Check list rischio di infortunio mortale in ambienti confinati
ID 12000 | 09.11.2020 / Doc. pdf/doc in allegato
Rischio di infortunio mortale in ambienti confinati: check list di autocontrollo in formato .doc/pdf
I lavori in spazi confinati sui quali prestare attenzione sono: serbatoi, silos, reti fognarie, sistemi di drenaggio chiusi, cisterne aperte, vasche, camere di combustione all’interno dei forni, tubazioni.
Carenza di informazione e addestramento
Si tratta per lo più di lavori in appalto o subappalto dove le modalità di accadimento si ripetono e sono imputabili sempre alle stesse cause: carenza di informazione ed addestramento sui rischi presenti nell’area di lavoro, mancato coordinamento tra impresa appaltante e imprese o lavoratori autonomi appaltatori.
...
[...] Segue in allegato
Fonte: Dipartimento di prevenzione SPISAL – Regione Veneto
Piano aziendale Punti Straordinari di Vaccinazione (PSV) anti SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro
ID 13290 | Rev. 2.0 del 17 maggio 2021 / In allegato Modello PSV e moduli consenso e triage
In allegato modello di piano aziendale, compilabile ed adattabile alle differenti realtà aziendali, per l'attivazione di un punto straordinario di vaccinazione diretta dei lavoratori, che a prescindere dalla tipologia contrattuale, prestano la loro attività in favore dell’azienda. Inoltre disponibili in allegato moduli di consenso vaccinale anticovid-19 e moduli di triage prevaccinale in formato .doc/pdf.
- Aggiunto in allegato il Modulo comunicazione ASL in formato doc/pdf)[/box-note]
Il modello è utile a comunicare alla ASL competente, la volontà di realizzare ed attivare, un punto di vaccinazione straordinario ed a richiedere il numero di dosi di vaccino anti SARS-CoV-2/Covid-19 necessarie.
Tale attività costituisce un’attività di sanità pubblica che si colloca nell’ambito del Piano strategico nazionale per la vaccinazione anti-SARS-CoV-2/Covid-19 predisposto dal Commissario Straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica.
Il datore di lavoro nell’elaborazione del presente piano aziendale deve attenersi al rispetto delle Indicazioni ad interim per la vaccinazione anti-SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro, nonché di ogni altra prescrizione e indicazione adottata dalle Autorità competenti per la realizzazione in sicurezza della campagna vaccinale anti SARS-CoV-2/Covid-19.
A data documento si attendono le specifiche inerenti la modalità di comunicazione del piano aziendale da parte di Regioni o Province Autonome (il documento sarà suscettibile di modifiche/integrazioni a seguito di ulteriori interventi normativi).
[box-info]Il documento è soggetto alla supervisione dell’Azienda Sanitaria di riferimento, tramite il Dipartimento di Prevenzione.[/box-info]
0. Premessa 1. Riferimenti normativi 2. Nuovo coronavirus e Covid-19 3. Criteri quantitativi 4. Criteri qualitativi 5. Vaccini disponibili 6. Attività aziendale 7. Popolazione lavorativa 8. Struttura organizzativa 8.1 Ambienti destinati all’attività di vaccinazione 8.2 Personale impiegato nei PSV (Punto straordinario vaccinale) 8.3 Personale sanitario designato PSV (Punto straordinario vaccinale) 8.4 Caratteristiche del PSV 9. Equipaggiamento per la vaccinazione in azienda 10. Informazione 11. Costi 12. Conclusioni Allegato I[/box-note]
Estratto
[...]
7. Popolazione lavorativa
La popolazione lavorativa è di .... unità (preferibilmente >50).
Le adesioni volontarie della popolazione lavorativa è pari a ..... unità.
(*) Adesione volontaria espressa tramite consegna e sottoscrizione del modello Adesione volontaria nel rispetto della protezione del trattamento dei dati personali.
Le procedure finalizzate alla raccolta delle adesioni dei lavoratori interessati alla somministrazione del vaccino sono realizzate e gestite nel pieno rispetto della scelta volontaria rimessa esclusivamente alla singola lavoratrice e al singolo lavoratore, delle disposizioni in materia di tutela della riservatezza, della sicurezza delle informazioni raccolte ed evitando, altresì, ogni forma di discriminazione delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti.
8. Struttura organizzativa
8.1 Ambienti destinati all’attività di vaccinazione
L’azienda ha designato quale ambiente idoneo per l’attività, commisurandolo al volume di vaccinazioni da eseguire, sia per le fasi preparatorie (accettazione), sia per la vera e propria seduta vaccinale (ambulatorio/infermeria), sia per le fasi successive (osservazione post-vaccinazione) il seguente:
(*) LV Luogo/postazione vaccinale dove viene eseguita la vaccinazione al singolo soggetto nella unità di tempo
[...]
8.4 Caratteristiche del PSV
Il punto di vaccinazione deve essere adeguatamente segnalato sia all’esterno che internamente al fine di individuare facilmente i percorsi e le aree del PSV (cartellonistica ad hoc).
I servizi igienici dovranno essere disponibili e facilmente raggiungibili.
Il Documento allegato fornisce una guida pratica per il rischio da stress termico secondo la EN ISO 7243:2017 con esempio per il calcolo dell'indice WBGT (WetBulb Globe Temperature), tramite un tool di calcolo e successivo confronto con le tabelle di ACGIH che ricalcano come metodologia la ISO EN 7243:2017 recentemente pubblicata.
Il tool di calcolo dell'indice WBGT allegato all'articolo, segnalato da OSHA è sviluppato da Argonne National Laboratory (ANL), ed effettua il calcolo di WBGT, con determinati dati di input di cui a seguire. Il Documento è suddiviso in 2 Parti, la 1a parte estratta dalla EN ISO 7243:2017 e la 2a parte pratica estratta da ACGIH e raccordata alla parte 1a.
[box-info]UNI EN ISO 7243:2017 (In vigore da Novembre 2017)
Ergonomia degli ambienti termici Valutazione dello stress da calore utilizzando l’indice WBGT (globo a bulbo umido indice di temperatura)
La nuova norma UNI EN ISO 7243:2017 per la Valutazione dello stress da calore (termico) per l’uomo negli ambienti di lavoro, basato sull’indice WBGT è entrata in vigore il 09 novembre 2017. La norma sostituisce la UNI EN 27243:1996 Ambienti caldi - Valutazione dello stress termico per l’uomo negli ambienti di lavoro, basato sull’indice WBGT che è abrogata.
La norma illustra una metodologia di controllo da impiegare per valutare lo stress da calore a cui una persona è esposta e stabilire la presenza o meno di condizioni di rischio. Essa si applica alla valutazione degli effetti indotti dal calore su un soggetto nel corso di una giornata lavorativa (fino a 8 ore). Non può essere utilizzata, in situazioni in cui l’esposizione al calore è di breve durata. La norma è indicata per valutare il livello di stress calorico presente in ambienti di tipo occupazionale, interni ed esterni o di altra tipologia, al quale possono essere esposti i lavoratori adulti di entrambi i sessi.[/box-info]
[box-info]NIOSH: Criteria for a Recommended Standard: Occupational Exposure to Heat and Hot Environments
Febbraio 2016 - National Institute for Occupational Safety and Health (NIOSH)
ACGIH: Heat Stress and Strain: TLV® Physical Agents 7th Edition Documentation (2017). ACGIH®) ha stabilito un limite di intervento (AL) per i lavoratori non acclimatati e un valore limite di soglia (TLV®) per i lavoratori acclimatati[/box-info]
______________
Excursus
UNI EN ISO 7243:2017
Ergonomia degli ambienti termici Valutazione dello stress da calore utilizzando l’indice WBGT (globo a bulbo umido indice di temperatura)
Parti tradotte IT non ufficiali.
Scopo La norma EN ISO 7243 presenta un metodo di screening per valutare lo stress da calore a cui una persona è esposta e per stabilire la presenza o l'assenza del rischio stress da calore.
Si applica alla valutazione dell'effetto del calore su una persona durante la sua esposizione totale nel giorno lavorativo (fino a 8 ore). Non si applica per esposizioni molto brevi al calore. Si applica alla valutazione degli ambienti professionali interni ed esterni, nonché ad altri tipi dell'ambiente e agli adulti di sesso maschile e femminile che sono idonei al lavoro.
3.1 temperatura del globo a bulbo umido
WBGT (Wet Bulb Globe Temperature) indice semplice dell'ambiente che viene considerato insieme al livello metabolico per valutare il potenziale per stress termico tra quelli esposti a condizioni di caldo
Nota 1 il WBGT combina la misurazione di due parametri derivati: la temperatura a bulbo umido naturale (tnw) e la temperatura del globo nero (tg). Dove i sensori sono influenzati dalla radiazione incidente diretta dal sole (carico solare), all'aperto o al chiuso, la ponderazione della temperatura del globo viene ridotta includendo la temperatura dell'aria (ta).
3.2 temperatura effettiva del globo a bulbo bagnato WBGTeffettiva WBGTeff Valore WBGT corretto per gli effetti dell'abbigliamento
Nota 1 Può essere preso il WBGT ambientale quando l'abbigliamento reale indossato è equivalente a quello in cui si indossano indumenti da lavoro standard (indice di isolamento termico Icl = 0,6 clo, im = 0,38). (Vedi ISO 9920)
3.3 valore di adeguamento dell'abbigliamento CAV (Clothing Adjustment Values)
Il CAV aggiusta il valore di WBGT per tenere conto degli effetti degli indumenti che hanno proprietà termiche diverse da quello degli indumenti da lavoro standard. ...
5 Determinazione del WBGT
Le Formule (1) e (2) forniscono le equazioni per il calcolo del WBGT e mostrano la relazione tra i diversi parametri:
senza carico solare
WBGT = 0,7tnw + 0,3tg (1)
con carico solare
WBGT = 0,7tnw + 0,2tg + 0,1ta (2)
Per i dettagli vedasi parte 2
Annesso A (Informativo)
Valori di riferimento dell'indice di sollecitazione termica WBGT
l WBGT effettivo (TWA-WBGTeff) medio ponderato in base al tempo (TWA) è il tempo misurato ponderato valore adeguato per l'abbigliamento.
Tabella A.1 - WBGTeff valori di riferimento per le persone acclimatate e non acclimatate per cinque classi di metabolismo
I valori di riferimento (limiti di esposizione) forniti nella tabella A.1 dovrebbero essere utilizzati quando la stima migliore della classe metabolica disponibile si basa su categorie di lavoro nella Tabella A1 e come descritto nella Tabella E1.
Tabella E.1 - Classificazione delle classi del metabolismo da ISO 8996
Se è disponibile una stima più accurata del livello metabolico, i valori di riferimento (limiti di esposizione) possono essere ottenuti mediante interpolazione lineare nella Tabella A.1.
La figura 1 illustra la relazione continua tra livello metabolico e WBGTeff.
Figura 1 - Valori limite di WBGT
Le linee nella Figura 1 possono essere determinate come segue.
Per le persone acclimatate (linea continua)
WBGTeff Valore di riferimento (WBGTref):
WBGTref = 56,7 - 11,5 log10 (M) °C
Per le persone non acclimatate (linea tratteggiata)
WBGTeff Valore di riferimento (WBGTref):
WBGTref = 59,9- 14,1 log10 (M) °C
dove 115 <M<520 e M è il livello metabolico in watt (W). ....
Rischio Stress termico e calcolo Indice WBGT
Introduzione
I casi di mortalità legati al calore mostrano che i luoghi di lavoro con temperature superiori a 21.1 °C (70 °F) possono presentare un pericolo da calore quando le attività lavorative sono pari o superiori a un carico di lavoro moderato.
Valutare l'esposizione dei lavoratori in condizioni che possono presentare un rischio di calore è fondamentale per sapere quando attuare un programma di prevenzione delle malattie legato al calore.
Questo capitolo del Manuale tecnico OSHA (OTM) fornisce informazioni tecniche sui rischi di calore interno ed esterno, sulle malattie e sui metodi di prevenzione in tutti i settori. Le informazioni aiuteranno a preparare i funzionari di conformità OSHA a condurre ispezioni e indagini. In particolare, questo capitolo fornisce informazioni tecniche sull'utilizzo delle misurazioni della temperatura del globo a bulbo umido (WBGT - Wet Bulb Globe Temperature) per determinare quando sono presenti rischi di esposizione al calore sul luogo di lavoro. ...
3. Valutazione del rischio termico
Per determinare se esiste un rischio di calore presente in un ambiente di lavoro interno o esterno sono considerati:
- Fattori ambientali (ad es. Umidità, vento, temperatura e calore radiante), - Abbigliamento e carico di lavoro (cioè llivello metabolico)
Dopo aver misurato il WBGT, vengono aggiunti fattori di aggiustamento relativi a:
- abbigliamento - carico di lavoro (tradotto in livello metabolico);
utilizzare la tabella ACGIH TLV & TL per determinare il rischio di esposizione a stress da calore sopra la AL per lavoratori non acclimatati o TLV per lavoratori acclimatati (Figura 4)
3 A. STEP 1: determinare il WBGT
Figura 2. Misuratore WBGT con sensore a bulbo umido naturale e secco ...
Tool di calcolo in assenza di strumento WBGT
Se non è disponibile un misuratore WBGT o se la valutazione è per da riferire a rischi che possono essere stati presenti in passato (ad esempio la determinazione del rischio da stress da calore dopo un incidente), può essere utile il Tool sviluppato del laboratorio Argonne che utilizza un algoritmo con fattori per il calcolo della temperatura stress termico calore utilizzando i dati meteo disponibili online.
Un efficace programma di prevenzione delle malattie correlate al calore descriverà la politica del datore di lavoro in merito a quando e quanto spesso nella giornata di lavoro occorre misurare il WBGT.
[box-info]NIOSH raccomanda, nei Criteri 2016, di effettuare misurazioni del calore ambientale almeno ogni ora, durante la parte più calda di ogni turno di lavoro, durante i mesi più caldi dell'anno e quando si verifica un'onda di calore o è prevista[/box-info]
STEP 1, opzione B: calcolo del WBGT utilizzando i dati meteorologici
La misurazione del WBGT sul sito o l'utilizzo di registri / registri storici WBGT sono i metodi più accurati per prendere decisioni sul regime di lavoro / riposo o per valutare il rischio dopo un incidente correlato al calore. Se un contatore o un record WBGT non sono disponibili, l'Argonne National Laboratory (ANL) ha sviluppato un Tool che utilizza equazioni algoritmiche supportate dalla letteratura per determinare il WBGT dai dati meteorologici attuali o storici disponibili su Internet. ...
La Tabella 1 fornisce alcuni valori di irraggiamento stimati basati sulla “copertura nuvolosa” usando un'equazione pubblicata nel 2013 (Energy Procedia):
Tabella 1. Irraggiamento stimato basato sulla copertura nuvolosa. ...
B. Fase 2: aggiungere il fattore di regolazione dell'abbigliamento (CAV - Clothing Adjustment Value) per determinare il WBGT efficace
Identificare il CAV (da ACGIH in base ai lavoratori dell'abbigliamento che indossano dalla Tabella 2. Aggiungere il CAV al WBGT per determinare WBGTeff. ...
Tabella 2. Fattori di adeguamento dell'abbigliamento
C. Fase 3: Determinare il livello di lavoro metabolico (Metabolic Work Rate) ...
4. Fase 4: determinare il valore limite di soglia ( TLV) o il limite di azione (AL)
Il TLV è la temperatura alla quale è presente un pericolo da calore per un lavoratore acclimatato e la AL è la temperatura alla quale è presente un pericolo da calore per un lavoratore non acclimatato. ...
Ad esempio, un lavoratore acclimatato con attività lavorative che richiedono una camminata normale (300 W) è al di sotto del TLV in un ambiente WBGTeff di 28°C. (Fig.5)
Fig.5 - Lavoratore acclimatato < TLV
Tuttavia, se lo stesso operatore nello stesso ambiente aumenta l'attività per la camminata veloce (415 W), l'esposizione sarà superiore al TLV (Fig. 6)
Fig.6 - Lavoratore acclimatato >TLV
Il TLV è la temperatura alla quale è presente un pericolo da calore per un lavoratore acclimatato e la AL è la temperatura alla quale è presente un pericolo da calore per un lavoratore non acclimatato. ...
American Conference of Governmental Industrial Hygienists (ACGIH). Heat Stress and Strain: TLV® Physical Agents 7th Edition Documentation (2017). TLVs and BEIs with 7th Edition Documentation, CD-ROM. Cincinnati, OH, 2017.
Argonne National Laboratory (ANL). Wet Bulb Globe Temperature (WBGT) Version 1.2. Chicago, IL, 2008.
R. Liljegren, R. Carhart, P. Lawday, S. Tschopp, R. Sharp. Modeling the Wet Bulb Globe Temperature Using Standard Meteorological Measurements. Journal of Occupational and Environmental Hygiene, 5:10, 645-655, 2008.
Occupational Safety and Health Administration (OSHA). Recommended Practices for Safety and Health Programs. Publication OSHA 3885, October 2016.
National Institute for Occupational Safety and Health (NIOSH). Criteria for a Recommended Standard: Occupational Exposure to Heat and Hot Environments. DHHS (NIOSH) Publication No. 2016-106, February 2016.
National Institute for Occupational Safety and Health (NIOSH). Landscape mowing assistant dies from heat stroke. Fatality Assessment and Control Evaluation (FACE) Investigation Report No. 02-MI-75-01. Cincinnati, OH, 2002.
Rischio esposizione a Cloruro di Vinile Monomero (CVM) | Classificazioni e note
ID 12854 | 15.02.2021
Note e Classificazione europea, nazionale ed Internazionale sul Cloruro di Vinile Monomero (CVM), documenti allegati:
- Rischio esposizione a Cloruro di Vinile Monomero (CVM) - Classificazioni e Note Rev. 00 2021 - DdL 259 2006 Lavoratori addetti lavorazione CVM - Vinyl Chloride in Drinking-water WHO 2004 - Cloruro di vinile Min Salute 2016 - Scheda Cloruro di Vinile Monomero NIOSH - Scheda Cloruro di Vinile Monomero ECHA - Scheda Cloruro di Vinile Monomero Dors RP - Vinyl Chloride IARC Monographs 100F - CSC 0082 - Cloruro di vinile
_______
Il cloruro di vinile Cloruro di Vinile (Monomero) (CVM) o Chloroethylene (n. CE 200-831-0) (CAS: 75-01-4) è un gas tossico, cancerogeno, infiammabile e talmente instabile alle normali condizioni ambientali che miscelato con l’aria può diventare esplosivo.
Anche conosciuto come cloroetene o cloroetilene, solitamente viene indicato come cloruro di vinile monomero (CVM) per distinguerlo dal principale composto che si ottiene dalla sua polimerizzazione: il polivinil cloruro o PVC. Da notare che il PVC, al contrario del monomero, è pressochè innocuo (sempre a patto che la concentrazione di cloruro di vinile monomero che permane disciolto all’interno sia bassa).
Proprietà chimiche e fisiche
N. CE
200-831-0
N. CAS
75-01-4
Aspetto e colore:
Gassoso, incolore
Odore:
Dolciastro
Soglia di percettibilità dell'odore:
10-25.000 ppm
Punto di fusione/congelamento:
-153,7 °C
Punto di ebollizione iniziale e intervallo di ebollizione:
-13,4 °C
Punto d'infiammabilità/campo d'infiammabilità:
-78 °C
Infiammabilità:
Temperatura di ignizione: 415 °C Gruppo di esplosione: IIA
Soglia di esplosione: LIE (limite inferiore di esplosività)
3,8 vol. %
LSE (limite superiore di esplosività)
31 vol. %
1. Dove si trova
Il cloruro di vinile monomero (CVM) è un prodotto petrolchimico intermedio. Il CVM viene utilizzato per produrre il materiale di base più importante nell'industria della plastica: il polivinilcloruro (PVC).
Il CVM è infiammabile a temperature relativamente basse e a certe concentrazioni nell'aria può formare perossidi ed esplodere. Il CVM reagisce anche a contatto con ossidi di azoto, polveri alcaline e acido solfidrico. È più pesante dell'aria e tende ad accumularsi a livello del suolo.
L’estrema importanza del cloroetilene nella società industriale moderna è proprio dovuta al fatto che questa sostanza rappresenta il costituente base per la produzione dell’onnipresente PVC, materiale utilizzato per realizzare una gran varietà di prodotti plastici come tubi, cavi, rivestimenti per auto, materiali per impacchettare gli alimenti, arredamenti, finestre, coperture murali, articoli per la casa, ecc. Fino alla metà degli anni ’70 il cloruro di vinile veniva impiegato anche come gas refrigerante, propellente per spray e come componente di alcuni cosmetici.
Tutto il cloruro di vinile esistente è stato prodotto dall’uomo od è il risultato della degradazione di altre sostanze artificiali come il tricloroetilene, il tricloroetano o il tetracloroetilene. Quindi tutto l’inquinamento ambientale e i danni alla salute dovuti a questa sostanza sono da imputare esclusivamente all’uomo.
Fig. 1 - Casi di esposizione a CVM negli Stabilimenti di Marghera / Vedi Indagine epidemiologica ISS (Vedi)
2.1 Scientific Committee on Occupational Exposure Limits (SCOEL)
Non sono stati definiti i valori limiti SCOEL.
2.2 Regolamento (CE) 1272/2008 CLP (UE)
Press. Gas Flam. Gas 1 Carc. 1A
Il Regolamento (CE) 1972/2008 "CLP" classifica il "Cloruro di vinile" in Categoria 1A (Vedi allegata scheda ECHA)
Tabella 3.6.1 Categorie di pericolo per le sostanze cancerogene
Categoria
Criteri
CATEGORIA 1
Sostanze cancerogene per l'uomo accertate o presunte La classificazione di una sostanza come cancerogena di categoria 1 avviene sulla base di dati epidemiologici e/o di dati ottenuti con sperimentazioni su animali.
Categoria 1A
Può avvenire ove ne siano noti effetti cancerogeni per l’uomo sulla base di studi sull’uomo.
Categoria 1B
Categoria 1B per le sostanze di cui si presumono effetti cancerogeni per l’uomo, prevalentemente sulla base di studi su animali. La classificazione di una sostanza nelle categorie 1A e 1B si basa sulla forza probante dei dati e su altre considerazioni (cfr. punto 3.6.2.2). I dati possono provenire da:
- studi condotti sull’uomo da cui risulta un rapporto di causalità tra l’esposizione umana a una sostanza e l'insorgenza di un cancro (sostanze di cui sono accertati effetti cancerogeni per l’uomo);o
- sperimentazioni animali i cui risultati (1) permettono di dimostrare effetti cancerogeni per gli animali (sostanze di cui si presumono effetti cancerogeni per l’uomo). Inoltre, caso per caso, in base a una valutazione scientifica può essere deciso di considerare una sostanza come presunta sostanza cancerogena se esistono studi che dimostrano la presenza di effetti cancerogeni limitati per l’uomo e per gli animali.
CATEGORIA 2
Sostanze di cui si sospettano effetti cancerogeni per l'uomo La classificazione di una sostanza nella categoria 2 si basa sui risultati di studi sull’uomo e/o su animali non sufficientemente convincenti per giustificare la classificazione della sostanza nelle categorie 1A o 1B, tenendo conto della forza probante dei dati e di altre considerazioni (cfr. punto 3.6.2.2). Tali dati possono essere tratti da studi che dimostrano la presenza di effetti cancerogeni limitati (1) per l'uomo o per gli animali.
(1) Nota: Cfr. 3.6.2.2.4. ... Pericoli per la salute
H220 - Gas estremamente infiammabile H350 - Può provocare il cancro
Prevedere: - H280 - Contiene gas sotto pressione; può esplodere se riscaldato
Etichette
2.3 IARC
Lo IARC classifica il Cloruro di Vinile tra le sostanze sicuramente cancerogene per l'uomo (Gruppo 1) (Vedi allegata Scheda Monographs 100F)
[box-info]Agents Classified by the IARC Monographs, Volumes 1–128 (Update 15.02.2021)
Group 1
Group 1 Carcinogenic to humans
121 agents
Group 2A
Probably carcinogenic to humans
89 agents
Group 2B
Possibly carcinogenic to humans
315 agents
Group 3
Not classifiable as to its carcinogenicity to humans
497 agents
[/box-info]
2.4 D.Lgs. 81/2008 (Sicurezza lavoro)
Il Cloruro di Vinile Monomero (CVM) (n. CE 200-831-0) (CAS: 75-01-4) è una delle poche sostanze "agente cangerogeno" per le quali la legislazione salute e sicurezza sul lavoro (D.Lgs. 81/2008) ha stabilito dei Valori Limite di Esposizione (VLEs), attualmente pari ad 1 ppm / 2,6 mg/m³.
La sostanza è stata normata sin dal 1982 con il D.P.R. 10 settembre 1982 n. 962, Attuazione della direttiva (CEE) n. 78/610 relativa alla protezione sanitaria dei lavoratori esposti al cloruro di vinile monomero. (GU n.5 del 06-01-1983) con Valore Limite di Esposizione (VLE), al tempo, di 3 ppm.
Art. 3 - Il datore di lavoro deve adottare appropriate misure tecniche e organizzative, al fine di ridurre ai valori più bassi le concentrazioni di cloruro monomero cui i lavoratori sono esposti.
Titolo IX SOSTANZE PERICOLOSE* Capo II Protezione da agenti cancerogeni e mutageni ...
Art. 234. Definizioni
1. Agli effetti del presente decreto si intende per:
a) agente cancerogeno: 1) una sostanza o miscela che corrisponde ai criteri di classificazione come sostanza cancerogena di categoria 1 A o 1 B di cui all'allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio; 2) una sostanza, miscela o procedimento menzionati all'allegato XLII del presente decreto, nonché sostanza o miscela liberate nel corso di un processo e menzionate nello stesso allegato;
b) agente mutageno: 1) una sostanza o miscela corrispondente ai criteri di classificazione come agente mutageno di cellule germinali di categoria 1 A o 1 B di cui all'allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008.
c) valore limite: se non altrimenti specificato, il limite della concentrazione media, ponderata in funzione del tempo, di un agente cancerogeno o mutageno nell'aria, rilevabile entro la zona di respirazione di un lavoratore, in relazione ad un periodo di riferimento determinato stabilito nell'allegato XLIII. ...
ALLEGATO XLIII Valori limite di esposizione professionale ...
NOME AGENTE
N. CE (1)
CAS (2)
VALORI LIMITE (3)
Misure transitorie
mg/m³
(4)
ppm
(5)
f/ml
(6)
Osservazioni
Cloruro di vinile monomero
200-831-0
75-01-4
2,6
1
—
—
(1) N. CE (ossia EINECS, ELINCS o NLP): è il numero ufficiale della sostanza all'interno dell'Unione Europea come definito nell'allegato VI, parte 1, punto 1.1.1.2, del regolamento (CE) n. 1272/2008. (2) CAS: numero registrazione CAS (Chemical Abstract Service). (3) Misurato o calcolato in relazione a un periodo di riferimento di 8 ore. (4) mg/m³: milligrammi per metro cubo di aria a 20 °C e 101,3 kPa. (corrispondenti alla pressione di 760mm di mercurio). (5) ppm: parti per milione per volume di aria (ml/m³). (6) f/ml: fibre per millilitro. [/box-note]
2.5 AICGQ
L’ACGIH (American Conference of Governmental Industrial Hygienists) pone come limite di TLV-TWA il valore 1 ppm / 2,6 mg/m3. (*)
2.6 OSHA
L’OSHA (Occupational Safety and Health Administration) pone come di TWA il valore 1 ppm. (*)
2.7 NIOSH
Il NIOSH (National Institute for Occupational Safety and Health) raccomanda che il limite di esposizione sia il più basso valore che sia possibile individuare.
(*) TLV (Threshold Limit Value), valore limite di soglia TLV-TWA (Time Weighted Average), valori di concentrazione mediati su una giornata lavorativa di otto ore al giorno e su 40 ore la settimana.
[box-info]Valori Limite di Soglia (ACGIH)
I Threshold Limit Values (TLV) valori limite di esposizione in ambiente di lavoro stabiliti dall’ American Conference of Governmental Industrial Hygienists si riferiscono alla concentrazione dell’inquinante in atmosfera e rappresentano la condizione per cui la maggior parte dei lavoratori esposta in modo continuo all’inquinante non sviluppa patologie.
I TLV si basano su informazioni provenienti da esperimenti industriali, da studi epidemiologici sull’uomo, da studi sperimentali su animali e, quando possibile dalla combinazione dei tre.
Sono previste tre categorie di TLV.
- Il TLV-TWA (Time Weighted Average) rappresenta la concentrazione media di inquinante ponderata nel tempo riferita ad una giornata lavorativa di 8 ore ed a una settimana di 40 ore a cui un lavoratore può essere esposto in modo continuo senza sviluppare patologie. - Il TLV-STEL (Short Term Exposure Limit) rappresenta una concentrazione TWA di 15 minuti che non deve essere superata in qualsiasi momento durante la giornata lavorativa. - Il TLV-C (Ceiling) rappresenta la concentrazione che non deve essere mai superata durante qualsiasi momento dell'attività lavorativa.
All’interno di questa sezione si riporta anche la classificazione di cancerogenicità attribuita dall’ ACGIH che si basa sulle seguenti 5 classi:
A1: sostanze confermate come cancerogene per l’uomo A2: sostanze sospette di essere cancerogene per l’uomo A3: sostanze cancerogene per gli animali A4: sostanze non classificabili come cancerogene per l’uomo; A5: sostanze non sospette di essere cancerogene per l’uomo.[/box-info] ... segue in allegato
Defibrillatori nei luoghi di lavoro: Quadro normativo e Prevenzione
ID 6649 | Rev. 1.0 del 17.09.2020 - Documento completo allegato
Estratto
Con il Decreto 18 marzo 2011 "Determinazione dei criteri e delle modalità di diffusione dei defibrillatori automatici esterni di cui comma 46, della Legge n. 191/2009" (Finanziaria 2010), si è inteso avere uno strumento normativo per diffondere in modo capillare l’uso dei defibrillatori semiautomatici esterni (DEA) sul territorio nazionale anche a personale non sanitario, opportunamente formato, nella convinzione che l’utilizzo di tale apparecchiatura possa prevenire o quanto meno ridurre il numero di morti per arresto cardiocircolatorio.
[panel]Legge n. 191/2009 ... Art. 46. E' autorizzata la spesa di 4 milioni di euro per l'anno 2010 e di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012 finalizzata alla diffusione di defibrillatori semiautomatici e automatici esterni. Con decreto del Ministro della salute, emanato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, sono stabiliti i criteri e le modalita' per dotare di defibrillatori luoghi, strutture e mezzi di trasporto, entro il limite di spesa previsto dal presente comma.[/panel]
Le finalità, infatti, indicate nell'Art. 1 comma 1 e 2, del Decreto 18 marzo 2011 sono:
1. La finalità del presente decreto è quella di individuare i criteri e le modalità per favorire la diffusione dei defibrillatori semiautomatici esterni e fissare i criteri per l’utilizzazione delle risorse di cui all’art. 2, comma 46, della legge 23 dicembre 2009, n. 191.
2. Il presente decreto promuove la realizzazione di programmi regionali per la diffusione e l’utilizzo di defibrillatori semiautomatici esterni, indicando i criteri per l’individuazione dei luoghi, degli eventi, delle strutture e dei mezzi di trasporto dove deve essere garantita la disponibilità dei defibrillatori semiautomatici esterni, nonché le modalità della formazione degli operatori addetti.
[box-note]Alla luce delle intenzioni del Decreto 18 marzo 2011, è da considerare, anche, la promozione della diffusione dei defibrillatori nei luoghi di lavoro.[/box-note]
Non c'è obbligo di predisporre di defibrillatori nei luoghi di lavoro, ma la loro presenza, (contesto anche non determinato), è sicuramente una misura fondamentale di prevenzione da rischi cardiovascolari quali fibrillazione / arresto cardiaco (vedasi facscheet di INAIL 2016).
Le "misure generali di tutela" di cui all'Art. 15 del D.Lgs. 81/2008 riconoscono di fondamentale importanza le "misure di emergenza" da attuare in caso di primo soccorso.
L’esito degli infortuni sul lavoro dipende non soltanto dall’entità del danno, ma anche dalla prontezza ed efficacia dei primi soccorsi che possono fare la differenza tra la vita e la morte, tra recupero rapido o prolungato, tra disabilità temporanea o permanente. Questo vale anche per la morte cardiaca improvvisa, evento che in molti casi si verifica sul posto di lavoro.
[panel]Inail sconta il premio per prevenzione alle imprese che adottano il defibrillatore (Intervento trasversale C8)
Il dispositivo semiautomatico per la rianimazione in caso di arresto cardiaco, e i corsi rivolti ai dipendenti per imparare a utilizzarlo sono inclusi nel modello OT24 tra gli interventi per il miglioramento delle condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro che garantiscono una riduzione del tasso di premio.
Estratto domanda Oscillazione per prevenzione OT24
C INTERVENTI TRASVERSALI
N°
INTERVENTO
SETTORI E PUNTEGGI
TIPO
C8
L’azienda, per la quale non è obbligatoria per legge l’adozione di un defibrillatore, ha effettuato la specifica formazione per lavoratori addetti all’utilizzo del defibrillatore in proprio possesso (corso BLSD – Basic Life Support early Defibrillation).
40
T
Nota: Ai fini della realizzazione dell’intervento è necessario che almeno un dipendente dell’impresa abbia partecipato a uno specifico corso di formazione nell’anno 2018. Documentazione ritenuta probante: - Dichiarazione datata e firmata nel 2018 che attesti che l’azienda non rientra tra quelle per cui l’adozione è obbligatoria per legge - Fattura d’acquisto del defibrillatore, anche se con data precedente all’anno 2020, o contratto di noleggio valido per l’anno 2020 - Elenco, firmato e datato nell’anno 2018, dei partecipanti nel medesimo 2018 al corso BLSD con copia degli attestati rilasciati
Pur dovendo discriminare una malattia cardiovascolare che può essere causa di fibrillazione/arresto cardiaco, non lavoro-correlata, che, indipendentemente, con l'uso di un DAE presente può salvare il colpito, esistono dei fattori lavorativi che contribuiscono ad aggravare eventuali malattie cardiovascolari, quali monossido di carbonio, piombo, inalazione di gas tossici, condizioni lavorative stressanti, esposizione al caldo o al freddo estremi, sforzi fisici eccessivi, elettrocuzione e altri.
Con l'Accordo n. 127/CSR del 30 luglio 2015 "lndirizzi per ii riconoscimento dei soggetti abilitati all'erogazione di corsi di formazione finalizzati al rilascio dell'autorizzazione all'impiego del Defibrillatore Automatico Estemo (DAE) - ai sensi del Decreto 18 marzo 2011 (Decreto sui criteri e modalità di diffusione dei DAE).
La facscheet di INAIL 2016 allegata, mette in evidenza gli aspetti della defibrillazione veloce nei luoghi di lavoro, con fibrillatore ti tipo DAE (Defibrillatore Automatico Esterno).
[alert]E' opportuno, come aspetto di prevenzione, predisporre in azienda DAE
In un'ottica di prevenzione lavoro (e non), è opportuno, in numerosi ambiti lavorativi e mansioni, come ad esempio in lontananza da punti di PS, predisporre di DAE in azienda, da utilizzare da personale adeguatamente formato.
La presenza del DAE è particolarmente consigliato:
- nelle aree dove sono presenti apparecchi elettrici; - nei luoghi di lavoro all’aperto, dove possono cadere fulmini o dove si lavora su linee elettriche; - in zone isolate dove è più difficile far arrivare i soccorsi come impianti di perforazione, cantieri di costruzione, piattaforme marine ecc.; - in luoghi di transito o permanenza di molte persone.[/alert]
La Legge 120/2001 ha consentito l'uso dei DAE al di fuori dell'ambito ospedaliero:
[panel]Utilizzo dei defibrillatori semiautomatici in ambiente extraospedaliero
Legge 3 aprile 2001, n. 120 "Utilizzo dei defibrillatori semiautomatici in ambiente extraospedaliero" .. Art. 1 1. È’ consentito l'uso del defibrillatore semiautomatico in sede extraospedaliera anche al personale sanitario non medico, nonché al personale non sanitario che abbia ricevuto una formazione specifica nelle attività di rianimazione cardio-polmonare.
2. Le regioni e le province autonome disciplinano il rilascio da parte delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere dell'autorizzazione all'utilizzo extraospedaliero dei defibrillatori da parte del personale di cui al comma 1, nell'ambito del sistema di emergenza 118 competente per territorio o, laddove non ancora attivato, sotto la responsabilità dell'azienda unità sanitaria locale o dell'azienda ospedaliera di competenza, sulla base dei criteri indicati dalle linee guida adottate dal Ministro della sanità, con proprio decreto, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Art. 2-bis (introdotto dal Decreto-Legge 30 dicembre 2005 n.273) La formazione dei soggetti di cui al comma 1 puo' essere svolta anche dalle organizzazioni medico-scientifiche senza scopo di lucro nonche' dagli enti operanti nel settore dell'emergenza sanitaria che abbiano un rilievo nazionale e che dispongano di una rete di formazione. ...[/panel]
[panel]Formazione personale non sanitario uso DAE
La formazione del personale non sanitario puo' essere svolta anche dalle organizzazioni medico-scientifiche senza scopo di lucro nonche' dagli enti operanti nel settore dell'emergenza sanitaria che abbiano un rilievo nazionale e che dispongano di una rete di formazione (Legge 3 aprile 2001, n. 120 Art. 2-bis).
Accordo n. 127/CSR del 30 luglio 2015 Accordo sul documento di Indirizzi per il riconoscimento dei soggetti abilitati all’erogazione di corsi di formazione finalizzati al rilascio dell’autorizzazione all’impiego del Defibrillatore semiAutomatico Esterno (DAE) [/panel]
[panel]Stato di necessità - Tutela operatore all'uso DAE
CP Articolo 54. Stato di necessità.
Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sè od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, nè altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.
Questa disposizione non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo.
La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche se lo stato di necessità è determinato dall’altrui minaccia; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona minacciata risponde chi l’ha costretta a commetterlo[/panel]
[alert]Il defibrillatore semiautomatico (DAE)
Che cos’è? Il DAE è un apparecchio intelligente che riconosce la fibrillazione ventricolare e con uno shock elettrico la interrompe. L’apparecchio è in grado di riconoscere il ritmo defibrillabile senza possibilità di errore.
Da chi può essere utilizzato? La Legge 120/2001 ha consentito l’uso del DAE anche a personale non sanitario, purché formato. La formazione del soccorritore è semplice ed è garantita dal superamento di un corso (BLSDa) della durata di 5 ore, con le caratteristiche internazionalmente convenute (Linee guida ERC 2015) su contenuti didattici, rapporto allievi/istruttore, esercitazione sul manichino, forme di verifica e di retraining organizzato da soggetti abilitati di cui all'Accordo n. 127/CSR del 30 luglio 2015.[/alert]
Nota Anche se non propriamente rconducibile ai luoghi di lavoro, ad oggi persiste l'obbligo per le società sportive non dilettantistiche dopo varie proroghe, dal Decreto del Ministero della Salute del 24 aprile 2013, che è entrato definittivamente in vigore il 1° luglio 2017, i Ministri della Salute e dello Sport hanno precisato con il decreto 26 giugno 2017 alcuni aspetti attuativi.
Legge 3 aprile 2001, n. 120 Utilizzo dei defibrillatori semiautomatici in ambiente extraospedaliero GU n. 88 del 14 aprile 2001
Legge 23 dicembre 2009, n. 191 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010). (GU n.302 del 30-12-2009 - Suppl. Ordinario n. 243)
Decreto 18 marzo 2011 Determinazione dei criteri e delle modalità di diffusione dei defi brillatori automatici esterni di cui all’articolo 2, comma 46, della legge n. 191/2009. GU n. 129 del 6 Giugno 2011
Rep.Atti n. 127/CSR del 30 luglio 2015 Accordo, ai sensi degli articoli 2, comma 1, letters b) e 4, comma 1 del decreto legislative 28 agosto 1997, n. 281, tra ii Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sul documento di "lndirizzi per ii riconoscimento dei soggetti abilitati all'erogazione di corsi di formazione finalizzati al rilascio dell'autorizzazione all'impiego del Defibrillatore Automatico Estemo (DAE) - ai sensi del Decreto 18 marzo 2011".
Decreto 26 giugno 2017 Linee guida sulla dotazione e l’utilizzo di defibrillatori semiautomatici e di eventuali altri dispositivi salvavita da parte delle associazioni e delle società sportive dilettantistiche. GU n.149 del 28 giugno 2017
Normativa regionale:
Delibera RL n. IX 4717 del 23.01.2013 Determinazioni in ordine alle linee guida regionali sull’utilizzo dei defibrillatori semiautomatici esterni (DAE) e sull’attivazione dei progetti di defibrillazione semiautomatica sul territorio lombardo.[/panel] ... Documento completo in allegato
Autocertificazione rischio vibrazioni inferiore valori di azione
ID 8244 | 25.04.2019 | Modello doc allegato
L'Autocertificazione rischio vibrazioni sui luoghi di lavoro con valore d'azione giornaliero inferiore ai livelli di azione (valutazione senza misurazioni inferiore ai valori di azione) giornalieri, normalizzati a un periodo di riferimento di 8 ore inferiori a:
A(8) = 2,5 m/s2 - Sistema mano braccio | Art. 201 c.1 a2 A(8) = 0,5 m/s2 - Corpo intero | Art. 201 c.1 b2
può essere in effetti un documento previsto dalla norma secondo il principio della "giustificazione" (Art. 181. c.3 del D.Lgs. n. 81/2008 - agenti fisici, tra i quali le vibrazioni), infatti in numerosi casi è ragionevole una autocertificazione sul valore d'azione giornaliero (Art. 201 c.1 a2 e c.1 b2) con la valutazione dell'esposizione di cui all'Art. 202 c.1 e c.2 senza procedere alla misura.
Tale Autocertificazione, rientra sempre in un processo valutativo (giustificato), e dovrà essere sottoscritta dal Datore di Lavoro e da eventuali altri soggetti partecipi alla valutazione ed allegata al Documento di Valutazione dei Rischi di cui Art. 28 c.2.
Ai sensi dell'Art. 181 c.3 il Datore di Lavoro può ritenere che non si debba procedere ad altre valutazoni o misure.
L'autocertificazione può essere "giustificata" in tutte quelle attività che sono prive/trascurabili di sorgenti di vibrazioni.
Potrebbe essere questo il caso di attività in negozi, uffici, ristoranti, e simili, per le quali risultano assenti, in particolar modo, esposizioni a sorgenti di vibrazioni derivate da macchine (ed escludibili tutte le lettere di cui all'Art. 2012 c.3, 4, 5).
Valutazione senza misurazioni (valori superiori a quelli di azione)
La Valutazione del rischio vibrazioni, può essere effettuta senza misurazioni, anche se prevedibili valori superiori a quelli di azione, infatti all'Art. 202 è riportato che:
"Il livello di esposizione alle vibrazioni meccaniche può essere valutato mediante l'osservazione delle condizioni di lavoro specifiche e il riferimento ad appropriate informazioni sulla probabile entità delle vibrazioni per le attrezzature o i tipi di attrezzature nelle particolari condizioni di uso reperibili presso banche dati dell'ISPESL o delle regioni o, in loro assenza, dalle informazioni fornite in materia dal costruttore delle attrezzature.
Questa operazione va distinta dalla misurazione, che richiede l'impiego di attrezzature specifiche e di una metodologia appropriata e che resta comunque il metodo di riferimento" (si veda Fig. 1).
Fig. 1 - Valutazione rischio vibrazioni - Indicativa (Art. 202 c. 2 la valutazione su banche dati, ecc va distinta dalla misurazione, che resta il metodo di riferimento)
No - Non verificati Artt. 181 e 202 c. 2 (assenza BD, scelta del metodo misurazione, altro) quindi effettuare misurazioni.
1. Nell'ambito della valutazione di cui all'articolo 28, il datore di lavoro valuta tutti i rischi derivanti da esposizione ad agenti fisici in modo da identificare e adottare le opportune misure di prevenzione e protezione con particolare riferimento alle norme di buona tecnica ed alle buone prassi.
2. La valutazione dei rischi derivanti da esposizioni ad agenti fisici è programmata ed effettuata, con cadenza almeno quadriennale, da personale qualificato nell'ambito del servizio di prevenzione e protezione in possesso di specifiche conoscenze in materia. La valutazione dei rischi è aggiornata ogni qual volta si verifichino mutamenti che potrebbero renderla obsoleta, ovvero, quando i risultati della sorveglianza sanitaria rendano necessaria la sua revisione. I dati ottenuti dalla valutazione, misurazione e calcolo dei livelli di esposizione costituiscono parte integrante del documento di valutazione del rischio.
3. Il datore di lavoro nella valutazione dei rischi precisa quali misure di prevenzione e protezione devono essere adottate. La valutazione dei rischi è riportata sul documento di valutazione di cui all'articolo 28, essa può includere una giustificazione del datore di lavoro secondo cui la natura e l'entità dei rischi non rendono necessaria una valutazione dei rischi più dettagliata. ...
Capo III Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a vibrazioni
Art. 199. Campo di applicazione
1. Il presente capo prescrive le misure per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori che sono esposti o possono essere esposti a rischi derivanti da vibrazioni meccaniche. Nei riguardi dei soggetti indicati all'articolo 3, comma 2, del presente decreto legislativo le disposizioni del presente capo sono applicate tenuto conto delle particolari esigenze connesse al servizio espletato, quali individuate dai decreti ivi previsti.
Art. 200. Definizioni
1. Ai fini del presente capo, si intende per:
a) vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio: le vibrazioni meccaniche che, se trasmesse al sistema mano-braccio nell'uomo, comportano un rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori, in particolare disturbi vascolari, osteoarticolari, neurologici o muscolari;
b) vibrazioni trasmesse al corpo intero: le vibrazioni meccaniche che, se trasmesse al corpo intero, comportano rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, in particolare lombalgie e traumi del rachide;
c) esposizione giornaliera a vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio A(8): [ms-2]: valore mediato nel tempo, ponderato in frequenza, delle accelerazioni misurate per una giornata lavorativa nominale di otto ore;
d) esposizione giornaliera a vibrazioni trasmesse al corpo intero A(8): [ms-2]: valore mediato nel tempo, ponderato, delle accelerazioni misurate per una giornata lavorativa nominale di otto ore.
Art. 201. Valori limite di esposizione e valori d'azione
1. Ai fini del presente capo, si definiscono i seguenti valori limite di esposizione e valori di azione.
a) per le vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio:
1) il valore limite di esposizione giornaliero, normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore, è fissato a 5 m/s2; mentre su periodi brevi è pari a 20 m/s2;
2) il valore d'azione giornaliero, normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore, che fa scattare l'azione, è fissato a 2,5 m/s2.
b) per le vibrazioni trasmesse al corpo intero:
1) il valore limite di esposizione giornaliero, normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore, è fissato a 1,0 m/s2; mentre su periodi brevi è pari a 1,5 m/s2;
2) il valore d'azione giornaliero, normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore, è fissato a 0,5 m/s2.
2. Nel caso di variabilità del livello di esposizione giornaliero va considerato il livello giornaliero massimo ricorrente.
Art. 202. Valutazione dei rischi
1. Nell'ambito di quanto previsto dall'articolo 181, il datore di lavoro valuta e, quando necessario, misura, i livelli di vibrazioni meccaniche cui i lavoratori sono esposti.
2. Il livello di esposizione alle vibrazioni meccaniche può essere valutato mediante l'osservazione delle condizioni di lavoro specifiche e il riferimento ad appropriate informazioni sulla probabile entità delle vibrazioni per le attrezzature o i tipi di attrezzature nelle particolari condizioni di uso reperibili presso banche dati dell'ISPESL o delle regioni o, in loro assenza, dalle informazioni fornite in materia dal costruttore delle attrezzature.
Questa operazione va distinta dalla misurazione, che richiede l'impiego di attrezzature specifiche e di una metodologia appropriata e che resta comunque il metodo di riferimento.
3. L'esposizione dei lavoratori alle vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio è valutata o misurata in base alle disposizioni di cui all'allegato XXXV, parte A.
4. L'esposizione dei lavoratori alle vibrazioni trasmesse al corpo intero è valutata o misurata in base alle disposizioni di cui all'allegato XXXV, parte B.
5. Ai fini della valutazione di cui al comma 1, il datore di lavoro tiene conto, in particolare, dei seguenti elementi:
a) il livello, il tipo e la durata dell'esposizione, ivi inclusa ogni esposizione a vibrazioni intermittenti o a urti ripetuti;
b) i valori limite di esposizione e i valori d'azione specificati nell'articolo 201;
c) gli eventuali effetti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori particolarmente sensibili al rischio con particolare riferimento alle donne in gravidanza e ai minori;
d) gli eventuali effetti indiretti sulla sicurezza e salute dei lavoratori risultanti da interazioni tra le vibrazioni meccaniche, il rumore e l'ambiente di lavoro o altre attrezzature;
e) le informazioni fornite dal costruttore dell'attrezzatura di lavoro;
f) l'esistenza di attrezzature alternative progettate per ridurre i livelli di esposizione alle vibrazioni meccaniche;
g) il prolungamento del periodo di esposizione a vibrazioni trasmesse al corpo intero al di là delle ore lavorative, in locali di cui è responsabile;
h) condizioni di lavoro particolari, come le basse temperature, il bagnato, l'elevata umidità o il sovraccarico biomeccanico degli arti superiori e del rachide;
i) informazioni raccolte dalla sorveglianza sanitaria, comprese, per quanto possibile, quelle reperibili nella letteratura scientifica.
Art. 203. Misure di prevenzione e protezione
1. Fermo restando quanto previsto nell'articolo 182, in base alla valutazione dei rischi di cui all'articolo 202, quando sono superati i valori d'azione, il datore di lavoro elabora e applica un programma di misure tecniche o organizzative, volte a ridurre al minimo l'esposizione e i rischi che ne conseguono, considerando in particolare quanto segue:
a) altri metodi di lavoro che richiedono una minore esposizione a vibrazioni meccaniche;
b) la scelta di attrezzature di lavoro adeguate concepite nel rispetto dei principi ergonomici e che producono, tenuto conto del lavoro da svolgere, il minor livello possibile di vibrazioni;
c) la fornitura di attrezzature accessorie per ridurre i rischi di lesioni provocate dalle vibrazioni, quali sedili che attenuano efficacemente le vibrazioni trasmesse al corpo intero e maniglie o guanti che attenuano la vibrazione trasmessa al sistema mano-braccio;
d) adeguati programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, del luogo di lavoro, dei sistemi sul luogo di lavoro e dei DPI;
e) la progettazione e l'organizzazione dei luoghi e dei posti di lavoro;
f) l'adeguata informazione e formazione dei lavoratori sull'uso corretto e sicuro delle attrezzature di lavoro e dei DPI, in modo da ridurre al minimo la loro esposizione a vibrazioni meccaniche;
g) la limitazione della durata e dell'intensità dell'esposizione;
h) l'organizzazione di orari di lavoro appropriati, con adeguati periodi di riposo;
i) la fornitura, ai lavoratori esposti, di indumenti per la protezione dal freddo e dall'umidità.
2. Se, nonostante le misure adottate, il valore limite di esposizione è stato superato, il datore di lavoro prende misure immediate per riportare l'esposizione al di sotto di tale valore, individua le cause del superamento e adatta, di conseguenza, le misure di prevenzione e protezione per evitare un nuovo superamento.
Art. 204. Sorveglianza sanitaria
1. I lavoratori esposti a livelli di vibrazioni superiori ai valori d'azione sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria. La sorveglianza viene effettuata periodicamente, di norma una volta l'anno o con periodicità diversa decisa dal medico competente con adeguata motivazione riportata nel documento di valutazione dei rischi e resa nota ai rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori in funzione della valutazione del rischio. L'organo di vigilanza, con provvedimento motivato, può disporre contenuti e periodicità della sorveglianza diversi rispetto a quelli forniti dal medico competente.
2. I lavoratori esposti a vibrazioni sono altresì sottoposti alla sorveglianza sanitaria quando, secondo il medico competente, si verificano una o più delle seguenti condizioni: l'esposizione dei lavoratori alle vibrazioni è tale da rendere possibile l'individuazione di un nesso tra l'esposizione in questione e una malattia identificabile o ad effetti nocivi per la salute ed è probabile che la malattia o gli effetti sopraggiungano nelle particolari condizioni di lavoro del lavoratore ed esistono tecniche sperimentate che consentono di individuare la malattia o gli effetti nocivi per la salute.
Art. 205. Deroghe
1. Nei settori della navigazione marittima e aerea, il datore di lavoro, in circostanze debitamente giustificate, può richiedere la deroga, limitatamente al rispetto dei valori limite di esposizione per il corpo intero qualora, tenuto conto della tecnica e delle caratteristiche specifiche dei luoghi di lavoro, non sia possibile rispettare tale valore limite nonostante le misure tecniche e organizzative messe in atto.
2. Nel caso di attività lavorative in cui l'esposizione di un lavoratore a vibrazioni meccaniche è abitualmente inferiore ai valori di azione, ma può occasionalmente superare il valore limite di esposizione, il datore di lavoro può richiedere la deroga al rispetto dei valori limite a condizione che il valore medio dell'esposizione calcolata su un periodo di 40 ore sia inferiore al valore limite di esposizione e dimostri, con elementi probanti, che i rischi derivanti dal tipo di esposizione cui è sottoposto il lavoratore sono inferiori a quelli derivanti dal livello di esposizione corrispondente al valore limite.
3. Le deroghe di cui ai commi 1 e 2 sono concesse, per un periodo massimo di quattro anni, dall'organo di vigilanza territorialmente competente che provvede anche a darne comunicazione, specificando le ragioni e le circostanze che hanno consentito la concessione delle stesse, al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Le deroghe sono rinnovabili e possono essere revocate quando vengono meno le circostanze che le hanno giustificate.
4. La concessione delle deroghe di cui ai commi 1 e 2 è condizionata all'intensificazione della sorveglianza sanitaria e da condizioni che garantiscano, tenuto conto delle particolari circostanze, che i rischi derivanti siano ridotti al minimo. Il datore di lavoro assicura l'intensificazione della sorveglianza sanitaria ed il rispetto delle condizioni indicate nelle deroghe.
5. Il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali trasmette ogni quattro anni alla Commissione della Unione europea un prospetto dal quale emergano circostanze e motivi delle deroghe concesse ai sensi del presente articolo. ...
ALLEGATO XXXV
A. Vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio.
1. Valutazione dell'esposizione. La valutazione del livello di esposizione alle vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio si basa principalmente sul calcolo del valore dell'esposizione giornaliera normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore, A (8), calcolato come radice quadrata della somma dei quadrati (valore totale) dei valori quadratici medi delle accelerazioni ponderate in frequenza, determinati sui tre assi ortogonali (a (base) hwx, a (base) hwy, a (base) hwz) conformemente alla norma UNI EN ISO 5349-1 (2004) che viene qui adottata in toto. Le linee guida per la valutazione delle vibrazioni dell'ISPESL e delle regioni hanno valore di norma di buona tecnica.
2. Misurazione. Qualora si proceda alla misurazione: a) i metodi utilizzati possono includere la campionatura, purché sia rappresentativa dell'esposizione di un lavoratore alle vibrazioni meccaniche considerate; i metodi e le apparecchiature utilizzati devono essere adattati alle particolari caratteristiche delle vibrazioni meccaniche da misurare, ai fattori ambientali e alle caratteristiche dell'apparecchio di misurazione, conformemente alla norma ISO 5349-2 (2001); b) nel caso di attrezzature che devono essere tenute con entrambe le mani, la misurazione è eseguita su ogni mano. L'esposizione è determinata facendo riferimento al più alto dei due valori; deve essere inoltre fornita l'informazione relativa all'altra mano.
3. Interferenze. Le disposizioni dell'articolo 202, comma 5, lettera d), si applicano in particolare nei casi in cui le vibrazioni meccaniche ostacolano il corretto uso manuale dei comandi o la lettura degli indicatori.
4. Rischi indiretti. Le disposizioni dell'articolo 202, comma 5, lettera d), si applicano in particolare nei casi in cui le vibrazioni meccaniche incidono sulla stabilità delle strutture o sulla buona tenuta delle giunzioni.
5. Attrezzature di protezione individuale. Attrezzature di protezione individuale contro le vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio possono contribuire al programma di misure di cui all'articolo 203, comma 1.
B. Vibrazioni trasmesse al corpo intero.
1. Valutazione dell'esposizione. La valutazione del livello di esposizione alle vibrazioni si basa sul calcolo dell'esposizione giornaliera A (8) espressa come l'accelerazione continua equivalente su 8 ore, calcolata come il più alto dei valori quadratici medi delle accelerazioni ponderate in frequenza, determinati sui tre assi ortogonali (1,4.a (base) wx, 1,4.a (base) wy, 1.a (base) wz), per un lavoratore seduto o in piedi), conformemente alla norma ISO 2631-1 (1997) che viene qui adottata in toto. Le linee guida per la valutazione delle vibrazioni dell'ISPESL e delle regioni hanno valore di norma di buona tecnica. Per quanto riguarda la navigazione marittima, si prendono in considerazione, ai fini della valutazione degli effetti cronici sulla salute, solo le vibrazioni di frequenza superiore a 1 Hz.
2. Misurazione. Qualora si proceda alla misurazione, i metodi utilizzati possono includere la campionatura, purché sia rappresentativa dell'esposizione di un lavoratore alle vibrazioni meccaniche considerate. I metodi utilizzati devono essere adeguati alle particolari caratteristiche delle vibrazioni meccaniche da misurare, ai fattori ambientali e alle caratteristiche dell'apparecchio di misurazione. I metodi rispondenti a norme di buona tecnica si considerano adeguati a quanto richiesto dal presente punto.
3. Interferenze. Le disposizioni dell'articolo 202, comma 5, lettera d), si applicano in particolare nei casi in cui le vibrazioni meccaniche ostacolano il corretto uso manuale dei comandi o la lettura degli indicatori.
4. Rischi indiretti. Le disposizioni dell'articolo 202, comma 5, lettera d), si applicano in particolare nei casi in cui le vibrazioni meccaniche incidono sulla stabilità delle strutture o sulla buona tenuta delle giunzioni.
5. Prolungamento dell'esposizione. Le disposizioni dell'articolo 202, comma 5, lettera g), si applicano in particolare nei casi in cui, data la natura dell'attività' svolta, un lavoratore utilizza locali di riposo e ricreazione messi a disposizione dal datore di lavoro; tranne nei casi di forza maggiore, l'esposizione del corpo intero alle vibrazioni in tali locali deve essere ridotto a un livello compatibile con le funzioni e condizioni di utilizzazione di tali locali.[/box-note]
datore di lavoro: il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa. Nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale, individuato dall'organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo conto dell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l'attività, e dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa. In caso di omessa individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con l'organo di vertice medesimo;
dirigente: persona che, in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l'attività lavorativa e vigilando su di essa;
preposto: persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa;
responsabile del servizio di prevenzione e protezione: persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all'articolo 32 designata dal datore di lavoro, a cui risponde, per coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
addetto al servizio di prevenzione e protezione: persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all'articolo 32, facente parte del servizio di cui alla lettera l);
medico competente: medico in possesso di uno dei titoli e dei requisiti formativi e professionali di cui all'articolo 38, che collabora, secondo quanto previsto all'articolo 29, comma 1, con il datore di lavoro ai fini della valutazione dei rischi ed è nominato dallo stesso per effettuare la sorveglianza sanitaria e per tutti gli altri compiti di cui al presente decreto;
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: persona eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro;
Nonché:
Art. 18 Obblighi del datore di lavoro e del dirigente
1. Il datore di lavoro, che esercita le attività di cui all'articolo 3, e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono: ... b) designare preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza;
Delega di funzioni
L’art. 16 del D.Lgs. n. 81/2008 individua i requisiti essenziali affinché la delega di funzioni possa ritenersi efficace. Detti requisiti sono sia relativi all'atto sia relativi al contenuto.
Art. 16. Delega di funzioni
1. La delega di funzioni da parte del datore di lavoro, ove non espressamente esclusa, è ammessa con i seguenti limiti e condizioni: a) che essa risulti da atto scritto recante data certa; b) che il delegato possegga tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate; c) che essa attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate; d) che essa attribuisca al delegato l'autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate; e) che la delega sia accettata dal delegato per iscritto.
2. Alla delega di cui al comma 1 deve essere data adeguata e tempestiva pubblicità.
3. La delega di funzioni non esclude l'obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite. L'obbligo di cui al primo periodo si intende assolto in caso di adozione ed efficace attuazione del modello di verifica e controllo di cui all'articolo 30, comma 4. 3-bis. Il soggetto delegato può, a sua volta, previa intesa con il datore di lavoro delegare specifiche funzioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro alle medesime condizioni di cui ai commi 1 e 2. La delega di funzioni di cui al primo periodo non esclude l'obbligo di vigilanza in capo al delegante in ordine al corretto espletamento delle funzioni trasferite. Il soggetto al quale sia stata conferita la delega di cui al presente comma non può, a sua volta, delegare le funzioni delegate.
1. Aspetto formale della delega
Sul piano formale, è necessario che sussista:
atto di delega scritto recante data certa;
accettazione per iscritto del delegato;
adeguata e tempestiva pubblicità della delega.
2. Aspetto sostanziale della delega
Sul piano sostanziale, occorre che la delega sia effettuata nei seguenti termini:
a soggetto delegato in possesso di requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
con attribuzione di tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
con attribuzione dell’autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate.
3. Giurisprudenza
Sentenza Sez. 4, n. 38425 del 22 novembre 2006 "...L'atto di delega deve essere espresso, inequivoco e certo e deve investire persona tecnicamente capace, dotata delle necessarie cognizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali e di intervento, che abbia accettato lo specifico incarico, fermo comunque l'obbligo per il datore di lavoro di vigilare e di controllare che il delegato usi, poi, concretamente la delega, secondo quanto la legge prescrive..."
Sentenza Sez. 4, n. 41352 del 25 settembre 2018 "...E' noto e pacifico che non è sufficiente (né lo era sotto il vigore della normativa prevenzionistica dell'epoca) il conferimento di una delega in materia di sicurezza sul lavoro per esimere il delegante da responsabilità: ciò in base al fondamentale principio secondo cui il datore di lavoro, quale responsabile della sicurezza, ha l'obbligo non solo di predisporre le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare continuamente sulla loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori, in quanto, in virtù della generale disposizione di cui all' art. 2087 cod. civ., egli é costituito garante dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro..."
Modelli:
01. Lettere di incarico per l'intero complesso aziendale 02. Lettera di incarico per preposto 03. Lettera di incarico per RSPP 04. Lettera di incarico per addetti antincendio/primo soccorso 05. Lettera di incarico per medico competente 06. Lettera di incarico per ASPP 07. Lettera di incarico per dirigente/direttore di cantiere 08. Lettera di incarico per preposti di cantiere 09. Lettera di incarico per dirigente/direttore di cantiere 10. Lettera di incarico per preposti (impresa affidataria) 11. Delega per l'intero complesso aziendale 12. Delega per singolo cantiere 13. Delega per singolo cantiere impresa affidataria
Attenzione I modelli formato .docx devono essere adattati in relazione alla singola esigenza incarico/delega.
Il Documento allegato ha per oggetto la determinazione del rischio di esposizione ad agenti fisici nei luoghi di lavoro, relativamente all’agente fisico rumore e vibrazioni, secondo quanto prescritto dal D.Lgs. n. 81/2008 “Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro” - TITOLO VIII, CAPO II e CAPO III.
Il DLgs 81/2008, in base al livello di esposizione giornaliera agli agenti fisici, impone l’obbligo di attivare determinate misure ed interventi per ridurre al minimo il rischio per gli addetti.
La relazione consta di due parti, una prima parte di sintesi della valutazione del rischio ed una seconda contenente i dettagli tecnici della stessa. La valutazione è stata condotta, nel caso di specie, in un'azienda la cui attività consiste nel trasporto su strada di olii minerali e carburanti.
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Fonti normative e prassi di riferimenti:
- Decreto Legislativo 81 del 9/04/2008 “Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro” e s.s.m. - Decreto Legislativo 4 dicembre 1992, n. 475 “Attuazione della direttiva 89/686/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1989 in materia di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relativa ai dispositivi di protezione individuale”; - Regolamento (UE) 2016/425 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016 sui dispositivi di protezione individuale e che abroga la direttiva 89/686/CEE del Consiglio (GUUE L 81/51 del 31.03.2016) - Decreto legislativo 81/2008 sulla prevenzione e protezione dai rischi dovuti all’esposizione agli agenti fisici nei luoghi di lavoro. - Indicazioni operative a cura di Coordinamento tecnico per la sicurezza nei luoghi di lavoro delle regioni e delle province autonome, in collaborazione con ISPESL (Rev. 03: approvata il 13/02/2014 – con aggiornamenti legislativi e normativi al 2013) - Linee Guida INAIL 2015 "La valutazione del rischio rumore" - Norma ISO 1999 (1990) “Acoustics: Determination of occupational noise exposure and estimation of noise – induced hearing impairment” - Norma UNI EN ISO 9612 (2011) “Acustica - Determinazione dell'esposizione al rumore negli ambienti di lavoro - Metodo tecnico progettuale” - Norma UNI 9432 (2011) “Acustica - Determinazione del livello di esposizione personale al rumore nell'ambiente di lavoro” - Norma UNI EN 458 (2005) “Protettori dell'udito - Raccomandazioni per la selezione, l'uso, la cura e la manutenzione - Documento guida” - Norma UNI EN ISO 4869-2 (1998) “Acustica - Protettori auricolari – Stima dei livelli di pressione sonora ponderati A quando i protettori auricolari sono indossati” - Norma UNI EN 12096 (1999) "Dichiarazione e verifica dei valori di emissione vibratoria" - Norma UNI EN ISO 5349-1 (2004) “Vibrazioni meccaniche - Misurazione e valutazione dell'esposizione dell'uomo alle vibrazioni trasmesse alla mano - Parte 1: Requisiti generali". - Norma UNI EN ISO 5349-2 (2004) “Vibrazioni meccaniche - Misurazione e valutazione dell'esposizione dell'uomo alle vibrazioni trasmesse alla mano - Parte 2: Guida pratica per la misurazione al posto di lavoro” - Norma UNI EN 14253 (2008) “Vibrazioni meccaniche - Misurazione e calcolo della esposizione alle vibrazioni trasmesse all'intero corpo al fine di tutelare la salute dell'operatore - Guida pratica” - Norma UNI CEN/TR 15172-2 (2008): Vibrazioni al corpo Intero: Linee guida per la riduzione del rischio da vibrazione: Parte 2: Misure di prevenzione sul posto di lavoro - Norma UNI ISO 2631-1 (2014) "Valutazione dell’esposizione dell’uomo alle vibrazioni trasmesse al corpo intero. Parte 1: Requisiti generali"; - Banca Dati Vibrazioni P.A.F. in collaborazione con INAIL - Banca Dati Vibrazioni CPT Torino - Lettera circolare del 30 giugno 2011 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali “L’aggiornamento della Banca dati CPT Torino” - UNI 9432 & UNI EN ISO 9612 - Ultimo Round di P. Lenzuni [INAIL], Atti del convegno dBA Incontri 2012, Modena 2012 - Analisi delle caratteristiche degli otoprotettori ai fini dell’individuazione del dpi uditivo ottimale nel settore della manutenzione del verde”, C. Preti, A. Calvo S. Pelti, R.Deboli; Atti 41° Convegno Nazionale AIA, Pisa, 17-19 giugno 2014 - Proposta di metodo di calcolo dell'esposizione a Rumore in applicazione dell'art.6, comma 8, lettera f, del DLgs.81/2008 funzionale alla valutazione del rischio rumore elaborato da Portale Agenti Fisici 1
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Obblighi del datore di lavoro - Adempimenti di legge in relazione al livello di esposizione rilevato
Scheda riepilogativa 1.
Scheda riepilogativa 2.
Scheda riepilogativa 3.
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Di seguito l'indice del documento:
Parte 1: SINTESI VALUTAZIONE DEL RISCHIO 1. Descrizione dell’attività lavorativa e del luogo di lavoro 2. Valutazione del livello di esposizione 2.1 Rumore 2.1.1 Valori d’azione e valori limite di esposizione 2.2 Vibrazioni Mano Braccio 2.2.1 Valori d’azione e valori limite di esposizione 2.3 Vibrazioni Corpo Intero 2.3.1 Valori d’azione e valori limite di esposizione 3. Quadri sinottici 4. Obblighi del datore di lavoro 4.1 Esposizione al rumore 4.1.1 Lavoratori esposti a valori inferiori ai V.I.A. (LEX ≤ 80 dBA e/o P Peak <135 dBC) 4.1.2 Lavoratori esposti a valori uguali o superiori ai V.I.A. (80 < dBA LEX ≤ 85 dBA e/o 135 dBC ≤ P Peak < 137 dBC) 4.1.3 Lavoratori esposti a valori uguali o superiori ai V.S.A. (85 dBA < LEX ≤ 87 dBA e/o137 dBC ≤ P Peak < 140 dBC) 4.1.4 Lavoratori esposti a valori uguali o superiori ai V.L.E. (LEX ≥87 dBA e/o P Peak ≥140 dBC) 4.2 Esposizione a vibrazioni al sistema mano braccio 4.2.1 Lavoratori esposti a livelli di vibrazione inferiori al valore di azione giornaliero (A(8) < 2,5 m/s2) 4.2.2 Lavoratori esposti a livelli di vibrazione superiori al valore di azione giornaliero ma inferiori al valore limite (2,5 m/s2<A(8) < 5 m/s2) 4.2.3 Lavoratori esposti a livelli di vibrazione superiori al valore limite di esposizione giornaliero e / o su periodi brevi (A(8) > 5 m/s2) 4.3 Esposizione a vibrazioni al corpo intero 4.3.1 Lavoratori esposti a livelli di vibrazione inferiori al valore di azione giornaliero (A(8) < 0,5 m/s2) 4.3.2 Lavoratori esposti a livelli di vibrazione superiori al valore di azione giornaliero ma inferiori al valore limite (0,5 m/s2 < A(8) < 1,0 m/s2) 4.3.3 Lavoratori esposti a livelli di vibrazione superiori al valore limite di esposizione giornaliero e / o su periodi brevi (A(8) > 1 m/s2) 5. Uso dei D.P.I. e segnaletica 6. Misure di prevenzione e protezione 6.1 Rumore 6.2 Vibrazioni 7. Informazione e formazione 8. Periodicità della valutazione del rischio Parte 2: ALLEGATI E DETTAGLI TECNICI ALLEGATO 1. Riferimenti normativi 1.1 Rumore 1.2 Vibrazioni ALLEGATO 2. Banche dati 2.1 Rumore 2.2 Vibrazioni 2.2.1 Valori Dichiarati dal produttore 2.2.2 Valori rilevati in campo ALLEGATO 3. Misure fonometriche 3.1 Strumentazione di misura 3.2 Certificati di taratura 3.3 Grandezze acustiche rilevate 3.4 Sintesi dei rilievi fonometrici ALLEGATO 4. Misurazioni vibrometriche 4.1 Strumentazione di misura 4.2 Certificati di taratura 4.3 Sistema mano – braccio 4.3.1 Grandezze rilevate 4.3.2 Sintesi dei rilievi 4.4 Corpo intero 4.4.1 Grandezze rilevate 4.4.2 Sintesi dei rilievi ALLEGATO 5. Valutazione dell’incertezza 5.1 Rumore 5.2 Vibrazioni ALLEGATO 6. presenza di Rischi Potenzianti 6.1 Presenza di vibrazioni 6.2 Sostanze ototossiche 6.3 Lavoratori particolarmente sensibili al rumore 6.4 Altri effetti indiretti ALLEGATO 7. D.P.I 7.1 Rumore 7.2 Vibrazioni ALLEGATO 8. Schede di valutazione del rischio rumore 8.1 G.O. 1: ADDETTO AL TRASPORTO ALLEGATO 9. Schede di valutazione del rischio vibrazioni 9.1 Schede di valutazione del rischio per il sistema mano braccio 9.2 Schede di valutazione del rischio per il corpo intero 9.3 C.I. 1 - ADDETTO AL TRASPORTO 9.3.1 Schede di valutazione del rischio per il corpo intero 9.3.2 Schede di valutazione del rischio per il sistema mano braccio ALLEGATO 10. Report di misura delle vibrazioni indotte al corpo intero Fonti
Si rappresenta che tale relazione è stata originariamente stilata da: Ing. Stefania Primieri - Tecnico competente in acustica ambientale inserito nell’elenco della Regione dell’Umbria Ing. Deborah Minciaroni Minelli - Tecnico competente in acustica ambientale inserito nell’elenco della Regione dell’Umbria.
CEI EN 50499:2020 | Valutazione esposizione campi elettromagnetici
ID 12590 | 15.01.2021 / Documento e Rapporti di valutazione
La norma CEI EN 50499:2020 fornisce una procedura generale per la valutazione dell'esposizione dei lavoratori a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici nei luoghi di lavoro al fine di determinare la conformità ai valori limite di esposizione e/o ai livelli di azione come indicato nella Direttiva Europea 2013/35/EU con lo scopo di proteggere i lavoratori dai rischi per la loro salute e sicurezza derivanti o che potrebbero derivare dall'esposizione a campi elettromagnetici (da 0 Hz a 300 GHz) durante il loro lavoro.
Lo scopo della norma è di specificare come eseguire una valutazione iniziale dei livelli di esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici (CEM), includendo, se necessario, una valutazione specifica di tali livelli mediante calcoli e/o misure, e di determinare se sia necessario effettuare una dettagliata analisi del rischio di esposizione ai campi elettromagnetici. Tale norma può essere utilizzata dai datori di lavoro per la valutazione del rischio e, ove richiesto, per la misurazione e/o il calcolo dell'esposizione dei lavoratori.
La norma consente di effettuare una prima valutazione che, in funzione dei risultati, potrà essere esaustiva oppure potrà richiedere ulteriori analisi e approfondimenti, anche avvalendosi di altre norme per lo specifico luogo di lavoro. È previsto che gli utenti di questa norma consultino la legislazione nazionale al fine di identificare le normative e i regolamenti nazionali che possono introdurre requisiti aggiuntivi non coperti dalla norma stessa.
[box-info]CEI EN 50499:2020 “Procedura per la valutazione dell'esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici”
[panel]Direttiva 2013/35/UE del Parlamento Europeo e del 26 giugno 2013 sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) (ventesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) e che abroga la direttiva 2004/40/CE.
1. La presente direttiva, che è la ventesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE, stabilisce prescrizioni minime di protezione dei lavoratori contro i rischi per la loro salute e la loro sicurezza che derivano, o possono derivare, dall’esposizione ai campi elettromagnetici durante il lavoro.
2. L’ambito di applicazione della presente direttiva include tutti gli effetti biofisici diretti e gli effetti indiretti noti, provocati dai campi elettromagnetici.
3. I valori limite di esposizione (VLE) stabiliti nella presente direttiva riguardano soltanto le relazioni scientificamente accertate tra effetti biofisici diretti a breve termine ed esposizione ai campi elettromagnetici.
4. L’ambito di applicazione della presente direttiva non include le ipotesi di effetti a lungo termine. La Commissione tiene sotto osservazione i più recenti sviluppi scientifici. Qualora emergano dati scientifici accertati in merito agli effetti a lungo termine ipotizzati, la Commissione valuta un’adeguata risposta politica, compresa, se del caso, la presentazione di una proposta legislativa che riguardi tali effetti. Mediante la relazione sull’attuazione pratica della presente direttiva di cui all’articolo 15, la Commissione tiene informati il Parlamento europeo e il Consiglio in materia.
5. La presente direttiva non riguarda i rischi derivanti dal contatto con conduttori sotto tensione. 6. Fatte salve le disposizioni più rigorose o più specifiche contenute nella presente direttiva, la direttiva 89/391/CEE continua ad applicarsi integralmente all’intero settore di cui al paragrafo 1.[/panel]
Prima di iniziare la propria valutazione il Datore di Lavoro dovrà redigere un elenco dettagliato di tutte le apparecchiature che possono emettere campi elettromagnetici presenti sul luogo di lavoro. Nei luoghi di lavoro spesso sono presenti molte attrezzature che non producono campi elettromagnetici con valori superiori ai limiti di esposizione della popolazione e per tali attrezzature non sarà necessaria nessuna valutazione. Nella tabella seguente sono elencati alcuni luoghi di lavoro con attrezzature conformi a priori per i quali, salvo la presenza di lavoratori particolarmente sensibili all’esposizione a campi elettromagnetici, non è necessaria nessuna valutazione.
Tabella 1 – Luoghi di lavoro e attrezzature conformi a priori
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Nel valutare la conformità delle apparecchiature, è possibile utilizzare la procedura di zonizzazione descritta nell'Allegato E della CEI EN 50499:2020.
Fig. 0 – Processo di zonizzazione
Zona 0 è l’area nella quale i livelli di esposizione sono conformi ai valori limite di esposizione per la popolazione, oppure nella quale tutte le apparecchiature in essa presenti sono comprese nella Tab. 1.
Zona 1a è l’area in cui le esposizioni possono superare i valori limite di esposizione per la popolazione, ma sono conformi a i livelli di azione inferiori o ai VLE relativi agli effetti sensoriali, ove applicabili.
Zona 1b è l’area nella quale le esposizioni sono conformi ai livelli di azione superiori o ai VLE relativi agli effetti sanitari, ma possono superare i VLE relativi agli effetti sensoriali o i LA inferiori applicabili. Potrebbe essere necessario adottare misure di controllo per garantire che qualsiasi superamento dei VLE relativi agli effetti sensoriali sia sempre solo temporaneo. In caso di superamento dei livelli di azione inferiori per il campo elettrico, dovrebbero essere adottate le misure di protezione specificate all'art. 5, par. 6, della Direttiva 2013/35/UE.
Zona 2 è l’area nella quale le esposizioni possono essere superiori ai VLE relativi agli effetti sanitari e si devono adottare misure correttive per ridurre l’esposizione, ovvero per limitare o vietare l’accesso.
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Schemi valutazione del rischio
Fig. 1 - Processo di valutazione
Fig. 2 - Processo dettagliato di valutazione per l’esposizione a campi magnetici compresi tra 1 Hz e 10 MHz
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Report per la registrazione del risultato della valutazione
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Segue in allegato (Documento di lavoro | Rapporti di valutazione)
Fonti CEI EN 50499:2020 Direttiva Europea 2013/35/EU D.Lgs. 81/08
Modello Autocertificazione rischio ROA | Giustificata
ID 9451 | 08.11.2019
Modello di Autocertificazione rischio Radiazioni Ottiche Artificiali (ROA) nelle condizioni per cui la valutazione del rischio può concludersi con la “giustificazione” (Autocertificazione), in quanto la natura e l’entità dei rischi non rendono necessaria una valutazione "dettagliata" - Capo V del Titolo VIII del D.Lgs.81/2008 – Radiazioni Ottiche Artificiali (ROA).
Costituisce esperienza condivisa che talune sorgenti di radiazioni ottiche, nelle corrette condizioni d’impiego, non danno luogo ad esposizioni tali da presentare rischi per la salute e la sicurezza. In questi casi è giustificato non dover procedere ad una valutazione del rischio più dettagliata.
Richiamato che inizialmente occorre sempre individuare (censire) ogni sorgente di radiazione ottica artificiale, il termine “giustificazione” riportato dal legislatore nell’art.181, comma 3, si riferisce a tutte quelle situazioni espositive per le quali non è necessario effettuare un approfondimento della valutazione ricorrendo in particolare a misurazioni. L'approfondimento della valutazione è necessario, comunque, in tutti quei casi di esposizione a ROA i cui effetti negativi non possono essere ragionevolmente esclusi.
Tale "Autocertificazione", rientra sempre in un processo valutativo (giustificato), dovrà essere sottoscritta dal Datore di Lavoro e da eventuali altri soggetti partecipi alla valutazione ed allegata al Documento di Valutazione dei Rischi di cui Art. 28 c.2. (Fig. 1).
Se ai sensi dell'Art. 181 c.3 il Datore di Lavoro può ritenere che non si debba procedere alle prescrizioni dell'Art. 216, la Valutazione del rischio ROA “dettagliata” (misurata/calcolata) può non essere effettuata.
Fig. 1 Valutazione rischio ROA
[box-info]Il "Principio giustificativo" del Titolo VIII D.Lgs. 81/2008
D.Lgs. 81/2008 ... Titolo VIII AGENTI FISICI Capo I Disposizioni generali ... Art. 181. Valutazione dei rischi
1. Nell'ambito della valutazione di cui all'articolo 28, il datore di lavoro valuta tutti i rischi derivanti da esposizione ad agenti fisici in modo da identificare e adottare le opportune misure di prevenzione e protezione con particolare riferimento alle norme di buona tecnica ed alle buone prassi.
2. La valutazione dei rischi derivanti da esposizioni ad agenti fisici è programmata ed effettuata, con cadenza almeno quadriennale, da personale qualificato nell'ambito del servizio di prevenzione e protezione in possesso di specifiche conoscenze in materia. La valutazione dei rischi è aggiornata ogni qual volta si verifichino mutamenti che potrebbero renderla obsoleta, ovvero, quando i risultati della sorveglianza sanitaria rendano necessaria la sua revisione. I dati ottenuti dalla valutazione, misurazione e calcolo dei livelli di esposizione costituiscono parte integrante del documento di valutazione del rischio.
3. Il datore di lavoro nella valutazione dei rischi precisa quali misure di prevenzione e protezione devono essere adottate. La valutazione dei rischi è riportata sul documento di valutazione di cui all'articolo 28, essa può includere una giustificazione del datore di lavoro secondo cui la natura e l'entità dei rischi non rendono necessaria una valutazione dei rischi più dettagliata.[/box-info]
Sono giustificabili tutte le apparecchiature che emettono radiazione ottica non coerente classificate nella categoria 0 secondo lo standard UNI EN 12198:2009), così come le lampade e i sistemi di lampade, anche a LED, classificate nel gruppo “Esente” dalla norma CEI EN 62471:2009. Esempio di sorgenti di gruppo “Esente” sono l’illuminazione standard per uso domestico e di ufficio, i monitor dei computer, i display, le fotocopiatrici, le lampade e i cartelli di segnalazione luminosa. Sorgenti analoghe, anche in assenza della suddetta classificazione, nelle corrette condizioni di impiego si possono “giustificare”.
Sono giustificabili anche tutte le apparecchiature che emettono radiazione ottica non coerente indicate dalle “Non-binding guide to good practice for implementing Directive 2006/25/EC” della Health Protection Agency nelle condizioni specificate dalle linee guida stesse (Vedi Tabelle seguenti 1 e 2).
Sorgenti sicure
Illuminazione fluorescente montata a soffitto con diffusori sopra le lampade
Schermi di computer o simili
Illuminazione fluorescente compatta montata a soffitto
Proiettore fluorescente compatto
Trappole per insetti UVA
Proiettore alogeno al tungsteno montato a soffitto
Illuminazione specifica per la zona di lavoro con lampada al tungsteno (incluse le lampadine a spettro solare)
Lampade al tungsteno montate a soffitto
Lampade al tungsteno montate a soffitto
Fotocopiatrici
Attrezzatura di presentazione con lavagna interattiva
Indicatori a LED
Assistenti digitali personali
Freccia, stop, retromarcia e antinebbia
Lampade per flash fotografici
Riscaldatori radianti sospesi a gas
Illuminazione stradale
Tabella 1: Sorgenti che producono esposizioni insignificanti e che possono essere considerate “sicure”.
Sorgenti
Condizioni di utilizzo sicuro
Illuminazione fluorescente montata a soffitto senza diffusori sopra le lampade
Sicura con livelli normali di illuminazione da lavoro (≈ 600 lux)
Proiettori ad alogenuro metallico/al mercurio ad alta pressione
Sicuri se la copertura frontale di vetro è integra e non si trova nella linea di vista.
Proiettori da tavolo
Sicuri se non si guarda il fascio
Luce nera UVA a bassa pressione
Sicura se non si trova nella linea di vista
Qualsiasi dispositivo laser di «classe 1» (secondo la norma EN 60825-1)
Sicuro se la copertura è integra. Potrebbe non essere sicuro se la copertura viene rimossa
Qualsiasi prodotto del «gruppo esente» (secondo la norma EN 62471)
Sicuro se non si trova nella linea di vista. Potrebbe non essere sicuro se la copertura viene rimossa
Proiettori dei veicoli
Sicuri se si evita lo sguardo prolungato diretto intra-fascio
Tabella 2: Sorgenti che possono essere considerate sicure in determinate condizioni
Tutte le sorgenti che emettono radiazione laser classificate nelle classi 1 e 2 (attenzione: non 1M e 2M, ma neppure le apparecchiature di classe 1 o 2 che contengono sorgenti classe superiore secondo lo standard IEC 60825-1 sono giustificabili.
Per le altre sorgenti occorrerà effettuare una valutazione del rischio più approfondita.
5) Sul Capo V del Titolo VIII del DLgs.81/2008 – Radiazioni Ottiche Artificiali (ROA)
5.01 - Come ci si deve comportare in caso di lavorazioni che espongono al rischio di radiazioni ottiche naturali? 5.02 - Cosa sono e dove sono presenti, sono prodotte o vengono utilizzate le ROA nei luoghi di lavoro? 5.03 - Da quando il Capo V del Titolo VIII del DLgs.81/2008 è pienamente in vigore? 5.04 - Quali sono i rischi per la salute e la sicurezza che si vogliono prevenire? 5.05 - Quali caratteristiche deve avere il “personale adeguatamente qualificato” che effettua la valutazione del rischio? 5.06 - Come si può effettuare la valutazione del rischio di esposizione alle ROA? 5.07 - Quali sono le condizioni nelle quali la valutazione del rischio può concludersi con la “giustificazione” secondo cui la natura e l’entità dei rischi non rendono necessaria una valutazione più dettagliata? 5.08 - È disponibile un elenco di situazioni lavorative che devono essere certamente valutate? 5.09 - Quali fonti sono utilizzabili per la valutazione del rischio ? 5.10 - Come gestire la valutazione del rischio per i soggetti particolarmente sensibili? 5.11 - In quali casi e con quali modalità i fabbricanti sono tenuti a fornire informazioni sui livelli di emissione di ROA? 5.12 - Ai fini della valutazione del rischio, è sempre necessario misurare e/o calcolare? 5.13 - Come si effettua la valutazione dei livelli di esposizione senza eseguire misure? 5.14 - Come si effettua la valutazione dei livelli di esposizione eseguendo misure? 5.15 - Quali sono le specifiche indicazioni per le misurazioni di esposizioni a sorgenti pulsate di radiazioni coerenti e non coerenti? 5.16 - Come interpretare i valori limite presenti nelle Tabelle dell’Allegato XXXVII del DLgs.81/2008? 5.17 - Quali sono le tipologie degli strumenti di misura e qual è la periodicità della taratura? 5.18 - Quali misure tecniche e organizzative adottare all’esito della valutazione? 5.19 - Quali sono i criteri di scelta dei DPI per la protezione degli occhi e del viso da radiazioni ottiche? 5.20 - Alla luce delle indicazioni del Capo V, Titolo VIII, DLgs.81/2008 come deve essere strutturata e che cosa deve riportare la Relazione Tecnica? 5.21 - Quando far partire la informazione / formazione? 5.22 - Quali sono i contenuti della informazione e formazione dei lavoratori? 5.23 - Quando è necessario far partire la sorveglianza sanitaria? 5.24 - Quali sono i soggetti particolarmente sensibili al rischio? 5.25 - Qual è il ruolo della segnaletica e della delimitazione delle aree? 5.26 - Quali sono le ricadute della legislazione sulla prevenzione e protezione dai rischi delle ROA sui DUVRI e sui PSC/POS? 5.27 - Quali sono le norme principali citate in questo documento?
_Re ...
5.06 – Come si può effettuare la valutazione del rischio di esposizione alle ROA?
Per effettuare la valutazione del rischio di esposizione alle ROA lo schema di flusso consigliato è il seguente: - Conoscenza delle sorgenti: è necessario preliminarmente censire le sorgenti ROA (attenzione a non limitarsi a consultare inventari spesso non correttamente aggiornati) ed acquisirne i dati forniti dai fabbricanti o, in loro assenza, da documenti tecnici o lavori presenti in Letteratura che trattano sorgenti analoghe. Utilizzare, ove disponibile, la classificazione delle sorgenti secondo le norme tecniche specifiche o la conformità a standard tecnici, può consentire la “giustificazione” che permette di non effettuare una valutazione approfondita del rischio in quanto trascurabile (vedi Punto 5.07), ovvero di stabilire direttamente (senza effettuare misurazioni - vedi Punto 5.13) il superamento o meno dei valori limite. - Conoscenza delle modalità espositive: tutte le attività che comportano o possono comportare l’impiego di sorgenti ROA devono essere censite e conosciute a fondo; in particolare devono essere individuate le tipologie di sorgenti, le modalità di impiego ed i luoghi in cui sono operanti, acquisendo, se possibile, i “layout” o le planimetrie dove sono installate le sorgenti. Per potere valutare i lavoratori a rischio e la loro effettiva esposizione è importante acquisire anche i tempi, le distanze e le modalità di esposizione per le sorgenti non coerenti, mentre per quelle laser è importante verificare anche eventuali riflessioni
- Esecuzione di misure: nel caso non siano disponibili i dati del fabbricante o non vi siano riferimenti a standard tecnici specifici, è necessario effettuare delle misure strumentali secondo le indicazioni fornite da norme tecniche specifiche (vedi Punti 5.14 e 5.15). Le misure devono essere eseguite con strumentazione adeguatamente tarata, dotata di caratteristiche idonee ai parametri da rilevare (vedi Punto 5.17). - Esecuzione di calcoli: partendo dai dati forniti dal fabbricante, dai dati di letteratura o dai valori misurati, mediante appositi calcoli si ottengono le grandezze necessarie al confronto con i valori limite (es.: dall’irradianza spettrale fornita dal costruttore o misurata, si stima l’irradianza efficace). - Confronto con i valori limite: i risultati acquisiti dalle fasi precedenti (dai dati dei produttori, dai dati di bibliografia, da misure strumentali o da calcoli) devono essere confrontati con i valori limite previsti nell’Allegato XXXVII del DLgs.81/2008 per stabilire il possibile superamento o meno di tali valori. Utili riferimenti per la conduzione della valutazione del rischio da ROA non coerenti sono presenti nell’allegato A delle norme UNI EN 14255-1 e UNI EN 14255-2. Tale approccio può essere esteso alla valutazione del rischio da radiazioni laser che ha valido riferimento anche nella norma CEI EN 60825-1 e nelle guide per l’utilizzatore (CEI 76 fascicolo 3849R e fascicolo 3850R per le varie applicazioni) e nella norma CEI 76-6 (identica alla IEC 60825-8:2006) fascicolo 12150E sulle problematiche nelle applicazioni mediche.
5.07 - Quali sono le condizioni nelle quali la valutazione del rischio può concludersi con la “giustificazione” secondo cui la natura e l’entità dei rischi non rendono necessaria una valutazione più dettagliata?
Costituisce esperienza condivisa che talune sorgenti di radiazioni ottiche, nelle corrette condizioni d’impiego, non danno luogo ad esposizioni tali da presentare rischi per la salute e la sicurezza. In questi casi è giustificato non dover procedere ad una valutazione del rischio più dettagliata. Richiamato che inizialmente occorre sempre individuare (censire) ogni sorgente di radiazione ottica artificiale (vedi Punto 5.06), il termine “giustificazione” riportato dal legislatore nell’art.181, comma 3, si riferisce a tutte quelle situazioni espositive per le quali non è necessario effettuare un approfondimento della valutazione. D’altra parte l’approfondimento della valutazione è necessario in tutti quei casi di esposizione a ROA i cui effetti negativi non possono essere ragionevolmente esclusi. Sono giustificabili tutte le apparecchiature che emettono radiazione ottica non coerente classificate nella categoria 0 secondo lo standard UNI EN 12198-1:2009, così come le lampade e i sistemi di lampade, anche a LED, classificate nel gruppo “Esente” dalla norma CEI EN 62471:2009. Esempio di sorgenti di gruppo “Esente” sono l’illuminazione standard per uso domestico e di ufficio, i monitor dei computer, i display, le fotocopiatrici, le lampade e i cartelli di segnalazione luminosa. Sorgenti analoghe, anche in assenza della suddetta classificazione, nelle corrette condizioni di impiego si possono “giustificare”.
[box-info]UNI EN 12198-1:2009 Sicurezza del macchinario - Valutazione e riduzione dei rischi generati dalle radiazioni emesse dal macchinario - Parte 1: Principi generali ... 7 REQUISITI 7.1 Classficazione delle macchine in base ai livelli di emissione di radiazìoni
In funzione del livello di emissione di radiazioni, il fabbricante deve assegnare alla macchina una categoria di emissione di radiazioni. In conformità al prospetto 2, sono considerate tre categorie.
La relazione fra il livello di emissione di radiazioni e la categoria di emissione di radiazioni è definita nell'appendice B per ogni tipo di radiazione.
Categoria
Restrizioni e misure di protezione
Informazioni e addestramento
0
Nessuna restrizione
Nessuna informazione necessaria
1
Restrizioni: possono essere necessarie limitazione dell'accesso e misure di protezione
Informazioni su pericoli, rischi ed effetti secondari
2
Restrizioni speciali e misure di protezione sono essenziali
Informazioni su pericoli, rischi ed effetti secondari; addestramento può essere necessario
Prospetto 2 - Classificazione delle macchine in base ai livelli di emissione di radiazioni
L'assegnazione della categoria di emissione di radiazioni deve essere effettuata per le fasi di messa a punto, di funzionamento e di pulizia relative all'utilizzo della macchina.
Questo deve essere eseguito per tutti i tipi di emissioni di radiazioni. Il fabbricante deve prendere in considerazione che le emissioni di radiazioni possono variare con il cambiamento delle condizioni ambientali o operative e dei cicli di lavoro della macchina. La categoria complessiva per la macchina è quella con il numero più alto fra le categorie determinate per tutti i diversi tipi di emissione di radiazioni durante le fasi di messa a punto, funzionamento e pulizia relative all'utilizzo della macchina[/box-info]
Capo V Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a radiazioni ottiche artificiali
Art. 213. Campo di applicazione
1. Il presente capo stabilisce prescrizioni minime di protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza che possono derivare, dall'esposizione alle radiazioni ottiche artificiali durante il lavoro con particolare riguardo ai rischi dovuti agli effetti nocivi sugli occhi e sulla cute.
Art. 214. Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni del presente capo si intendono per:
a) radiazioni ottiche: tutte le radiazioni elettromagnetiche nella gamma di lunghezza d'onda compresa tra 100 ¯Fm e 1 mm. Lo spettro delle radiazioni ottiche si suddivide in radiazioni ultraviolette, radiazioni visibili e radiazioni infrarosse:
1) radiazioni ultraviolette: radiazioni ottiche a lunghezza d'onda compresa tra 100 e 400 nm. La banda degli ultravioletti è suddivisa in UVA (315-400 nm), UVB (280-315 nm) e UVC (100-280 nm);
2) radiazioni visibili : radiazioni ottiche a lunghezza d'onda compresa tra 380 e 780 nm;
3) radiazioni infrarosse: radiazioni ottiche a lunghezza d'onda compresa tra 780 nm e 1 mm. La regione degli infrarossi è suddivisa in IRA (780-1400 nm), IRB (1400-3000 nm) e IRC (3000 nm-1 mm); b) laser (amplificazione di luce mediante emissione stimolata di radiazione): qualsiasi dispositivo al quale si possa far produrre o amplificare le radiazioni elettromagnetiche nella gamma di lunghezze d'onda delle radiazioni ottiche, soprattutto mediante il processo di emissione stimolata controllata; c) radiazione laser: radiazione ottica prodotta da un laser; d) radiazione non coerente: qualsiasi radiazione ottica diversa dalla radiazione laser; e) valori limite di esposizione: limiti di esposizione alle radiazioni ottiche che sono basati direttamente sugli effetti sulla salute accertati e su considerazioni biologiche. Il rispetto di questi limiti garantisce che i lavoratori esposti a sorgenti artificiali di radiazioni ottiche siano protetti contro tutti gli effetti nocivi sugli occhi e sulla cute conosciuti; f) irradianza (E) o densità di potenza: la potenza radiante incidente per unità di area su una superficie espressa in watt su metro quadrato (W m-2); g) esposizione radiante (H): integrale nel tempo dell'irradianza espresso in joule su metro quadrato (J m-2); h) radianza (L): il flusso radiante o la potenza per unità d'angolo solido per unità di superficie, espressa in watt su metro quadrato su steradiante (W m-2 sr-1); i) livello: la combinazione di irradianza, esposizione radiante e radianza alle quali è esposto un lavoratore.
Art. 215. Valori limite di esposizione
1. I valori limite di esposizione per le radiazioni incoerenti sono riportati nell'allegato XXXVII, parte I.
2. I valori limite di esposizione per le radiazioni laser sono riportati nell'allegato XXXVII, parte II.
Art. 216. Identificazione dell'esposizione e valutazione dei rischi
1. Nell'ambito della valutazione dei rischi di cui all'articolo 181, il datore di lavoro valuta e, quando necessario, misura e/o calcola i livelli delle radiazioni ottiche a cui possono essere esposti i lavoratori. La metodologia seguita nella valutazione, nella misurazione e/o nel calcolo rispetta le norme della Commissione elettrotecnica internazionale (IEC), per quanto riguarda le radiazioni laser, le raccomandazioni della Commissione internazionale per l'illuminazione (CIE) e del Comitato europeo di normazione (CEN) per quanto riguarda le radiazioni incoerenti. Nelle situazioni di esposizione che esulano dalle suddette norme e raccomandazioni, fino a quando non saranno disponibili norme e raccomandazioni adeguate dell'Unione europea, il datore di lavoro adotta le buone prassi individuate od emanate dalla Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro o, in subordine, linee guida nazionali o internazionali scientificamente fondate. In tutti i casi di esposizione, la valutazione tiene conto dei dati indicati dai fabbricanti delle attrezzature, se contemplate da pertinenti direttive comunitarie di prodotto.
2. Il datore di lavoro, in occasione della valutazione dei rischi, presta particolare attenzione ai seguenti elementi:
a) il livello, la gamma di lunghezze d'onda e la durata dell'esposizione a sorgenti artificiali di radiazioni ottiche; b) i valori limite di esposizione di cui all'articolo 215; c) qualsiasi effetto sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente sensibili al rischio; d) qualsiasi eventuale effetto sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori risultante dalle interazioni sul posto di lavoro tra le radiazioni ottiche e le sostanze chimiche foto-sensibilizzanti; e) qualsiasi effetto indiretto come l'accecamento temporaneo, le esplosioni o il fuoco; f) l'esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate per ridurre i livelli di esposizione alle radiazioni ottiche artificiali; g) la disponibilità di azioni di risanamento volte a minimizzare i livelli di esposizione alle radiazioni ottiche; h) per quanto possibile, informazioni adeguate raccolte nel corso della sorveglianza sanitaria, comprese le informazioni pubblicate; i) sorgenti multiple di esposizione alle radiazioni ottiche artificiali; l) una classificazione dei laser stabilita conformemente alla pertinente norma IEC e, in relazione a tutte le sorgenti artificiali che possono arrecare danni simili a quelli di un laser della classe 3B o 4, tutte le classificazioni analoghe; m) le informazioni fornite dai fabbricanti delle sorgenti di radiazioni ottiche e delle relative attrezzature di lavoro in conformità delle pertinenti direttive comunitarie.
3. Il datore di lavoro nel documento di valutazione dei rischi deve precisare le misure adottate previste dagli articoli 217 e 218.
Art. 217. Disposizioni miranti ad eliminare o a ridurre i rischi
1. Se la valutazione dei rischi di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), mette in evidenza che i valori limite d'esposizione possono essere superati, il datore di lavoro definisce e attua un programma d'azione che comprende misure tecniche e/o organizzative destinate ad evitare che l'esposizione superi i valori limite, tenendo conto in particolare:
a) di altri metodi di lavoro che comportano una minore esposizione alle radiazioni ottiche; b) della scelta di attrezzature che emettano meno radiazioni ottiche, tenuto conto del lavoro da svolgere; c) delle misure tecniche per ridurre l'emissione delle radiazioni ottiche, incluso, quando necessario, l'uso di dispositivi di sicurezza, schermatura o analoghi meccanismi di protezione della salute; d) degli opportuni programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, dei luoghi e delle postazioni di lavoro; e) della progettazione e della struttura dei luoghi e delle postazioni di lavoro; f) della limitazione della durata e del livello dell'esposizione; g) della disponibilità di adeguati dispositivi di protezione individuale; h) delle istruzioni del fabbricante delle attrezzature.
2. In base alla valutazione dei rischi di cui all'articolo 216, i luoghi di lavoro in cui i lavoratori potrebbero essere esposti a livelli di radiazioni ottiche che superino i valori limite di esposizione devono essere indicati con un'apposita segnaletica.
Dette aree sono inoltre identificate e l'accesso alle stesse è limitato, laddove ciò sia tecnicamente possibile.
3. Il datore di lavoro adatta le misure di cui al presente articolo alle esigenze dei lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente sensibili al rischio.
Art. 218. Sorveglianza sanitaria
1. La sorveglianza sanitaria viene effettuata periodicamente, di norma una volta l'anno o con periodicità inferiore decisa dal medico competente con particolare riguardo ai lavoratori particolarmente sensibili al rischio, tenuto conto dei risultati della valutazione dei rischi trasmessi dal datore di lavoro. La sorveglianza sanitaria è effettuata con l'obiettivo di prevenire e scoprire tempestivamente effetti negativi per la salute, nonché prevenire effetti a lungo termine negativi per la salute e rischi di malattie croniche derivanti dall'esposizione a radiazioni ottiche.
2. Fermo restando il rispetto di quanto stabilito dall'articolo 182 e di quanto previsto al comma 1, sono tempestivamente sottoposti a controllo medico i lavoratori per i quali è stata rilevata un'esposizione superiore ai valori limite di cui all'articolo 215.
3. Laddove i valori limite sono superati, oppure sono identificati effetti nocivi sulla salute:
a) il medico o altra persona debitamente qualificata comunica al lavoratore i risultati che lo riguardano. Il lavoratore riceve in particolare le informazioni e i pareri relativi al controllo sanitario cui dovrebbe sottoporsi dopo la fine dell'esposizione;
b) il datore di lavoro è informato di tutti i dati significativi emersi dalla sorveglianza sanitaria tenendo conto del segreto professionale.[/box-note] ... segue in allegato
Vademecum Sicurezza funi di acciaio | Rev. 1.0 del 2020
ID 3864 | Rev. 1.0 del 06.04.2020
Il presente documento allegato, con illustrazioni, aggiornato alla ISO 4309:2017 (UNI ISO 4309:2019), intende fornire informazioni generali per la gestione in sicurezza delle funi di acciaio: terminologia, requisiti, tipologie costruttive, uso, manutenzione, ispezioni in accordo le norme della serie EN 12385-X, ISO 4309, altre.
Le funi in acciaio sono un "accessorio di sollevamento" ai sensi della Direttiva Macchine 2006/42/CE, sono soggette ai RESS del punto 4 e oltre alla marcatura CE, devono essere marcate e identificate da attestazione in accordo con il punto 4.3.
[panel]Art. 2 Definizioni ... d) "accessori di sollevamento": componenti o attrezzature non collegate alle macchine per il sollevamento, che consentono la presa del carico, disposti tra la macchina e il carico oppure sul carico stesso, oppure destinati a divenire parte integrante del carico e ad essere immessi sul mercato separatamente. Anche le imbracature e le loro componenti sono considerate accessori di sollevamento; ...
All.I ... 4.3. INFORMAZIONI E MARCATURA
4.3.1. Catene, funi e cinghie
Ogni lunghezza di catena, fune o cinghia di sollevamento che non faccia parte di un insieme deve recare una marcatura o, se ciò non è possibile, una targa o un anello inamovibile con i riferimenti del fabbricante o del suo mandatario e l'identificazione della relativa attestazione.
L'attestazione sopra menzionata deve contenere almeno le seguenti indicazioni:
a) nome e indirizzo del fabbricante e, se del caso, del suo mandatario;
b) descrizione della catena o della fune comprendente:
- dimensioni nominali,
- costruzione,
- materiale di fabbricazione, e
- qualsiasi trattamento metallurgico speciale subito dal materiale;
c) metodo di prova impiegato;
d) carico massimo che deve essere sopportato, durante il funzionamento, dalla catena o dalla fune. Una forcella di valori può essere indicata in funzione delle applicazioni previste.[/panel]
Il pericolo di incidenti durante le operazioni di sollevamento è talvolta sottovalutato dagli utilizzatori ma, fortunatamente, grazie agli alti coefficienti di sicurezza adottati (il coefficiente di sicurezza è il rapporto fra il carico di rottura minimo ed il carico di lavoro di sicurezza, o portata di sicurezza, di un componente di sollevamento) il numero di tali incidenti rimane limitato (ammesso che sia lecito parlare di numero limitato; meglio sarebbe parlare di assenza di incidenti).
Per quanto riguarda le funi di acciaio, il coefficiente minimo ammesso dalla legge è 5:1, aumentato del 10% a 5,5:1, nel caso di funi avvolte su tamburi a più strati. Questi valori, stabiliti dalla prima direttiva Macchine recepita in Italia nel 1996, sono oggettivamente del tutto adeguati e, abbinati a modalità operative corrette, garantiscono l’assoluta sicurezza delle operazioni di sollevamento.
La norma ISO 4309:2017 (UNI ISO 4309:2019) - che sostituisce l’edizione 2010 - è la guida completa per la gestione corretta delle funi d’acciaio per sollevamento da parte degli utilizzatori.
Dal titolo “Apparecchi di sollevamento - Funi - Cura, manutenzione, ispezioni e scarto”, la norma definisce le linee guida per la cura, l’installazione, la manutenzione e i controlli delle funi di acciaio in servizio sugli apparecchi di sollevamento ed elenca i criteri per lo scarto che devono essere applicati per implementare un utilizzo sicuro degli apparecchi di sollevamento.
[box-info]ISO 4309:2017 “Cranes -- Wire ropes -- Care and maintenance, inspection and discard”
Data entrata in vigore: 30 novembre 2017
Sostituisce: ISO 4309:2010
Recepita UNI: UNI ISO 4309:2019 Apparecchi di sollevamento - Funi - Cura, manutenzione, ispezioni e scarto[/box-info] ________
Introduzione
Le seguenti istruzioni ed avvertenze per l’uso e la manutenzione forniscono informazioni generali che devono essere osservate dagli utenti degli apparecchi di sollevamento. Scopo è formare una guida nell’uso sicuro delle funi per essere utilizzata dagli operatori.
Le istruzioni devono essere lette, seguite e trasmesse a tutti gli utilizzatori.
La mancata lettura e comprensione delle istruzioni potrebbe comportare conseguenze dannose. Le presenti Istruzioni fanno riferimento a Direttive e norme tecniche come sotto riportato:
[panel]- Direttiva Macchine 2006/42/CE - ISO 4309:2017 “Cranes -- Wire ropes -- Care and maintenance, inspection and discard” - ISO 16625:2013 “Cranes and hoists -- Selection of wire ropes, drums and sheaves” - EN 10264-1:2012 “Filo di acciaio e relativi prodotti - Filo di acciaio per funi - Parte 1: Requisiti generali “ - EN 10264-2:2012 “Filo di acciaio e relativi prodotti - Filo di acciaio per funi - Parte 2: Filo di acciaio non legato trafilato a freddo per funi per applicazioni generali” - EN 10264-3:2012 “Filo di acciaio e relativi prodotti - Filo di acciaio per funi - Parte 3: Fili tondi e sagomati di acciaio non legato per applicazioni speciali” - EN 12384-4:2008 “Filo di acciaio e relativi prodotti - Filo di acciaio per funi - Parte 4: Filo di acciaio inossidabile” - ISO 4309:2017 “Cranes -- Wire ropes -- Care and maintenance, inspection and discard” - UNI ISO 4309:2019 "Apparecchi di sollevamento - Funi - Cura, manutenzione, ispezioni e scarto"[/panel]
Un’etichetta riportante tutti i dati necessari per la rintracciabilità e riferimento all’attestato di conformità può solidamente fissata ad un capo di ogni rotolo/bobina/corda (Vedi Direttiva Macchine 2006/42/CE Allegato I RESS 4.3).
Fig. 1 – Marcatura CE _________
[panel]Definizioni ISO 4309:2017
3.1 nominal diameter - diameter by which the rope is designated
3.2 measured diameter - actual diameter dm - average of two measurements, taken at right angles to one another, of the diameter that circumscribes the rope cross-section
3.3 reference diameter - dref - measured diameter (3.2) of a section of rope that is not subject to bending, taken directly after running in the new rope
Note 1 to entry: This diameter is used as the baseline for uniform change in diameter.
3.4 crossover zone - that portion of rope coincident with a crossing over of one wrap by another as the rope traverses the drum or rises from one layer to the next at the drum flange
3.5 wrap - one revolution of rope around a drum
3.6 reel - flanged spool on which rope is wound for shipment or storage
3.7 wire rope periodic inspection in-depth visual inspection of the rope plus measurement of the rope and, if practicable, an assessment of its internal condition
Note 1 to entry: If required, this may include an MRT (3.11) performed by a person competent in the operation of MRT equipment and interpretation of trace data.
3.8 competent person - person having such knowledge and experience of wire ropes on cranes and hoists as is necessary for that person to assess the condition of the rope, make a judgement as to whether it may remain in service and stipulate the maximum time interval between inspections
Note 1 to entry: If an MRT (3.11) is required, it has to be performed by a competent person in that discipline.
3.9 valley wire break - wire break that occurs at the inter-strand contact point or valley area between two outer strands
Note 1 to entry: Outer wire breaks that also occur within the rope anywhere between one valley area and the next — see Figure 1 — including any strand-core breaks, may also be regarded as valley wire breaks The red lines indicate the contact points and the location of the valley breaks.
3.10 severity rating - amount of deterioration expressed as a percentage towards discard
Note 1 to entry: The rating may relate to either an individual mode of deterioration [e.g. broken wires, decrease in diameter or loss of metallic area as detected by MRT (3.11)] or the combined effect of more than one mode of deterioration, e.g. broken wires and decrease in diameter.
3.11 magnetic rope test – MRT non-destructive testing (NDT) based on the measurement of the magnetic flux leakage of a magnetized rope
3.12 test head - device on that part of the MRT (3.11) instrument positioned around the rope during testing which generates the magnetizing field and contains the detecting or sensing elements
3.13 base trace - signals on the MRT (3.11) recording display as the rope travels through the test head on the first occasion that it is tested
Note 1 to entry: The trace is the datum against which future in-service deterioration effects are compared. The trace reflects the construction of the rope and changes in magnetic characteristics of the rope along its length, e.g. magnetic permeability differences.
3.14 local fault - local flaw – LF - short discontinuity in the wire rope, such as a wire break, welded wire, corrosion pit or inter-strand nicking
3.15 loss of metallic area – LMA change in metallic cross-sectional area expressed as percentage of nominal metallic cross-sectional area of the new rope
Note 1 to entry: Loss of metallic area is normally associated with damage such as uniform corrosion, wear, abrasion/mechanical damage or wire breaks.[/panel]
Tolleranza lunghezza fune
La lunghezza effettiva della fune (EN 12385-1), misurata senza tensione, se non diversamente concordato, avrà le seguenti tolleranze:
1. Fino a 400 m compresi: da 0% a +5% 2. Oltre 400 m fino a 1000 m compresi: - 0 a +20 m 3. Oltre 1000 m: da 0% a +2%
La formazione indica la composizione dei fili nel trefolo e dei trefoli nella fune.
Formazione della fune
Struttura e materiali
Una fune d'acciaio è formata da un certo numero di fili d'acciaio normalmente arrotolati in trefoli, a loro volta arrotolati attorno a un'anima centrale a sua volta costituita da un trefolo o da una vera e propria fune d'acciaio di diametro inferiore, o un'anima tessile, attualmente comunemente in polipropilene.
La fune metallica è composta, quindi, essenzialmente da 3 elementi: filo, trefolo, anima.
Filo
È l’elemento costitutivo essenziale della fune, può essere di diverse resistenze e si possono raggruppare in 5 classi di maggiore interesse.
Le classi nominali di resistenza più comuni per fili in acciaio al carbonio sono:
Il filo può restare grezzo oppure sottoposto al processo di zincatura. Con il processo di zincatura si ottiene una sorta di protezione agli agenti atmosferici e corrosivi ai quali la fune può essere sottoposta durante la vita lavorativa.
La formazione è la struttura della fune rilevata dalla sezione retta (numero e disposizione dei fili, dei trefoli e della eventuale anima).
Anima
La principale funzione dell’anima è di sostenere i trefoli e fungere da serbatoio e veicolo per il lubrificante.
Per semplicità, quindi, è possibile suddividere le funi in due famiglie distinte:
- con anima in acciaio: l'anima metallica aumenta dell'8% circa il carico di rottura della fune rispetto all'anima in fibra tessile, ma ne riduce la flessibilità; - con anima in fibra tessile: l'anima in fibra tessile garantisce sollevamento di carichi di peso inferiore rispetto alle funi con anima in acciaio ma risulta più flessibile.
Fig. 5 - Anima
Le caratteristiche delle funi d'acciaio (formazione, resistenza dei fili, diametri, tolleranze, carichi minimi di rottura, pesi, normative di collaudo e quant'altro) sono normate da ISO/CEN/UNI.
La designazione della fune viene fatta con dei numeri (indicanti il numero dei fili) e della lettere che designano tipo anima, tipo fili ecc..:
Tabella 1 – Designazione fune EN 12385-2 ________
Installazione: svolgimento e messa in opera
Le funi devono essere installate solo da persone provviste di esperienza ecompetenza.
Quando una fune viene svolta dalla bobina bisogna prendere le opportune precauzioni per evitare torsioni che procurerebbero pieghe, “ginocchi” o ondulazioni. Se la fune, durante la sua installazione, striscia su uno spigolo vivo il punto di contatto deve essere protetto per evitare alla fune diabradersi.
Prima di mettere in funzione l’impianto su cui è montata la fune, si deve verificare il corretto funzionamento delle parti associate al suo movimento. È opportuno effettuare un numero di cicli di funzionamento con carico del 10% del carico massimo di utilizzo per stabilizzare l’insieme fune/impianto.
La fune può essere confezionata avvolta su bobina o più semplicemente in rotolo Se la fune è avvolta su bobina, si passerà nel foro una barra di diametro e di lunghezza adatti e si poseranno le estremità della barra su due cavalletti sufficientemente alti perchè la bobina possa girare senza trovare ostacoli al suo movimento; si tira in seguito il capo della fune, provvedendo a frenare la flangia della bobina con un asse di legno od un piatto di ferro, in modo che la fune non si allenti sulla bobina, durante lo svolgimento.
Svolgimento corretto
Fig. 35 – Svolgimento corretto
Se la fune è confezionata in rotolo, la si metterà su un aspo e poi la si svolgerà tirandola per il capo esterno, in modo che il rotolo giri intorno al proprio asse anche in questo caso occorrerà tenere frenato l’aspo in modo che la fune non si allenti intorno ad esso. Se il rotolo è di piccole dimensioni la fune può essere svolta tenendo il capo esterno a terra e svolgendo la fune.
Trascurando le modalità sopra esposte ed estraendo la fune dalla bobina o dal rotolo senza farla girare sul proprio asse, si creerà una innaturale torsione nella fune con la formazione di «occhi», che quando la fune viene tesa, si stringono fino a formare dei «nodi»: la fune rimane danneggiata definitivamente con i trefoli ed i fili che abbandonano la loro posizione normale, hanno diversa tensione ed il risultato è un consumo eccessivo della parte danneggiate della fune.
Sebbene il danno possa essere riparato, così che il danneggiamento appare lieve, l’equilibrio tra i trefoli nella fune è stato alterato e la fune non potrà più dare il suo massimo rendimento.
Altre volte con l’errato svolgimento, pur senza giungere alla formazione di «infiascature», si può creare una torsione che tende ad aprire la fune con conseguente perdita di compattezza: anche in questo caso fra i trefoli si genera uno squilibrio e durante l’uso si verificano deformazioni e quindi minor rendimento.
L’importanza che l’operazione di svolgimento riveste, generalmente viene sottovalutata ed è compiuta con leggerezza. Talvolta per mettere in opera una fune confezionata in rotolo il primo atto che si compie è il taglio delle legature; dal garbuglio che ne nasce si tira un capo, cercando di districarlo alla meglio; quando si giunge alla fine, la fune presenta pieghe e nodi raddrizzati ed è immaginabile il risultato che potrà dare in opera.
Lo svolgimento delle funi a regola d’arte consente di evitare costose fermate dell’impianto, risparmio di manodopera, incidenti al personale e perdite di tempo. La spesa per la semplice attrezzatura richiesta è ampiamente compensata dai vantaggi che si hanno nell’impiego corretto della fune.
Svolgimento errato
__________
I controlli previsti ISO 4309:2017
La tabella 1 definisce infatti i "modi di deterioramento" che sono nell'ordine:
1. Fili rotti visibili 2. Perdita di materiale metallico dovuta alla presenza di fili rotti 3. Decremento del diametro 4. Perdita di materiale metallico dovuta a fenomeni diversi rispetto a fili rotti (usura, corrosione, etc.) 5. Rottura dei trefoli 6. Corrosione (esterna, interna e fretting) 7. Deformazioni 8. Danni meccanici 9. Danni dovuti a sovratemperature (ad esempio fulminazioni)
Per tutti questi modi di deterioramento il tecnico deve dare una valutazione, espressa da un 'severtity rating' che esprime il grado di usura relativo al singolo danneggiamento. La norma definisce poi i cosiddetti 'assessment methods' e cioè i metodi di valutazione per ciascuno dei modi di deterioramento.
Tabella 5 – (Table 1 della ISO 4309:2017)
Confronto Tabella 1 ISO 4309:2011 e ISO 4309:2017
Tabella 6 – (Tabella 1 della ISO 4309:2011)
__________
Tipologie di rotture, difetti e condizioni di sostituzione (secondo ISO 4309:2017)
Tabella 8 – Appendice B ISO 4309:2017
Fig. B.1 - Usura esterna
Fig. B.2 - Rottura dei fili a corona
Fig. B.3 - Rottura dei fili negli avvallamenti
__________
Guida all’accertamento e alla valutazione della corrosione
Fig. I.1 - Inizio di ossidazione della superficie, che può essere pulita, lieve – Indice: 0% a favore dello scarto
Fig. I.2 - Fili ruvidi al tatto, ossidazione superficiale generica – Indice: 20% a favore dello scarto
Aree critiche che richiedono un'ispezione particolarmente attenta
Legenda
1 sezioni avvolte su un tamburo nel punto in cui il carico viene sollevato e altre sezioni affette da massima interferenza (generalmente coincidenti con il massimo angolo di deflessione) 2 sezione(i) che entra(entrano nelle pulegge del(dei) bozzello(i) nel punto in cui il carico è sollevato 3 sezioni in contatto diretto con la puleggia di compensazione, particolarmente nei punti di entrata 4 punto di collegamento alla gru
Fig. A.1 - Avvolgimento a strato singolo
...
segue in allegato
Fonti Direttiva Macchine 2006/42/CE D.Lgs. 81/08 Testo Unico Sicurezza ISO 4309:2017 “Cranes -- Wire ropes -- Care and maintenance, inspection and discard” ISO 16625:2013 “Cranes and hoists -- Selection of wire ropes, drums and sheaves” EN 10264-1:2012 “Filo di acciaio e relativi prodotti - Filo di acciaio per funi - Parte 1: Requisiti generali “ EN 10264-2:2012 “Filo di acciaio e relativi prodotti - Filo di acciaio per funi - Parte 2: Filo di acciaio non legato trafilato a freddo per funi per applicazioni generali” EN 10264-3:2012 “Filo di acciaio e relativi prodotti - Filo di acciaio per funi - Parte 3: Fili tondi e sagomati di acciaio non legato per applicazioni speciali” EN 12384-4:2008 “Filo di acciaio e relativi prodotti - Filo di acciaio per funi - Parte 4: Filo di acciaio inossidabile” ISO 4309:2017 “Cranes -- Wire ropes -- Care and maintenance, inspection and discard” UNI ISO 4309:2019 "Apparecchi di sollevamento - Funi - Cura, manutenzione, ispezioni e scarto"
A seguito della pubblicazione sulla GU Serie Generale n.201 del 12-08-2020 - Suppl. Ordinario n. 29 del Decreto Legislativo 31 luglio 2020 n. 101 Attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom e riordino della normativa di settore in attuazione dell'articolo 20, comma 1, lettera a), della legge 4 ottobre 2019, n. 117, si illustrano nel presente documento le novità in tema di sorveglianza radiometrica su materiali, o prodotti semilavorati metallici o prodotti in metallo e nello specifico si fornisce esempio di attestazione di avvenuta sorveglianza radiometrica (formato pdf/doc).
I soggetti obbligati ad effettuare la sorveglianza radiometrica sono tutti quei soggetti che:
- a scopo industriale o commerciale esercitano attività di importazione, raccolta, deposito o che esercitano operazioni di fusione di rottami o altri materiali metallici di risulta; - in grandi centri di importazione di metallo o presso i principali nodi di transito, esercitano attività a scopo industriale o commerciale di importazione di prodotti semilavorati metallici o prodotti in metallo e viene disposto su specifica richiesta delle Autorità competenti.
La sorveglianza radiometrica sui carichi di rottami o di altri materiali metallici di risulta e di prodotti semilavorati metallici o prodotti in metallo è effettuata mediante il controllo del rateo di irraggiamento gamma rilevabile all'esterno del carico al fine di rilevare l’eventuale presenza di sorgenti orfane o comunque livelli anomali di radioattività, individuati secondo le norme di buona tecnica applicabili ovvero guide tecniche emanate ai sensi dell’articolo 72, qualora disponibili, anche ai fini dell’assolvimento degli obblighi di cui al comma 4 dell’articolo 72 Decreto Legislativo 31 luglio 2020 n. 101. Per carico deve intendersi il container, il veicolo o il vagone ferroviario o qualsiasi altro contenitore utilizzato per i predetti rottami, materiali o prodotti semilavorati metallici.
L’attestazione dell’avvenuta sorveglianza radiometrica è rilasciata da esperti di radioprotezione di secondo o terzo grado, compresi negli elenchi istituiti ai sensi dell’articolo 129, i quali nell’attestazione riportano anche l’ultima verifica di buon funzionamento dello strumento di misurazione utilizzato e deve essere allegata alla dichiarazione doganale di importazione.
Immagine 1 – Sorveglianza radiometrica
[...]
Con decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, della salute, dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, del lavoro e delle politiche sociali, sentita l’Agenzia delle dogane e dei monopoli e l’ISIN, da emanarsi entro il 25 dicembre 2020, previa notifica alla Commissione europea ai sensi della direttiva 2015/1535/CE verranno stabiliti:
[alert]- le modalità esecutive della sorveglianza radiometrica, individuate secondo norme di buona tecnica e i contenuti della relativa attestazione; - l’elenco dei prodotti semilavorati metallici e dei prodotti in metallo oggetto della sorveglianza, individuati con riferimento ai prodotti e semilavorati completamente in metallo ed in ragione della loro rischiosità e diffusione, nonché prevedendo forme semplificate delle procedure di controllo per i semilavorati e prodotti costruiti in serie o comunque standardizzati. L’aggiornamento dell’elenco potrà essere effettuato, sulla base delle variazioni della nomenclatura combinata, come stabilite dai regolamenti dell’Unione europea per i medesimi prodotti, con decreto del Ministero dello sviluppo economico adottato su proposta dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli. - i contenuti della formazione da impartire al personale dipendente per il riconoscimento delle più comuni tipologie di sorgenti radioattive ed al personale addetto alla sorveglianza radiometrica, per l’ottimale svolgimento delle specifiche mansioni; - le condizioni di riconoscimento delle certificazioni dei controlli radiometrici rilasciati dai paesi terzi per i quali esistono equivalenti livelli di protezione, ai fini dell’espletamento delle formalità doganali.[/alert]
Nell’attesa dell’approvazione del Decreto, ovvero non oltre il 25 dicembre 2020 continua ad applicarsi l’articolo 2 del decreto legislativo 1 giugno 2011, n. 100.
[panel]Art. 2 decreto legislativo 1 giugno 2011, n. 10 (Regime transitorio per l’obbligo di sorveglianza radiometrica sui prodotti semilavorati metallici)
1. Fino alla adozione del decreto di cui al comma 3 dell’articolo 157 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, come sostituito dal presente decreto, ferme restando le disposizioni di cui commi 1, 2, 4 e 5 del medesimo articolo, la sorveglianza sui prodotti semilavorati metallici è effettuata sui prodotti indicati nell’ allegato I.
2. Per il rilascio dell’attestazione dell’avvenuta sorveglianza radiometrica sui prodotti semilavorati metallici gli esperti qualificati di secondo o di terzo grado compresi negli elenchi istituiti ai sensi dell’articolo 78 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, utilizzano il modulo in allegato II.[/panel]
L’Allegato XIX stabilisce le modalità di applicazione, nonché i contenuti delle attestazioni della sorveglianza radiometrica ed elenca i prodotti semilavorati metallici e prodotti in metallo oggetto della sorveglianza.
Articolo 4 Attestazione della sorveglianza radiometrica
1. L’attestazione dell’avvenuta sorveglianza radiometrica rilasciata dagli esperti di radioprotezione di cui al comma 2 dell’articolo 72, deve contenere almeno le seguenti informazioni:
a) estremi del carico; b) tipologia materiale metallico; c) provenienza; d) data effettuazione della sorveglianza radiometrica; e) valore del fondo ambientale locale rilevato prima dell’effettuazione della sorveglianza radiometrica; f) tipologia delle misure radiometriche effettuate e strumentazione utilizzata; g) ultima verifica del buon funzionamento del sistema di misura utilizzato; h) nominativo dell’operatore addetto all’espletamento delle misure radiometriche; i) risultati delle misure effettuate; j) conclusioni su accettazione/respingimento del carico/materiale.
Nel caso in cui nell’impianto si esercitano operazioni di fusione di rottami o altri materiali metallici di risulta, l’attestazione deve altresì contenere le informazioni rilevanti inerenti la sorveglianza radiometrica e le risultanze delle misure di concentrazione di attività per unità di massa effettuate sul prodotto e sulle scorie di fusione, nonché sulle polveri derivanti dal sistema di abbattimento fumi dell’impianto stesso.
2. L’attestazione di cui al comma 1 deve essere riportata in un apposito registro istituito dall’esperto di radioprotezione incaricato, per conto del soggetto di cui al comma 1 dell’articolo 72; il suddetto registro deve essere tenuto a disposizione delle autorità di vigilanza e conservato per almeno cinque anni presso la sede di lavoro, o, se necessario per una maggiore garanzia di conservazione, presso la sede legale del medesimo soggetto di cui al comma 1 dell’articolo 72.[/panel]
ID 13194 | 01.04.2021 / Documento di analisi e moduli esempio applicazione in allegato
Documento di analisi applicazione procedure LOCKOUT/TAGOUT definite dalla norma tecnica americana ANSI/ASSE Z244.1 - 2016 e moduli di applicazione/gestione di esempio. Traduzione di parti in IT non ufficiale su Licenza.
La norma ANSI/ASSE Z244.1 - 2016 fornisce indicazioni per la gestione del rischio, derivante da avviamento inaspettato, rilascio di energia immagazzinata o intervento umano, per di operatori di macchine/attrezzature.
La norma definisce le modalità di controllo dell'energia pericolosa associata alle macchine, alle apparecchiature o ai processi che potrebbero creare rischi per gli operatori. In particolare, dettaglia le modalità d'uso del lockout (metodo principale), del tagout o di metodi alternativi per controllare l'energia pericolosa.
La norma ANSI/ASSE Z244.1 non si applica in caso di lavori su apparecchiature elettriche per le quali l'elettricità è l'unica fonte di energia, alle operazioni che implicano il trasporto e la distribuzione di gas, vapore, acqua o prodotti petroliferi, quando sono eseguite su tubazioni in pressione e ai veicoli passeggeri, alle imbarcazioni da diporto, agli aeromobili privati o a veicoli di tipo ricreativo/sportivo.
1 Progettazione della macchina ai fini del controllo delle energie pericolose
Le metodologie di controllo delle energie pericolose devono essere basate su:
[panel]- l’identificazione dell'energia necessaria per svolgere un determinato compito; - l’eliminazione delle fonti di energia pericolose quando possibile; - il controllo dell'energia pericolosa; - altri metodi alternativi.[/panel]
2 Energizzazione parziale
Se l'attività lavorativa necessità di un'energizzazione parziale, si deve eseguire una valutazione del rischio basata sull'attività per determinare la procedura idonea di accesso alla macchina, all’attrezzatura o al processo. Quando è necessario che le macchine, le apparecchiature o i processi rimangano parzialmente alimentati (ad es. per trattenere delle parti, per salvare informazioni, per trattenere il calore o fornire illuminazione locale), devono essere forniti metodi alternativi per la sicurezza degli operatori. _________
11 Programma di controllo dell'energia pericolosa
Un programma sistematico di controllo dell'energia pericolosa deve includere i seguenti elementi per fornire una protezione efficace delle persone, ove applicabile:
[panel]Identificazione:
- assegnazione di responsabilità; - identificazione dei compiti; - identificazione di fonti energetiche pericolose; - identificazione dei dispositivi di isolamento energetico.
Procedure operative:
- procedure documentate per il controllo delle energie pericolose; - disposizioni per l'interruzione del controllo dell'energia pericolosa; - procedure per la gestione del cambio turno; - procedure per il blocco diretto da parte dall'utente o la rimozione del dispositivo di TAGOUT; - gestione del personale esterno di servizio o appaltatore.
Implementazione:
- scelta e fornitura di materiali e blocchi di protezione; - comunicazione e formazione.
Mantenimento del programma:
- monitoraggio/misurazione; - verifica degli elementi del programma; - gestione del cambiamento; - tenuta dei registri.[/panel]
L'utente deve redigere un programma scritto per il controllo dell'energia pericolosa. Lo scopo del programma è garantire che il rischio di esposizione ai pericoli sia eliminato o ridotto al minimo prima che qualsiasi persona svolga attività nelle quali si potrebbe verificare l'eccitazione, l'avvio o il rilascio imprevisti di energia immagazzinata.
Figura 1 - Diagramma di flusso per il controllo dell'energia pericolosa ___________
26 Metodi alternativi di controllo dell'energia pericolosa
Il lockout o il tagout devono essere utilizzati a meno che l'utente non possa dimostrare che un metodo alternativo possa fornire una protezione efficace. Quando non vengono utilizzati il lockout o il tagout, devono essere utilizzati metodi alternativi solo dopo che i pericoli siano stati valutati e i rischi documentati. Prima di utilizzare metodi alternativi, occorre quanto segue:
- un'analisi di fattibilità; - una valutazione del rischio; - altre valutazioni/considerazioni.
Le situazioni in cui possono essere applicati metodi alternativi includono ad esempio:
[panel]- quando è presente energia pericolosa perché è necessaria per l'esecuzione del lavoro; - quando il lockout o il tagout non è fattibile o praticabile; - quando una valutazione del rischio documentata dimostra che l'attività può essere eseguita con un rischio accettabile; - quando i pericoli intrinseci (ad esempio, termici, radiazioni) non possono essere controllati utilizzando il lockout o il tagout; - quando è richiesta energia per mantenere l'apparecchiatura in uno stato sicuro; - quando azionamenti ripetitivi di un dispositivo di isolamento energetico compromettono la sua funzione di sicurezza; - quando il funzionamento di un dispositivo di isolamento energetico crea un rischio aggiuntivo.[/panel]
La scelta di un metodo alternativo deve essere basata su una valutazione del rischio della macchina, dell'attrezzatura o del processo. La valutazione del rischio deve tenere in considerazione che le misure di riduzione del rischio esistenti potrebbero dover essere rimosse o modificate per eseguire un determinato compito.
Alcune attività che potrebbero dover essere eseguite utilizzando metodi alternativi sono ad esempio:
- cambio stampi; - preparazione della macchina o del processo; - lubrificazione; - cambio utensile; - pulizia; - adeguamenti del processo; - allestimento; - ispezione; - misurazioni; - prelievo di campioni.
Tabella 1 – Metodologie per il controllo dei rischi ___________
Moduli di lavoro
Modulo A - Esempio di modello di ispezione a seguito applicazione procedura LOCKOUT o TAGOUT
___________
Modulo E - Esempio cartello LOCKOUT/TAGOUT
...
Segue in allegato (Documento di analisi, modelli di applicazione/gestione di esempio)
[panel]American National Standards Institute (ANSI) L'American National Standards Institute (ANSI) è un'organizzazione privata senza scopo di lucro che sovrintende lo sviluppo di standard di consenso volontario per prodotti, servizi, processi e sistemi negli Stati Uniti. È membro dell'ISO (Organizzazione Internazionale per la normazione) e dell'IEC (Commissione Elettrotecnica Internazionale). ANSI si occupa di approvare e registrare gli standard americani redatti per vari settori. L'organizzazione coordina anche gli standard statunitensi con gli standard internazionali in modo che i prodotti americani possano essere utilizzati in tutto il mondo.
American Society of Safety Engineers (ASSE) (ASSP) è ora American Society of Safety Professionals (ASSP) ed è un'associazione globale di professionisti della salute e della sicurezza sul lavoro composta da oltre 37.000 membri. ASSP sviluppa e pubblica standard incentrati sulla protezione delle persone, dei beni e dell'ambiente. ASSP funge anche da amministratore per il US TAG (United States Technical Advisory Group) per ISO / PC 262 (International Organization for Standardization / Project Committee).[/panel]
Medico Competente: Guida, Scheda autovalutazione, Modello verbale sopralluogo
ID 12894 | 19.02.2021
In relazione ai Compiti del Medico Competente, si riportano in allegato i seguenti documenti:
- Guida attività del Medico Competente (ATS Brianza) - Scheda di autovalutazione (ATS Brianza) - Modello verbale sopralluogo (Certifico).
Il D.Lgs. 81/2008 prevede due momenti ben definiti in cui il Medico Competente si confronta nel sistema prevenzionistico aziendale:
1. Durante il sopralluogo del medico competente (Art. 25 c. 1 lett. l, D.Lgs. 81/2008) 2. Nella riunione periodica (Art. 35, D.Lgs. 81/2008: Riunione periodica).
[box-note]D.Lgs. 81/2008 … Art. 25. Obblighi del medico competente 1. … l) visita gli ambienti di lavoro almeno una volta all'anno o a cadenza diversa che stabilisce in base alla valutazione dei rischi; la indicazione di una periodicità diversa dall'annuale deve essere comunicata al datore di lavoro ai fini della sua annotazione nel documento di valutazione dei rischi;[/box-note]
1. Nelle aziende e nelle unità produttive che occupano più di 15 lavoratori, il datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio di prevenzione e protezione dai rischi, indice almeno una volta all'anno una riunione cui partecipano: a) il datore di lavoro o un suo rappresentante; b) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi; c) il medico competente, ove nominato; d) il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. 2. Nel corso della riunione il datore di lavoro sottopone all'esame dei partecipanti: a) il documento di valutazione dei rischi; b) l'andamento degli infortuni e delle malattie professionali e della sorveglianza sanitaria; c) i criteri di scelta, le caratteristiche tecniche e l'efficacia dei dispositivi di protezione individuale; d) i programmi di informazione e formazione dei dirigenti, dei preposti e dei lavoratori ai fini della sicurezza e della protezione della loro salute. 3. Nel corso della riunione possono essere individuati: a) codici di comportamento e buone prassi per prevenire i rischi di infortuni e di malattie professionali; b) obiettivi di miglioramento della sicurezza complessiva sulla base delle linee guida per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro. 4. La riunione ha altresì luogo in occasione di eventuali significative variazioni delle condizioni di esposizione al rischio, compresa la programmazione e l'introduzione di nuove tecnologie che hanno riflessi sulla sicurezza e salute dei lavoratori. Nelle ipotesi di cui al presente articolo, nelle unità produttive che occupano fino a 15 lavoratori è facoltà del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza chiedere la convocazione di un'apposita riunione. 5. Della riunione deve essere redatto un verbale che è a disposizione dei partecipanti per la sua consultazione.[/box-note]
* Immediately Dangerous to Life or Health Concentrations
Gli IPA
Gli IPA sono agenti ubiquitari, cioè onnipresente nell’ambiente di vita e di lavoro, sono spesso utilizzati sotto forma di miscele complesse, e derivano principalmente da combustioni incomplete, possono quindi essere presenti in tutte le attività dove avvengono combustioni (fonderie, raffinerie, produzione di coke, di asfalto, industria della gomma, della carta, produzione di energia, lavorazioni di asfaltatura, posa di guaine bituminose, uso di oli minerali, officine pneumatici ecc.).
L’esposizione a idrocarburi policiclici aromatici (IPA) ha evidenziato un aumento di rischio per cancro ai polmoni e della pelle.
Gli IPA sono generati dalla combustione incompleta di materiale organico (p. es. carbone, olio da riscaldamento, carburante, legno, tabacco) e si diffondono nell’aria legati alle particelle di fuliggine. Gran parte degli IPA presenti nell’aria provengono da questi processi di combustione, ma le fuliggini vengono aggiunte anche alle mescole di gomma per migliorarne le proprietà elastiche o ammortizzanti. Quindi, gli IPA finiscono anche nelle impugnature degli utensili o nelle guaine dei cavi. Anche gli alimenti possono accumulare quantità non trascurabili di IPA generati da combustione, per esempio nella preparazione di prodotti cereali o di oli vegetali, nell’affumicatura e nella cottura alla griglia di carne e pesce. Gli IPA sono anche componenti naturali del carbone e del petrolio, che nel processo di raffinazione si accumulano nel bitume. I prodotti trattati con bitume e catrame, come l'asfalto, le lastre bitumate o i coloranti organici ne contengono quindi un tenore elevato
Gli IPA sono anche componenti naturali del carbone e del petrolio, che nel processo di raffinazione si accumulano nel bitume. I prodotti trattati con bitume e catrame, come l'asfalto, le lastre bitumate o i coloranti organici ne contengono quindi un tenore elevato. Negli anni 1960 erano ancora in uso colle contenenti catrame per incollare il parquet, e fino agli anni 1990 si impregnava il legno (per esempio le traversine ferroviarie o i pali) con olio di catrame per proteggerlo dagli agenti atmosferici. Gli IPA di origine fossile sono contenuti anche nei cosiddetti oli diluenti, aggiunti alle mescole di gomma utilizzate per esempio nella fabbricazione degli pneumatici per migliorarne le prestazioni.
[box-warning]IPA e TUS
Gli agenti cancerogeni e mutageni sono definiti all'Art. 234. del D.Lgs. 81/2008 come:
1. Agli effetti del presente decreto si intende per:
a) agente cancerogeno: 1) una sostanza o miscela che corrisponde ai criteri di classificazione come sostanza cancerogena di categoria 1 A o 1 B di cui all'allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio;
2) una sostanza, miscela o procedimento menzionati all'allegato XLII del presente decreto, nonché sostanza o miscela liberate nel corso di un processo e menzionate nello stesso allegato;
b) agente mutageno: 1) una sostanza o miscela corrispondente ai criteri di classificazione come agente mutageno di cellule germinali di categoria 1 A o 1 B di cui all'allegato I delregolamento (CE) n. 1272/2008.
c) valore limite: se non altrimenti specificato, il limite della concentrazione media, ponderata in funzione del tempo, di un agente cancerogeno o mutageno nell'aria, rilevabile entro la zona di respirazione di un lavoratore, in relazione ad un periodo di riferimento determinato stabilito nell'allegato XLIII.
Gli IPA sono quindi agenti cancerogeni / mutageni secondo i criteri di classificazione del regolamento (CE) n. 1272/2008 (Art. 234 c. 1a1 / 1b1 del D.Lgs. 81/2008) (vedi dettaglio a seguire) e non sono definiti valori limite (Art. 234 c. 1c del D.Lgs. 81/2008), infatti allo stato attuale, non sono presenti, come agenti cancerogeni/mutageni nella tabella dei valori limiti di esposizione professionale di cui all'ALLEGATO XLIII del D.Lgs. 81/2008 o nei processi di cui ALLEGATO XLII (Art. 234 c. 1a2 del D.Lgs. 81/2008), pertanto la valutazione dell'esposizione dell'esposizione a agenti cancerogeni / mutageni dovrà essere effettuata in maniera specifica, prendendo a riferimento anche valori limite di concentrazione nell'ambiente di lavoro da Norme/Enti/Studi (IARC, EPA, ACGIH, ecc).
Tabella 1: Principali IPA e loro classificazione secondo diversi criteri (Fonte CH)
IPA
Numero CAS
Cancerogeno per l’essere umano (IARC, 2016)
Principali inquinanti secondo l’EPA (USA)
PAH8, indicatori di presenza di IPA cancerogeni negli alimenti (EFSA, 2008)
Classificazione armonizzata secondo l’allegato VI del regolamento (CE) n. 1272/2008
Cancerogenicità secondo la banca dati dell’inventario C&L (autoclassificazione) dell’ECHA
Indicazioni di pericolo CLP (*)
Benzo(a)pirene
50-32-8
1
X
X
X (carc.1B)
H350 H400 H410
Dibenzo(a,h)antracene
53-70-3
2A
X
X
X (carc.1B)
H350 H400 H410
Benzo(a)antracene
56-55-3
2B
X
X
X (carc.1B)
H350 H400 H410
Benzo(b)fluorantene
205-99-2
2B
X
X
X (carc.1B)
H350 H400 H410
Benzo(j)fluorantene
205-82-3
2B
X (carc.1B)
H350 H400 H410
Benzo(k)fluorantene
207-08-9
2B
X
X
X (carc.1B)
H350 H400 H410
Benzo(e)pirene
192-97-2
3
X (carc.1B)
H350 H400 H410
Crisene
218-01-9
2B
X
X
X (carc.1B)
H341
H350 H400 H410
Indeno(1,2,3,c,d)pirene
193-39-5
2B
X
X
carc. 2
H351
Benzo(g,h,i)perilene
191-24-2
3
X
X
non cancerogeno
H400 H410 H413
Ciclopenta(c,d)pirene
27208-37-3
2A
non elencato
--
Dibenzo(a,l)pirene
191-30-0
2A
carc. 1B
H341 H350
Dibenzo(a,i)pirene
189-55-9
2B
carc. 2 (23 notifiche) o carc.1B (4) o non classificato (3)
H341 H350
5-metilcrisene
3697-24-3
2B
carc. 2 (23 notifiche) o carc.1B (7) o non classificato (3)
H302 H318 H351 H400 H410 H350
Dibenzo(a,h)pirene
189-64-0
2B
carc.1B (11 notifiche) o carc. 2 (1) o non classificato (3)
H341 H350
Naftalina
91-20-3
2B
X
X (carc. 2)
H302 H351 H400 H410
Benzo(j)aceantrilene
202-33-5
2B
non elencato
--
Benzo(c)fenantrene
195-19-7
2B
non cancerogeno (26 notifiche) o carc. 2 (7)
H302 H312 H315 H319 H332 H335 H341 H351
Antracene
120-12-7
3
X
non cancerogeno (373 notifiche), carc. 2 (1)
H315 H319 H317 H400 H410 H335
Acenaftene
83-32-9
3
X
non cancerogeno
H319 H400 H410 H411 H315 H335
Fluorantene
206-44-0
3
X
non cancerogeno
H302 H410 H400 H410 H319 H332
Fluorene
86-73-7
3
X
non cancerogeno
H400 H410 H411 H315 H319 H302 H317 H319 H335
Fenantrene
85-01-8
3
X
non cancerogeno (442 notifiche), carc. 2 (2)
H302 H400 H410 H315 H317 H351 H319 H335
Pirene
129-00-0
3
X
non cancerogeno
H315 H319 H335 H400 H410 H302 H332 H413 H330
Acenaftilene
208-96-8
-
X
non cancerogeno
H310 H330 H302 H315 H319 H335
Classificazione dell’IARC:
Gruppo 1: cancerogenicità dimostrata Gruppo 2A: cancerogenicità probabile Gruppo 2B: cancerogenicità possibile Gruppo 3: non classificabile come cancerogeno per l'essere umano (possibile ma dati insufficienti)
Classificazione dell’ECHA (secondo il regolamento CLP):
carc. 1A: sostanze di cui sono noti effetti cancerogeni per l’essere umano carc. 1B: sostanze di cui si presumono effetti cancerogeni per l’essere umano carc. 2: sostanze di cui si sospettano effetti cancerogeni per l’essere umano
(*)Indicazioni di pericolo CLP
Tabella 2: Codici H e frasi
Codici delle indicazioni di pericolo
Frase
H302
Nocivo se ingerito
H310
Letale per contatto con la pelle.
H312
Nocivo a contatto con la pelle
H315
Provoca irritazione cutanea
H317
Può provocare una reazione allergica della pelle
H318
Provoca gravi lesioni oculari.
H319
Provoca grave irritazione oculare
H332
Nocivo se inalato.
H335
Può irritare le vie respiratorie.
H341
Sospettato di provocare alterazioni genetiche <indicare la via di esposizione se è accertato che nessun'altra via di esposizione comporta il medesimo pericolo>
H350
Può provocare il cancro <indicare la via di esposizione se è accertato che nessun'altra via di esposizione comporta il medesimo pericolo>.
H351
Sospettato di provocare il cancro <indicare la via di esposizione se è accertato che nessun'altra via di esposizione comporta il medesimo pericolo>.
H400
Altamente tossico per gli organismi acquatici
H410
Molto tossico per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata
H411
Tossico per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata.
H413
Può essere nocivo per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata
[...]
Valori limite
La normativa italiana non fissa limiti di concentrazione negli ambienti di lavoro per gli inquinanti chimici considerati, mentre è stata fissata dal D.Lgs. 155/2010 la concentrazione di 1 ng/m³, quale valore obiettivo ambientale per la media annuale della concentrazione di benzo(a)pirene nell’aria degli ambienti di vita. Per quanto riguarda gli ambienti di lavoro, il D.Lgs. 81/2008 stabilisce che il datore di lavoro debba evitare l’esposizione dei lavoratori ad agenti cancerogeni attraverso la loro sostituzione (se tecnicamente possibile), ovvero adottando sistemi chiusi, ovvero assicurando che il livello di esposizione sia ridotto al più basso valore tecnicamente possibile.
Anche i limiti di riferimento solitamente adottati, i “Threshold Limit Values” (TLV) della ACGIH non riportano valori limiti di soglia per IPA e benzo(a)pirene, mentre indicavano fino a qualche anno fa, soltanto per gli IPA, il valore di 200 µg/m³ quale valore limite (L.V.) di soglia per le 8 ore lavorative; attualmente, tale valore è indicato quale “Permissible Exposure Limit” dall’Occupational Safety and Health Administration (OSHA), degli Stati Uniti.
In merito all’esposizione ad agenti cancerogeni, l’ACGIH ritiene che debba essere mantenuta al livello minimo possibile e che i lavoratori esposti a cancerogeni riconosciuti per l’uomo (categoria A1), per i quali non viene definito un TLV, debbano essere adeguatamente equipaggiati per eliminare nel modo più completo possibile ogni esposizione. Volendo avere una indicazione del livello di esposizione dei lavoratori al benzo(a)pirene, è possibile confrontarli, con le dovute cautele, con i valori limite proposti dall’Occupational Safety and Health Administration (OSHA), degli Stati Uniti (2.490 ng/m³), oppure con quelli adottati in altri Paesi (fonte: Monitoraggio Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) e Benzo(a)Pirene (BaP) ILVA - allegata).
Non sono presenti sostanze IPA con valori limite di esposizione di cui all'Allegato XLIII del D.Lgs. 81/2008.
Limiti ACGIH
I valori limite per IPA ACGIH:
- Miscele di IPA come pece, catrame di carbone volatili: TLV-TWA di 0,2 mg/m3 (l’esposizione deve essere tenuta quanto più bassa possibile) - Naftalene: TLV-TWA di 52 mg/m3 (10 ppm) (k=5,2)
Limiti DFG
DFG: benzo[a]pirene TRK di 2 µg /m3, Limite di Esposizione Tecnico previsto per i cancerogeni Non adottati Limiti ambientali per singoli IPA o per miscele
Limiti benzo(a)pirene nell'aria (IT)
D.Lgs. 155/2010: La soglia di concentrazione in aria del benzo(a)pirene è stabilita dal D.Lgs. 155/2010 e calcolata su base temporale annuale. La valutazione dello stato dell’indicatore è basata sul superamento, registrati presso stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria, del Valore Obiettivo (VO), calcolato come media annuale, e fissato a 1.0 ng/m3. Tale inquinante viene determinato analiticamente sulle polveri PM10.
Monitoraggio ambientale
Raccolta dei campioni, es (da Vademecum per il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori nelle opere di asfaltatura RL - allegato)
- Campionatori personali indossati da ogni lavoratore per la durata di almeno quattro ore durante le fasi di stesa. - Campionamento della frazione inalabile delle polveri aerodisperse su membrana in politetrafluoroetilene (PTFE), avente diametro di 37 mm e porosità di 2 micron (secondo metodo ufficiale National Institute for Occupational Safety and Health NIOSH n°5506). - Campionamento della fase vapore con fiala riempita di resina adsorbente XAD2 da 100mg/50mg del tipo front/back (secondo metodo ufficiale NIOSH n°5506), posta in coda alla membrana in un sistema combinato (campionatore a doppio corpo). - Flusso dell'aria campionata all'ingresso del portamembrana regolato a 2 l/min. - Conservazione dei campioni in condizioni ottimali tali da non compromettere la loro integrità ed in particolare fenomeni di ossidazione spontanea o di evaporazione (congelati).
Determinazione della concentrazione dei 16 IPA ritenuti di maggior rilevanza tossicologica (prioritari) dall’EPA (Environmental Protection Agency):
- Trattamento delle membrane mediante bagno a ultrasuoni per 30 minuti con 5 ml di acetonitrile. La soluzione è stata portata quasi a secchezza in corrente di azoto a 40°C ed il residuo è stato quindi ripreso con 1 ml di acetonitrile. - Trasferimento delle resine XAD2 contenute nelle fiale in 5 ml di acetonitrile e quindi trattate per 30 minuti in bagno a ultrasuoni. - Determinazione analitica degli IPA mediante cromatografia liquida ad elevate prestazioni (HPLC) con rilevatore spettrofluorimetrico, utilizzando una colonna RP-PAH (15 cm x 4,6 mm ID, 5µm).
Il limite di rilevazione del metodo varia in funzione dell’analita considerato, come riportato in quantità assoluta (ng) nella tabella seguente:
Sostanza
N° CAS
LOD (Limit Of Detection) (ng)
Acenaftene
83-32-9
1
Acenaftilene
208-96-8
100
Antracene
120-12-7
0,2
Benzo(a)antracene
56-55-3
0,05
Benzo(a)pirene
50-32-8
0,02
Benzo(b)fluorantene
205-99-2
0,1
Benzo(k)fluorantene
207-08-9
0,02
Benzo(g,h,i)perilene
191-24-2
0,2
Crisene
218-01-9
0,05
Dibenzo(a,h)antracene
53-70-3
0,04
Fenantrene
85-01-8
0,2
Fluorantene
206-44-0
0,2
Fluorene
86-73-7
0,1
Indeno(1,2,3-c,d)pirene
193-39-5
0,2
Naftalene
91-20-3
1
Pirene
129-00-0
0,2
Tabella 5: Limite di rilevazione IPA
[...]
D.Lgs. 81/2008 Titolo IX SOSTANZE PERICOLOSE
Capo II Protezione da agenti cancerogeni e mutageni ...
Art. 233. Campo di applicazione
1. Fatto salvo quanto previsto per le attività disciplinate dal capo III e per i lavoratori esposti esclusivamente alle radiazioni previste dal trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica, le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività nelle quali i lavoratori sono o possono essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni a causa della loro attività lavorativa.
Art. 234. Definizioni
1. Agli effetti del presente decreto si intende per:
a) agente cancerogeno: 1) una sostanza o miscela che corrisponde ai criteri di classificazione come sostanza cancerogena di categoria 1 A o 1 B di cui all'allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio; 2) una sostanza, miscela o procedimento menzionati all'allegato XLII del presente decreto, nonché sostanza o miscela liberate nel corso di un processo e menzionate nello stesso allegato;1
b) agente mutageno: 1) una sostanza o miscela corrispondente ai criteri di classificazione come agente mutageno di cellule germinali di categoria 1 A o 1 B di cui all'allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008.
c) valore limite: se non altrimenti specificato, il limite della concentrazione media, ponderata in funzione del tempo, di un agente cancerogeno o mutageno nell'aria, rilevabile entro la zona di respirazione di un lavoratore, in relazione ad un periodo di riferimento determinato stabilito nell'allegato XLIII.
Art. 235. Sostituzione e riduzione
1. Il datore di lavoro evita o riduce l'utilizzazione di un agente cancerogeno o mutageno sul luogo di lavoro in particolare sostituendolo, se tecnicamente possibile, con una sostanza o una miscela o un procedimento che nelle condizioni in cui viene utilizzato non risulta nocivo o risulta meno nocivo per la salute e la sicurezza dei lavoratori.
2. Se non è tecnicamente possibile sostituire l'agente cancerogeno o mutageno il datore di lavoro provvede affinché la produzione o l'utilizzazione dell'agente cancerogeno o mutageno avvenga in un sistema chiuso purché tecnicamente possibile.
3. Se il ricorso ad un sistema chiuso non è tecnicamente possibile il datore di lavoro provvede affinché il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso valore tecnicamente possibile.
L'esposizione non deve comunque superare il valore limite dell'agente stabilito nell'allegato XLIII.
Art. 236. Valutazione del rischio
1. Fatto salvo quanto previsto all'articolo 235, il datore di lavoro effettua una valutazione dell'esposizione a agenti cancerogeni o mutageni, i risultati della quale sono riportati nel documento di cui all'articolo 17.
2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e della loro frequenza, dei quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati, della loro concentrazione, della capacità degli stessi di penetrare nell'organismo per le diverse vie di assorbimento, anche in relazione al loro stato di aggregazione e, qualora allo stato solido, se in massa compatta o in scaglie o in forma polverulenta e se o meno contenuti in una matrice solida che ne riduce o ne impedisce la fuoriuscita. La valutazione deve tener conto di tutti i possibili modi di esposizione, compreso quello in cui vi è assorbimento cutaneo.
3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione di cui al comma 1, adotta le misure preventive e protettive del presente capo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative.
4. Il documento di cui all'articolo 28, comma 2, o l'autocertificazione dell'effettuazione della valutazione dei rischi di cui all'articolo 29, comma 5, sono integrati con i seguenti dati:
a) le attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o miscele cancerogene o mutagene o di processi industriali di cui all'allegato XLII, con l'indicazione dei motivi per i quali sono impiegati agenti cancerogeni; b) i quantitativi di sostanze ovvero miscele cancerogene o mutagene prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità o sottoprodotti; c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti cancerogeni o mutageni; d) l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado della stessa; e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei dispositivi di protezione individuale utilizzati; f) le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti cancerogeni e le sostanze e le miscele1 eventualmente utilizzati come sostituti.
5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata.
6. Il rappresentante per la sicurezza può richiedere i dati di cui al comma 4, fermo restando l'obbligo di cui all'articolo 50, comma 6.
a) assicura, applicando metodi e procedure di lavoro adeguati, che nelle varie operazioni lavorative sono impiegati quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni non superiori alle necessità delle lavorazioni e che gli agenti cancerogeni o mutageni in attesa di impiego, in forma fisica tale da causare rischio di introduzione, non sono accumulati sul luogo di lavoro in quantitativi superiori alle necessità predette; b) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni, anche isolando le lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguati segnali di avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali «vietato fumare», ed accessibili soltanto ai lavoratori che debbono recarvisi per motivi connessi con la loro mansione o con la loro funzione. In dette aree è fatto divieto di fumare; c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non vi è emissione di agenti cancerogeni o mutageni nell'aria. Se ciò non è tecnicamente possibile, l'eliminazione degli agenti cancerogeni o mutageni deve avvenire il più vicino possibile al punto di emissione mediante aspirazione localizzata, nel rispetto dell'articolo 18, comma 1, lettera q). L'ambiente di lavoro deve comunque essere dotato di un adeguato sistema di ventilazione generale; d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni o mutageni per verificare l'efficacia delle misure di cui alla lettera c) e per individuare precocemente le esposizioni anomale causate da un evento non prevedibile o da un incidente,con metodi di campionatura e di misurazione conformi alle indicazioni dell'allegato XLI del presente decreto legislativo; e) provvede alla regolare e sistematica pulitura dei locali, delle attrezzature e degli impianti; f) elabora procedure per i casi di emergenza che possono comportare esposizioni elevate; g) assicura che gli agenti cancerogeni o mutageni sono conservati, manipolati, trasportati in condizioni di sicurezza; h) assicura che la raccolta e l'immagazzinamento, ai fini dello smaltimento degli scarti e dei residui delle lavorazioni contenenti agenti cancerogeni, avvengano in condizioni di sicurezza, in particolare utilizzando contenitori ermetici etichettati in modo chiaro, netto, visibile; i) dispone, su conforme parere del medico competente, misure protettive particolari con quelle categorie di lavoratori per i quali l'esposizione a taluni agenti cancerogeni o mutageni presenta rischi particolarmente elevati.
Art. 238. Misure tecniche
1. Il datore di lavoro:
a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi igienici appropriati ed adeguati; b) dispone che i lavoratori abbiano in dotazione idonei indumenti protettivi da riporre in posti separati dagli abiti civili; c) provvede affinché i dispositivi di protezione individuale siano custoditi in luoghi determinati, controllati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare o sostituire quelli difettosi o deteriorati, prima di ogni nuova utilizzazione.
2. Nelle zone di lavoro di cui all'articolo 237, comma 1, lettera b), è vietato assumere cibi e bevande, fumare, conservare cibi destinati al consumo umano, usare pipette a bocca e applicare cosmetici.
Art. 239. Informazione e formazione
1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda:
a) gli agenti cancerogeni o mutageni presenti nei cicli lavorativi, la loro dislocazione, i rischi per la salute connessi al loro impiego, ivi compresi i rischi supplementari dovuti al fumare; b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione; c) le misure igieniche da osservare; d) la necessità di indossare e impiegare indumenti di lavoro e protettivi e dispositivi individuali di protezione ed il loro corretto impiego; e) il modo di prevenire il verificarsi di incidenti e le misure da adottare per ridurre al minimo le conseguenze.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle attività in questione e vengono ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.
4. Il datore di lavoro provvede inoltre affinché gli impianti, i contenitori, gli imballaggi contenenti agenti cancerogeni o mutageni siano etichettati in maniera chiaramente leggibile e comprensibile. I contrassegni utilizzati e le altre indicazioni devono essere conformi al disposto dei decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive modificazioni
Valutazione dei rischi con stima esposizione ad IPA asfaltatori (da Vademecum per il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori nelle opere di asfaltatura RL) ...
Di seguito vengono riportate le caratteristiche aziendali e di lavorazione che, se rispettate, rendono giustificato il procedere alla valutazione dei rischi senza l’effettuazione di misure ambientali, avvalendosi di una stima dell’esposizione fondata anche sui risultati dello studio.
Caratteristiche aziendali:
- Lavorazione di asfaltatura per un massimo di 20 giorni all’anno - Operai addetti alle opere di asfaltatura in numero inferiore a 10 - Non iscrizione alla SOA
- Caratteristiche di lavorazione
- Lavorazione in campo aperto (esclusi quindi gallerie, ecc.) - Condizioni meteo: pressione medio-alta, bava di vento a direzione variabile secondo la scala di Beaufort, umidità relativa intorno al 50%, temperatura intorno a 25°C. - Tipologia strade: comunali, provinciali, statali, private, marciapiedi - Traffico veicolare concomitante: assente, scarso, medio - Temperatura asfalto: 120 – 260 °C
ID 10822 | Rev. 1.1 del 25.04.2021 / Piano in formato .doc/pdf in allegato
Gestione di una persona sintomatica ai sensi del punto 11 del Protocollo d’Intesa tra il Governo e i Sindacati del 06 aprile 2021 che integra il Protocollo del 14 marzo 2020, già integrato dal Protocollo del 24 marzo 2020.
Il Piano di Emergenza COVID-19 (in formato .doc/pdf), illustra l’organizzazione e le azioni da adottare qualora si presentassero, per il proprio personale, situazioni di emergenza contagio dal virus SARS-CoV-2.
[box-note]Rev. 1.1 del 25 Aprile 2021 Aggiornamento definizione di contatto stretto[/box-note]
Il presente piano ha il duplice scopo di:
[alert]- limitare le conseguenze di un evento accidentale che riguardi il personale nelle varie mansioni; - garantire l’intervento delle autorità competenti; - nonché, il contenimento ed il contrasto alla diffusione del COVID-19 al fine della necessità primaria della tutela della salute pubblica.
Il presente Piano di Emergenza deve essere portato a conoscenza di tutti i lavoratori e di tutti coloro che accedono in azienda.[/alert]
Adeguate informazioni dovranno essere fornite al personale di imprese esterne affinché essi siano a conoscenza delle misure generali di sicurezza, con particolare riferimento alle misure igieniche e comportamentali per le malattie a diffusione respiratorie.
All’atto dell’assunzione di nuovo personale, questo sarà opportunamente informato sull’esistenza e sui contenuti del presente Piano e comunque sulle procedure di emergenza da adottare.
Il presente Piano deve essere conservato con cura e diligenza. E’ fatto obbligo a chi ne preleva copia dal luogo dove viene conservato di utilizzarlo con cura e restituirlo dopo la consultazione.
Il presente Piano di Emergenza Generale deve essere tempestivamente aggiornato ogni qualvolta ci fossero significative variazioni.
Decreto-Legge 22 Aprile 2021 n. 52 Misure urgenti per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell'epidemia da COVID-19. (GU n.96 del 22.04.2021) Entrata in vigore del provvedimento: 23/04/2021
D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, "Attuazione dell'art. 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro".[/panel]
11- GESTIONE DI UNA PERSONA SINTOMATICA IN AZIENDA
Nel caso in cui una persona presente in azienda sviluppi febbre (temperatura corporea superiore a 37,5° C) e sintomi di infezione respiratoria o simil-influenzali quali la tosse, lo deve dichiarare immediatamente all’ufficio del personale e si dovrà procedere al suo isolamento in base alle disposizioni dell’autorità sanitaria e a quello degli altri presenti, dai locali; l’azienda procede immediatamente ad avvertire le autorità sanitarie competenti e i numeri di emergenza per il COVID-19 forniti dalla Regione o dal Ministero della salute.
- Il lavoratore, al momento dell’isolamento, deve essere subito dotato - ove già non lo fosse - di mascherina chirurgica. - L’azienda collabora con le Autorità sanitarie per la definizione degli eventuali “contatti stretti” di una persona presente in azienda che sia stata riscontrata positiva al tampone COVID-19, anche con il coinvolgimento del MC. Ciò al fine di permettere alle autorità di applicare le necessarie e opportune misure di quarantena.
Nel periodo dell’indagine, l’azienda potrà chiedere agli eventuali possibili contatti stretti di lasciare cautelativamente lo stabilimento, secondo le indicazioni dell’Autorità sanitaria.[/panel]
Nel caso in cui una persona presente in azienda sviluppi febbre e sintomi di infezione respiratoria come la tosse, lo deve dichiarare immediatamente all'ufficio del personale e si dovrà procedere al suo isolamento e a quello degli altri presenti dai locali.
L'azienda avverte immediatamente le autorità sanitarie competenti e i numeri di emergenza per il Covid-19 forniti dalla Regione o dal Ministero della Salute.
L’azienda inoltre collabora per la definizione degli eventuali "contatti stretti".
[panel]Ministero della Salute
Il “contatto stretto” (esposizione ad alto rischio) di un caso probabile o confermato è definito come:
- una persona che vive nella stessa casa di un caso COVID-19; - una persona che ha avuto un contatto fisico diretto con un caso COVID-19 (per esempio la stretta di mano); - una persona che ha avuto un contatto diretto non protetto con le secrezioni di un caso COVID19 (ad esempio toccare a mani nude fazzoletti di carta usati); - una persona che ha avuto un contatto diretto (faccia a faccia) con un caso COVID-19, a distanza minore di 2 metri e di almeno 15 minuti; - una persona che si è trovata in un ambiente chiuso (ad esempio aula, sala riunioni, sala d'attesa dell'ospedale) con un caso COVID-19 in assenza di DPI idonei; - un operatore sanitario o altra persona che fornisce assistenza diretta ad un caso COVID-19 oppure personale di laboratorio addetto alla manipolazione di campioni di un caso COVID-19 senza l’impiego dei DPI raccomandati o mediante l’utilizzo di DPI non idonei; - una persona che ha viaggiato seduta in treno, aereo o qualsiasi altro mezzo di trasporto entro due posti in qualsiasi direzione rispetto a un caso COVID-19; sono contatti stretti anche i compagni di viaggio e il personale addetto alla sezione dell’aereo/treno dove il caso indice era seduto.
Gli operatori sanitari, sulla base di valutazioni individuali del rischio, possono ritenere che alcune persone, a prescindere dalla durata e dal setting in cui è avvenuto il contatto, abbiano avuto un'esposizione ad alto rischio.[/panel]
La corretta procedura viene di seguito presentata.
1. Un lavoratore o fornitore o altro personale esterno, presente in azienda, presenta i sintomi da SARS-CoV-2.
2. L’interessato avverte l’ufficio del personale oppure un Addetto al Primo Soccorso che a loro volta informano dell’accaduto il Responsabile dell’Emergenza (R.S.P.P.) o un suo delegato.
3. Il Responsabile dell’Emergenza informa immediatamente il datore di lavoro, ed in loro assenza le persone specificatamente delegate, dell’accaduto.
4. Un Addetto al Primo Soccorso, munito di mascherina e guanti (presenti nella cassetta di Primo Soccorso): - ne fornisce una al lavoratore; - allontana i presenti; - gli indica di recarsi in un luogo isolato e chiuso all’utenza.
5. Il datore di lavoro informa le Autorità Competenti e il Medico Competente.
Le informazioni da fornire alle Autorità Competenti sono: - estremi dell’evento - tipo ed entità del rischio indotto all’esterno - necessità di invio di determinati soccorsi - luogo - nome e funzione interna di chi sta chiamando - circostanze dell’evento
6. Le Autorità Competenti all’arrivo adottano le misure necessarie al contenimento del contagio, attivando i protocolli stabiliti.
7. Il Responsabile dell’Emergenza, in accordo con il datore di lavoro:
- isola la zona; - si attiva con gli uffici competenti per la sanificazione delle aree coinvolte (*) - prende ogni altra decisione conseguente (*) La circolare n. 5443 Ministero della Salute del 22.02.2020[...segue allegato]
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Schema 1 - Flow-chart Gestione caso sintomatico COVID-19 in azienda
Filtro a prova di fumo e sistemi EN 12621-6 | Quadro tecnico/normativo
Documento completo allegato e altri Documenti inerenti i Filtri a prova di fumo e i Sistemi a differenza di pressione secondo la norma EN 12101-6. Il Documento è suddiviso in 2 parti: 1. Filtro a Prova di fumo 2. EN 12101-6 Sistemi a differenza di pressione - Kit
ID 8506 | 05.06.2019
Il concetto alla base del locale filtro a prova di fumo è "il controllo per differenza di pressione" o "sistema di sconnessione fluidodinamica": mettendo in sovrappressione il locale di collegamento tra due compartimenti, si previene la possibilità che, in caso di incendio, fumi e gas di combustione provenienti da uno dei due compartimenti possano invadere il compartimento contiguo. I locali che collegano i compartimenti assumono quindi il ruolo di filtro.
Nella pratica, uno dei due compartimenti è frequentemente costituito dal vano scale che, in caso di incendio, costituisce una via di esodo privilegiata. Il locale filtro in sovrappressione previene la possibilità che il fumo possa invadere il vano scale.
Tale concetto di filtro a prova di fumo, presente ad esempio in Italia e Francia, non è comune a tutti gli ordinamenti legislativi Europei.
Inoltre esisite una soprapposizione impropria e frequente tra la EN 12101-6 e il DM 30/11/1983 ampliato dal DM 3/8/2015) che hanno contesti di applicazione diversi. In particolare la EN 12106-1 tratta di “Sistemi differenza di pressione - Kit” che devono essere marcati CE in accordo con il CPR Regolamento (UE) 305/2011.
[box-warning]Sovrapressione e depressione: la normativa
Il DM 30/11/1983 e il DM 3/8/2015 definiscono i filtri a prova di fumo in condizioni di sovrapressione, la EN 12121-6 tratta sistemi in contesti di vani posti in sovrapressione o depressione.[/box-warning]
La EN 12101-6 "Sistemi per il controllo di fumo e calore - Parte 6: Specifiche per i sistemi a differenza di pressione - Kit", specifica sistemi di controllo a differenza di pressione progettati per trattenere il fumo in corrispondenza di una barriera fisica in un edificio, come una porta o altra apertura simile.
1.7 - Filtro a prova di fumo (1) (2) Vano delimitato da strutture con resistenza al fuoco REI predeterminata, e comunque non inferiore a 60, dotato di due o più porte munite di congegni di autochiusura con resistenza al fuoco REI predeterminata (3), e comunque non inferiore a 60, con camino di ventilazione di sezione adeguata (4) e comunque non inferiore a 0,10 mq sfociante al di sopra della copertura dell'edificio (5), oppure vano con le stesse caratteristiche di resistenza al fuoco e mantenuto in sovrappressione (6) ad almeno 0,3 mbar, anche in condizioni di emergenza, oppure aerato direttamente verso l'esterno con aperture libere (7) di superficie non inferiore a 1 mq con esclusione di condotti.
(1) Alcune “norme verticali” di prevenzione incendi prevedono anche i c.d. "disimpegni non aerati" o i "disimpegni aerati" (che in certi casi devono avere specifiche caratteristiche indicate nelle regole tecni-che, come ad es. per gli impianti termici o per i gruppi elettrogeni) di norma realizzati con strutture di separazione di caratteristiche almeno REI 60, muniti di porte REI 60 con dispositivo di autochiusura. (2) Relativamente ai requisiti dimensionali minimi, non essendovi alcun riferimento normativo in merito, le dimensioni minime dei filtri vanno determinate secondo criteri come la modalità di apertura delle porte o la possibilità che i filtri vengano utilizzati oltre che da sole persone, anche da autoveicoli, mezzi di sollevamento merci, quali muletti o altro (Nota prot. n. P904/4122 Sott. 55 del 30.08.2001). (3) La resistenza al fuoco di due porte di un filtro può essere sommabile così da ottenere, in quanto somma, il medesimo valore REI delle strutture (Nota prot. n. P904/4122 Sott. 55 del 30.08.2001). (4) I camini di ventilazione possono comprendere anche tratti di condotto a andamento sub-orizzon-tale, a condizione che sia garantito il tiraggio naturale del condotto e che quest’ultimo sia adeguata-mente protetto rispetto agli ambienti attraversati. Un efficace sistema di ventilazione mediante condotte può essere garantito da una doppia canalizzazione indipendente, una in entrata (immissione) e una in uscita (estrazione), con condotti aventi la medesima sezione e relative bocche poste nella parte bassa e alta del locale (Nota prot. n. P904/4122 sott. 55 del 30.08.2001). (5) Nei casi di singoli vani filtro interposti tra compartimenti ubicati sullo stesso piano, si ritiene che lo sbocco dei camini di ventilazione possa immettere sull’area a cielo libero sovrastante o adiacente, ovvero più prossima, al filtro stesso, purché tale area abbia i requisiti di “spazio scoperto” (Nota prot. n. P904/4122 Sott. 55 del 30.08.2001). (6) Nonostante alcune normative (es. alberghi, ospedali) prevedano, tra le varie funzioni che è possibile far assolvere dall'impianto di rivelazione, anche l'attivazione automatica di eventuali filtri in sovrappressione (che quindi sembra non debbano essere sempre in pressione), rimane valida la definizione del D.M. 30/11/83 e pertanto la sovrappressione deve essere garantita in ogni momento (Nota prot. n. P904/4122 Sott. 55 del 30.08.2001). (7) Il filtro a prova di fumo non può essere dotato di aperture di aerazione normalmente chiuse e la sovrappressione non può essere realizzata dopo la chiusura delle porte (Nota prot. n. P891/4101 sott. 106/33 del 26 luglio 2000). [/box-note]
Circolari allegate - ndr
Illustrazione
Vano delimitato da strutture con resistenza al fuoco REI predeterminata, e comunque non inferiore a 60, dotato di due o più porte munite di congegni di autochiusura con resistenza al fuoco REI predeterminata, e comunque non inferiore a 60 ed aerato:
Apertura libera direttamente verso l'esterno con aperture libere di superficie non inferiore a 1 mq
Ventilazione naturale con camino di ventilazione di sezione adeguata e comunque non inferiore a 0,10 mq sfociante al di sopra della copertura dell'edificio
Sovrapressione mantenuto in sovrappressione ad almeno 0,3 mbar anche in condizioni di emergenza
Fig. 1 - Filtro a prova di fumo
Il DM 3/8/2015 ha ampliato la definizione (vedasi a seguire un confronto con il DM 30/11/1983) e con la nuova definizone di "Compartimento a prova di fumo").
[box-note]DM 3/8/2015 .. S.3.5.2 Filtro 1. Il filtro è un compartimento antincendio avente: a. classe di resistenza al fuoco non inferiore a 30 minuti; b. due o più porte almeno E 30-Sa munite di congegni di autochiusura; c. carico di incendio specifico qf non superiore a 50 MJ/m2
S.3.5.3 Filtro a prova di fumo 1. Il filtro a prova di fumo è un filtro con una delle seguenti caratteristiche aggiuntive: a. dotato di camino di ventilazione di sezione adeguatamente progettata ai fini dello smaltimento dei fumi d'incendio e comunque non inferiore a 0,10 m2 , sfociante al di sopra della copertura dell'opera da costruzione; b. mantenuto in sovrappressione ad almeno 30 Pa in condizioni di emergenza; Nota Il sistema di sovrappressione deve comunque consentire la facile apertura delle porte per le finalità d'esodo (capitolo S.4), nonché la loro completa autochiusura in fase di attivazione dell'impianto. c. areato direttamente verso l'esterno con aperture di superficie utile complessiva non inferiore a 1 m2 .
Tali aperture devono essere permanentemente aperte o dotate di chiusura facilmente apribile in caso di incendio in modo automatico o manuale. È escluso l'impiego di condotti.
S.3.5.4 Compartimento a prova di fumo 1. Per essere considerato a prova di fumo in caso di incendio che si sviluppi in compartimenti comunicanti, il compartimento deve essere realizzato in modo da garantire una delle seguenti misure antincendio aggiuntive verso i compartimenti comunicanti dai quali si intende garantire la protezione dall'ingresso di fumo:
a. il compartimento è dotato di un sistema di pressione differenziale progettato, installato e gestito secondo la regola dell'arte, in conformità alle norme adottate dall'ente di normazione nazionale; Nota L'elenco, non esaustivo, delle norme e documenti tecnici adottati dall'ente di normazione nazionale e reperibile nel paragrafo 5.3.12. b. i compartimenti comunicanti da cui si intende garantire la protezione dall'ingresso di fumo sono dotati di SEFC che mantengono i fumi al di sopra dei varchi di comunicazione (Capitolo S.8); c. il compartimento è dotato di SEFC, i compartimenti comunicanti da cui si intende garantire la protezione dall'ingresso di fumo sono dotati di SEFC (Capitolo S.8); d. il compartimento è separato con spazio scoperto dai compartimenti comunicanti da cui si intende garantire la protezione dall'ingresso di fumo; e. il compartimento è separato con filtro a prova di fumo dai compartimenti comunicanti da cui si intende garantire la protezione dall'ingresso di fumo; f. il compartimento è separato con altri compartimenti a prova di fumo dai compartimenti comunicanti da cui si intende garantire la protezione dall'ingresso di fumo.
2. Nella tabella S.3-3 sono riportate alcune applicazioni delle misure antincendio previste dal comma 1.[/box-note]
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Tabella S.3-3 Esempi di compartimenti a prova di fumo
Porte devono avere tenuta anche ai fumi freddi - requisito Sa
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Carico di incendio specifico qf non superiore a 50 MJ/m2
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Camino adeguatamento progettato
Camino di ventilazione di sezione adeguata e comunque non inferiore a 0,10 mq
I sistemi in sovrappressione devono essere progettati, realizzati e gestiti a regola dell’arte
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La sovrappressione deve essere attuata solo in emergenza
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Il sistema di sovrappressione deve comunque consentire la facile apertura delle porte per le finalità d'esodo (capitolo S.4), nonché la loro completa autochiusura in fase di attivazione dell'impianto.
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Camino di ventilazione / Shunt
Una canna di ventilazione tipo Shunt è costituita da almeno due condotte adiacenti di materiale resistente al fuoco (ad esempio calcestruzzo), che sfociano oltre la copertura, per garantire un corretto apporto di aria pulita e l'eliminazione del fumo.
A ogni piano una delle condotte presenta un'apertura direttamente comunicante con il filtro a prova di fumo, schermata inferiormente da una paretina inclinata e un'ulteriore apertura di comunicazione con la seconda condotta per l'evacuazione dei fumi.
L'apertura di ventilazione, con superficie di almeno 0,10 mq viene protetta da un serramento resistente al fuoco
Fig. 2 - Camino di ventilazione shunt
Parti:
- Il camino di ventilazione (Smoke Shaft) presenta una apertura in sommità ed una aperture in corrispondenza di ciascun piano; - Le apertura in corrispondenza di ciascun piano devono essere dotate di serrande (dampers) in posizione di normalmente chiuso; - In caso di incendio, solo la serranda corrispondente al piano interessato dal fuoco viene aperta per consentire l’evacuazione del fumo dall’apertura in sommità del camino
Il Codice di Prevenzione Incendi segnala in bibliografia del Capitolo S3: G T Tamura, C Y Shaw, “Basis for the design of smoke shafts”, Fire Technology, Volume 9, Issue 3, pp 209-222, September 1973 (allegato)
Altri esempi:
Fig. 3 - Camino di ventilazione shunt - Vibrapac ...
[box-info]Filtro a prova di fumo in altri paesi UE
In molti paesi europei, non è previsto il "Filtro a prova di fumo".
La norma armonizzata EN 12101-6 disciplina la pressurizzazione dei compartimenti a prova di fumo, principalmente vani scala. Essa rappresenta il riferimento europeo per i paesi in cui non esiste il concetto di “filtro-fumo”. e prescrive la messa in sovrappressione direttamente del compartimento “vano scala”.
Gli impianti di ventilazione a protezione delle scale in edifici multipiano prevedono un sistema di pressurizzazione multilivello. La pressione maggiore è realizzata nelle scale. Le aree filtro, se previste, hanno un livello di pressurizzazione minore. Gli ambienti a rischio incendi hanno livello di pressurizzazione pari a 0 Pa.[/box-info]
Dimensionamento filtro a prova di fumo
Dimensioni minime locale filtro
La normativa nazionale non indica le dimensioni minime o le modalità per il dimensionamento di un filtro a prova di fumo (se non nel contesto di una RTV). Lo standard NFPA 101, al capitolo 7.2.3, indica tutti i requisiti necessari per la progettazione di un filtro a prova di fumo.Lo standard indica le dimensioni minime che deve avere un filtro a prova di fumo in funzione del tipo di ventilazione adottata, naturale o meccanica.
[box-warning]NFPA 101 Life Safety Code
7.2.3 Smokeproof Enclosures
In allegato il capitolo 7.2.3
Sistemi in sovrappressione (differenza di pressione)[/box-warning]
...
Standard di riferimento per la progettazione dei sistemi in sovrappressione sono, ad esempio:
- UNI EN 12101-6 “Sistemi per il controllo di fumo e calore - parte 6: Specifiche per i sistemi a differenza di pressione - Kit” (Armonizzata CPR Regolamento (UE) 305/2011). - prEN 12101-13:2013 "Smoke and heat control systems - Part 13: Pressure differential systems (PDS) design and calculation methods, acceptance testing, maintenance and routine testing of installation". - NFPA 101 "Life Safety Code" - NFPA 92 "Standard for Smoke Control Systems". ...
2. EN 12101-6 Sistemi a differenza di pressione - Kit
EN 12101-6 Sistemi per il controllo di fumo e calore - parte 6: Specifiche per i sistemi a differenza di pressione - Kit
Movimento del fumo nell'edificio Il presente documento riguarda le informazioni e i requisiti relativi alla progettazione, ai metodi di calcolo, all'installazione e alla verifica dei sistemi destinati a limitare la diffusione del fumo mediante differenziali di pressione. I sistemi di pressione differenziale possono essere ottenuti con due metodi:
i) pressurizzazione - mantenimento di una pressione positiva all'interno degli spazi protetti (vedi Figura 5), o ii) depressurizzazione - rimozione di gas caldi dalla zona di fuoco a una pressione inferiore rispetto allo spazio protetto adiacente (vedere Figura 6). ...
Legenda
1 Scala 2 Filtro 3 DP Spazio Depressurizzato 4 Dispersioni verso l’esterno 5 Trafilamenti attraverso le porte ecc.. 6 Immissione aria 7 Costruzione resistente al fuoco
Fig. 6. Esempio di sistema depressurizzato - spazi senza finestre esterne ...
Sono definiti i seguenti parametri principali:
- Pressione all’interno del comparto 50 Pa - Velocità del flusso di aria in uscita dal vano porta se la stessa fosse aperta da 0.75 a 2.00 m/s a seconda della classe. - Massimo sforzo accettabile da applicare all’apertura delle porte del compartimento 100 N. - Presenza in tutti i compartimenti adiacenti di una serranda fumi automatizzata sfociante all’aperto.
Fig. 6 - Pressurizzazione solo delle scale con o senza filtro (schemi da EN 12101/6)
Se i filtri presenti tra le scale e il piano hanno funzioni supplementari, questi sono protetti con un sistema di pressurizzazione indipendente. È possibile pressurizzare anche i corridoi se costituiscono via di esodo, al fine di confinare l’incendio nella stanza sede di innesco. In ogni caso, all’attivazione dello stato di emergenza incendio:
- tutte le scale sono pressurizzate; - i filtri sono pressurizzati a tutti i piani o solo al piano d’incendio; - i corridoi possono eventualmente essere pressurizzati solo al piano d’incendio.
In Figura 7 sono riportate alcune configurazioni di pressurizzazione possibile.
Fig. 7 - Configurazioni di pressurizzazione delle scale, dei filtri e dei corridoi associati (schemi da EN 12101-6) ...
1. Serrande di pressione impostate per funzionare a 60 Pa (max) all'interno del vano scala 2. Zona impianti protetta da compartimenti REI 120 che ospita i ventilatori per la sovrapressione 3. Rilevatore di fumo 4. Coppia di aperture da usarsi alternativamente poste su facciate distinte per garantire l’aria di riscontro, complete di rilevatore di fumo e serranda motorizzata 5. Unità d’aria primaria e di back-up di pressurizzazione 6. Presa d'aria alternativa 7. Serranda tagliafuoco motorizzata 8. Presa d'aria 9. Una soluzione alternativa è quella di controllare la ventola per assicurare che la sovrapressione non superi i 60 Pa max. 10. Scale antincendio 11. Vano ascensore antincendio (se necessario) 12. Corridoio 13. Trafilamento 14. Il sistema di depressurizzazione è funzione dell’altezza delle scale. Sono previsti: - più punti per edifici di altezza superiore a 11 m - un singolo punto per edifici di altezza inferiore a 11 m 15. Filtro antincendio 16. L'aria di pressurizzazione viene scaricata ad ogni livello del filtro 17. La distanza tra gli scarichi deve essere non superiore a tre piani 18. Ambiente sede di innesco dell’incendio 19. Ventola di rilascio d’aria 20. Zona accesso soccorsi antincendio 21. Pulsante di sgancio per Vigili del Fuoco
Figura 8 - Caratteristiche di un tipico sistema differenziale di pressione di una scala alimentato superiormente (schemi da EN 12101-6) ... segue in allegato
I profili di novità - recepiti nella check list allegata (aggiornamento della precedente Nota n. 149 del 20 Aprile 2020) - attengono in particolare al ruolo e ai compiti del medico competente; alla previsione dell'incremento di tutte le forme di lavoro da remoto e non solo del c.d. lavoro agile e alle indicazioni sulle modalità di formazione continua dei lavoratori. Ulteriori specifiche sono state introdotte relativamente alle caratteristiche tecniche dei dispositivi di protezione individuale delle vie aeree.
Si conferma che la mancata attuazione del Protocollo che non assicuri adeguati livelli di protezione, determina la sospensione dell'attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza.
In particolare all'Allegato 1 è stabilita una check list delle verifiche da effettuare a fini ispettivi INL.
[box-info]Documento tecnico INAIL rimodulazione misure SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro ... Il sistema di prevenzione nazionale ed aziendale realizzatosi nel tempo, con il consolidamento dell’assetto normativo operato dalD. Lgs 81/08 e s.m.i., offre la naturale infrastruttura per l’adozione di un approccio integrato alla valutazione e gestione del rischio connesso all’attuale emergenza pandemica.
Nell’ottica di un approccio partecipato ed integrato all’attuazione delle procedure individuate, è imprescindibile il coinvolgimento di tutte le figure della prevenzione aziendale, medico competente, RSPP, RLS/RLST, nel coadiuvare il datore di lavoro in un puntuale monitoraggio dell’attuazione attenta e responsabile delle suddette misure, rilevando che solo la partecipazione consapevole ed attiva dei lavoratori potrà esitare in risultati efficaci con importanti ripercussioni positive anche all’esterno del setting lavorativo.
C’è la necessità di adottare una serie di azioni che vanno ad integrare il documento di valutazione dei rischi (DVR) atte a prevenire il rischio di infezione SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro contribuendo, altresì, alla prevenzione della diffusione dell’epidemia.
Tali misure posso essere cosi classificate:
- Misure organizzative - Misure di prevenzione e protezione - Misure specifiche per la prevenzione dell’attivazione di focolai epidemici ...[/box-info]
ID 7826 | 24.02.2019 Documento completo in allegato
Legislazione, Norme tecniche, Guide
Le definizioni di Tecnico addetto sicurezza laser ASL e TSL sono indicate nella Guida della Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione (C.I.I.P.), prima Guida a definire gli aspetti (Documento allegato). Seppur il D.Lgs. n. 81/2008 non parla di tali Figure, nel seguito per "obbligo" si indica quanto previsto per la valutazione dei rischi da Agenti Fisici che deve essere effettuato da "personale qualificato". (Art. 181, co. 2 del D.Lgs n. 81/2008 e conseguente precisazione in merito delle Indicazioni operative protezione agenti fisici luoghi di lavoro (Coordinamento Tecnico per la sicurezza nei luoghi di lavoro delle Regioni e delle Province autonome), nonché, come norme di Buona Tecnica dalle norme CEI e IEC riportate.
A livello internazionale (norma IEC 60825-1) e nazionale (norma CEI EN 60825-1) viene definita la figura del "Laser Safety Officer" (LSO) (Vedi Focus) come "persona che possiede le conoscenze necessarie per valutare e controllare i rischi causati dai laser e ha la responsabilità di supervisione sul controllo di questi rischi", ma senza dettagliare quali siano i compiti e le responsabilità specifici. Recentemente, il CENELEC ha emanato una guida (CLC/TR 50448) nella quale vengono in modo più dettagliato individuati i livelli di competenza del "Laser Safety Officer" il cui compito è di assicurare che siano predisposti adeguati controlli per minimizzare i rischi derivanti dall'uso di apparecchiature laser e che vengano effettuate regolari monitoraggi, tenendone registrazione dei pericoli e dell'efficacia delle misure di controllo.
Nella Guida della Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione (C.I.I.P.) sono definiti, in particolare:
- nell’ambito medicale si avrà come riferimento la IEC/TR 60825-8 (CEI 76-6) e si parlerà dell’Addetto Sicurezza Laser (ASL); - nell’ambito industriale si avrà la CEI EN 60825-1 (CEI 76-2) e si parlerà del Tecnico Sicurezza Laser (TSL);
Le aziende che hanno Laser in Classe 3 e 4 hanno "l’obbligo" di nominare un ASL/TSL.
Figura 1. Flusso utilizzo laser
Tale "obbligo" deriva in parte dall’articolo 181, co. 2 del D.Lgs n. 81/2008 che impone che la valutazione dei rischi debba essere effettuato da "personale qualificato".
4.03 - Quali caratteristiche deve avere il “personale adeguatamente qualificato” che effettua la valutazione del rischio ?
I riferimenti legislativi vanno ricercati tanto nell’art.32 quanto nell’art. 181 del DLgs.81/2008 ove si afferma che il personale qualificato deve avere specifiche conoscenze in materia di rischi da agenti fisici. In questo contesto la dicitura “personale qualificato” definisce correntemente un operatore che abbia sostenuto un corso di qualificazione conclusosi con una valutazione positiva e documentabile dell’apprendimento. In assenza di qualsiasi riferimento su durata e contenuti del corso sui soggetti autorizzati alla valutazione ed all’espressione della certificazione finale, si suggerisce di giudicare il “personale qualificato” essenzialmente sulla base del curriculum...[/box-note]
Il D.Lgs n. 81/2008 Capo V tratta della Valutazione del Rischio che il Datore di Lavoro (DdL) è tenuto a fare qualora esistano nella sua azienda lavoratori sottoposti a Radiazioni Ottiche, ossia Radiazioni Elettromagnetiche suddivise in uno spettro elettromagnetico che dipende dalla frequenza della radiazione elettromagnetica.
Quindi il Capo V definisce le ROA (Radiazioni Ottiche Artificiali) come le radiazioni elettromagnetiche di lunghezza compresa 100nm (UV estremo, prima radiazione in grado di ionizzare) e 1 mm (IR lontano) generate da sorgenti non naturali.
Il D.Lgs n. 81/2008 – Capo V – art. 213 - Stabilisce prescrizioni minime per la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e per la sicurezza che possono derivare dall’ esposizione alle ROA durante il lavoro, con particolare riguardo ai rischi dovuti agli effetti nocivi sugli occhi e sulla cute.
Sorgenti ROA
Le Radiazioni Ottiche Artificiali, sono radiazioni elettromagnetiche di lunghezza d’onda compresa tra 100nm (UV lontano) e 1mm (IR lontano), generate da sorgenti non naturali.
Sono definite UV e IR lontane, in quanto il riferimento è il campo del visibile e per cui lontano dalle due lunghezze d’onda limite.
- Le radiazioni ottiche sono caratterizzate dalla loro lunghezza d’onda (nm); - Sono divise in radiazioni infrarosse, visibili e ultraviolette; - Possono essere emesse in modo “coerente” o “incoerente” e continuo o pulsato: - - Sono “coerenti” le radiazioni ottiche emesse da una sorgente LASER. La “coerenza” è una caratteristica delle radiazioni elettromagnetiche legata alla “fase” dell’onda durante la propagazione. In particolare nelle sorgenti coerenti gli atomi si diseccitano tutti in fase tra loro; - - Sono “incoerenti” le radiazioni ottiche emesse dal sole o dalle lampadine a incandescenza o a scarica di gas o da una saldatrice ad arco elettrico. Quindi un LASER (Light Amplification by Stimulated Emissione of Radiation) è un dispositivo capace di produrre o amplificare radiazioni elettromagnetiche nella gamma di ʎ delle radiazioni ottiche, mediante il processo di emissione stimolata controllata (Art 214, comma 1 lett. b, D.Lgs n. 81/2008).
Aree di Lavoro in cui esiste il rischio di esposizione a ROA
Per le Aree di Lavoro in cui esiste il rischio di esposizione a ROA, la normativa prevede quanto segue:
Le aree in cui è possibile il superamento dei limiti di esposizione vanno segnalate e, ove possibile, delimitate. Mentre per le sorgenti LASER esiste una segnaletica specifica, per quelle non coerenti esiste soltanto in caso di radiazioni ultraviolette generate nei processi di saldatura”. Quindi c’è un’indicazione forte, da parte del legislatore, a definire le aree a rischio, individuarle e contenerle. In particolar modo per le sorgenti LASER vi è una direttiva europea che individua la segnaletica ambientale da utilizzare nelle aree in cui sono presenti sorgenti LASER che possono portare al superamento dei Limiti di Esposizione definiti. Quindi bisogna individuare dette aree e provvedere a segnalarle opportunamente. Nelle figure seguenti è definita la segnaletica per le differenti sorgenti:
Figura 2. Sorgenti LASER
Figura 3. Radiazioni non coerenti
[box-note]Classificazione laser (CEI EN 60825-1:2017)
3.18
prodotto laser di Classe 1
qualsiasi prodotto laser che, durante il suo funzionamento, non permette l’accesso umano a una radiazione laser
3.21 prodotto laser di Classe 2
qualsiasi prodotto laser nell’intervallo di lunghezze d’onda compreso tra 400 nm e 700 nm che, durante il suo funzionamento, non permette l’accesso umano a una radiazione laser
3.23
prodotti laser di Classe 3R e 3B
ogni prodotto laser che, durante il suo funzionamento, permette l’accesso umano a una radiazione laser
3.24
prodotto laser di Classe 4
qualsiasi prodotto laser che permette l’accesso umano a una radiazione laser[/box-note]
[box-note]D.Lgs. n. 81/2008 ... Titolo VIII agenti fisici Capo I Disposizioni generali ... Art. 181. Valutazione dei rischi
1. Nell'ambito della valutazione di cui all'articolo 28, il datore di lavoro valuta tutti i rischi derivanti da esposizione ad agenti fisici in modo da identificare e adottare le opportune misure di prevenzione e protezione con particolare riferimento alle norme di buona tecnica ed alle buone prassi.
2. La valutazione dei rischi derivanti da esposizioni ad agenti fisici è programmata ed effettuata, con cadenza almeno quadriennale, da personale qualificato nell'ambito del servizio di prevenzione e protezione in possesso di specifiche conoscenze in materia. La valutazione dei rischi è aggiornata ogni qual volta si verifichino mutamenti che potrebbero renderla obsoleta, ovvero, quando i risultati della sorveglianza sanitaria rendano necessaria la sua revisione. I dati ottenuti dalla valutazione, misurazione e calcolo dei livelli di esposizione costituiscono parte integrante del documento di valutazione del rischio.
3. Il datore di lavoro nella valutazione dei rischi precisa quali misure di prevenzione e protezione devono essere adottate. La valutazione dei rischi è riportata sul documento di valutazione di cui all'articolo 28, essa può includere una giustificazione del datore di lavoro secondo cui la natura e l'entità dei rischi non rendono necessaria una valutazione dei rischi più dettagliata.[/box-note]
Norme tecniche
La norma di riferimento internazionale per i laser è la IEC 60825 è costituito dalle seguenti parti, che sono rimaste invariate fino al 2007. Alla data news, le norme in vigore sono:
- riconfermate; - ritirate; - sostituite da una versione rivista, o - emendate
Safety of laser products:
Part 1: Equipment classification, requirements and user's guide Part 2: Safety of optical fibre communication systems Part 3: Guidance for laser displays and shows Part 4: Laser guards Part 5: Manufacturer's checklist for IEC 60825-1 Part 6: Safety of products with optical sources, exclusively used for visible information transmission to the human eye
Part 7: Safety of products emitting infrared optical radiation, exclusively used for wireless 'free air' data transmission and surveillance Part 8: Guidelines for the safe use of medical laser equipment (IEC TR 60825-8) Part 9: Compilation of maximum permissible exposure to incoherent optical radiation Part 10: Application guidelines and explanatory notes to IEC 60825-1 Part 12: Safety of free space optical communication systems used for transmissi on of information Part 13: Measurements for classification of laser products
Part 14: A user's guide
[box-note]Alcunenorme CEI pertinenti:
CEI 76 Guida per l'utilizzazione di apparati laser per laboratori di ricerca
La Pubblicazione contiene la Guida E per l'utilizzazione di apparati laser per laboratori di ricerca e specifica le misure di sicurezza e i mezzi di controllo da adottare nella messa a punto e nella modifica di laser e/o apparati laser. La Guida è destinata a completare la serie di Guide per l'utilizzatore pubblicate sull’argomento e si affianca alla Norma CEI 76-2 riguardante la sicurezza delle radiazioni di apparati laser.La presente Guida costituisce la ristampa senza modifiche, secondo il nuovo progetto di veste editoriale, della Guida pari numero ed edizione (Fascicolo 1381 G).
CEI 76-2 (CEI EN 60825-1) Sicurezza dei prodotti laser Parte 1: Classificazione degli apparecchi e requisiti
Questa Norma si applica alla sicurezza dei prodotti che emettono radiazioni laser nel campo delle lunghezze d'onda comprese tra 180 nm e 1 mm. Un prodotto laser può essere composto da un solo laser, con o senza un dispositivo di alimentazione separato, oppure può incorporare uno o più laser a formare un sistema ottico, elettrico o meccanico complesso. I prodotti laser sono tipicamente utilizzati per la dimostrazione di fenomeni fisici e ottici, per la lavorazione dei materiali, per la lettura e la registrazione dei dati, per la trasmissione e la visualizzazione delle informazioni, ecc. Questi sistemi hanno trovato applicazione nell'industria, nel commercio, nello spettacolo, nella ricerca, nell'insegnamento, nella medicina e nei beni di consumo.Gli obiettivi di questa Norma sono: - introdurre un sistema di classificazione per i laser e i prodotti laser che emettono una radiazione nella gamma delle lunghezze d'onda compresa tra 180 nm e 1 mm, secondo il loro grado di pericolo da radiazione ottica, allo scopo di facilitare la valutazione dei pericoli e la determinazione delle misure di controllo da parte dell'utilizzatore; - definire i requisiti per il costruttore allo scopo di fornire informazioni tali da permettere l'adozione di adeguate precauzioni; - assicurare alle persone, per mezzo di targhette e istruzioni, avvertenze adeguate contro i pericoli associati alla radiazione accessibile emessa dai prodotti laser; - ridurre la possibilità di danni, riducendo al minimo la radiazione accessibile non necessaria e offrire un migliore controllo dei pericoli connessi alla radiazione laser per mezzo di procedure di protezione.
Le modifiche tecniche più significative di questa nuova edizione rispetto alla precedente sono le seguenti: - è stata introdotta una nuova classe 1C; - è stata eliminata la condizione di misura 2; - la classificazione dell'emissione dei prodotti laser al di sotto di un certo livello di radianza, previsti per essere utilizzati in sostituzione delle sorgenti luminose convenzionali, può eventualmente essere basata sulla serie EN/IEC 62471; - i limiti di emissione accessibili (LEA) per le classi 1, 1M, 2, 2M e 3R delle sorgenti a impulsi, in particolare le sorgenti a impulsi estese, sono stati aggiornati per tener conto dell'ultima revisione della guida ICNIRP sui limiti di esposizione. La Norma in oggetto sostituisce completamente la Norma CEI EN 60825-1:2009-07. La presente Norma riporta la traduzione completa della EN 60825-1; la versione inglese è riportata nel fascicolo 14497E di dicembre 2015
CEI 76-3 (CEI EN 61040) Rilevatori, strumenti e apparati per la misura della potenza e dell'energia della radiazione laser
La presente Norma si applica agli strumenti e agli apparati che misurano la potenza e l'energia di radiazione laser nella gamma spettrale ottica (con lunghezza d'onda da 100 nm a 1 mm). Essa ha per oggetto di stabilire le definizioni, le prescrizioni minime e le procedure di prova adatte per le caratteristiche e le norme di fabbricazione di rivelatori, strumenti e apparati per la misura della potenza e dell'energia della radiazione laser.La presente Norma costituisce la ristampa senza modifiche, secondo il nuovo progetto di veste editoriale, della Norma pari numero ed edizione (Fascicolo 2137 E).
CEI 76-5 (CEI EN 60825-4) Sicurezza degli apparecchi laser Parte 4: Barriere per laser
Specifica le protezioni relative alle barriere per laser permanenti e temporanee che racchiudono la zona di lavoro di una macchina di lavorazione laser e fornisce indicazioni per i dispositivi di protezione.Si applica a tutte le parti componenti di una barriera per laser (che permettono la visibilità), inclusi schermi e finestre di osservazione, pannelli, pareti per laser e pareti.Indica inoltre come valutare e specificare le proprietà protettive di una barriera per laser.Questa parte è stata rivista per allinearla alla nuova classificazione introdotta dalla CEI EN 60825-1:2003 e in particolare indica:- come valutare e specificare le proprietà protettive delle barriere laser e- come scegliere le barriere laser.La presente Norma riporta il testo in inglese e italiano della EN 60825-4; rispetto al precedente fascicolo n. 8676E di febbraio 2007, essa contiene la traduzione completa della EN sopra indicata.
CEI 76-6 (IEC/TR 60825-8) Sicurezza degli apparecchi laser Parte 8: Guida all'uso sicuro dei fasci laser sull'uomo
Questa parte della IEC 60825 serve come guida per il datore di lavoro, l'organizzazione responsabile, il tecnico sicurezza laser, l'operatore laser e altre persone coinvolte nell'uso sicuro del laser e dell'apparecchiatura laser di Classe 3B o 4. Essa riguarda tutte le applicazioni dei fasci laser sull'uomo principalmente in strutture sanitarie, centri estetici e di depilazione e trattamenti dentali, comprese applicazioni mobili e ambito domestico.Sono descritte le misure di controllo raccomandate per la sicurezza dei pazienti, degli operatori, del personale addetto alla manutenzione. I comandi tecnici che fanno parte dell'apparecchiatura laser o dell'installazione sono brevemente descritti per fornire una comprensione dei principi generali di protezione.Gli argomenti trattati nella presente guida sono: - i sistemi di trasmissione del fascio;- gli effetti biologici della radiazione laser; - il rapporto di infortuni e situazioni pericolose; - l'elenco dei controlli.
CEI 76-10 (IEC/TR 62471-2) Sicurezza fotobiologica delle lampade e dei sistemi di lampada Parte 2: Guida ai requisiti costruttivi relativi alla sicurezza da radiazione ottica non laser
Questo Rapporto Tecnico (Parte 2 della IEC 62471) fornisce le basi per i requisiti di sicurezza dei prodotti di radiazione ottica non-laser, servendo da guida per lo sviluppo di requisiti di sicurezza nelle Norme verticali di prodotto e aiutando i costruttori dei sistemi di lampada nell'interpretazione delle informazioni di sicurezza fornite dai costruttori di lampade.Fornisce inoltre una guida riguardante l'etichettatura dei prodotti.Questo Rapporto Tecnico viene utilizzato congiuntamente con la Norma CEI EN 62471:2010-01.Il presente Rapporto Tecnico riporta il testo in inglese e italiano della IEC/TR 62471-2:2009-08; rispetto al precedente fascicolo n. 10403E di maggio 2010, esso contiene la traduzione completa della pubblicazione sopra indicata.
Questo Rapporto Tecnico (Parte 2 della IEC 62471) fornisce le basi per i requisiti di sicurezza dei prodotti di radiazione ottica non-laser, servendo da guida per lo sviluppo di requisiti di sicurezza nelle Norme verticali di prodotto e aiutando i costruttori dei sistemi di lampada nell'interpretazione delle informazioni di sicurezza fornite dai costruttori di lampade.Fornisce inoltre una guida riguardante l'etichettatura dei prodotti.Questo Rapporto Tecnico viene utilizzato congiuntamente con la Norma CEI EN 62471:2010-01.Il presente Rapporto Tecnico riporta il testo in inglese e italiano della IEC/TR 62471-2:2009-08; rispetto al precedente fascicolo n. 10403E di maggio 2010, esso contiene la traduzione completa della pubblicazione sopra indicata. CEI 76-11 (IEC/TR 60825-14) Sicurezza degli apparecchi laser Parte 14: Guida per l’utilizzatore
Questo Rapporto Tecnico fornisce una guida per un utilizzo sicuro degli apparecchi laser conformi alla IEC 60825-1. Il documento è previsto per assistere gli utilizzatori nella comprensione dei principi generali di sicurezza. In particolare permette: - l'identificazione delle situazioni di potenziale pericolo, - la valutazione dei rischi derivanti da tali situazioni, - la determinazione delle necessarie misure di protezione e controllo. Questa Norma viene pubblicata dal CEI nella sola lingua inglese in quanto particolarmente mirata a settori specialistici.
CEI 62-42 (CEI EN 60601-2-22) Apparecchi elettromedicali Parte 2: Prescrizioni particolari relative alla sicurezza fondamentale e alle prestazioni essenziali degli apparecchi laser chirurgici, cosmetici, terapeutici e diagnostici
La Norma si applica alla sicurezza fondamentale e alle prestazioni degli apparecchi laser per applicazioni chirurgiche, terapeutiche, medico-diagnostiche, cosmetiche o veterinarie destinati all'uso su essere umani o animali classificati come prodotti di classe 3B o 4 e definiti nella Norma EN/IEC 60825-1.La presente Norma viene utilizzata congiuntamente alla Norma CEI EN 60601-1:2007-05.
CEI EN 60601-1 (62-5) Apparecchi elettromedicali Parte 1: Prescrizioni generali relative alla sicurezza fondamentale e alle prestazioni essenziali
Il presente documento rappresenta un Corrigendum della Norma CEI EN 60601-1:2007-05, che si applica agli apparecchi elettromedicali e contiene le prescrizioni relative alla sicurezza fondamentale e alle prestazioni essenziali.
CLC/TR 50448 Guide to levels of competence required in laser safety
This Guide has been prepared in order to provide information and guidance to employers and employees in organisations in which lasers are used.[/box-note]
Gli Esperti per la valutazione delle Radiazioni Ottiche incoerenti (E.R.O) e coerenti (Addetto alla Sicurezza Laser-ASL in campo sanitario e Tecnico alla Sicurezza Laser-TSL in campo industriale, di ricerca e nei settori civili e ambientali) sono figure professionali idonee a effettuare attività di sorveglianza fisica e/ o valutazione dei rischi diretti e indiretti relativi all'impiego delle sorgenti di radiazione ottica, che include la valutazione intesa come stima, misura o calcolo dei livelli di esposizione per i lavoratori. L'ERO, in particolare, possiede le competenze anche nel caso di sorgenti di radiazioni ottiche naturali.
Il documento predisposto prevede due livelli per la figura dell'esperto per le radiazioni non coerenti (ERO) e un unico livello per quella relativa alle radiazioni coerenti (ASL/TSL).
1) Livello base: in grado di valutare gli aspetti gestionali e operativi del rischio da esposizione a sorgenti di radiazione ottica e di potere eseguire valutazioni dei livelli di esposizione dei lavoratori mediante dati forniti dal fabbricante delle attrezzature;
2) Livello specialistico: oltre al livello di base, in grado di effettuare anche misure strumentali sui parametri di funzionamento ed emissione delle sorgenti, sulle grandezze fisiche inerenti l'idoneità degli ambienti in cui tali sorgenti sono installate e di valutare le grandezze dosimetriche con adatti calcoli. ... A livello internazionale (norma IEC 60825-1) e nazionale (norma CEI EN 60825-1) viene definita la figura del "Laser Safety Officer"(LSO) come "persona che possiede le conoscenze necessarie per valutare e controllare i rischi causati dai laser e ha la responsabilità di supervisione sul controllo di questi rischi", ma senza dettagliare quali siano i compiti e le responsabilità specifici. Recentemente, il CENELEC ha emanato una guida (CLC/TR 50448) nella quale vengono in modo più dettagliato individuati i livelli di competenza del "Laser Safety Officer" il cui compito è di assicurare che siano predisposti adeguati controlli per minimizzare i rischi derivanti dall'uso di apparecchiature laser e che vengano effettuate regolari monitoraggi, tenendone registrazione dei pericoli e dell'efficacia delle misure di controllo.
Nell'ambito delle applicazioni mediche dei laser, la normativa nazionale CEI 76-6 (IEC/TR 60825-8) individua non solo la figura dell'Addetto alla Sicurezza Laser (ASL) ma anche la necessità della sua presenza per apparecchiature laser di Classe 3B e 4.
La normativa prevede una Guida per l'utilizzatore, CEI 76-11 (IEC/TR 60825-14), per applicazioni diverse dalle applicazioni mediche. Tale guida è stata formulata a livello nazionale a seconda delle diverse applicazioni di apparati laser. In particolare:
Essendo in carico al Datore di Lavoro o al Responsabile Legale la piena responsabilità della sicurezza laser, questi dovrebbe assicurare che la persona nominata come ASL o TSL abbia le capacità e le conoscenze, nonché le eventuali risorse, per espletare i compiti previsti.
La normativa italiana prevede quindi due addetti alla sicurezza: l'ASL per le applicazioni mediche e il TSL per le rimanenti applicazioni (nell'industria, nei laboratori, ecc.). Pur essendo simili, in linea di principio, i compiti da assicurare ai fini della sicurezza, tuttavia la valutazione dei rischi, le procedure ed i controlli da applicare devono essere mirati all'impiego dell'apparecchiatura laser e potrebbero presupporre competenze e conoscenze differenti per i due addetti alla sicurezza. ...
[box-note]D.Lgs. n. 81/2008 TITOLO VIII - AGENTI FISICI ... Capo V - Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a radiazioni ottiche artificiali
Articolo 213 - Campo di applicazione 1. Il presente capo stabilisce prescrizioni minime di protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza che possono derivare, dall’esposizione alle radiazioni ottiche artificiali durante il lavoro con particolare riguardo ai rischi dovuti agli effetti nocivi sugli occhi e sulla cute.
Articolo 214 - Definizioni 1. Agli effetti delle disposizioni del presente capo si intendono per: a) radiazioni ottiche: tutte le radiazioni elettromagnetiche nella gamma di lunghezza d’onda compresa tra 100 nm e 1 mm. Lo spettro delle radiazioni ottiche si suddivide in radiazioni ultraviolette, radiazioni visibili e radiazioni infrarosse: 1) radiazioni ultraviolette: radiazioni ottiche a lunghezza d'onda compresa tra 100 e 400 nm. La banda degli ultravioletti è suddivisa in UVA (315-400 nm), UVB (280-315 nm) e UVC (100-280 nm); 2) radiazioni visibili: radiazioni ottiche a lunghezza d'onda compresa tra 380 e 780 nm; 3) radiazioni infrarosse: radiazioni ottiche a lunghezza d'onda compresa tra 780 nm e 1 mm. La regione degli infrarossi è suddivisa in IRA (780-1400 nm), IRB (1400-3000 nm) e IRC (3000 nm-1 mm); b) laser (amplificazione di luce mediante emissione stimolata di radiazione): qualsiasi dispositivo al quale si possa far produrre o amplificare le radiazioni elettromagnetiche nella gamma di lunghezze d’onda delle radiazioni ottiche, soprattutto mediante il processo di emissione stimolata controllata; c) radiazione laser: radiazione ottica prodotta da un laser; d) radiazione non coerente: qualsiasi radiazione ottica diversa dalla radiazione laser; e) valori limite di esposizione: limiti di esposizione alle radiazioni ottiche che sono basati direttamente sugli effetti sulla salute accertati e su considerazioni biologiche. Il rispetto di questi limiti garantisce che i lavoratori esposti a sorgenti artificiali di radiazioni ottiche siano protetti contro tutti gli effetti nocivi sugli occhi e sulla cute conosciuti; f) irradianza (E) o densità di potenza: la potenza radiante incidente per unità di area su una superficie espressa in watt su metro quadrato (W m-2); g) esposizione radiante (H): integrale nel tempo dell’irradianza espresso in joule su metro quadrato (J m-2); h) radianza (L): il flusso radiante o la potenza per unità d’angolo solido per unità di superficie, espressa in watt s metro quadrato su steradiante (W m-2 sr-1); i) livello: la combinazione di irradianza, esposizione radiante e radianza alle quali è esposto un lavoratore.
Articolo 215 - Valori limite di esposizione 1. I valori limite di esposizione per le radiazioni incoerenti sono riportati nell’ALLEGATO XXXVII, parte I. 2. I valori limite di esposizione per le radiazioni laser sono riportati nell’ALLEGATO XXXVII, parte II.
Articolo 216 - Identificazione dell’esposizione e valutazione dei rischi 1. Nell’ambito della valutazione dei rischi di cui all’articolo 181, il datore di lavoro valuta e, quando necessario, misura e/o calcola i livelli delle radiazioni ottiche a cui possono essere esposti i lavoratori. La metodologia seguita nella valutazione, nella misurazione e/o nel calcolo rispetta le norme della Commissione elettrotecnica internazionale (IEC), per quanto riguarda le radiazioni laser, e le raccomandazioni della Commissione internazionale per l’illuminazione (CIE) e del Comitato europeo di normazione (CEN) per quanto riguarda le radiazioni incoerenti. Nelle situazioni di esposizione che esulano dalle suddette norme e raccomandazioni, e fino a quando non saranno disponibili norme e raccomandazioni adeguate dell’Unione Europea, il datore di lavoro adotta le buone prassi individuate od emanate dalla Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l’igiene del lavoro o, in subordine, linee guida nazionali o internazionali scientificamente fondate. In tutti i casi di esposizione, la valutazione tiene conto dei dati indicati dai fabbricanti delle attrezzature, se contemplate da pertinenti Direttive comunitarie di prodotto.
2. Il datore di lavoro, in occasione della valutazione dei rischi, presta particolare attenzione ai seguenti elementi: a) il livello, la gamma di lunghezze d’onda e la durata dell’esposizione a sorgenti artificiali di radiazioni ottiche; b) i valori limite di esposizione di cui all’articolo 215; c) qualsiasi effetto sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente sensibili al rischio; d) qualsiasi eventuale effetto sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori risultante dalle interazioni sul posto di lavoro tra le radiazioni ottiche e le sostanze chimiche fotosensibilizzanti; e) qualsiasi effetto indiretto come l’accecamento temporaneo, le esplosioni o il fuoco; f) l’esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate per ridurre i livelli di esposizione alle radiazioni ottiche artificiali; g) la disponibilità di azioni di risanamento volte a minimizzare i livelli di esposizione alle radiazioni ottiche; h) per quanto possibile, informazioni adeguate raccolte nel corso della sorveglianza sanitaria, comprese le informazioni pubblicate; i) sorgenti multiple di esposizione alle radiazioni ottiche artificiali;
l) una classificazione dei laser stabilita conformemente alla pertinente Norma IEC e, in relazione a tutte le sorgenti artificiali che possono arrecare danni simili a quelli di un laser della classe 3B o 4, tutte le classificazioni analoghe; m) le informazioni fornite dai fabbricanti delle sorgenti di radiazioni ottiche e delle relative attrezzature di lavoro in conformità delle pertinenti Direttive comunitarie.
3. Il datore di lavoro nel documento di valutazione dei rischi deve precisare le misure adottate previste dagli articoli 217 e 218.
Articolo 217 - Disposizioni miranti ad eliminare o a ridurre i rischi 1. Se la valutazione dei rischi di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), mette in evidenza che i valori limite d’esposizione possono essere superati, il datore di lavoro definisce e attua un programma d’azione che comprende misure tecniche e/o organizzative destinate ad evitare che l’esposizione superi i valori limite, tenendo conto in particolare: a) di altri metodi di lavoro che comportano una minore esposizione alle radiazioni ottiche; b) della scelta di attrezzature che emettano meno radiazioni ottiche, tenuto conto del lavoro da svolgere; c) delle misure tecniche per ridurre l’emissione delle radiazioni ottiche, incluso, quando necessario, l’uso di dispositivi di sicurezza, schermatura o analoghi meccanismi di protezione della salute; d) degli opportuni programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, dei luoghi e delle postazioni di lavoro; e) della progettazione e della struttura dei luoghi e delle postazioni di lavoro; f) della limitazione della durata e del livello dell’esposizione; g) della disponibilità di adeguati dispositivi di protezione individuale; h) delle istruzioni del fabbricante delle attrezzature. 2. In base alla valutazione dei rischi di cui all’articolo 216, i luoghi di lavoro in cui i lavoratori potrebbero essere esposti a livelli di radiazioni ottiche che superino i valori limite di esposizione devono essere indicati con un’apposita segnaletica. Dette aree sono inoltre identificate e l’accesso alle stesse è limitato, laddove ciò sia tecnicamente possibile. 3. Il datore di lavoro adatta le misure di cui al presente articolo alle esigenze dei lavoratori appartenenti a gruppo particolarmente sensibili al rischio.
Articolo 218 - Sorveglianza sanitaria 1. La sorveglianza sanitaria viene effettuata periodicamente, di norma una volta l’anno o con periodicità inferiore decisa dal medico competente con particolare riguardo ai lavoratori particolarmente sensibili al rischio, tenuto conto dei risultati della valutazione dei rischi trasmessi dal datore di lavoro. La sorveglianza sanitaria è effettuata con l’obiettivo di prevenire e scoprire tempestivamente effetti negativi per la salute, nonché prevenire effetti a lungo termine negativi per la salute e rischi di malattie croniche derivanti dall’esposizione a radiazioni ottiche. 2. Fermo restando il rispetto di quanto stabilito dall’articolo 182 e di quanto previsto al comma 1, sono tempestivamente sottoposti a controllo medico i lavoratori per i quali è stata rilevata un’esposizione superiore ai valori limite di cui all’articolo 215. 3. Laddove i valori limite sono superati, oppure sono identificati effetti nocivi sulla salute: a) il medico o altra persona debitamente qualificata comunica al lavoratore i risultati che lo riguardano. Il lavoratore riceve in particolare le informazioni e i pareri relativi al controllo sanitario cui dovrebbe sottoporsi dopo la fine dell’esposizione; b) il datore di lavoro è informato di tutti i dati significativi emersi dalla sorveglianza sanitaria tenendo conto del segreto professionale.[/box-note] ... segue in allegato
Protocollo sicurezza condiviso misure Covid-19 ambienti di lavoro | Check list
ID 13282 | 07.04.2021 / Documento in forma check list allegato
Il Documento allegato relativo al Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro è sviluppato in forma check list e tiene conto della seguente evoluzione ed aggiornamenti:
La vaccinazione delle lavoratrici e dei lavoratori realizza il duplice obiettivo di concorrere ad accelerare e implementare a livello territoriale la capacità vaccinale anti SARS-CoV- 2/Covid-19 e a rendere, nel contempo, più sicura la prosecuzione delle attività commerciali e produttive sull’intero territorio nazionale, accrescendo il livello di sicurezza degli ambienti di lavoro.
In questa prospettiva, le organizzazioni di rappresentanza delle imprese hanno avvertito la responsabilità sociale di collaborare attivamente all’iniziativa, sia attraverso l’offerta di spazi aziendali di grandi dimensioni presenti nei diversi territori per l’utilizzo diretto da parte del sistema pubblico dell’emergenza come punti di vaccinazione aggiuntivi, sia attraverso l’impegno delle aziende e dei datori di lavoro alla vaccinazione diretta del proprio personale, nella convinzione che solamente un’azione generale e coordinata può abbattere i tempi della vaccinazione, ampliare la tutela e consentire di proteggere la salute collettiva.
Con decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, all’articolo 3 è stata esclusa espressamente la responsabilità penale degli operatori sanitari per eventi avversi nelle ipotesi di uso conforme del vaccino.
[box-info]Finalità del protocollo: realizzare l’impegno delle aziende e dei datori di lavoro alla vaccinazione diretta dei lavoratori che a prescindere dalla tipologia contrattuale prestano la loro attività in favore dell’azienda, costituisce un’attività di sanità pubblica che si colloca nell’ambito del Piano strategico nazionale per la vaccinazione anti-SARS-CoV-2/Covid-19 predisposto dal Commissario Straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica.[/box-info]
Punti check list protocollo piani aziendali vaccinazione anti Covid-19 ambienti di lavoro:
[panel]1.Manifestazione disponibilità attuazione piano aziendale 2. Rispetto delle Indicazioni ad interim per la vaccinazione anti-SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro 3. Piani aziendali 3.1 Confronto con il Comitato 3.2 Proposta piani aziendali 3.3 Presentazione piano aziendale 3.4 Costi per la realizzazione e la gestione dei piani aziendali 3.5 Informazione 3.6 Procedure raccolta adesioni 4. Vaccinazione diretta 4.1 Somministrazione vaccino 4.2 Registrazioni vaccinazioni 5. Vaccinazione non diretta[/panel]
Luoghi di lavoro: normativa e requisiti | Ed. 2020
ID 6782 | Update Rev. 1.0 del 09.02.2020
Il presente Documento, illustra i requisiti dei luoghi di lavoro, a partire dalla legislazione salute e sicurezza sul lavoro di cui al D.Lgs. 81/2008e delle industrie insalubri di cui alD.M. 5 Settembre 1994, e quanto riportato da Interpelli, Sentenze, norme tecniche, linee guida / altro (a carattere non esaustivo):
1. Premessa 2. Il D.Lgs. 81/2008 3. Allegato IV Requisiti dei luoghi di lavoro 4. Lavorazioni insalubri 5. Industrie insalubri 6. Linee guida microclima e illuminazione/altro 7. Interpelli 8. Norme tecniche 9. Giurisprudenza 10. Regolamenti edilizi locali /Linee guida regionali 11. Altri Documenti 12. Barriere architettoniche 13. Normativa e Documenti di approfondimento
I requisiti dei luoghi di lavoro sono trattati nel D.Lgs. 81/2008 al Tittolo II (Artt. da 62 a 68), e per il microclima al Titolo VIII Art. 180 e devono essere conformi a quanto prescritto nell'All. IV.
Il Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro dedica il Titolo II ai luoghi di lavoro. In particolare, l’art. 62, comma 1, li identifica come quelli “destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza dell’azienda o dell’unità produttiva accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro”. Da questa definizione, con il comma 2, rimangono esclusi i mezzi di trasporto (considerati macchinari e rientranti nella nozione di attrezzatura di lavoro), i cantieri temporanei o mobili (trattati al Titolo IV).
1. Ferme restando le disposizioni di cui al titolo I, si intendono per luoghi di lavoro, unicamente ai fini della applicazione del presente titolo, i luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati all'interno dell'azienda o dell'unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza dell'azienda o dell'unità produttiva accessibile al lavoratore nell'ambito del proprio lavoro. 2. Le disposizioni di cui al presente titolo non si applicano:
a) ai mezzi di trasporto; b) ai cantieri temporanei o mobili; c) alle industrie estrattive; d) ai pescherecci. d-bis): ai campi, ai boschi e agli altri terreni facenti parte di un'azienda agricola o forestale.
Art. 63. Requisiti di salute e di sicurezza
1. I luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati nell'allegato IV. 2. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, dei lavoratori disabili. 3. L'obbligo di cui al comma 2 vige in particolare per le porte, le vie di circolazione, gli ascensori e le relative pulsantiere, le scale e gli accessi alle medesime, le docce, i gabinetti ed i posi di lavoro utilizzati da lavoratori disabili. 4. La disposizione di cui al comma 2 non si applica ai luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993; in ogni caso devono essere adottate misure idonee a consentire la mobilità e l'utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale. 5. Ove vincoli urbanistici o architettonici ostino agli adempimenti di cui al comma 1 il datore di lavoro, previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e previa autorizzazione dell'organo di vigilanza territorialmente competente, adotta le misure alternative che garantiscono un livello di sicurezza equivalente. 6. Comma abrogato dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
Art. 64. Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro provvede affinché:
a) i luoghi di lavoro siano conformi ai requisiti di cui all'articolo 63, commi 1, 2 e 3; b) le vie di circolazione interne o all'aperto che conducono a uscite o ad uscite di emergenza e le uscite di emergenza siano sgombre allo scopo di consentirne l'utilizzazione in ogni evenienza; c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori; d) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche adeguate; e) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla prevenzione o all'eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti a regolare manutenzione e al controllo del loro funzionamento.
Art. 65. Locali sotterranei o semisotterranei
1. È vietato destinare al lavoro locali chiusi sotterranei o semisotterranei. 2. In deroga alle disposizioni di cui al comma 1, possono essere destinati al lavoro locali chiusi sotterranei o semisotterranei, quando ricorrano particolari esigenze tecniche. In tali casi il datore di lavoro provvede ad assicurare idonee condizioni di aerazione, di illuminazione e di microclima. 3. L'organo di vigilanza può consentire l'uso dei locali chiusi sotterranei o semisotterranei anche per altre lavorazioni per le quali non ricorrono le esigenze tecniche, quando dette lavorazioni non diano luogo ad emissioni di agenti nocivi, sempre che siano rispettate le norme del presente decreto legislativo e si sia provveduto ad assicurare le condizioni di cui al comma 2.
Art. 66. Lavori in ambienti sospetti di inquinamento
1. È vietato consentire l'accesso dei lavoratori in pozzi neri, fogne, camini, fosse, gallerie e in generale in ambienti e recipienti, condutture, caldaie e simili, ove sia possibile il rilascio di gas deleteri, senza che sia stata previamente accertata l'assenza di pericolo per la vita e l'integrità fisica dei lavoratori medesimi, ovvero senza previo risanamento dell'atmosfera mediante ventilazione o altri mezzi idonei. Quando possa esservi dubbio sulla pericolosità dell'atmosfera, i lavoratori devono essere legati con cintura di sicurezza, vigilati per tutta la durata del lavoro e, ove occorra, forniti di apparecchi di protezione. L'apertura di accesso a detti luoghi deve avere dimensioni tali da poter consentire l'agevole recupero di un lavoratore privo di sensi.
Art. 67. Notifiche all'organo di vigilanza competente per territorio (1)
1. In caso di costruzione e di realizzazione di edifici o locali da adibire a lavorazioni industriali, nonché nei casi di ampliamenti e di ristrutturazioni di quelli esistenti, i relativi lavori devono essere eseguiti nel rispetto della normativa di settore e devono essere comunicati all’organo di vigilanza competente per territorio i seguenti elementi informativi: a) descrizione dell’oggetto delle lavorazioni e delle principali modalità di esecuzione delle stesse; b) descrizione delle caratteristiche dei locali e degli impianti. (2) 2. Il datore di lavoro effettua la comunicazione di cui al comma 1 nell’ambito delle istanze, delle segnalazioni o delle attestazioni presentate allo sportello unico per le attività produttive con le modalità stabilite dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuate, secondo criteri di semplicità e di comprensibilità, le informazioni da trasmettere e sono approvati i modelli uniformi da utilizzare per i fini di cui al presente articolo. 3. Le amministrazioni che ricevono le comunicazioni di cui al comma 1 provvedono a trasmettere in via telematica all’organo di vigilanza competente per territorio le informazioni loro pervenute con le modalità indicate dal comma 2. 4. L’obbligo di comunicazione di cui al comma 1 si applica ai luoghi di lavoro ove è prevista la presenza di più di tre lavoratori. 5. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 2 trovano applicazione le disposizioni di cui al comma 1. __________
(1) Sostituzione dell'intero articolo da: Art. 32, c. 1, lett. e del d.l. 21 giugno 2013, n. 69 - Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia (2) DM 18 aprile 2014 - Informazioni da trasmettere all'organo di vigilanza in caso di costruzione e di realizzazione di edifici o locali da adibire a lavorazioni industriali, nonché nei casi di ampliamenti e di ristrutturazione di quelli esistenti
Capo II Sanzioni
Art. 68. Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente
1. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.500 a 6.400 euro per la violazione dell'articolo 66; b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.000 a 4.800 euro per la violazione degli articoli 64, comma 1, e 65, commi 1 e 2; c) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 1.800 euro per la violazione dell'articolo 67, commi 1 e 2.
2. La violazione di più precetti riconducibili alla categoria omogenea di requisiti di sicurezza relativi ai luoghi di lavoro di cui all'allegato IV, punti 1. 1, 1.2, 1.3, 1.4, 1.5, 1.6, 1.7, 1.8, 1.9, 1. 10, 1.11, 1.12, 1.13, 1.14, 2.1, 2.2, 3, 4, 6.1, 6.2, 6.3, 6.4, 6.5, e 6.6, è considerata una unica violazione ed è punita con la pena prevista dal comma 1, lettera b). L'organo di vigilanza è tenuto a precisare in ogni caso, in sede di contestazione, i diversi precetti violati."[/alert] ...
Capo I Disposizioni generali ... Art. 180. Definizioni e campo di applicazione
1. Ai fini del presente decreto legislativo per agenti fisici si intendono il rumore, gli ultrasuoni, gli infrasuoni, le vibrazioni meccaniche, i campi elettromagnetici, le radiazioni ottiche, di origine artificiale, il microclima e le atmosfere iperbariche che possono comportare rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori. 2. Fermo restando quanto previsto dal presente capo, per le attività comportanti esposizione a rumore si applica il capo II, per quelle comportanti esposizione a vibrazioni si applica il capo III, per quelle comportanti esposizione a campi elettromagnetici si applica il capo IV, per quelle comportanti esposizione a radiazioni ottiche artificiali si applica il capo V. 3. La protezione dei lavoratori dalle radiazioni ionizzanti è disciplinata unicamente dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e sue successive modificazioni.[/alert]
[panel]ALLEGATO IV REQUISITI DEI LUOGHI DI LAVORO
1. AMBIENTI DI LAVORO ... 2. PRESENZA NEI LUOGHI DI LAVORO DI AGENTI NOCIVI ... 3. VASCHE, CANALIZZAZIONI, TUBAZIONI, SERBATOI, RECIPIENTI, SILOS ... 4. MISURE CONTRO L'INCENDIO E L'ESPLOSIONE
5. ----
6. DISPOSIZIONI RELATIVE ALLE AZIENDE AGRICOLE
In allegato tutti i requisiti[/panel]
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NOTA Circolare MLPS 9 dicembre 2010, n. 42 - Salute e sicurezza nei luoghi di lavoro; lavori in ambienti sospetti di inquinamento. Iniziative relative agli appalti aventi ad oggetto attività manutentive e di pulizia che espongono i lavoratori al rischio di asfissia o di intossicazione dovuta ad esalazione di sostanze tossiche o nocive.
Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie.
GU 9 agosto 1934, n. 186, S.O. ________
Capo III - Delle lavorazioni insalubri.
216. Le manifatture o fabbriche che producono vapori, gas o altre esalazioni insalubri o che possono riuscire in altro modo pericolose alla salute degli abitanti sono indicate in un elenco diviso in due classi.
La prima classe comprende quelle che debbono essere isolate nelle campagne e tenute lontane dalle abitazioni; la seconda quelle che esigono speciali cautele per la incolumità del vicinato.
Questo elenco, compilato dal consiglio superiore di sanità, è approvato dal Ministro per l'interno, sentito il Ministro per le corporazioni, e serve di norma per l'esecuzione delle presenti disposizioni.
Le stesse norme stabilite per la formazione dell'elenco sono seguite per iscrivervi ogni altra fabbrica o manifattura che posteriormente sia riconosciuta insalubre.
Una industria o manifattura la quale sia inscritta nella prima classe, può essere permessa nell'abitato, quante volte l'industriale che l'esercita provi che, per l'introduzione di nuovi metodi o speciali cautele, il suo esercizio non reca nocumento alla salute del vicinato.
Chiunque intende attivare una fabbrica o manifattura compresa nel sopra indicato elenco, deve quindici giorni prima darne avviso per iscritto al podestà, il quale, quando lo ritenga necessario nell'interesse della salute pubblica, può vietarne l'attivazione o subordinarla a determinate cautele.
Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa da lire 40.000 a lire 400.000 (3).
(3) La sanzione originaria dell'ammenda è stata sostituita, da ultimo, con la sanzione amministrativa dall'art. 32, L. 24 novembre 1981, n. 689. L'importo della sanzione è stato così elevato dall'art. 3, L. 12 luglio 1961, n. 603, nonché dall'art. 114, primo comma, della citata L. 24 novembre 1981, n. 689, in relazione all'art. 113, primo comma, della stessa legge.
217. Quando vapori, gas o altre esalazioni, scoli di acque, rifiuti solidi o liquidi provenienti da manifatture o fabbriche, possono riuscire di pericolo o di danno per la salute pubblica, il podestà prescrive le norme da applicare per prevenire o impedire il danno e il pericolo e si assicura della loro esecuzione ed efficienza.
Nel caso di inadempimento il podestà può provvedere di ufficio nei modi e termini stabiliti nel testo unico della legge comunale e provinciale. ________
Elenco delle industrie insalubri di cui all'art. 216 del testo unico delle leggi sanitarie.
(GU n.220 del 20.9.1994 S.O. n. 129)
ALLEGATO
Parte I - INDUSTRIE DI PRIMA CLASSE
A) Sostanze chimiche
Fasi interessate dell'attività industriale
1. Acetati di metile e di omologhi superiori lineari o ramificati - produzione 2. Acetilene - produzione 3. Acetone - produzione 4. Acido acetico - produzione 5. Acido benzoico - produzione 6. Acido bromidrico - produzione, impiego, deposito 7. Acido cianidrico - produzione, impiego, deposito 28. Anidride fosforica - produzione, impiego 49. Cianuri - produzione, impiego, deposito ... 86. Naftalina - produzione 87. Nerofumo (nero di carbone) - produzione 88. Nichel e composti - produzione, impiego ... 104. Sodio solfuro - produzione 105. Solfiti, bisolfiti, metasolfiti, iposolfiti - produzione, impiego 106. Solfoderivati organici (non compresi in altre voci) - produzione ... 116. Zolfo dicloruro - produzione, impiego, deposito
B) Prodotti e materiali
1. Abrasivi - produzione di abrasivi naturali e sintetici 2. Accumulatori - produzione 3. Acetati di olio di flemma - produzione ... 108. Smalti e lacche (non comprese in altre voci) - produzione, miscelazione, confezionamento 109. Solventi alogenati - produzione, impiego (ad esclusione dell'impiego nelle lavanderie a secco), deposito, miscelazione, confezionamento 110. Tabacchi - manifattura 111. Tannici, estratti e scorze concianti (vedi concianti naturali e sintetici) - produzione, formulazione 112. Tessuti (filati) - catramatura, bitumatura, smaltatura, impregnazione con resine e solvente organico; impermeabilizzazione, appretto, colorazione, stampa 113. Torba - lavorazione 114. Vetro - produzione di lastre, contenitori, fibre ottiche, vetri ottici 115. Vinacce - lavorazione
C) Attività industriali
1. Allevamento di animali 2. Stalla sosta per il bestiame 3. Mercati di bestiame ... 24. Tipografie con rotative 25. Verniciatura a fuoco e con vernici a solvente organico 26. Verniciatura elettrostatica con vernice a polvere 27. Zincatura per immersione in bagno fuso 28. Zuccherifici, raffinazione dello zucchero
Parte II - INDUSTRIE DI SECONDA CLASSE
A) Sostanze chimiche
Fasi interessate soglia quantitativa
1. Acido citrico - produzione 2. Acido lattico - produzione 3. Acido salicilico - produzione 4. Acido tartarico - produzione 5. Allume - produzione 6. Alluminio solfato - produzione 7. Bario idrossido - produzione 8. Bario perossido - produzione 9. Calcio citrato - produzione 10. Zinco e composti - produzione con processo elettrolitico
B) Materiali e prodotti
1. Abrasivi fabbricazione di mole e manufatti 2. Accumulatori - carica (con esclusione delle officine di elettrauto) 3. Aceto - produzione, deposito ... 53. Sughero - lavorazione 54. Taffetà, cerate, tele cerate - produzione
Linee guida microclioma e illuminazione Documento elaborato dal Coordimanento Tecnico delle Regioni e Province autonome, in collaborazione con l'Ipsesl, su requisiti, standard, indicazioni operative e progettuali dei luoghi di lavoro, in materia di microclima , aerazione e illuminazione.
Il rischio microclima nei luoghi di lavoro viene trattato nel titolo VIII e nell'allegato IV del titolo II del D.lgs. 81/2008. Le modalità con cui effettuare la valutazione del rischio non sono indicate in un specifico Capo del testo di legge.
Linee Guida, ad uso interno Inail, mirate alla definizione di uno standard tecnico-operativo di riferimento sul territorio nazionale per il monitoraggio microbiologico ambientale, l'unificazione dei criteri di lettura dei campioni (piastre) e di interpretazione dei risultati ottenuti e la creazione di banche-dati omogenee sugli agenti biologici negli ambienti di lavoro. La pubblicazione viene divulgata all'esterno dell'Inail come contributo e stimolo allo scambio di esperienze tra gli operatori del settore.
Negli ultimi anni gli ambienti sospetti di inquinamento o confinati sono saliti alla ribalta della cronaca per gravi infortuni mortali ripetutisi con dinamiche spesso molto simili tra loro che hanno messo in evidenza diverse criticità.
Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro
Art. 12, D.Lgs. 81/2008 e successive modifiche ed integrazioni – risposta al quesito relativo ai "servizi igienico assistenziali" (art. 63, comma 1, e allegato IV del D.Lgs. n. 81/2008).
Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro ha avanzato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione in merito alla corretta interpretazione dell’art. 63, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2008 e successive modifiche e integrazioni ed, in particolare, dei punti 1.13.1.1 e 1.13.3.1 dell’Allegato IV. Il punto 1.13.1.1 dell’Allegato IV prevede che: nei luoghi di lavoro o nelle loro immediate vicinanze deve essere messa a disposizione dei lavoratori acqua in quantità sufficiente, tanto per uso potabile quanto per lavarsi; mentre il punto 1.13.3.1 dell’Allegato IV recita: i lavoratori devono disporre, in prossimità dei loro posti di lavoro, dei locali di riposo, degli spogliatoi e delle docce, di gabinetti e di lavabi con acqua corrente calda, se necessario, e dotati di mezzi detergenti e per asciugarsi.
Re_ Nei casi in cui un luogo di lavoro è posto all’interno di un ambiente ben definito e circoscritto, considerando che la norma impone al Datore di Lavoro di mettere a disposizione del lavoratore i servizi igienico - assistenziali nel luogo di lavoro o nelle sue immediate vicinanze, si ritiene che il Datore di lavoro assolva al suo obbligo purché questi servizi, anche se non in uso esclusivo, siano fruibili dai lavoratori liberamente, facilmente e senza aggravio di costo per loro e nel rispetto delle norme igieniche. [/panel]
[panel]Interpello n. 13/2013 del 24 ottobre 2013
Consiglio Nazionale degli Ingegneri
Art. 12, D.Lgs. 81/2008 e successive modifiche ed integrazioni – risposta al quesito sull'obbligo di formazione, informazione ed addestramento per i lavoratori a domicilio.
Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha avanzato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione in merito al seguente quesito "se per i lavoratori a domicilio, che risultano dipendenti di un'azienda, ma che hanno come luogo di lavoro la propria abitazione, il datore di lavoro debba fornire a proprie spese tutta l'informazione, la formazione e l'addestramento previsto per i lavoratori dal D.Lgs. 81/2008, in particolare la formazione prevista dai recenti accordi Stato-Regioni e la formazione per addetto al primo soccorso e addetto all'antincendio. Inoltre il C.N.I. chiede di sapere se l'abitazione del lavoratore sia da considerarsi a tutti gli effetti un luogo di lavoro, cosi come definito dal D.Lgs. 81/2008, e debba pertanto essere oggetto di valutazione dei rischi, da parte del datore di lavoro." Il lavoro a domicilio può essere reso sia in forma subordinata sia in forma autonoma. È da ritenersi subordinata nei casi in cui il lavoratore è tenuto ad osservare le direttive dell'imprenditore circa le modalità di esecuzione, le caratteristiche ed i requisiti del lavoro da svolgere. Il vincolo di subordinazione non sussiste qualora il lavoratore a domicilio organizzi e conduca il lavoro in maniera autonoma. Dal punto di vista della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, l'art. 3, comma 9, del D.Lgs. 81/2008 prevede che "Fermo restando quanto previsto dalla legge 18 dicembre 1973, n. 877, ai lavoratori a domicilio ed ai lavoratori che rientrano nel campo di applicazione del contratto collettivo dei proprietari di fabbricati, trovano applicazione gli obblighi di informazione e formazione di cui agli articoli 36 e 37. Ad essi devono inoltre essere forniti i necessari dispositivi di protezione individuali in relazione alle effettive mansioni assegnate. Nell'ipotesi in cui il datore di lavoro fornisca attrezzature proprie, o per il tramite di terzi, tali attrezzature devono essere conformi alle disposizioni di cui al Titolo III".
Re_ La Commissione ritiene che il datore di lavoro è tenuto a fornire un'adeguata informazione e formazione nel rispetto di quanto previsto dall'accordo Stato-Regioni del 21/12/2011 e non anche quella specifica per il primo soccorso e antincendio. Inoltre il domicilio non è considerato luogo di lavoro, ai sensi dell'art. 62 del D.Lgs. n. 81/2008. [/panel]
[panel]Norme tecniche
UNI EN 12464-1:2011 Luce e illuminazione - Illuminazione dei posti di lavoro - Parte 1: Posti di lavoro in interni
La presente norma e' la versione ufficiale della norma europea EN 12464-1 (edizione giugno 2011). La norma specifica i requisiti di illuminazione per persone, in posti di lavoro in interni, che corrispondono alle esigenze di comfort visivo e di prestazione visiva di persone aventi normale capacita' oftalmica (visiva). Sono considerati tutti i compiti visivi abituali, inclusi quelli che comportano l'utilizzo di attrezzature munite di videoterminali.
UNI EN ISO 7730:2006 Ergonomia degli ambienti termici - Determinazione analitica e interpretazione del benessere termico mediante il calcolo degli indici PMV e PPD e dei criteri di benessere termico locale.
La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN ISO 7730 (edizione novembre 2005). La norma presenta metodi per prevedere la sensazione termica globale ed il grado di disagio (insoddisfazione termica) delle persone esposte in ambienti termici moderati. Essa consente la determinazione analitica e l'interpretazione del benessere termico mediante il calcolo del PMV (predicted mean vote - voto medio previsto) e del PPD (predicted percentage of dissatisfied - percentuale prevista di insoddisfatti) e dei criteri di benessere termico locale, fornendo le condizioni ambientali considerate accettabili per il benessere termico globale così come quelle che rappresentano il disagio locale. Essa è applicabile a uomini e donne in buona salute esposti ad ambienti chiusi nei quali si cerca di raggiungere il benessere termico, ma nei quali si hanno leggere deviazioni da quest'ultimo, nella progettazione di nuovi ambienti o nella valutazione di quelli esistenti. Sebbene sia stata elaborata specificatamente per gli ambienti di lavoro, essa è applicabile a qualunque altro tipo di ambiente. Può essere utilizzata con riferimento all'ISO/TS 14415:2005, punto 4.2, quando si considerano persone con requisiti particolari, quali quelle con disabilità fisiche. Quando si considerano spazi non condizionati, occorre tenere conto delle differenze etniche, nazionali e geografiche. ...
UNI 11146:2005 Pavimenti di calcestruzzo ad uso industriale - Criteri per la progettazione, la costruzione ed il collaudo
La norma definisce i criteri da utilizzare per la progettazione, la costruzione ed il collaudo dei pavimenti di calcestruzzo ad uso industriale.
UNI EN 16798-3:2018 (Sostituisce UNI EN 13779:2008)
Prestazione energetica degli edifici - Ventilazione per gli edifici - Parte 3: Per gli edifici non residenziali - Requisiti prestazionali per i sistemi di ventilazione e di condizionamento degli ambienti (Moduli M5-1, M5-4)
La presente norma europea si applica alla progettazione, al rendimento energetico degli edifici e all'implementazione di sistemi di ventilazione, condizionamento e condizionamento di locali per edifici non residenziali soggetti ad occupazione umana, escluse applicazioni come i processi industriali. Si concentra sulle definizioni dei vari parametri che sono rilevanti per tali sistemi. La guida per la progettazione fornita in questa norma e il CEN / TR 16798-4 sono applicabili principalmente ai sistemi di ventilazione meccanica di immissione e/o estrazione. I sistemi di ventilazione naturale o le parti naturali dei sistemi di ventilazione ibridi non sono coperti dalla presente norma. Si fa riferimento al rapporto tecnico per una guida informativa sulla progettazione di tali sistemi. Le applicazioni per la ventilazione residenziale non sono trattate nella presente norma. Le prestazioni dei sistemi di ventilazione negli edifici residenziali sono trattate in EN 15665 e CEN / TR 14788.
Scaffalature metalliche UNI EN 15878:2010 Sistemi di stoccaggio statici di acciaio - Termini e definizioni UNI EN 15512:2009 Sistemi di stoccaggio statici di acciaio - Scaffalature portapallet - Principi per la progettazione strutturale UNI EN 15620:2009 Sistemi di stoccaggio statici di acciaio - Scaffalature portapallet - Tolleranze, deformazioni e interspazi UNI EN 15635:2009 Sistemi di stoccaggio statici di acciaio - Utilizzo e manutenzione dell'attrezzatura di immagazzinaggio UNI EN 15629:2009 Sistemi di stoccaggio statici di acciaio - Specifiche dell'attrezzatura di immagazzinaggio
solo UNI:
UNI 11636:2016 Scaffalature industriali metalliche - Validazione delle attrezzature di immagazzinamento UNI 11262:2017 Scaffalature metalliche - Scaffalature commerciali di acciaio - Requisiti, metodi di calcolo e prove, fornitura, uso e manutenzione[/panel]
[panel]Giurisprudenza
La giurisprudenza prima dell’emanazione del D.Lgs. 81/08, definiva “ambiente di lavoro”: «quello che circonda il lavoratore in tutta la fase in cui si svolge l'attività lavorativa, compresi i luoghi in cui i lavoratori devono recarsi per incombenze di qualsiasi natura» (Cass. Pen. Sez. IV del 25 novembre 1961) (Cass. Pen. Sez. IV del 6 novembre 1980, Terenziani)
(Cass. Pen. Sez. IV del 27 giugno 2013, n. 28167) Secondo la Suprema Corte per “ambiente di lavoro” si deve intendere «tutto il luogo o lo spazio in cui l’attività lavorativa si sviluppa ed in cui coloro che siano autorizzati ad accedere nel cantiere e coloro che vi accedano per ragioni connesse all’attività lavorativa, possono recarsi o sostare anche in momenti di pausa, riposo o sospensione»
(Cass. Pen. Sez. IV, 27 gennaio 2011, n. 19553) «ai fini delle norme di prevenzione degli infortuni» il luogo di lavoro è individuato «nel complesso dei luoghi in cui si svolge l’attività lavorativa, e quindi non solo nel cantiere o nello stabilimento in cui usualmente si svolge la specifica attività d’impresa, ma in qualsiasi altro luogo ove il lavoratore debba recarsi per esplicare le incombenze affidategli»
(Cass. Pen. Sez. IV, 19 maggio 2011, n. 28780) «va inteso come “luogo di lavoro”, pertanto, «condizionante l’obbligo dell’attuazione delle misure antinfortunistiche […] non solo il cantiere bensì anche ogni luogo necessario in cui i lavoratori siano costretti a recarsi per incombenze varie inerenti all’attività che si svolge nel cantiere»
(Cass. Pen. Sez. IV, 20 settembre 2012, n. 36267) «Per luogo di lavoro deve intendersi qualsiasi luogo al quale il lavoratore possa accedere, anche a prescindere dalle specifiche incombenze affidatigli» (Cass. Pen. Sez. IV, 20 settembre 2012, n. 36267);
(Cass. Pen., Sez. IV, 27 novembre 2013, n. 2343) (iv) «Nella nozione di “luogo di lavoro”, rilevante ai fini della sussistenza dell'obbligo di attuare le misure antinfortunistiche, rientra ogni luogo in cui viene svolta e gestita una qualsiasi attività implicante prestazioni di lavoro, indipendentemente dalle finalità - sportive, ludiche, artistiche, di addestramento o altro - della struttura in cui essa si svolge e dell'accesso ad essa da parte di terzi estranei all'attività lavorativa.»
«Art. 64 del d. lgs. n. 81 del 2008 Il datore di lavoro ha l’obbligo di tenere sgombre le vie di fuga da materiali in modo da consentirne l’utilizzazione in caso di emergenza.»[/panel]
Linee Guida della Regione Friuli Venezia Giulia Le Linee Guida della Regione Friuli Venezia Giulia nascono con la volontà di “uniformare e standardizzare”, sul territorio regionale, i requisiti igienico-sanitari, sia riferiti agli interventi edilizi su impianti produttivi, sia allo svolgimento delle attività produttive.
Nelle Linee Guida in materia di Requisiti Igienico-Sanitari dei Luoghi di Lavoro si riporta che per attività produttive si intendono tutte le attività di produzione di beni e servizi, incluse le attività agricole, commerciali e artigiane, le attività turistiche e alberghiere, i servizi resi dalle banche e dagli intermediari finanziari, i servizi di telecomunicazioni; mentre per impianti produttivi si intendono i fabbricati, gli impianti e altri luoghi in cui si svolgono tutte o parte delle fasi di produzione di beni e servizi.
MAPO è stato sviluppato in Italia da EPM per valutare il rischio di spostare i pazienti manualmente. L'abbreviazione sta per " Movimentazione Assistita Pazienti Ospedalizzati".
Il risultato è un indice MAPO che mappa il livello di rischio di un intero reparto di cura. Questo metodo va oltre l'analisi dei trasferimenti manuali.
Il metodo MAPO
L'uso dell'indice MAPO può essere diviso in due parti. La prima parte comprende un'intervista con il capo infermiere del dipartimento e raccoglie i dati relativi al numero di dipendenti per turno, alla loro formazione e alla suddivisione dei residenti in base alla loro mobilità. La seconda parte è un tour del dipartimento stesso dove vengono controllati gli aiuti disponibili (sedie a rotelle, montacarichi, ecc.) e l'infrastruttura (dimensioni dei bagni, servizi igienici e stanze).
Vengono quindi presi in considerazione tutti i parametri che contribuiscono allo stress fisico dei dipendenti del reparto. Un fattore di rischio è determinato per ciascun parametro. Ciò porta al calcolo dell'indice MAPO.
NC: numero di pazienti non cooperativi nel dipartimento PC: numero di pazienti parzialmente cooperativi nel dipartimento OP: numero di dipendenti disponibili nel reparto per turno LF: ausili di sollevamento (dispositivi di sollevamento) - fattore di sollevamento AF: piccoli aiuti (vele scorrevoli) - fattore aggiuntivo WF: sedie a rotelle - fattore sedia a rotelle EF: ambiente e infrastruttura - fattore ambientale TF: formazione
Fattori di rischio
Staff (OP) e mobilità del paziente (NC e PC)
Nell'intervista con la capo-infermiera del dipartimento, si nota il numero di dipendenti per turno. Questo è un fattore determinante per il carico fisico durante il movimento manuale dei pazienti.
Il metodo MAPO si basa su tre classi di mobilità: attiva - metà passiva e passiva. La filosofia alla base del metodo è che i pazienti non cooperativi sono trasferiti con dispositivi di sollevamento (LF). Gli aiuti più piccoli sono raccomandati per pazienti parzialmente cooperativi (AF).
Ausili di sollevamento (LF)
Il fattore di sollevamento tiene conto degli aiuti disponibili per sollevare i pazienti nel reparto. Questi aiuti sono paranchi passivi e letti regolabili in altezza.
- Ausili di sollevamento inadeguati e inadeguati: 4 - Ausili di sollevamento inadeguati o insufficienti: 2 - Ausili di sollevamento sufficienti e adeguati: 0,5
Strumenti sufficienti indicano che esiste un sollevatore ogni 8 pazienti non cooperativi e che tutti i letti soddisfano i criteri ergonomici. Adeguato significa che almeno il 90% del sollevamento di pazienti non cooperativi viene eseguito con l'aiuto.
Quattro punti di attenzione ergonomici si applicano ai sollevatori:
- sicurezza (badante e paziente) - paziente di conforto - semplicità d'uso - basso sforzo fisico durante l'uso
Per i letti, è necessario tenere presente quanto segue:
- regolabile in altezza (idraulico o elettrico) - almeno 3 sezioni che non devono essere impostate manualmente - pannelli laterali che possono essere rimossi - 2 ruote sterzanti e 2 ruote girevoli, che sono ben mantenute
Piccoli strumenti (AF)
I piccoli aiuti sono una tela scorrevole, un materassino, una tavola scorrevole o un paranco attivo. Se almeno il 90% del trasferimento dei pazienti parzialmente cooperativi viene eseguito con questi aiuti, questi sono adeguati. Sufficiente significa che devono essere sempre lì quando necessario:
- Insufficiente o inadeguato: 1 - Sufficiente e adeguato: 0,5
Fattore di sedia a rotelle (WF)
In primo luogo, ci devono essere sufficienti sedie a rotelle nel dipartimento. Il criterio è che una sedia a rotelle è disponibile per almeno la metà dei pazienti parziali e non cooperativi. Per le case di cura, l'80% dei residenti che richiedono assistenza sono considerati sufficienti.
I diversi tipi di sedie a rotelle vengono quindi valutati in base ai loro criteri ergonomici o alla loro mancanza:
- scarsa manutenzione - freni malfunzionanti - nessun bracciolo estensibile - nessun poggiapiedi estensibile - supporto per la schiena pesante e scomodo - larghezza > 70 cm
Il numero di difetti è mediato su tutte le sedie a rotelle (MsWh) e insieme al numero determina il fattore della sedia a rotelle.
MsWh
0,5 - 1,33
1.34 - 2.66
2,67 - 4
Sufficiente
sì
no
sì
no
sì
no
WF
0.75
1
1.12
1.5
1.5
2
Es. Ci sono 10 sedie a rotelle di tre marchi diversi. Le 3 sedie a rotelle della marca x hanno freni mal funzionanti e sono troppo strette (6 difetti). Le 5 sedie a rotelle della marca y sono mal mantenute, non hanno bracci estensibili o poggiapiedi (15 difetti). Le 2 sedie a rotelle della marca z sono completamente in ordine. Il numero medio di difetti per sedia a rotelle è 2.1. Il numero di sedie a rotelle è OK in un reparto di 15 pazienti in cerca di assistenza. WF è quindi 1.12.
Ambiente e infrastrutture (EF)
In termini di infrastruttura, sono considerati tre parametri: il bagno, l'impianto idraulico (toilette) e le stanze. Per questo viene calcolato un punteggio separato, che sommati insieme determinano il fattore ambientale.
1. Bagno (MSB)
Per i bagni, viene innanzitutto fatta una panoramica delle camere disponibili con doccia e/o vasca. Questi possono essere sia bagni centrali che condivisi e docce nelle stanze stesse. I bagni con lo stesso design sono raggruppati. Per analogia con le sedie a rotelle, vengono testati i criteri ergonomici. Viene calcolato il numero medio ponderato di difetti per stanza da bagno (MSB):
- spazio insufficiente per l'uso di aiuti - la porta si apre dentro - niente doccia - nessun bagno fisso - larghezza della porta inferiore a 85 cm - ostacoli, non mobili
Il MAPO non specifica "spazio insufficiente". Per renderlo concreto, è possibile utilizzare le linee guida sull'accessibilità. Questi prescrivono:
- Min. 175 cm di spazio libero su un lato della vasca da bagno alta - Min. 80 cm di spazio libero sull'altro lato per il soccorritore - Min. 90 cm intorno alla vasca per una circolazione regolare
2. Sanitari (MSWC)
I diversi tipi di servizi igienici sono testati in base ai seguenti criteri. Viene quindi calcolata la media del numero ponderato di carenze (MSWC):
- spazio insufficiente per girare la sedia a rotelle - apertura porta - altezza della toilette insufficiente (<50 cm) - WC senza supporto a muro - larghezza della porta inferiore a 85 cm - spazio libero accanto alla toilette inferiore a 80 cm
Lo spazio sufficiente per girare con la sedia a rotelle è, secondo le linee guida sull'accessibilità, un cerchio di svolta di 150 cm.
3. Camera (MSR)
Le diverse stanze sono anche divise per tipo e valutate in base ai seguenti criteri:
- Spazio tra letti o letto / parete inferiore a 90 cm - Spazio tra la fine del letto e il muro più piccolo di 120 cm - Presenza di ostacoli fissi - Letti fissi inferiori a 70 cm - Letto insufficiente: deve essere sollevato parzialmente manualmente - Cattivi chili di lato - Spazio tra il letto e il pavimento inferiore a 15 cm - Letto a 2 ruote o senza ruote - Altezza del sedile inferiore a 50 cm
Il punteggio ambientale medio (MSE) è la somma del punteggio bagno e sanitario e stanza. Il fattore ambientale (EF) può quindi essere letto in una tabella.
MSE
0 - 5.8
5.9 - 11.6
11,7 - 17,5
EF
0.75
1.25
1.5
Fattore di formazione (TF)
Una formazione adeguata significa che almeno il 90% degli accompagnatori ha seguito una formazione di almeno 6 ore negli ultimi due anni. La formazione deve consistere in una parte teorica e pratica. Le tecniche di ricollocazione e l'uso corretto degli aiuti devono essere discussi.
Dirigente e Preposto anche di fatto: posizioni di garanzia e formazione
ID 9809 | 04.01.2020
Il Documento allegato illustra la posizione di garanzia del Datore di Lavoro, Dirigente, Preposto che hanno responsabilità in capo in materia di sicurezza, "di fatto", anche in assenza di incarico di nomina/delega. Nel caso di in cui tali figure non siano garanti di sicurezza in quanto non hanno responsabilità di sicurezza riconducibili a loro (assenza di poteri direttivi), quindi "anchenon di fatto", non sono considerati Dirigenti o Preposti ai sensi del D.Lgs. n. 81/08 (vedasi, a seguire, il principio di preminenza).
Nel Documento è illustrata la formazione richiesta a dirigenti e preposti. Indicazioni sulla formazione richiesta per Dirigenti e Preposti (Accordo Stato-Regioni il 21 dicembre 2011).
Sono fatti salvi gli aspetti contrattuali di lavoro correlati.
Excursus
[box-warning]Attenzione
Il Datore di Lavorio deve sempre preventivamente individuare Dirigenti e Preposti “anchedi fatto”. E' possibile, infatti, che tali "Figure sicurezza" definite dall' Art. 2 c. d) e f) del D.Lgs. 81/2008, in particolare il Dirigente, non coincidano con le qualifiche a livello contrattuale.
La mancata formazione (Art 37, c. 7, del D.Lgs. n. 81/08), conseguenza obbligo della individuazione della figura Art. 2 c. d) ed e) del D.Lgs. 81/2008 “anche di fatto”, è violazione sanzionata (Art. 55 e 56 del D.Lgs. n. 81/08).[/box-warning]
Il Datore di Lavoro, Dirigente, Preposto possono esercitare, "anchedi fatto", poteri direttivi in materia di sicurezza, anche senza effettivo conferimento nomina/delega (garanti della sicurezza), infatti non prevista dal D.Lgs. 81/2008.
L'individuazione dei Dirigenti/Preposti "anche di fatto" a cui sono assegnati compiti di responsabilità di sicurezza, obbliga il Datore di Lavoro alla loro formazione.
(*) Il dirigente dal punto di vista del diritto penale del lavoro, non è necessariamente colui che opera in base ad un contratto di lavoro subordinato con la qualifica di dirigente, ma è colui che, anche di fatto, svolge compiti prevenzionistici del tutto assimilabili a quelli spettanti, in senso proprio, ad un soggetto che ha il contratto di dirigente. Viceversa, colui che ha il contratto di dirigente, ma non gestisce lavoratori, e non esercita effettivamente un potere dirigenziale, organizzativo in senso proprio, non è, ai fini del diritto penale del lavoro, un dirigente. (**) La responsabilità non trova la propria origine necessariamente nel conferimento di una delega (***) Sono fatti salvi gli aspetti contrattuali del rapporto di lavoro correlati.
Fig. 1. Preposti e dirigenti di fatto e non - Flusso individuazione e formazione
"Ai fini dell’individuazione del garante nelle strutture aziendali complesse, occorre fare riferimento al soggetto espressamente deputato alla gestione del rischio essendo, comunque, generalmente riconducibile alla sfera di responsabilità del preposto, del dirigente il sinistro riconducibile al dettaglio dell’organizzazione dell’attività lavorativa e a quella del datore di lavoro
La responsabilità che non trova la propria origine necessariamente nel conferimento di una delega da parte del datore di lavoro, “rientrando tra i doveri del preposto, garante dell’obbligo di assicurare la sicurezza sul lavoro, quello di segnalare situazioni di pericolo per l’incolumità dei lavoratori e di impedire prassi lavorative contra legem”. (Cass. Cass. Pen. sez. IV, sent. n. 43853/2017 del 22.09.2017)"
Sono quindi da individuare, sempre, in ogni struttura aziendale se sono presenti "Dirigenti e Preposti di fatto", per i quali occorrerà a seguire formale nomina/delega (obbligo non previsto) e relativa formazione (obbligo previsto), si veda Fig. 1.
[box-warning]Dirigente dal punto di vista del diritto penale del lavoro
Il dirigente dal punto di vista del diritto penale del lavoro, non è necessariamente colui che opera in base ad un contratto di lavoro subordinato con la qualifica di dirigente, ma è colui che, anche di fatto, svolge compiti prevenzionistici del tutto assimilabili a quelli spettanti, in senso proprio, ad un soggetto che ha il contratto di dirigente.
Viceversa, colui che ha il contratto di dirigente, ma non gestisce lavoratori, e non esercita effettivamente un potere dirigenziale, organizzativo in senso proprio, non è, ai fini del diritto penale del lavoro, un dirigente.[/box-warning]
NB Sono quindi da individuare, sempre, in ogni struttura aziendale se sono presenti "Dirigenti e Preposti di fatto", per i quali occorrerà a seguire formale incarico nomina/delega (obbligo non sanzionato) e relativa formazione (obbligo sanzionato), si veda Fig. 2.
Fig. 2 - Individuazione Dirigente e Preposto anche di fatto e obblighi connessi.
[box-warning]Il principio di preminenza
Il principio di preminenza è un criterio comunemente utilizzato per individuare il dirigente (ma anche il preposto) in "chiunque, in qualsiasi modo, abbia assunto posizione di preminenza rispetto ad altri lavoratoricosì da poter loro impartire ordini, istruzioni o direttive sul lavoro da eseguire, deve considerarsi automaticamente tenuto, ai sensi dell' art. 4 del DPR 547/55, DPR 303/56 e D. Lgs. 626/94 [oggi D.Lgs.n. 81/2008 artt. 2 comma 1 lett. d) e 18], ad attuare le prescritte misure di sicurezza e a disporre e ad esigere che esse siano rispettate, a nulla rilevando che vi siano altri soggetti contemporaneamente gravati dallo stesso obbligo per un diverso e autonomo titolo" (Cass. Pen., sez. IV, 20/1/98 e 19/2/98). [/box-warning]
[box-note]D.Lgs. 81/2008 ... Titolo XII DISPOSIZIONI IN MATERIA PENALE E DI PROCEDURA PENALE
Art. 298. Principio di specialità
1. Quando uno stesso fatto è punito da una disposizione prevista dal titolo I e da una o più disposizioni previste negli altri titoli, si applica la disposizione speciale.
Art. 299. Esercizio di fatto di poteri direttivi
1. Le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b), d) ed e), gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti. ...[/box-note]
1. Ai fini ed agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo si intende per: ... b) "datore di lavoro": il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa. Nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale, individuato dall'organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo conto dell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l'attività, e dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa. In caso di omessa individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con l'organo di vertice medesimo; ... d) "dirigente": persona che, in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l'attività lavorativa e vigilando su di essa; e) "preposto": persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa;[/box-note] ...
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 8 dell’11 gennaio 2012 sono stati pubblicati gli accordi Stato–Regioni approvati nella seduta del 21 dicembre 2011 relativi alla individuazione dei contenuti della formazione alla sicurezza indicati nel D.Lgs. n. 81/08 e smi dall’art. 34, comma 2 (datore di lavoro, RSPP) e dall’art. 37, comma 7 (dirigenti e preposti)
B.1 Formazione preposti
Formazione Lavoratori
Accordo Stato-Regioni il 21 dicembre 2011 Accordo tra il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano per la formazione dei lavoratori, ai sensi dell’articolo 37, comma 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. Repertorio atti n. 221/CSR del 21 dicembre 2011 (G.U. 11 gennaio 2012, n. 8)
4. ARTICOLAZIONE DEL PERCORSO FORMATIVO DEI LAVORATORI E DEI SOGGETTI DI CUI ALL’ARTICOLO 21, COMMA 1, DEL D.LGS. N. 81/08
Il percorso formativo di seguito descritto si articola in due moduli distinti i cui contenuti sono individuabili alle lettere a) e b) del comma 1 e al comma 3 dell’articolo 37 del D.Lgs. n. 81/08. Inoltre con riferimento ai soggetti di cui all’articolo 21, comma 1, del D.Lgs. n. 81/08, si ritiene che i contenuti e l’articolazione della formazione di seguito individuati possano costituire riferimento anche per tali categorie di lavoratori, tenuto conto di quanto previsto dall’art. 21, comma 2, lettera b, del D.Lgs. n. 81/08. ...
Durata minima complessiva dei corsi di formazione per i lavoratori, in base alla classificazione dei settori di cui all’Allegato I:
4 ore di Formazione Generale + 4 ore di Formazione Specifica per i settori della classe di rischio basso: TOTALE 8 ore 4 ore di Formazione Generale + 8 ore di Formazione Specifica per i settori della classe di rischio medio: TOTALE 12 ore 4 ore di Formazione Generale + 12 ore di Formazione Specifica per i settori della classe di rischio alto: TOTALE 16 ore ...
5. FORMAZIONE PARTICOLARE AGGIUNTIVA PER IL PREPOSTO
La formazione del preposto, così come definito dall’articolo 2, comma 1, lettera e), del D.Lgs. n. 81/08, deve comprendere quella per i lavoratori, così come prevista ai punti precedenti, e deve essere integrata da una formazione particolare, in relazione ai compiti da lui esercitati in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
La durata minima del modulo per preposti è di 8 ore. ...
6. FORMAZIONE DEI DIRIGENTI
La formazione dei dirigenti, così come definiti dall’articolo 2, comma 1, lettera d), del D.Lgs. n. 81/08, in riferimento a quanto previsto all’articolo 37, comma 7, del D.Lgs. n. 81/08 e in relazione agli obblighi previsti all’articolo 18 sostituisce integralmente quella prevista per i lavoratori ed è strutturata in quattro moduli aventi i seguenti contenuti minimi:
MODULO 1. GIURIDICO - NORMATIVO MODULO 2. GESTIONE ED ORGANIZZAZIONE DELLA SICUREZZA MODULO 3. INDIVIDUAZIONE E VALUTAZIONE DEI RISCHI MODULO 4. COMUNICAZIONE, FORMAZIONE E CONSULTAZIONE DEI LAVORATORI ... La durata minima della formazione per i dirigenti è di 16 ore. ... segue in allegato
Criteri generali di progettazione, realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio per luoghi di lavoro, ai sensi dell'articolo 46, comma 3, lettera a), punti 1 e 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
(GU n.259 del 29.10.2021)
Entrata in vigore: 29.10.2022[/box-warning]
[box-warning]Update 04.10.2021
Pubblicato il Decreto 2 settembre 2021/ Nuovo Decreto Gestione sicurezza Antincendio (Decreto GSA)
Criteri per la gestione dei luoghi di lavoro in esercizio ed in emergenza e caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio, ai sensi dell'articolo 46, comma 3, lettera a), punto 4 e lettera b) del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. (GU n.237 del 04.10.2021)
Criteri generali per il controllo e la manutenzione degli impianti, attrezzature ed altri sistemi di sicurezza antincendio, ai sensi dell'articolo 46, comma 3, lettera a), punto 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. (GU n.230 del 25.09.2021)
Entrata in vigore: 25.09.2022[/box-warning]
[box-note]Update 03.03.2021
Bozze di DM (nr.3) riguardanti i criteri per la prevenzione e protezione antincendio nei luoghi di lavoro trasmessi il 24 e 25 febbraio 2021 alla CE di modo che quest’ultima, entro il 25 e il 26 maggio 2021, possa esaminare i testi notificati e verificare la loro conformità al diritto europeo.[/box-note]
[box-note]Update 14.10.2020
Sono previsti 3 Decreti distinti che andranno a sostituire il DM 10 marzo 1998, secondo quanto previsto dall'46 comma 3 del D.Lgs. 81/2008, l'iter di sviluppo è iniziato a fine anno 2019.[/box-note]
Art. 46 Prevenzione incendi ... 3. Fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139 e dalle disposizioni concernenti la prevenzione incendi di cui al presente decreto, i Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale, in relazione ai fattori di rischio, adottano uno o più decreti nei quali sono definiti: a) i criteri diretti atti ad individuare: 1) misure intese ad evitare l'insorgere di un incendio ed a limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi; 2) misure precauzionali di esercizio; 3) metodi di controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio; 4) criteri per la gestione delle emergenze; b) le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio, compresi i requisiti del personale addetto e la sua formazione[/box-note]
I contenuti indicati dall'art. 46 comma 3 del D. D.Lgs. 81/2008(che prevede 1 o più decreti) sono stati quindi cosi splittati:
1. Decreto Controlli Criteri generali per il controllo e la manutenzione degli impianti, attrezzature ed altri sistemi di sicurezza antincendio, ai sensi dell’articolo 46, comma 3, lettera a) punto 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81
2. Decreto GSA Criteri per la gestione dei luoghi di lavoro in esercizio ed in emergenza e caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio, ai sensi dell’articolo 46, comma 3, lettera a), punto 4 e lettera b) del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
3. Decreto Minicodice Criteri generali di progettazione, realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio per luoghi di lavoro, ai sensi dell’articolo 46, comma 3, lettera a), punti 1 e 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
I testi definitivi sono stati trasmessi alla Commissione (status quo) il 25 Febbraio 2021. Iter in corso.
Fig. 1 - Schema Art. 46 D.Lgs. 81/2008 e Decreti Prevenzione incendi luoghi di lavoro
Verifiche periodiche Idroestrattori: Note e Chiarimenti
ID 10167 | 16.02.2020
Documento (completo in allegato) sugli idroestrattori soggetti a verifica periodica di cui all’Art 71 c.11 del D.Lgs. 81/2008, esempi, note e riferimenti specifici, classificazione, riferimenti normativi.
Gli idroestrattori a forza centrifuga sono essenzialmente costituiti da un paniere che ruotando attorno ad un asse (albero) comandato da un motore provoca la separazione centrifuga dei materiali da trattare. La classificazione dei vari tipi di idroestrattori viene quindi effettuata in base alle varie caratteristiche degli organi suddetti.
Nel seguito si parlerà di “Idroestrattori”, come “macchine centrifughe/centrifughe” con “paniere” per le quali è prevista la verifica periodica attrezzature di cui all’Art 71 c.11 del D.Lgs. 81/2008. Sono escluse quindi dalle verifiche le centrifughe che non hanno paniere (altro vedi a seguire).
Le centrifughe sono soggette a marcatura CE in accordo con la Direttiva macchine 2006/14/CE con norma armonizzata in Presunzione di Conformità EN 12547:2014.
Il D.Lgs. 81/2008Allegato V al punto 5.8, riporta i requisiti di sicurezza degli delle macchine per centrifugare e simili.
Le modalità di effettuazione delle verifiche periodiche sono riportate nel D.M. 11 aprile 2011.
Come illustrato a seguire, non tutte le centrifughe sono soggette a verifica periodica, discriminanti sono
- dimensioni del paniere - funzionamento continuo - funzionamento discontinuo
Si vedano a seguire anche esempi di tipi di macchine non soggette a verifica.
Excursus
[box-note]UNI EN 12547:2014
Centrifughe - Requisiti comuni di sicurezza
La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN 12547 (edizione ottobre 2014). La norma si applica a centrifughe per la separazione o il cambiamento di concentrazione di miscele di liquidi e solidi. Essa fornisce i requisiti per ridurre al minimo i pericoli significativi collegati al funzionamento delle centrifughe.[/box-note]
PARTI PER DEFINIRE UN IDROESTRATTORE
TAMBURO: Camera contenente il prodotto da trattare e disposta per poter ruotare intorno al suo asse di simmetria.
PANIERE: Tamburo utilizzato per scopi di filtrazione, fanno parte il mantello, eventuali anelli intermedi e fasce, inferiore e superiore, bordo superiore, fondo.
[box-note]DEFINIZIONI EN 12547 - Estratto … 3.1.1 centrifuga: Dispositivo di separazione dotato di una camera che - quando in funzione - ruota attorno al suo asse di simmetria e in questo modo sottopone il materiale da trattare a una forza centrifuga
3.2Elementi di una centrifuga
3.2.1 tamburo: Camera contenente il materiale da trattare e disposta in modo da ruotare intorno al suo asse di simmetria.
3.2.2 anello: Anello fissato alla periferia esterna di un tamburo per accrescere la sua resistenza meccanica.
3.2.3 paniere: Tamburo utilizzato per scopi di filtrazione.
3.2.4 catino: Tamburo utilizzato per la separazione di liquidi non miscelabili e/o la sedimentazione di solidi.
3.2.5 rotore: Parte assemblata della centrifuga che ruota, che comprende il tamburo e l'albero con i loro accessori.
3.2.6 carcassa; Incastellatura: Involucro nel quale ruota almeno il tamburo e che può trattenere i materiali da trattare e le fasi separate che escono dal tamburo verso percorsi particolari.
Nota La carcassa può essere composta da più componenti.
3.2.7 copertura della carcassa; coperchio: Parte fissata sulla carcassa per permettere l'accesso, per esempio per ispezione, utilizzo o manutenzione.
...[/box-note]
CLASSIFICAZIONE E DESCRIZIONE DEGLI IDROESTRATTORI
A seconda che la fase di alimentazione (o caricamento) e di scarico siano o no simultanee, vengono classificate in:
- macchine di tipo continuo ovvero le principali tappe del procedimento sono effettuate in continuo
- macchine di tipo discontinuo ovvero le principali tappe del procedimento son effettuate in sequenza; rientrano in questa definizione anche le centrifughe a funzionamento intermittente ovvero può essere programmata per concatenare in sequenza alimentazione, lavaggio e marcia e dove lo scarico dei solidi può avvenire in maniera automatica o manuale.
[box-note]EN 12547 - Estratto
A.2.2 centrifuga a funzionamento continuo: Centrifuga in cui le fasi principali del processo quali alimentazione, separazione e lavaggio sono effettuate in continuo.
A.2.3 centrifuga a funzionamento discontinuo: Centrifuga in cui le fasi principali del processo quali alimentazione, separazione e lavaggio sono effettuate in sequenza.[/box-note]
Considerando la posizione dell'asse di rotazione, gli idroestrattori si distinguono In:
- idroestrattori ad asse orizzontale; - idroestrattori ad asse verticale.
Gli idroestrattori ad asse verticale possono essere ancora suddivisi a seconda del tipo di sospensione dell'incastellatura:
- idroestrattori a sospensione superiore (pendolari); - idroestrattori a sospensione inferiore.
Ciascuna delle sospensioni potrà essere: - sospensione del tipo rigido; - sospensione del tipo elastico (oscillante).
Altra suddivisione può essere fatta per macchine singole a seconda della posizione del motore:
- con motore coassiale; - con motore laterale (a sbalzo).
I tipi di idroestrattori attualmente più diffusi nell'industria, sono ad asse verticale, a sospensione inferiore oscillante e con motore a sbalzo.
Esempio di questo tipo di idroestrattore, che è riportato in Figura 2 e 3. ... Un esempio di idroestrattore ad asse orizzontare è riportato in Figura 4. ...
Figura 3 - Centrifuga verticale con scarico manuale, centrifuga a funzionamento discontinuo, macchina filtrante, macchina sedimentatrice
Legenda 1. Basamento, piedistallo 2. Telaio 3. Colonna di sospensione 4. Carcassa, incastellatura 5. Copertura, coperchio 7. Oblò 9. Albero 10. Puleggia condotta 11. Motore di trascinamento 12. Puleggia motrice 15. Paniere 16. Bordo del paniere
Figura 4 - Centrifuga orizzontale a raschiante con scarico automatico, centrifuga a funzionamento discontinuo, macchina filtrante
Legenda 2. Telaio 4. Carcassa, incastellatura 5. Copertura, coperchio 9. Albero 10. Puleggia condotta 11. Motore di trascinamento 13. Freno 15. Paniere 26. Vomere
Illustrazioni del paniere di un idroestrattore la cui dimensiona discrimina la verifica periodica Art 71 c.11 del D.Lgs. 81/2008 sono riportati in Figura 5.
... Figura 5 - Esempi di Paniere ...
VERIFICA PERIODICA IDROESTRATTORE
Per gli adempimenti di cui dell'art. 71 comma 11 del D.Lgs 9 aprile 2008, n. 81, è da considerare idroestrattore un apparecchio caratterizzato da un unico paniere ruotante resistente, avente qualsiasi forma, con o senza foratura, funzionante a forza centrifuga, nel quale le fasi lavorative avvengano in tempi distinti (fase di carico - centrifugazione - arresto - scarico), al fine di estrarre un liquido a mezzo della centrifugazione, ovvero per separare un solido (o miscele di solidi) da un liquido, oppure di liquidi da una miscela di liquidi oppure per variare le proporzioni in una miscela.
Come detto, gli droestrattori a forza centrifuga sono essenzialmente costituiti da un paniere che ruotando attorno ad un asse (albero) comandato da un motore provoca la separazione centrifuga dei materiali da trattare.
La classificazione dei vari tipi di idroestrattori viene quindi effettuata in base alle dimensioni del paniere e velocità del paniere.
Si ha quindi:
Per gli idroestrattori operanti con solventi infiammabili o tali da dar luogo a miscele esplosive od instabili l'unico parametro è il diametro esterno del paniere.
Macchine centrifughe considerate idroestrattori - soggetti a verifica
Sono considerati idroestrattori:
- gli idroestrattori per asciugare la biancheria; - gli idroestrattori per asciugare le verdure; - gli idroestrattori per masse zuccherine; - gli idroestrattori per disidratare prodotti chimici; - gli idroestrattori per disoleare minuterie metalliche.
[box-warning]Non sono invece da considerare idroestrattori:
- le macchine che fanno uso della forza centrifuga per costipare materiali, quali ad esempio le macchine a centrifugare per la produzione dei tubi di cemento o di ghisa o per la produzione di camicie di motori a scoppio; - la lavacentrifuga è una macchina nel cui paniere la biancheria o il tessuto viene prima lavato e poi asciugato mediante centrifugazione è pertanto durante questa ultima fase del ciclo operativo che essa svolge la funzione di idroestrattore per cui la fase di centrifugazione è inserita in un ciclo operativo più complesso; - le centrifughe di laboratorio.[/box-warning]
[box-warning]Non sono invece da considerare idroestrattori (assenza di un organo rotante assimilabile ad un paniere)
Non vengono considerate altresì soggette agli obblighi di verifica le macchine che, pur effettuando una separazione per effetto di forza centrifuga, non sono caratterizzate da un organo rotante assimilabile ad un paniere, quali ad esempio:
- le scrematrici per burro; - i separatori per olio di oliva; - separatori per mosti di uve.[/box-warning] ...
Figura 9 - Separatore ad asse verticale per olio di oliva (a dischi) (non considerata Idroestrattore Art. 71 c.11 D.Lgs. 81/2008) ...
PERIODICITA’ VERIFICHE PERIOCHE IDROESTRATTORI
Gli Idroestrattori in base all'art. 71 comma 11 del D. Lgs. 81/2008 e Allegato VII sono sottoposti a verifica iniziale e periodica.
...
D.Lgs. 81/2008 Allegato V … 5.8 Macchine per centrifugare e simili ...
Idroestrattori operanti con solventi
Per tali idroestrattori è stata emanata nel 1980 da parte del Ministero del Lavoro e Previdenza Sociale la circolare n. 55 del 23 giugno 1980 che rimane applicabile alle macchine messe in servizio in data antecedente al 21 settembre 1996 ovvero entrata in vigore del DPR 459/96 (abrogato, in vigoreD.Lgs 17 /2010) relativo alla marcatura CE delle macchine. ... ... D.Lgs. 81/2008 Allegato V (per idroestrattori non marcati CE) ... D.Lgs. 81/2008 Art. 71. - Obblighi del datore di lavoro ... 11. Oltre a quanto previsto dal comma 8, il datore di lavoro sottopone le attrezzature di lavoro riportate in allegato VII a verifiche periodiche volte a valutarne l'effettivo stato di conservazione e di efficienza ai fini di sicurezza, con la frequenza indicata nel medesimo allegato. La prima di tali verifiche è effettuata dall'ISPESL che vi provvede nel termine di sessanta giorni dalla richiesta, decorso inutilmente il quale il datore di lavoro può avvalersi delle ASL e o di soggetti pubblici o privati abilitati con le modalità di cui al comma 13. Le successive verifiche sono effettuate dai soggetti di cui al precedente periodo, che vi provvedono nel termine di trenta giorni dalla richiesta, decorso inutilmente il quale il datore di lavoro può avvalersi di soggetti pubblici o privati abilitati, con le modalità di cui al comma 13. ...
Sono lavoratori esposti ad atmosfere iperbariche i lavoratori che effettuano la loro attività in condizioni iperbariche ovvero in ambienti in cui la pressione è del 10% superiore alla pressione a livello del mare.
Il fattore specifico di rischio da esposizione ad atmosfere iperbariche è inserito tra i fattori di rischio fisici nel Titolo VIII del D.lgs 81/2008
[panel]Articolo 180 - Definizioni e campo di applicazione 1. Ai fini del presente Decreto Legislativo per agenti fisici si intendono il rumore, gli ultrasuoni, gli infrasuoni, le vibrazioni meccaniche, i campi elettromagnetici, le radiazioni ottiche, di origine artificiale, il microclima e le atmosfere iperbariche che possono comportare rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori.[/panel]
L’esposizione ad ambiente iperbarico può causare sia effetti di tipo acuto che di tipo cronico (barotrauma, intossicazione da gas inalati, patologie decompressive), con conseguenze più o meno gravi, che vanno dall’irritazione cutanea alla morte. I sintomi compaiono o durante o a seguito dell’esposizione, nel passaggio dall’ambiente in sovrapressione alla pressione atmosferica di partenza.
Il termine “immersione” deve essere interpretato come esposizione ad un aumento della pressione della miscela respiratoria.
Il rischio da esposizione ad atmosfera iperbarica è sempre da valutare tenendo in considerazione gli altri fattori di rischio lavorativi a cui il soggetto è esposto nelle differenti condizioni lavorative.
[box-info]Il presente elaborato risulta essere così strutturato:
1. Attività lavorative in atmosfere iperbariche 2. Normativa 3. Effetti dell'esposizione ad atmosfere iperbariche 4. Valutazione del rischio da esposizione ad Atmosfere Iperbariche 5. Prevenzione e Protezione 5.1 Attivita’ iperbariche a secco (cassonisti/lavori di escavazione in tunnel: TBM) 5.2 Attività subacquee 5.3 Attivita' iperbarica in ambito sanitario: ossigeno terapia iperbarica[/box-info]
Excursus
Attività lavorative in atmosfere iperbariche
Le attività lavorative interessate dalle atmosfere iperbariche sono:
- Attività iperbariche a secco - Attività subacquee
ATTIVITA' IPERBARICHE A SECCO:
CASSONISTI: i cassonisti sono coloro che eseguono lavori in un cassone ad aria compressa. Il cassone è un contenitore stagno che appoggia sul fondo del mare. Poiché tenderebbe spontaneamente ad allagarsi, si tiene fuori l’acqua pompando all’interno aria compressa alla pressione corrispondente alla quota di lavoro. Attualmente questa categoria di lavoratori è quasi scomparsa. LAVORI DI ESCAVAZIONE NEI TUNNEL: nei lavori di escavazione meccanizzate mediante sistemi TBM (Tunnel Bore Machine), EPB (Earth Pressure Balanced) l’effettuazione dello scavo avviene in sovrapressione, controbilanciando la pressione litostatica ed idrostatica relativa al materiale scavato: nel caso in cui il personale addetto abbia necessità di entrare nella camera di scavo, deve far necessario ricorso a camere iperbarich. La lavorazione può avvenire in roccia, suolo, sottosuolo o anche sotto il livello del mare con pressioni che comunque superano almeno di 100 Pa la pressione atmosferica.
ATTIVITA' IPERBARICA IN AMBITO SANITARIO: Ossigeno Terapia Iperbarica
L’Ossigenoterapia Iperbarica (OTI) è la somministrazione incruenta di Ossigeno puro (o di miscele gassose iperossigenate), che avviene all’interno di speciali ambienti, le Camere Iperbariche, che vengono portati ad una pressione superiore a quella atmosferica mediante pressurizzazione con aria compressa, mentre il paziente, all'interno, respira Ossigeno puro (o miscele gassose iperossigenate) in circuito chiuso, attraverso maschere, caschi o tubi endotracheali. TECNICI E MEDICI IPERBARICI: Il personale che presta servizio all'interno della Camera Iperbarica per l’assistenza ai pazienti o per interventi tecnici dentro la camera iperbarica è esposto a rischio da atmosfere iperbariche
ATTIVITA' SUBACQUEE:
SOMMOZZATORI IN SERVIZIO LOCALE: il sommozzatore in servizio locale, altrimenti detto subacqueo di porto, è la figura di riferimento per i piccoli e medi lavori portuali e di raddobbo delle navi in porto. Effettua immersioni umide respirando aria in ambienti confinati. I suoi compiti solitamente consistono nel lavorare sott’acqua per posare e riparare ponti, moli e fondamenta di arginamento portuali, ispezionare gli scafi delle navi e le installazioni subacquee per rilevare eventuali danni ed effettuare delle riparazioni minori, accertare la condizione delle navi naufragate, liberare gli ostacoli sott’acqua, praticare i fori per l'esplosivo sott'acqua, realizzare immersioni legate ad operazioni di salvataggio, di recupero o di ricerca di annegati, coordinare altri lavoratori. SUBACQUEI DI BASSO E ALTO FONDALE: il subacqueo di basso fondale opera a profondità che vanno da pochi metri fino a 50 metri in acque libere. Impiega aria ma anche miscele diverse che vanno dall’ossigeno puro al nitrox. I suoi compiti sono di supporto alle attività estrattive per la parte sommersa dell’impianto: montaggi di parti della trivella, saldature, verifica saldature, etc. Il subacqueo di alto fondale esegue le stesse operazioni, ma a profondità che vanno da 50 a 300 metri con l’impiego di ombelicale e miscele studiate ad hoc. SUBACQUEI ADDETTI AD ATTIVITA’ RICREATIVE: sono i subacquei che formano e accompagnano i turisti subacquei. I lavoratori che operano in questo settore si dividono in professionisti e dilettanti. I primi sono coloro che hanno un’altra attività subacquea professionale che si accompagna a quella di istruttore o di guida. I dilettanti sono coloro che hanno un mestiere principale che si sviluppa fuori dall’acqua. Il compito dell’istruttore è di formare l’allievo a tutte le procedure che ne renderanno sicura la permanenza sott’acqua. Opera prevalentemente in piscina ed usa esclusivamente aria. La guida subacquea ha il compito di portare sott’acqua un subacqueo autonomo o meno e di curarne la sicurezza ma soprattutto il divertimento, conducendolo dove l’immersione è più interessante e agevole. Respira prevalentemente aria e saltuariamente nitrox, sempre in ambiente umido. SUBACQUEI DEI CORPI DELLO STATO: i subacquei dei Corpi dello Stato svolgono servizi di natura varia ma, in generale, deputati a risolvere situazioni che si sono create per effetto di cause naturali o umane. Respira prevalentemente aria e saltuariamente nitrox, sempre in ambiente umido. RICERCATORI SUBACQUEI: il ricercatore subacqueo esegue rilievi di carattere scientifico che non possono essere compiuti, senza la necessaria professionalità scientifica specifica, da parte di un operatore subacqueo professionale. Il personale impiegato ha un’estrazione varia: studenti, dottorandi, ricercatori e professori. Respira prevalentemente aria e saltuariamente nitrox, sempre in ambiente umido. PESCATORI SUBACQUEI PROFESSIONALI: sono altrimenti detti corallari. La loro attività si esplica essenzialmente nella raccolta ad alta profondità di corallo ed altre specie. Operano in ambiente umido e inspirano miscele a bassa pressione parziale di ossigeno con sostituzione del gas inerte. ALTRE ATTIVITA’ SUBACQUEE: in questa categoria rientrano tutti coloro che non rientrano nelle precedenti categorie. Ad esempio ultimamente sono sempre di più gli operatori che si occupano della pulizia e manutenzione di piscine e grandi acquari
DECRETO PRESIDENTE REPUBBLICA 23 marzo 1998, n. 126 Regolamento recante norme per l'attuazione della direttiva 94/9/CE in materia di apparecchi e sistemi di protezione destinati ad essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva LEGGE 21 dicembre 1978, n. 845, Legge-quadro in materia di formazione professionale. (GU n.362 del 30-12-1978)
DECRETO MINISTERIALE 13 gennaio 1979 (in Gazzetta Ufficiale, 16 febbraio, n. 47). Istituzione della categoria dei sommozzatori in servizio locale
DECRETO MINISTERIALE 2 febbraio 1982 Modificazioni al decreto ministeriale 13 gennaio 1979 istitutivo della categoria dei sommozzatori in servizio locale.
Si rappresenta che in data 23 giugno 2020 è stata presentata una proposta di legge "Disciplina delle attività subacquee e iperbariche" (Atto camerca n. 2553).
La proposta di legge stabilisce i princìpi fondamentali in materia di attività subacquee e iperbariche e di servizi di carattere ricreativo.
Estratto Proposta di Legge:
Art. 3. (Definizioni) 1. Sono operatori subacquei e iperbarici professionali coloro i quali compiono, a titolo professionale, anche se in modo non esclusivo o non continuativo, attività connesse a lavori subacquei o iperbarici in mare e in acque interne, a profondità con pressione superiore a quella atmosferica, ovvero a pressione atmosferica con l'ausilio di appositi mezzi, strutture o veicoli subacquei. 2. Sono imprese subacquee o iperbariche le imprese che eseguono lavori subacquei o iperbarici, comprese quelle che producono impianti iperbarici. Art. 4. (Qualifiche professionali e ambiti operativi) 1. Ai fini di cui alla presente legge, per operatore tecnico subacqueo (OTS) si intende colui che, avendo acquisito le necessarie competenze attraverso un apposito iter formativo, è in grado di effettuare immersioni subacquee a scopo lavorativo a profondità e a pressione variabili, in rapporto al proprio livello di qualificazione, utilizzando attrezzature individuali di protezione termica e sistemi e attrezzature per la respirazione di gas compressi; per operatore tecnico iperbarico (OTI) si intende colui che è addetto alla manovra delle camere iperbariche e agli impianti di saturazione ovvero colui che, avendo acquisito le necessarie competenze attraverso un apposito iter formativo, è in grado di manovrare e di utilizzare l'impianto iperbarico di supporto alle attività subacquee professionali, in modo tale che agli OTS, soggetti agli agenti iperbarici, siano in ogni momento assicurate ottimali condizioni fisiologiche. 2. L'iscrizione nel registro di cui all'articolo 5 avviene per le seguenti qualifiche professionali: a) operatore di basso fondale, che effettua immersioni fino alla profondità di 50 metri; b) operatore di alto fondale, che effettua immersioni anche oltre 50 metri di profondità con il supporto di impianti iperbarici; c) OTI. Art. 5. (Registro degli operatori subacquei e iperbarici professionali) 1. Il registro dei sommozzatori in servizio locale, tenuto dal comandante del porto ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Ministro della marina mercantile 13 gennaio 1979, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 47 del 16 febbraio 1979, assume la denominazione di registro degli operatori subacquei e iperbarici professionali. 2. È fatto divieto a chiunque non sia iscritto nel registro di cui al comma 1 di svolgere a titolo professionale, anche in modo non esclusivo e non continuativo, l'attività di OTS e di OTI. 3. L'iscrizione nel registro di cui al comma 1 consente all'operatore di esercitare la sua attività nel territorio nazionale e dell'Unione europea. Art. 6. (Requisiti per l'iscrizione nel registro degli operatori subacquei e iperbarici professionali) 1. Per l'iscrizione nel registro di cui all'articolo 5 sono necessari i seguenti requisiti: a) maggiore età; b) cittadinanza italiana o di altro Stato membro dell'Unione europea. Possono chiedere l'iscrizione anche i cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea che sono in possesso di un valido titolo di soggiorno rilasciato in conformità alla normativa nazionale in materia di immigrazione; c) possesso di un titolo di studio di scuola secondaria di secondo grado o di una qualifica professionale di durata almeno triennale, compresi quelli conseguiti all'estero e riconosciuti; d) possesso di un attestato di qualificazione professionale rilasciato al termine di corsi effettuati dagli assessorati regionali preposti alla formazione professionale, aventi strutture tecniche e didattiche idonee, ovvero da scuole o centri di formazione professionale, aventi strutture tecniche e didattiche idonee, autorizzati dalle regioni territorialmente competenti; e) in alternativa a quanto disposto dalla lettera d), possesso di un attestato di qualificazione professionale rilasciato da una scuola militare o da una scuola di un corpo dello Stato; f) sana e robusta costituzione fisica, esente da difetti dell'apparato cardio-vascolare e otorino-laringoiatrico nonché da alterazioni del sistema neurologico e psichico, accertata da un medico del Ministero della salute in servizio presso gli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera (USMAF) o presso i servizi territoriali per l'assistenza sanitaria al personale navigante (SASN), da centri o da servizi di medicina iperbarica delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere o delle strutture universitarie provviste delle necessarie autorizzazioni regionali per la specifica attività, da un ufficiale medico appartenente alle Forze armate che abbia conseguito l'abilitazione o la specializzazione in medicina subacquea, da un medico specialista in medicina del nuoto e delle attività subacquee o da un medico diplomato con master universitario di II livello in medicina subacquea e iperbarica, entrambi in possesso anche di una certificazione di livello II D DMAC/EDTC med, convenzionato o accreditato dal Servizio sanitario nazionale, di seguito denominato «medico subacqueo»; g) assenza di condanne per un delitto punibile con una pena superiore a tre anni di reclusione o per un delitto contro la fede pubblica che preveda l'interdizione dai pubblici uffici, salvo che non sia intervenuta la riabilitazione. 2. Per i cittadini stranieri il titolo di qualificazione professionale per l'iscrizione nel registro di cui all'articolo 5 è valido solo se è legalmente riconosciuto nello Stato che lo ha rilasciato.
UNI 11366: 2010 - Sicurezza e tutela della salute nelle attività subacquee ed iperbariche professionali al servizio dell’industria – Procedure operative La norma definisce i criteri e le modalità per l’esecuzione di attività subacquee ed iperbariche professionali al servizio dell’industria, le caratteristiche delle attrezzature e degli equipaggiamenti utilizzati ed i requisiti di natura professionale che deve possedere il personale coinvolto, tali da garantire la sicurezza e la tutela della salute dei medesimi lavoratori durante l’espletamento delle attività. La suddetta norma viene richiamata nel Decreto Legga 24 Gennaio 2012, un riferimento che le conferisce dunque un valore cogente. UNI ISO 11107:2010 - Servizi per l'immersione ricreativa - Requisiti per i programmi di addestramento per le immersioni con aria arricchita nitrox (EAN) La norma specifica il livello di competenza richiesto ad un subacqueo per conferirgli una certificazione di subacqueo con aria arricchita nitrox da parte di una organizzazione di addestramento. La norma specifica, inoltre, le condizioni alle quali deve essere fornito questo addestramento, in aggiunta ai requisiti generali per i servizi di immersione ricreativa specificati nella ISO 24803. UNI ISO 11121:2010 - Servizi per l'immersione ricreativa - Requisiti per i programmi di addestramento introduttivi alle immersioni subacquee La norma specifica i requisiti minimi per le organizzazioni di addestramento che offrono programmi di addestramento introduttivi all'esperienza di immersione subacquea, rivolti a non subacquei. Si applica a programmi che includono partecipanti che sono portati in un ambiente acquatico aperto. Essa non si applica a programmi che sono condotti esclusivamente in un ambiente acquatico confinato (per esempio le piscine). La norma specifica, inoltre, le condizioni alle quali deve essere fornito questo servizio, in aggiunta ai requisiti generali per i servizi di immersione ricreativa specificati nella ISO 24803. UNI EN 15565:2008 - Servizi turistici - Requisiti per l'erogazione di programmi di formazione professionale e di qualifica delle guide turistiche La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN 15565 (edizione marzo 2008). La norma specifica i requisiti minimi per l'erogazione di programmi di formazione professionale e qualifica delle guide turistiche. UNI EN ISO 24801-1:2014 - Servizi per l'immersione ricreativa - Requisiti per la formazione di subacquei ricreativi - Parte 1: Livello 1 - Subacqueo non autonomo e/o guidato (Supervised Diver) La presente norma è la versione ufficiale in lingua inglese della norma europea EN ISO 24801-1 (edizione aprile 2014). La norma specifica le competenze che un subacqueo ricreativo deve acquisire affinché gli venga assegnata la qualifica di subacqueo ricreativo dall’Organizzazione di formazione, che indica che egli ha raggiunto o superato il livello 1 di subacqueo ricreativo "Subacqueo non autonomo" e/o guidato e specifica i criteri di valutazione di tali competenze. UNI EN ISO 24801-3:2014 - Servizi per l’immersione ricreativa - Requisiti per la formazione di subacquei ricreativi - Parte 3: Livello 3 – Guida subacquea (Dive leader) La presente norma è la versione ufficiale in lingua inglese della norma europea EN ISO 24801-3 (edizione aprile 2014). La norma specifica le competenze che un subacqueo ricreativo deve acquisire affinché gli venga assegnata la qualifica di subacqueo ricreativo dall’Organizzazione di formazione, che indica che egli ha raggiunto o superato il livello 3 di subacqueo ricreativo "Guida subacquea" e specifica i criteri di valutazione di tali competenze. UNI EN ISO 24802-1:2014 - Servizi per l'immersione ricreativa - Requisiti per la formazione degli istruttori subacquei - Parte 1: Livello 1 La presente norma è la versione ufficiale in lingua inglese della norma europea EN ISO 24802-1 (edizione aprile 2014). La norma specifica le competenze che un istruttore subacqueo deve acquisire affinché gli venga assegnata la qualifica di istruttore subacqueo dall’Organizzazione di formazione, che indica che egli ha raggiunto o superato il livello 1 di istruttore subacqueo e specifica i criteri di valutazione di tali competenze. UNI EN ISO 24802-2:2014 - Servizi per l'immersione ricreativa - Requisiti per la formazione degli istruttori subacquei - Parte 2: Livello 2 La presente norma è la versione ufficiale in lingua inglese della norma europea EN ISO 24802-2 (edizione aprile 2014). La norma specifica le competenze che un istruttore subacqueo deve acquisire affinché gli venga assegnata la qualifica di istruttore subacqueo dall’Organizzazione di formazione, che indica che egli ha raggiunto o superato il livello 2 di istruttore subacqueo e specifica i criteri di valutazione di tali competenze. ISO 24803:2007 - Recreational diving services -- Requirements for recreational scuba diving service providers La presente norma specifica i requisiti per i fornitori di servizi nell’ambito della subacquea ricreativa. In particolare specifica 3 aree di forniture di servizi: -formazione ed istruzione -immersioni organizzate e guidate per subacquei certificati - noleggio di attrezzature subacquee UNI EN 14467:2006 - Servizi per l'immersione ricreativa - Requisiti per i fornitori di servizi per l'immersione subacquea ricreativa La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN 14467 (edizione febbraio 2004). La norma specifica i requisiti per i fornitori dei seguenti servizi nell'ambito dei servizi per l'immersione: - addestramento e formazione; - immersioni guidate e organizzate; - fornitura dell'attrezzatura per le immersioni. I fornitori di servizio possono offrire uno o più dei precedenti servizi. La norma definisce la natura e la qualità dei servizi al cliente e si applica solamente in un ambito contrattuale. UNI EN 144-1: 2006 - Apparecchi di protezione delle vie respiratorie - Valvole per bombole per gas - Parte 1: Raccordo filettato per gambo di collegamento La presente norma è la versione ufficiale in lingua italiana della norma europea EN 144-1 (edizione agosto 2000), dell’aggiornamento A1 (edizione aprile 2003) e dell’aggiornamento A2 (edizione giugno 2005). La norma si applica al collegamento tra una valvola per bombola di gas e una bombola per gas per apparecchi di protezione delle vie respiratorie. Essa specifica le dimensioni e le tolleranze dei raccordi filettati da utilizzare negli apparecchi di protezione delle vie respiratorie e contiene i requisiti di resistenza all’impatto per il collegamento tra una bombola per gas e una valvola per bombola per gas. UNI EN 144-2:2000 - Apparecchi di protezione delle vie respiratorie - Valvole per bombole per gas - Raccordi di uscita La presente norma è la versione ufficiale in lingua italiana della norma europea EN 144-2 (edizione novembre 1998). La norma si applica al raccordo filettato usato per collegare la valvola della bombola per gas e il riduttore di pressione per i dispositivi di protezione delle vie respiratorie, ad eccezione di quelli per immersioni subacquee, contenenti aria respirabile, ossigeno o ossigeno/azoto. Essa specifica le dimensioni e le tolleranze per i raccordi utilizzati per gli apparecchi di protezione delle vie respiratorie. UNI EN 144-3:2004 - Apparecchi di protezione delle vie respiratorie - Valvole per bombole per gas - Parte 3: Raccordi di uscita per gas per l'immersione subacquea, Nitrox e ossigeno La presente norma è la versione ufficiale in lingua italiana della norma europea EN 144-3 (edizione febbraio 2003) e tiene conto dell’errata corrige del dicembre 2003 (AC:2003). La norma si applica al raccordo filettato usato per collegare la valvola della bombola per gas e il riduttore di pressione per gli apparecchi di protezione delle vie respiratorie per l immersione subacquea contenenti Nitrox respirabile con un tenore di ossigeno maggiore del 22% o ossigeno. La norma specifica le dimensioni e le tolleranze per i raccordi utilizzati per gli apparecchi di protezione delle vie respiratorie. UNI EN 137:2007 - Dispositivi di protezione delle vie respiratorie - Autorespiratori a circuito aperto ad aria compressa con maschera intera - Requisiti, prove, marcatura La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN 137 (edizione novembre 2006). La norma specifica i requisiti prestazionali minimi per autorespiratori a circuito aperto ad aria compressa con maschera intera utilizzati come dispositivi di protezione delle vie respiratorie, eccetto gli apparecchi per la fuga e per uso subacqueo. Questo equipaggiamento è destinato ad essere utilizzato in situazioni di lavoro in cui il rischio di sovrapressurizzazione delle bombole equipaggiate con le loro valvole, dovuto a condizioni ambientali molto calde, è basso. Prove di laboratorio e prove pratiche di impiego sono incluse per la verifica di conformità ai requisiti UNI EN 138:1996 - Apparecchi di protezione delle vie respiratorie. Respiratori a presa d'aria esterna per l'uso con maschera intera, semimaschera o boccaglio. Requisiti, prove, marcatura Versione in lingua italiana della norma europea EN 138 (edizione agosto 1994). Definisce i requisiti minimi e i relativi metodi di prova per i respiratori a presa d'aria esterna da utilizzare con maschere intere, semimaschere o boccagli come dispositivi di protezione delle vie respiratorie. Sono inoltre fornite indicazioni in merito alla marcatura e alle istruzioni per l'uso. UNI EN 145:2001 - Apparecchi di protezione delle vie respiratorie - Autorespiratori a circuito chiuso ad ossigeno compresso o ad ossigeno-azoto compressi - Requisiti, prove, marcatura La presente norma è la versione ufficiale in lingua italiana della norma europea EN 145 (edizione agosto 1997) e dell'aggiornamento A1 (edizione marzo 2000). La norma specifica i requisiti minimi per gli autorespiratori a circuito chiuso ad ossigeno compresso (O2) e ad ossigeno- azoto compressi (O2 - N2), utilizzati come apparecchi di protezione delle vie respiratorie, ad eccezione degli apparecchi destinati alla fuga e all'uso subacqueo. UNI EN ISO 15027-1 :2012 - Tute di protezione termica in caso di immersione - Tute da indossare permanentemente, requisiti inclusa la sicurezza La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN ISO 15027-1 (edizione novembre 2012) e tiene conto delle correzioni introdotte il 21 novembre 2012. La norma specifica i requisiti prestazionali e di sicurezza delle tute di protezione termica in caso di immersione. Essa si applica alle tute da indossare permanentemente. UNI EN ISO 15027-2 :2012 - Tute di protezione termica in caso di immersione - Tute per abbandono, requisiti inclusa la sicurezza La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN ISO 15027-2 (edizione novembre 2012). La norma specifica i requisiti prestazionali e di sicurezza delle tute di protezione termica in caso di immersione. Essa si applica alle tute per abbandono. UNI EN ISO 15027-3 :2012 - Tute di protezione termica in caso di immersione - Parte 3: Metodi di prova La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN ISO 15027-3 (edizione novembre 2012) e tiene conto delle correzioni introdotte il 21 novembre 2012. La norma specifica i metodi di prova per le tute di protezione termica in caso di immersione. Essa si applica alle tute da indossare permanentemente e alle tute per abbandono. UNI EN 1127-1:2011 - Atmosfere esplosive - Prevenzione dell'esplosione e protezione contro l'esplosione - Parte 1: Concetti fondamentali e metodologia La presente norma e' la versione ufficiale della norma europea EN 1127-1 (edizione luglio 2011). La norma specifica i metodi per l'identificazione e la valutazione delle situazioni pericolose che conducono all'esplosione e le misure di progettazione e costruzione adeguate alla sicurezza richiesta. UNI EN 1127-2:2014 - Atmosfere esplosive - Prevenzione dell'esplosione e protezione contro l'esplosione - Parte 2: Concetti fondamentali e metodologia per attività in miniera La presente norma è la versione ufficiale in lingua inglese della norma europea EN 1127-2 (edizione giugno 2014). La norma fornisce linee guida generali per la prevenzione dell’esplosione e la protezione contro le esplosioni nelle miniere mediante la definizione di concetti fondamentali e metodologia per la progettazione e costruzione di equipaggiamenti, sistemi di protezione e componenti. UNI EN 1834-2:2001 - Motori alternativi a combustione interna - Requisiti di sicurezza per la progettazione e la costruzione di motori per l'utilizzo in atmosfere potenzialmente esplosive - Motori del gruppo I per l'utilizzo in lavori sotterranei in atmosfere grisoutose con o senza polveri infiammabili La presente norma è la versione ufficiale in lingua italiana della norma europea EN 1834-2 (edizione gennaio 2000). La norma specifica i requisiti e/o le misure di sicurezza atte ad eliminare i pericoli e limitare i rischi relativi ai motori alternativi a combustione interna ad accensione per compressione appartenenti al gruppo I, categoria M 2, da utilizzarsi in lavori sotterranei in atmosfere grisoutose con o senza polveri infiammabili. UNI EN 250:2006 - Respiratori - Autorespiratori per uso subacqueo a circuito aperto ad aria compressa - Requisiti, prove, marcatura La presente norma è la versione ufficiale in lingua inglese della norma europea EN 250 (edizione aprile 2014). La norma si applica agli autorespiratori per uso subacqueo a circuito aperto ad aria compressa e ai relativi gruppi componenti. EN 14225-1:2005 - Mute umide This document specifies the construction and performance requirements (including thermal) of wet suits for wear by divers for underwater activities where the user is breathing underwater. Marking, labelling, information to be provided at the point of sale, and instructions for use are also specified. Laboratory and practical performance tests are specified. Short sleeve jackets, short-leg trousers, under and over-garments, and separate accessories such as gloves, hoods and boots are not within the scope of this document. EN 14225-2:2005 - Mute stagne This document specifies the construction and performance, of dry suits for wear by divers for underwater activities where the user is breathing underwater. Marking, labelling, information to be provided at the point of sale, and instructions for use are also specified. Laboratory and practical performance tests are specified. UNI EN 14931:2006 Camere iperbariche per persone - Camere iperbariche multiposto per terapia iperbarica - Prestazioni, requisiti di sicurezza e prove La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN 14931 (edizione giugno 2006). La norma si applica alle prestazioni, ai requisiti di sicurezza e ai metodi di prova associati delle camere iperbariche multiposto per terapia iperbarica.
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Valutazione del rischio da esposizione ad Atmosfere Iperbariche
Il rischio da esposizione ad ATMOSFERE IPERBARICHE è un rischio multifattoriale che va valutato tenendo in considerazione gli altri rischi specifici del contesto lavorativo in cui si opera.
I rischi specifici da atmosfere iperbariche sono legati sia all’adattamento dell’organismo alle variazioni della pressione esterna sia alle variazioni della pressione parziale dei differenti gas che vengono inalati dall’operatore.
Considerando che non esiste un capo specifico del Decreto 81/2008 per questo agente, è necessario ai fini della valutazione del rischio, fare riferimento all’articolo 181 secondo il quale la valutazione del rischio deve far riferimento alle norme di buona tecnica ed alle buone prassi. Nel seguito si individuano i principali criteri valutativi del rischio iperbarico per le tre categorie di attività ove tale rischio è presente.
ATTIVITA’ IPERBARICHE A SECCO (CASSONISTI/LAVORI DI ESCAVAZIONE NEI TUNNEL TBM)
Il riferimento normativo ancora in vigore per tali tipologie di attività è il D.P.R 321/56, che specifica accuratamente la procedura di decompressione, è da considerarsi obsoleto.
Le procedure di compressione e decompressione sono enunciate nei seguenti articoli:
Art. 28 (Compressione e decompressione): vengono specificate le tempistiche di compressione e decompressione
Art. 36 (Durata del lavoro): in questo articolo viene presentata una tabella dove si indicano i limiti di durata del lavoro
Le procedure indicate in questo articolo risultano oboslete ed espongono il lavoratore ad un doppio stress decompressivo, in quanto prescrivono di spezzare il turno di lavoro in due parti e di trascorrere l’intervallo tra i due periodi all’aria aperta. L’unificazione dei periodi deve essere espressamente autorizzata dall’ispettorato al Lavoro e anche in questo si riscontrano criteri degli anni '50 non più attuali.
Un importante riferimento ai fini della sicurezza è costituito dalla norma UNI EN 12110:2014 “Macchine per scavo meccanizzato di gallerie. Zone di pressione. Requisiti di sicurezza".
Il Decreto legge 24 gennaio 2012 “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”, meglio noto come “decreto liberalizzazioni”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, all’articolo 16 (“Sviluppo di risorse energetiche e minerarie nazionali strategiche”) richiama la norma UNI 11366 : 2010; “Sicurezza e tutela della salute nelle attività subacquee ed iperbariche professionali al servizio dell’industria – Procedure operative, Ente Nazionale Italiano di Unificazione, Milano, 2010.”
Il sopra citato articolo 16, al punto 2, stabilisce che le attività “di cui all’articolo 53 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1979, n. 886, sono svolte secondo le norme vigenti, le regole di buona tecnica di cui alla norma UNI 11366”. Un riferimento che conferisce dunque alla norma un valore cogente.
Domanda frequente sono i termini entro i quali deve essere elaborato il Documento di Valutazione dei Rischi di cui al D.Lgs. 81/2008. Il Documento allegato con nota a seguire da indicazioni in merito, seguendo anche l'evoluzione legislativa degli Artt. 28 e 29 del D.Lgs. 81/2008, articoli in cui sono anche riportate le indicazioni relative alle tempistiche.
Formalmente il DVR deve essere elaborato: - per "nuove Imprese" entro 90 giorni; - per "modifiche" entro 30 giorni, ma "tecnicamente" tali termini si riducono a "immediato". Vedasi a seguire.
Gli Artt. 28 e 29 del D.Lgs. 81/2008 hanno subito nel tempo (2009 e 2014) modifiche sulle tempistische di cui a seguire.
[box-note]D.Lgs. 81/2008 Stato attuale Artt. 28 e 29
D.Lgs. 81/2008 ... Art. 28. Oggetto della valutazione dei rischi
1. La valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei miscele chimiche (7) impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell'accordo europeo dell'8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonché quelli connessi alle differenze di genere, all'età, alla provenienza da altri Paesi e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro e i rischi derivanti dal possibile rinvenimento di ordigni bellici inesplosi nei cantieri temporanei o mobili, come definiti dall'articolo 89, comma 1, lettera a), del presente decreto, interessati da attività di scavo. (2)
1-bis. La valutazione dello stress lavoro-correlato di cui al comma 1 è effettuata nel rispetto delle indicazioni di cui all'articolo 6, comma 8, lettera m-quater), e il relativo obbligo decorre dalla elaborazione delle predette indicazioni e comunque, anche in difetto di tale elaborazione, a fare data dal 1° agosto 2010. (4)(5)
2. Il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), redatto a conclusione della valutazione, può essere tenuto, nel rispetto delle previsioni di cui all'articolo 53, su supporto informatico e deve essere munito anche tramite le procedure applicabili ai supporti informatici di cui all'articolo 53, di data certa o attestata dalla sottoscrizione del documento medesimo da parte del datore di lavoro, nonché, ai soli fini della prova della data, dalla sottoscrizione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale e del medico competente, ove nominato, e contenere:
a) una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa. La scelta dei criteri di redazione del documento è rimessa al datore di lavoro, che vi provvede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la completezza e l'idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione; b) l'indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, a seguito della valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a); c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza; d) l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri; e) l'indicazione del nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o di quello territoriale e del medico competente che ha partecipato alla valutazione del rischio; f) l'individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento.
3. Il contenuto del documento di cui al comma 2 deve altresì rispettare le indicazioni previste dalle specifiche norme sulla valutazione dei rischi contenute nei successivi titoli del presente decreto. 3-bis. In caso di costituzione di nuova impresa, il datore di lavoro è tenuto ad effettuare immediatamente la valutazione dei rischi elaborando il relativo documento entro novanta giorni dalla data di inizio della propria attività.(0) (1)
Anche in caso di costituzione di nuova impresa, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell'adempimento degli obblighi di cui al comma 2, lettere b), c), d), e) e f), e al comma 3, e immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. A tale documentazione accede, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.(3)
3-ter. Ai fini della valutazione di cui al comma 1, l'Inail, anche in collaborazione con le aziende sanitarie locali per il tramite del Coordinamento Tecnico delle Regioni e i soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettera ee), rende disponibili al datore di lavoro strumenti tecnici e specialistici per la riduzione dei livelli di rischio. L'Inail e le aziende sanitarie locali svolgono la predetta attività con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. (6) _________
(0) Il D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro dopo il comma 3 è aggiunto il seguente 3-bis. (1) Il Decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ha disposto (con l'art. 8, comma 12) che "al fine di adottare le opportune misure organizzative, nei confronti delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e dei datori di lavoro del settore privato il termine di applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 28 e 29 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di rischio da stress lavoro-correlato, è differito al 31 dicembre 2010 e quello di cui all'articolo 3, comma 2, primo periodo, del medesimo decreto legislativo è differito di dodici mesi". (2) La legge 1 ottobre 2012, n. 177 aggiunge l'ultimo periodo "e i rischi derivanti dal possibile rinvenimento di ordigni bellici inesplosi nei cantieri temporanei o mobili, come definiti dall'articolo 89, comma 1, lettera a), del presente decreto, interessati da attività di scavo" (3) La Legge 30 ottobre 2014, n. 161, all'articolo 13 modifica il comma 3 bis. (4)Circolare MLPS 18 novembre 2010, Approvazione delle indicazioni necessarie alla valutazione del rischio da stress lavoro-correlato di cui all'articolo 28, comma 1- bis, del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (5)Ministero dell'interno, circ. 2 marzo 2015 - Valutazione del rischio stress lavoro-correlato nel personale che presta servizio nelle strutture centrali e periferiche dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza (6) Comma inserito dall'art. 20, comma 1 lett. e del d.lgs. 14 settembre 2015, n. 151 - Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183 (7) Come modificato dall' art. 1, lett. a del d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 39
Art. 29. Modalità di effettuazione della valutazione dei rischi
1. Il datore di lavoro effettua la valutazione ed elabora il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, nei casi di cui all'articolo 41.
2. Le attività di cui al comma 1 sono realizzate previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
3. La valutazione dei rischi deve essere immediatamente rielaborata, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità. A seguito di tale rielaborazione, le misure di prevenzione debbono essere aggiornate. Nelle ipotesi di cui ai periodi che precedono il documento di valutazione dei rischi deve essere rielaborato, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, nel termine di trenta giorni dalle rispettive causali. Anche in caso di rielaborazione della valutazione dei rischi, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell'aggiornamento delle misure di prevenzione e immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. A tale documentazione accede, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (8)
4. Il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), e quello di cui all'articolo 26, comma 3, devono essere custoditi presso l'unità produttiva alla quale si riferisce la valutazione dei rischi.
5. Fermo restando quanto previsto al comma 6-ter, (6) i datori di lavoro che occupano fino a 10 lavoratori effettuano la valutazione dei rischi di cui al presente articolo sulla base delle procedure standardizzate di cui all'articolo 6, comma 8, lettera f). Fino alla scadenza del terzo mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto interministeriale di cui all'articolo 6, comma 8, lettera f), e, comunque, non oltre il 30 giugno 2013, gli stessi datori di lavoro possono autocertificare l'effettuazione della valutazione dei rischi. Quanto previsto nel precedente periodo non si applica alle attività di cui all'articolo 31, comma 6, lettere a), b), c), d) nonché g). (2) (3) (4) (5)
6. Fermo restando quanto previsto al comma 6-ter, (6) i datori di lavoro che occupano fino a 50 lavoratori possono effettuare la valutazione dei rischi sulla base delle procedure standardizzate di cui all'articolo 6, comma 8, lettera f). Nelle more dell'elaborazione di tali procedure trovano applicazione le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, e 4. (3)
6-bis. Le procedure standardizzate di cui al comma 6, anche con riferimento alle aziende che rientrano nel campo di applicazione del titolo IV, sono adottate nel rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 28.
6-ter. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare, sulla base delle indicazioni della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro e previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuati settori di attività a basso rischio di infortuni e malattie professionali, sulla base di criteri e parametri oggettivi, desunti dagli indici infortunistici dell’INAIL e relativi alle malattie professionali di settore e specifiche della singola azienda. Il decreto di cui al primo periodo reca in allegato il modello con il quale, fermi restando i relativi obblighi, i datori di lavoro delle aziende che operano nei settori di attività a basso rischio infortunistico possono dimostrare di aver effettuato la valutazione dei rischi di cui agli articoli 17, 28 e al presente articolo. Resta ferma la facoltà delle aziende di utilizzare le procedure standardizzate previste dai commi 5 e 6 del presente articolo. (6) (7)
6-quater. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottarsi previo parere della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, sono individuati strumenti di supporto per la valutazione dei rischi di cui agli articoli 17 e 28 e al presente articolo, tra i quali gli strumenti informatizzati secondo il prototipo europeo OIRA (Online Interactive Risk Assessment). (6) (9)
7. Le disposizioni di cui al comma 6 non si applicano alle attività svolte nelle seguenti aziende: a) aziende di cui all'articolo 31, comma 6, lettere a), b), c), d), f) e g); b) aziende in cui si svolgono attività che espongono i lavoratori a rischi chimici, biologici, da atmosfere esplosive, cancerogeni mutageni, connessi all'esposizione ad amianto; c) [Lettera soppressa dal D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.] (1) ________
(1) Il Decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ha disposto (con l'art. 8, comma 12) che "al fine di adottare le opportune misure organizzative, nei confronti delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e dei datori di lavoro del settore privato il termine di applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 28 e 29 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di rischio da stress lavoro-correlato, è differito al 31 dicembre 2010 e quello di cui all'articolo 3, comma 2, primo periodo, del medesimo decreto legislativo è differito di dodici mesi". (2) Decreto-Legge 12 maggio 2012, n. 57 -Disposizioni urgenti in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro nel settore dei trasporti e delle microimprese ha modificato l'art. 29, comma 5, prorogando di 6 mesi la autocertificazione. (3) Decreto interministeriale, 30 novembre 2012 - Recepimento delle procedure standardizzate di effettuazione della valutazione dei rischi di cui all'articolo 29, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modifiche ed integrazioni, ai sensi dell'articolo 6, comma 8, lettera f), del medesimo decreto legislativo. (4) La Legge 24 dicembre 2012, n. 228, (art. 1, comma 388, tabella 2, n. 9) dispone la modificato l'art. 29, comma 5, prorogando al 30 giugno 2013 il precedente termine. (5) Nota MLPS 31 gennaio 2013, n. 2583 - Decreto interministeriale sulle procedure standardizzate - chiarimenti inerenti al termine finale dell’esercizio della facoltà di autocertificare la valutazione dei rischi (articolo 29, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modifiche e integrazioni). (6) Il Decreto-Legge 21 giugno 2013, n. 69 - Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia (art. 32, c. 1, lett. b), dispone la modifica dell'art. 29, commi 5 e 6 e aggiunge i commi 6-ter e 6-quater. Il comma 2 dell'art. 32 dispone che il decreto di cui al comma 6 ter venga adottato entro 90 giorni dall'entrata in vigore del decreto stesso. (7) Comma modificato dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia (8) La Legge 30 ottobre 2014, n. 161, all'articolo 13 modifica il comma 3. (9) Comma sostituito dall'art. 20, comma 1 lett. f del d.lgs. 14 settembre 2015, n. 151 - Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183. [/box-note]
__________
2009 - Integrazione del D.Lgs. 106/2009
Entrambi questi articoli 28 e 29 nativi del D.Lgs. 81/2008furono da subito oggetto di discussione, il Legislatore modificò ed integrò il loro contenuto già con il successivo D.Lgs. 106/09 (Correttivo sicurezza).
All’articolo 28 fu aggiunto un nuovo comma: il 3-bis di seguito riportato:
D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106 ... Art. 18 (Modifiche all'articolo 28 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81) .... e) dopo il comma 3 e' aggiunto il seguente: "3-bis. In caso di costituzione di nuova impresa, il datore di lavoro e' tenuto ad effettuare immediatamente la valutazione dei rischi elaborando il relativo documento entro novanta giorni dalla data di inizio della propria attivita'.".
2014 - Procedura di infrazione n. 2010/4227
Questi nuovi termini sono rimasti validi fino al 25 novembre 2014 (entrata in vigore della Legge 30 ottobre 2014 n. 161), quando, in seguito alla procedura di infrazione n. 2010/4227 comminata all’Italia dalla Comunità Europea, la stessa è stata chiusa inserendo l'Art. 13 nella Legge 30 ottobre 2014 n. 161 (Legge europea 2013-bis), che ha modificato il D.Lgs. 81/08 introducendo 2 periodi all'Art. 28 comma 3-bis e all'Art. 29 comma 3.
Legge 30 ottobre 2014 n. 161 ... Art. 13 1. Al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 28, comma 3-bis, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Anche in caso di costituzione di nuova impresa, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell'adempimento degli obblighi di cui al comma 2, lettere b), c), d), e) e f), e al comma 3, e immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. A tale documentazione accede, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza»;
b) all'articolo 29, comma 3, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Anche in caso di rielaborazione della valutazione dei rischi, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell'aggiornamento delle misure di prevenzione e immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. A tale documentazione accede, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza».
[box-note]Immediata evidenza con idonea Documentazione VR nuova impresa D.Lgs. 81/2008 ... Art. 28. Oggetto della valutazione dei rischi ... 2. Il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), redatto a conclusione della valutazione, può essere tenuto, nel rispetto delle previsioni di cui all'articolo 53, su supporto informatico e deve essere munito anche tramite le procedure applicabili ai supporti informatici di cui all'articolo 53, di data certa o attestata dalla sottoscrizione del documento medesimo da parte del datore di lavoro, nonché, ai soli fini della prova della data, dalla sottoscrizione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale e del medico competente, ove nominato,e contenere: ... b) l'indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, a seguito della valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a); c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza; d) l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri; e) l'indicazione del nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o di quello territoriale e del medico competente che ha partecipato alla valutazione del rischio; f) l'individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento.
3. Il contenuto del documento di cui al comma 2 deve altresì rispettare le indicazioni previste dalle specifiche norme sulla valutazione dei rischi contenute nei successivi titoli del presente decreto. 3-bis. In caso di costituzione di nuova impresa, il datore di lavoro è tenuto ad effettuare immediatamente la valutazione dei rischi elaborando il relativo documento entro novanta giorni dalla data di inizio della propria attività.
Anche in caso di costituzione di nuova impresa, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell'adempimento degli obblighi di cui al comma 2, lettere b), c), d), e) e f), e al comma 3, e immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. A tale documentazione accede, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.[/box-note]
Con queste integrazioni il datore di lavoro, che avvia una nuova attività deve immediatamente (quindi prima dei 90 giorni) provvedere ad elaborare idonea documentazione, al cui interno siano riportate:
- le misure di protezione e prevenzione adottate e i DPI utilizzati; - le indicazioni inerenti il programma delle misure di miglioramento; - le procedure da attuare e le figure aziendali che devono occuparsene; - le mansioni maggiormente esposte a rischi specifici e che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento; - il nominativo del RSPP, del RLS ed, eventualmente, del Medico competente, che hanno partecipato alla valutazione dei rischi.
In pratica ciò significa che il datore di lavoro di una nuova impresa deve provvedere subito, e non entro 90 giorni, alla redazione di gran parte del Documento di Valutazione dei Rischi, dandone immediata comunicazione al RLS. (Fig. 1)
Fig. 1 - DVR Nuova impresa
[box-note]Immediata rielaborazione VR modifiche processo, ecc. D.Lgs. 81/2008 ... Art. 29. Modalità di effettuazione della valutazione dei rischi ...
3. La valutazione dei rischi deve essere immediatamente rielaborata, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità. A seguito di tale rielaborazione, le misure di prevenzione debbono essere aggiornate. Nelle ipotesi di cui ai periodi che precedono il documento di valutazione dei rischi deve essere rielaborato, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, nel termine di trenta giorni dalle rispettive causali. Anche in caso di rielaborazione della valutazione dei rischi, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell'aggiornamento delle misure di prevenzione e immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. A tale documentazione accede, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.[/box-note]
...
Quindi il datore di lavoro deve provvedere all’aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi in presenza di:
- modifiche del processo produttivo o dell’organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori - in relazione al grado di evoluzione della tecnica - a seguito di infortuni significativi - quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità
Tale aggiornamento va effettuato entro 30 giorni dal verificarsi di una delle occorrenze soprariportate dandone immediata evidenza, attraverso la produzione di adeguata documentazione, e con immediata comunicazione RLS. (Fig. 2)
Metodo Snook Ciriello - Valutazione Traino/Spinta UNI ISO 11228-2
ID 8499 | 09.06.2019
Il presente elaborato analizza la norma UNI ISO 11228-2, la quale permette di valutare e caratterizzare i rischi connessi ad attività di traino e spinta svolte da un lavoratore adulto in posizione eretta, che applica la forza con entrambe le mani per muovere (o arrestare) un oggetto (generalmente un carrello).
Il protocollo prevede la valutazione del rischio secondo gradi di approfondimento successivi, attraverso i quali si procede:
[alert]1. all’identificazione dei pericoli (forza, postura, distanza percorsa, caratteristiche dell’oggetto, caratteristiche individuali dell’operatore, organizzazione del lavoro);
2. alla stima del rischio;
3. alla valutazione e alla quantificazione del rischio.
Per quanto riguarda la fase di valutazione, la norma prevede la possibilità di utilizzare due metodi di analisi, caratterizzati da diverso grado di approfondimento.[/alert]
Metodo 1
Viene utilizzato per valutare in modo relativamente rapido i rischi connessi alle operazioni di spinta e traino di un oggetto. Sulla base dell’analisi condotta con una check list, si procede alla valutazione generale dei rischi connessi alle operazioni di traino e spinta, per le quali occorre conoscere l’altezza delle maniglie o del punto di applicazione della forza, la distanza da percorrere, l’entità della forza impiegata, la sua frequenza di applicazione e la composizione (maschile/femminile) della popolazione lavorativa. Il confronto tra i valori di forza (iniziale e di mantenimento) misurati con un dinamometro e quelli ricavati dalle “tabelle psicofisiche” di Snook e Ciriello determina l’indice di rischio (IR), che permette di classificare come “accettabile” o “inaccettabile” un compito di spinta o traino di un carico.
Metodo 2
Viene impiegato nei casi in cui il metodo 1 rilevi una condizione operativa “inaccettabile” dal punto di vista del sovraccarico biomeccanico; permette di calcolare i limiti di accettabilità basati sulla forza muscolare (FBr) e sulla forza compressiva nella zona lombare (FLs). A partire da questi valori, si può calcolare il limite di sicurezza (FL), determinato dal rapporto tra i valori di forza esercitata dall’operatore durante la spinta o il traino, effettivamente misurati con il dinamometro e quelli individuati nelle tabelle appropriate. Il metodo in questione, estremamente complesso, necessita di una notevole esperienza per la sua applicazione.
Riferimenti normativi
- D.lgs. 81/08 e s.m.i. (in particolare Titolo VI e Allegato XXXIII). - Direttiva 90/269/CEE - UNI EN 1005-2 (2003). Sicurezza del macchinario; Prestazione fisica umana: Movimentazione manuale di macchinario e di parti componenti il macchinario. - UNI ISO 11228-1 (2003). Ergonomia - Movimentazione manuale - Parte 1: Sollevamento e trasporto. - ISO TR 12295 (2014). Ergonomics - Application document for ISO standards on manual handling (ISO 11228-1, ISO 11228-2 and ISO 11228-3) and evaluation of static working postures (ISO 11226). - UNI ISO 11228-2:2009 “Ergonomia – Movimentazione manuale – Spinta e traino”. - Snook S.H. and Ciriello V.M. “The design of manual handling tasks: revised tables of maximum acceptable weights and forces”, Ergonomics 1991, vol. 34, no. 9, 1197-1213. ...
Sommario Premessa 1. Definizioni 2. Quick assessment 3. La valutazione di azioni di spinta o traino e di trasporto dei carichi in piano 4. La Norma UNI ISO 11228-2 5. Stima del rischio e sua valutazione 6. Trasporto traino e spinta manuale il calcolo dell’indice di Esposizione 7. Operazioni di traino e spinta manuale 8. Criteri interpretativi degli indici espositivi finali 9. Sintesi delle Tavole di Snook e Ciriello per azioni di trasporto, traino e spinta 10. Vantaggi e svantaggi del metodo Snook e Ciriello 11. Interpretazione dell'indice di esposizione Fonti ...
La Norma UNI ISO 11228-2
In linea di principio, la movimentazione manuale dei carichi, rappresentando un potenziale pericolo per i lavoratori, dovrebbe essere sempre evitata. La Norma UNI ISO 11228-2 entra in gioco nel momento in cui, non essendo possibile eliminare le fasi più gravose, sia necessario esaminare in modo approfondito i fattori che rendono rischiosa le attività di traino e spinta; per mezzo del protocollo descritto nella norma è possibile qualificare e quantificare gli elementi che determinano il rischio per migliorare le condizioni operative legate alle attività di traino e spinta. L’analisi prevede due fasi (metodi) di approfondimento successivo attraverso le quali si procede dapprima all’identificazione dei pericoli, alla stima del rischio e infine alla sua valutazione, come rappresentato nella figura 1.
Figura 1 - Valutazione dei rischi secondo la Norma UNI ISO 11228-2.
Stima del rischio e sua valutazione
Come già detto la Norma ISO 11228-2 prevede due differenti metodi di valutazione.
Il metodo 1
Costituisce una rapida analisi del compito, mediante prospetti psicofisici, che individuano i valori di riferimento delle forze iniziali e delle forze di mantenimento considerate accettabili, in funzione delle variabili che costituiscono l'attività quali: l'altezza delle mani al punto di applicazione della forza, la distanza percorsa, la frequenza dei compiti di movimentazione, la differenza di genere. Il primo metodo non propone solamente i valori di riferimento suggeriti, ma espone anche le fasi di valutazione per la riduzione del rischio rilevato.
Nell'allegato A della norma troviamo anche i prospetti da compilare durante la raccolta dati:
primo prospetto: contiene uno screening di presenza/assenza del pericolo. A risposta affermativa a questa analisi occorre proseguire con il secondo prospetto.
secondo prospetto: comporta la individuazione delle posizioni lavorative, del personale coinvolto e del flusso operativo.
terzo prospetto: vi si trova la scheda per la valutazione dei fattori di rischio potenziali. In sostanza questa tabella è una check list che propone svariate domande su sei elementi da analizzare preventivamente al rilievo delle forze e cioè: il compito da eseguire, l'oggetto da spostare, la caratteristica delle ruote o delle rotelle presenti, l'ambiente di lavoro ove è eseguita, le capacità individuali dell'operatore ed eventuali altri fattori presenti. La compilazione della checklist prevede una risposta del tipo si/no, ove la risposta affermativa individua la presenza di rischio. Quando il rischio è presente, si devono trascrivere le motivazioni della identificazione del pericolo, e i possibili suggerimenti e azioni di miglioramento.
NB: i primi tre prospetti possono essere superati utilizzando la tecnica del quick assessment per le azioni di Traino e Spinta
quarto prospetto: si esegue la determinazione delle forze iniziali e di mantenimento. Per effettuare una corretta valutazione, occorre rilevare:
- l'altezza delle mani;
- la distanza di spinta o traino;
- la frequenza delle azioni di spinta/traino, sia iniziale sia di mantenimento;
- la popolazione lavoratrice, cioè la sua composizione: interamente maschile (usare i limiti per i maschi) oppure interamente femminile o mista maschi/femmine (usare i limiti per le femmine);
Ricerca delle forze accettabili. Successivamente (prospetti da 5 ad 8), occorre individuare le forze accettabili, iniziali e di mantenimento, per salvaguardare il 90% della popolazione di utilizzatori prevista.
Misura delle forze iniziali e di mantenimento. Durante sopralluoghi è infine necessario misurare le forze iniziali e di mantenimento. Per effettuare correttamente le misure, chiare indicazioni pratiche sono descritte nell'Allegato D.
Classificazione del rischio. Una volta raccolti tutti i dati e misurate le forze in gioco si procede al loro confronto con la classificazione del rischio fornita.
[alert]Il metodo 1 individua solamente due condizioni: presenza o assenza di rischio (fascia rosso/fascia verde), proponendo però tre possibili condizioni che coinvolgono anche i risultati della compilazione del prospetto 3 (o del quick assessment) riguardante la sussistenza di possibili altri fattori di rischio presenti:
- se le forze misurate sono maggiori delle forze raccomandate, il rischio è presente e quindi siamo in fascia ROSSA;
- se le forze misurate sono inferiori a quelle raccomandate, ma in check list esiste un numero predominante di fattori di rischio presenti, allora siamo comunque in presenza di rischio e la fascia permane ROSSA;
- altrimenti, classificare il rischio come VERDE.[/alert]
Il metodo 2
Il secondo metodo proposto dalla Norma 11228-2 è di complessa esecuzione. Adotta una procedura per la determinazione analitica dei limiti di forza della spinta e del traino a corpo intero, utilizzando le caratteristiche sia demografiche che antropometriche della popolazione di utilizzatori prevista. Questi valori dovrebbero essere ricavati da uno studio accurato della popolazione specifica di utilizzatori.
La procedura del Metodo 2 si divide in quattro parti:
Parte A -Determinazione dei limiti di forza muscolari: individua i limiti di forza sulla base delle misurazioni di forza statica e li pondera secondo le caratteristiche della popolazione (ovvero, età, genere e statura) e i requisiti del compito (ovvero frequenza, durata e distanza del compito di spinta/traino).
Parte B - Determinazione dei limiti di forza compressivi spinali: tiene conto dei risultanti di studi su forze compressive spinali lombari in compiti di spinta/traino e regola le forze di spinta/traino secondo i limiti di compressione spinale per età e sesso.
Parte C - Determinazione dei limiti delle massime forze accettabili; identifica la forza massima applicabile utilizzando i limiti di forza basati sulla forza muscolare.
Parte D - Determinazione dei limiti di sicurezza: definisce i limiti di sicurezza determinando il moltiplicatore di rischio mr. A differenza del primo metodo il moltiplicatore di rischio mr è suddiviso in tre fasce per la determinazione del livello di rischio (verde, giallo e rosso), esse sono così definite:
Zona verde (rischio accettabile: - mr <= 0,85
Il rischio di malattia o lesione è trascurabile oppure è a un livello accettabilmente basso per l'intera popolazione degli operatori. Non occorre alcuna azione.
Zona gialla (rischio accettabile sotto condizione): 0,85 < mr <= 1,0
Esiste un rischio di malattia o lesione che non può essere trascurato per l'intera popolazione o parte di essa. Il rischio deve essere stimato ulteriormente, analizzato assieme ai fattori di rischio ulteriori e seguito quanto prima possibile da una riprogettazione. Se la riprogettazione non è possibile, si devono prendere misure per controllare il rischio.
Zona rossa (rischio non accettabile): 1,0 < mr
Esiste un considerevole rischio di malattia o lesione che non può essere trascurato per la popolazione. È necessaria un'azione immediata per ridurre il rischio (per esempio, riprogettazione, organizzazione del lavoro, istruzione e addestramento dei lavoratori).
La complessità del Metodo 2 ne consiglia, per il momento, l'utilizzo solamente in casi particolari.
Va però rilevato che con il TR ISO 12295 (in particolare all’Annex B) sono state introdotte notevoli semplificazioni nell’utilizzo del Metodo 2 che si basa su robusti dati e studi “fisiologici”: tali semplificazioni in buona sostanza prevedono il solo ricorso ai dati di riferimento di tabelle “predeterminate” e chiariscono che nella pressoché totalità dei casi i valori di riferimento (forza raccomandata) derivano dai limiti di forza muscolare, essendo molto elevati quelli derivanti dalle compressioni spinali del rachide lombare. Il vantaggio delle relative tavole di riferimento è che i dati sono espressi in relazione alla composizione della popolazione per genere ma anche per specifiche popolazioni “senior” o per popolazioni non lavorative, nonché per una gamma assai articolata di altezze da terra delle mani durante le azioni di spinta e traino. Una ulteriore semplificazione della procedura prevista dal TR ISO 12295 a proposito del metodo 2 di ISO 11228-2, che esula dagli scopi di questo documento, potrà comunque portare a una sua più generalizzata applicazione visto che alcuni dati preliminari indicano che tale metodo, semplificato, potrebbe risultare più protettivo del metodo 1 (basato su criteri psicofisici) finora più largamente utilizzato.
Va da ultimo ricordato che, indipendentemente dal metodo usato, il problema principale nella valutazione delle azioni di Traino e Spinta rimane quello di una adeguata rilevazione delle forze effettivamente esercitate (iniziali e di mantenimento) attraverso l’uso delle diverse tipologie di Dinamometri reperibili sul mercato e la non semplice questione della interpretazione dei risultati dagli stessi forniti (specie per quelli elettronici di ultima generazione).
Sintesi delle Tavole di Snook e Ciriello per azioni di trasporto, traino e spinta
Questo metodo è stato proposto dagli autori per valutare il rischio correlato al trasporto in piano, al traino e alla spinta dei carichi così come richiamato nella norma ISO 11228-2.
Alla base del metodo proposto ci sono gli studi condotti da Snook e Ciriello utilizzando metodologie psicofisiche (comprese le misure del consumo di ossigeno, della frequenza cardiaca, delle caratteristiche antropometriche...). I soggetti esaminati potevano scegliere liberamente i pesi da movimentare; tutte le altre variabili dell’operazione (le azioni di sollevamento, spinta, traino, così come l’altezza, la distanza, la frequenza,) erano decise dagli sperimentatori.
I soggetti monitoravano le loro sensazioni di fatica e sforzo e riaggiustavano il peso movimentato o la forza impiegata.
I risultati di questi studi sono riassunti nelle cosiddette “Tabelle Psicofisiche”, le quali forniscono importanti informazioni sulle capacità e limitazioni dei lavoratori riguardo alla movimentazione manuale dei carichi (in senso generale, comprese le azioni di traino, spinta e trasporto). Vengono forniti per ciascuna tipologia di azione, per sesso e per diversi percentili di “protezione” della popolazione sana, nonché per varianti interne al tipo di azione (frequenza, altezza da terra del punto di applicazione della spinta, distanza di trasporto, ecc.) i valori limite di riferimento del peso (azioni di trasporto) o della forza esercitata (in azioni di tirare o spingere) rispettivamente nella fase iniziale (picco di forza) e poi di mantenimento dell’azione (forza di mantenimento).
Nelle tabelle sotto riportate sono forniti i relativi valori “ideali” rispettivamente per le azioni di spinta, di traino e di trasporto in piano; sono stati selezionati unicamente i valori che tendono a proteggere il 90% delle rispettive popolazioni adulte sane, maschili e femminili. L’uso dei dati riportati nella tabella è estremamente semplice: si tratta di individuare la situazione che meglio rispecchia il reale scenario lavorativo esaminato, decidere se si tratta di proteggere una popolazione solo maschile o anche femminile, estrapolare il valore raccomandato (di peso o di forza) e confrontarlo con il peso o la forza effettivamente sviluppata (misurata con dinamometro) ponendo quest’ultima al numeratore e il valore raccomandato al denominatore. Si ottiene così un indice di rischio del tutto analogo a quello ricavato dall’analisi delle azioni di sollevamento
TABELLE 6-9. Azioni di spinta: massime forze (iniziali e di mantenimento in kg) raccomandate per la popolazione lavorativa adulta sana, in funzione di: sesso, distanza di spostamento, frequenza di azione, altezza delle mani da terra
FI = forza iniziale
FM = forza di mantenimento
...segue in allegato
Interpretazione dell'indice di esposizione
L'applicazione alle singole operazioni di spostamento e traino della metodologia analitica sin qui seguita, fornisce per ciascuna un indicatore sintetico di rischio.
Tali indicatori non sono altro che il rapporto tra il peso (la forza) effettivamente movimentato nella specifica situazione lavorativa e il peso (la forza) raccomandato per quell'azione. Sulla scorta dei risultati (indicatori) ottenuti è possibile individuare tutte le attività e quindi le aree dove vengono svolte, maggiormente richiedenti interventi di bonifica a carattere protezionistico-preventivo.
Monossido di carbonio e Mono/Biossido di azoto: I Valori Limite Esposizione Professionale lavoro 2020
ID 11995 | 08.11.2020 / Documento di Lavoro completo allegato
Allegati: - Documento di Lavoro Rev. 00 2020 - Acute Exposure Guideline Levels (AEGLs) for Carbon Monoxide EPA - Acute Exposure Guideline Levels (AEGLs) for Nitrogen Dioxid EPA - Monossido di carbonio - ILO - Mono-Biossido di azoto - ILO
Con il Decreto 2 maggio 2020 (GU n. 128 del 19.05.2020), in attuazione della direttiva 2017/164/UE della Commissione del 31 gennaio 2017, che definisce un quarto elenco di valori indicativi di esposizione professionale per gli agenti chimici, sono stabiliti, oltre ad altri nuovi, i valori limite per il monossido di azoto, il biossido di azoto e il monossido di carbonio.
[box-warning]Valori definiti di VLEP di CO, NO, NO2
La definizione di un VLEP sulle 8 ore e sui 15 min (breve termine) per tali agenti chimici (gas) impone in modo chiaro un controllo all’origine e delle misure atte a non superare i livelli indicati.
Devono essere messe in atto metodologie di misurazione da utilizzare per dimostrare la conformità con il valore limite (anche misurazioni in continuo in aree a rischio).
Tipico è il rischio della presenza di tali gas negli ambienti confinati, o in attività in cui avvengono processi di combustione, carrelli elevatori a combustione, forni, trattamenti termici, lavorazioni a fiamma (vedasi come esempio, l’uso di lisciatrici per cacestruzzo a benzina KANBrief.de).
Direttiva (UE) 2017/164 della Commissione del 31 gennaio 2017 che definisce un quarto elenco di valori indicativi di esposizione professionale in attuazione della direttiva 98/24/CE del Consiglio e che modifica le direttive 91/322/CEE, 2000/39/CE e 2009/161/UE della Commissione (XIV Direttiva particolare) (GU n. 27/118 del 01.02.2017).
A norma della direttiva 98/24/CE, per «valore limite di esposizione professionale» si intende, se non diversamente specificato, il limite della concentrazione media ponderata nel tempo di un agente chimico nell'aria all'interno della zona di respirazione di un lavoratore in relazione ad un periodo di riferimento specificato.
I valori limite indicativi dell'esposizione professionale sono elaborati dallo SCOEL in base a considerazioni sanitarie a partire dai dati scientifici più recenti e sono adottati dalla Commissione tenendo conto della disponibilità di tecniche di misurazione. Essi costituiscono valori soglia di esposizione al di sotto dei quali non sono previsti, in genere, effetti negativi per ogni agente chimico dato dopo un'esposizione, di breve durata o giornaliera, nell'arco della vita lavorativa. Essi rappresentano obiettivi dell'Unione elaborati per aiutare i datori di lavoro a determinare e valutare i rischi e a mettere in atto misure di prevenzione e di protezione in conformità alla direttiva 98/24/CE.
Nel rispetto delle raccomandazioni del comitato scientifico, i valori limite indicativi di esposizione professionale sono stabiliti in relazione a un periodo di riferimento di otto ore, come media ponderata nel tempo (valori limite di esposizione a lungo termine); per alcuni agenti chimici i periodi di riferimento sono più brevi, in genere di quindici minuti, come media ponderata nel tempo (valori limite di esposizione a breve termine) per tenere conto degli effetti derivanti dall'esposizione a breve termine.
Per ogni agente chimico per il quale è stato stabilito a livello dell'Unione un valore limite indicativo di esposizione professionale, gli Stati membri sono tenuti a stabilire un valore limite nazionale di esposizione professionale. A tal fine va preso in considerazione il valore limite dell'Unione e determinata la natura del valore limite nazionale in conformità alla legislazione e alla prassi nazionali.[/box-note]
...
I Valori limite:
(N)Decreto 2 maggio 2020 Articolo 2 1. Per le sole attività sotterranee in miniera e in galleria, i valori limite per il monossido di azoto, il biossido di azoto e il monossido di carbonio si applicano dal 22 agosto 2023.
(1) EINECS: Inventario europeo delle sostanze chimiche esistenti a carattere commerciale. (2) N. CAS: Chemical Abstract Service Registry Number (numero del registro del Chemical Abstract Service). (3) Un'annotazione che riporta il termine «cute» per un valore limite di esposizione professionale indica la possibilità di un assorbimento significativo attraverso la pelle. (4) Misurato o calcolato in relazione a un periodo di riferimento di otto ore come media ponderata (TWA). (5) Livello di esposizione a breve termine (STEL). Valore limite oltre il quale non dovrebbe esservi esposizione e che si riferisce ad un periodo di 15 minuti, salvo diversa indicazione. (6) mg/m3: milligrammi per metro cubo d'aria. Per le sostanze chimiche in fase gassosa o di vapore il valore limite è espresso a 20 °C e 101,3 kPa. (7) ppm: parti per milione per volume di aria (ml/m3).
[box-note]Monossido di azoto, il biossido di azoto e il monossido di carbonio: Attività sotterranee in miniera e in galleria
Il comitato consultivo per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro(1), consultato a norma dell'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 98/24/CE, ha riconosciuto che sussistono preoccupazioni per quanto riguarda la fattibilità tecnica dei valori limite indicativi di esposizione professionale proposti per il monossido di azoto e il biossido di azoto nelle attività sotterranee in miniera e in galleria, e per il monossido di carbonio nelle attività sotterranee in miniera. Lo stesso comitato ha anche riconosciuto che attualmente vi sono difficoltà legate alla disponibilità di metodologie di misurazione da utilizzare per dimostrare la conformità con il valore limite proposto per il biossido di azoto negli ambienti sotterranei costituiti da miniere e gallerie. È pertanto opportuno autorizzare gli Stati membri a prevedere un periodo transitorio prima che diventino effettivi nelle attività sotterranee in miniera e in galleria i valori limite per il monossido di azoto, il biossido di azoto e il monossido di carbonio stabiliti nell'allegato della presente direttiva, nonché che la Commissione riesamini le questioni suddette prima della fine del periodo transitorio. Durante tale periodo transitorio gli Stati membri possono continuare ad applicare i valori limite vigenti anziché quelli stabiliti nell'allegato della presente direttiva.
(1) Decisione 2003/C 218/01 del Consiglio, del 22 luglio 2003, che istituisce un comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro (GU C 218 del 13.9.2003, pag. 1).
Per le attività sotterranee in miniera e in galleria è presente un periodo transitorio che termini al più tardi il 21 agosto 2023 per quanto riguarda i valori limite per il monossido di azoto, il biossido di azoto e il monossido di carbonio.
Durante il periodo transitorio si continuano ad applicare i valori seguenti in luogo dei valori limite stabiliti dalla Direttiva 2017/164/UE:
a) per quanto riguarda il monossido di azoto: i valori limite esistenti stabiliti in conformità all'allegato della direttiva 91/322/CEE;
b) per quanto riguarda il biossido di azoto e il monossido di carbonio: i valori limite nazionali in vigore al 1° febbraio 2017.[/box-note]
Fig. 1 Valori Limite esposizione professionale VLEP e data applicazione
Monossido di carbonio
Le intossicazioni da monossido di carbonio sono tra le cause di decesso più comuni dovute a un gas tossico. Il monossido di carbonio è infatti inodore, insapore e incolore e la sua presenza può essere rivelata solo con un apparecchio. L'assorbimento nei polmoni avviene in molto rapido e una volta inalato, il gas si lega all'emoglobina nel sangue e prende il posto dell'ossigeno, facendo in modo che il corpo non ne riceva più. Se i soccorsi sono tempestivi, si può ancora salvare la vittima, che però deve essere trasferita in una camera di ossigeno iperbarica.
Le conseguenze di un'intossicazione da monossido di carbonio dipendono dalla durata dell'esposizione e dalla concentrazione del gas nell'aria ambiente (vedi tabella). Le parti del corpo più colpite sono il sistema nervoso centrale e il cuore. A basse concentrazioni la vittima accusa mal di testa, problemi digestivi o vomito. A elevate concentrazioni la persona entra in coma e può morire. Un'intossicazione da monossido di carbonio può provocare danni neurologici e cardiocircolatori irreversibili.
Tab. 1 Concentrazione di monossido di carbonio (CO) e sintomatologia da intossicazione(Fonte SUVA)
[box-warning]VLEP CO
I Limiti di esposizione professionale a breve termine (riferiti ad un periodo di 15 minuti), sono ora stabiliti in 117 mg/m3 e 100 Ppm.[/box-warning]
...
Ossido di azoto (NO) e Biossido di azoto NO2
L’ossido di azoto (NO) e il biossido di azoto (NO2) sono i due principali ossidi di azoto presenti nell’aria associati alle fonti di combustione.
Il 90-95% degli ossidi di azoto viene normalmente emesso come ossido di azoto (NO) e solo il 5-10% come biossido di azoto (NO2). All’esterno, l’ossido di azoto viene rapidamente ossidato nell’aria per formare biossido di azoto grazie agli ossidanti disponibili (come ossigeno, ozono e VOC). Nell’aria indoor, tuttavia, questo processo di ossidazione è generalmente molto più lento.
Tab. 2 Concentrazione di biossido di azoto (NO2) ed effetti (EPA - NRC 1977)
[box-warning]VLEP NO2
I Limiti di esposizione professionale a breve termine (riferiti ad un periodo di 15 minuti), sono ora stabiliti in 1,91 mg/m3 e 1 Ppm.[/box-warning]
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[box-note]Ambienti di lavoro confinati
Numerosi sono gli incidenti in attività all’interno di ambienti di lavoro confinati dove si ha carenza di ossigeno (inferiore al 21%).
La carenza di ossigeno (atmosfera sotto-ossigenata) si ha quando la concentrazione di ossigeno (pO2, pressione parziale di ossigeno) è inferiore al 21%. Con concentrazioni inferiori al 18% si ha riduzione delle prestazioni fisiche e intellettuali, senza che la persona se ne renda conto. Con tenori inferiori all’11% c’è il rischio di morte. Sotto l’8% lo svenimento si verifica in breve tempo e la rianimazione è possibile se effettuata immediatamente. Al di sotto del 6% lo svenimento è immediato e ci sono danni cerebrali, anche se la vittima viene soccorsa.
Si ha carenza di ossigeno in tutte quelle situazioni in cui l’ossigeno viene consumato, senza venir rimpiazzato (come in ambiente confinato), a causa di una reazione chimica di ossidazione/combustione con formazione di CO2, H2O, CO, NOx, di ossidi metallici e di altri composti ossigenati.
ID 11483 | 05.09.2020 - Documento completo allegato
Il giudizio di idoneità/Inidoneità del lavoratore alla mansione è espresso dal Medico Competente sulla base delle risultanze delle visite mediche di cui all'Art. 41 c. 2 del D.Lgs. 81/2008.
I giudizi relativi alla mansione specifica che possono essere espressi dal MC sono 4:
a) idoneità; b) idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni; c) inidoneità temporanea; d) inidoneità permanente.
1. La sorveglianza sanitaria è effettuata dal medico competente: a) nei casi previsti dalla normativa vigente, (...) dalle indicazioni fornite dalla Commissione consultiva di cui all'articolo 6; b) qualora il lavoratore ne faccia richiesta e la stessa sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi lavorativi.
2. La sorveglianza sanitaria comprende: a) visita medica preventiva intesa a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui il lavoratore è destinato al fine di valutare la sua idoneità alla mansione specifica; b) visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica. La periodicità di tali accertamenti, qualora non prevista dalla relativa normativa, viene stabilita, di norma, in una volta l'anno. Tale periodicità può assumere cadenza diversa, stabilita dal medico competente in funzione della valutazione del rischio. L'organo di vigilanza, con provvedimento motivato, può disporre contenuti e periodicità della sorveglianza sanitaria differenti rispetto a quelli indicati dal medico competente; c) visita medica su richiesta del lavoratore, qualora sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi professionali o alle sue condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa dell'attività lavorativa svolta, al fine di esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica; d) visita medica in occasione del cambio della mansione onde verificare l'idoneità alla mansione specifica; e) visita medica alla cessazione del rapporto di lavoro nei casi previsti dalla normativa vigente. e-bis) visita medica preventiva in fase preassuntiva; e-ter) visita medica precedente alla ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi, al fine di verificare l'idoneità alla mansione. 2-bis. Le visite mediche preventive possono essere svolte in fase preassuntiva, su scelta del datore di lavoro, dal medico competente o dai dipartimenti di prevenzione delle ASL. La scelta dei dipartimenti di prevenzione non è incompatibile con le disposizioni dell'articolo 39, comma 3.
3. Le visite mediche di cui al comma 2 non possono essere effettuate: a) [Lettera soppressa dal D. Lgs 3 agosto 2009, n. 106]; b) per accertare stati di gravidanza; c) negli altri casi vietati dalla normativa vigente.
4. Le visite mediche di cui al comma 2, a cura e spese del datore di lavoro, comprendono gli esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente. Nei casi ed alle condizioni previste dall'ordinamento, le visite di cui al comma 2, lettere a), b), d), e-bis) e e-ter) sono altresì finalizzate alla verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti.
4-bis. Entro il 31 dicembre 2009, con accordo in Conferenza Stato-regioni, adottato previa consultazione delle parti sociali, vengono rivisitate le condizioni e le modalità per l'accertamento della tossicodipendenza e della alcol dipendenza. (1)
5. Gli esiti della visita medica devono essere allegati alla cartella sanitaria e di rischio di cui all'articolo 25, comma 1, lettera c), secondo i requisiti minimi contenuti nell'Allegato 3A e predisposta su formato cartaceo o informatizzato, secondo quanto previsto dall'articolo 53.
6. Il medico competente, sulla base delle risultanze delle visite mediche di cui al comma 2, esprime uno dei seguenti giudizi relativi alla mansione specifica: a) idoneità; b) idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni; c) inidoneità temporanea; d) inidoneità permanente.
6-bis. Nei casi di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 6 il medico competente esprime il proprio giudizio per iscritto dando copia del giudizio medesimo al lavoratore e al datore di lavoro.
7. Nel caso di espressione del giudizio di inidoneità temporanea vanno precisati i limiti temporali di validità.
8. [Comma abrogato dal D. Lgs 3 agosto 2009, n. 106].
9. Avverso i giudizi del medico competente, ivi compresi quelli formulati in fase preassuntiva, è ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo, all'organo di vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso.
1. Il datore di lavoro, anche in considerazione di quanto disposto dalla legge 12 marzo 1999, n. 68, in relazione ai giudizi di cui all'articolo 41, comma 6, attua le misure indicate dal medico competente e qualora le stesse prevedano un'inidoneità alla mansione specifica adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni equivalenti o, in difetto, a mansioni inferiori garantendo il trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza. 2. [Comma abrogato dal D. Lgs 3 agosto 2009, n. 106].[/box-note]
(1) Accordo CSR del 13.07.2017 Intesa tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sul documento "Indirizzi per la prevenzione di infortuni gravi e mortali correlati all'assunzione di alcolici e di sostanze stupefacenti, l'accertamento di condizioni di alcol dipendenza e di tossicodipendenza e il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza" in materia di salute e di sicurezza sul lavoro ex articolo 5 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. Intesa, ai sensi dell'articolo 8, comma 6 della legge 5 giugno 2003, n. 131.
[box-warning]L'idoneità è sempre riferita alla mansione specifica.[/box-warning]
Demansionamento
In caso di adibizione a mansioni inferiori, è peraltro ora espressamente prevista, in positivo, la possibilità di deroga al divieto di demansionamento di cui all'art. 2103 c.c., ed è dunque autorizzato il demansionamento al solo fine di tutelare la salute del lavoratore, che conservazione la superiore retribuzione originaria. (Sentenza CC Sez. 5 del 2 agosto 2001 n. 1057)
Licenziamento del lavoratore per inidoneità
D.Lgs. 81/2008 prevede solo che un lavoratore "inidoneo alla mansione" debba essere ricollocato dal Datore di Lavoro "a mansioni equivalenti o, in difetto, a mansioni inferiori garantendo il trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza".
Secondo la Cassazione e giurisprudenza:
- l'inidoneità sopravvenuta alla mansione impone al datore di lavoro la verifica in ordine alla possibilità di ricollocare il lavoratore in attività diverse riconducibili a mansioni equivalenti o inferiori, anche attraverso un adeguamento dell'organizzazione aziendale (Cass. Civ., sez. lav., sent. n. 27243 del 26 ottobre 2018)
- in caso di impossibilità sopravvenuta parziale allo svolgimento della prestazione, sussiste il diritto del lavoratore ad essere assegnato a mansioni diverse ed equivalenti (se sussistenti in azienda) ed anche inferiori, dietro manifestazione di consenso del lavoratore alla dequalificazione finalizzata alla salvaguardia del superiore interesse all’occupazione, per le cui richieste al datore di lavoro il lavoratore deve attivarsi precisando le residue attitudini professionali tali da rendergli possibile una diversa collocazione in azienda" (Cass. 5/8/00, n. 10339).
- il lavoratore, licenziato dal datore di lavoro a seguito dell'accertamento di inidoneità da parte del medico, può in ogni caso impugnare il licenziamento contestando l'accertamento ed al giudice del lavoro è rimesso il sindacato sulla correttezza del giudizio espresso, anche disponendo consulenza tecnica d'ufficio (nella specie il tribunale ha anche affermato che non è conforme a buona fede e correttezza il comportamento del datore di lavoro che ha licenziato il lavoratore immediatamente dopo l'accertamento di inidoneità senza attendere che trascorresse il termine per impugnare il giudizio dinanzi all'organo di vigilanza)” (Corte appello Bari, 15 luglio 2003, in Gius. 2004, 268).
- la sopravvenuta inidoneità psicofisica del lavoratore può giustificare il licenziamento solo se il datore di lavoro offre documentazione specifica che attesti la inidoneità stessa e dia prova di aver valutato correttamente la possibilità di adibire il lavoratore ad altre mansioni compatibili" (Trib. Ravenna 29/10/2007 ord., Giud. Riverso). ...
Obbligo di repechage ...
[box-note]Legge n. 68/1999 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili)
Art. 4 (Criteri di computo della quota di riserva)
4. I lavoratori che divengono inabili allo svolgimento delle proprie mansioni in conseguenza di infortunio o malattia non possono essere computati nella quota di riserva di cui all'articolo 3 se hanno subito una riduzione della capacita' lavorativa inferiore al 60 per cento o, comunque, se sono divenuti inabili a causa dell'inadempimento da parte del datore di lavoro, accertato in sede giurisdizionale, delle norme in materia di sicurezza ed igiene del lavoro. Per i predetti lavoratori l'infortunio o la malattia non costituiscono giustificato motivo di licenziamento nel caso in cui essi possano essere adibiti a mansioni equivalenti ovvero, in mancanza, a mansioni inferiori. Nel caso di destinazione a mansioni inferiori essi hanno diritto alla conservazione del piu' favorevole trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza.
Qualora per i predetti lavoratori non sia possibile l'assegnazione a mansioni equivalenti o inferiori, gli stessi vengono avviati, dagli uffici competenti di cui all'articolo 6, comma 1, presso altra azienda, in attivita' compatibili con le residue capacita' lavorative, senza inserimento nella graduatoria di cui all'articolo 8. ...[/box-note]
Formazione sicurezza durante lo stato emergenziale | Note
ID 12716 | 30.01.2021 / Documento completo in allegato
Svolgimento / Posticipo / Attestati: Note formazione sicurezza durante il periodo emergenziale
- Svolgimento: E' da preferire, in questa fase, la modalità a distanza di "videoconferenza in modalità sincrona" anziché la formazione "in presenza", fatta eccezione per i moduli formativi che espressamente prevedono l'addestramento pratico (FAQ MLPS)
- Posticipo: In merito alla formazione, non è possibile posticipare la formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro e l'aggiornamento (Vedasi DPCM 14 gennaio 2021 Art. 1 (Misure urgenti di contenimento del contagio sull'intero territorio nazionale), comma 10, lett. s)
- Attestati: In merito agli attestati, le disposizioni attuali, stabiliscono che "tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi..." conservano la loro validità per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza, al momento quindi fino al 29 luglio 2021, 90 giorni dalla data del 30 Aprile 2021, al momento ultimo termine dello stato di emergenza(Delibera del Consiglio dei Ministri del 13 gennaio 2021).
[panel]Decreto-legge 17 Marzo 2020 n. 18 ... Art. 103 (Sospensione dei termini nei procedimenti amministrativi ed effetti degli atti amministrativi in scadenza) ... 2. Tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, compresi i termini di inizio e di ultimazione dei lavori di cui all'articolo 15 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, in scadenza tra il 31 gennaio 2020 (scadenza prorogata al 31 Aprile dalla Delibera del Consiglio dei Ministri del 13 gennaio 2021- ndr) e la data della dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, conservano la loro validità per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza. La disposizione di cui al periodo precedente si applica anche alle segnalazioni certificate di inizio attività, alle segnalazioni certificate di agibilità, nonchè alle autorizzazioni paesaggistiche e alle autorizzazioni ambientali comunque denominate. Il medesimo termine si applica anche al ritiro dei titoli abilitativi edilizi comunque denominati rilasciati fino alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza. ... 2-sexies. Tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, di cui al comma 2, scaduti tra il 1° agosto 2020 e la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 7 ottobre 2020 n. 125, e che non sono stati rinnovati, si intendono validi e sono soggetti alla disciplina di cui al medesimo comma 2. ...[/panel]
Si tratta di una proroga sulla validità di tutti i certificati, attestati, ecc, quindi anche gli Attestasti formazione sicurezza.
Nei casi in cui non sia possibile attivare modalità di videoconferenza sincrona per lo svolgimento della formazione obbligatoria in materia di salute e sicurezza sul lavoro, oppure quando deve essere svolta la parte pratica dei corsi obbligatori, a quali condizioni è possibile realizzare specifiche attività formative in presenza?
Come già chiarito da questo Ministero, la formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro riveste carattere di particolare importanza, anche in relazione a specifici obblighi previsti dalla normativa di settore.
Pertanto, con la ripresa delle attività produttive, nei casi in cui non vi siano oggettivamente le condizioni per attivare modalità in videoconferenza sincrona per svolgere la formazione obbligatoria in materia di salute e sicurezza sul lavoro, ovvero quando sia necessario svolgere sessioni obbligatorie pratiche dei corsi di formazione, è possibile svolgere attività formativa in presenza, a condizione che siano adottate idonee misure di contenimento del rischio di contagio, quali ad esempio:
- utilizzo di locali dotati di adeguata areazione; - distanziamento fisico di almeno 1 metro; - utilizzo della mascherina chirurgica; - accessibilità all'igiene frequente delle mani; - garanzia dell'igiene delle superfici; in particolare in presenza di utilizzo di macchine o attrezzature di lavoro, adeguata igienizzazione e disinfezione tra un utilizzo e l'altro, secondo le specifiche indicazioni emanate dall'Istituto Superiore di Sanità.
Tali indicazioni trovano altresì applicazione per la formazione obbligatoria in materia di salute e sicurezza rivolta alle figure della prevenzione. Anche in tali casi rimane da preferire, in questa fase, la modalità a distanza di "videoconferenza in modalità sincrona" anziché la formazione "in presenza", fatta eccezione per i moduli formativi che espressamente prevedono l'addestramento pratico, come per gli addetti al primo soccorso in azienda.
Anche in questi casi, che richiedono lo svolgimento di attività formative "in presenza", sarà necessario il pieno rispetto di tutte le misure di contenimento del rischio indicate in precedenza.
Tali indicazioni sono state confermate dal Comitato Tecnico Scientifico operante presso il Dipartimento della Protezione Civile, che - nella riunione del 28 maggio 2020 - si è espresso su uno specifico quesito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con il parere.
In questo periodo di emergenza da COVID-19, in considerazione delle difficoltà operative determinate dalle misure di contenimento, è possibile posticipare tutta la formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro o solo l'aggiornamento?
Occorre precisare che le disposizioni del citato DPCM 14 gennaio 2021 confermano l'impianto già delineato con analoghi precedenti provvedimenti emergenziali.
Nel caso in cui non sia possibile svolgere l'attività formativa in videoconferenza o nel caso in cui debba essere svolta la parte pratica dei corsi di formazione è possibile erogare la formazione in presenza?
In considerazione della situazione eccezionale, le modalità di erogazione della formazione a distanza rimangono da preferire. Tuttavia, si ritiene possibile erogare formazione in presenza, inclusa la parte pratica dei corsi, se le condizioni logistiche ed organizzative adottate dal soggetto responsabile delle attività formative siano in grado di assicurare il pieno rispetto di tutte le misure di prevenzione e contenimento del contagio individuate per la gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19.
In questo periodo di emergenza da COVID-19, in considerazione delle difficoltà operative determinate dalle misure di contenimento, in caso di impossibilità a effettuare l'aggiornamento della formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro è possibile proseguire lo svolgimento dell'attività lavorativa? Inoltre, al fine di poter ugualmente svolgere la formazione prevista, è possibile utilizzare modalità di formazione a distanza invece che in aula?
In considerazione della situazione eccezionale, caratterizzata dalle misure di contenimento per evitare e prevenire il contagio da COVID-19, in coerenza con il principio introdotto dall'articolo 103, comma 2, del Decreto-legge 17 Marzo 2020 n. 18 si ritiene che la mancata effettuazione dell'aggiornamento non preclude lo svolgimento dell'attività lavorativa.
Fermo restando, naturalmente, l'obbligo di completare l'aggiornamento subito dopo la fase emergenziale. Inoltre, al fine di contemperare l'esigenza del contenimento delle attività con il necessario aggiornamento delle competenze in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, si ritiene ammissibile, in via temporanea, lo svolgimento delle attività formative in videoconferenza esclusivamente con modalità sincrona, ad esclusione della parte pratica dei corsi, in modo da garantire la verifica delle presenze dei soggetti da formare e la piena interazione tra questi ultimi e i docenti (ad esempio assicurando la condivisone del materiale didattico, la possibilità di formulare domande, etc.).
In questo periodo di emergenza da COVID-19, in considerazione delle difficoltà operative determinate dalle misure di contenimento, è possibile posticipare tutta la formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro o solo l'aggiornamento?
In considerazione della situazione eccezionale, caratterizzata dalle misure di contenimento per evitare e prevenire il contagio da COVID-19, in coerenza con il principio introdotto dall'articolo 103, comma 2, del Decreto-legge 7 ottobre 2020 n. 125, si ritiene che nel caso in cui non sia possibile, temporaneamente, effettuare l'aggiornamento previsto si possa ugualmente proseguire lo svolgimento dell'attività lavorativa. Diversamente, per quanto riguarda la formazione da svolgere ex novo (ad esempio in caso di assunzione di nuovo personale, o nel caso di cambio di mansione, ovvero ancora nel caso dell'introduzione di nuove attrezzature di lavoro), si ritiene che la stessa non possa essere posticipata, ferma restando la possibilità di svolgere la formazione in videoconferenza se ne ricorrono i presupposti. ...[/box-note]
ALLEGATO XLVII INDICAZIONI SU MISURE E LIVELLI DI CONTENIMENTO
Le misure previste nel presente allegato devono essere applicate secondo la natura delle attività, la valutazione del rischio per i lavoratori e la natura dell’agente biologico in questione. Nella tabella, «raccomandato» significa che le misure dovrebbero essere applicate in linea di principio, a meno che i risultati della valutazione del rischio non indichino il contrario. ... ALLEGATO XLVIII CONTENIMENTO PER PROCESSI INDUSTRIALI
Nella tabella, «raccomandato» significa che le misure dovrebbero essere applicate in linea di principio, a meno che i risultati della valutazione del rischio non indichino il contrario.
Agenti biologici del gruppo 1 Per le attività con agenti biologici del gruppo 1, compresi i vaccini vivi attenuati, devono essere rispettati i principi in materia di sicurezza ed igiene del lavoro. Agenti biologici dei gruppi 2, 3 e 4 Può essere opportuno selezionare e combinare le prescrizioni di contenimento delle diverse categorie sottoindicate in base ad una valutazione del rischio connesso ad un particolare processo o a una sua parte.[/box-note]
Titolo X ESPOSIZIONE AD AGENTI BIOLOGICI ... Capo II Obblighi del datore di lavoro ...
Art. 274. Misure specifiche per strutture sanitarie e veterinarie
1. Il datore di lavoro, nelle strutture sanitarie e veterinarie, in sede di valutazione dei rischi, presta particolare attenzione alla possibile presenza di agenti biologici nell'organismo dei pazienti o degli animali e nei relativi campioni e residui e al rischio che tale presenza comporta in relazione al tipo di attivita' svolta.
2. In relazione ai risultati della valutazione, il datore di lavoro definisce e provvede a che siano applicate procedure che consentono di manipolare, decontaminare ed eliminare senza rischi per l'operatore e per la comunita', i materiali ed i rifiuti contaminati.
3. Nelle strutture di isolamento che ospitano pazienti od animali che sono, o potrebbero essere, contaminati da agenti biologici del gruppo 2, 3 o 4, le misure di contenimento da attuare per ridurre al minimo il rischio di infezione sono scelte tra quelle indicate nell' allegato XLVII in funzione delle modalita' di trasmissione dell'agente biologico.
Art. 275. Misure specifiche per i laboratori e gli stabulari
1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all'allegato XLVI, punto 6, nei laboratori comportanti l'uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 o 4 a fini di ricerca, didattici o diagnostici, e nei locali destinati ad animali da laboratorio deliberatamente contaminati con tali agenti, il datore di lavoro adotta idonee misure di contenimento in conformita' all'allegato XLVII.
2. Il datore di lavoro assicura che l'uso di agenti biologici sia eseguito:
a) in aree di lavoro corrispondenti almeno al secondo livello di contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 2; b) in aree di lavoro corrispondenti almeno al terzo livello di contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 3; c) in aree di lavoro corrispondenti almeno al quarto livello di contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 4.
3. Nei laboratori comportanti l'uso di materiali con possibile contaminazione da agenti biologici patogeni per l'uomo e nei locali destinati ad animali da esperimento, possibili portatori di tali agenti, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del secondo livello di contenimento.
4. Nei luoghi di cui ai commi 1 e 3 in cui si fa uso di agenti biologici non ancora classificati, ma il cui uso puo' far sorgere un rischio grave per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di contenimento.
5. Per i luoghi di lavoro di cui ai commi 3 e 4, il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sentito l'Istituto superiore di sanita', puo' individuare misure di contenimento piu' elevate.
Art. 276. Misure specifiche per i processi industriali
1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all'allegato XLVII, punto 6, nei processi industriali comportanti l'uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 e 4, il datore di lavoro adotta misure opportunamente scelte tra quelle elencate nell'allegato XLVIII, tenendo anche conto dei criteri di cui all'articolo 275.
2. Nel caso di agenti biologici non ancora classificati, il cui uso puo' far sorgere un rischio grave per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di contenimento. ...[/box-note]
Maschera con valvola di espirazione principio di funzionamento
ID 12090 | 19.11.2020 / Documento completo in allegato
Le maschere facciali con valvola di espirazione offrono una efficace protezione delle vie respiratorie filtrando polveri/particolato/altro proveniente dall’esterno della maschera stessa durante la fase di inspirazione.
Queste tipologie di maschere, grazie alla presenza di una valvola che si apre durante la fase di espirazione e si chiude durante l’inspirazione, possono essere indossate continuativamente per diverse ore grazie al confort termico che riescono a garantire.
Tuttavia, come chiarito nel Vademecum mascherine COVID-19 VVF, sono sconsigliate ai fini della gestione dell’emergenza sanitaria da COVID-19. La valvola di espirazione può aiutare la diffusione del virus soprattutto in soggetti asintomatici che non hanno coscienza di essere contagiosi per gli altri.
Nel vademecum, si forniscono, pertanto, i seguenti accorgimenti:
[panel]- Non devono essere indossate dalle persone positive al COVID-19. - Non devono essere indossate dalla popolazione circolante perché, essendo tutte le persone potenzialmente infette/asintomatiche, si potrebbe diffondere il contagio. - Non devono essere indossate dalle le Forze dell’Ordine e dai Soccorritori se privi di occhiali e guanti protettivi, perché il contatto ravvicinato tra colleghi consentirebbe il contagio reciproco. - Non devono essere indossate nei reparti di alimentari o banchi del fresco. - Non devono essere indossate negli uffici aperti al pubblico, si contaminerebbero uno con l’altro tra colleghi.[/panel]
Principio di funzionamento
Il principio di funzionamento della maschera con valvola di espirazione è molto semplice (vedi Figura 1):
a) la valvola si chiude durante l’inspirazione impedendo l’accesso alle sostanze pericolose; b) la valvola si apre durante l’espirazione facendo uscire calore ed umidità.
Figura 1 – Principio di funzionamento (estratto manuale 3M - 9001V)
Linee guida Attività Economiche Produttive e Ricreative Covid-19, elaborate dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, contengono indirizzi operativi specifici validi per i singoli settori di attività, finalizzati a fornire uno strumento sintetico e immediato di applicazione delle misure di prevenzione e contenimento di carattere generale, per sostenere un modello di ripresa delle attività economiche e produttive compatibile con la tutela della salute di utenti e lavoratori.
Le Linee guida sono inserite nei DPCM emanati per misure Covid-19, la timeline delle revisioni:
Assogastecnici: RdS "Raccomandazioni di sicurezza" / Procedure
ID 12026 | 12.11.2020
Raccolta RdS "Raccomandazioni di sicurezza" Assogastecnici.
Assogastecnici è l'Associazione delle aziende che operano nel campo della produzione e distribuzione dei gas tecnici, speciali e medicinali.
L'attività di Assogastecnici è da sempre orientata alla produzione di Linee Guida, Procedure di Sicurezza, Informazioni tecniche e documentazioni varie per contribuire ad una sempre più attenta politica di salvaguardia di Salute, Sicurezza e Ambiente.
Le RdS "Raccomandazioni di sicurezza" evidenziano i rischi e le precauzioni da adottare nei più frequenti episodi incidentali e situazioni di pericolo.
Modello Informazioni MC al Lavoratore sulla sorveglianza sanitaria agenti cancerogeni
ID 11054 | Rev. 00 2020
Modello Informativo del MC al lavoratore sulla sorveglianza sanitaria agenti cancerogeni in accordo con il nuovo c. 6 Art. 242 del D.Lgs 81/2008 introdotto dal D. Lgs. 1 giugno 2020 n. 44 (GU n.145 del 09-06-2020) ed in vigore dal 24 giugno 2020.
Il D. Lgs. 1 giugno 2020 n. 44, è rilevante per tutti gli attori sicurezza: DL, RSPP, MC, RLS, Lavoratori, poiché aggiunge, tra l'altro, 11 nuovi Valori limite di esposizione Agenti cancerogeni nell’Allegato XLIII, rispetto ai 3 precedenti.
Oltre ad aggiungere 1 Processo nell’Allegato XLII e, come detto, 11 nuovi Valori limite di esposizione Agenti cancerogeni nell’Allegato XLIII, (rispetto ai 3 precedenti), modifica il c. 6 dell'Art 242 Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche sugli agenti cancerogeni Titolo IX del D.Lgs 81/2008, in particolare:
6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti, con particolare riguardo all'opportunità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività lavorativa.
6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti e,ove ne ricorrano le condizioni, segnala la necessità che la stessa prosegua anche dopo che è cessata l’esposizione, per il periodo di tempo che ritiene necessario per la tutela della salute del lavoratore interessato. Il medico competente fornisce, altresì, al lavoratore indicazioni riguardo all’opportunità di sottoporsi ad accertamenti sanitari, anche dopo la cessazione dell’attività lavorativa, sulla base dello stato di salute del medesimo e dell’evoluzione delle conoscenze scientifiche
Sul nuovo comma 6 dell’Art. 242 si evidenzia che:
1. Il MC segnala al lavoratore la necessità (ove ne ricorrano le condizioni) che la sorveglianza sanitaria prosegua anche dopo che è cessata l’esposizione; 2. Sorveglianza sanitaria (punto 1) per un periodo di tempo necessario stabilito dal MC (indicare)
In ogni scuola deve essere identificato un referente (Referente scolastico per COVID-19), ove non si tratti dello stesso dirigente scolastico, che svolga un ruolo di interfaccia con il dipartimento di prevenzione e possa creare una rete con le altre figure analoghe nelle scuole del territorio. Deve essere identificato un sostituto per evitare interruzioni delle procedure in caso di assenza del referente.
Il referente scolastico per COVID-19 dovrebbe essere possibilmente identificato a livello di singola sede di struttura piuttosto che di istituti comprensivi e i circoli didattici, per una migliore interazione con la struttura stessa.
Il referente del DdP e il suo sostituto devono essere in grado di interfacciarsi con tutti i referenti scolastici identificati, i quali devono ricevere adeguata formazione sugli aspetti principali di trasmissione del nuovo coronavirus, sui protocolli di prevenzione e controllo in ambito scolastico e sulle procedure di gestione dei casi COVID-19 sospetti/ o confermati.
È necessaria una chiara identificazione, messa a punto e test di funzionamento anche del canale di comunicazione reciproca tra “scuola”, medici curanti (PLS e MMG) e DdP (attraverso i rispettivi referenti) che andrà adattato in base alla tecnologia utilizzata (es. messaggistica breve, e-mail, telefono etc.).
Schema 1 - Comunicazione reciproca tra scuola, medici curanti (PLS e MMG) e DdP
Il ruolo di referente scolastico Covid 19 può essere ricoperto da un docente o da un componente del personale Ata, ma anche dallo stesso Dirigente scolastico.
Il referente scolastico Covid 19 deve svolgere un ruolo di interfaccia con il dipartimento di prevenzione e dovrebbe creare una rete con le altre figure analoghe nelle scuole del territorio. Deve essere identificato un sostituto per evitare interruzioni delle procedure in caso di assenza del referente.
L’operatore scolastico che viene a conoscenza di un alunno sintomatico deve avvisare il referente scolastico per COVID-19, il quale (o altro componente del personale scolastico) dovrà telefonare immediatamente ai genitori/tutore legale.
Il referente scolastico COVID-19 dovrà inoltre, fornire al Dipartimento di prevenzione l’elenco dei compagni di classe nonché degli insegnanti del caso confermato che sono stati a contatto nelle 48 ore precedenti l’insorgenza dei sintomi.
Il referente scolastico per il COVID-19 deve comunicare al DdP se si verifica un numero elevato di assenze improvvise di studenti in una classe (es. 40%; il valore deve tenere conto anche della situazione delle altre classi) o di insegnanti.
Schema 2 – Figura del Referente scolastico per COVID-19
Attività di contact tracing
In presenza di casi confermati COVID-19, spetta al DdP della ASL competente territorialmente di occuparsi dell’indagine epidemiologica volta ad espletare le attività di contact tracing (ricerca e gestione dei contatti).
Per gli alunni ed il personale scolastico individuati come contatti stretti del caso confermato COVID-19 il DdP provvederà alla prescrizione della quarantena per i 14 giorni successivi all’ultima esposizione.
Per agevolare le attività di contact tracing, il referente scolastico per COVID-19 dovrà:
- fornire l’elenco degli studenti della classe in cui si è verificato il caso confermato; - fornire l’elenco degli insegnati/educatori che hanno svolto l’attività di insegnamento all’interno della classe in cui si è verificato il caso confermato; - fornire elementi per la ricostruzione dei contatti stretti avvenuti nelle 48 ore prima della comparsa dei sintomi e quelli avvenuti nei 14 giorni successivi alla comparsa dei sintomi. Per i casi asintomatici, considerare le 48 ore precedenti la raccolta del campione che ha portato alla diagnosi e i 14 giorni successivi alla diagnosi; - indicare eventuali alunni/operatori scolastici con fragilità; - fornire eventuali elenchi di operatori scolastici e/o alunni assenti.
Per agevolare il contact tracing è raccomandato:
- tenere un registro degli alunni e del personale di ciascun gruppo classe e di ogni contatto che, almeno nell’ambito didattico e al di là della normale programmazione, possa intercorrere tra gli alunni ed il personale di classi diverse (es. registrare le supplenze, gli spostamenti provvisori e/o eccezionali di studenti fra le classi etc.) per facilitare l’identificazione dei contatti stretti da parte del DdP della ASL competente territorialmente; - richiedere la collaborazione dei genitori a inviare tempestiva comunicazione di eventuali assenze per motivi sanitari in modo da rilevare eventuali cluster di assenze nella stessa classe; - richiedere alle famiglie e agli operatori scolastici la comunicazione immediata al dirigente scolastico e al referente scolastico per COVID-19 nel caso in cui, rispettivamente, un alunno o un componente del personale risultassero contatti stretti di un caso confermato COVID-19; - stabilire con il DdP un protocollo nel rispetto della privacy, per avvisare i genitori degli studenti contatti stretti; particolare attenzione deve essere posta alla privacy non diffondendo nell’ambito scolastico alcun elenco di contatti stretti o di dati sensibili nel rispetto della GDPR 2016/679 EU e alle prescrizioni del garante (d.lgs 10 agosto 2018, n 101) ma fornendo le opportune informazioni solo al DdP. Questo avrà anche il compito di informare, in collaborazione con il dirigente scolastico, le famiglie dei bambini/studenti individuati come contatti stretti ed eventualmente predisporre una informativa per gli utenti e lo staff della scuola.
Nel caso di un numero elevato di assenze in una classe
Il referente scolastico per il COVID-19 deve comunicare al DdP se si verifica un numero elevato di assenze improvvise di studenti in una classe (es. 40%; il valore deve tenere conto anche della situazione delle altre classi) o di insegnanti.
Il DdP effettuerà un’indagine epidemiologica per valutare le azioni di sanità pubblica da intraprendere, tenendo conto della presenza di casi confermati nella scuola o di focolai di COVID-19 nella comunità.
Formazione
Al via la formazione per il responsabile Covid nelle scuole. Due i corsi, a distanza e organizzati su piattaforma in grado di ospitare fino a 70mila corsisti tra insegnanti, personale scolastico e professionisti sanitari per monitorare e gestire possibili casi di Covid-19 e focolai negli istituti scolastici.
Ad annunciarlo l’Iss sottolineando che la formazione è offerta attraverso due corsi gratuiti che saranno disponibili fino al 15 dicembre 2020, fruibili su piattaforma EDUISS (https://www.eduiss.it).
L’obiettivo del percorso formativo, che si svolgerà online, “è fornire un supporto operativo ai decisori e agli operatori nel settore scolastico e nei Dipartimenti di Prevenzione che sono a pieno titolo coinvolti nel monitoraggio e nella risposta a casi sospetti e/o confermati di Covid-19, nonché nell’attuare strategie di prevenzione a livello comunitario“.
L’iniziativa nasce “per accompagnare gli Istituti scolastici nell’attuazione delle ‘Indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di Sars-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educativi dell’infanzia’“. Il primo corso per personale scolastico ed educativo è riservato alle figure professionali della scuola designate a svolgere il ruolo di referente scolastico Covid-19. Ai partecipanti che avranno completato tutte le attività previste e superato il test a scelta multipla di valutazione finale sarà rilasciato l’attestato di partecipazione.
Il primo Corso per personale scolastico ed educativo è riservato alle figure professionali della scuola designate a svolgere il ruolo di referente scolastico COVID-19. Ai partecipanti che avranno completato tutte le attività previste e superato il test a scelta multipla di valutazione finale sarà rilasciato l’attestato di partecipazione.
[box-warning]Misure in vigore dal 14 ottobre ed efficaci fino alla data del 13 Novembre 2020
Le disposizioni si applicano dalla data del 14 ottobre 2020, ad eccezione di quanto previsto dall'articolo 1, comma 1, lettera d), n. 6 del DPCM 18 Ottobre 2020, che si applica a far data dal 21 ottobre 2020, sono efficaci fino al 13 novembre 2020.[/box-warning]
Art. 1. Misure urgenti di contenimento del contagio sull'intero territorio nazionale
1. Ai fini del contenimento della diffusione del virus COVID-19, è fatto obbligo sull’intero territorio nazionale di avere sempre con sé dispositivi di protezione delle vie respiratorie, nonché obbligo di indossarli nei luoghi al chiuso diversi dalle abitazioni private e in tutti i luoghi all’aperto a eccezione dei casi in cui, per le caratteristiche dei luoghi o per le circostanze di fatto, sia garantita in modo continuativo la condizione di isolamento rispetto a persone non conviventi, e comunque con salvezza dei protocolli e delle linee guida anti-contagio previsti per le attività economiche, produttive, amministrative e sociali, nonché delle linee guida per il consumo di cibi e bevande, e con esclusione dei predetti obblighi: a) per i soggetti che stanno svolgendo attività sportiva; b) per i bambini di età inferiore ai sei anni; c) per i soggetti con patologie o disabilità incompatibili con l’uso della mascherina, nonché per coloro che per interagire con i predetti versino nella stessa incompatibilità. È fortemente raccomandato l’uso dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie anche all’interno delle abitazioni private in presenza di persone non conviventi.
2. È fatto obbligo di mantenere una distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro, fatte salve le eccezioni già previste e validate dal Comitato tecnico-scientifico di cui all' art. 2 dell'ordinanza 3 febbraio 2020, n. 630, del Capo del Dipartimento della protezione civile. 2-bis. Delle strade o piazze nei centri urbani, dove si possono creare situazioni di assembramento, può essere disposta la chiusura al pubblico, dopo le ore 21,00, fatta salva la possibilità di accesso, e deflusso, agli esercizi commerciali legittimamente aperti e alle abitazioni private. 3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 sono comunque derogabili esclusivamente con Protocolli validati dal Comitato tecnico-scientifico di cui all'art. 2 dell'ordinanza 3 febbraio 2020, n. 630, del Capo del Dipartimento della protezione civile. 4. Ai fini di cui al comma 1, possono essere utilizzate anche mascherine di comunità, ovvero mascherine monouso o mascherine lavabili, anche auto-prodotte, in materiali multistrato idonei a fornire una adeguata barriera e, al contempo, che garantiscano comfort e respirabilità, forma e aderenza adeguate che permettano di coprire dal mento al di sopra del naso. 5. L'utilizzo delle mascherine di comunitàdei dispositivi di protezione delle vie respiratorie si aggiunge alle altre misure di protezione finalizzate alla riduzione del contagio (come il distanziamento fisico e l'igiene costante e accurata delle mani) che restano invariate e prioritarie. 6. Allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19 sull'intero territorio nazionale si applicano le seguenti misure: a) i soggetti con infezione respiratoria caratterizzata da febbre (maggiore di 37,5°) devono rimanere presso il proprio domicilio, contattando il proprio medico curante; b) l'accesso del pubblico ai parchi, alle ville e ai giardini pubblici è condizionato al rigoroso rispetto del divieto di assembramento di cui all' art. 1, comma 8, primo periodo, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33 , nonché della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro; è consentito l'accesso dei minori, anche assieme ai familiari o altre persone abitualmente conviventi o deputate alla loro cura, ad aree gioco all'interno di parchi, ville e giardini pubblici, per svolgere attività ludica o ricreativa all'aperto nel rispetto delle linee guida del Dipartimento per le politiche della famiglia di cui all'allegato 8; c) è consentito l'accesso di bambini e ragazzi a luoghi destinati allo svolgimento di attività ludiche, ricreative ed educative, anche non formali, al chiuso o all'aria aperta, con l'ausilio di operatori cui affidarli in custodia e con obbligo di adottare appositi protocolli di sicurezza predisposti in conformità alle linee guida del Dipartimento per le politiche della famiglia di cui all'allegato 8; d) è consentito svolgere attività sportiva o attività motoria all'aperto, anche presso aree attrezzate e parchi pubblici, ove accessibili, purché comunque nel rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno due metri per l'attività sportiva e di almeno un metro per ogni altra attività salvo che non sia necessaria la presenza di un accompagnatore per i minori o le persone non completamente autosufficienti; e) sono consentiti soltanto gli eventi e le competizioni riguardanti gli sport individuali e di squadra riconosciuti di interesse nazionale o regionale dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), dal Comitato italiano paralimpico (CIP) e dalle rispettive federazioni sportive nazionali, discipline sportive associate, enti di promozione sportiva, ovvero organizzati da organismi sportivi internazionali; per tali eventi e competizioni è consentita la presenza di pubblico, con una percentuale massima di riempimento del 15% rispetto alla capienza totale e comunque non oltre il numero massimo di 1000 spettatori per manifestazioni sportive all’aperto e di 200 spettatori per manifestazioni sportive in luoghi chiusi, esclusivamente negli impianti sportivi nei quali sia possibile assicurare la prenotazione e assegnazione preventiva del posto a sedere, con adeguati volumi e ricambi d’aria, a condizione che sia comunque assicurato il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro sia frontalmente che lateralmente, con obbligo di misurazione della temperatura all’accesso e l’utilizzo della mascherina a protezione delle vie respiratorie, nel rispetto dei protocolli emanati dalle rispettive Federazioni sportive nazionali, Discipline sportive associate ed enti di promozione sportiva, enti organizzatori. Le regioni e le province autonome, in relazione all’andamento della situazione epidemiologica nei propri territori, possono stabilire, d’intesa con il Ministro della salute, un diverso numero massimo di spettatori in considerazione delle dimensioni e delle caratteristiche dei luoghi e degli impianti; con riferimento al numero massimo di spettatori per gli eventi e le competizioni sportive non all’aperto, sono in ogni caso fatte salve le ordinanze già adottate dalle regioni e dalle province autonome, purché nei limiti del 15% della capienza. Le sessioni di allenamento degli atleti, professionisti e non professionisti, degli sport individuali e di squadra, sono consentite a porte chiuse, nel rispetto dei protocolli emanati dalle rispettive Federazioni Sportive Nazionali;
[...] Segue in allegato
[box-note]Lettura consolidata degli allegati DPCM 13.10.2020/18.10.2020
Allegati
Allegato 1 Protocollo con la Conferenza Episcopale Italiana circa la ripresa delle celebrazioni con il popolo (DPCM 13 Ottobre 2020) Allegato 2 Protocollo con le Comunità ebraiche italiane (DPCM 13 Ottobre 2020) Allegato 3 Protocollo con le Chiese Protestanti, Evangeliche, Anglicane (DPCM 13 Ottobre 2020) Allegato 4 Protocollo con le Comunità ortodosse (DPCM 13 Ottobre 2020) Allegato 5 Protocollo con le Comunità Induista, Buddista (Unione Buddista e Soka Gakkai), Baha’i e Sikh (DPCM 13 Ottobre 2020) Allegato 6 Protocollo con le Comunità Islamiche (DPCM 13 Ottobre 2020) Allegato 7 Protocollo con la Comunità della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli ultimi giorni (DPCM 13 Ottobre 2020) Allegato 8 Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le politiche della famiglia Linee guida per la gestione in sicurezza di opportunità organizzate di socialità e gioco per bambini e adolescenti nella fase 2 dell'emergenza COVID-19 (DPCM 18 Ottobre 2020) Allegato 9 Linee guida per la riapertura delle attività economiche e produttive della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome dell’11 giugno 2020 (DPCM 13 Ottobre 2020) Allegato 10 Criteri per Protocolli di settore elaborati dal Comitato tecnico-scientifico in data 15 maggio 2020 (DPCM 13 Ottobre 2020) Allegato 11 Misure per gli esercizi commerciali (DPCM 13 Ottobre 2020) Allegato 12 Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro fra il Governo e le parti sociali (DPCM 13 Ottobre 2020) Allegato 13 Protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 nei cantieri (DPCM 13 Ottobre 2020) Allegato 14 Protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 nel settore del trasporto e della logistica (DPCM 13 Ottobre 2020) Allegato 15 Linee guida per l’informazione agli utenti e le modalità organizzative per il contenimento della diffusione del covid-19 in materia di trasporto pubblico (DPCM 13 Ottobre 2020) Allegato 16 Linee guida per il trasporto scolastico dedicato (DPCM 13 Ottobre 2020) Allegato 17 Misure per la gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 a bordo delle navi da crociera (DPCM 13 Ottobre 2020) Allegato 18 Linee guida concernenti la completa ripresa delle ordinarie attività nelle istituzioni della formazione superiore per l’anno accademico 2020/21 (DPCM 13 Ottobre 2020) Allegato 19 Misure igienico-sanitarie (DPCM 13 Ottobre 2020) Allegato 20 Spostamenti da e per l’estero. (DPCM 13 Ottobre 2020) Allegato 21 Indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di SARS-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educati vi dell'infanzia (DPCM 13 Ottobre 2020) Allegato 22 Protocollo per la gestione di casi confermati e sospetti di covid-19 nelle aule universitarie (DPCM 13 Ottobre 2020)[/box-note]
Evidenziati in rosso gli aggiornamenti delle schede tecniche
[box-info]Aggiornate le schede relative a FORMAZIONE PROFESSIONALE e NOLEGGIO VEICOLI E ALTREATTREZZATURE rispetto alle Linee guida CRP del 06.08.2020.[/box-info]
Le presenti schede tecniche contengono indirizzi operativi specifici validi per i singoli settori di attività, finalizzati a fornire uno strumento sintetico e immediato di applicazione delle misure di prevenzione e contenimento di carattere generale, per sostenere un modello di ripresa delle attività economiche e produttive compatibile con la tutela della salute di utenti e lavoratori.
In particolare, in ogni scheda sono integrate le diverse misure di prevenzione e contenimento riconosciute a livello scientifico per contrastare la diffusione del contagio, tra le quali: norme comportamentali, distanziamento sociale e contact tracing.
Le indicazioni in esse contenute si pongono inoltre in continuità con le indicazioni di livello nazionale, in particolare con il protocollo condiviso tra le parti sociali approvato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 aprile 2020, nonché con i criteri guida generali di cui ai documenti tecnici prodotti da INAIL e Istituto Superiore di Sanità con il principale obiettivo di ridurre il rischio di contagio per i singoli e per la collettività in tutti i settori produttivi ed economici. In tale contesto, il sistema aziendale della prevenzione consolidatosi nel tempo secondo l'architettura prevista dal decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 costituisce la cornice naturale per supportare la gestione integrata del rischio connesso all'attuale pandemia. In ogni caso, solo la partecipazione consapevole e attiva di ogni singolo utente e lavoratore, con pieno senso di responsabilità, potrà risultare determinante, non solo per lo specifico contesto aziendale, ma anche per la collettività.
Infine, è opportuno che le indicazioni operative di cui al presente documento, eventualmente integrate con soluzioni di efficacia superiore, siano adattate ad ogni singola organizzazione, individuando le misure più efficaci in relazione ad ogni singolo contesto locale e le procedure/istruzioni operative per mettere in atto dette misure. Tali procedure/istruzioni operative possono coincidere con procedure/istruzioni operative già adottate, purché opportunamente integrate, così come possono costituire un addendum connesso al contesto emergenziale del documento di valutazione dei rischi redatto ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
Resta inteso che in base all'evoluzione dello scenario epidemiologico le misure indicate potranno essere rimodulate, anche in senso più restrittivo.
Le schede attualmente pubblicate saranno eventualmente integrate con le schede relative a ulteriori settori di attività.
SCHEDE TECNICHE - RISTORAZIONE - ATTIVITÀ TURISTICHE (stabilimenti balneari e spiagge) - ATTIVITÀ RICETTIVE - SERVIZI ALLA PERSONA (acconciatori, estetisti e tatuatori) - COMMERCIO AL DETTAGLIO - COMMERCIO AL DETTAGLIO SU AREE PUBBLICHE (mercati e mercatini degli hobbisti) - UFFICI APERTI AL PUBBLICO - PISCINE - PALESTRE - MANUTENZIONE DEL VERDE - MUSEI, ARCHIVI E BIBLIOTECHE - ATTIVITÀ FISICA ALL'APERTO - NOLEGGIO VEICOLI E ALTRE ATTREZZATURE - INFORMATORI SCIENTIFICI DEL FARMACO - AREE GIOCHI PER BAMBINI - CIRCOLI CULTURALI E RICREATIVI - FORMAZIONE PROFESSIONALE - CINEMA E SPETTACOLI DAL VIVO - PARCHI TEMATICI E DI DIVERTIMENTO - SAGRE E FIERE LOCALI - SERVIZI PER L'INFANZIA E L'ADOLESCENZA - STRUTTURE TERMALI E CENTRI BENESSERE - PROFESSIONI DELLA MONTAGNA (guide alpine e maestri di sci) e GUIDE TURISTICHE - CONGRESSI E GRANDI EVENTI FIERISTICI - SALE SLOT, SALE GIOCHI, SALE BINGO E SALE SCOMMESSE - DISCOTECHE
Tutte le indicazioni riportate nelle singole schede tematiche devono intendersi come integrazioni alle raccomandazioni di distanziamento sociale e igienico-comportamentali finalizzate a contrastare la diffusione di SARS-CoV-2 in tutti i contesti di vita sociale. A tal proposito, relativamente all'utilizzo dei guanti monouso, in considerazione del rischio aggiuntivo derivante da un loro errato impiego, si ritiene di privilegiare la rigorosa e frequente igiene delle mani con acqua e sapone, soluzione idro-alcolica o altri prodotti igienizzanti, sia per clienti/visitatori/utenti, sia per i lavoratori (fatti salvi, per questi ultimi, tutti i casi di rischio specifico associato alla mansione).
Per tutte le procedure di pulizia e disinfezione, di aerazione degli ambienti e di gestione dei rifiuti si rimanda alle indicazioni contenute nei seguenti rapporti (dei quali resta inteso che va considerata l'ultima versione disponibile): Rapporto ISS COVID-19 n. 19/2020 “Raccomandazioni ad interim sui disinfettanti nell'attuale emergenza COVID-19: presidi medico chirurgici e biocidi”; Rapporto ISS COVID-19 n. 5/2020 “Indicazioni ad interim per la prevenzione e gestione degli ambienti indoor in relazione alla trasmissione dell'infezione da virus SARS-CoV-2”; Rapporto ISS COVID-19 n. 3/2020 “Indicazione ad interim per la gestione dei rifiuti urbani in relazione alla trasmissione dell'infezione da virus SARS-CoV-2”;Rapporto ISS COVID-19 n. 21/2020 “Guida per la prevenzione della contaminazione da Legionella negli impianti idrici di strutture turistico-ricettive e altri edifici ad uso civile e industriale non utilizzato durante la pandemia COVID-19”.
...
Tavola di concordanza Linee guida per la riapertura delle Attività Economiche, Produttive e Ricreative
Il rappresentante del DL lavori in ambiente confinati: Figura / Requisiti / Modulo incarico
ID 8533 | 13.09.2019
Note e Modulo di incarico per il Rappresentante del Datore di Lavoro committente nei lavori in ambiente confinati.
[box-warning]NB. 13.09.2019
La figura, seppure il D.P.R. 177/2011 non parli dei suoi requisiti, (Art. 3 c. 2) salvo che abbia comunque svolto le attività di informazione, formazione e addestramento di cui all’articolo 2, comma 1, lettere c) ed f), secondo quanto riportato nelle note della Istanza INL relative alla documentazione da allegare all'Istanza di richiesta per la certificazione di contratti di appalto/subappalto in ambienti confinati ai sensi artt. 75 e ss. D.Lgs. n. 276/2003 può essere nei casi A, B, C di seguito. Verificare Documentazione con INL.[/box-warning]
L'ambito di applicazione è quello dei lavori in ambienti sospetti di inquinamento di cui agli articoli 66 e 121 del D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, e negli ambienti confinati di cui all’allegato IV, punto 3, del medesimo decreto legislativo" (art. 1, comma 2, del D.P.R. 14 settembre 2011 n. 177).
Il Rappresentante del Datore di Lavoro committente nei lavori in ambiente confinati è una figura prevista dal D.P.R. 14 settembre 2011 n. 177, e deve essere individuata (e formalmente incaricata), avente specifici requisiti che "vigili in funzione di indirizzo e coordinamento" nelle attività svolte dai lavoratori in ambienti confinati:
La figura, seppure il D.P.R. 177/2011 non parli dei suoi requisiti, (Art. 3 c. 2) salvo che abbia comunque svolto le attività di informazione, formazione e addestramento di cui all’articolo 2, comma 1, lettere c) ed f), secondo quanto riportato nelle note della Istanza INL relative alla documentazione da allegare all'Istanza di richiesta per la certificazione di contratti di appalto/subappalto in ambienti confinati ai sensi artt. 75 e ss. D.Lgs. n. 276/2003, e salvo diversa interpretazione sintattica, può essere: A. un dipendente del datore di lavoro (con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato) B. un dipendentedel datore di lavoro (con altre tipologie contrattuali) C. in appalto (il contratto deve essere certificato ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276)
I compiti del Rappresentante del Datore di Lavoro committente sono quelli di che vigilare in funzione di indirizzo e coordinamento delle attività svolte dai lavoratori impiegati dalla impresa appaltatrice o dai lavoratori autonomi e per limitare il rischio da interferenza di tali lavorazioni con quelle del personale impiegato dal datore di lavoro committente.
Art. 2. Qualificazione nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati
1. Qualsiasi attività lavorativa nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati può essere svolta unicamente da imprese o lavoratori autonomi qualificati in ragione del possesso dei seguenti requisiti:
c) presenza di personale, in percentuale non inferiore al 30 per cento della forza lavoro, con esperienza almeno triennale relativa a lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati,assunta con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ovvero anche con altre tipologie contrattuali o di appalto, a condizione, in questa seconda ipotesi, che i relativi contratti siano stati preventivamente certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Tale esperienza deve essere necessariamente in possesso dei lavoratori che svolgono le funzioni di preposto; ... f) avvenuta effettuazione di attività di addestramento di tutto il personale impiegato per le attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, ivi compreso il datore di lavoro, relativamente alla applicazione di procedure di sicurezza coerenti con le previsioni di cui agli articoli 66 e 121 e dell’allegato IV, punto 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81; ---
Art. 3 Procedure di sicurezza nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati ... 2. Il datore di lavoro committente individua un proprio rappresentante, in possesso di adeguate competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoroe che abbia comunque svolto le attività di informazione, formazione e addestramento di cui all’articolo 2, comma 1, lettere c) ed f), a conoscenza dei rischi presenti nei luoghi in cui si svolgono le attività lavorative, che vigili in funzione di indirizzo e coordinamento delle attività svolte dai lavoratori impiegati dalla impresa appaltatrice o dai lavoratori autonomi e per limitare il rischio da interferenza di tali lavorazioni con quelle del personale impiegato dal datore di lavoro committente. [/box-note]
[box-note]La precisazione sui requisiti è individuata anche nella Istanza INL
Vedi Istanza INL ... 6) Individuazione del rappresentante del datore di lavoro committente con la documentazione comprovante i requisiti ex art. 3, comma 2 del D.P.R. 14 settembre 2011 n. 177, ossia: a) in possesso di adeguate competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro, b) che abbia comunque svolto le attività di informazione, formazione e addestramento e sia a conoscenza dei rischi presenti nei luoghi in cui si svolgono le attività lavorative, c) che vigili in funzione di indirizzo e coordinamento delle attività svolte dai lavoratori impiegati dalla impresa appaltatrice o dai lavoratori autonomi e per limitare il rischio da interferenza di tali lavorazioni con quelle del personale impiegato dal datore di lavoro committente, con esperienza almeno triennale relativa a lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, assunto con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ovvero anche con altre tipologie contrattuali o di appalto, a condizione, in questa seconda ipotesi, che i relativi contratti siano stati preventivamente certificati (*) ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276; tale esperienza deve essere necessariamente in possesso dei lavoratori che svolgono le funzioni di preposto; d) inoltre deve esser stata effettuata l’attività di addestramento di tutto il personale impiegato per le attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, ivi compreso il datore di lavoro, relativamente all’applicazione di procedure di sicurezza coerenti con le previsioni di cui agli articoli 66 e 121 e dell’allegato IV, punto 3, del D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (art. 2, comma 1, lettere c) ed f) D.P.R. 14 settembre 2011 n. 177).[/box-note]
(* ndr- se il periodo è riferibile al Rappresentante come da p 6) - attese precisazioni)
In riferimento invece al comma 2 dell'art. 3 del D.P.R. 14 settembre 2011 n. 177, l'interpellante - considerato che l'attività di coordinamento del rappresentante del committente rappresenta ‘una specificazione dell'obbligo di cui all'art. 26 del D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81’ e che `coordinare significa mettere in comunicazione le varie fasi delle attività in corso al fine di evitare sovrapposizioni, intralci di attività forieri di potenziali pericoli" - chiede “se sia corretta l'interpretazione secondo la quale l'attività di vigilanza richiesta al rappresentante del datore di lavoro committente dall'art. 3, comma 2, del D.P.R. 14 settembre 2011 n. 177, ‘non richieda la sua costante presenza sul luogo di lavoro ma si estrinsechi, piuttosto, in una sua efficace attività di sovrintendenza sull’adozione ed efficace attuazione della procedura di lavoro prevista dall'articolo 3, comma 3, del D.P.R. 14 settembre 2011 n. 177”. In merito ai quesiti, la Commissione Interpelli fornisce le seguenti indicazioni. Riguardo all'interpretazione del comma 2 (art. 3, D.P.R. 14 settembre 2011 n. 177) è parere di questa Commissione che il “ruolo affidato dal legislatore al ‘rappresentante’ che deve essere individuato dal datore di lavoro committente sia del tutto particolare e finalizzato a coordinare le attività che si svolgono nell'intero teatro lavorativo e per tutto il tempo necessario”. E' premesso che tale soggetto “deve essere adeguatamente formato, addestrato ed edotto di tutti i rischi dell'ambiente in cui debba svolgersi l'attività dell'impresa appaltatrice o dei lavoratori autonomi, egli dovrà sovrintendere sull'adozione ed efficace attuazione della procedura di lavoro prevista dall'art. 3, comma 3 del già citato D.P.R. 14 settembre 2011 n. 177, specificatamente diretta ad eliminare o, ove impossibile, ridurre al minimo i rischi propri delle attività in ambienti confinati, comprensiva della eventuale fase di soccorso e di coordinamento con il sistema di emergenza del Servizio nazionale sanitario e dei Vigili del Fuoco.
Spetterà quindi, ancora una volta, al datore di lavoro committente la scelta della persona più idonea e delle modalità operative più corrette per svolgere tali compiti, specificando nella procedura adottata se, ed eventualmente quando, sia necessaria la presenza del proprio ‘rappresentante’ direttamente sul luogo di lavoro in cui si effettuano le attività lavorative all'interno degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati”.[/box-note]
Vigilanza / Sovrintendenza
Dalla lettura del parere e dell’interpretazione del comma 2 della Commissione Interpelli, si nota che al Rappresentante del Datore di Lavoro Committente, come individuato dal DPR 177/2011, sarebbe dunque assegnato un compito di “sovrintendenza”, apparentemente qualcosa di più del compito riportato originariamente nella norma e relativo al “vigilare in funzione di indirizzo e coordinamento”.
La giurisprudenza ha più volte affrontato, ad esempio in relazione all’attività del preposto, il “concetto di sovrintendere”, ad esempio intendendolo come un'attività che “comporta anche un limitato potere di impartire ordini e istruzioni di natura meramente esecutiva” (Corte di Appello di Milano, sentenza 23 ottobre 1998). ... segue in allegato
Norme per la Salute e la Sicurezza lavoro e dei Prodotti CE
Ed. 48.0 (Rev. 79a 2013/2020) dell' 11 Luglio 2020
Disponibile la Ed. 48 Luglio 2020 (Rev. 79a) PDF/EPUB del Codice con tutta la prassi sicurezza emanata dal 2008 a Luglio 2020, principali testi legislativi sicurezza consolidati 2019/2020 e testi normativa CE consolidati 2019/2020.
Il testo è scaricabile dagli Abbonati Sicurezza/2X/3X/4X/Full allegato alla news, o in acquisto Store (formato PDF copiabile/stampabile).
Il Codice, versione PDF (Ed. 48), sarà arricchito nel tempo, in relazione alla tematica Safety di cui alla descrizione e all'indice allegato nonché a funzionalità di ricerca e navigazione.
Il Codice Unico Sicurezza, raccoglie in forma organica le principali norme e prassi relative alla Salute e Sicurezza Lavoro e dei Prodotti CE per imprese, lavoratori e consumatori.
Rivolto a Consulenti Sicurezza, Safety manager è incentrato sul Testo Unico Sicurezza D.Lgs. 81/2008, norma trasversale per tutte le attività, ed è suddiviso in sezioni che saranno controllate e arricchite con revisioni successive.
Il Codice è suddiviso in 2 Sezioni A e B, rispettivamente:
A. Sezione Sicurezza lavoro: tutta la prassi sicurezza emanata dal 2008 e principali testi consolidati normativa sicurezza.
B. Sezione Prodotti CE: principali testi consolidati normativa di prodotto CE.
A. Sezione Sicurezza - principali testi nomativi sulla Sicurezza lavoro relativi al D. Lgs. 81/2008 Testo Unico Sicurezza e normativa correlata e specifica, quale: Prevenzione Incendi e Codice RTO, Rischio Incidenti Rilevanti e Direttiva Seveso III, Sicurezza Chimica con il Regolamento CLP (Classificazione, Etichettatura e Imballaggio delle sostanze e miscele) e Regolamento REACH.
B. Sezione Prodotti CE - principali testi normativi consolidati del "Nuovo approccio", e altra normativa correlata.
I testi normativi, sono, per quanto possibile, consolidati con tutte le modifiche e rettifiche alla data di revisione dell'ebook.
Il Codice intende fornire un quadro generale su norme di sicurezza applicabili a settori di attività differenti, ma interconnesse tra di loro, in particolare:
Le misure riportate sono di carattere generale in accordo con le fonti sopra riportate; è da evidenziare che ogni plesso scolastico potrà adotterà proprie misure, nel rispetto delle misure generali, in relazione alla propria realtà strutturale ed organizzativa.
I principi cardine per le attività scolastiche che hanno caratterizzato le scelte e gli indirizzi tecnici sono:
[alert]1. il distanziamento sociale (mantenendo una distanza interpersonale non inferiore al metro); 2. la rigorosa igiene delle mani, personale e degli ambienti; 3. la capacità di controllo e risposta dei servizi sanitari della sanità pubblica territoriale e ospedaliera.[/alert]
È necessario quindi prevedere specifiche misure di sistema, organizzative, di prevenzione e protezione, igieniche e comunicative declinate nello specifico contesto della scuola, tenendo presente i criteri già individuati dal CTS per i protocolli di settore, anche facendo riferimento ai documenti di indirizzo prodotti da ISS e INAIL:
1. Il rischio di aggregazione e affollamento e la possibilità di prevenirlo in maniera efficace nelle singole realtà e nell'accesso a queste; 2. La prossimità delle persone (es. lavoratori, utenti, ecc.) rispetto a contesti statici (es. persone tutte ferme in postazioni fisse), dinamici (persone in movimento) o misti (contemporanea presenza di persone in posizioni fisse e di altre in movimento); 3. L'effettiva possibilità di mantenere la appropriata mascherina da parte di tutti nei contesti raccomandati; 4. Il rischio connesso alle principali vie di trasmissione (droplet e contatto) in particolare alle contaminazioni da droplet in relazione alle superfici di contatto; 5. La concreta possibilità di accedere alla frequente ed efficace igiene delle mani; 6. L'adeguata aereazione negli ambienti al chiuso; 7. L'adeguata pulizia ed igienizzazione degli ambienti e delle superfici; 8. La disponibilità di una efficace informazione e comunicazione; 9. La capacità di promuovere, monitorare e controllare l'adozione delle misure definendo i conseguenti ruoli
Con il Rapporto ISS COVID-19 n. 58/2020, revisione del 28 agosto 2020, l’INAIL ha fornito le indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di SARS-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educativi dell’infanzia.
Il documento ha lo scopo di essere di supporto operativo ai decisori e agli operatori nel settore scolastico e nei Dipartimenti di Prevenzione che sono a pieno titolo coinvolti nel monitoraggio e nella risposta a casi sospetti/probabili e confermati di COVID-19 nonché nell’attuare strategie di prevenzione a livello comunitario. Al suo interno si forniscono indicazioni pratiche per la gestione di eventuali casi e focolai di SARS-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educativi dell’infanzia tramite l’utilizzo di scenari ipotetici, in assenza, per il momento, di modelli previsionali solidi.
ATA Personale Amministrativo Tecnico e Ausiliario scolastico CTS Comitato Tecnico Scientifico DDI Didattica Digitale Integrata DdP Dipartimento di Prevenzione DPI Dispositivi di Protezione Individuale MMG Medico di Medicina Generale PLS Pediatra di Libera Scelta SSN Servizio Sanitario Nazionale[/panel]
Articolo 1 (Misure di contenimento della diffusione del COVID-19) ... 14. Le attività economiche, produttive e sociali devono svolgersi nel rispetto dei contenuti di protocolli o linee guida idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore di riferimento o in ambiti analoghi, adottati dalle regioni o dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome nel rispetto dei principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida nazionali. In assenza di quelli regionali trovano applicazione i protocolli o le linee guida adottati a livello nazionale. Le misure limitative delle attività economiche, produttive e sociali possono essere adottate, nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità, con provvedimenti emanati ai sensi dell’articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020 o del comma 16
15. Il mancato rispetto dei contenuti dei protocolli o delle linee guida, regionali, o, in assenza, nazionali, di cui al comma 14 che non assicuri adeguati livelli di protezione determina la sospensione dell’attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza.[/box-note]
Check list Misure CTS
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... segue in allegato
Fonti Rapporto ISS COVID-19 n. 58/2020 Protocollo d’intesa del Ministero dell’Istruzione
La tutela della salute e sicurezza dei lavoratori della scuola | Note
ID 11527 | 10.09.2020 - Documento completo allegato
La tutela della salute e sicurezza dei lavoratori della scuola è garantita – come per tutti i settori di attività, privati e pubblici dal DL.vo 81/2008 e successive modifiche ed integrazioni, nonché da quanto previsto dalla specifica normativa ministeriale (DM 29 settembre 1998, n. 382).
Nella “ordinarietà”, qualora il datore di lavoro, attraverso il processo di valutazione dei rischi evidenzi e riporti nel Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) la presenza di uno dei rischi “normati” dal DLgs. 81/2008 che, a sua volta, preveda l’obbligo di sorveglianza sanitaria, deve nominare il medico competente per l’effettuazione delle visite mediche di cui all’art. 41 del citato decreto, finalizzate all’espressione del giudizio di idoneità alla mansione.
Tale previsione non ha subito modifiche nell’attuale contesto pandemico; ogni datore di lavoro del contesto scolastico dovrà comunque integrare il DVR con tutte le misure individuate da attuare per contenere il rischio da SARS-CoV-2.
Elemento di novità è invece costituito dall’art. 83 del decreto legge 19 maggio 2020 n. 34 e sua conversione in Legge 17 luglio 2020, n. 77 che ha introdotto la “sorveglianza sanitaria eccezionale”, assicurata dal datore di lavoro, per i “lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio, in ragione dell’età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, anche da patologia COVID-19, o da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o comunque da morbilità che possono caratterizzare una maggiore rischiosità”.
Come anche evidenziato nel Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione approvato dal CTS, fin dall’inizio della pandemia, i dati epidemiologici hanno chiaramente mostrato una maggiore fragilità nelle fasce di età più elevate della popolazione in presenza di alcune tipologie di malattie cronico degenerative (ad es. patologie cardiovascolari, respiratorie e dismetaboliche) o in presenza di patologie a carico del sistema immunitario o quelle oncologiche (indipendentemente dall’età) che, in caso di comorbilità con l’infezione da SARS-CoV-2, possono influenzare negativamente la severità e l’esito della patologia.
Il concetto di fragilità va dunque individuato nelle condizioni dello stato di salute del lavoratore rispetto alle patologie preesistenti (due o più patologie) che potrebbero determinare, in caso di infezione, un esito più grave o infausto, anche rispetto al rischio di esposizione a contagio.
In ragione di ciò – e quindi per tali c.d. “lavoratori fragili” – il datore di lavoro assicura la sorveglianza sanitaria eccezionale, a richiesta del lavoratore interessato:
a. attraverso il medico competente se già nominato per la sorveglianza sanitaria ex art. 41 del DLgs. 81/2008; b. attraverso un medico competente ad hoc nominato, per il periodo emergenziale, anche, ad esempio, prevedendo di consorziare più istituti scolastici; c. attraverso la richiesta ai servizi territoriali dell’Inail che vi provvedono con propri medici del lavoro.
1. La sorveglianza sanitaria è effettuata dal medico competente: a) nei casi previsti dalla normativa vigente, (...) dalle indicazioni fornite dalla Commissione consultiva di cui all'articolo 6; b) qualora il lavoratore ne faccia richiesta e la stessa sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi lavorativi.
2. La sorveglianza sanitaria comprende: a) visita medica preventiva intesa a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui il lavoratore è destinato al fine di valutare la sua idoneità alla mansione specifica; b) visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica. La periodicità di tali accertamenti, qualora non prevista dalla relativa normativa, viene stabilita, di norma, in una volta l'anno. Tale periodicità può assumere cadenza diversa, stabilita dal medico competente in funzione della valutazione del rischio. L'organo di vigilanza, con provvedimento motivato, può disporre contenuti e periodicità della sorveglianza sanitaria differenti rispetto a quelli indicati dal medico competente; c) visita medica su richiesta del lavoratore, qualora sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi professionali o alle sue condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa dell'attività lavorativa svolta, al fine di esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica; d) visita medica in occasione del cambio della mansione onde verificare l'idoneità alla mansione specifica; e) visita medica alla cessazione del rapporto di lavoro nei casi previsti dalla normativa vigente. e-bis) visita medica preventiva in fase preassuntiva; e-ter) visita medica precedente alla ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi, al fine di verificare l'idoneità alla mansione.
2-bis. Le visite mediche preventive possono essere svolte in fase preassuntiva, su scelta del datore di lavoro, dal medico competente o dai dipartimenti di prevenzione delle ASL. La scelta dei dipartimenti di prevenzione non è incompatibile con le disposizioni dell'articolo 39, comma 3.
3. Le visite mediche di cui al comma 2 non possono essere effettuate: a) [Lettera soppressa dal D. Lgs 3 agosto 2009, n. 106]; b) per accertare stati di gravidanza; c) negli altri casi vietati dalla normativa vigente.
4. Le visite mediche di cui al comma 2, a cura e spese del datore di lavoro, comprendono gli esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente. Nei casi ed alle condizioni previste dall'ordinamento, le visite di cui al comma 2, lettere a), b), d), e-bis) e e-ter) sono altresì finalizzate alla verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti.
4-bis. Entro il 31 dicembre 2009, con accordo in Conferenza Stato-regioni, adottato previa consultazione delle parti sociali, vengono rivisitate le condizioni e le modalità per l'accertamento della tossicodipendenza e della alcol dipendenza.
5. Gli esiti della visita medica devono essere allegati alla cartella sanitaria e di rischio di cui all'articolo 25, comma 1, lettera c), secondo i requisiti minimi contenuti nell'Allegato 3A e predisposta su formato cartaceo o informatizzato, secondo quanto previsto dall'articolo 53.
6. Il medico competente, sulla base delle risultanze delle visite mediche di cui al comma 2, esprime uno dei seguenti giudizi relativi alla mansione specifica:
a) idoneità; b) idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni; c) inidoneità temporanea; d) inidoneità permanente.
6-bis. Nei casi di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 6 il medico competente esprime il proprio giudizio per iscritto dando copia del giudizio medesimo al lavoratore e al datore di lavoro.
7. Nel caso di espressione del giudizio di inidoneità temporanea vanno precisati i limiti temporali di validità.
8. [Comma abrogato dal D. Lgs 3 agosto 2009, n. 106].
9. Avverso i giudizi del medico competente, ivi compresi quelli formulati in fase preassuntiva, è ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo, all'organo di vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso.[/box-note] ... segue in allegato
Responsabilità dei Dirigenti Scolastici in materia di prevenzione e sicurezza - Covid-19
Documento MIUR 20 Agosto 2020
In merito alle responsabilità dei dirigenti scolastici, già la circolare INAIL n. 22 del 20 maggio 2020, in premessa, ricorda che l'Art. 42 comma 2 del Decreto Legge 17 marzo 2020 n. 18, ha chiarito che l'infezione da Sars-Cov-2, come accade per tutte le infezioni da agenti biologici se contratte in occasione del lavoro, è tutelata dall'INAIL quale infortunio sul lavoro, e ciò anche nella situazione eccezionale di pandemia causata da un diffuso rischio di contagio in tutta la "popolazione", ma ha precisato che "il riconoscimento professionale del contagio, si fonda in conclusione, su un giudizio di ragionevole probabilità ed è totalmente avulso da ogni valutazione in ordine alla imputabilità di eventuali comportamenti omissivi in capo al datore di lavoro che possano essere stati causa del contagio.
2. Nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS-CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’INAIL che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato. Le prestazioni INAIL nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente astensione dal lavoro. I predetti eventi infortunistici gravano sulla gestione assicurativa e non sono computati ai fini della determinazione dell’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico di cui agli articoli 19 e seguenti dell’allegato 2 al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 27 febbraio 2019, recante «Modalità per l’applicazione delle tariffe 2019 ». La presente disposizione si applica ai datori di lavoro pubblici e privati.[/box-note]
Non possono, perciò, confondersi i presupposti per l'erogazione di un indennizzo INAIL (basti pensare a un infortunio in "occasione di lavoro" che è indennizzato anche se avvenuto per caso fortuito o per colpa esclusiva del lavoratore con i presupposti per la responsabilità penale e civile che devono essere rigorosamente accertati con criteri diversi da quelli previsti per il riconoscimento del diritto alle prestazioni assicurative. In questi, infatti, oltre alla già citata rigorosa prova del nesso di causalità, occorre anche quella dell'imputabilità quantomeno a titolo di colpa della condotta tenuta dal datore di lavoro.
Pertanto, la responsabilità del datore di lavoro è ipotizzabile solo in caso di violazione della legge o di obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali e tecniche che, nel caso dell'emergenza epidemiologica derivante da COVID-19 si possono rinvenire nei protocolli e nelle linee guida governative e regionali di cui all'Art. 1 comma 14 del del decreto legge 16 maggio 2020, n. 33".
[box-note]Decreto-Legge 16 maggio 2020 n. 33 .. Art. 1 (Misure di contenimento della diffusione del COVID-19) .. c. 14. Le attività economiche, produttive e sociali devono svolgersi nel rispetto dei contenuti di protocolli o linee guida idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore di riferimento o in ambiti analoghi, adottati dalle regioni o dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome nel rispetto dei principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida nazionali. In assenza di quelli regionali trovano applicazione i protocolli o le linee guida adottati a livello nazionale. Le misure limitative delle attività economiche, produttive e sociali possono essere adottate, nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità, con provvedimenti emanati ai sensi dell’articolo 2 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19 del comma 16.[/box-note]
Una parola chiarificatrice in materia è stata infine detta dal legislatore. L'articolo 29-bis del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 convertito con modificazioni dalla legge 5 giugno 2020, n. 40 ha introdotto una disposizione che limita la responsabilità dei datori di lavoro per infortuni da Covid-19: "Ai fini della tutela contro il rischio di contagio da COVID-19, i datori di lavoro pubblici e privati (scil., dirigenti scolastici) adempiono all'Obbligo di tutela di salute e sicurezza di cui all'Art. 2087 del codice civile mediante l'applicazione, l'adozione e il mantenimento delle prescrizioni e delle misure contenute nel Protocollo condiviso dal Governo e dalle parti sociali il 24 aprile 2020", nonché delle eventuali successive modificazioni, "e degli altri protocolli e linee guida di cui all'articolo 1, comma 14 del decreto legge 16 maggio 2020, n. 33, nonché mediante l'adozione e il mantenimento delle misure ivi previste. Qualora non trovino applicazione le predette prescrizioni rilevano, in ogni caso, le misure contenute nei protocolli o accordi di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali maggiormente rappresentative sul piano nazionale.
[box-note]Decreto-Legge 8 aprile 2020 n. 23 .. Art. 29 - bis Obblighi dei datori di lavoro per la tutela contro il rischio di contagio da COVID-19 1.
Ai fini della tutela contro il rischio di contagio da COVID-19, i datori di lavoro pubblici e privati adempiono all’obbligo di cui all’articolo 2087 del codice civile mediante l’applicazione delle prescrizioni contenute nel protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del COVID-19 negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 24 aprile 2020 tra il Governo e le parti sociali, e successive modificazioni e integrazioni, e negli altri protocolli e linee guida di cui all’articolo 1, comma 14, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, nonché mediante l’adozione e il mantenimento delle misure ivi previste. Qualora non trovino applicazione le predette prescrizioni, rilevano le misure contenute nei protocolli o accordi di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.[/box-note]
In sintesi:il rischio di contagio e diffusione del Covid-19 comporta anche cautele e misure organizzative e protettive previste nei protocolli stipulati dal Governo e organizzazioni sindacali, nonché nei protocolli e linee guida adottati per lo specifico delle istituzioni scolastiche, la cui osservanza è idonea a rappresentare quali assolti gli obblighi richiamati, ex art. 2087 cc, da parte del datore di lavoro (e, nel caso specifico delle istituzioni scolastiche, da parte dei dirigenti scolastici).
In sostanza, i dirigenti scolastici possono veder escludere ogni timore di una semplicistica, ma errata, automatica corrispondenza tra malattia da Covid-19, infortunio sul lavoro, riconoscimento della responsabilità civile e penale del datore di lavoro applicando quanto previsto dal protocollo generale sulla sicurezza siglato in data 6 agosto 2020 e dallo specifico protocollo per i servizi educativi e le scuole dell infanzia in via di pubblicazione... ... segue in allegato
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione IL CAPO DIPARTIMENTO Dott. Marco BRUSCHI
[box-download]In allegato Scheda Note e Documenti aggiornati 29.06.2020[/box-download]
In vigore dal 24 Giugno 2020, il D.Lgs. 1° giugno 2020 n. 44Agenti cancerogeni che ha apportato modifiche alD.Lgs. 81/2008, a seguire i Documenti d'interesse aggiornati alla data.
[box-note]D.Lgs. 1° giugno 2020 n. 44 Attuazione della direttiva (UE) 2017/2398 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2017, che modifica la direttiva 2004/37/CE del Consiglio, relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro. (GU n.145 del 09-06-2020)
DPCM 07 Agosto 2020 Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, recante misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, e del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, recante ulteriori misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19. (GU Serie Generale n.198 del 08-08-2020)
[box-warning]Misure in vigore dall'8 settembre 2020 ed efficaci fino alla data del 15 ottobre 2020[/box-warning]
[box-warning]Decreto-Legge 7 Ottobre 2020 n. 125Misure urgenti connesse con la scadenza della dichiarazione di emergenza epidemiologica da COVID-19 deliberata il 31 gennaio 2020 e per la continuità operativa del sistema di allerta COVID, nonché attuazione della direttiva (UE) 2020/739 del 3 giugno 2020 (GU n.248 del 07.10.2020)
Art. 5 Ultrattività del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 settembre 2020 Nelle more dell'adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 19 del 2020, e comunque non oltre il 15 ottobre 2020, continuano ad applicarsi le misure previste nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 settembre 2020,[/box-warning]
Art. 1. Misure urgenti di contenimento del contagio sull'intero territorio nazionale
1. Ai fini del contenimento della diffusione del virus COVID-19, e fatto obbligo sull'intero territorio nazionale di usare protezioni delle vie respiratorie nei luoghi al chiuso accessibili al pubblico, inclusi i mezzi di trasporto e comunque in tutte le occasioni in cui non sia possibile garantire continuativamente il mantenimento della distanza di sicurezza. Non sono soggetti all'obbligo i bambini al di sotto dei sei anni, nonchè i soggetti con forme di disabilita non compatibili con l'uso continuativo della mascherina ovvero i soggetti che interagiscono con i predetti.
2. E’ fatto obbligo di mantenere una distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro, fatte salve le eccezioni già previste e validate dal Comitato tecnico-scientifico di cui all'articolo 2 dell'ordinanza 3 febbraio 2020, n. 630, del Capo del Dipartimento della protezione civile.
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 sono comunque derogabili esclusivamente con Protocolli validati dal Comitato tecnico-scientifico di cui all'articolo 2 dell'ordinanza 3 febbraio 2020, n. 630, del Capo del Dipartimento della protezione civile.
4. Ai fini di cui al comma 1, possono essere utilizzate mascherine di comunità, ovvero mascherine monouso o mascherine lavabili, anche auto-prodotte, in materiali multistrato idonei a fornire una adeguata barriera e, al contempo, che garantiscano comfort e respirabilità, forma e aderenza adeguate che permettano di coprire dal mento al di sopra del naso.
5. L'utilizzo delle mascherine di comunità si aggiunge alle altre misure di protezione finalizzate alla riduzione del contagio (come il distanziamento fisico e l'igiene costante e accurata delle mani) che restano invariate e prioritarie.
6. Allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19 sull'intero territorio nazionale si applicano le seguenti misure:
a) i soggetti con infezione respiratoria caratterizzata da febbre (maggiore di 37,5°) devono rimanere presso il proprio domicilio, contattando il proprio medico curante;
b) l'accesso del pubblico ai parchi, alle ville e ai giardini pubblici e condizionato al rigoroso rispetto del divieto di assembramento di cui all'articolo 1, comma 8, primo periodo, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, nonchè della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro; è consentito l'accesso dei minori, anche assieme ai familiari o altre persone abitualmente conviventi o deputate alla loro cura, ad aree gioco all'interno di parchi, ville e giardini pubblici, per svolgere attività ludica o ricreativa all'aperto nel rispetto delle linee guida del dipartimento per le politiche della famiglia di cui all'allegato 8;
c) è consentito l'accesso di bambini e ragazzi a luoghi destinati allo svolgimento di attività ludiche, ricreative ed educative, anche non formali, al chiuso o all'aria aperta, con l'ausilio di operatori cui affidarli in custodia e con obbligo di adottare appositi protocolli di sicurezza prediposti in conformità alle linee guida del Dipartimento per le politiche della famiglia di cui all'allegato 8;
d) è consentito svolgere attività sportiva o attività motoria all'aperto, anche presso aree attrezzate e parchi pubblici, ove accessibili, purchè comunque nel rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno due metri per l'attività sportiva e di almeno un metro per ogni altra attività salvo che non sia necessaria la presenza di un accompagnatore per i minori o le persone non completamente autosufficienti;
e) a decorrere dal 1° settembre 2020 è consentita la partecipazione del pubblico a singoli eventi sportivi di minore entità, che non superino il numero massimo di 1000 spettatori per gli stadi all'aperto e di 200 spettatori per impianti sportivi al chiuso. La presenza di pubblico e comunque consentita esclusivamente nei settori degli impianti sportivi nei quali sia possibile assicurare la prenotazione e assegnazione preventiva del posto a sedere, con adeguati volumi e ricambi d'aria, nel rispetto del distanziamento interpersonale, sia frontalmente che lateralmente, di almeno 1 metro con obbligo di misurazione della temperatura all'accesso e utilizzo della mascherina a protezione delle vie respiratorie; in casi eccezionali, per eventi sportivi che superino il numero massimo di 1000 spettatori per gli stadi all'aperto e di 200 spettatori per impianti sportivi al chiuso, il Presidente della Regione o Provincia autonoma può sottoporre specifico protocollo di sicurezza alla validazione preventiva del Comitato tecnico-scientifico ai fini dello svolgimento dell'evento;
f) gli eventi e le competizioni sportive -: riconosciuti di interesse nazionale e regionale dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), dal Comitato Italiano Paralimpico (CIP) e dalle rispettive federazioni, ovvero organizzati da organismi sportivi internazionali - sono consentiti a porte chiuse ovvero all'aperto senza la presenza di pubblico, nel rispetto dei protocolli emanati dalle rispettive Federazioni Sportive Nazionali, Discipline Sportive Associate ed Enti di Promozione Sportiva, al fine di prevenire o ridurre il rischio di diffusione del virus COVID-19 tra gli atleti, i tecnici, i dirigenti e tutti gli accompagnatori che vi partecipano; anche le sessioni di allenamento degli atleti, professionisti e non professionisti, degli sport individuali e di squadra, sono consentite a porte chiuse, nel rispetto dei protocolli di cui alla presente lettera;
g) l'attività sportiva di base e l'attività motoria in genere svolte presso palestre, piscine, centri e circoli sportivi, pubblici e privati, ovvero presso altre strutture ove si svolgono attività dirette al benessere dell'individuo attraverso l'esercizio fisico, sono consentite nel rispetto delle norme di distanziamento sociale e senza alcun assembramento, in conformità con le linee guida emanate dall'Ufficio per lo Sport, sentita la Federazione Medico Sportiva Italiana (FMSI), fatti salvi gli ulteriori indirizzi operativi emanati dalle Regioni e dalle Province autonome, ai sensi dell'art. 1, comma 14, del decreto legge n. 33 del 2020;
h) è consentito lo svolgimento anche degli sport di contatto nelle Regioni e Province Autonome che abbiano preventivamente accertato la compatibilità delle suddette attività con l'andamento della situazione epidemiologica nei rispettivi territori e che individuino i protocolli o le linee guida idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore di riferimento o in settori analoghi. Detti protocolli o linee guida sono adottati dalle Regioni o dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome;
i) al fine di consentire il regolare svolgimento di competizioni sportive nazionali e internazionali organizzate sul territorio italiano da Federazioni sportive nazionali, Discipline sportive associate o Enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI o dal CIP, che prevedono la partecipazione di atleti, tecnici e accompagnatori provenienti da paesi per i quali l'ingresso in Italia e vietato o per i quali e prevista la quarantena, questi ultimi, prima dell'ingresso in Italia, devono avere effettuato il tampone naso-faringeo per verificare lo stato di salute, ii cui esito deve essere indicato nella dichiarazione di cui all'articolo 5, comma 1, e verificato dal vettore ai sensi dell'articolo 7. Tale test non deve essere antecedente a 48 ore dall'arrivo in Italia e i soggetti interessati, per essere autorizzati all'ingresso in Italia, devono essere in possesso dell'esito che ne certifichi la negatività e riporti i dati anagrafici della persona sottoposta al test per gli eventuali controlli. In caso di esito negativo del tampone i singoli componenti della delegazione sono autorizzati a prendere parte alla competizione sportiva internazionale sul territorio italiano, in conformità con lo specifico protocollo adottato dall'ente sportivo organizzatore dell'evento;
l) lo svolgimento delle manifestazioni pubbliche e consentito soltanto in forma statica, a condizione che, nel corso di esse, siano osservate le distanze sociali prescritte e le altre misure di contenimento, nel rispetto delle prescrizioni imposte dal questore ai sensi dell'articolo 18 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773;
m) le attività di sale giochi, sale scommesse e sale bingo sono consentite a condizione che le Regioni e le Province Autonome abbiano preventivamente accertato la compatibilità dello svolgimento delle suddette attività con l'andamento della situazione epidemiologica nei propri territori e che individuino i protocolli o le linee guida applicabili idonei a prevenire o ridurre ii rischio di contagio nel settore di riferimento o in settori analoghi; detti protocolli o linee guida sono adottati dalle Regioni o dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome nel rispetto dei principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida nazionali e comunque in coerenza con i criteri di cui all'allegato 10;
n) gli spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche e in altri spazi anche all'aperto sono svolti con posti a sedere preassegnati e distanziati ea condizione che sia comunque assicurato il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro sia per il personale, sia per gli spettatori che non siano abitualmente conviventi, con il numero massimo di 1000 spettatori per spettacoli all'aperto e di 200 spettatori per spettacoli in luoghi chiusi, per ogni singola sala. Le attività devono svolgersi nel rispetto dei contenuti di protocolli o linee guida idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore di riferimento o in ambiti analoghi, adottati dalle Regioni o dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome nel rispetto dei principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida nazionali e comunque in coerenza con i criteri di cui all'allegato 10. Restano sospesi gli eventi che implichino assembramenti in spazi chiusi o all'aperto quando non è possibile assicurare ii rispetto delle condizioni di cui alla presente lettera. Restano comunque sospese le attività che abbiano luogo in sale da hallo e discoteche e locali assimilati, all'aperto o al chiuso. A decorrere dal 1° settembre 2020 sono consentite le manifestazione fieristiche ed i congressi, previa adozione di Protocolli validati dal Comitato tecnico-scientifico di cui all'articolo 2 dell'ordinanza 3 febbraio 2020, n. 630, del Capo del Dipartimento della protezione civile, e secondo misure organizzative adeguate alle dimensioni ed alle caratteristiche dei luoghi e tali da garantire ai frequentatori la possibilità di rispettare la distanza interpersonale di almeno un metro; e consentito lo svolgimento delle attività propedeutiche alle predette riaperture. A decorrere dal 9 agosto 2020 sono consentite le attività di preparazione delle manifestazioni fieristiche che non comportano accesso di spettatori. Le Regioni e le Province autonome, in relazione all'andamento della situazione epidemiologica nei propri te1Titori, possono stabilire una diversa data di ripresa delle attività, nonché un diverso numero massimo di spettatori in considerazione delle dimensioni e delle caratteristiche dei luoghi;
o) l'accesso ai luoghi di culto avviene con misure organizzative tali da evitare assembramenti di persone, tenendo conto delle dimensioni e delle caratteristiche dei luoghi, e tali da garantire ai frequentatori la possibilità di rispettare la distanza tra loro di almeno un metro;
p) le funzioni religiose con la partecipazione di persone si svolgono nel rispetto dei protocolli sottoscritti dal Governo o e dalle rispettive confessioni di cui agli allegati da 1 a 7;
q) il servizio di apertura al pubblico dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura di cui all'articolo 101 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e assicurato a condizione che detti istituti e luoghi, tenendo conto delle dimensioni e delle caratteristiche dei locali aperti al pubblico, nonchè dei flussi di visitatori (più o meno di 100.000 l'anno), garantiscano modalità di fruizione contingentata o comunque tali da evitare assembramenti di persone e da consentire che i visitatori possano rispettare la distanza tra loro di almeno un metro. Il servizio e organizzato tenendo conto dei protocolli o linee guida adottati dalle Regioni o dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome. Le amministrazioni e i soggetti gestori dei musei e degli altri istituti e dei luoghi della cultura possono individuare specifiche misure organizzative, di prevenzione e protezione, nonchè di tutela dei lavoratori, tenuto conto delle caratteristiche dei luoghi e delle attività svolte;
r) ferma restando la ripresa delle attività dei servizi educativi e dell'attività didattica delle scuole di ogni ordine e grado secondo i rispettivi calendari, le istituzioni scolastiche continuano a predisporre ogni misura utile all'avvio dell'anno scolastico 2020/2021ferma restando la ripresa delle attività dei servizi educativi e dell'attività didattica delle scuole di ogni ordine e grado secondo i rispettivi calendari, le istituzioni scolastiche continuano a predisporre ogni misura utile all’'avvio nonché al regolare svolgimento dell’anno scolastico 2020/2021, anche sulla base delle indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di SARS-COV-2, elaborate dall'Istituto Superiore di Sanità di cui all'allegato 21. Sono consentitiSono altresì consentiti i corsi di formazione specifica in medicina generale nonchè le attività didattico-formative degli Istituti di formazione dei Ministeri dell'interno, della difesa, dell'economia e delle finanze e della giustizia. I corsi per i medici in formazione specialistica e le attività dei tirocinanti delle professioni sanitarie e medica possono in ogni caso proseguire anche in modalità non in presenza. Sono altresìparimenti consentiti i corsi abilitanti e le prove teoriche e pratiche effettuate dagli uffici della motorizzazione civile e dalle autoscuole, i corsi per l'accesso alla professione di trasportatore su strada di merci e viaggiatori e i corsi sul buon funzionamento del tachigrafo svolti dalle stesse autoscuole e da altri enti di formazione, nonchè i corsi di formazione e i corsi abilitanti o comunque autorizzati o finanziati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, gli esami di qualifica dei percorsi di IeFP, secondo le disposizioni emanate dalle singole Regioni nonchè i corsi di formazione da effettuarsi in materia di salute e sicurezza, a condizione che siano rispettate le misure di cui al «Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-Co V-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione» pubblicato dall'INAIL. Al fine di mantenere il distanziamento sociale, e da escludersi qualsiasi altra forma di aggregazione alternativa. Le riunioni degli organi collegiali delle istituzioni scolastiche ed educative di ogni ordine e grado possono essere svolte in presenza o a distanza sulla base della possibilità di garantire il distanziamento fisico e, di conseguenza, la sicurezza del personale convocato. Gli enti gestori provvedono ad assicurare la pulizia degli ambienti e gli adempimenti amministrativi e contabili concernenti i servizi educativi per l'infanzia. Nelle more della ripresa dell'attività didattica, l'ente proprietario dell'immobile può autorizzare, in raccordo con le istituzioni scolastiche, l'ente gestore ad utilizzarne gli spazi per l'organizzazione e lo svolgimento di attività ludiche, ricreative ed educative, non scolastiche ne formali, senza pregiudizio alcuno per le attività delle istituzioni scolastiche medesime. Le attività dovranno essere svolte con l'ausilio di personale qualificato, e con obbligo a carico dei gestori di adottare appositi protocolli di sicurezza conformi alle linee guida di cui all'allegato 8 e di procedere alle attività di pulizia e igienizzazione necessarie. Alle medesime condizioni, possono essere utilizzati anche centri sportivi pubblici o privati;
[...] Segue in allegato
[box-note]Lettura consolidata degli allegati DPCM 07.08.2020 / DPCM 07.09.2020
Allegato 1 Protocollo con la Conferenza Episcopale Italiana circa la ripresa delle celebrazioni con il popolo (DPCM 07.08.2020) Allegato 2 Protocollo con le Comunità ebraiche italiane (DPCM 07.08.2020) Allegato 3 Protocollo con le Chiese Protestanti, Evangeliche, Anglicane (DPCM 07.08.2020) Allegato 4 Protocollo con le Comunità ortodosse (DPCM 07.08.2020) Allegato 5 Protocollo con le Comunità Induista, Buddista (Unione Buddista e Soka Gakkai), Baha’i e Sikh (DPCM 07.08.2020) Allegato 6 Protocollo con le Comunità Islamiche (DPCM 07.08.2020) Allegato 7 Protocollo con la Comunità della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli ultimi giorni (DPCM 07.08.2020) Allegato 8 Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le politiche della famiglia Linee guida per la gestione in sicurezza di opportunità organizzate di socialità e gioco per bambini ed adolescenti nella fase 2 dell’emergenza covid-19 (DPCM 07.08.2020) Allegato 9 Linee guida per la riapertura delle attività economiche e produttive della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome dell’11 giugno 2020 (DPCM 07.08.2020) Allegato 10 Criteri per Protocolli di settore elaborati dal Comitato tecnico-scientifico in data 15 maggio 2020 (DPCM 07.08.2020) Allegato 11 Misure per gli esercizi commerciali (DPCM 07.08.2020) Allegato 12 Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro fra il Governo e le parti sociali (DPCM 07.08.2020) Allegato 13 Protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 nei cantieri (DPCM 07.08.2020) Allegato 14 Protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 nel settore del trasporto e della logistica (DPCM 07.08.2020) Allegato 15 Linee guida per l’informazione agli utenti e le modalità organizzative per il contenimento della diffusione del covid-19 in materia di trasporto pubblico (DPCM 07.09.2020 - Allegato A) Allegato 16 Linee guida per il trasporto scolastico dedicato (DPCM 07.09.2020 - Allegato B) Allegato 17 Misure per la gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 a bordo delle navi da crociera Allegato 18 Linee guida concernenti la completa ripresa delle ordinarie attività nelle istituzioni della formazione superiore per l’anno accademico 2020/21 (DPCM 07.08.2020) Allegato 19 Misure igienico-sanitarie (DPCM 07.08.2020) Allegato 20 Spostamenti da e per l’estero. (DPCM 07.09.2020 - Allegato C) Allegato 21 Indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di SARS-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educati vi dell'infanzia (DPCM 07.09.2020- Allegato D) Allegato 22 Protocollo per la gestione di casi confermati e sospetti di covid-19 nelle aule universitarie (DPCM 07.09.2020 - Allegato E) [/box-note]