riferimenti legislativi 2. Dati generali dell’azienda 2.1 Descrizione dell’attività e dei luoghi di lavoro 3. Elenco delle attività /mansioni rischio infortuni gravi e mortali correlati all’assunzione di alcolici e di sostanze stupefacenti (Allegato A) 4. Valutazione rischio correlato assunzione alcolici e sostanze stupefacenti 4.1 Individuazione dell'attività rischio correlato 4.2 Individuazione delle mansioni rischio correlato 4.3 Valutazione rischio correlato applicazione 4.4 Divieto di assunzione alcol-stupefacenti 4.5 Procedure aziendali e controlli 4.6 Procedure di controllo per la verifica del rispetto del divieto di assunzione 4.7 Sorveglianza sanitaria per verificare l'assenza di assunzione e dipendenza 5. Conclusioni
4. Le visite mediche di cui al comma 2, a cura e spese del datore di lavoro, comprendono gli esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente. Nei casi ed alle condizioni previste dall'ordinamento, le visite di cui al comma 2, lettere a), b), d), e-bis) e e-ter) sono altresì finalizzate alla verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti. 4-bis. Entro il 31 dicembre 2009, con accordo in Conferenza Stato-regioni, adottato previa consultazione delle parti sociali, vengono rivisitate le condizioni e le modalità per l'accertamento della tossicodipendenza e della alcol dipendenza...[/panel]
Legge quadro in materia di alcol e di problemi alcol-correlati ... Art. 15. (Disposizioni per la sicurezza sul lavoro)
1. Nelle attivita' lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l'incolumita' o la salute dei terzi, individuate con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanita', da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, e' fatto divieto di assunzione e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche.
2. Per le finalita' previste dal presente articolo i controlli alcolimetrici nei luoghi di lavoro possono essere effettuati esclusivamente dal medico competente ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, ovvero dai medici del lavoro dei servizi per la prevenzione e la sicurezza negli ambienti di lavoro con funzioni di vigilanza competenti per territorio delle aziende unita' sanitarie locali.
3. Ai lavoratori affetti da patologie alcolcorrelate che intendano accedere ai programmi terapeutici e di riabilitazione presso i servizi di cui all'articolo 9, comma 1, o presso altre strutture riabilitative, si applica l'articolo 124 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.
4. Chiunque contravvenga alle disposizioni di cui al comma 1 e' punito con la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma da lire 1 milione a lire 5 milioni. [/panel]
Dispositivi di protezione collettiva: Priorità DPC rispetto DPI / Note 07.2021
ID 14138 | 26.07.2021
Documento relativo ai Dispositivi di Protezione Collettiva (DPC) e DPI e loro gerarchia d'adozione, estratti D.Lgs 81/2008, Interpello 6/2019, Sentenza CC, Altro.
I Dispositivi di Protezione Collettiva (DPC)
I DPC sono quei sistemi che intervengono direttamente sulla fonte del pericolo e limitano il rischio di esposizione di tutti i lavoratori e non solo del singolo lavoratore.
Nel D.Lgs 81/2008 è previsto un approccio secondo il quale l’adozione dei DPC è da considerarsi prioritaria rispetto ai DPI. Il datore di lavoro, pertanto, nello svolgere la valutazione dei rischi, deve proporre l’utilizzo di un determinato DPI solamente nel caso in cui i rischi non possano essere eliminati, o sufficientemente ridotti, attraverso metodi di protezione collettiva.
La differenza tra DPI e DPC è che i primi sono strumenti progettati per essere indossati da un solo lavoratore per la sua salute o sicurezza, come ad esempio caschi, guanti, occhiali, mentre i secondi offrono allo stesso tempo protezione a più lavoratori dagli stessi rischi lavorativi, e inoltre le condizioni di sicurezza che garantiscono i dispositivi di protezione collettiva sono quasi sempre molto superiori rispetto a quelle garantite dall'uso dei dispositivi di protezione individuale.
[box-note]D.Lgs. 81/2008 (Art. d’interesse - testo esteso a seguire)
L'Art. 15 del decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, rubricato “Misure generali di tutela”, al comma 1, lettera i), prevede "la priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale".
L’Art. 75 del decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008riporta che i "DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro".
L'Art. 111 del decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, rubricato “Obblighi del datore di lavoro nell’uso di attrezzature per lavori in quota”, al comma 1, lettera a), statuisce la “priorità” delle “misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale” ed al comma 6, prevede che “Il datore di lavoro nel caso in cui l'esecuzione di un lavoro di natura particolare richiede l'eliminazione temporanea di un dispositivo di protezione collettiva contro le cadute, adotta misure di sicurezza equivalenti ed efficaci […]. Una volta terminato definitivamente o temporaneamente detto lavoro di natura particolare, i dispositivi di protezione collettiva contro le cadute devono essere ripristinati”;
L'Art. 148, comma 1 del decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008 afferma che il datore di lavoro "ha la facoltà di valutare caso per caso quali misure di protezione (collettiva o individuale) adottare.[/box-note]
L'Art. 15, quindi, sancisce il principio della priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale (ripreso come detto dagli Art. 75, Art. 111 e Art. 148).
[box-info]In scala gerarchica, quindi, l’adozione dei DPI è quindi subordinata (Art. 75, salvo quanto previsto dall’Art. 148):
1. Alla preventiva valutazione dei rischi (da misure tecniche di prevenzione) 2. All’adozione di misure di protezione collettiva, 3. All'adozione di misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro.[/box-info]
Fig. 1 - Ordine gerarchico adozione DPC e DPI (Art. 75e Art. 148)
(*)Art. 148- Lavori speciali (Valutazione sull’adozione di DPI in sostituzione di DPC / seguire strada SI)
1. Prima di procedere alla esecuzione di lavori su lucernari, tetti, coperture e simili, fermo restando l'obbligo di predisporre misure di protezione collettiva, deve essere accertato che questi abbiano resistenza sufficiente per sostenere il peso degli operai e dei materiali di impiego.
2. Nel caso in cui sia dubbia tale resistenza, devono essere adottati i necessari apprestamenti atti a garantire la incolumità delle persone addette, disponendo, a seconda dei casi, tavole sopra le orditure, sottopalchi e facendo uso di idonei dispositivi di protezione individuale anticaduta.
Norme
Mentre per i DPI, sono previste norme legislative dedicate generali quali:
Per i DPC non sono previste norme legislative generali, ma solo dedicate e specifiche.
Da individuare sempre, sia DPI/DPC, eventuali norme tecniche per la fabbricazione, istallazione uso e manutenzione.
Dispositivi di protezione collettiva - Esempi
A seguire un breve elenco di DPC:
- reti di sicurezza (soprattutto nei lavori di edilizia); - dispositivi per l'estrazione di fumi o vapori; - rilevatori di incendio; - sistemi di sterilizzazione; - sistemi di monitoraggio; - lavaocchi di emergenza; - ponteggi (presenti in tutti i lavori di edilizia); - gruppi di continuità; - corrimano; - cappe chimiche; - cappe di sicurezza microbiologica; - parapetti provvisori; - parapetti fissi; - sistemi di ricambio dell'aria; - depuratori d'aria. - sistemi di schermatura radiazioni
1. Il datore di lavoro, nei casi in cui i lavori temporanei in quota non possono essere eseguiti in condizioni di sicurezza e in condizioni ergonomiche adeguate a partire da un luogo adatto allo scopo, sceglie le attrezzature di lavoro più idonee a garantire e mantenere condizioni di lavoro sicure, in conformità ai seguenti criteri:
a) priorità alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale; ...
6. Il datore di lavoro nel caso in cui l'esecuzione di un lavoro di natura particolare richiede l'eliminazione temporanea di un dispositivo di protezione collettiva contro le cadute, adotta misure di sicurezza equivalenti ed efficaci. Il lavoro è eseguito previa adozione di tali misure. Una volta terminato definitivamente o temporaneamente detto lavoro di natura particolare, i dispositivi di protezione collettiva contro le cadute devono essere ripristinati. ... Art. 148 - Lavori speciali
1. Prima di procedere alla esecuzione di lavori su lucernari, tetti, coperture e simili, fermo restando l'obbligo di predisporre misure di protezione collettiva, deve essere accertato che questi abbiano resistenza sufficiente per sostenere il peso degli operai e dei materiali di impiego.
2. Nel caso in cui sia dubbia tale resistenza, devono essere adottati i necessari apprestamenti atti a garantire la incolumità delle persone addette, disponendo, a seconda dei casi, tavole sopra le orditure, sottopalchi e facendo uso di idonei dispositivi di protezione individuale anticaduta.[/box-note]
Oggetto: Interpello ai sensi dell'articolo 12 del d.lgs. n. 81/2008 e successive modificazioni. “Chiarimenti in merito l’obbligo di cui all’articolo 148 comma 1 del D.Lgs. 81/2008”.
Seduta della Commissione del 15 luglio 2019.
La Federazione Sindacale Italiana dei Tecnici e Coordinatori della Sicurezza ha formulato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione in merito al seguente quesito: "Il datore di lavoro deve sempre predisporre obbligatoriamente misure di protezione collettiva, ai sensi dell’articolo 148 c. 1 D.Lgs. 81/2008 smi, ovvero ha la facoltà di valutare caso per caso quali misure di protezione (collettiva o individuale) adottare?". Il richiedente afferma che "Questo obbligo risulta in contrasto con quanto indicato nell’articolo 111 c. 1 let. a) del D.Lgs. 81/2008 smi per il quale il datore di lavoro, in caso di lavori in quota, deve dare priorità alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale ma non l’obbligo di predisporle sempre".
Al riguardo, premesso che:
- l’articolo 15 del decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, rubricato “Misure generali di tutela”, al comma 1, lettera i), prevede "la priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale"; - l’articolo 75 del decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, rubricato "Obbligo di uso", stabilisce che "I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro"; - l’articolo 111 del decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, rubricato “Obblighi del datore di lavoro nell’uso di attrezzature per lavori in quota”, al comma 1, lettera a), statuisce la “priorità” delle “misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale” ed al comma 6, prevede che “Il datore di lavoro nel caso in cui l'esecuzione di un lavoro di natura particolare richiede l'eliminazione temporanea di un dispositivo di protezione collettiva contro le cadute, adotta misure di sicurezza equivalenti ed efficaci […]. Una volta terminato definitivamente o temporaneamente detto lavoro di natura particolare, i dispositivi di protezione collettiva contro le cadute devono essere ripristinati”; - l’articolo 148 del decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, rubricato “lavori speciali”, al comma 1, stabilisce che “Prima di procedere alla esecuzione di lavori su lucernari, tetti, coperture e simili, fermo restando l’obbligo di predisporre misure di protezione collettiva, deve essere accertato che questi abbiano resistenza sufficiente per sostenere il peso degli operai e dei materiali di impiego” ed al comma 2 prevede che: “Nel caso in cui sia dubbia tale resistenza, devono essere adottati i necessari apprestamenti atti a garantire la incolumità delle persone addette, disponendo, a seconda dei casi, tavole sopra le orditure, sottopalchi e facendo uso di idonei dispositivi di protezione individuale anticaduta”;
In particolare, il citato articolo 148, riguardante i lavori speciali, sancisce l’obbligo di predisporre comunque misure di protezione collettiva, nel caso di lavori effettuati su lucernari, tetti, coperture e simili, che possano esporre a rischio il lavoratore e qualora, sulla base della valutazione del rischio, le citate superfici non siano in grado di garantire una resistenza sufficiente per sostenere il peso degli operai e dei materiali di impiego o sia dubbia la loro resistenza, devono essere adottati i necessari apprestamenti atti ad assicurare l’incolumità delle persone addette. La norma de qua è, dunque, una disposizione speciale rispetto a quella generale di cui all’articolo 111 del menzionato decreto legislativo che disciplina i lavori in quota e come tale prevalente rispetto ad essa nell’ambito delle fattispecie espressamente previste.
"....il criterio di priorità delle misure di protezione collettiva rispetto a quelle di protezione individuale ha carattere diffuso e si estende anche a lavorazioni specifiche (come quelle “in quota” ex art 111, co. 1, lettera a)).
In merito all’obbligatorietà dei DPI, che devono essere impiegati nel caso in cui i rischi non possano essere evitati o sufficientemente ridotti “da mezzi di protezione collettiva” (art. 75), presuppone che questi ultimi siano non solo prevalenti sulla scala della rilevanza ma anche vincolanti in prima battuta nella realizzazione delle misure di protezione.
L’obbligatorietà dei dispositivi collettivi trova poi una doppia conferma nel comma 6 dell’art. 111 che, da un lato, impone l’adozione di “misure di sicurezza equivalenti ed efficaci” nel caso in cui l’esecuzione di un lavoro di natura particolare richieda l’eliminazione delle misure di protezione collettiva e, dall’altro, impone il ripristino dei dispositivi di protezione collettiva una volta terminato il lavoro. ... alla luce del disposto dell’art. 148 del Testo Unico vi sia la necessità di accertare, prima dell’esecuzione di lavori su lucernari, tetti, coperture e simili e fermo restando l’obbligo di predisporre misure di protezione collettiva, che tali strutture abbiano resistenza sufficiente per sostenere il peso degli operai e dei materiali di impiego. Sulla base di quanto precede, la Cassazione conclude rilevando come ove si debbano svolgere lavori al di sopra di “lucernari, tetti, coperture e simili” sia obbligatoria la predisposizione di misure di protezione collettiva, con l’unico ed esclusivo limite dato dal fatto che la realizzazione di tali misure risulti incompatibile con lo stato dei luoghi o impossibile per altre ragioni tecniche, la cui prova in giudizio grava sul datore di lavoro e, per quanto di competenza, sui soggetti titolari di posizioni di garanzia..."
ID 12616 | 23.02.2021 / In allegato Documento di sintesi, esempio tavola tecnica, modello PSC
Il D.lgs. 81/08prevede che il piano di sicurezza e coordinamento (PSC) comprenda almeno una planimetria sull’organizzazione del cantiere (layout di cantiere) e, quando la particolarità dell’opera lo richieda, una tavola tecnica sugli scavi.
Il piano di sicurezza degli scavi ha lo scopo di fornire i criteri di esecuzione e le misure di sicurezza adottate per lo svolgimento delle attività di scavo in cantiere.
In particolare vengono definite le seguenti caratteristiche di uno scavo:
[panel]- la tipologia delle fasi di scavo; - le tecnologie che verranno utilizzate durante lo scavo; - le modalità per la realizzazione degli accessi agli scavi e dei sistemi di sostegno delle pareti degli scavi; - le misure di prevenzione e protezione procedurali a cui attenersi durante gli scavi e le eventuali emergenze.[/panel]
1. Il piano è costituito da una relazione tecnica e prescrizioni correlate alla complessità dell’opera da realizzare ed alle eventuali fasi critiche del processo di costruzione, atte a prevenire o ridurre i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi i rischi particolari di cui all’ALLEGATO XI, con specifico riferimento ai rischi derivanti dal possibile rinvenimento di ordigni bellici inesplosi nei cantieri interessati da attività di scavo, nonché la stima dei costi di cui al punto 4 dell’ALLEGATO XV. Il piano di sicurezza e coordinamento (PSC) è corredato da tavole esplicative di progetto, relative agli aspetti della sicurezza, comprendenti almeno una planimetria sull’organizzazione del cantiere e, ove la particolarità dell’opera lo richieda, una tavola tecnica sugli scavi. I contenuti minimi del piano di sicurezza e di coordinamento e l’indicazione della stima dei costi della sicurezza sono definiti all’ALLEGATO XV. 2. Il piano di sicurezza e coordinamento è parte integrante del contratto di appalto. 3. I datori di lavoro delle imprese esecutrici e i lavoratori autonomi sono tenuti ad attuare quanto previsto nel piano di cui al comma 1 e nel piano operativo di sicurezza. 4. I datori di lavoro delle imprese esecutrici mettono a disposizione dei rappresentanti per la sicurezza copia del piano di sicurezza e di coordinamento e del piano operativo di sicurezza almeno dieci giorni prima dell’inizio dei lavori. 5. L’impresa che si aggiudica i lavori ha facoltà di presentare al coordinatore per l’esecuzione proposte di integrazione al piano di sicurezza e di coordinamento, ove ritenga di poter meglio garantire la sicurezza nel cantiere sulla base della propria esperienza. In nessun caso le eventuali integrazioni possono giustificare modifiche o adeguamento dei prezzi pattuiti. 6. Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai lavori la cui esecuzione immediata è necessaria per prevenire incidenti imminenti o per organizzare urgenti misure di salvataggio o per garantire la continuità in condizioni di emergenza nell’erogazione di servizi essenziali per la popolazione quali corrente elettrica, acqua, gas, reti di comunicazione. 6-bis. Il committente o il responsabile dei lavori, se nominato, assicura l’attuazione degli obblighi a carico del datore di lavoro dell’impresa affidataria previsti dall’articolo 97 comma 3-bis e 3-ter. Nel campo di applicazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, si applica l’articolo 118, comma 4, secondo periodo, del medesimo decreto legislativo.[/panel]
_________
1. Sicurezza degli scavi e delle fondazioni D.Lgs. 81/08
[panel]CAPO II - NORME PER LA PREVENZIONE DEGLI INFORTUNI SUL LAVORO NELLE COSTRUZIONI E NEI LAVORI IN QUOTA
SEZIONE III - SCAVI E FONDAZIONI
Articolo 118 - Splateamento e sbancamento 1. Nei lavori di splateamento o sbancamento, se previsto l’accesso di lavoratori, le pareti delle fronti di attacco devono avere una inclinazione o un tracciato tali, in relazione alla natura del terreno, da impedire franamenti. Quando la parete del fronte di attacco supera l’altezza di m 1,50, è vietato il sistema di scavo manuale per scalzamento alla base e conseguente franamento della parete. 2. Quando per la particolare natura del terreno o per causa di piogge, di infiltrazione, di gelo o disgelo, o per altri motivi, siano da temere frane o scoscendimenti, deve essere provveduto all’armatura o al consolidamento del terreno. 3. Nei lavori di escavazione con mezzi meccanici deve essere vietata la presenza degli operai nel campo di azione dell’escavatore e sul ciglio del fronte di attacco. 4. Il posto di manovra dell’addetto all’escavatore, quando questo non sia munito di cabina metallica, deve essere protetto con solido riparo. 5. Ai lavoratori deve essere fatto esplicito divieto di avvicinarsi alla base della parete di attacco e, in quanto necessario in relazione all’altezza dello scavo o alle condizioni di accessibilità del ciglio della platea superiore, la zona superiore di pericolo deve essere almeno delimitata mediante opportune segnalazioni spostabili col proseguire dello scavo.
Articolo 119 - Pozzi, scavi e cunicoli 1. Nello scavo di pozzi e di trincee profondi più di m 1,50, quando la consistenza del terreno non dia sufficiente garanzia di stabilità, anche in relazione alla pendenza delle pareti, si deve provvedere, man mano che procede lo scavo, all’applicazione delle necessarie armature di sostegno. 2. Le tavole di rivestimento delle pareti devono sporgere dai bordi degli scavi di almeno 30 centimetri. 3. Nello scavo dei cunicoli, a meno che si tratti di roccia che non presenti pericolo di distacchi, devono predisporsi idonee armature per evitare franamenti della volta e delle pareti. Dette armature devono essere applicate man mano che procede il lavoro di avanzamento; la loro rimozione può essere effettuata in relazione al progredire del rivestimento in muratura. 4. Idonee armature e precauzioni devono essere adottate nelle sottomurazioni e quando in vicinanza dei relativi scavi vi siano fabbriche o manufatti le cui fondazioni possano essere scoperte o indebolite dagli scavi. 5. Nella infissione di pali di fondazione devono essere adottate misure e precauzioni per evitare che gli scuotimenti del terreno producano lesioni o danni alle opere vicine con pericolo per i lavoratori. 6. Nei lavori in pozzi di fondazione profondi oltre 3 metri deve essere disposto, a protezione degli operai addetti allo scavo ed all’asportazione del materiale scavato, un robusto impalcato con apertura per il passaggio della benna. 7. Nei pozzi e nei cunicoli deve essere prevista una adeguata assistenza all’esterno e le loro dimensioni devono essere tali da permettere il recupero di un lavoratore infortunato privo di sensi. 7-bis. Il sollevamento di materiale dagli scavi deve essere effettuato conformemente al punto 3.4. dell’Allegato XVIII.
Articolo 120 - Deposito di materiali in prossimità degli scavi 1. È vietato costituire depositi di materiali presso il ciglio degli scavi. Qualora tali depositi siano necessari per le condizioni del lavoro, si deve provvedere alle necessarie puntellature.
Articolo 121 - Presenza di gas negli scavi 1. Quando si eseguono lavori entro pozzi, fogne, cunicoli, camini e fosse in genere, devono essere adottate idonee misure contro i pericoli derivanti dalla presenza di gas o vapori tossici, asfissianti, infiammabili o esplosivi, specie in rapporto alla natura geologica del terreno o alla vicinanza di fabbriche, depositi, raffinerie, stazioni di compressione e di decompressione, metanodotti e condutture di gas, che possono dar luogo ad infiltrazione di sostanze pericolose. 2. Quando sia accertata o sia da temere la presenza di gas tossici, asfissianti o la irrespirabilità dell’aria ambiente e non sia possibile assicurare una efficiente aerazione ed una completa bonifica, i lavoratori devono essere provvisti di idonei dispositivi di protezione individuale delle vie respiratore, ed essere muniti di idonei dispositivi di protezione individuale collegati ad un idoneo sistema di salvataggio, che deve essere tenuto all’esterno dal personale addetto alla sorveglianza. Questo deve mantenersi in continuo collegamento con gli operai all’interno ed essere in grado di sollevare prontamente all’esterno il lavoratore colpito dai gas. 3. Possono essere adoperate le maschere respiratorie, in luogo di autorespiratori, solo quando, accertate la natura e la concentrazione dei gas o vapori nocivi o asfissianti, esse offrano garanzia di sicurezza e sempreché sia assicurata una efficace e continua aerazione. 4. Quando si sia accertata la presenza di gas infiammabili o esplosivi, deve provvedersi alla bonifica dell’ambiente mediante idonea ventilazione; deve inoltre vietarsi, anche dopo la bonifica, se siano da temere emanazioni di gas pericolosi, l’uso di apparecchi a fiamma, di corpi incandescenti e di apparecchi comunque suscettibili di provocare fiamme o surriscaldamenti atti ad incendiare il gas. 5. Nei casi previsti dal commi 2, 3 e 4, i lavoratori devono essere abbinati nell’esecuzione dei lavori.[/panel] _________
2. Tipologie di attività che prevedono degli scavi
Le attività di scavo sono parte integrante di moltissimi PSC che riguardano opere di ingegneria civile ed industriale: [panel]- scavi per fondazioni; - scavi per impianti idraulici, elettrici, altro; - scavi per costruzioni stradali e ferroviarie.[/panel]
In particolare gli scavi si possono dividere in due categorie principali: scavi a cielo aperto e scavi sotterranei.
Gli scavi a cielo aperto sono a loro volta divisibili in: [panel]- scavi di splateamento e sbancamento; - scavi a sezione obbligata.[/panel] Mentre quelli sotterranei:
[panel]- scavi con andamento orizzontale o inclinato; - scavi con andamento verticale.[/panel]
2.1 Caratteristiche dei terreni
Preliminare all’analisi del rischio per la redazione di PSC, tavola degli scavi e procedure c’è sicuramente l’analisi del terreno e degli eventuali problemi di instabilità connessi.
2.1.1 Terreno costituito da rocce
Sono generalmente costituiti ad materiale con elevata resistenza meccanica. Possono essere costituiti da:
Gli elementi costituenti possono essere più o meno cementati tra loro ed il materiale, se isolato in campioni, conserva le medesime caratteristiche chimiche, fisiche e geometriche, anche dopo prolungata immersione in acqua.
Gli ammassi rocciosi presentano una notevole resistenza all’abbattimento, buone caratteristiche di tenuta e risposta con stile rigido alle sollecitazioni.
Le caratteristiche meccaniche possono essere inficiate dalla presenza di discontinuità strutturali (giunti di strato, fratture, diaclasi, ecc.). _________
2.2 Meccanica dei terreni
La capacità della parete di scavo di autosostenersi in assenza di opere di stabilizzazione deve essere valutata in sede progettuale in modo rigoroso; è necessario quindi effettuare tutte le indagini preliminari di natura geologica e geotecnica e le relative elaborazioni, cui si è già accennato nei capitoli precedenti.
Infatti, è possibile dare allo scavo un’inclinazione (definita Inclinazione di sicurezza, scarpa, angolo di scarpa) tale per cui essa risulti stabile nel breve periodo e non vi sia pericolo di crollo.
Detta inclinazione di sicurezza è determinata dalle caratteristiche della parete di scavo; tra quelle di maggiore interesse vanno ricordate:
[panel]- le condizioni geologiche (presenza di discontinuità quali, ad esempio, fratture e/o intercalazioni di livelli litologicamente differenti) e idrogeologiche (eventuale presenza e condizioni di circolazione delle acque sotterranee); - le caratteristiche geometriche (altezza); - le caratteristiche geomeccaniche della roccia (angolo di attrito interno, coesione); - le condizioni al contorno dello scavo (presenza di sovraccarichi in prossimità della parete di scavo, quali costruzioni, edifici, ecc.).[/panel]
Le metodiche di valutazione della stabilità di un versante (sia esso naturale o artificiale) tengono conto di questi fattori. In via del tutto preliminare si può comunque evidenziare che:
[panel]- la presenza di discontinuità (fratture, diaclasi, giunti, ecc.) agisce a sfavore della stabilità; - le condizioni di saturazione del terreno diminuiscono il valore della resistenza interna del materiale; - la presenza di falde idriche sospese nell’ambito del versante, analogamente alla presenza di costruzioni o ingombri di qualsivoglia natura in prossimità del limite della parete di scavo, costituiscono sovraccarichi che agiscono a sfavore della stabilità; - l’aumentare dell’altezza agisce a sfavore della stabilità; - all’aumentare dell’angolo di attrito interno del materiale e della sua coesione aumenta l’angolo di scarpa e, conseguentemente, la stabilità del versante. Nel caso limite, di seguito illustrato, di pareti verticali in terreni coesivi entra in gioco quale fattore preponderante nel determinare la stabilità dello scavo, l’altezza dello stesso.[/panel]
I terreni si dispongono naturalmente sotto l’azione della forza di gravità, secondo un angolo di inclinazione rispetto all’orizzonte che si chiama angolo di declivio naturale (angolo di attrito) e che varia con il tipo di terreno ed con il contenuto d’acqua, come indicato nella tabella seguente:
Tabella 1 - Angoli di declivio naturale
4.2.2 Tipologia di sistemi metallici di puntellazione per scavi
I sistemi di puntellazione metallici per scavi sono normati secondo quattro tipologie così definite: Sistema di puntellazione per scavi supportato al centro (tipo CS).
Tale sistema (denominato con la sigla “tipo CS” dalla norma tecnica UNI EN 13331-1) è costituito da coppie di pannelli collegati mediante puntelli fissati lungo la loro linea mediana verticale formanti l’unità o modulo (Figura 5) e deve possedere le seguenti caratteristiche:
- il sistema di puntellazione deve essere costituito da almeno due unità; - i bordi verticali fra le due unità devono risultare sempre collegati; - il sistema di puntellazione non deve avere più di un modulo superiore; - il modulo superiore deve disporre di almeno due puntelli sull’armatura del pannello.
Il profilo inferiore a lama ne facilita il posizionamento.
4.2.2.1 Sistema di puntellazione per scavi supportato ai bordi (tipo ES)
Tale sistema (denominato con la sigla “tipo ES” dalla norma tecnica UNI EN 13331-1) è costituito da coppie di pannelli collegati mediante puntelli fissati lungo i loro bordi verticali che formano l’unità o modulo.
Tale sistema si distingue inoltre in:
- sistema di puntellazione per scavi supportato ai bordi (ES) con puntelli con regolazione variabile della lunghezza (SV) (Figura 6); - sistema di puntellazione per scavi supportato ai bordi (ES) con puntelli con regolazione incrementale della lunghezza e collegamenti dei puntelli a rotazione limitata (Figura 7).
Legenda
1 Insieme di base 2 Insieme superiore bc Larghezza interna puntellazione per scavi
Figura 5 - Sistema di puntellazione per scavi supportato al centro (tipo CS)
Legenda
1 Pannello 2 Puntello con regolazione variabile della lunghezza 3 Bordo di taglio 4 Armatura pannello 5 Punto di movimentazione bc Larghezza interna puntellazione per scavi hc Distanza del puntello dalla base
Figura 6 - Sistema di puntellazione per scavi supportato ai bordi (ES) con puntelli con regolazione variabile della lunghezza (SV)
Legenda
1 Pannello 2 Puntello con regolazione incrementale della lunghezza 3 Collegamento a rotazione limitata 4 Armatura pannello integrale
Figura 7 - Sistema di puntellazione per scavi supportato ai bordi (ES) con puntelli con regolazione incrementale della lunghezza
...
Segue in allegato (Documento di sintesi, esempio tavola tecnica, modello PSC)
Aggiornamento/Nuova Valutazione dei Rischi TUS: Quando è necessaria / Rev. 2023
ID 11544 | Rev. 1.0 del 05.05.2023 / Documento completo allegato
Il presente Documento intende fornire un quadro articolato per i criteri normativi/altro che possono implicare, ai sensi del D. Lgs. 81/2008 (Art, 29 c.3 e altri vedi a seguire), un Aggiornamento/Nuova Valutazione dei Rischi (Art. 28) e conseguente rielaborazione del DVR (Art. 17).
L'obbligo di aggiornamento della valutazione dei rischi nei luoghi di lavoro e di rielaborare conseguentemente il documento di valutazione dei rischi (DVR), non è previsto dalD. Lgs. 81/2008secondo una frequenza predefinita, ma solo, come si vedrà a seguire all’art. 29 comma 3 del D. Lgs. 81/2008, tradotto, ed in generale, se sono "individuati/introdotti nuovi rischi o modifica a quelli già valutati in relazioni alle mansioni previste" (si veda il dettato completo dell’Art. 29 comma 3).
Per altro, in merito ai rischi da agenti fisici, cancerogeni o mutageni e biologici, sono stabilite specifiche cadenze massime per una nuova/aggiornamento della valutazione dei rischi e del DVR, indipendentemente dalla presenza di nuovi rischi o modifiche a quelli già valutati.
Fig. 1. Illustrazione schematica dei criteri necessari per Aggiornamento/Nuova VR - Relazione D.Lgs. 81/2008 / Struttura Documento illustrato
In caso di costituzione di una nuova impresa, il datore di lavoro ha l’obbligo di effettuare il documento valutazione rischi elaborando il documento entro 90 giorni dall’inizio dell’attività, salvo immediata evidenza degli adempimenti di cui all'Art. 28 comma 3bis.
Un eventuale cambio di sede o l’apertura di una sede distaccata, vengono invece considerati come una modifica (All’art. 29 comma 3) e richiedono quindi una revisione entro 30 giorni dall’avvenuta modifica.
1. La valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei miscele chimiche (7) impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell'accordo europeo dell'8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonché quelli connessi alle differenze di genere, all'età, alla provenienza da altri Paesi e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro e i rischi derivanti dal possibile rinvenimento di ordigni bellici inesplosi nei cantieri temporanei o mobili, come definiti dall'articolo 89, comma 1, lettera a), del presente decreto, interessati da attività di scavo.
1-bis. La valutazione dello stress lavoro-correlato di cui al comma 1 è effettuata nel rispetto delle indicazioni di cui all'articolo 6, comma 8, lettera m-quater), e il relativo obbligo decorre dalla elaborazione delle predette indicazioni e comunque, anche in difetto di tale elaborazione, a fare data dal 1° agosto 2010.
2. Il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), redatto a conclusione della valutazione, può essere tenuto, nel rispetto delle previsioni di cui all'articolo 53, su supporto informatico e deve essere munito anche tramite le procedure applicabili ai supporti informatici di cui all'articolo 53, di data certa o attestata dalla sottoscrizione del documento medesimo da parte del datore di lavoro, nonché, ai soli fini della prova della data, dalla sottoscrizione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale e del medico competente, ove nominato, e contenere: a) una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa. La scelta dei criteri di redazione del documento è rimessa al datore di lavoro, che vi provvede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la completezza e l'idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione; b) l'indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, a seguito della valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a); c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza; d) l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri; e) l'indicazione del nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o di quello territoriale e del medico competente che ha partecipato alla valutazione del rischio; f) l'individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento.
3. Il contenuto del documento di cui al comma 2 deve altresì rispettare le indicazioni previste dalle specifiche norme sulla valutazione dei rischi contenute nei successivi titoli del presente decreto.
3-bis. In caso di costituzione di nuova impresa, il datore di lavoro è tenuto ad effettuare immediatamente la valutazione dei rischi elaborando il relativo documento entro novanta giorni dalla data di inizio della propria attività. Anche in caso di costituzione di nuova impresa, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell'adempimento degli obblighi di cui al comma 2, lettere b), c), d), e) e f), e al comma 3, e immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. A tale documentazione accede, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
3-ter. Ai fini della valutazione di cui al comma 1, l'Inail, anche in collaborazione con le aziende sanitarie locali per il tramite del Coordinamento Tecnico delle Regioni e i soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettera ee), rende disponibili al datore di lavoro strumenti tecnici e specialistici per la riduzione dei livelli di rischio. L'Inail e le aziende sanitarie locali svolgono la predetta attività con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.[/box-note]
A. Valutazione su modifiche generali
All’art. 29 comma 3 del è riportato brevemente che la Valutazione dei Rischi deve essere immediatamente rielaborata nel caso di:
- modifiche del processo produttivo - organizzazione del lavoro - al grado di evoluzione della tecnica prevenzione / protezione - infortuni significativi - risultati della sorveglianza sanitaria
3. La valutazione dei rischideve essere immediatamente rielaborata, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità. A seguito di tale rielaborazione, le misure di prevenzione debbono essere aggiornate. Nelle ipotesi di cui ai periodi che precedono il documento di valutazione dei rischi deve essere rielaborato, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, nel termine di trenta giorni dalle rispettive causali. Anche in caso di rielaborazione della valutazione dei rischi, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell'aggiornamento delle misure di prevenzione e immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. A tale documentazione accede, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.[/box-note]
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B. Valutazione temporale
AGENTI FISICI (art.181 c.2) / cadenza almeno quadriennale - esposizione al rumore - esposizione a vibrazioni - esposizione a campi elettromagnetici - esposizione a radiazioni ottiche artificiali
AGENTI CANCEROGENI E MUTAGENI (art.236 c.5) / trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata BIOLOGICI (art.271 c.3) / trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata
2. La valutazione dei rischi derivanti da esposizioni ad agenti fisici è programmata ed effettuata, con cadenza almeno quadriennale, da personale qualificato nell'ambito del servizio di prevenzione e protezione in possesso di specifiche conoscenze in materia. La valutazione dei rischi è aggiornata ogni qual volta si verifichino mutamenti che potrebbero renderla obsoleta, ovvero, quando i risultati della sorveglianza sanitaria rendano necessaria la sua revisione. I dati ottenuti dalla valutazione, misurazione e calcolo dei livelli di esposizione costituiscono parte integrante del documento di valutazione del rischio.
3. Il datore di lavoro nella valutazione dei rischi precisa quali misure di prevenzione e protezione devono essere adottate. La valutazione dei rischi è riportata sul documento di valutazione di cui all'articolo 28, essa può includere una giustificazione del datore di lavoro secondo cui la natura e l'entità dei rischi non rendono necessaria una valutazione dei rischi più dettagliata.[/box-note]
1. Fatto salvo quanto previsto all'articolo 235, il datore di lavoro effettua una valutazione dell'esposizione a agenti cancerogeni o mutageni, i risultati della quale sono riportati nel documento di cui all'articolo 17. ...
5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata.[/box-note]
1. Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio di cui all'articolo 17, comma 1, tiene conto di tutte le informazioni disponibili relative alle caratteristiche dell'agente biologico e delle modalità lavorative, ed in particolare:
a) della classificazione degli agenti biologici che presentano o possono presentare un pericolo per la salute umana quale risultante dall'allegato XLVI o, in assenza, di quella effettuata dal datore di lavoro stesso sulla base delle conoscenze disponibili e seguendo i criteri di cui all'articolo 268, commi 1 e 2; b) dell'informazione sulle malattie che possono essere contratte; c) dei potenziali effetti allergici e tossici; d) della conoscenza di una patologia della quale è affetto un lavoratore, che è da porre in correlazione diretta all'attività lavorativa svolta; e) delle eventuali ulteriori situazioni rese note dall'autorità sanitaria competente che possono influire sul rischio; f) del sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologici utilizzati.
2. Il datore di lavoro applica i principi di buona prassi microbiologica, ed adotta, in relazione ai rischi accertati, le misure protettive e preventive di cui al presente titolo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative.
3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche dell'attività lavorativa significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata.[/box-note]
Art. 223. Valutazione dei rischi … 7. Il datore di lavoro aggiorna periodicamente la valutazione e, comunque, in occasione di notevoli mutamenti che potrebbero averla resa superata ovvero quando i risultati della sorveglianza medica ne mostrino la necessità.
Art. 225. Misure specifiche di protezione e di prevenzione … 2. Salvo che possa dimostrare con altri mezzi il conseguimento di un adeguato livello di prevenzione e di protezione, il datore di lavoro, periodicamente ed ogni qualvolta sono modificate le condizioni che possono influire sull'esposizione, provvede ad effettuare la misurazione degli agenti che possono presentare un rischio per la salute, con metodiche standardizzate di cui è riportato un elenco meramente indicativo nell'allegato XLI o in loro assenza, con metodiche appropriate e con particolare riferimento ai valori limite di esposizione professionale e per periodi rappresentativi dell'esposizione in termini spazio temporali.[/box-note]
3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione ogni qualvolta si verifichino modifiche che possono comportare un mutamento significativo dell'esposizione dei lavoratori alla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto.[/box-note]
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C. Valutazione su aggiornamento/nuove norme tecniche
Ove non è specificata una periodicità di aggiornamento della valutazione dei rischi si può far riferimento a:
- Norme tecniche (norme di buona tecnica) - Buone prassi - Linee guida INAIL/Ministeri/Regioni approvati CSR - Linee guida del Coordinamento tecnico interregionale per la prevenzione. - Altro ...
[box-warning]Aggiornamenti/nuove norme tecniche nel contesto della VR
Eventuali aggiornamenti/nuove norme tecniche (Art. 2. Definizioni) riportate nel D.Lgs. 81/2008, e/o applicate per la Valutazione dei Rischi, essendo le stesse "norme di buona tecnica" e/o “stato dell’arte”, potrebbero prevedere un aggiornamento della Valutazione dei Rischi e del DVR.[/box-warning]
C.1 Esempio di riferimento alle norme tecniche / buone prassi / linee guida
3. Le norme tecniche costituiscono criteri di riferimento per le finalità del presente articolo e dell'allegato XXXIII, ove applicabili. Negli altri casi si può fare riferimento alle buone prassi e alle linee guida. [/box-note]
D. Valutazione su aggiornamenti normativi
Aggiornamento della Valutazione dei rischi potrebbe essere necessaria per aggiornamento modifiche di atti collegati al D. Lgs. 81/2008.
Es. - Nuovi decreti modifica/correlati TUS - Nuove sostanze pericolose ...
Sentenze
Sentenza Cassazione Penale Sezione IV n. 3213 del 23 gennaio 2019 “Il datore di lavoro, avvalendosi della consulenza del RSPP, ha l’obbligo giuridico di analizzare e individuare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda e, all’esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art.28 del D.Lgs.n.81 del 2008, all’interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i DPI”.
Sentenza Cassazione Penale Sezione IV n. 39283 del 30 agosto 2018 “Scoppio nella fabbrica di vernici e morte di quattro operai. Valutazione dei rischi e obbligo di periodico aggiornamento del DVR”.
Sentenza Cassazione Penale Sezione IV n. 29497 del 09 marzo 2018 "Il datore di lavoro ha l'obbligo di analizzare ed individuare con il massimo grado di specificità, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda, avuto riguardo alla casistica concretamente verificabile in relazione alla singola lavorazione o all'ambiente di lavoro e, all'esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art. 28 del d.lgs. n. 81 del 2008, all'interno del quale è tenuto ad indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori" (Sez. 4, n. 20129 del 10/03/2016, Rv. 267253).
Sentenza Cassazione Penale Sezione IV n. 6121 dell’8 febbraio 2018 “Il Documento di Valutazione dei Rischi “è uno strumento duttile, che deve essere adeguato e attualizzato,in relazione ai mutamenti sopravvenuti nell’azienda che sono potenzialmente suscettibili di determinare nuove e diverse esposizioni a rischio dei lavoratori. Incombe sul datore di lavoro l’onere di provvedere, non solo ad individuare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda, ai fini della redazione del suddetto documento, ma anche di provvedere al suo aggiornamento (così Sez. U., n.38343 del 24/04/2014, Rv.261109).”
Sentenza Cassazione Penale Sezione IV n. 4706 del 31 gennaio 2017 “La valutazione del rischio effettuata nel 1998 non era più attuale alle contingenze del momento e doveva essere adeguata al mutamento delle condizioni di lavoro. Le misure atte a prevenire il rischio di infortuni vanno infatti individuate in ragione delle peculiarità della sede di lavoro e progressivamente adattate in ragione del mutamento delle complessive condizioni di svolgimento delle singole mansioni, secondo un concetto “dinamico” del rischio, che impone l’adeguamento degli strumenti di protezione e l’aggiornamento della formazione ed informazione del lavoratore, ogni qual volta intervenga un rischio nuovo rispetto a quello originariamente previsto.” ...
Vademecum medico competente /Update Rev. 1.0 Maggio 2023
ID 19216 | Rev. 1.0 del 06.05.2023 / Vademecum completo in allegato
Il presente vademecum analizza la figura del medico competente illustrandone gli obblighi, le responsabilità e le competenze proprie del ruolo rivestito, in collaborazione alla valutazione dei rischi ed all'effettuazione della sorveglianza sanitaria, a tutela dello stato di salute e della sicurezza dei lavoratori.
Nell’ambito del sistema di tutela della salute e della sicurezza negli ambienti di lavoro, il Medico Competente (MC) riveste un ruolo di primaria importanza. Lo svolgimento della sua attività professionale comporta necessariamente un’interazione costante con i diversi attori della prevenzione che operano all’interno dell’azienda. Nell’assolvimento delle funzioni e dei compiti che gli sono propri, il MC si colloca al centro di un sistema di prevenzione e di tutela partecipato, all’interno del quale, attraverso la collaborazione fattiva con il Datore di Lavoro (DL), con il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP), con il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) e con i Lavoratori, è in grado di avere una visione completa, accurata ed approfondita sia del sistema di gestione della sicurezza e della salute dei lavoratori che delle relative eventuali problematiche.
Tale importante ruolo è peraltro ben delineato anche dal vigente quadro normativo di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro che valorizza la specificità della figura del MC sancendone, quindi, la rilevanza, attraverso un’indicazione puntuale di obblighi, doveri, responsabilità e competenze.
[box-note]Update Rev. 1.0 del 06.05.2023 - Decreto-Legge 4 maggio 2023 n. 48 Misure urgenti per l'inclusione sociale e l'accesso al mondo del lavoro. (GU n.103 del 04.05.2023). Entrata in vigore del provvedimento: 05/05/2023 Modificati paragrafi: 4. Obbligo nomina 5. Obblighi del medico competente[/box-note]
[box-note]Il vademecum risulta essere così strutturato:
1. Premessa 2. Requisiti 2.1 Crediti formativi EMC 2.2 Elenco nazionale dei medici competenti 3. Svolgimento attività medico competente 4. Obbligo nomina [Rev. 1.0 2023] 4.1 Modello nomina medico competente 5. Obblighi del medico competente [Rev. 1.0 2023] 5.1. Collaborazione nella valutazione dei rischi 5.2. Cartella sanitaria e di rischio 5.3 Protocollo sanitario 5.4 Informazione ai lavoratori e ai rappresentanti e riunione periodica 5.5. Sopralluoghi negli ambienti di lavoro 5.6 Sorveglianza sanitaria 5.7 Trasmissione dati aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria 5.8 Lavoratori esposti a cancerogeni 6. Trattamento dei dati[/box-note]
L’analisi degli obblighi del MC, sanciti dall’art.25 del D.lgs. 81/2008 e s.m.i., conferma che, al fine di un corretto svolgimento della sua attività, sia imprescindibile il contributo e la cooperazione anche delle altre figure del sistema prevenzionistico.
Tra gli obblighi del MC rivestono una particolare rilevanza la collaborazione alla Valutazione dei Rischi (VdR) e l’effettuazione della Sorveglianza Sanitaria (SS) dei lavoratori esposti; entrambe le attività risultano tra le principali misure di prevenzione che permettono di contribuire al miglioramento delle condizioni di salute dei lavoratori.
Schema n. 1 - Funzioni compiti MC
Il medico competente, secondo la definizione dell’articolo 2, comma 1, lettera h) del Decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, è un sanitario in possesso dei titoli professionali e dei requisiti previsti dall’articolo 38 dello stesso decreto, che collabora alla valutazione dei rischi ed effettua la sorveglianza sanitaria, a tutela dello stato di salute e della sicurezza dei lavoratori.
h) "medico competente": medico in possesso di uno dei titoli e dei requisiti formativi e professionali di cui all'articolo 38, che collabora, secondo quanto previsto all'articolo 29, comma 1, con il datore di lavoro ai fini della valutazione dei rischi ed e' nominato dallo stesso per effettuare la sorveglianza sanitaria e per tutti gli altri compiti di cui al presente decreto;[/box-info]
In particolare, il medico competente:
- collabora, con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione, alla valutazione dei rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori e alla redazione del DVR (documento della valutazione dei rischi), - collabora all’attuazione di programmi di promozione della salute, - effettua la sorveglianza sanitaria, ove necessaria, come misura di tutela della salute dei lavoratori.
La sorveglianza sanitaria, come previsto dall’art 41 del D.lgs. 81/2008, di esclusiva competenza del medico competente, comprende l’effettuazione di visite mediche preventive, per valutare l’idoneità del lavoratore allo svolgimento della mansione specifica, e l’effettuazione di visite mediche periodiche, finalizzate a controllare lo stato di salute dei lavoratori e il permanere dei requisiti di idoneità allo svolgimento della mansione specifica.
Oltre a questi obblighi, il medico competente:
- ha il dovere di riportare, in sede di riunione, ai responsabili della sicurezza e al datore di lavoro i risultati aggregati delle sue valutazioni sulle situazioni di rischio negli ambienti di lavoro - ha il compito di visitare i luoghi di lavoro almeno una volta l’anno, per valutare l’assenza di rischi ambientali - istituisce e custodisce, sotto la propria responsabilità, le cartelle sanitarie dei singoli lavoratori e la relativa documentazione sanitaria, con salvaguardia del segreto professionale.
Requisiti
In base all'art. 38 del D.lgs. 81/2008, vengono definiti, i requisiti professionali obbligatori per poter svolgere le mansioni tipiche di un medico competente.
Il primo di questi requisiti è il possedere almeno uno dei seguenti titoli:
- Specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica, - Docenza in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica, sono considerate equipollenti docenze in: tossicologia e igiene industriale come anche in fisiologia e igiene del lavoro o in clinica del lavoro, - Specializzazione in igiene e medicina preventiva o medicina legale.
1. Per svolgere le funzioni di medico competente è necessario possedere uno dei seguenti titoli o requisiti:
a) specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica; b) docenza in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia e igiene del lavoro o in clinica del lavoro; c) autorizzazione di cui all'articolo 55 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277; d) specializzazione in igiene e medicina preventiva o in medicina legale. d-bis) con esclusivo riferimento al ruolo dei sanitari delle Forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri, della Polizia di Stato e della Guardia di finanza, svolgimento di attività di medico nel settore del lavoro per almeno quattro anni.
2. I medici in possesso dei titoli di cui al comma 1, lettera d), sono tenuti a frequentare appositi percorsi formativi universitari da definire con apposito decreto del Ministero dell'università e della ricerca di concerto con il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali. I soggetti di cui al precedente periodo i quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, svolgano le attività di medico competente o dimostrino di avere svolto tali attività per almeno un anno nell'arco dei tre anni anteriori all'entrata in vigore del presente decreto legislativo, sono abilitati a svolgere le medesime funzioni. A tal fine sono tenuti a produrre alla Regione attestazione del datore di lavoro comprovante l'espletamento di tale attività.
3. Per lo svolgimento delle funzioni di medico competente è altresì necessario partecipare al programma di educazione continua in medicina ai sensi del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, e successive modificazioni e integrazioni, a partire dal programma triennale successivo all'entrata in vigore del presente decreto legislativo. I crediti previsti dal programma triennale dovranno essere conseguiti nella misura non inferiore al 70 per cento del totale nella disciplina "medicina del lavoro e sicurezza degli ambienti di lavoro". (1)
4. I medici in possesso dei titoli e dei requisiti di cui al presente articolo sono iscritti nell'elenco dei medici competenti istituito presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.
…
Note Decreto interministeriale 15 novembre 2010 - Master abilitante per le funzioni di medico competente Decreto 4 marzo 2009 - Istituzione dell'elenco nazionale dei medici competenti in materia di tutela e sicurezza sui luoghi di lavoro Decreto 26 novembre 2015 - Modifiche al decreto 4 marzo 2009 di istituzione dell'elenco nazionale dei medici competenti in materia di tutela e sicurezza sui luoghi di lavoro Circolare MLPS 19 maggio 2011, n. 11398 - Chiarimenti in merito alle modifiche all'articolo 38, comma 1 del D. Lgs. n. 81/2008, introdotte dal D. Lgs, n. 106/2009 (1) Nota MS 1° giugno 2017, n. 17041 - Elenco medici competenti: chiarimenti e procedure (2) Decreto Legislativo 5 ottobre 2000, n. 334 comma 1 lett. d, e art. 52, comma 1, come novellati dal Decreto Legislativo 29 maggio 2017, n. 95
Interpelli (0) Interpello n. 13/2015 del 29/12/2015 - Esonero del Medico competente dalla partecipazione ai corsi di formazione per i lavoratori Interpello n. 7/2019 del 24/10/2019 – Medico Competente della Polizia di Stato – Distanza dai luoghi di lavoro assegnati. Iscrizione nella sezione d - bis dell’elenco dei medici competenti del Ministero della salute e aggiornamento
[/panel]
[...]
Obbligo nomina
La nomina del medico competente è obbligatoria in tutti i casi in cui il datore di lavoro deve organizzare il servizio di sorveglianza sanitaria a causa dei rischi connessi alle attività lavorative svolte in seno all’azienda e qualora richiesto dalla valutazione dei rischi di cui all’articolo 28 (pertanto anche in tutti i casi nei quali la valutazione del rischio, svolta ai sensi dell’articolo 29 comma 1 del TUS, ne evidenzi la necessità - ad esempio rischio stress lavoro correlato).
1. Il datore di lavoro, che esercita le attività di cui all'articolo 3, e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono:
a) nominare il medico competente per l'effettuazione della sorveglianza sanitaria nei casi previsti dal presente decreto legislativo e qualora richiesto dalla valutazione dei rischi di cui all’articolo 28; (*)
(*) Il Decreto-Legge 4 maggio 2023 n. 48 - Misure urgenti per l'inclusione sociale e l'accesso al mondo del lavoro-, ha disposto che le parole: «presente decreto legislativo.» sono sostituite dalle seguenti: «presente decreto legislativo e qualora richiesto dalla valutazione dei rischi di cui all’articolo 28;».[/box-note]
Casi previsti nel TUS
In particolare, la nomina del medico competente è obbligatoria quando i lavoratori svolgono delle attività lavorative esposte ai seguenti rischi:
- rischio relativo al rumore; - rischio chimico; - rischio da vibrazioni; - rischio da movimentazione manuale dei carichi; - rischio di esposizione all’amianto, al piombo e ad altri agenti pericolosi; - lavoratori che svolgono mansioni d’ufficio che prevedono l’utilizzo della postazione videoterminale per più di 20 ore a settimana; - lavoratori che svolgono mansioni che determinano lo svolgimento di lavoro notturno.
1. La sorveglianza sanitaria è effettuata dal medico competente:
a) nei casi previsti dalla normativa vigente, dalle indicazioni fornite dalla Commissione consultiva di cui all'articolo 6; b) qualora il lavoratore ne faccia richiesta e la stessa sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi lavorativi.[/box-note]
Sorveglianza sanitaria nel TUS
[...] Segue in allegato
Obblighi del medico competente
Il medico competente
Sul posto di lavoro:
- collabora alla valutazione dei rischi e alla predisposizione delle misure di prevenzione - partecipa alla programmazione delle indagini ambientali per il controllo dell’esposizione - partecipa alla riunione di prevenzione e protezione - cura la tenuta del registro degli esposti ad agenti cancerogeni e biologici
In ambulatorio
- effettua le visite mediche preventive e periodiche - effettua visite richieste dai lavoratori professionali - esegue o prescrive se correlate ai rischi indagini ed accertamenti diagnostici - valuta i risultati in relazione all’esprime i giudizi di idoneità esposizione ai rischi alla mansione specifica istituisce ed aggiorna le cartelle sanitarie e di rischio
[...]
Schema n. 2 - Obblighi medico competente
5.1. Collaborazione nella valutazione dei rischi
Il medico competente collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione alla:
- valutazione dei rischi - programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria - predisposizione della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori, - attività di formazione e informazione nei confronti dei lavoratori (per la parte di competenza) - organizzazione del servizio di primo soccorso considerando i particolari tipi di lavorazione ed esposizione e le peculiari modalità organizzative del lavoro - attuazione e valorizzazione di programmi volontari di «promozione della salute» secondo i principi della responsabilità sociale - Sottoscrive il documento di valutazione dei rischi - Partecipa alla programmazione del controllo dell'esposizione dei lavoratori i cui risultati gli sono forniti con tempestività ai fini della valutazione del rischio e della sorveglianza sanitaria.
Il comma 1 lettera a) dell’articolo Art. 25 Obblighi del medico competente del D.Lgs. 81/08 prevede l’obbligo per il medico competente di collaborare con il datore di lavoro e il responsabile del servizio di prevenzione e protezione alle attività di valutazione dei rischi nei luoghi di lavoro.
Il contributo del medico competente alla valutazione dei rischi si realizza nell’individuazione dei rischi potenziali per la salute con lo scopo di consentire al datore di lavoro di verificare la completezza dei pericoli e dei rischi da lui valutati e la correttezza tecnica e temporale delle valutazioni approfondite (misure o metodi alternativi).
L’individuazione di uno o più rischi potenziali da parte del medico competente può conseguire alternativamente al risultato di una valutazione approfondita (misure o metodi alternativi) oppure ad una valutazione di natura probabilistica (sulla base, fra l’altro, della visita ai luoghi di lavoro, di informazioni tecniche o tossicologiche acquisite dal datore di lavoro o dal RSPP, ecc.) e, in quest’ultimo caso, necessita di una valutazione approfondita (misure o metodi alternativi) che ne confermino o ne escludano la sussistenza.
Nel caso che i rischi per la salute siano già stati sottoposti a valutazione approfondita (misure o metodi alternativi), i documenti relativi devono essere forniti “tempestivamente” al medico competente (art. 25 lettera m).
L’attività del medico competente risulta nei fatti assai differente a seconda del suo svolgimento presso piccole e medie imprese (al di sotto di 10-15 dipendenti) oppure presso aziende di dimensioni maggiori. Il numero di 15 lavoratori fa riferimento all’articolo 35 del D.lgs. 81/2008, che prevede l’obbligo della riunione periodica annuale solo per le unità produttive che occupano più di 15 addetti (negli altri casi può farne richiesta il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza).
Con particolare riferimento alle piccole e medie imprese, alcune attività svolte in azienda possono essere in grado di determinare l’effettiva collaborazione alla valutazione del rischio da parte del medico competente:
1. sopralluogo negli ambienti di lavoro: il sopralluogo è uno dei momenti centrali in cui il medico competente acquisisce informazioni utili a definire e a valutare i rischi aziendali. Nel corso del sopralluogo il medico competente prende visione del ciclo produttivo, verifica le condizioni correlate ai possibili rischi per la salute presenti nelle specifiche aree, reparti e uffici, interagisce con il datore di lavoro e/o l’RSPP, dialoga con i lavoratori e i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, laddove presenti;
2. registrazione delle valutazioni soggettive dei lavoratori in merito ai rischi aziendali: parte importante della visita medica è costituita dal colloquio con il lavoratore in merito alle condizioni di lavoro, ai rischi conosciuti o percepiti, alle misure di prevenzione e protezione utilizzate. Tale eventualità è espressamente prevista dalla cartella sanitaria e di rischio esplicitata nell’allegato III, nella parte dell’anamnesi lavorativa;
3. programmazione del monitoraggio biologico: nei casi individuati, il monitoraggio biologico costituisce parte centrale nel processo di valutazione del rischio e del suo continuo aggiornamento;
4. indicazioni per il controllo dei lavoratori: il medico competente, sulla base della conoscenza del ciclo tecnologico e del processo produttivo, delle mansioni specifiche svolte e/o di particolari condizioni di suscettibilità, indica al datore di lavoro quali lavoratori devono essere sottoposti al controllo sanitario per i vari rischi lavorativi, specificando eventuali esami strumentali e/o di laboratorio mirati al rischio;
5. effettuazione della sorveglianza sanitaria: la stessa attività di sorveglianza sanitaria svolta nei confronti dei singoli lavoratori, misurando una serie di indicatori modulati dai rischi aziendali (segni e sintomi, risultati degli esami integrativi etc.), costituisce una importante modalità di raccolta di dati relativa ai rischi e a relativi effetti (questa eventualità è anche espressamente prevista dall’art 29 comma 3);
6. elaborazione epidemiologica dei dati derivanti dalla sorveglianza sanitaria e dal monitoraggio biologico: l’analisi di tali dati consente di ottenere informazioni anonime collettive assai utili ai fini della individuazione di elementi di rischio in grado di agire sulla salute dei lavoratori (questa eventualità è espressamente prevista dall’art. 35);
7. incontri e riunioni con il datore di lavoro, i tecnici consulenti, il RSPP, i RLS, i lavoratori: anche da tali incontri si hanno preziose indicazioni per la predisposizione e l’aggiornamento del protocollo sanitario basato sui rischi, valutati dal medico competente mediante le attività precedentemente illustrate.
Schema n. 3 - Attività MC
[...]
Sorveglianza sanitaria
La SS (art.41 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.) è definita (art.2) come l’insieme di atti medici finalizzati alla tutela dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione all’ambiente di lavoro, ai fattori di rischio professionali e alle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa.
Lo svolgimento della SS da parte del MC sui lavoratori esposti ai rischi occupazionali, consiste, pertanto, nell’esecuzione di visite mediche, accertamenti di laboratorio chimico-clinici, strumentali, tossicologici e visite specialistiche per l’esplorazione degli organi specificamente esposti ad un determinato fattore di rischio. Questi accertamenti sanitari consentono al MC di verificare lo stato di salute del lavoratore e conseguentemente gli permettono di esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica.
Schema n. 4 - Attività MC
Nell’ambito della SS vengono ricomprese differenti tipologie di visite mediche svolte dal MC:
- visita medica preventiva, intesa a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro cui il lavoratore è destinato, al fine di valutare l’idoneità alla mansione specifica; - visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica (la periodicità di tali accertamenti, qualora non prevista dalla relativa normativa, viene stabilita, di norma, in una volta l’anno. Tale periodicità può assumere cadenza diversa, stabilita dal MC in funzione della VdR. L’Organo di Vigilanza (OdV), con provvedimento motivato, può disporre contenuti e periodicità della SS differenti rispetto a quelli indicati dal MC; - visita medica su richiesta del lavoratore, qualora sia ritenuta dal MC correlata ai rischi professionali o alle sue condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa dell’attività lavorativa svolta, al fine di esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica; - visita medica in occasione del cambio della mansione onde verificare l’idoneità alla mansione specifica; visita medica alla cessazione del rapporto di lavoro nei casi previsti dalla normativa vigente; - visita medica preventiva in fase preassuntiva; - visita medica precedente alla ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi, al fine di verificare l’idoneità alla mansione.
Schema 5 - Visite mediche idoneità lavorativa
La sorveglianza sanitaria è effettuata dal medico competente:
- nei casi previsti dalla normativa vigente, dalle indicazioni fornite dalla commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro (art. 6) - qualora il lavoratore ne faccia richiesta e la stessa sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi lavorativi.
Il medico competente programma ed effettua la sorveglianza sanitaria attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati.
-Decreto-Legge 4 maggio 2023 n. 48 Misure urgenti per l'inclusione sociale e l'accesso al mondo del lavoro. Modificati paragrafi: 4. Obbligo nomina 5. Obblighi del medico competente
Addetto censimento MCA in accordo con la norma UNI 11903:2023 /EQF Livello 5 - Certificazione UNI CEI EN ISO/IEC 17024
ID 19471 | 22.04.2023 / Documento completo allegato
Il Documento estratto dalla norma UNI 11903:2023, illustrata i requisiti relativi all’attività professionale dell'addetto al censimento dei materiali contenenti amianto (MCA), ossia del soggetto che esegue le attività di cui alla UNI 11870. I requisiti sono allineati al EQF Livello 5 della Raccomandazione 2017/C189/03.
La certificazione delle persone (valutazione della conformità relativa ai risultati dell'apprendimento) è in conformità alla UNI CEI EN ISO/IEC 17024 (valutazione di conformità di terza parte / per specifica norma).
[box-note]UNI 11903:2023
Attività professionali non regolamentate Addetto al censimento dei materiali contenenti amianto Requisiti di conoscenza, abilità, autonomia e responsabilità[/box-note]
1 Scopo e campo di applicazione
La norma definisce i requisiti relativi all’attività professionale dell'addetto al censimento dei materiali contenenti amianto (MCA), ossia del soggetto che esegue le attività di cui alla UNI 11870.
Tali requisiti sono specificati, a partire dai compiti e attività specifiche e dall'identificazione dei relativi contenuti, in termini di conoscenze e abilità, anche al fine di identificarne chiaramente il livello di autonomia e responsabilità in coerenza con il Quadro Nazionale delle Qualificazioni (QNQ). Tali requisiti sono inoltre espressi in maniera tale da agevolare e contribuire a rendere omogenei e trasparenti, per quanto possibile, i relativi processi di valutazione della conformità.
NOTA La certificazione delle persone in conformità alla UNI CEI EN ISO/IEC 17024 è un processo di valutazione di conformità di terza parte. Tale certificazione, ai fini della validità rispetto la Legge 04/2013, viene condotta sotto accreditamento per specifica norma, come riportato anche nel Decreto Legislativo 16 gennaio 2013, n. 13. [...]
Prospetto 1 - Compiti e attività dell'addetto al censimento dei materiali contenenti amianto
[...]
5 Conoscenze, abilità, autonomia e responsabilità associate all’attività professionale
Per poter assolvere ai compiti e alle attività specifiche di cui al punto 4, l'addetto al censimento dei materiali contenenti amianto deve possedere le conoscenze e le abilità elencate nel prospetto 2.
Alla luce di quanto specificato nel seguente prospetto 2, si presume che il livello guida di autonomia e responsabilità richieste all’addetto al censimento dei materiali contenenti amianto sia associabile al livello 5 di cui alla classificazione EQF (Raccomandazione 2017/C189/03, Allegato II) (1)
ALLEGATO II Descrittori che definiscono i livelli del quadro europeo delle qualifiche.
[...]
Prospetto 2 - Conoscenze e abilità dell'addetto al censimento dei materiali contenenti amianto
[...]
Fig. 1 - Iter Certificazione UNI CEI EN ISO/IEC 17024 addetto censimento MCA
Nei lavori in quota il datore di lavoro provvede a redigere a mezzo di persona competente un piano di montaggio, uso e smontaggio (Pi.M.U.S.).
Il D.Lgs. 81/2008, prevede all’Art. 136 c. 6, che il datore di lavoro deve assicurare che i ponteggi siano montati, smontati o trasformatisotto la diretta sorveglianza di un preposto.
6. Il datore di lavoro assicura che i ponteggi siano montati, smontati o trasformati sotto la diretta sorveglianza di un preposto, a regola d'arte e conformemente al Pi.M.U.S., ad opera di lavoratori che hanno ricevuto una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste(non solo lavoratori ma anche preposto - vedasi Interpello 16/2015 / ndr)[/box-note]
Formazione Preposto sorveglianza montaggio/smontaggio/trasformazione ponteggi
Con l’Interpello n. 16.2015del 29 Dicembre 2022, a seguito di richiesta di ANCE, il MLPS ha dato risposta in merito (chiarisce Art. 136 c. 6).
Dall’Interpello 16/2015:
Sebbene l’’individuazione della figura del preposto, ai sensi dell’art. 2. co. 1, lett. e), D.Lgs. 81/2008, non è obbligatoria in azienda ma è una scelta del datore di lavoro in base all’organizzazione ed alla complessità della sua azienda, nel caso dei ponteggi ed in altri casi particolari, il legislatore richiede specificatamente che i lavori siano effettuati sotto la diretta sorveglianza di un soggetto preposto e gerarchicamente sovraordinato ai lavoratori che effettuano tali attività, che ovviamente può essere lo stesso datore di lavoro purché abbia seguito gli appositi corsi di formazione.
Da ciò discende che il preposto addetto al controllo nelle fasi di montaggio e smontaggio dei ponteggi deve partecipare, oltre ai corsi di formazione o aggiornamento disciplinati dall’Allegato XXI del D.Lgs. 81/2008, anche al corso di formazione previsto dall’art. 37, co. 7, del D.Lgs. 81/2008. ________
La formazione del Preposto sorveglianza montaggio/smontaggio/trasformazione ponteggi. dovrà, pertanto, essere effettuata in accordo con:
1. Nei lavori in quota il datore di lavoro provvede a redigere a mezzo di persona competente un piano di montaggio, uso e smontaggio (Pi.M.U.S.), in funzione della complessità del ponteggio scelto, con la valutazione delle condizioni di sicurezza realizzate attraverso l'adozione degli specifici sistemi utilizzati nella particolare realizzazione e in ciascuna fase di lavoro prevista. Tale piano può assumere la forma di un piano di applicazione generalizzata integrato da istruzioni e progetti particolareggiati per gli schemi speciali costituenti il ponteggio, ed è messo a disposizione del preposto addetto alla sorveglianza e dei lavoratori interessati.
2. Nel serraggio di più aste concorrenti in un nodo i giunti devono essere collocati strettamente l'uno vicino all'altro.
3. Per ogni piano di ponte devono essere applicati due correnti, di cui uno può fare parte del parapetto.
4. Il datore di lavoro assicura che:
a) lo scivolamento degli elementi di appoggio di un ponteggio è impedito tramite fissaggio su una superficie di appoggio, o con un dispositivo antiscivolo, oppure con qualsiasi altra soluzione di efficacia equivalente;
b) i piani di posa dei predetti elementi di appoggio hanno una capacità portante sufficiente;
e) le dimensioni, la forma e la disposizione degli impalcati di un ponteggio sono idonee alla natura del lavoro da eseguire, adeguate ai carichi da sopportare e tali da consentire un'esecuzione dei lavori e una circolazione sicure;
f) il montaggio degli impalcati dei ponteggi è tale da impedire lo spostamento degli elementi componenti durante l'uso, nonché la presenza di spazi vuoti pericolosi fra gli elementi che costituiscono gli impalcati e i dispositivi verticali di protezione collettiva contro le cadute.
5. Il datore di lavoro provvede ad evidenziare le parti di ponteggio non pronte per l'uso, in particolare durante le operazioni di montaggio, smontaggio o trasformazione, mediante segnaletica di avvertimento di pericolo generico e delimitandole con elementi materiali che impediscono l'accesso alla zona di pericolo, ai sensi del titolo V.
6. Il datore di lavoro assicura che i ponteggi siano montati, smontati o trasformati sotto la diretta sorveglianza di un preposto, a regola d'arte e conformemente al Pi.M.U.S., ad opera di lavoratori che hanno ricevuto una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste.
7. La formazione di cui al comma 6 ha carattere teorico-pratico e deve riguardare:
a) la comprensione del piano di montaggio, smontaggio o trasformazione del ponteggio;
b) la sicurezza durante le operazioni di montaggio, smontaggio o trasformazione del ponteggio con riferimento alla legislazione vigente;
c) le misure di prevenzione dei rischi di caduta di persone o di oggetti;
d) le misure di sicurezza in caso di cambiamento delle condizioni meteorologiche pregiudizievoli alla sicurezza del ponteggio;
e) le condizioni di carico ammissibile;
f) qualsiasi altro rischio che le suddette operazioni di montaggio, smontaggio o trasformazione possono comportare.
8. I soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità dei corsi sono riportati nell'allegato XXI.[/box-note]
7. Il datore di lavoro, i dirigenti e i preposti ricevono un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, secondo quanto previsto dall’accordo di cui al comma 2, secondo periodo. … [/box-note]
art. 12, d.lgs. n. 81/2008 e successive modifiche ed integrazioni - risposta al quesito in merito alla corretta interpretazione della figura del preposto alla sorveglianza dei ponteggi ai sensi dell'art. 136 del Testo Unico, e in particolare ai compiti ad esso assegnati e ai requisiti di formazione, anche in confronto con quelli ricadenti sul preposto ex articolo 2 comma 1, lettera e).
Premessa
L’Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) ha avanzato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione in merito “alla corretta interpretazione della figura del preposto alla sorveglianza dei ponteggi ai sensi dell'art. 136 del Testo Unico, e in particolare ai compiti ad esso assegnati e ai requisiti di formazione. anche in confronto con quelli ricadenti sul preposto ex articolo 2 comma 1. lettera e)”.
Al riguardo va premesso che l’art. 2, co. 1, lett. e), del d.lgs. n. 81/2008 definisce preposto “persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce attuazione delle direttive ricevute. controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa”.
L’art. 19 del decreto in parola declina gli obblighi del preposto.
L’art. 136, comma 6, del d.lgs. n. 81/2008 stabilisce che “il datore di lavoro assicura che i ponteggi siano montati. smontati o trasformati sotto la diretta sorveglianza di un preposto. a regola d'arte e conformemente al PLM. U.S., ad opera di lavoratori che hanno ricevuto una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste”.
Risposta
L’individuazione della figura del preposto, ai sensi dell’art. 2. co. 1, lett. e), d.lgs. n. 81/2008, non è obbligatoria in azienda ma è una scelta del datore di lavoro in base all’organizzazione ed alla complessità della sua azienda. Il preposto è un soggetto dotato di un potere gerarchico e funzionale, sia pure limitato, e di adeguate competenze professionali al quale il datore di lavoro fa ricorso in genere allorquando non può personalmente sovraintendere alla attività lavorativa e controllare l’attuazione delle direttive da lui impartite. Lo stesso preposto è destinatario ope legis dello svolgimento delle funzioni esplicitate nell’art. 19 del d.lgs. n. 81/2008.
Pertanto mentre la necessità di ricorrere all’individuazione di uno o più preposti, ai sensi dell’art. 2, co 1, lett. e) del d.lgs. n. 81/2008, è strettamente correlata all’organizzazione aziendale che, facoltativamente, ogni datore di lavoro si è data, esistono alcuni casi particolari (come ad esempio per il montaggio e lo smontaggio delle opere provvisionali, lavori di demolizione, montaggio e smontaggio dei ponteggi, ecc.), in cui il legislatore richiede specificatamente che i lavori siano effettuati sotto la diretta sorveglianza di un soggetto preposto e gerarchicamente sovraordinato ai lavoratori che effettuano tali attività, che ovviamente può essere lo stesso datore di lavoro purché abbia seguito gli appositi corsi di formazione.
Da ciò discende che il preposto addetto al controllo nelle fasi di montaggio e smontaggio dei ponteggi deve partecipare, oltre ai corsi di formazione o aggiornamento disciplinati dall’Allegato XXI del d.lgs. n. 81/2008, anche al corso di formazione previsto dall’art. 37, co. 7, del d.lgs. n. 81/2008.
Si pone in evidenza, inoltre, che il d.lgs. n. 81/2008 prevede la presenza di un preposto anche nell’ambito di altre attività ritenute pericolose quali quella relativa alla costruzione, sistemazione, trasformazione o smantellamento di una paratoia o di un cassone nei cantieri temporanei o mobili per le quali è ugualmente richiesta la diretta sorveglianza di un preposto (art. 149, co. 2, d.lgs. n. 81/2008) così come per i lavori di demolizione negli stessi cantieri edili che devono essere eseguiti sotto la sorveglianza di un preposto e condotti in maniera da non pregiudicare la stabilità delle strutture portanti o di collegamento e di quelle eventuali adiacenti (art. 151 d.lgs. n. 81/2008).
Per tali figure non è prevista dal decreto alcuna formazione specifica aggiuntiva rispetto a quella di cui all’articolo 37, comma 7 del d.lgs. n. 81 del 2008, nell’ambito della quale dovranno, pertanto, essere trattati i rischi e le misure concernenti tali attività.
Firma
Ing. Giuseppe PIEGARI - IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE
Il datore di lavoro durante il montaggio di un ponteggio è tenuto a garantire la presenza di un preposto incaricato specificatamente di sovrintendere alle operazioni di montaggio.
Non è sufficiente adempiere a questo obbligo con la presenza in cantiere di un responsabile della sicurezza il quale ha compiti diversi da quelli assegnati al soggetto preposto alla direzione delle predette operazioni che, in base alle vigenti disposizioni di legge in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, devono essere eseguite sotto la diretta e costante sorveglianza di un preposto specifico. ...[/box-note]
Movimentazione Manuale dei Carichi (MMC) | UNI ISO 11228-1:2022 (IT)
ID 16255 | Rev. 1.0 del 18.11.2022 / Documento di approfondimento e foglio di calcolo (.xlsx) modello semplificato in allegato
Documento di approfondimento sui limiti per la movimentazione manuale dei carichi in accordo alla norma tecnica UNI ISO 11228-1:2022. La norma specifica i limiti raccomandati per il sollevamento, l'abbassamento e il trasporto manuale, tenuto conto della intensità, della frequenza e della durata del compito lavorativo.
La norma, inoltre, fornisce i requisiti e le raccomandazioni relative alla analisi di molteplici variabili del compito lavorativo, consentendo di valutare i rischi per la salute dei lavoratori. L’analisi si applica alla movimentazione manuale di oggetti con massa di 3 kg o superiore e a una velocità di trasporto moderata, cioè compresa tra 0,5 m/s e 1,0 m/s, lungo una superficie orizzontale.
La UNI ISO 11228-1:2022 basa la sua analisi su una giornata lavorativa di 8 ore, ma considera anche tempi di lavoro più lunghi, fino a 12 ore. La norma tratta anche di combinazioni di compiti di sollevamento, abbassamento e trasporto nello stesso turno di lavoro.
La norma non considera il mantenimento di oggetti (senza trasporto), il traino e la spinta di oggetti o la movimentazione manuale da seduti. Il traino e la spinta di oggetti sono analizzati in altre parti della serie ISO 11228. Inoltre, la norma non considera la movimentazione manuale di persone o animali, non tratta il sollevamento manuale di oggetti laddove si usino apparecchiature di ausilio al sollevamento, come gli esoscheletri e non prende in considerazione le necessità di donne in gravidanza o di persone con disabilità.
[panel]ISO 11228-1:2021 “Ergonomics - Manual handling - Part 1: Lifting, lowering and carrying”
Data entrata in vigore: 05 ottobre 2021
Recepita in Italia con la UNI ISO 11228-1:2022 “Ergonomia - Movimentazione manuale - Parte 1: Sollevamento, abbassamento e trasporto” entrata in vigore il 24 marzo 2022.[/panel]
[box-note]Novità Edizione 2022:
- revisione dello scopo per includere l'abbassamento; - ampliamento della stima del rischio; - ampliamento degli Allegati A, B e C; - aggiunta dell'Allegato D Indice di sollevamento - aggiunta dell'allegato E Modello semplificato per il calcolo RML e L1 - aggiunta dell'Allegato F Sollevamento manuale Multi-task - aggiunta dell'Allegato G Esempi di movimentazione manuale di oggetti - aggiunta dell'Allegato H Trasporto - aggiunta dell'Allegato I Esposizione e rischio: la Tabella D.1[/box-note]
La valutazione dei rischi derivanti dalla movimentazione manuale dei carichi è un obbligo del Datore in Lavoro secondo l’art. 168 del D.Lgs. 81/08.
1. Il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie e ricorre ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche, per evitare la necessità di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori.
2. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei carichi ad opera dei lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie, ricorre ai mezzi appropriati e fornisce ai lavoratori stessi i mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione manuale di detti carichi, tenendo conto dell'allegato XXXIII, ed in particolare:
a) organizza i posti di lavoro in modo che detta movimentazione assicuri condizioni di sicurezza e salute; b) valuta, se possibile anche in fase di progettazione, le condizioni di sicurezza e di salute connesse al lavoro in questione tenendo conto dell'allegato XXXIII; c) evita o riduce i rischi, particolarmente di patologie dorso-lombari, adottando le misure adeguate, tenendo conto in particolare dei fattori individuali di rischio, delle caratteristiche dell'ambiente di lavoro e delle esigenze che tale attività comporta, in base all'allegato XXXIII; d) sottopone i lavoratori alla sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41, sulla base della valutazione del rischio e dei fattori individuali di rischio di cui all'allegato XXXIII.
3. Le norme tecniche costituiscono criteri di riferimento per le finalità del presente articolo e dell'allegato XXXIII, ove applicabili. Negli altri casi si può fare riferimento alle buone prassi e alle linee guida.[/panel]
La prevenzione del rischio di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari, connesse alle attività lavorative di movimentazione manuale dei carichi dovrà considerare, in modo integrato, il complesso degli elementi di riferimento e dei fattori individuali di rischio riportati nel presente allegato.
Elementi di riferimento
1. Caratteristiche del carico
La movimentazione manuale di un carico può costituire un rischio di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari nei seguenti casi:
- il carico è troppo pesante; - è ingombrante o difficile da afferrare; - è in equilibrio instabile o il suo contenuto rischia di spostarsi; - è collocato in una posizione tale per cui deve essere tenuto o maneggiato a una certa distanza dal tronco o con una torsione o inclinazione del tronco; - può, a motivo della struttura esterna e/o della consistenza, comportare lesioni per il lavoratore, in particolare in caso di urto.
2. Sforzo fisico richiesto
Lo sforzo fisico può presentare rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari nei seguenti casi:
- è eccessivo; - può essere effettuato soltanto con un movimento di torsione del tronco; - può comportare un movimento brusco del carico; - è compiuto col corpo in posizione instabile.
3. Caratteristiche dell'ambiente di lavoro
Le caratteristiche dell'ambiente di lavoro possono aumentare le possibilità di rischio di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari nei seguenti casi:
- lo spazio libero, in particolare verticale, è insufficiente per lo svolgimento dell'attività richiesta; - il pavimento è ineguale, quindi presenta rischi di inciampo o è scivoloso il posto o l'ambiente di lavoro non consentono al lavoratore la movimentazione manuale di carichi a un'altezza di sicurezza o in buona posizione; - il pavimento o il piano di lavoro presenta dislivelli che implicano la manipolazione del carico a livelli diversi; - il pavimento o il punto di appoggio sono instabili; - la temperatura, l'umidità o la ventilazione sono inadeguate.
4. Esigenze connesse all'attività
L'attività può comportare un rischio di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari se comporta una o più delle seguenti esigenze:
- sforzi fisici che sollecitano in particolare la colonna vertebrale, troppo frequenti o troppo prolungati; - pause e periodi di recupero fisiologico insufficienti; - distanze troppo grandi di sollevamento, di abbassamento o di trasporto; - un ritmo imposto da un processo che non può essere modulato dal lavoratore.
5. Fattori individuali di rischio
Fatto salvo quanto previsto dalla normativa vigente in tema di tutela e sostegno della maternità e di protezione dei giovani sul lavoro, il lavoratore può correre un rischio nei seguenti casi:
- inidoneità fisica a svolgere il compito in questione tenuto altresì conto delle differenze di genere e di età; - indumenti, calzature o altri effetti personali inadeguati portati dal lavoratore; - insufficienza o inadeguatezza delle conoscenze o della formazione o dell'addestramento
6. Riferimenti a norme tecniche
Le norme tecniche della serie ISO 11228 (parti 1-2-3) relative alle attività di movimentazione manuale (sollevamento, trasporto, traino, spinta, movimentazione di carichi leggeri ad alta frequenza) sono da considerarsi tra quelle previste all'articolo 168, comma 3.[/panel]
[...]
1. Valutazione del rischio (modello graduale)
Il modello graduale illustrato nella figura 1 descrive le fasi coinvolte nell'avvio e nella completa elaborazione di una valutazione del rischio dei compiti di movimentazione manuale, compreso il sollevamento e il trasporto.
La prima considerazione da fare è sulla massa del carico da movimentare, il modello della norma è applicabile solo se il carico supera i 3 Kg. Il passaggio successivo, invece, si basa sull’analisi del superamento dei limiti consigliati per la movimentazione (fase 1) (l’utente dovrà apportare delle modifiche alla movimentazione in caso di superamento dei limiti).
In caso di movimentazione ripetitiva, la valutazione può essere fatta usando la procedura di valutazione rapida (fase 2). A seconda del risultato ottenuto dalla fase 2, l’attività:
- dovrà essere sottoposta a delle modifiche per il miglioramento delle condizioni di sicurezza (allegato A della UNI ISO 11228-1:2022); - sarà ritenuta accettabile; - dovrà essere sottoposta ad una valutazione più dettagliata (fase 3).
La fase 3 deve essere usata per la valutazione di attività che si svolgono utilizzando posture non ideali. La condizione di riferimento della postura per il sollevamento e l’abbassamento durante la movimentazione manuale è determinata da:
- una postura eretta e simmetrica del tronco (nessuna torsione o flessione laterale); - un’inclinazione del tronco sagittale non superiore a 15° dalla verticale (inclinazione minima osservabile dall’occhio umano), in modo da assecondare la naturale postura della schiena; - l'altezza della presa compresa tra l'altezza delle nocche e del gomito per il sollevamento o tra l'altezza delle nocche e della spalla per il trasporto.
Le fasi 4 e 5 assistono nell'ulteriore valutazione del compito per la massa cumulativa per il sollevamento e il trasporto.
Figura 1 – Modello graduale
2.2 FASE 1 Controllo preliminare
Un primo screening sul sollevamento e sul trasporto non ripetitivo (eseguito con condizioni di riferimento in atto) richiede la determinazione della massa dell'oggetto (fase 1). Il limite consigliato per la massa del carico, denominato massa di riferimento, mref, e basato sulle caratteristiche della popolazione, è individuabile nell'allegato B della norma. Per avere delle indicazioni generali e ulteriori informazioni relative alla fase 1, si può consultare l'allegato A della norma.
2.3 FASE 2 Valutazione rapida del sollevamento e del trasporto ripetitivi
Lo screening delle attività ripetitive di sollevamento e trasporto di oggetti di peso pari o superiore a 3 kg viene eseguito utilizzando una procedura di valutazione rapida.
La procedura di valutazione rapida mira ad individuare, senza necessità di calcolo, la presenza di due condizioni di esposizione opposte:
- condizione accettabile, in cui non è stato identificato un rischio inaccettabile; - condizione critica, in cui è stato identificato un rischio inaccettabile.
Quando una di queste condizioni è soddisfatta, non è necessario eseguire una valutazione più dettagliata del livello di esposizione. Invece, o non è necessario prendere in considerazione ulteriori modifiche (rischio accettabile, vedere tabella 1 e tabella 2) o le modifiche dovrebbero essere effettuate immediatamente (vedere allegato A per una guida) a causa della presenza di una condizione critica (vedere tabella 3). In entrambi i casi si deve fare riferimento anche alla tabella 4 per identificare la presenza di eventuali circostanze sfavorevoli dell'ambiente di lavoro o degli oggetti che possono aumentare il rischio del compito (fattori aggiuntivi).
3.3 FASE 5 Limite raccomandato per la massa cumulativa di trasporto in relazione ai modelli temporali, alla distanza e ad altri fattori
Per il trasporto nelle condizioni di riferimento indicate, i limiti raccomandati per la massa cumulativa considerando i diversi scenari di durata del trasporto sono indicati nella Tabella 5.
Tabella 5 - Limiti raccomandati nelle condizioni di riferimento di trasporto per la massa cumulativa in relazione alla durata del trasporto durante il turno (per la popolazione lavorativa in generale)
[...]
Allegato B - Determinazione della massa di riferimento
B.1 Determinazione della massa di riferimento (fase 1)
La fase 1 della determinazione dell'RML per la movimentazione manuale comporta un controllo iniziale della massa di un oggetto. Per determinare se la massa è pari o inferiore a un limite raccomandato per la popolazione in questione, il peso effettivo che è movimentato (o che si prevede di movimentare) può essere confrontato con una massa di riferimento, mref, per quella popolazione. La tabella B.1 fornisce le masse di riferimento prendendo in considerazione popolazioni differenti.
Tabella B.1 - Massa di riferimento, mref, per differenti popolazioni
[...]
Figura F.5 - Il risultato delle semplificazioni adottate: un massimo di 30 potenziali sottocompiti
[...]
Allegato E Modello semplificato per il calcolo di RML e LI
Piano della viabilità aziendale / Update Novembre 2022
ID 4771 | Rev. 3.0 2022 del 04.11.2022 / Documento completo allegato
Documento sulla normativa di sicurezza e la strutturazione di un piano di viabilità aziendale in accordo con D.Lgs. 81/2008 Titolo II e V, aggiornato alle nuove norme UNI/TS 11886-1:2022 e UNI/TR 11886-2:2022 relative alle installazione di protezioni antiurto in ambito industriale.
Per viabilità aziendale si intende tutto ciò che è connesso con lo spostamento delle persone, dei mezzi di trasporto, delle materie prime e dei prodotti all'interno degli spazi aziendali, siano questi reparti chiusi o aree esterne.
La tendenza è spesso quella di considerare la sicurezza della viabilità interna solo per gli aspetti che riguardano il trasporto o l’esodo in caso d’emergenza; la viabilità generale viene invece spesso vissuta come un problema complementare, difficilmente gestibile per il suo carattere precario e dinamicamente variabile in base a diversi fattori contingenti quali le possibili interferenze causate da ditte esterne (fornitori e manutentori) la varietà e molteplicità dei percorsi e degli stazionamenti dei mezzi di trasporto interni ed esterni, dei pedoni, etc. Bisogna invece puntare ad un organizzazione che consideri importante anche il problema della viabilità come una possibile causa di incidenti importanti per investimento nelle aziende.
Occorre quindi affrontare in modo organico il problema della viabilità di un insediamento gestendola in maniera meno disorganizzata con disposizioni e regole certe definite dall’azienda:
1. Semplificare e ridurre il più possibile i flussi dei prodotti, basandosi sul layout aziendale e limitare al massimo le operazioni di trasporto interno, anche utilizzando, dove possibile, dei sistemi automatici d’avanzamento dei prodotti, quali, ad esempio, i nastri trasportatori.
2. Riunire in un unico blocco, se possibile, gli spogliatoi, i servizi igienici, i lavabo, le docce ed i locali di riposo: una razionale dislocazione dei servizi igienico-assistenziali permette di realizzare delle strutture complete, agevoli da gestire limitando così le necessità di transito dei pedoni all’esterno dei fabbricati.
3. Qualora vi fossero due accessi stradali è buona regola optare per il senso unico nei piazzali esterni con dedicando un accesso all’entrata e l’altro all’uscita; in questo modo si dimezza automaticamente il rischio di investimento da camion e carrelli.
Deve essere data la massima diffusione di quanto definito a tutti i lavoratori, fornitori e visitatori, relativamente a quali siano le regole di viabilità che vigono in azienda.
Gli obblighi relativi alla segnaletica di sicurezza in azienda, che nel D.Lgs. 81/08 sono disciplinati dal Titolo V "Segnaletica di salute e sicurezza sul lavoro", in particolare:
1. Titolo V SEGNALETICA DI SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
2. Qualora sia necessario fornire mediante la segnaletica di sicurezza indicazioni relative a situazioni di rischio non considerate negli allegati da ALLEGATO XXIV a ALLEGATO XXXII, il datore di lavoro, anche in riferimento alle norme di buona tecnica, adotta le misure necessarie, secondo le particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica.
3. Il datore di lavoro, per regolare il traffico all'interno dell'impresa o dell'unità produttiva, fa ricorso, se del caso, alla segnaletica prevista dalla legislazione vigente relativa al traffico stradale, ferroviario, fluviale, marittimo o aereo, fatto salvo quanto previsto nell'ALLEGATO XXVIII.
Affrontando quindi il tema della segnaletica orizzontale il D.Lgs. 81/08 lascia libertà al datore di lavoro di impiegaresoluzioni di comprovata validità oppure, "se del caso", fare riferimento alla legislazione vigente per la regolazione del traffico stradale.
Quindi il datore di lavoro avrà la possibilità di utilizzare questi tre strumenti:
1. le prescrizioni dell'All. XXVIII 2. le norme di buona tecnica (*) 3. la segnaletica prevista per la circolazione stradale.
Fig. 1. Possibili strumenti normativi per la segnaletica orizzontale
Si può quindi ritenere valida qualsiasi soluzione che, partendo dai presupposti dell'Art. 163 e dell'All. XXVIII, si riveli valida ed efficace, anche in funzione del rischio da prevenire. La consultazione di norme di buona tecnica, anche straniere, o del Codice della Strada può rivelarsi utile per risolvere situazioni particolari e garantire una chiara e comprensibile segnaletica orizzontale negli spazi di lavoro. La segnaletica dovrà in ogni caso essere oggetto di idonea manutenzione e rifacimento ove necessario, anche per esempio a causa dell'usura del tempo e del passaggio dei mezzi.
Il campo di applicazione del decreto non coinvolge la segnaletica impiegata per la circolazione stradale, ed è per questo motivo che si può escludere quanto prescritto per la definizione della segnaletica orizzontale aziendale dagli obblighi del Codice della Strada e dai relativi regolamenti di attuazione.
Si tenga presente che il Codice della Strada regolamenta la circolazione di mezzi su una rete stradale che coinvolge differenti velocità di percorrenza e la cui segnaletica deve essere uniforme per consentire a tutti i conducenti una corretta conduzione del mezzo e un'adeguata percezione del significato del segnale.
Altresì espresso rimando alla segnaletica prevista dalla legislazione vigente relativa al traffico stradale, ferroviario, fluviale, marittimo o aereo è prevista dall'Art. 163 c.3:
Art. 163 c. 3 Il datore di lavoro, per regolare il traffico all'interno dell'impresa o dell'unità produttiva, fa ricorso, se del caso, alla segnaletica prevista dalla legislazione vigente relativa al traffico stradale, ferroviario, fluviale, marittimo o aereo, fatto salvo quanto previsto nell'ALLEGATO XXVIII. ... ALLEGATO XXVIII Prescrizioni per la segnalazione dl ostacoli e dl punti di pericolo e per la segnalazione delle vie di circolazione. La segnaletica (e le dimensioni) previste dal Codice della Strada, può rivelarsi utile per risolvere situazioni particolari, esempio:
- aree esterne, - piazzali, - accessi esterni
in modo che sia garantita una chiara e comprensibile segnaletica orizzontale negli spazi di lavoro pertinenti l'area aziendale.[/box-info]
2. Il Progetto del Piano della viabilità aziendale
Il Piano della viabilità aziendale va progettato e definito in forma scritta, e deve definire le regole di circolazione in uso nei reparti e nelle aree esterne dell’Azienda e stabilire le misure organizzative e procedurali sufficienti a garantire la sicurezza dei lavoratori rispetto ai rischi connessi con l’uso dei carrelli elevatori e di tutti gli altri mezzi di trasporto mezzi di trasporto interni ed esterni (traspallet, auto, camion, ecc.) e dei lavoratori/pedoni.
Il piano deve prevedere in particolare:
- lo stato della pavimentazione e della sua manutenzione deve essere da evitare buche o avvallamenti pericolosi per la stabilità del mezzo e del carico; - inoltre va tenuto costantemente pulito da scarti di lavorazione al fine di rendere sicuro il transito di persone e mezzi; - adottare una chiara segnaletica che permetta di interpretare chiaramente la viabilità aziendale, la disposizione dei luoghi e degli spazi e l’organizzazione complessiva della circolazione interna; - prevedere la separazione delle corsie di marcia, evidenziando con strisce e pittogrammi i luoghi di stoccaggio delle merci, di passaggio dei carrelli e dei pedoni; - realizzare la segnaletica orizzontale con materiali antisdrucciolevoli e ben visibili; - evidenziare gli attraversamenti pedonali, gli STOP, eventuali pericoli particolari (divieti di attraversamento), ostacoli fissi ecc.
Si rammenta che la segnaletica specie quella orizzontale è soggetta ad usura, va tenuta in regolare manutenzione al fine di garantire la sua efficienza nel tempo; è bene che la periodicità del controllo e del ripristino sia definita da apposito programma, facente parte integrale del piano della viabilità.
E' importante informare i lavoratori del contenuto del piano di circolazione interna aziendale e vigilare sul rispetto concreto delle procedure di sicurezza. A questo scopo è consigliabile individuare, con apposita procedura formalizzata, un incaricato al controllo periodico frequente (es. un preposto/capo magazziniere). Nel caso d’inottemperanza del rispetto delle norme di circolazione vigenti all’interno dell’azienda, prendere provvedimenti, quali, ad esempio, richiami verbali e scritti, sospensioni temporanee o definitive ad accedere in azienda da parte di imprese esterne.
Tali provvedimenti vanno presi in caso di:
- velocità eccessiva dei carrelli e dei veicoli; - condurre i carrelli senza la necessaria visibilità; - mancato rispetto della segnaletica e delle precedenze; - parcheggio “selvaggio” dei veicoli, soprattutto se questo avviene in corrispondenza delle uscite d’emergenza; - deposito “caotico” dei materiali al di fuori delle aree previste, soprattutto quando questo costituisce intralcio alla viabilità e pericolo per i lavoratori in caso di caduta dei materiali stoccati in altezza sui posti di lavoro e di passaggio; - transito dei pedoni e dei mezzi al di fuori delle zone previste e prescritte; - condotta dei mezzi d’opera e di trasporto senza permessi, autorizzazioni e formazione specifica; - trasporto di persone su veicoli non autorizzati.
2.1 Segnaletica orizzontale e verticale
2.1.1 Segnaletica orizzontale
Il D.Lgs. 81/2008 prevede che le vie di circolazione dei veicoli debbano essere chiaramente segnalate con strisce continue chiaramente visibili.
La realizzazione delle strisce dovrà tenere conto delle distanze di sicurezza necessarie tra i veicoli che possono circolare ed eventuali ostacoli, nonché prestare particolarmente attenzione alla presenza di pedoni.
Tutta la segnaletica deve essere idoneamente mantenuta nel tempo attraverso pulizia o rifacimento e deve essere aggiornata in caso di variazione di layout.
Fig. 2. Segnalazioni orizzontali pavimento
2.1.3. Percorsi interni di circolazione per carrelli e pedoni
Le dimensioni seguenti, dettate da indicazioni di costruttori di carrelli, (Vedi a seguire Progetto SicuraMente 2013), sono consigliate per la realizzazione della segnaletica orizzontale delle vie di circolazione al fine di garantire una normale viabilità, evitare interferenze con pedoni ed altri mezzi e consentire manovre in sicurezza:
- Vie a senso unico: larghezza del carrello o del carico trasportato (la più grande delle due) aumentata di 1 metro - Vie a doppio senso di marcia: larghezza dei due carrelli o dei due carichi trasportati (la più grande tra le due) aumentata di 1,40 metri - Corsia per il transito di persone, (qualora prevista): larghezza per il transito in sicurezza 80 cm - 1 metro - Prevedere dei punti di attraversamento pedonale nelle vie di circolazione dei carrelli - Strisce di delimitazione delle vie di transito: di colore ben visibile (preferibilmente bianco o giallo) e una larghezza di circa 8 - 10 cm. - Altezza di passaggio della via di circolazione: altezza massima del carrello o del suo carico trasportabile, aumentata di una misura di sicurezza pari, almeno, a 30 centimetri.
Dimensioni delle vie di circolazione interne aziendali (Fonte SUVA)
...
2.1.4 Segnaletica verticale
Nei reparti e nelle aree esterne dove transitano i carrelli elevatori deve essere predisposta una specifica cartellonistica di sicurezza per segnalare i rischi legati alla presenza e circolazione del mezzo, gli obblighi relativi all'uso in sicurezza e i divieti. Ecco i segnali obbligatori:
fig. 1 carrelli in movimento
fig. 2 carrelli a passo d'uomo
fig. 3 divieto di sostare o passare sotto le forche di un carrello elevatore
fig. 4 divieto passaggio carrelli
Eventuali punti critici delle vie di transito potranno essere segnalate, come detto, secondo le regole del Codice della Strada.
2.1.5 Parcheggi
I parcheggi devono essere perfettamente identificati e ben visibili. In base al D.P.R. 495/1992 (Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo Codice della Strada), per quanto riguarda le dimensioni dei posti individuali, «Lo stallo minimo per la sosta in superfici assegnato alle automobili, libero da ingombri deve avere le dimensioni di 4,50 x 2,30m», anche se in base alle norme di buona pratica l’ingombro convenzionale standard è pari a 2,50 x 5,00 m. Per ciò che concerne i posti riservati ai disabili, l'art.10 del D.P.R. 24 luglio 1996, n. 503 prevede una larghezza minima non inferiore a 3,20 m e una lunghezza non inferiore a 6 m. Essi devono essere segnalati orizzontalmente da strisce di delimitazione gialle di larghezza 12 cm e contrassegnati dall’apposito simbolo (come da Regolamento di attuazione del Codice della Strada, art. 149 - Art. 40 . Cod. str.).
2.1.6 Zone pedonali
La segnaletica delle zone pedonali consente di controllare il flusso pedonale, l’accesso alle zone a traffico limitato e le zone vietate al personale e al pubblico. Prima di installare una segnaletica orizzontale, è importante identificare le aree pedonali e le zone riservate ai veicoli.
La campagna SicuraMente (2013), sostenuta da, Jungheinrich, Linde, OM Still e Toyota per promuovere la sicurezza in magazzino, propone una breve guida per verificare la segnaletica corretta da installare in magazzino per circolare in sicurezza con i carrelli elevatori.
Occorre distinguere innanzitutto tra segnaletica orizzontale e verticale
Il D.Lgs. 81/2008 prevede che le vie di circolazione dei veicoli debbano essere chiaramente segnalate con strisce continue chiaramente visibili. La realizzazione delle strisce dovrà tenere conto delle distanze di sicurezza necessarie tra i veicoli che possono circolare ed eventuali ostacoli, nonché prestare particolarmente attenzione alla presenza di pedoni.
Tutta la segnaletica deve essere idoneamente mantenuta nel tempo attraverso pulizia o rifacimento e deve essere aggiornata in caso di variazione di layout.
Ecco le dimensioni consigliate per la realizzazione della segnaletica orizzontale delle vie di circolazione al fine di garantire una normale viabilità, evitare interferenze con pedoni ed altri mezzi e consentire manovre in sicurezza:
- Vie a senso unico: larghezza del carrello o del carico trasportato (la più grande delle due) aumentata di 1 metro - Vie a doppio senso di marcia: larghezza dei due carrelli o dei due carichi trasportati (la più grande tra le due) aumentata di 1,40 metri - Corsia per il transito di persone, (qualora prevista): larghezza per il transito in sicurezza 80 cm / 1 metro - Prevedere dei punti di attraversamento pedonale nelle vie di circolazione dei carrelli - Strisce di delimitazione delle vie di transito: di colore ben visibile (preferibilmente bianco o giallo) e una larghezza di circa 8 – 10 cm. - Altezza di passaggio della via di circolazione: altezza massima del carrello o del suo carico trasportabile, aumentata di una misura di sicurezza pari, almeno, a 30 centimetri.
Per quanto riguarda la segnaletica verticale, nei reparti e nelle aree esterne dove transitano i carrelli elevatori deve essere predisposta una specifica cartellonisticadi sicurezza per segnalare i rischi legati alla presenza e circolazione del mezzo, gli obblighi relativi all’uso in sicurezza e i divieti. i segnali obbligatori riguardano i carrelli in movimento, i carrelli a passo d’uomo, il divieto di sostare o passare sotto le forche di un carrello elevatore. Eventuali punti critici delle vie di transito devono essere segnalati secondo le regole del traffico stradale.[/box-note]
3. Protezioni antiurto in ambito industriale
Pubblicate il 13 ottobre 2022, le norme UNI/TS 11886-1:2022 e UNI/TR 11886-2:2022 relative alle protezioni antiurto in ambito industriale. Si tratta delle prime norme UNI, molto attese, relative alla sicurezza nelle zone di movimentazione industriale e viabilità dei luoghi di lavoro. ________
Le norme hanno lo scopo di fornire:
- ai fabbricanti di protezioni antiurto in ambito industriale metodi di prova e criteri per la classificazione, ed - agli operatori della sicurezza in azienda criteri di scelta ed installazioni in ambito industriale.
UNI, attraverso il lavoro del GL 70 della Commissione Sicurezza, ha pubblicato in data 13 ottobre 2022 le due norme (già Progetto UNI1605398 e Progetto UNI1604054):
1. UNI/TS 11886-1:2022: Protezioni antiurto in ambito industriale – Parte 1: Metodi di prova e criteri per la classificazione – TS: Specifica Tecnica 2. UNI/TR 11886-2:2022: Protezioni antiurto in ambito industriale – Parte 2: Criteri di scelta – TR: Rapporto Tecnico
La UNI/TR 11886-2:2022, in particolare, detta i criteri di scelta ed installazione, in ambito industriale e in luoghi particolarmente a rischio, di protezioni antiurto atte ad evitare che mezzi e pedoni possano entrare in zone o aree pericolose o non di loro competenza, tale da migliorare e garantire la sicurezza nelle zone di movimentazione e viabilità.
Art. 62 Definizioni ….si intendono per luoghi di lavoro, unicamente ai fini della applicazione del presente titolo, i luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati all'interno dell'azienda o dell'unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza dell'azienda o dell'unità produttiva accessibile al lavoratore nell'ambito del proprio lavoro.
In particolare all’Allegato IV: … 1.4.6. Se i luoghi di lavoro comportano zone di pericolo in funzione della natura del lavoro e presentano rischi di cadute dei lavoratori o rischi di cadute d'oggetti, tali luoghi devono essere dotati di dispositivi per impedire che i lavoratori non autorizzati possano accedere a dette zone. 1.4.7. Devono essere prese misure appropriate per proteggere i lavoratori autorizzati ad accedere alle zone di pericolo. 1.4.8. Le zone di pericolo devono essere segnalate in modo chiaramente visibile. 1.4.9. I pavimenti degli ambienti di lavoro e dei luoghi destinati al passaggio non devono presentare buche o sporgenze pericolose e devono essere in condizioni tali da rendere sicuro il movimento ed il transito delle persone e dei mezzi di trasporto. 1.4.10. I pavimenti ed i passaggi non devono essere ingombrati da materiali che ostacolano la normale circolazione. 1.4.11. Quando per evidenti ragioni tecniche non si possono completamente eliminare dalle zone di transito ostacoli fissi o mobili che costituiscono un pericolo per i lavoratori o i veicoli che tali zone devono percorrere, gli ostacoli devono essere adeguatamente segnalati. …
3.1 UNI/TS 11886-1:2022 Protezioni antiurto in ambito industriale: metodi di prova e criteri per la classificazione
UNI/TS 11886-1:2022Protezioni antiurto in ambito industriale - Parte 1: Metodi di prova e criteri per la classificazione
La specifica tecnica definisce le modalità di prova e i criteri per la classificazione energetica e di ingombro operativo, tramite velocità e massa di prova, delle protezioni antiurto in ambito industriale. …
Estratto rielaborato
3. Definizioni
[…]
3.6 Protezione antiurto: Dispositivo progettato per il contenimento dell’urto di mezzi di movimentazione merci, posto a protezione delle attrezzature di lavoro e/o delle infrastrutture aziendali e/o delle aree di passaggio pedonale e/o delle postazioni di lavoro.
Nota 1 La funzione della protezione sntiurto è di contenere l’urto accidentale del mezzo. Annullando o diminuendo la severità dell’impatto, assorbendo e dissipando l’energia d’urto prodotta durante l’impatto contro la protezione.
Nota 2 Le protezioni antiurto si differenziano in tre tipologie: protezione antiurto continua / vedere punto 3.61), protezione antiurto puntuale (vedere punto 3.6.2) e sistema di protezione antiurto (vedere punto 3.6.3).
3.6.1 Protezione antiurto continua: Protezione antiurto (vedere punto 3.6) la cui maggiore suoerficie protettiva si sviluppa in orizzontale, rispetto al piano di ancoraggio, per la protezione di perimetri.
Nota Esempio di protezione antiurto sono illustrati in figura 3.
Legenda a) Protezione antiurto continua cilindrica a fissaggio interno; b) Protezione antiurto continua cilindrica a fissaggi esterni; c) Protezione antiurto continua sagomata a fissaggio interni. Fig. 3 - Esempio di protezione antiurto continua
3.6.2 Protezione antiurto puntuale: Protezione antiurto (vedere punto 3.6), la cui superficie protettiva si sviluppa in verticale, rispetto al piano di ancoraggio, per la protezione di punti specifici.
Nota Esempio di protezione antiurto puntuale sono illustrati in figura 3.
Legenda a) Protezione antiurto puntuale a sezione circolare e fissaggio interno; b) Protezione antiurto puntuale a sezione quadrata a fissaggi esterni; c) Protezione antiurto puntuale a sezione circolare a fissaggi esterni. Fig. 4 - Esempi di protezione antiurto puntuale
[...]
3.2 UNI/TR 11886-2 Criteri di scelta: Protezioni antiurto
UNI/TR 11886-2:2022 Protezioni antiurto in ambito industriale - Parte 2: Criteri di scelta
Linee guida per la scelta più appropriata delle protezioni antiurto in ambito industriale, sulla base della classificazione definita nella UNI/TS 11886-1:2022.
Il rapporto tecnico UNI/TR 11886-2:2022 definisce le specifiche per la corretta installazione di una protezione antiurto, perchè sia efficacie e garantisca le migliori performance.
Le protezioni antiurto di cui tratta il rapporto tecnico sono progettati per livelli specifici di prestazione, in modo da permette il contenimento dei mezzi di movimentazione che accidentalmente escono dai confini delle zone di movimentazione prescritte.
La gamma dei possibili urti di mezzi di movimentazione a cui può essere soggetta una protezione antiurto è estremamente ampia in termini di velocità, angoli di avvicinamento, tipo di mezzo ed altre condizioni del mezzo e della superficie.
Di conseguenza, nella UNI/TS 11886-1:2022 si definisce un metodo di prova che sia il più conservativo possibile in modo da inglobare la più ampia casistica.
Il rapporto tecnico, invece, si rivolge a tutti gli operatori aziendali, che hanno una responsabilità diretta nella valutazione del rischio e nella pianificazione delle azioni correttive necessarie alla messa in sicurezza degli ambienti di lavoro, e che intendono implementare efficacemente la sicurezza passiva in azienda, applicando processi di valutazione dei rischi e di scelta delle protezioni antiurto, con la finalità di proteggere infrastrutture, macchinari e soprattutto i lavoratori, da eventuali incidenti provocati dai mezzi di movimentazione.
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Estratto rielaborato
1. Criteri di scelta delle protezioni antiurto
La scelta delle protezioni antiurto dovrebbe essere effettuata sulla base delle analisi
seguenti:
- le caratteristiche di viabilità dell’ambiente in cui si vuole intervenire; - le caratteristiche dei mezzi di movimentazione; - le caratteristiche dei carichi trasportati; - la valutazione del rischio su cose e operatori; - la valutazione dei parametri di efficacia della protezione antiurto; - la legislazione vigente a cui è assoggettato l’ambiente di lavoro preso in esame.
2. Individuazione della classe energetica della protezione antiurto idonea nell’ambiente di lavoro
2.1 Rilevazione della massa complessiva del mezzo di movimentazione in condizioni di lavoro
Per ogni mezzo di movimentazione utilizzato nell'ambiente di lavoro, la massa complessiva del mezzo di movimentazione è dato dalla sommatoria dei seguenti dati:
a) massa del mezzo di movimentazione;
Nota Nel caso di un mezzo a propulsione elettrica, la massa del mezzo di movimentazione comprende quella della batteria di alimentazione;
b) massa del carico massimo movimentato nell'ambiente di lavoro; c) massa dell’operatore alla guida del mezzo di movimentazione.
[...]
5. Analisi dimensionale
Una volta definite le classi prestazionali che la protezione antiurto garantisce per assolvere il proprio lavoro in sicurezza, occorre verificare che la protezione sia anche geometricamente idonea a garantire il contenimento del mezzo in caso di impatto.
Per far questo è necessario considerare, fra gli altri, i seguenti casi principali:
- Possibile urto durante la marcia in avanti del mezzo: si dovrebbe scegliere una protezione la cui regione d’urto contenga su di sé la proiezione dell’ingombro del carico movimentato dal mezzo o, almeno, parte di esso, quanto basta per garantirne l’arresto da parte della protezione antiurto nella zona specifica di applicazione.
Nel caso in cui il mezzo viaggi senza carico occorre tenere conto degli ingombri e degli effetti di un eventuale impatto delle forche.
In questa analisi è fondamentale ricordare, come da prescrizioni di legge, che la movimentazione dei carichi avviene sempre mantenendo il carico più in basso possibile, così da limitare quanto più possibile lo sbilanciamento del mezzo e di conseguenza il rischio di ribaltamento o la caduta del carico.
- Possibile urto durante la retromarcia del mezzo: occorre scegliere una protezione antiurto la cui regione d’urto sia sufficiente per permettere l’arresto del mezzo evitando che il mezzo (o parti di esso) oltrepassi la protezione antiurto durante e dopo l'urto.
In entrambe le analisi è utile ricordare che, a parità di altri fattori, e in particolare a parità di barriera, l’ingombro operativo di una protezione antiurto è generalmente tanto più ampio quanto più alta da terra risulta essere la sua regione d’urto, con conseguente maggiore occupazione di spazio utile.
Inoltre potrebbe accadere che l’area da mettere in protezione sia interessata dal passaggio di mezzi di dimensioni e caratteristiche energetiche diverse, in questi casi sarebbe fondamentale scegliere la protezione antiurto in funzione del mezzo di movimentazione più probante per la stessa. In questo modo, si individuerebbero le specifiche fondamentali per la scelta della protezione antiurto che permetta di coprire l’intera casistica dei possibili impatti, offrendo il miglior grado di protezione possibile.
Completato il percorso di scelta della protezione sulla base prestazionale e dimensionale, è opportuno concentrarsi sulla valutazione delle caratteristiche generali costruttive della protezione antiurto, affinché risponda anche alle normative a cui l’ambiente di lavoro preso in esame è assoggettato.
6. Manutenzioni e controlli
É suggerita all'utilizzatore una manutenzione continua per la pulizia e per il controllo della conservazione della colorazione della protezione antiurto.
È inoltre necessario effettuare controlli periodici sullo stato funzionale delle protezioni, e, in ogni caso a seguito di urti.
7. Valutazione della pavimentazione
Un importante parametro, per garantire l’efficace funzionamento di una protezione antiurto, è senza alcun dubbio la pavimentazione sulla quale la protezione stessa è ancorata.
É palese, pertanto, come il sistema di ancoraggio della protezione antiurto dovrebbe essere valutato, considerando la tipologia di pavimentazione su cui è installato.
Si raccomanda di verificare le caratteristiche di resistenza del pavimento nei confronti della scheda tecnica del prodotto come riportata nella UNI/TS 11886-1:2022.
8. Esempi applicativi
Fig. 5 e Fig. 5.1 - Esempio di corrimano per pedoni
1. Il presente titolo stabilisce le prescrizioni per la segnaletica di sicurezza e di salute sul luogo di lavoro.
2. Le disposizioni del presente decreto non si applicano alla segnaletica impiegata per regolare il traffico stradale, ferroviario, fluviale, marittimo ed aereo.
2-bis. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, con decreto dei Ministeri del lavoro, della salute e delle politiche sociali e delle infrastrutture e dei trasporti, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale, è emanato il regolamento per l'individuazione delle procedure di revisione, integrazione e apposizione della segnaletica stradale destinata alle attività lavorative che si svolgano in presenza di traffico veicolare (*).
a) segnaletica di sicurezza e di salute sul luogo di lavoro, di seguito indicata «segnaletica di sicurezza»: una segnaletica che, riferita ad un oggetto, ad una attività o ad una situazione determinata, fornisce una indicazione o una prescrizione concernente la sicurezza o la salute sul luogo di lavoro, e che utilizza, a seconda dei casi, un cartello, un colore, un segnale luminoso o acustico, una comunicazione verbale o un segnale gestuale;
b) segnale di divieto: un segnale che vieta un comportamento che potrebbe far correre o causare un pericolo;
c) segnale di avvertimento: un segnale che avverte di un rischio o pericolo;
d) segnale di prescrizione: un segnale che prescrive un determinato comportamento;
e) segnale di salvataggio o di soccorso: un segnale che fornisce indicazioni relative alle uscite di sicurezza o ai mezzi di soccorso o di salvataggio;
f) segnale di informazione: un segnale che fornisce indicazioni diverse da quelle specificate alle lettere da b) ad e);
g) cartello: un segnale che, mediante combinazione di una forma geometrica, di colori e di un simbolo o pittogramma, fornisce una indicazione determinata, la cui visibilità è garantita da una illuminazione di intensità sufficiente;
h) cartello supplementare: un cartello impiegato assieme ad un cartello del tipo indicato alla lettera g) e che fornisce indicazioni complementari;
i) colore di sicurezza: un colore al quale è assegnato un significato determinato;
l) simbolo o pittogramma: un'immagine che rappresenta una situazione o che prescrive un determinato comportamento, impiegata su un cartello o su una superficie luminosa;
m) segnale luminoso: un segnale emesso da un dispositivo costituito da materiale trasparente o semitrasparente, che è illuminato dall'interno o dal retro in modo da apparire esso stesso come una superficie luminosa;
n) segnale acustico: un segnale sonoro in codice emesso e diffuso da un apposito dispositivo, senza impiego di voce umana o di sintesi vocale;
o) comunicazione verbale: un messaggio verbale predeterminato, con impiego di voce umana o di sintesi vocale;
p) segnale gestuale: un movimento o posizione delle braccia o delle mani in forma convenzionale per guidare persone che effettuano manovre implicanti un rischio o un pericolo attuale per i lavoratori.
1. Quando, anche a seguito della valutazione effettuata in conformità all'articolo 28, risultano rischi che non possono essere evitati o sufficientemente limitati con misure, metodi, ovvero sistemi di organizzazione del lavoro, o con mezzi tecnici di protezione collettiva, il datore di lavoro fa ricorso alla segnaletica di sicurezza, conformemente alle prescrizioni di cui agli allegati da XXIV a XXXII.
2. Qualora sia necessario fornire mediante la segnaletica di sicurezza indicazioni relative a situazioni di rischio non considerate negli allegati da XXIV a XXXII, il datore di lavoro, anche in riferimento alle norme di buona tecnica, adotta le misure necessarie, secondo le particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica.
3. Il datore di lavoro, per regolare il traffico all'interno dell'impresa o dell'unità produttiva, fa ricorso, se del caso, alla segnaletica prevista dalla legislazione vigente relativa al traffico stradale, ferroviario, fluviale, marittimo o aereo, fatto salvo quanto previsto nell'allegato XXVIII.
a) il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e i lavoratori siano informati di tutte le misure da adottare riguardo alla segnaletica di sicurezza impiegata all'interno dell'impresa ovvero dell'unità produttiva;
b) i lavoratori ricevano una formazione adeguata, in particolare sotto forma di istruzioni precise, che deve avere per oggetto specialmente il significato della segnaletica di sicurezza, soprattutto quando questa implica l'uso di gesti o di parole, nonché i comportamenti generali e specifici da seguire.
1. Il datore di lavoro ed il dirigente sonopuniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.500 a 6.400 euro per la violazione dell'articolo 163;
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 750 a 4.000 euro per la violazione dell'articolo 164.
2. La violazione di più precetti riconducibili alla categoria omogenea di requisiti di sicurezza relativi alla segnaletica di sicurezza di cui agli allegati XXIV, punti 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11 e 12, XXV, punti 1, 2 e 3, XXVI, per l'intero, XXVII, per l'intero, XXVIII, punti 1 e 2, XXIX, punti 1 e 2, XXX, punti 1 e 2, XXXI, punti 1 e 2, e XXXII, punti 1, 2 e 3 è considerata una unica violazione ed è punita con la pena prevista dal comma 1, lettera a).
L'organo di vigilanza è tenuto a precisare in ogni caso, in sede di contestazione, i diversi precetti violati.[/box-note]
Illuminazione vie di circolazione Dimensioni delle vie di circolazione interne aziendali (Fonte SUVA) D.Lgs. 81/2008 allegato IV requisiti dei luoghi di lavoro
Cartelli di carico scaffalature metalliche EN 15635 / Novembre 2021
ID 14969 | 18.11.2021 / Documento completo allegato
Il Documento illustra i Cartelli di carico da apporre da apporre per diverse tipologie di scaffalature metalliche in accordo con la norma UNI EN 15635 Utilizzo e manutenzione dell’attrezzatura di immagazzinaggio. Riportato inoltre cartello di carico per sistemi di soppalchi.
La norma UNI EN 15635 all’Appendice B Esempi tipici di cartelli di carico, riporta, per diverse tipologie di scaffalature metalliche, i cartelli di carico corretti da apporre. L'utilizzo dei cartelli di carico è importante per il funzionamento e l'impiego in sicurezza dell'attrezzatura. I cartelli di portata devono essere esposti in luogo ben visibile sull'attrezzatura o in prossimità di essa.
[box-warning]I Cartelli di carico devono essere forniti dal fabbricante
Il fabbricante deve fornire i cartelli di carico nei colori di sicurezza approvati, contenenti le informazioni sui limiti di portata del sistema.[/box-warning]
Il fabbricante della scaffalatura, deve fornire, anche, tutte le informazioni sulla corretta apposizione (vedasi Appendice A - Responsabilità del fornitore).
Esempi di cartelli di carico a seguire per:
- cartello di carico per scaffalatura porta-pallet regolabile con una singola unità di carico per coppia di correnti - cartello di carico per scaffalatura porta-pallet regolabile con due unità di carico per coppia di correnti - cartello di carico per scaffalatura porta-pallet regolabile con tre unità di carico per coppia di correnti - cartello di carico per scaffalatura porta-pallet mobile con due unità di carico per coppia di correnti - cartello di carico per immagazzinaggio dinamico a gravità o sistemi push back in configurazione di pallet singolo per campata - cartello di carico per immagazzinaggio dinamico a gravità o sistemi push back in configurazione a due corsie per campata - cartello di carico per sistemi di immagazzinaggio dinamico in cartone - cartello di carico per sistemi di scaffalature a ripiani regolabili - cartello di carico per sistemi di scaffalature a ripiani mobili - cartello di carico per sistemi di scaffalature cantilever - cartello di carico per sistemi di soppalchi - cartello di carico per sistemi di scaffalature drive-in
APPENDICE A RESPONSABILITÀ DEL FORNITORE (informativa)
Di seguito è riportato un riepilogo delle responsabilità del fornitore che, senza avere la pretesa di essere esaustivo per il redattore delle specifiche bensì soltanto indicativo, dovrebbe servire all'utilizzatore per confermare l'adeguatezza del sistema rispetto ai requisiti e la sua sicurezza operativa.
Il fornitore dovrebbe:
a) specificare le limitazioni tecniche del sistema in termini di condizioni di funzionamento sicure e di capacità portante, alla luce dei requisiti del redattore delle specifiche (vedere EN 15629). A tal proposito è opportuno fornire il prospetto o le tavole che riportano le dimensioni dettagliate e la posizione della scaffalatura con i previsti interspazi e larghezze di corridoio. Ciò consente di identificare tutte le caratteristiche specifiche del sistema come i carichi imposti o le condizioni di esercizio non normalizzate che sono state incorporate nel progetto. Dovrebbero inoltre essere identificati tutti gli attrezzi portanti previsti; b) identificare quale attrezzatura di protezione della scaffalatura dovrebbe essere fornita; c) identificare i tipi di carrelli operativi o i criteri di utilizzo incorporati nella composizione della scaffalatura o nel progetto strutturale; d) prevedere, se richiesto, un servizio di messa in opera da parte di una squadra di installatori esperti ed addestrati che lavorino sotto un supervisore qualificato. Ciò dovrebbe includere un controllo formale post-montaggio della scaffalatura a completamento del montaggio da persona competente, e un certificato formale firmato da una persona competente presentato al cliente a conferma del completamento dei lavori in conformità alla normativa prevista; e) specificare i carichi imposti dovuti all'attrezzatura di immagazzinaggio sul pavimento del magazzino; f) fornire suggerimenti tecnici all'utilizzatore della scaffalatura, soprattutto in merito alle conseguenze di un cambiamento d'impiego, un cambiamento del carico o di una riconfigurazione della geometria della scaffalatura per adattarla a nuovi requisiti; g) fornire suggerimenti all'utilizzatore della scaffalatura in merito alla necessità di ispezioni regolari della scaffalatura e di un programma formale di manutenzione per fare fronte ad eventuali danni accidentali; h) mettere a disposizione i pezzi di ricambio, per consentire una efficace riparazione e manutenzione della scaffalatura; i) fornire i cartelli di carico nei colori di sicurezza approvati, contenenti le informazioni sui limiti di portata del sistema; j) fornire all'utilizzatore le informazioni per l'utilizzo in sicurezza dell'attrezzatura. ...
APPENDICE B ESEMPI TIPICI DI CARTELLI DI CARICO (informativa)
B.1 Cartelli di carico Queste targhe colorate costituiscono cartelli di carico progettati per l'utilizzo di attrezzature di immagazzinaggio, che includono: APR, bracci cantilever, scaffalature mobili e scaffali a ripiani; magazzini dinamici, drive-in e soppalchi. L'utilizzo dei cartelli di carico è importante per il funzionamento e l'impiego in sicurezza dell'attrezzatura.
B.2 Composizione dei cartelli di carico Colori e simboli sono in conformità ai regolamenti sulla segnaletica per la sicurezza. Tutti i cartelli di carico sono prodotti in conformità alla Direttiva del Consiglio Europeo 92/58/CEE. Le segnalazioni di carico e i riferimenti per il testo sono redatti in conformità alle esigenze costruttive e di progettazione strutturale (vedere figura B.1).
Nota Per motivi di spazio può essere necessario dividere il cartello di carico in due parti.
B.3 Formazione I cartelli di portata forniscono informazioni importanti per l'utilizzo in sicurezza dell'attrezzatura. Trattandosi di segnalazioni operative, per maggior chiarezza, i dati in essi effettivamente riportati sono ridotti all'essenziale. Gli utilizzatori dell'attrezzatura di immagazzinaggio dovrebbero sempre consultare il fabbricante del prodotto per definire pratiche operative sicure e provvedere ad un'adeguata formazione di tutto il personale addetto all'utilizzo dell'attrezzatura.
B.4 Affissione I cartelli di portata dovrebbero essere esposti in luogo ben visibile sull'attrezzatura o in prossimità di essa. ...
Figura B.1Composizione di un cartello di carico
Legenda A Simboli (forme e colori) in conformità ai regolamenti sulla segnaletica per la sicurezza B Breve commento illustrativo C Carico massimo per livello di corrente d Passo del corrente e Altezza fino al primo corrente F Carico massimo di tutta la campata G Spazio per le informazioni sul fornitore, per esempio nome, logo ecc.
Figura B.11Esempio: cartello di carico per sistemi di scaffalature cantilever
Legenda b Lunghezza braccio c Altezza massima fino al braccio superiore d Passo braccio e Altezza fino al primo braccio
...
[box-warning]Sicurezza magazzini a scaffalature metalliche
Si veda, inoltre, per la sicurezza magazzini a scaffalature metalliche il Documento:
La Direttiva 98/42/CE è la XIV direttiva sociale particolare sulla protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti da agenti chimici. La Direttiva è stata, da prima recepita con il D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25 che l'ha introdotta nel D.Lgs. n. 626/1994, a seguire nel Testo Unico Sicurezza D.Lgs. 81/2008.
Il termine "Rischio moderato".
Nella Direttiva 98/42/CE e nel recepimento D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25 (D.Lgs. n. 626/1994) il "termine soglia" nella valutazione dei rischi per gli agenti chimici, usato per stabilire le misure base/complete, è "rischio moderato".
Il termine "Rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute"
Con il D.Lgs. 81/2008, tale temine è stato sostituito con "rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute" rimandando ad appositi decreti per definirne i criteri di individuazione (data notizia non emanati).
Ad oggi, quindi non sono definiti i criteri per la determinato il rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori di cui all'articolo 224, comma 2 del D.Lgs. n. 81/2008, in relazione al tipo, alle quantità ed alla esposizione di agenti chimici, anche tenuto conto dei valori limite indicativi fissati dalla Unione europea e dei parametri di sicurezza.
Nel D.Lgs. n. 81/2008 è riportato, all'Art. 232 c. 3, che "nelle more" dell'emanazione del Decreto possono essere stabiliti, entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i parametri per l'individuazione del rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori di cui all'articolo 224, comma 2, sulla base di proposte delle associazioni di categoria dei datori di lavoro interessate comparativamente rappresentative, sentite le associazioni dei prestatori di lavoro interessate comparativamente rappresentative. Scaduto inutilmente il termine di cui al presente articolo, la valutazione del rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori è comunque effettuata dal datore di lavoro (termine 45 gg scaduto).
[box-warning]Non emanato/i, data notizia, il/i decreti che devono individuare i criteri "rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute"
Non emanato/i, data notizia, il/i decreti che devono individuare i criteri per stabilire il "rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute" (ndr - secondo la Direttiva 98/24/CE il termine originario è "moderato") dei lavoratori di cui all'articolo 224, comma 2, in relazione al tipo, alle quantità ed alla esposizione di agenti chimici, anche tenuto conto dei valori limite indicativi fissati dalla Unione europea e dei parametri di sicurezza.[/box-warning]
Direttiva europea 98/24/CE recepita con il D.Lgs. 2 febbraio 2002 n. 25 (D.Lgs. n. 626/1994) e a seguire integrata nel Titolo IX, Capo I del D.Lgs. n. 81/2008:
Se i risultati della valutazione dei rischi a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, dimostrano che, in relazione alle quantità di un agente chimico pericoloso presenti sul luogo di lavoro, per la sicurezza e la salute dei lavoratori vi è solo un rischio moderato e che le misure adottate a norma dei paragrafi 1 e 2 del presente articolo sono sufficienti a ridurre il rischio, non si applicano le disposizioni degli articoli 6, 7 e 10 della presente direttiva.
2. Se i risultati della valutazione dei rischi dimostrano che, in relazione al tipo e alle quantita' di un agente chimico pericoloso e alle modalita' e frequenza di esposizione a tale agente presente sul luogo di lavoro, vi e' solo un rischio moderato per la sicurezza e la salute dei lavoratori e che le misure di cui al comma 1 sono sufficienti a ridurre il rischio, non si applicano le disposizioni degli articoli ((72))-sexies, ((72))-septies, ((72))-decies, ((72))-undecies.
Se i risultati della valutazione dei rischi dimostrano che, in relazione al tipo e alle quantità di un agente chimico pericoloso e alle modalità e frequenza di esposizione a tale agente presente sul luogo di lavoro, vi è solo un rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori e che le misure di cui al comma 1 sono sufficienti a ridurre il rischio, non si applicano le disposizioni degli articoli 225, 226, 229, 230.
Misure da adottare se il rischio è basso per la sicurezza e irrilevante per la salute per non dover applicare quelle degli arti. 225, 226:
– la progettazione e l’organizzazione dei sistemi di lavorazione sul luogo di lavoro; – la fornitura di un equipaggiamento al lavoro con agenti chimici e metodi di manutenzione tali da preservare la salute e la sicurezza dei lavoratori sul luogo di lavoro; – la riduzione al minimo del numero di lavoratori che sono o potrebbero essere esposti; – la riduzione al minimo della durata e dell’intensità dell’esposizione; – misure igieniche adeguate; – la riduzione della quantità di agenti chimici presenti sul luogo di lavoro al minimo necessario per il tipo di lavoro svolto; – metodi di lavoro appropriati, comprese disposizioni per il trattamento, l’immagazzinamento e il trasporto sicuri sul luogo di lavoro di agenti chimici pericolosi nonché dei rifiuti che contengono detti agenti chimici.
a) progettazione e organizzazione dei sistemi di lavorazione sul luogo di lavoro; b) fornitura di attrezzature idonee per il lavoro specifico e relative procedure di manutenzione adeguate; c) riduzione al minimo del numero di lavoratori che sono o potrebbero essere esposti; d) riduzione al minimo della durata e dell’intensità dell’esposizione; e) misure igieniche adeguate; f) riduzione al minimo della quantità di agenti presenti sul luogo di lavoro in funzione delle necessità della lavorazione; g) metodi di lavoro appropriati comprese le disposizioni che garantiscono la sicurezza nella manipolazione, nell’immagazzinamento e nel trasporto sul luogo di lavoro di agenti chimici pericolosi nonché dei rifiuti che contengono detti agenti chimici.
Quando la natura dell’attività non consente di eliminare il rischio attraverso la sostituzione, prendendo in considerazione l’attività lavorativa e la valutazione dei rischi di cui all’articolo 4, il datore di lavoro garantisce che il rischio sia ridotto mediante l’applicazione di misure di protezione e di prevenzione, coerenti con la valutazione dei rischi effettuata a norma dell’articolo 4.a) la progettazione di adeguati processi lavorativi e controlli tecnici, nonché l’uso di attrezzature e materiali adeguati, al fine di evitare o ridurre al minimo il rilascio di agenti chimici pericolosi che possano presentare un rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro;
b) l’applicazione di misure di protezione collettive alla fonte del rischio, quali un’adeguata ventilazione e appropriate misure organizzative;
c) l’applicazione di misure di protezione individuali, comprese le attrezzature di protezione individuali, qualora non si riesca a prevenire con altri mezzi l’es8posizione.
Quando la natura dell’attività non consente di eliminare il rischio attraverso la sostituzione il datore di lavoro garantisce che il rischio sia ridotto mediante l’applicazione delle seguenti misure da adottarsi nel seguente ordine di priorità:
a) progettazione di appropriati processi lavorativi e controlli tecnici, nonché uso di attrezzature e materiali adeguati;
b) appropriate misure organizzative e di protezione collettive alla fonte del rischio;
c) misure di protezione individuali, compresi i dispositivi di protezione individuali, qualora non si riesca a prevenire con altri mezzi l’esposizione;
d) sorveglianza sanitaria dei lavoratori a norma degli articoli 229 e 230.
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 15, i rischi derivanti da agenti chimici pericolosi devono essere eliminati o ridotti al minimo mediante le seguenti misure:
a) progettazione e organizzazione dei sistemi di lavorazione sul luogo di lavoro; b) fornitura di attrezzature idonee per il lavoro specifico e relative procedure di manutenzione adeguate; c) riduzione al minimo del numero di lavoratori che sono o potrebbero essere esposti; d) riduzione al minimo della durata e dell'intensità dell'esposizione; e) misure igieniche adeguate; f) riduzione al minimo della quantità di agenti presenti sul luogo di lavoro in funzione delle necessità della lavorazione; g) metodi di lavoro appropriati comprese le disposizioni che garantiscono la sicurezza nella manipolazione, nell'immagazzinamento e nel trasporto sul luogo di lavoro di agenti chimici pericolosi nonché dei rifiuti che contengono detti agenti chimici.
2. Se i risultati della valutazione dei rischi dimostrano che, in relazione al tipo e alle quantità di un agente chimico pericoloso e alle modalità e frequenza di esposizione a tale agente presente sul luogo di lavoro, vi è solo un rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori e che le misure di cui al comma 1 sono sufficienti a ridurre il rischio, non si applicano le disposizioni degli articoli 225, 226, 229, 230. ...
1. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, è istituito senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un comitato consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici. Il Comitato è composto da nove membri esperti nazionali di chiara fama in materia tossicologica e sanitaria di cui tre in rappresentanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, su proposta dell'Istituto superiore di sanità, dell'ISPESL e della Commissione tossicologica nazionale, tre in rappresentanza della Conferenza dei Presidenti delle regioni e tre in rappresentanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Il Comitato si avvale del supporto organizzativo e logistico della Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.
2. Con uno o più decreti dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, sentiti il Ministro dello sviluppo economico, il Comitato di cui al comma 1 e le parti sociali, sono recepiti i valori di esposizione professionale e biologici obbligatori predisposti dalla Commissione europea, sono altresì stabiliti i valori limite nazionali anche tenuto conto dei valori limite indicativi predisposti dalla Commissione medesima e sono aggiornati gli allegati XXXVIII, XXXIX, XL e XLI in funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione di normative e specifiche comunitarie o internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti chimici pericolosi.(1) (2)(3)(4)(5)
[box-info]3. Con i decreti di cui al comma 2 è inoltre determinato il rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute (a) dei lavoratori di cui all'articolo 224, comma 2, in relazione al tipo, alle quantità ed alla esposizione di agenti chimici, anche tenuto conto dei valori limite indicativi fissati dalla Unione europea edei parametri di sicurezza.
(a) - secondo la Direttiva 98/24/CE il termine originario è "moderato"[/box-info]
4. Nelle more dell'adozione dei decreti di cui al comma 2, con uno o più decreti dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, possono essere stabiliti, entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i parametri per l'individuazione del rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori di cui all'articolo 224, comma 2, sulla base di proposte delle associazioni di categoria dei datori di lavoro interessate comparativamente rappresentative, sentite le associazioni dei prestatori di lavoro interessate comparativamente rappresentative. Scaduto inutilmente il termine di cui al presente articolo, la valutazione del rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori è comunque effettuata dal datore di lavoro.
(1) Decreto interministeriale 26 febbraio 2004 - Primo elenco di valori indicativi di esposizione professionale per gli agenti chimici in attuazione della direttiva 98/24/CE del Consiglio (2) Decreto interministeriale 4 febbraio 2008 - Secondo elenco di valori indicativi di esposizione professionale per gli agenti chimici in attuazione della direttiva 98/24/CE del Consiglio (3)Decreto interministeriale 6 agosto 2012 - Terzo elenco di valori indicativi di esposizione professionale per gli agenti chimici in attuazione della direttiva 98/24/CE del Consiglio (4)Decreto interministeriale 2 maggio 2020 - Quarto elenco di valori indicativi di esposizione professionale per gli agenti chimici in attuazione della direttiva 98/24/CE del Consiglio (5) Decreto interministeriale 18 maggio 2021 - Quinto elenco di valori indicativi di esposizione professionale per gli agenti chimici in attuazione della direttiva 98/24/CE del Consiglio
Quinto elenco di valori indicativi di esposizione professionale
Cromo metallico, composti di cromo inorganico (II) e composti di cromo inorganico (III) (non solubili)
0,5
—
—
—
—
202-704-5
98-82-8
Cumene (16)
100
20
250
50
Cute
207-069-8
431-03-8
Diacetile, Butanedione
0,07
0,02
0,36
0,1
—
202-425-9
95-50-1
Diclorobenzene, 1,2-
122
20
306
50
Cute
200-863-5
75-34-3
Dicloroetano, 1,1-
412
100
—
—
Cute
203-716-3
109-89-7
Dietilammina
15
5
30
10
—
200-467-2
60-29-7
Dietiletere
308
100
616
200
—
202-981-2
101-84-8
Difeniletere
7
1
14
2
—
215-137-3
1305-62-0
Diidrossido di calcio
1 (13)
—
4 (13)
—
—
204-697-4
124-40-3
Dimetilammina
3,8
2
9,4
5
—
200-843-6
75-15-0
Disolfuro di carbonio
3
1
—
—
Cute
203-313-2
105-60-2
e-Caprolattame (polveri e vapori)(8)
10
—
40
—
—
203-388-1
106-35-4
Eptan-3-one
95
20
—
—
—
205-563-8
142-82-5
Eptano, n-
2085
500
—
—
—
203-767-1
110-43-0
eptano-2-one
238
50
475
100
Cute
204-065-8
115-10-6
Etere dimetilico
1920
1000
—
—
—
205-438-8
140-88-5
Etilacrilato
21
5
42
10
—
200-834-7
75-04-7
Etilammina
9,4
5
—
—
—
202-849-4
100-41-4
Etilbenzene
442
100
884
200
Cute
203-473-3
107-21-1
Etilen glicol
52
20
104
40
Cute
202-705-0
98-83-9
Fenilpropene, 2-
246
50
492
100
—
1 203-632-7
108-95-2
Fenolo
8
2
16
4
Cute
1 231-945-8
7782-41-4
Fluoro
1,58
1
3,16
2
—
Fluoruri inorganici (espressi come F)
2,5
—
—
—
—
203^481-7
107-31-3
Formiato di metile
125
50
250
100
Cute
232-260-8
7803-51-2
Fosfina
0,14
0,1
0,28
0,2
—
200-870-3
75-44-5
Fosgene
0,08
0,02
0,4
0,1
—
231-484-3
7580-67-8
Idruro di litio
—
—
0,02(12)
—
—
210-868-3
624-83-9
Isocianato di metile
—
—
—
0,02
Cute
201-142-8
78-78-4
Isopentano
2000
667
—
—
—
Manganese e composti inorganici del manganese (espresso come manganese)
0,2 (12) 0,05(13)
—
—
—
—
Mercurio e composti inorganici divalenti del mercurio compresi ossidomercurico e cloruro di mercurio (misurati come mercurio)(9)
0,02
—
—
—
Cute
203-604-4
108-67-8
Mesitilene (1,3,5-trimetilbenzene)
100
20
—
—
—
201-297-1
80-62-6
Metacrilato di metile
—
50
—
100
—
200-659-6
67-56-1
Metanolo
260
200
—
—
Cute
202-500-6
96-33-3
Metilacrilato
7
2
36
10
Cute
203-550-1
108-10-1
Metilpentan-2-one,4-
83
20
208
50
—
203-539-1
107-98-2
Metossipropanolo-2,1 -
375
100
568
150
Cute
203-628-5
108-90-7
Monoclorobenzene
23
5
70
15
—
233-271-0
10102-43-9
Monossido di azoto
2,5
2
—
211-128-3
630-08-0
Monossido di carbonio
23
20
117
100
203-815-1
110-91-8
Morfolina
36
10
72
20
Cute
203-576-3
108-38-3
m-Xilene
221
50
442
100
Cute
200-679-5
68-12-2
N,N-Dimetilformamide
15
5
30
10
Cute
204-826-4
127-19-5
N,N-Dimetilacetammide
36
10
72
20
Cute
207-343-7
463-82-1
Neopentano
3000
1000
—
—
—
203-777-6
110-54-3
n-Esano
72
20
—
—
—
200-193-3
54-11-5
Nicotina
0,5
—
—
—
Cute
202-716-0
98-95-3
Nitrobenzene
1
0,2
—
—
Cute
201-188-9
79-24-3
Nitroetano
62
20
312
100
Cute
212-828-1
872-50-4
n-metil-2-pirrolidone
40
10
80
20
Cute
201-083-8
78-10-4
Ortosilicato di tetraetile
44
5
—
—
—
215-138-9
1305-78-8
Ossido di calcio
1 (13)
—
4(13)
—
—
216-653-1
1634-04-4
Ossido di terz-butile e metile
183,5
50
367
100
—
202^122-2
95-47-6
o-Xilene
221
50
442
100
Cute
233-060-3
10026-13-8
Pentacloruro di fosforo
1
—
—
—
—
203-692-4
109-66-0
Pentano
2000
667
—
—
—
215-236-1
1314-56-3
Pentaossido di fosforo
1
—
—
—
—
215-242-4
1314-80-3
Pentasolfuro di difosforo
1
—
—
—
—
Piombo inorganico e suoi composti
0,15
—
—
—
—
203-808-3
110-85-0
Piperazina (polvere e vapore)(8)
0,1
—
0,3
—
—
8003-34-7
Piretro (depurato dai lattoni sensibilizzanti)
1
—
—
—
—
203-396-5
106-42-3
p-Xilene
221
50
442
100
Cute
203-585-2
108-46-3
Resorcinolo
45
10
—
—
—
231-978-9
7782-41-4
Seleniuro di idrogeno
0,07
0,02
0,17
0,05
—
222-995-2
3689-24-5
Sulfotep
0,1
—
—
—
Cute
262-967-7
61788-32-7
Terfenile idrogenato
19
2
48
5
—
204-825-9
127-18-4
Tetracloroetilene
138
20
275
40
Cute
200-262-8
56-23-5
Tetracloruro di carbonio, tetraclorometano
6,4
1
32
5
Cute
203-726-8
109-99-9
Tetraidrofurano
150
50
300
100
Cute
203-625-9
108-88-3
Toluene
192
50
—
—
Cute
200-756-3
71-55-6
Tricloroetano, 1,1,1-
555
100
1110
200
—
233-046-7
10025-87-3
Tricloruro di fosforile
0.064
0,01
0,13 (17)
0,02
—
204-469-4
121-44-8
Trietilammina
8,4
2
12,6
3
Cute
200-875-0
75-50-3
Trimetilammina
4,9
2
12,5
5
—
200-240-8
55-63-0
Trinitrato di glicerolo
0,095
0,01
0,19
0,02
Cute
215-535-7
1330-20-7
Xilene, isomeri misti, puro
221
50
442
100
Cute
(N) "Per le sole attività sotterranee in miniera e in galleria, i valori limite per il monossido di azoto, il biossido di azoto e il monossido di carbonio si applicano dal 22 agosto 2023".
(1) N. CE: numero CE (Comunità Europea) - identificatore numerico delle sostanze all’interno dell’unione europea. (2) CAS: Chemical Abstract Service Registry Number (Numero del registro del Chemical Abstract Service). (3) La notazione che riporta il termine “cute” per un valore limite di esposizione professionale indica la possibilità di un assorbimento significativo attraverso la cute. (4) Misurato o calcolato in relazione ad un periodo di riferimento di otto ore, come media ponderata nel tempo (TWA). (5) Limite di esposizione a breve termine (STEL). Valore limite che non deve essere superato. Il periodo di riferimento è di 15 minuti, se non altrimenti specificato. (6) mg/m : milligrammi per metro cubo di aria. Per le sostanze chimiche in fase gassosa o di vapore il valore limite è espresso a 20° C e 101,3 kPa. (7) ppm: parti per milione per volume di aria (ml/m3). (8) II metodo di rilevazione deve rilevare contemporaneamente polvere e vapore. (9) Durante il monitoraggio dell’esposizione al mercurio e ai suoi composti divalenti inorganici, occorre tenere presente le relative tecniche di monitoraggio biologico che completano i valori limite dell’esposizione professionale. (10) Nel selezionare un metodo adeguato di monitoraggio dell’esposizione, occorre tener conto delle limitazioni e delle interferenze potenziali che possono risultare a seguito della presenza di altri composti del fosforo. (11) La nebulizzazione è definita come frazione toracica. (12) Frazione inalabile. (13) Frazione respirabile. (14) Valore limite di esposizione a breve termine in relazione a un periodo di riferimento di 1 minuto. (15) Durante il monitoraggio dell’esposizione è opportuno tenere presenti i pertinenti valori del monitoraggio biologico, come suggerito dal Comitato Scientifico per i limiti dell’esposizione professionale agli agenti chimici (SCOEL). (16) Secondo quanto previsto dall'articolo 3 della direttiva 2019/1831/UE il riferimento al cumene è soppresso con effetto dal 20 maggio 2021 (17) VL rettificato da 0.12 a 0.13 - Rettifica direttiva (UE) 2019/1831 (GU L 15/21 del 24.1.2022)
Note allegato XXXVIII
(3) Allegato così sostituito dall'allegato al Decreto MLPS del 18 maggio 2021, recepimento della direttiva 2019/1831/UE della Commissione del 24 ottobre 2019, che definisce un quinto elenco di valori limite indicativi di esposizione professionale in attuazione della direttiva 98/24/CE del Consiglio e modifica la direttiva 2000/39/CE della Commissione. (2) Allegato così sostituito dall'allegato al Decreto MLPS del 2 maggio 2020, recepimento della direttiva 2017/164/UE della Commissione del 31 gennaio 2017, con la quale è stato definito un quarto elenco di valori indicativi di esposizione professionale in attuazione della direttiva 98/24/CE del Consiglio e che modifica le direttive 91/322/CEE, 2000/39/CE e 2009/161/UE della Commissione (GU n.128 del 19.05.2020). (1) Allegato così sostituito dall'allegato al Decreto MLPS del 6 agosto 2012 recepimento della direttiva 2009/161/UE della Commissione del 17 dicembre 2009 che definisce il Terzo elenco di valori indicativi di esposizione professionale in attuazione della direttiva 98/24/CE del Consiglio e che modifica la direttiva 2000/39/CE della Commissione. (GU n.218 del 18.09.2012) ...
Valutazione dei rischi nel caso di "rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute" e non. Se nella valutazione dei rischi si dimostra che il rischio connesso alla presenza/esposizione ad agenti chimici pericolosi è “basso per la sicurezza e irrilevante per la salute", non si applica quanto previsto dagli Artt. 225 (Misure specifiche di protezione e di prevenzione), 226 (Disposizioni in caso di incidenti o di emergenze), 229 (Sorveglianza sanitaria) e 230 (Cartelle sanitarie e di rischio)” del D.Lgs. n. 81/2008.
Se così non fosse (rischio non basso per la sicurezza e non irrilevante per la salute) il datore di lavoro “dovrà attuare quanto previsto dagli Artt. 225 e 226 e nominare (se non già fatto per altri rischi quali, ad esempio videoterminali o movimentazione manuale dei carichi) un Medico Competente” che dovrà “sottoporre i lavoratori a sorveglianza sanitaria (Art. 229) e istituire e aggiornare le cartelle sanitarie e di rischio (Art. 230)”.
Rischio di esposizione
Riferimento normativo
Obblighi
Irrilevante per la salute e basso per la sicurezza
D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 art. 224 comma 2
- Valutazione dei rischi - Informazione e formazione
Non irrilevante per la salute e non basso per la sicurezza
D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 artt. 225, 226, 229, 230.
- Valutazione dei rischi - Informazione e formazione - Misure specifiche di protezione e prevenzione - Disposizioni in caso di incidenti o di emergenze - Sorveglianza sanitaria
Individuare un rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute
Come detto non stati emanati il/i decreto/i specifico/i, che devono determinare i criteri per l'individuazione del rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute, ad oggi la discriminazione può solo far riferimento a criteri inerenti il Regolamento (CE) n. 1907/2006 (Registration Evaluation Authorisation Restriction of Chemicals - REACH), del Regolamento (CE) n. 1272/2008 (Classification Labelling Packaging - CLP).
[box-note]Criteri Rischio chimico e CLP
Documento "Criteri e strumenti per la valutazione e la gestione del rischio chimico negli ambienti di lavoro ai sensi del D.Lgs. n. 81/2008 e s.m.i."(Titolo IX, Capo I “Protezione da Agenti Chimici” e Capo II “Protezione da Agenti Cancerogeni e Mutageni”), alla luce delle ricadute del Regolamento (CE) n. 1907/2006 (Registration Evaluation Authorisation Restriction of Chemicals - REACH), del Regolamento (CE) n. 1272/2008 (Classification Labelling Packaging - CLP) e del Regolamento (UE) n. 453/2010 (recante modifiche all’Allegato II del Regolamento CE 1907/2006 e concernente le disposizioni sulle schede di dati di sicurezza). Ai sensi del D.Lgs. n. 81/2008 il percorso di valutazione dei rischi da agenti chimici pericolosi deve, primariamente, essere in grado di identificare e classificare gli agenti chimici che possono costituire fattori di rischio per i lavoratori tenendo conto delle proprietà intrinseche delle sostanze e delle miscele che possono rappresentare un pericolo all’atto della normale manipolazione o utilizzazione.
Il Regolamento CLP individua in modo puntuale le classi di pericolo per gli agenti chimici pericolosi distinguendo i pericoli per la sicurezza, legati alle proprietà chimico-fisiche, dai pericoli per la salute connessi alle proprietà tossicologiche a breve e medio termine ed alle proprietà tossicologiche a lungo termine. Per la definizione delle singole classi di pericolo, proprie del Regolamento CLP, si rimanda al par. 2.3. e nel Documento allegato. Per ogni sostanza o miscela presente negli ambienti di lavoro, devono essere noti la composizione chimica e le caratteristiche chimico-fisiche nonché quelle relative alla sicurezza nell’utilizzo, nella manipolazione e nello stoccaggio (tensione di vapore, limiti di infiammabilità, incompatibilità con altri prodotti ecc). Queste informazioni si possono ricavare dalla SDS disciplinata dall’Art. 31 del Regolamento REACH. In estrema sintesi si può affermare che, ai sensi della vigente normativa sociale in materia di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, il rischio chimico per la salute è collegato a tutte le proprietà tossicologiche degli agenti chimici, mentre quello per la sicurezza si collega principalmente alle proprietà chimico-fisiche oltre che alla proprietà tossicologica acuta (1).
In altre parole rischio chimico per la salute è riferito alla probabilità che possa insorgere una malattia professionale mentre rischio chimico per la sicurezza è riferito alla probabilità che possa verificarsi un infortunio e alle proprietà chimiche in generale. Gli agenti chimici che abbiano esclusivamente proprietà eco-tossicologiche (pericolose soltanto per l’ambiente) non sono da considerare ricompresi nel campo di applicazione del Titolo IX, Capo I del D.Lgs. n. 81/2008.
Qualora la Valutazione dei Rischi dimostri che il rischio connesso alla presenza/esposizione ad agenti chimici pericolosi sia basso per la sicurezza e irrilevante per la salute, non si applica quanto previsto dagli Artt. 225 (Misure specifiche di protezione e di prevenzione), 226 (Disposizioni in caso di incidenti o di emergenze), 229 (Sorveglianza sanitaria) e 230 (Cartelle sanitarie e di rischio).
Viceversa, ossia nel caso in cui il rischio sia non basso per la sicurezza e non irrilevante per la salute, il datore di lavoro dovrà attuare quanto previsto dagli Artt. 225 e 226 e nominare (se non già fatto per altri rischi quali, ad esempio videoterminali o movimentazione manuale dei carichi) un Medico Competente (per i cui titoli, requisiti e compiti si rimanda agli Artt. da 38 a 42), che dovrà sottoporre i lavoratori a sorveglianza sanitaria (Art. 229) e istituire e aggiornare le cartelle sanitarie e di rischio (Art. 230).
Qualora la valutazione porti a classificare il rischio non basso per la sicurezza ma irrilevante per la salute si devono attuare le disposizioni previste dagli Artt. 225 e 226, con l’esclusione di quelle che comportano l’attivazione della sorveglianza sanitaria e l’istituzione delle cartelle sanitarie e di rischio. Nel caso invece di rischio basso per la sicurezza, ma non irrilevante per la salute, si devono applicare le misure specifiche di cui agli Artt. 225, 229 e 230.
(1) Vedasi Allegato I punto 3.1.1.1 Regolamento CLP [/box-note]
Sorveglianza sanitaria
La sorveglianza sanitaria è obbligatoria in tutti i casi espressamente previsti dalla legge e quando la valutazione dei rischi ne evidenzi la necessità, insieme agli ulteriori adempimenti ad essa connessi. (1) L’Art. 229 del D.Lgs. n. 81/2008 specifica che sono sottoposti a sorveglianza sanitaria: “i lavoratori esposti agli agenti chimici pericolosi per la salute che rispondono ai criteri per la classificazione come molto tossici, tossici, nocivi, sensibilizzanti, corrosivi, irritanti, tossici per il ciclo riproduttivo, cancerogeni e mutageni di Categoria 3 (per i cancerogeni di Categoria 1 e 2 ved. norme specifiche).
La sorveglianza sanitaria non è richiesta qualora il rischio sia valutato come irrilevante per la salute, in quanto le misure generali di tutela e quelle specifiche sono in atto ed efficaci (Art. 224, comma 2, D.Lgs. n. 81/2008). Sulla corrispondenza fra le classificazioni di cui al D.Lgs. n. 81/2008 e quelle introdotto dal Regolamento CLP si rinvia al cap. 2, par. 2.4 (Pericoli per la salute). (2)
(1) Il D.Lgs. n. 81/2008, prevede che il medico-competente collabori alla redazione del documento di valutazione dei rischi, effettui almeno un sopralluogo annuale, partecipi alla riunione periodica, rediga e trasmetta la relazione sanitaria, collabori con il datore di lavoro nell’organizzazione del primo soccorso, partecipi alla formazione ed informazione dei lavoratori ed all’attuazione di programmi di promozione della salute, oltre a programmare ed effettuare la sorveglianza sanitaria.
(2) Si ritiene che, fatto salvo quanto previsto dall’Art.224, comma 2, del D.Lgs. n.81/2008 e s.m.i. (ovvero “se i risultati della valutazione dei rischi dimostrano che, in relazione al tipo e alle quantità di un agente chimico pericoloso e alle modalità e frequenza di esposizione a tale agente presente sul luogo di lavoro, vi è solo un rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori e che le misure di cui al comma 1 sono sufficienti a ridurre il rischio”), non si applicano le disposizioni degli Artt. 225, 226, 229, 230”), siano da sottoporre a sorveglianza sanitaria secondo i dettati dell’Art.229 del medesimo decreto legislativo, i lavoratori esposti agli agenti chimici pericolosi per la salute che rispondono ai criteri del CLP per la classificazione come:
- Tossici acuti (Categorie 1, 2, 3 e 4); - Corrosivi (Categorie 1A, 1B e 1C); - Irritanti per la pelle (Categorie 2); - Irritanti per gli occhi con gravi danni agli occhi (Categorie 1 e 2); - Tossici specifici di organo bersaglio (STOT) – esposizione singola (Categorie 1 e 2); - Tossici specifici di organo bersaglio con effetti narcotici e di irritazione respiratoria (STOT) – esposizione singola (Categoria 3); - Tossici specifici di organo bersaglio (STOT) – esposizione ripetuta (Categorie 1 e 2); - Sensibilizzanti respiratori (Categoria 1); - Sensibilizzanti cutanei (Categoria 1); - Cancerogeni e Mutageni (Categoria 2); - Tossici riproduttivi (Categorie 1A, 1B e 2); - Tossici con effetti sull’allattamento; - Tossici in caso di aspirazione (Categoria 1)
ed i lavoratori per i quali la valutazione dell’esposizione, ai sensi dell’Art.236 del D.Lgs. n. 81/2008 abbia evidenziato un rischio per la salute riguardante quegli agenti che rispondono ai criteri di classificazione per le sostanze e le miscele Cancerogene e/o Mutagene.
Oltre a quanto previsto dal suddetto Art. 229, la sorveglianza sanitaria relativa all’esposizione ad agenti chimici pericolosi, deve rispondere alle indicazioni di carattere generale previste dall’Art. 41 del D.Lgs. n. 81/2008.
Il protocollo sanitario per i lavoratori esposti ad agenti chimici per i quali è prevista la sorveglianza sanitaria, predisposto dal medico competente, deve tenere conto degli indirizzi scientifici più avanzati (Art 25, comma 1, lettera b) del D.Lgs. n. 81/2008) quali, ad esempio – ove disponibili - i dati epidemiologici forniti da organismi scientifici riconosciuti a livello internazionale o provenienti da letteratura scientifica validata e aggiornata ed essere definito anche in base a:
- possibili effetti dannosi, anche sinergici, delle diverse sostanze presenti sul luogo di lavoro desumibili anche dall’esame delle SDS delle sostanze presenti nell'attività lavorativa; - presenza di rischi concomitanti nell'attività/luoghi di lavoro; - insieme delle condizioni di esposizione, delle attività svolte e delle caratteristiche dei luoghi di lavoro in cui esse vengono svolte; - esposizione in termini di durata ed intensità.
Il controllo dell’esposizione professionale ad agenti chimici si attua anche attraverso il monitoraggio biologico per i lavoratori esposti agli agenti per i quali è stato fissato un valore limite biologico. Attualmente il D.Lgs. n. 81/2008 prevede, all’Allegato XXXIX, il valore limite biologico solo per il Piombo. Per tutte le altre sostanze, per quanto attiene agli indicatori biologici, è opportuno fare riferimento ai valori indicati nelle SDS, così come integrate dal Regolamento (UE) n. 453/2010, o reperibili nella letteratura nazionale ed internazionale. Per quanto attiene la protezione da agenti cancerogeni e mutageni, come già definiti nel cap. 4, par. 4.4, occorre ricordare che, per l’esposizione a tali agenti, sono previsti accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche (Art. 242 del D.Lgs. n. 81/2008). Il contenuto di questo articolo di legge integra le disposizioni di cui agli Artt. 41 e 229 del D.Lgs. n. 81/2008.
Da: "La prevenzione del rischio chimico" RV Documento di consenso 13 aprile 2017
Programma regionale Veneto “rischio chimico e cancerogeno negli ambienti di lavoro, miglioramento e coordinamento delle attività di prevenzione e vigilanza” valutazione del rischio chimico per la sicurezza.
VALUTAZIONE DEL RISCHIO CHIMICO PER LA SICUREZZA
Criteri proposti
Dopo aver effettuato il completo "inventario" degli agenti chimici presenti o che possono essere presenti e i pericoli associati, il datore di lavoro deve valutare se il rischio chimico per la sicurezza è "basso" o superiore a "basso", sulla base delle quantità di sostanze e miscele e delle circostanze in cui viene svolto il lavoro, delle caratteristiche delle attrezzature e degli impianti. Per quanto riguarda i pericoli per la salute con effetto acuto va valutata anche la via di azione (cutanea, inalatoria, digestiva), in relazione alla modalità di effettuazione delle attività previste dalla mansione. Per la quantificazione del rischio vanno determinate le possibili conseguenze dell'incidente chimico e il tipo e livello di danno: in questi casi normalmente non hanno rilevanza indagini ambientali; invece possono essere utilizzati, da professionisti esperti della materia, algoritmi validati. Si ricorda comunque che lo scopo della valutazione è in primo luogo quello di individuare le misure di prevenzione e protezione più adatte a tenere sotto controllo il rischio.
A questo proposito è fondamentale evidenziare che, qualunque sia l'esito della valutazione e quindi anche qualora il rischio risultasse "basso" per la sicurezza, devono essere adottate le misure previste dall'art. 15 (Misure generali di tutela) e dall'art. 224 (Misure e principi generali per la prevenzione dei rischi). Inoltre va attuato anche quanto previsto per i luoghi di lavoro dagli artt. 63 (Requisiti di salute e sicurezza), 64 (Obblighi del datore di lavoro), 66 (Lavori in ambienti sospetti di inquinamento), in combinato con le prescrizioni dell'allegato IV punti 2, 3, 4. Nei cantieri temporanei e mobili va attuato quanto prescritto dall'art. 121 (Presenza di gas negli scavi). Nei luoghi confinati devono essere adottate le ulteriori specifiche prescrizioni contenute nel DPR 177/2011.
Va evidenziato che nei casi in cui il datore di lavoro stabilisce che è necessario attuare le misure dell'art. 225 (Misure specifiche di protezione e prevenzione), come ad esempio l'uso di DPI per la protezione da schizzi di sostanze corrosive, il rischio chimico per la sicurezza non può essere definito "basso". Né può esserlo nei casi in cui la valutazione del rischio di esplosione per presenza di atmosfere esplosive secondo il Titolo XI del D. Lgs. 81 abbia evidenziato un rischio "medio" o "elevato". La valutazione del rischio chimico per la sicurezza non può essere in contrasto con valutazioni previste da altre norme. Così, se a seguito della valutazione secondo il DM 10/3/98, il rischio di incendio risulta "medio" o "elevato", il rischio chimico per la sicurezza non può risultare "basso". Parimenti le aziende che rientrano nel campo di applicazione del D. Lgs. 105/2015 (Pericolo di incidenti rilevanti) non possono risultare con un rischio chimico per la sicurezza “basso". Il datore di lavoro deve inoltre fare ricorso alla segnaletica di sicurezza, di cui al TITOLO V e allegati XXV (Prescrizioni generali per i cartelli segnaletici) e XXVI (Segnaletica dei contenitori e delle tubazioni).
VALUTAZIONE DEL RISCHIO CHIMICO PER LA SALUTE
Criteri proposti
Individuazione dei pericoli e valutazione del rischio Premesso che la valutazione è un’attività complessa, che richiede un approccio interdisciplinare da parte di valutatori con competenze di chimica, tossicologia ed igiene industriale, si ribadisce che:
- la valutazione deve essere effettuata rispettando integralmente le indicazioni dell’art. 223 - l’individuazione dei pericoli connessi a tutti gli agenti chimici presenti o potenzialmente presenti deve essere effettuata tenendo conto: - - dei contenuti delle SDS - - delle informazioni presenti nella letteratura scientifica, soprattutto per la valutazione di relazioni dose/via di assunzione/risposta - la valutazione deve tenere conto delle modalità di esposizione in considerazione di ogni tipo di utilizzo dell’agente chimico e della possibile entità e via di esposizione per ogni fase della lavorazione, al fine di individuare in ciascuna fase il rischio e le misure di protezione idonee, considerando che le informazioni della scheda di sicurezza si riferiscono all’agente nello stato in cui si trova all’atto della fornitura
La condizione di rischio irrilevante deve essere riservata alle situazioni in cui vi è un uso effettivamente sporadico o nessun uso/esposizione normale di agenti classificati come pericolosi per la salute, essendo questa valutazione già fatta a monte ai fini della classificazione, o quando l’esposizione personale dei lavoratori può essere considerata del tutto trascurabile. In questi casi, piuttosto che eseguire complesse valutazioni al solo fine di decidere che il rischio è NON IRRILEVANTE, è più opportuno concentrarsi sulla valutazione delle fasi in cui specifici rischi sono comunque più elevati e sulle modalità tecniche, organizzative o di protezione individuale per limitare il rischio in queste fasi al più basso livello tecnicamente possibile.
Modelli di calcolo
Il titolo IX del D.Lgs. n. 81/2008 non dà indicazioni precise e dettagliate sugli strumenti che il datore di lavoro (DL) può utilizzare per effettuare la valutazione del rischio chimico.
Tra questi spesso è emersa la necessità di definire il ruolo degli algoritmi di calcolo nella valutazione del rischio chimico. Sempre più frequentemente i modelli di calcolo trovano applicazione negli approcci di tipo “misto” alla valutazione del rischio da esposizione, che impiegano in modo integrato sia modelli che misurazioni. Questa strategia appare compatibile con i criteri dettati dalla norma UNI EN 689 “Atmosfera nell’ambiente di lavoro. Guida alla valutazione dell’esposizione per inalazione a composti chimici ai fini del confronto con i valori limite e strategia di misurazione”, allo stato attuale in revisione) a supporto nelle fasi della valutazione iniziale dell’esposizione professionale.
Il testo unico lascia al DL ampia libertà di scelta sui metodi da utilizzare per la valutazione dei rischi e non usa mai il termine “algoritmo” o “modello”. In ogni caso, sia che egli adotti misurazioni o “altri metodi”, deve essere in grado di dimostrare il conseguimento di adeguati livelli di prevenzione e protezione. A lui quindi spetta “l’onere della prova”. Innanzitutto, la valutazione, con misurazioni o senza, deve considerare tutti gli elementi e i criteri previsti dall’art. 223 del testo unico. In assenza di normativa tecnica specifica, mirata a garantire la qualità delle procedure di utilizzo dei modelli di calcolo per la valutazione delle esposizioni, il valutatore dovrà dare dimostrazione dell’applicabilità del modello e della sua attendibilità negli specifici casi. L’uso dell’algoritmo (e del software) deve quindi essere comunque effettuato con cognizione di causa da 5 parte di persona esperta della materia, in grado di comprendere i limiti di applicabilità dei modelli di calcolo. Tra i limiti dei modelli si consideri, ad esempio, la difficoltà che questi hanno di tener conto dei rischi di esposizione per effetti cumulativi dovuti all’esposizione simultanea a più agenti chimici con azione sugli stessi organi bersaglio.
Misure ambientali e personali, monitoraggio biologico La valutazione del rischio è preliminare all’uso, pertanto non può basarsi su misure ambientali che sono invece conseguenti alla valutazione di rischio NON IRRILEVANTE al fine di documentare che l’esposizione viene comunque contenuta a livello accettabile. Nei casi in cui non sia possibile con altri mezzi dimostrare il conseguimento di un adeguato livello di prevenzione e di protezione, il datore di lavoro provvede ad effettuare la misurazione degli agenti che possono presentare un rischio per la salute. Le misurazioni devono tener conto della norma UNI EN 689/2018 e dei metodi di cui all’allegato XLI del D.Lgs. n. 81/2008 sia per attuare una efficace strategia di misurazione, sia per il successivo confronto dei dati rilevati con i valori limite.
L’applicazione dei principi e delle strategie della UNI EN 689, in particolare il monitoraggio personale nelle condizioni di maggior esposizione, consente di far emergere chiaramente la rilevanza del rischio espositivo, di identificare i lavoratori soggetti alle più alte esposizioni e di focalizzare le strategie di management del rischio su questi ultimi. Il monitoraggio biologico, inoltre, determinando, dove fattibile, la reale quantità di tossico assorbito attraverso tutte le vie di esposizione a completamento della valutazione del rischio espositivo, consente di verificare l’efficacia delle misure di prevenzione e le misure di protezione adottate dai lavoratori, nonché l’efficacia delle loro corrette procedure di utilizzo.
Va inoltre considerata l’influenza delle condizioni microclimatiche (temperatura, velocità dell’aria, umidità etc..) e dell’attività fisica svolta dal lavoratore (ventilazione polmonare) sul grado di esposizione sia per agenti chimici pericolosi volatili sia per i non volatili, condizioni che in taluni casi possono vanificare o ridurre l’efficacia delle misure di prevenzione inizialmente adottate. Da ciò deriva, in parte, l’importanza dei processi di riesame nel controllo del rischio espositivo, con la definizione di livelli di soglia e integrazione di misure di prevenzione e protezione correttive, soprattutto nel caso di esposizioni imprevedibili e non facilmente standardizzabili.
Esposizione cutanea La valutazione del rischio deve tener conto di tutti i possibili modi di esposizione, compreso quello in cui vi è assorbimento cutaneo. Si rende necessario valutare l’esposizione cutanea ad una specie chimica tossica, cancerogena o meno quando si hanno sostanze con notazione “Skin” o “Pelle” (capacità di attraversare la barriera cutanea).
In proposito, si ricorda che SCOEL (Scientific Committee on Occupational Exposure Limits) della U.E. e ACGIH assegnano SKIN quando il passaggio percutaneo in normali situazioni lavorative rappresenta una via quantitativamente rilevante. La notazione Skin di ACGIH comprende anche le sostanze corrosive o irritanti, per le quali non è necessaria una valutazione dell’esposizione cutanea. Il passaggio percutaneo dipende non solo dalla sostanza, dalla sua quantità e dal suo stato fisico, ma anche dallo stato della cute e dalle condizioni microclimatiche. Pertanto, in situazioni lavorative diverse, quella che in teoria è una via secondaria, potrebbe diventare quantitativamente rilevante e necessitare di una verifica di dettaglio con misurazioni.
Esistono normative tecniche che forniscono metodi di riferimento validi per impostare studi di misurazione per la valutazione dell’esposizione cutanea; tra tutte merita citare le CEN/TR 15278:2006 e la CEN/TR 14294:2011 che danno indicazioni utili a garantire la rappresentatività e la correttezza delle misurazioni. Non esistono, per ora, elenchi di limiti di esposizione validi per esposizione cutanea.
Una fonte importante di riferimento in questa materia, è costituita dai DNEL (Derived No Effect Level) cutanei dichiarati dai fabbricanti nelle schede di sicurezza sia per lavoratori che per la popolazione non esposta professionalmente. Questo consente il confronto delle dosi cutanee stimate (con modelli o con misurazioni) con le dosi accettabili definite a partire dai DNEL. ... Segue in allegato
Locali carica batterie carrelli elettrici / CEI EN 62485-3:2016
ID 536 | Focus tecnico Rev. 2.0
Prescrizioni per operazioni e locali di carica batterie di carrelli industriali elettrici
La Norma CEI EN 62485-3:2016 Requisiti di sicurezza per batterie di accumulatori e loro installazioni Parte 3: Batterie di trazione, (non ancora tradotta IT), ha sostituito la CEI EN 50272-3:2003.
La CEI EN 62485-3:2016 include le seguenti modifiche tecniche significative rispetto all'edizione precedente (2010):
a) una revisione completa della clausola 6, presentando una formula unificata e modificata per il calcolo del flusso d'aria di ventilazione richiesto durante la carica della batteria; b) aggiunta dei requisiti per le proprietà del materiale del pavimento e delle apparecchiature per la sostituzione della batteria nella clausola 9.
Nel presente Focus Rev. 2.0, rispetto al precedente Rev. 1.0 basato sulla CEI EN 50272-3:2003, sono messe in evidenza:
- con colore rosso le parti eliminate - in colore azzurro le parti nuove introdotte
CEI EN 62485-3:2016 - Estratto Requisiti di sicurezza per batterie di accumulatori e loro installazioni Parte 3: Batterie di trazione
1. Campo di applicazione 2. Definizioni 3. Disposizioni contro pericoli di esplosione mediante ventilazione 4. Disposizioni contro il rischio da elettrolito 5. Contenitori ed ambienti chiusi per batterie 6. Sistemazione per la carica/manutenzione 7. Apparecchiature periferiche/accessori di batterie 8. Etichette di identificazione, cartelli di avvertimento e istruzioni per l’uso, installazione e manutenzione 9. Trasporto, magazzinaggio, smaltimento e aspetti ambientali 10. Ispezione e controllo
La Norma CEI EN 62485-3:2016 si applica alle batterie di accumulatori ed alle loro installazioni usate per veicoli elettrici, per esempio nei carrelli industriali elettrici (inclusi - carrelli elevatori, carrelli rimorchiatori, macchine per la pulizia, veicoli pilotati automaticamente), nelle locomotive alimentate da batterie, nei veicoli elettrici stradali (per esempio veicoli per passeggeri e beni, carrelli da golf, biciclette, sedie a rotelle), e non riguarda la progettazione di tali veicoli. Le tensioni nominali sono limitate rispettivamente a 1000 V in c.a. e 1500 V in c.c. e si descrivono le principali misure di protezione contro i pericoli derivanti generalmente da elettricità, emissione di gas ed elettrolito. Essa fornisce prescrizioni sugli aspetti della sicurezza associati all’installazione, all’uso, e allo smaltimento delle batterie. Essa tratta le batterie al piombo, al nichel cadmio ed altre batterie di accumulatori alcaline.
Focus che aggiorna:
CEI EN 50272-3:2003 - Estratto Requisiti di sicurezza per batterie di accumulatori e loro installazioni Parte 3: Batterie di trazione
1. Campo di applicazione 2. Definizioni 3. Disposizioni contro pericoli di esplosione mediante ventilazione 4. Disposizioni contro il rischio da elettrolito 5. Contenitori ed ambienti chiusi per batterie 6. Sistemazione per la carica/manutenzione 7. Apparecchiature periferiche/accessori di batterie 8. Etichette di identificazione, cartelli di avvertimento e istruzioni per l’uso, installazione e manutenzione 9. Trasporto, magazzinaggio, smaltimento e aspetti ambientali 10. Ispezione e controllo
La EN 50272-3 si applica alle batterie di accumulatori ed alle loro installazioni usate per veicoli elettrici, per esempio nei carrelli industriali elettrici (inclusi - carrelli elevatori, carrelli rimorchiatori, macchine per la pulizia, veicoli pilotati automaticamente), nelle locomotive alimentate da batterie, nei veicoli elettrici stradali (per esempio veicoli per passeggeri e beni, carrelli da golf, biciclette, sedie a rotelle). Le tensioni nominali sono limitate rispettivamente a 1000 V in c.a. e 1 500 V in c.c. e si descrivono le principali misure di protezione contro i pericoli derivanti generalmente da elettricità, emissione di gas ed elettrolito. Essa fornisce prescrizioni sugli aspetti della sicurezza associati alI'installazione, all'uso, e allo smaltimento delle batterie. Essa tratta le batterie al piombo, al nichel cadmio ed altre batterie di accumulatori alcaline.
[box-warning]CEI EN 50272-3:2003 ritirata e sostituita da CEI EN 62485-3:2016
La Norma CEI EN 50272-3:2003 (CEI: 21-42), non più applicabile dal 14-08-2017, è annullata e sostituita dalla Nuova Norma CEI EN 62485-3:2016 (CEI 21-64), vedi il Focus Aggiornamento Rev. 2.0 [/box-warning]
Modello Piano Operativo di Sicurezza POS compilabile / Update Gennaio 2023
ID 00174 | Rev. 3.0 del 30.01.2023 (Rev. 4a) / Modello in allegato
Il Piano Operativo di Sicurezza (P.O.S.) è il documento che un datore di lavoro deve redigere prima di iniziare le attività operative in un cantiere temporaneo o mobile di cui all'articolo 89, lettera h ed i cui contenuti minimi sono indicati nell'Allegato XV.
1. Comunicazione Preposto al committente 2. Comunicazione Lavoratori autonomi[/box-info]
[box-info]Update Rev. 1.0 2019
1. aggiornate le norme di riferimento 2. compilazione del Modello facilitata da suggerimenti presenti nel testo. 3. aggiornata la struttura grafica[/box-info]
Il Piano Operativo di Sicurezza (POS), è il documento che il DL deve redigere prima di iniziare le attività operative in un cantiere esterno, contiene informazioni afferenti l'organizzazione del cantiere e l'esecuzione dei lavori, i mezzi e le attrezzature e la valutazione dei rischi. Deve essere sviluppato secondo i contenuti previsti nel Titolo IV - allegato XV.
Il DL dell'impresa esecutrice, consegnerà, il POS, al DL affidatario e quest'ultimo lo trasmetterà al CSE (Coordinatore della Sicurezza per l'esecuzione).
[box-info]Indice
Premessa Parte 1 dati generali del cantiere Parte 2 dati identificativi dell'impresa esecutrice Parte 3 specifiche mansioni inerenti la sicurezza Parte 4 descrizione dell'attività di cantiere Parte 5 descrizione delle modalità organizzative Parte 6 elenco dei ponteggi, delle macchine, attrezzature ed impianti Parte 7 elenco delle sostanze e preparati pericolosi Parte 8 elenco dei dispositivi di protezione individuale Parte 9 esiti dei rapporti di valutazione del rumore e delle vibrazioni Parte 10 macroclima Parte 11 procedure complementari e di dettaglio richieste dal PSC (quando previsto) Parte 12 documentazione in merito all’informazione e formazione fornite ai lavoratori occupati in cantiere Parte 13 valutazione dei rischi del cantiere Allegato 1: Comunicazione Preposti al Committente Allegato 2: Certificati di conformita’ macchine, impianti, apparecchi di sollevamento, etc. Allegato 3: Schede di sicurezza delle sostanze e miscele pericolose Allegato 4: Esiti dei rapporti di valutazione del rumore e/o vibrazioni Appendice normativa Fonti[/box-info]
h) piano operativo di sicurezza: il documento che il datore di lavoro dell'impresa esecutrice redige, in riferimento al singolo cantiere interessato, ai sensi dell'articolo 17 comma 1, lettera a), i cui contenuti sono riportati nell'allegato XV; ...
Art. 96. Obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti
1. I datori di lavoro delle imprese affidatarie e delle imprese esecutrici, anche nel caso in cui nel cantiere operi una unica impresa, anche familiare o con meno di dieci addetti:
a) adottano le misure conformi alle prescrizioni di cui all'allegato XIII;
b) predispongono l'accesso e la recinzione del cantiere con modalità chiaramente visibili e individuabili;
c) curano la disposizione o l'accatastamento di materiali o attrezzature in modo da evitarne il crollo o il ribaltamento;
d) curano la protezione dei lavoratori contro le influenze atmosferiche che possono compromettere la loro sicurezza e la loro salute;
e) curano le condizioni di rimozione dei materiali pericolosi, previo, se del caso, coordinamento con il committente o il responsabile dei lavori;
f) curano che lo stoccaggio e l'evacuazione dei detriti e delle macerie avvengano correttamente;
g) redigono il piano operativo di sicurezza di cui all'articolo 89, comma 1, lettera h).
1-bis. La previsione di cui al comma 1, lettera g), non si applica alle mere forniture di materiali o attrezzature. In tali casi trovano comunque applicazione le disposizioni di cui all'articolo 26.
2. L'accettazione da parte di ciascun datore di lavoro delle imprese del piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 100, nonché la redazione del piano operativo di sicurezza costituiscono, limitatamente al singolo cantiere interessato, adempimento alle disposizioni di cui all'articolo 17 comma 1, lettera a), all'articolo 26, commi 1, lettera b), 2, 3, e 5, e all'articolo 29, comma 3. [/panel]
[panel]POS Adempimento al singolo cantiere interessato:
Art. 17. Obblighi del datore di lavoro non delegabili
1. Il datore di lavoro non può delegare le seguenti attività: a) la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall'articolo 28
Art. 26. Obblighi connessi ai contratti d'appalto o d'opera o di somministrazione
1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento di lavori, servizi e forniture all'impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all'interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda medesima, sempre che abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l'appalto o la prestazione di lavoro autonomo: b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività.
2. Nell'ipotesi di cui al comma 1, i datori di lavoro, ivi compresi i subappaltatori: a) cooperano all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto; b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva.
3. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione e il coordinamento di cui al comma 2, elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze ovvero individuando, limitatamente ai settori di attività a basso rischio di infortuni e malattie professionali di cui all’articolo 29, comma 6-ter, con riferimento sia all’attività del datore di lavoro committente sia alle attività dell’impresa appaltatrice e dei lavoratori autonomi, un proprio incaricato, in possesso di formazione, esperienza e competenza professionali, adeguate e specifiche in relazione all’incarico conferito, nonché di periodico aggiornamento e di conoscenza diretta dell’ambiente di lavoro, per sovrintendere a tali cooperazione e coordinamento. In caso di redazione del documento esso è allegato al contratto di appalto o di opera e deve essere adeguato in funzione dell’evoluzione dei lavori, servizi e forniture. A tali dati accedono il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e gli organismi locali delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale. Dell’individuazione dell’incaricato di cui al primo periodo o della sua sostituzione deve essere data immediata evidenza nel contratto di appalto o di opera. Le disposizioni del presente comma non si applicano ai rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi. Nell’ambito di applicazione del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, tale documento è redatto, ai fini dell’affidamento del contratto, dal soggetto titolare del potere decisionale e di spesa relativo alla gestione dello specifico appalto. ...
5. Nei singoli contratti di subappalto, di appalto e di somministrazione, anche qualora in essere al momento della data di entrata in vigore del presente decreto, di cui agli articoli 1559, ad esclusione dei contratti di somministrazione di beni e servizi essenziali, 1655, 1656 e 1677 del codice civile, devono essere specificamente indicati a pena di nullità ai sensi dell'articolo 1418 del codice civile i costi delle misure adottate per eliminare o, ove ciò non sia possibile, ridurre al minimo i rischi in materia di salute e sicurezza sul lavoro derivanti dalle interferenze delle lavorazioni. I costi di cui primo periodo non sono soggetti a ribasso. Con riferimento ai contratti di cui al precedente periodo stipulati prima del 25 agosto 2007 i costi della sicurezza del lavoro devono essere indicati entro il 31 dicembre 2008, qualora gli stessi contratti siano ancora in corso a tale data. A tali dati possono accedere, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e gli organismi locali delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
Art. 29. Modalità di effettuazione della valutazione dei rischi ... 3. La valutazione dei rischi deve essere immediatamente rielaborata, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità. A seguito di tale rielaborazione, le misure di prevenzione debbono essere aggiornate. Nelle ipotesi di cui ai periodi che precedono il documento di valutazione dei rischi deve essere rielaborato, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, nel termine di trenta giorni dalle rispettive causali. Anche in caso di rielaborazione della valutazione dei rischi, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell'aggiornamento delle misure di prevenzione e immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. A tale documentazione accede, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.[/panel]
3.2. - Contenuti minimi del piano operativo di sicurezza
3.2.1. Il POS é redatto a cura di ciascun datore di lavoro delle imprese esecutrici, ai sensi dell’articolo 17 del presente Decreto, e successive modificazioni, in riferimento al singolo cantiere interessato; esso contiene almeno i seguenti elementi:
a) i dati identificativi dell’impresa esecutrice, che comprendono:
1) il nominativo del datore di lavoro, gli indirizzi ed i riferimenti telefonici della sede legale e degli uffici di cantiere;
2) la specifica attività e le singole lavorazioni svolte in cantiere dall’impresa esecutrice e dai lavoratori autonomi subaffidatari;
3) i nominativi degli addetti al pronto soccorso, antincendio ed evacuazione dei lavoratori e, comunque, alla gestione delle emergenze in cantiere, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, aziendale o territoriale, ove eletto o designato;
4) il nominativo del medico competente ove previsto;
5) il nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione;
6) i nominativi del direttore tecnico di cantiere e del capocantiere;
7) il numero e le relative qualifiche dei lavoratori dipendenti dell’impresa esecutrice e dei lavoratori autonomi operanti in cantiere per conto della stessa impresa;
b) le specifiche mansioni, inerenti la sicurezza, svolte in cantiere da ogni figura nominata allo scopo dall’impresa esecutrice[…][/panel] ... segue in allegato
MODELLO SEMPLIFICATO POS: In ALTERNATIVA AL POS CLASSICO
Modelli semplificati per la redazione del piano operativo di sicurezza (POS), del piano di sicurezza e di coordinamento (PSC) e del fascicolo dell'opera (FO) nonché del piano di sicurezza sostitutivo (PSS)
Con decreto interministeriale, ex articolo 104-bis del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 ed ex articolo 131, comma 2-bis del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sono stati individuati i modelli semplificati per la redazione del piano operativo di sicurezza, del piano di sicurezza e di coordinamento e del fascicolo dell'opera nonché del piano di sicurezza sostitutivo.
GU n. 212 del 12 settembre 2014.
Ferma restando l'integrale applicazione delle previsioni di cui al Titolo IV (Art. 89) del dlgs. n. 81 del 2008, i datori di lavoro delle imprese affidatarie e delle imprese esecutrici possono predisporre il POS utilizzando il modello semplificato di cui all'allegato I al presente decreto.
MODELLI SEMPLIFICATI POS | PSC | PSS | FO
Modelli semplificati di: POS - Piano Operativo dl Sicurezza PSC - Piano di Sicurezza e Coordinamento PSS - Piano di Sicurezza Sostitutivo FO - Fascicolo dell’Opera
Elaborati in accordo con il Decreto Interministeriale 9 settembre 2014
Modelli semplificati per la redazione del piano operativo di sicurezza (POS), del piano di sicurezza e di coordinamento (PSC) e del fascicolo dell'opera (FO) nonché del piano di sicurezza sostitutivo (PSS).
Formazione generale sicurezza lavoratori / Ed. 3.0 del 12 Aprile 2023
ID 14436 | Rev. 3.0 del 12.04.2023 / Documento slides formazione generale in allegato
L'Ed. 3.0 del 12.04.2023 della presentazione pptx, è arricchita nella parte normativa e grafica. La presentazione è stata architettata per una più ampia platea di Utenti fruitori.
[box-note]Dettaglio Ed. 3.0 del 12.04.2023: - Aggiunta slide Formazione dei lavoratori - Art. 37 comma 2 TUS (slide nr. 44) - Aggiornata slide Le figure della prevenzione - il Datore di Lavoro (slide nr. 56) - Aggiornata slide Preposto Obblighi ed attribuzioni (slide nr. 62) - Aggiornata slide Addetti alle emergenze (slide nr. 70) - Aggiunte slides Rischio chimico (slides da nr. 88 a n. 94)[/box-note]
Documento composto da n.163 slides (pptx modificabile), strutturato in modo da risultare un utile strumento di formazione generale sulla sicurezza, i cui contenuti sono indicati nell'Accordo Formazione Stato-Regioni 21 Dicembre 2011, Accordo tra il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano per la formazione dei lavoratori, ai sensi dell’articolo 37, comma 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
Struttura del documento (n.163 slides)
1. Evoluzione normativa in materia di sicurezza. Accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011. La formazione dei lavoratori 2. Organizzazione della sicurezza 3. Infortunio sul lavoro e malattia professionale 4. Concetti di rischio, danno, prevenzione e protezione. La valutazione del rischio e i documenti. 5. Gestione della prevenzione aziendale: la sorveglianza sanitaria. 6. Gestione delle emergenze 7. Gli organi di vigilanza
4. ARTICOLAZIONE DEL PERCORSO FORMATIVO DEI LAVORATORI E DEI SOGGETTI DI CUI ALL’ARTICOLO 21, COMMA 1, DEL D.LGS. N. 81/08
Il percorso formativo di seguito descritto si articola in due moduli distinti i cui contenuti sono individuabili alle lettere a) e b) del comma 1 e al comma 3 dell’articolo 37 del D.Lgs. n. 81/08. Inoltre con riferimento ai soggetti di cui all’articolo 21, comma 1, del D.Lgs. n. 81/08, si ritiene che i contenuti e l’articolazione della formazione di seguito individuati possano costituire riferimento anche per tali categorie di lavoratori, tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 21, comma 2, lettera b, del D.Lgs. n. 81/08.
Formazione Generale
Con riferimento alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 37 del D.Lgs. n. 81/08, la durata del modulo generale non deve essere inferiore alle 4 ore, e deve essere dedicata alla presentazione dei concetti generali in tema di prevenzione e sicurezza sul lavoro.
Contenuti:
concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti, doveri e sanzioni per i vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo e assistenza.
Durata Minima: 4 ore per tutti i settori.
Formazione Specifica
Con riferimento alla lettera b) del comma 1 e al comma 3 dell’articolo 37 del D.Lgs. n. 81/08, la formazione deve avvenire nelle occasioni di cui alle lettere a), b) e c) del comma 4 del medesimo articolo, ed avere durata minima di 4, 8 o 12 ore, in funzione dei rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda. Tali aspetti e i rischi specifici di cui ai Titoli del D.Lgs. n. 81/08 successivi al I costituiscono oggetto della formazione.
Infine, tale formazione è soggetta alle ripetizioni periodiche previste al comma 6 dell’articolo 37 del D.Lgs. n. 81/08, con riferimento ai rischi individuati ai sensi dell’articolo 28.
Contenuti:
Rischi infortuni, Meccanici generali, Elettrici generali, Macchine, Attrezzature, Cadute dall’alto, Rischi da esplosione, Rischi chimici, Nebbie - Oli - Fumi - Vapori – Polveri, Etichettatura, Rischi cancerogeni, Rischi biologici, Rischi fisici, Rumore, Vibrazione, Radiazioni, Microclima e illuminazione, Videoterminali, DPI Organizzazione del lavoro, Ambienti di lavoro, Stress lavoro-correlato, Movimentazione manuale carichi, Movimentazione merci (apparecchi di sollevamento, mezzi trasporto), Segnaletica, Emergenze, Le procedure di sicurezza con riferimento al profilo di rischio specifico, Procedure esodo e incendi, Procedure organizzative per il primo soccorso, Incidenti e infortuni mancati, Altri Rischi
Durata Minima in base alla classificazione dei settori di cui all’Allegato 2 (Individuazione macrocategorie di rischio e corrispondenze ATECO 2002-2007):
4 ore per i settori della classe di rischio basso; 8 ore per i settori della classe di rischio medio; 12 ore per i settori della classe di rischio alto.
La trattazione dei rischi sopra indicati va declinata secondo la loro effettiva presenza nel settore di appartenenza dell’azienda e della specificità del rischio ovvero secondo gli obblighi e i rischi propri delle attività svolte dal lavoratore autonomo, secondo quanto previsto all’articolo 21 del D.Lgs. n. 81/08.
I contenuti e la durata sono subordinati all’esito della valutazione dei rischi effettuata dal datore di lavoro, fatta salva la contrattazione collettiva e le procedure concordate a livello settoriale e/o aziendale e vanno pertanto intesi come minimi. Il percorso formativo e i relativi argomenti possono essere ampliati in base alla natura e all’entità dei rischi effettivamente presenti in azienda, aumentando di conseguenza il numero di ore di formazione necessario.
Il numero di ore di formazione indicato per ciascun settore comprende la “Formazione Generale” e quella “Specifica”, ma non “l’Addestramento”, così come definito all’articolo 2, comma 1, lettera cc), del D.Lgs. n. 81/08, ove previsto. Deve essere garantita la maggiore omogeneità possibile tra i partecipanti ad ogni singolo corso, con particolare riferimento al settore di appartenenza. Durata minima complessiva dei corsi di formazione per i lavoratori, in base alla classificazione dei settori di cui all’Allegato I:
4 ore di Formazione Generale + 4 ore di Formazione Specifica per i settori della classe di rischio basso: TOTALE 8 ore 4 ore di Formazione Generale + 8 ore di Formazione Specifica per i settori della classe di rischio medio: TOTALE 12 ore 4 ore di Formazione Generale + 12 ore di Formazione Specifica per i settori della classe di rischio alto: TOTALE 16 ore
Condizioni particolari
I lavoratori di aziende a prescindere dal settore di appartenenza, che non svolgano mansioni che comportino la loro presenza, anche saltuaria, nei reparti produttivi, possono frequentare i corsi individuati per il rischio basso.
Per il comparto delle costruzioni, nell’ipotesi di primo ingresso nel settore, la formazione effettuata nell’ambito del progetto strutturale “16ore-MICS”, delineato da FORMEDIL, Ente nazionale per la formazione e l’addestramento professionale dell’edilizia, è riconosciuta integralmente corrispondente alla Formazione Generale di cui al presente accordo.
Ai fini della Formazione Specifica i contenuti di cui al citato percorso strutturale potranno essere considerati esaustivi rispetto a quelli di cui al presente accordo ove corrispondenti.
I soggetti firmatari del Contratto Collettivo Nazionale dell’edilizia stipulano accordi nazionali diretti alla individuazione delle condizioni necessarie a garantire tale corrispondenza. Costituisce altresì credito formativo permanente, oltre che la formazione generale, anche la formazione specifica di settore derivante dalla frequenza di corsi di formazione professionale presso strutture della formazione professionale o presso enti di formazione professionale accreditati dalle Regioni e Province autonome che abbiano contenuti e durata conformi al presente Accordo. Rimane comunque salvo l’obbligo del datore di lavoro di assicurare la formazione specifica secondo le risultanze della valutazione dei rischi. ...
8. CREDITI FORMATIVI
Il modulo di formazione generale, rivolto ai soggetti di cui ai punti 4 (lavoratori) e 5 (preposti), costituisce credito formativo permanente.
Con riferimento alle fattispecie di cui all’articolo 37, comma 4, si riconoscono crediti formativi nei seguenti casi:
a. Costituzione di un nuovo rapporto di lavoro o inizio nuova utilizzazione in caso di somministrazione e segnatamente: qualora il lavoratore vada a costituire un nuovo rapporto di lavoro o di somministrazione con un’azienda dello stesso settore produttivo cui apparteneva quella d’origine o precedente, costituisce credito formativo sia la frequenza alla Formazione Generale, che alla Formazione Specifica di settore; qualora il lavoratore vada a costituire un nuovo rapporto di lavoro o di somministrazione con un’azienda di diverso settore produttivo rispetto a quello cui apparteneva l’azienda d’origine o precedente, costituisce credito formativo la frequenza alla Formazione Generale; la Formazione Specifica relativa al nuovo settore deve essere ripetuta.
Qualora il lavoratore, all’interno di una stessa azienda multiservizi, vada a svolgere mansioni riconducibili ad un settore a rischio maggiore, secondo quanto indicato in Allegato II, costituisce credito formativo sia la frequenza alla Formazione Generale, che alla Formazione SpecifiCa di settore già effettuata; tale Formazione Specifica dovrà essere completata con un modulo integrativo, sia nella durata che nei contenuti, attinente ai rischi delle nuove mansioni svolte. Nota: la formazione dei lavoratori in caso di somministrazione di lavoro (articolo 20 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modifiche e integrazioni), può essere effettuata nel rispetto delle disposizioni, ove esistenti, del contratto collettivo applicabile nel caso di specie o secondo le modalità concordate tra il somministratore e l’utilizzatore.
In particolare, essi possono concordare che la formazione generale sia a carico del somministratore e quella specifica di settore a carico dell’utilizzatore. In difetto di accordi di cui al precedente periodo la formazione dei lavoratori va effettuata dal somministratore unicamente con riferimento alle attrezzature di lavoro necessarie allo svolgimento dell’attività lavorativa per la quale i lavoratori vengono assunti, sempre che – ai sensi e alle condizioni di cui al comma 5 dell’articolo 23 del citato D.Lgs. n. 276/2003 – il contratto di somministrazione non ponga tale obbligo a carico dell’utilizzatore. Ogni altro obbligo formativo è a carico dell’utilizzatore.
b. Trasferimento o cambiamento di mansioni, introduzione di nuove attrezzature, nuove tecnologie, nuove sostanze o preparati pericolosi: è riconosciuto credito formativo relativamente alla frequenza della formazione generale, mentre deve essere ripetuta la parte di formazione specifica limitata alle modifiche o ai contenuti di nuova introduzione.
c. formazione precedente all’assunzione, qualora prevista nella contrattazione collettiva nazionale di settore, con riferimento alla formazione generale di cui all’articolo 37, comma 1, lettera a. La formazione particolare e aggiuntiva per i preposti costituisce credito formativo permanente salvo nei casi in cui si sia determinata una modifica del suo rapporto di preposizione nell’ambito della stessa o di altra azienda. Il datore di lavoro è comunque tenuto a valutare la formazione pregressa ed eventualmente ad integrarla sulla base del proprio documento di valutazione dei rischi e in funzione della mansione che verrà ricoperta dal lavoratore assunto.
In ogni caso si ribadisce che i crediti formativi per la formazione specifica hanno validità fintanto che non intervengono cambiamenti così come stabilito dai commi 4 e 6 dell’articolo 37 del D.Lgs. n. 81/08. La formazione per i dirigenti costituisce credito formativo permanente. ______
- Aggiunta slide Formazione dei lavoratori - Art. 37 comma 2 TUS (slide nr. 44) - Aggiornata slide Le figure della prevenzione - il Datore di Lavoro (slide nr. 56) - Aggiornata slide Preposto Obblighi ed attribuzioni (slide nr. 62) - Aggiornata slide Addetti alle emergenze (slide nr. 70) - Aggiunte slides Rischio chimico (slides da nr. 88 a n. 94)
Certifico Srl
2.0
07.09.2021
- Capitolo segnaletica
Certifico Srl
1.0
03.09.2021
- Aggiornamento normativo - Aggiornamento grafico - Test e correttore