In particolare, per i rifiuti radioattivi (art. 239), entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto (ovvero entro il 23 febbraio 2021), con decreto interministeriale del Ministro dell’ambiente e del Ministro dello sviluppo economico, il decreto interministeriale del 7 agosto 2015, di classificazione dei rifiuti radioattivi, emanato ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45 verrà adeguato alle disposizioni del nuovo testo.
Sino all’adozione del suddetto decreto, rimane valida la classificazione dei rifiuti di cui al decreto interministeriale del 7 agosto 2015, emanato ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45.
Per quanto attiene le disposizioni transitorie in materia di abilitazione di esperto di radioprotezione (art. 240), le norme relative all’abilitazione di terzo grado sanitario saranno applicabili decorsi diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento (ovvero dal 27.02.2022).
Per le disposizioni transitorie in materia di registrazione dei dati sulle sorgenti di radiazioni ionizzanti e sui rifiuti radioattivi (art. 241), l’ISIN renderà operativo il sistema di registrazione dei dati sulle sorgenti di radiazioni ionizzanti e sui rifiuti radioattivi entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto (ovvero entro il 23 febbraio 2021), dandone comunicazione mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. I detentori provvedono alla registrazione entro novanta giorni dalla data di pubblicazione della suddetta comunicazione.
Art. 239. Disposizioni transitorie per i rifiuti radioattivi
1. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto interministeriale del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dello sviluppo economico, il decreto interministeriale del 7 agosto 2015, di classificazione dei rifiuti radioattivi, emanato ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45 è adeguato alle disposizioni del presente decreto.
2. Sino all’adozione delle disposizioni di cui al comma 1, rimane valida la classificazione dei rifiuti di cui al decreto interministeriale del 7 agosto 2015, emanato ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45.
Art. 240. Disposizioni transitorie in materia di abilitazione di esperto di radioprotezione
1. La disposizione di cui all’articolo 129, comma 2, lettera c), relativa all’abilitazione di terzo grado sanitario è applicabile decorsi diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
[alert]Art. 129, comma 2, lettera c)
c) abilitazione di terzo grado sanitario, per la sorveglianza fisica delle sorgenti di radiazioni diverse da quelle di cui alle lettere a) e b), esclusi gli impianti di cui all’articolo 7, numeri 16), 63), 66), 67), 68), 69) e 116), che siano utilizzate esclusivamente a fini medici all’interno di strutture sanitarie.
L’abilitazione di terzo grado sanitario è applicabile decorsi diciotto mesi dal 27.08.2020[/alert]
Art. 241. Disposizioni transitorie in materia di registrazione dei dati sulle sorgenti di radiazioni ionizzanti e sui rifiuti radioattivi.
1. L’ISIN rende operativo il sistema di registrazione dei dati sulle sorgenti di radiazioni ionizzanti e sui rifiuti radioattivi entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, dandone comunicazione mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
2. I detentori provvedono alla registrazione entro novanta giorni dalla data di pubblicazione della comunicazione di cui al comma 1.
[alert]Registrazione dei dati sulle sorgenti di radiazioni ionizzanti e sui rifiuti radioattivi
Entro il 23.02.2021
L’ISIN rende operativo il sistema di registrazione dei dati sulle sorgenti di radiazioni ionizzanti e sui rifiuti radioattivi.[/alert]
Polveri e fibre: UNI EN 481 Convenzioni di campionamento
ID 9877 | 15.01.2020
Il Documento (completo in allegato) illustra la UNI EN 481 metodica standardizzata (Allegato XLI) del D.Lgs. 81/2008 con la la definizione delle convenzioni dì campionamento (curve convenzionali) per le frazioni granulometriche delle particelle che devono essere utilizzate per valutare i possibili effetti sanitari derivanti dall'inalazione di particelle aerodisperse nell'ambiente di lavoro. Queste sono derivate da dati sperimentali ottenuti su adulti sani.
Vengono definite convenzioni per la frazione inalabile, toracica e respirabile; le convenzioni extratoracica e tracheobronchiale possono essere calcolate dalle convenzioni prima definite. Le convenzioni sono spesso utilizzate per specificare gli strumenti per campionare le particelle aerodisperse allo scopo di misurare le concentrazioni corrispondenti alle frazioni definite. Valori esempio per amianto, silice, poveri inerti, altri documenti allegati.
La scelta della convenzione dipenderà dalla regione di azione del componente di interesse nelle particelle aerodisperse.
Le convenzioni di campionamento ammettono che soltanto una frazione delle particelle aerodisperse in prossimità del naso e della bocca viene inalata. Questafrazione è chiamata frazione inalabile. Per alcune sostanze, le sotto-frazioni di questa che penetrano oltre la laringe o nelle vie respiratorie non ciliate sono di particolare importanza sanitaria.
[box-info]Curve convenzionali EN 481
La UNI EN 481 propone curve convenzionali (Fig. 1) che approssimano la frazione inalata e le sotto-frazioni che penetrano oltre la laringe o nelle vie respiratorie non ciliate. Queste curve sono chiamate la convenzione inalabile, la convenzione toracica e la convenzione respirabile.[/box-info]
[box-info]EN 481 metodica standardizzata
La EN 481 è una delle metodiche standardizzate per la misurazione degli agenti contenute nell’allegato ALLEGATO XLI del D.Lgs.81/08-Titolo IX art.225 c.2. ... Art. 225 c.2 Salvo che possa dimostrare con altri mezzi il conseguimento di un adeguato livello di prevenzione e di protezione, il datore di lavoro, periodicamente ed ogni qualvolta sono modificate le condizioni che possono influire sull’esposizione, provvede ad effettuare la misurazione degli agenti che possono presentare un rischio per la salute, con metodiche standardizzate di cui è riportato un elenco meramente indicativo nell'ALLEGATO XLI o in loro assenza, con metodiche appropriate e con particolare riferimento ai valori limite di esposizione professionale e per periodi rappresentativi dell’esposizione in termini spazio temporali.
ALLEGATO XLI: Metodiche standardizzate di misurazione degli agenti:
UNI EN 481:1994 UNI EN 482:1998 UNI EN 689:1998 UNI EN 1070:1999 UNI 1231:1999 UNI EN 1232:1999 UNI EN 1540:2001 UNI EN 1219:2001[/box-info]
Excursus
I rischi per la salute legati all’esposizione alle polveri disperse nell’atmosfera derivano sia dalle loro proprietà chimiche sia dalle loro caratteristiche aerodinamiche che ne influenzano il grado di penetrazione all’interno dell’apparato respiratorio. Nel caso delle particelle fini e ultrafini e delle nanoparticelle, la tossicità e la relazione dose-risposta possono essere influenzate anche da altri parametri quali il numero, la morfologia, la solubilità, l’area superficiale e la reattività chimica.
Sono numerose le tipologie di polveri note in igiene industriale per i loro effetti sulla salute, dalla silice libera cristallina alle polveri di legno duro, all’amianto, noto per la sua cancerogenicità, o all’enorme famiglia delle fibre artificiali.
In questa sezione vengono approfonditi rischi più “tradizionali” e noti per la salute dei lavoratori come ad esempio quelli legati all’esposizione ad amianto e a silice cristallina, ma anche quelli “emergenti” come quelli relativi all’esposizione a nanomateriali.
A oggi non è ancora chiaro l’impatto sulla salute dell’utilizzo e produzione di nuovi materiali, per cui è fondamentale essere costantemente aggiornati sui nuovi cicli lavorativi al fine di mettere a punto tutte le opportune misure di prevenzione e protezione a tutela dei lavoratori.
Esposizione professionale a polveri
L’accertamento dell’esposizione professionale a polveri può essere orientato alla conoscenza di diverse grandezze:
- la natura delle polveri da campionare - la loro distribuzione granulometrica (cioè la distribuzione dell’aerosol in classi dimensionali, determinate dalla conoscenza del diametro aerodinamico*) - la concentrazione in polveri totali aerodisperse (o delle polveri appartenenti a una particolare frazione granulometrica di interesse).
La concentrazione delle polveri aerodisperse è definita come numero o come massa di particelle presenti in un determinato volume di aria. Nel primo caso l’unità di misura è (numero di particelle)/cm3 e nel secondo mg/m3; ai fini della valutazione del rischio di esposizione professionale a polveri, i metodi di campionamento e di analisi più diffusi determinano la massa per unità di volume di aria. La misura della concentrazione delle polveri aerodisperse totali si effettua facendo passare un volume noto di aria attraverso un filtro e pesando il particolato raccolto. La norma UNI EN 481:1994 definisce le convenzioni per il campionamento di particelle caratterizzate da diverse frazioni granulometriche.
Si distinguono le convenzioni per:
- la frazione inalabile, che è frazione di massa delle particelle aerodisperse totali che viene inalata attraverso naso e bocca; - la frazione toracica, la frazione in massa delle particelle inalate che penetra oltre la laringe; - la frazione respirabile, definita come la frazione in massa delle particelle inalate che penetra nelle vie respiratorie non ciliate.
La selezione della frazione granulometrica di interesse (respirabile, toracica o inalabile) avviene attraverso la scelta di un opportuno selettore, consistente in un dispositivo avente precise caratteristiche costruttive e funzionante imponendo un flusso di aspirazione tale che venga garantito il rispetto della convenzione adottata.
* Il diametro aerodinamico è definito come il diametro di una particella sferica di densità unitaria avente la stessa velocità di sedimentazione della particella in questione.
Con il termine polveri si intendono tutte le particelle solide, con dimensioni diverse, disperse nell’aria e aventi la stessa composizione chimica dei materiali dai quali si originano. La pericolosità delle polveri è inversamente proporzionale alle loro dimensioni: al diminuire della loro dimensione la capacità di penetrare nei polmoni è maggiore.
Le polveri inalabili sono definite anche “totali” in quanto durante il loro campionamento non vengono in alcun modo frazionate. La norma UNI EN 481 differenzia tre tipologie di frazioni di polveri in base alla loro dimensione (curva convenzionale EN 481):
Fig. 1 - Le convenzioni inalabile, toracica, respirabile come percentuali delle particelle aerodisperse totali
Le particelle di polveri vengono classificate, principalmente, in inalabili, respirabili e toraciche:
1.Frazione inalabile (UNI EN 481) La frazione in massa delle particelle aerodisperse totali che viene inalata attraverso il naso e la bocca
[box-info]La frazione inalabile è rappresentata da una sospensione di particelle di vario diametro (generalmente compreso tra i 10 e i 100 micron) le cui dimensioni sono tali da determinare l’interazione con l’apparato respiratorio umano. [/box-info]
2. Frazione respirabile (UNI EN 481) La frazione in massa delle particelle inalate che penetra nelle vie respiratorie non ciliate
[box-info]La frazione respirabile è rappresentata da una sospensione di particelle con classe granulometrica (generalmente < 4 micron) tale da raggiungere, per effetto dei moti respiratori, la parte non ciliata del polmone (zona alveolare). [/box-info]
L'amianto è una fibra minerale presente in natura e ampiamente utilizzata in Italia nel passato.
Materiale fibroso dalle caratteristiche molto interessanti per l'industria, l'amianto (o asbesto) veniva usato per realizzare migliaia di prodotti di uso industriale e civile. Le fibre di amianto sono resistenti alle temperature elevate, all'azione di agenti chimici e all'azione meccanica. E' flessibile al punto da poter essere filato ed è un ottimo fonoassorbente.
I minerali di amianto sono relativamente diffusi in natura e il loro basso costo, unito alle caratteristiche di cui sopra, ne ha favorito un'ampissima diffusione fin dall'antichità.
I minerali di amianto hanno la caratteristica di sfaldarsi e ridursi in fibre molto sottili che si disperdono in aria e possono essere inalate. Questo avviene anche se i materiali sono debolmente perturbati. Gli studi epidemiologici hanno confermato che l'amianto causa gravi patologie nei soggetti esposti all'inalazione delle fibre. Per questo motivo sono state introdotte limitazioni al suo uso che hanno determinato la messa al bando in Italia con la L. 257/1992.
I minerali interessati dalle limitazioni di cui sopra sono le varietà fibrose del:
- Crisotilo (tipo del Serpentino - amianto bianco - CAS 12001-29-5) - Amosite (Anfibolo - amianto bruno - CAS 12172-73-5) - Crocidolite (Anfibolo - amianto blu - CAS 12001-28-4) - Tremolite (Anfibolo - CAS 14567-73-8) - Antofillite (Anfibolo - CAS 77536-67-5) - Actinolite (Anfibolo - CAS 12172-67-7).
Il crisotilo è la tipologia maggiormente utilizzata ma, in generale, sono le prime 3 tipologie quelle più diffuse e ancora utilizzate in diverse regioni del mondo.
La messa al bando dell'amianto ha determinato una proliferazione di norme che hanno regolato nel tempo vari aspetti quali le modalità per la gestione dei materiali in essere, la valutazione del rischio, i requisiti delle imprese dedite alla bonifica, le caratteristiche dei laboratori e la formazione professionale.
Modalità di campionamento fibre amianto
Decreto Ministeriale 6 settembre 1994, Ministero della Sanità (G.U. n.288, supplemento ordinario del 10 dicembre 1994) Normative e metodologie tecniche per la valutazione del rischio, la bonifica, il controllo e la manutenzione dei materiali contenenti amianto presenti negli edifici.
Questa sezione approfondisce i diversi aspetti relativi alla gestione e caratterizzazione di questo materiale che costituisce ancora un rilevante problema sanitario e ambientale a livello mondiale.
Polveri silice cristallina
Con il termine silice si fa riferimento a una delle sostanze minerali più comuni presenti in natura, formata da silicio (Si) e ossigeno (O) che, assieme, costituiscono circa il 74% in peso della crosta terrestre. Generalmente questi due elementi chimici si combinano con altri per formare i silicati, minerali costituenti di molte rocce. In particolari condizioni, tuttavia, possono legarsi tra loro dando origine al gruppo dei minerali della silice (SiO2).
In essi la disposizione interna degli atomi di silicio e di ossigeno può assumere un andamento regolare (silice libera cristallina) o disordinato (silice libera amorfa). In natura la silice si presenta in forme cristalline diverse (polimorfi). Il quarzo, costituente minerale primario di molte rocce vulcaniche, sedimentarie e metamorfiche è senza dubbio la forma più comune di silice libera cristallina (Slc) presente in natura. Cristobalite e tridimite, più rare, compaiono principalmente nelle rocce di natura vulcanica e nei prodotti impiegati dall’industria.
Le forme cristalline della silice sono quelle di maggiore interesse per la medicina del lavoro e per l’igiene industriale, perché responsabili di patologie a carattere invalidante. L’esposizione alle polveri contenenti Slc è, infatti, causa della silicosi, per lungo tempo la malattia professionale più importante registrata tra i lavoratori del nostro paese. La copertura assicurativa obbligatoria contro la silicosi venne istituita in Italia nel 1943, ritenendo già allora che questa specifica tecnopatia, proprio per le gravi conseguenze invalidanti, dovesse essere protetta da una tutela speciale.
La valutazione del rischio silicosi presenta ancora oggi diverse criticità dovute all’assenza di orientamenti istituzionali chiari riguardo ai sistemi da adottare per campionare le polveri, alla scarsa diffusione di programmi di controllo di qualità delle prestazioni dei laboratori nei quali si eseguono le analisi e, non ultima in ordine di importanza, alla mancanza di valori limite di esposizione professionale (Vle) riconosciuti per legge. Per quest’ultimo aspetto si fa spesso riferimento ai limiti consigliati dall’American Conference of Governmental Industrial Hygienists (ACGIH) sia per le varietà cristalline sia per quelle amorfe.
Modalità di campionamento della silice libera cristallina nella frazione respirabile delle polveri
La determinazione di questo parametro si esegue sulla frazione respirabile delle polveri, campionata con le modalità sopra descritte, utilizzando l’analisi in difrattometria a raggi X (DRX). Il principio fisico su cui si basa la diffrattometria è la diffrazione dei raggi X ad opera delle sostanze cristalline, la quantificazione è basata su proporzionalità diretta tra l’intensità dei raggi X diffratti e la massa per unità di area della fase cristallina presente sul filtro di prelievo. (Metodo NIOSH 7500/03 Silice cristallina, tramite difrattometria a raggi X). ...
Polveri inerti (PNOR)
Le polveri inerti o fastidiose, contraddistinte dall’acronimo PNOR (Particulates not otherwise regulated) rispondono alle seguenti caratteristiche:
- sono insolubili o scarsamente solubili in acqua (o nei fluidi polmonari nel caso siano disponibili dati sperimentali); - hanno bassa tossicità (cioè non sono citotossiche, genotossiche o altrimenti chimicamente reattive con i tessuti polmonari); - non hanno un valore limite ponderale applicabile.
Tuttavia, anche se biologicamente inerti e non in grado di determinare l’insorgenza di malattie organiche significative, è ormai riconosciuto che tali particelle, siano esse di natura minerale o inorganica, possono esplicare effetti avversi in caso di esposizione per inalazione, contatto cutaneo o attraverso gli occhi. ...
Concentrazioni di polveri aerodisperse negli ambienti di lavoro
L’ACGIH raccomanda che le concentrazioni aerodisperse negli ambienti di lavoro siano mantenute al di sotto di 3 mg/m3 nel caso di frazione granulometrica respirabile e sotto 10 mg/m3 nel caso di frazione granulometrica inalabile.
Ai fini del confronto con i valori limite di esposizione in ambienti di lavoro, i livelli di concentrazione delle particelle aerodisperse devono essere rilevati facendo riferimento a metodiche standardizzate; oltre ad EN 481, sono noti diversi metodi sia in ambito nazionale (metodi Unichim) che a livello internazionale (metodi Hse e metodi Niosh).
Alcuni metodi analitici emessi dal Niosh (National institute for occupational safety and health) sono basati sul principio della deposizione della polvere aerodispersa su membrana filtrante cui segue la determinazione gravimetrica del particolato raccolto.
Ai fini del confronto dei livelli di inquinante aerodisperso misurabili con i valori limite di esposizione ACGIH, sono considerate PNOR anche alcune tipologie di polveri, quali le polveri di cuoio, la cui pericolosità intrinseca è accertata dalla Iarc (International agency for research on cancer). ... EN 481 ...
Prospetto I - Valori numerici delle convenzioni, espressi come percentuali della convenzione inalabile o delle particelle aerodisperse totali
Fig. 5 - Tutte particelle della convenzioni inalabile (1-100 μm), rappresentano il 50% delle particelle aerodisperse totali (Convenzione EN 481) ...
Con il Documento allegato e la nota a seguire si intende fornire un esempio di possibile metodologia per la strutturazione del Programma di miglioramento (programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza D.Lgs. 81/2008 Art. 28 c 2 lett. c).
In particolare il Programma di miglioramento è così definito ai sensi del D.Lgs. 81/2008 Art. 28 c. 2 lett. c:
"Il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), redatto a conclusione della valutazione...e contenere...c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza;". Il Programma di miglioramento è in effetti un "Documento dovuto" in un processo di "Valutazione dei Rischi" legato al concetto tipico dei Sistemi di gestione del miglioramento continuo.
Il Programma di adeguamento è invece il Programma delle misure di prevenzione e protezione da attuate (da attuare - ndr) per raggiungere la conformità legislativa/tecnica risultata mancante nella Valutazione dei Rischi.
"Il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), redatto a conclusione della della valutazione...e contenere...b) l'indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, a seguito della valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a);...,".
Vedasi nota a seguire.
Entrambi i Programmi dovranno avere dei Livelli di priorità definiti.
Un Programma di misure di prevenzione e protezione, a fronte della VR, può essere quindi distinto in:
- Programma adeguamento
- Programma miglioramento
Per attuare le misure di prevenzione e protezione sarà previsto un Programma di adeguamento con Livelli di priorità e Pianificazione temporale (tempi di attuazione), inoltre la stessa misura potrà (dovrà) avere un Programma di miglioramento (Piano si miglioramento + Livello di priorità / tempi) (*):
Programma misure prevenzione e protezione
Rischio
Programma adeguamento
Programma miglioramento
Pericolo
Livello di rischio
Misura
Livello priorità
Misura
Livello priorità
Pericolo 1
Livello
Misura 1A
PAXX
Misura 1M
PMXX
Pericolo 2
LIvello
Misura 2A
PAXX
Misura 2M
PMXX
Allegati Codifica n. X/ZZZZ
Allegati Codifica n. X/ZZZZ
(*) E’ possibile anche separare il programma di adeguamento da quello di miglioramento
Programma adeguamento: Occorre definire Livelli di Priorità per l’adeguamento delle misure alla Conformità legislativa/tecnica eventualmente carente dalla Valutazione dei Rischi.
Programma miglioramento: Occorre inoltre definire dei Livelli di Priorità delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza.
Nella scheda si fa riferimento ad Allegati pertinenti, quali relazioni, documenti, dichiarazioni, ecc, per l’attuazione del Programma di adeguamento e del Programma di miglioramento.
Livelli Priorità | Esempio
Livelli Priorità Programma adeguamento
Codice
Tempi
PA1
Immediato
PA2
30 giorni
PA3
60 giorni
PA4
90 giorni
PA5
180 giorni
Livelli Priorità Programma miglioramento
Codice
Tempi
PM1
60 giorni
PM2
180 giorni
PM3
360 giorni
Misure di adeguamento e Misure di miglioramento
Misure di adeguamento
Con la Valutazione dei Rischi e la successiva elaborazione del DVR, il DL da indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati.
Le misure di adeguamento sono quelle da attuare al momento in cui un rischio sia rilevato. Se esiste un rischio non accettabile, è necessario individuare un adeguamento immediato.
Per quanto riguarda il Programma di adeguamento, anche se la norma non parla in modo esplicito di "programmazione", è palese che sia possibile avere delle carenze di sicurezza nella Valutazione dei Rischi e che tali carenze non possano essere chiuse (adeguamento) con misure immediate. Chiaramente saranno quelle per il quale il livello di rischio individuato sia "basso" (dal metodo VR).
Sarà quindi possibile stabilire dei livelli di priorità sulle misure di sicurezza non immediate (da attuare) in quanto il rischio è valutato "basso".
Si pensi, ad esempio, che nella Valutazione del Rischio incendio, si è individuata una manichetta antincendio non funzionante, ma con la presenza in prossimità di un'altra manichetta antincendio funzionante che garantisce comunque adeguata sicurezza di protezione antincendio (misura provvisoria/alternativa). In questo caso il livello di rischio potrà essere “basso” con priorità di adeguamento (riparazione Manichetta 05) non immediata (PA2):
Programma misure prevenzione e protezione
Rischio
Programma adeguamento
Programma miglioramento
Pericolo
Livello di rischio
Misura
Livello priorità
Misura
Livello priorità
Incendio
Basso
Riparazione manichetta 05
PA2
Prova periodica mensile interna
PM1
Allegati Report A. XX/YYYY Registro antincendio
Allegati Report M. XX/YYYY Registro antincendio
Il Programma di miglioramento potrà ad esempio consistere in una Prova periodica mensile interna attuata PM1 (dopo 60 giorni), oltre i termini previsti per la verifica periodica nella manutenzione antincendio (Registro).
Si pensi inoltre ad una carenza in merito all'assenza del CPI ma previsto in quanto attività soggetta per il quale sono previsti sia tempi tecnici per l'adeguamento dell'attività che tempi amministrativi per il suo rilascio. E' chiaro che in questo frangente dovranno essere attuate "misure provvisorie/alternative" per la non conformità legislativa.
[box-warning]Controlli Organi di Vigilanza / Misura di adeguamento da attuare
Eventuali controlli degli Organi di Vigilanza volti ad accertare il rispetto delle misure di sicurezza del D.Lgs. 81/2008, in questa fase, potrebbero dar luogo, a seconda del livello di rischio individuato dall'Organo di Vigilanza, a provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione delle carenze, con eventuale prescrizione di adeguamento entro un determinato termine. Porre particolare attenzione. [/box-warning]
[box-warning]Infortuni / Misura di adeguamento da attuare
Eventuali Infortuni dovuti a carenza nelle misure di sicurezza saranno oggetto di sanzione.
Porre particolare attenzione. [/box-warning]
Misure di miglioramento Le misure di miglioramento sono, altresì, quelle misure che devono essere individuate per garantire nel tempo il miglioramento dei livelli di sicurezza.
Esempio 1 (Limite agente chimico):
Nel VR chimico (Art.223), effettuata con il “metodo α” si è individuato per l’uso di un solvente una esposizione professionale ad agente riportato XXXVIII Toluene (EINECS203-625-9) al di sopra dei limiti previsti (> 192 mg/m3 (8h)), le misure potrebbero essere: (tabella Programma misure prevenzione e protezione così strutturata)
Programma misure prevenzione e protezione
Rischio
Programma adeguamento
Programma miglioramento
Pericolo
Livello di rischio
Misura
Livello priorità
Misura
Livello priorità
Chimico (Toluene)
Alto
Sostituzione del Prodotto (non possibile)
---
Rivalutazione della sostituzione del Prodotto (se possibile)
PM1
Riduzione dell’esposizione
PA1
Monitoraggio sul livello di esposizione
PM2
DPI
PA1
Valutazione altri DPI
PM3
Sorveglianza sanitaria
PA1
Sorveglianza sanitaria (se di nuovo necessaria)
PM3
Rivalutazione per eventuali modifiche ai limiti di esposizione professionale
PM3
Allegati Codifica n. X/ZZZZ
Allegati Codifica n. X/ZZZZ
Miglioramento (in giallo)
In particolare se al momento non è possibile la sostituzione del Prodotto come misura prioritaria di adeguamento, nel Programma di miglioramento (con Priorità PM1 = 60 gg) si effettuerà una rivalutazione sulla possibile sostituzione.
E’ possibile che i limiti di esposizione professionale possano nel tempo essere ridotti, anche in questo caso si potrà inserire tale controllo nelle misure di miglioramento (PM3).
Esempio 2 (Obblighi conosciuti ma differiti)
In una azienda si effettuano lavorazioni di legno duro. Nel VR chimico agenti cancerogeni (Art. 236.), per l’esposizione all’agente Polveri da legno duro (Allegato XLIII) è previsto il limite di (2,0 mg/m3 (8h)), ma esiste un periodo transitorio fino al 17 Gennaio 2023 il cui il valore limite è (3,0 mg/m3 (8h)). Il Programma di adeguamento e il Programma di miglioramento potrebbero essere così strutturati:
Programma misure prevenzione e protezione
Rischio
Programma adeguamento
Programma miglioramento
Pericolo
Livello
Misura
Livello priorità
Misura
Livello priorità
Chimico Polveri di legno duro
Alto
Sostituzione del Prodotto (non possibile)
PM4
Rivalutazione della sostituzione del Prodotto (se possibile)
PM1
Riduzione dell’esposizione alla soglia limite di 3,0 mg/m3 (8h)
PA1
Riduzione dell’esposizione alla soglia limite di 2,0 mg/m3 (8h) entro il 17 Gennaio 2023
>PM3
DPI
PA1
DPI
PM1
Sorveglianza sanitaria
PM1
Allegati Codifica n. X/ZZZZ
Allegati Codifica n. X/ZZZZ
Programma di Miglioramento (in giallo)
Nel Programma di miglioramento (mantenimento delle misure nel tempo) si potrà indicare la scadenza del 17 Luglio 2023 prevista per il nuovo limite (> PM3)
Esempio 3 (Obblighi conosciuti ma differiti)
....
In Programma di miglioramento deve essere efficace nel garantire il mantenimento / miglioramento dei livelli di sicurezza.
[box-note]D.Lgs. 81/2008 … Art. 28. Oggetto della valutazione dei rischi … 2. Il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), redatto a conclusione della valutazione … e contenere: a) una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa. La scelta dei criteri di redazione del documento è rimessa al datore di lavoro, che vi provvede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la completezza e l'idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione; b) l'indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, a seguito della valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a); c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza; d) l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri; ... [/box-note]
Documento e riferimenti sul cromo VI e sul rischio cromo VI nei fumi di saldatura: i nuovi limiti UE, i limiti delle principali organizzazioni, le norme tecniche per il campionamento dei fumi di saldatura e le attrezzature previste.
Con la nuova Direttiva (UE) 2017/2398 (adottata con D. Lgs. 1° giugno 2020 n. 44- entrata in vigore il 24.06.2020) sono aggiunti altri agenti cancerogeni con limiti di esposizione professionale di cui all'Allegato XLIII del D.Lgs. 81/2008, tra questi i "Composti di cromo VI..." con il Valore limite di esposizione professionale pari a: 0,005 mg/m3.
[box-note]Update Rev. 1.0 2020
D. Lgs. 1 giugno 2020 n. 44 - Attuazione della Direttiva (UE) 2017/2398 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2017, che modifica la direttiva 2004/37/CE del Consiglio, relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro. (GU n.145 del 09-06-2020).
Entrata in vigore del provvedimento: 24/06/2020[/box-note]
[panel]Il D.Lgs 81/2008 Agenti cancerogeni lavoro
Le sostanze pericolose per la salute e sicurezza sul sono trattate al Titolo IX del D.Lgs. 81/2008:
Capo I Protezione da agenti chimici (Artt. da 221 a 232) Capo II Protezione da agenti cancerogeni e mutageni (Artt. da 233 a 245) Capo III Protezione dai rischi connessi all'esposizione all'amianto (Artt. da 246 a 264) ...
Obblighi del datore di lavoro
Art. 235. Sostituzione e riduzione
1. Il datore di lavoro evita o riduce l'utilizzazione di un agente cancerogeno o mutageno sul luogo di lavoro in particolare sostituendolo, se tecnicamente possibile, con una sostanza o una miscela o un procedimento che nelle condizioni in cui viene utilizzato non risulta nocivo o risulta meno nocivo per la salute e la sicurezza dei lavoratori.
2. Se non è tecnicamente possibile sostituire l'agente cancerogeno o mutageno il datore di lavoro provvede affinché la produzione o l'utilizzazione dell'agente cancerogeno o mutageno avvenga in un sistema chiuso purché tecnicamente possibile.
3. Se il ricorso ad un sistema chiuso non è tecnicamente possibile il datore di lavoro provvede affinché il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso valore tecnicamente possibile.
L'esposizione non deve comunque superare il valore limite dell'agente stabilito nell'allegato XLIII.
...[/panel]
La nuova Direttiva sugli Agenti cancerogeni lavoro
Con la nuova Direttiva (UE) 2017/2398 (adottata con D. Lgs. 1 giugno 2020 n. 44 - entrata in vigore il 24.06.2020) sono aggiunte altre sostanze riconosciute cancerogene con Valori limite di esposizione professionale di cui all'Allegato XLIII del D.Lgs. 81/2008, tra questi i "Composti di cromo VI..." con il Valore limite di esposizione professionale pari a: 0,005 mg/m3.
Con la nuova Direttiva (UE) 2017/2398 il Cromo VI e composti è aggiunto nell'elenco dell'Allegato XLIII del D.Lgs. 81/2008 degli Agenti cancerogeni "Composti di cromo VI..." con il Valore limite di esposizione professionale pari a:
0,005 mg/m3
Misure transitorie:
- Valore limite: 0,010 mg/m3 fino al 17 gennaio 2025 - Valore limite: 0,025 mg/m3 procedimenti di saldatura o taglio al plasma o analoghi procedimenti di lavorazione che producono fumi fino 17 gennaio 2025. [/panel]
Fig. 1 - Valore limite Cromo VI procedimenti di saldatura o taglio al plasma o analoghi / transitorio
[box-note]Direttiva 2004/37/CE
Direttiva 2004/37/CE del Parlamento europeo re del Consiglio del 29 aprile 2004 sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro (sesta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE del Consiglio) (GUUE L 229/23 del 29.6.2004)
Entrata in vigore: 19.07.2004
Direttiva modificata da:
- Direttiva 2014/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 L 65 1 5.3.2014 - Direttiva (UE) 2017/2398 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 Dicembre 2017 L 345/87 27.12.2017 - Direttiva (UE) 2019/130 del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 gennaio 2019 L 30/112 31.01.2019 - Direttiva (UE) 2019/983 del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 giugno 2019 L 164/23 20.06.2019 - Regolamento (UE) 2019/1243 del Parlamento europeo e Consiglio del 20 giugno 2019 L 198/241 25.7.2019[/box-note]
[box-note]Direttiva (UE) 2017/2398
Direttiva (UE) 2017/2398 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2017 che modifica la direttiva 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro (Modifica alla VI Direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (GUUE L 345/87 del 27.12.2017)
Entrata in vigore: 16.01.2018
La Direttiva (UE) 2017/2398 modifica la direttiva Direttiva 2004/37/CE inserendo nell’Allegato III della direttiva 2004/37/CE: - 11 nuove sostanze cancerogene, tra cui i composti di cromo VI definiti cancerogeni ai sensi dell’articolo 2, lettera a), punto i), (come cromo), definendone i valori di esposizione professionale.
Misure transitorie: - Valore limite: 0,010 mg/m3 fino al 17 gennaio 2025 - Valore limite: 0,025 mg/m3 per i procedimenti di saldatura o taglio al plasma o analoghi procedimenti di lavorazione che producono fumi fino al 17 gennaio 2025. [/box-note]
Attuazione della Direttiva (UE) 2017/2398 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2017, che modifica la Direttiva 2004/37/CE del Consiglio, relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro. (GU n.145 del 09-06-2020).
- 11 nuovi agenti cancerogeni con valori di esposizione professionale di cui allegato XLIII del D.Lgs. 81/2008; tra questi i composti di cromo VI definiti cancerogeni ai sensi dell’articolo 2, lettera a), punto i), (come cromo), definendone i valori di esposizione professionale.
Misure transitorie: - Valore limite: 0,010 mg/m3 fino al 17 gennaio 2025 - Valore limite: 0,025 mg/m3 per i procedimenti di saldatura o taglio al plasma o analoghi procedimenti di lavorazione che producono fumi fino al 17 gennaio 2025. [/panel]
Fig. 1 - Flusso recepimento Direttiva sociale lavoro
...
ALLEGATO XLIII Valori limite di esposizione professionale
Attuazione della direttiva (UE) 2017/2398 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2017, che modifica la direttiva 2004/37/CE del Consiglio, relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro. (GU n.145 del 09-06-2020).[/box-warning]
Fumi di saldatura acciaio INOX e limiti Cromo VI
L'esposizione ai fumi di saldatura, ed in particolare a quelli che si generano durante la saldatura dell'acciaio inox, viene associata a potenziali rischi per la salute. Questi fumi contengono Manganese e Cromo Esavalente Cr(VI), due sostanze molto pericolose. Per questo motivo in molti paesi ci si adopera per abbassare i livelli consentiti di esposizione al Cromo e al Manganese.
Cromo, Manganese e/o Nickel, che contribuiscono alle caratteristiche di robustezza e durabilità dell'acciaio, sono componenti essenziali della materia base. Per lo stesso motivo la composizione degli elettrodi per saldatura deve armonizzare con la composizione della materia base da saldare.
Il calore intenso generato dall’arco elettrico vaporizza una frazione di metallo nell’elettrodo e nel bagno di fusione. Qualsiasi vapore di metallo che fuoriesce dall’arco di saldatura si condensa appena si raffredda e si ossida nei fumi di saldatura. I vari metodi di saldatura generano quantità diverse di fumi e di concentrazioni di sostanze nocive. La maggior parte dei particolati misurano alla fonte 0.01- 0.1 μm, ciò significa che sono facilmente inalabili. Essi possono penetrare all’interno dei polmoni ed anche, con il tempo, nel sangue.
Principali effetti sulla salute
Il Manganese può danneggiare il sistema nervoso e le vie respiratorie, oltre ad avere altri effetti negativi. Un'ampia gamma di malattie neuropsichiatriche vengono descritte come causate dagli effetti tossici del maganese, tra cui una sindrome irreversibile del morbo di Parkinson. Questi disordini neurologici provocati dalla tossicità del Manganese sono conosciuti come Manganismo.
Il Cr(VI)* è un noto cancerogeno e studi di ricerca hanno chiaramente dimostrato che l'esposizione a questa sostanza può danneggiare la salute.
I principali effetti che vengono associati all'esposizione
- Cancro ai polmoni - Asma - Ulcerazioni delle mucose del setto nasale - Ulcerazioni della pelle - Dermatiti allergiche e da contatto - Disturbi della fertilità e della riproduzione.
I valori limite di esposizione professionale al cromo esavalente
Recentemente, la Società Italiana di Medicina del Lavoro ed Igiene Industriale ha riassunto nelle sue linee guida i VLP ed i valori limite biologici equivalenti (BLV) per le sostanze, tra le quali Cr(VI) e suoi composti. Il TLV® fissato dall’ACGIH è 0,05 mg/m3 nell’aria, portato a 0,01 mg/m3 per i composti del Cr(VI) insolubili.
(*) I composti di Cromo Esavalente o Cr(VI) sono quelli che contengono cromo allo stato di ossidazione +6. Normalmente, il Cromo presente nella materia base e nell’elettrodo per saldatura non appare nella forma esavalente. Tuttavia, durante il processo di saldatura, il composto fondente con base alcalina reagisce con il Cromo generando Cr(VI), che viene emesso nei fumi di saldatura.
ACGIH TLV® (1991)
0.05 mg/m3 (water-soluble Cr(VI) compounds, as Cr) TWA A1 BEI®
HE1 -- lung cancer
HE14 -- respiratory irritation, dermatitis
0.01 mg/m3(insoluble Cr(VI) compounds, as Cr) TWA
HE1 -- lung cancer
HE14 -- respiratory irritation, dermatitis
Lo stesso limite, denominato TRK (Technische Richt Konzentrationen) è stato adottato in Germania.
L’OSHA (Occupational Safety & Health Administration, USA) ha aggiornato nel 2006 i limiti di esposizione industriale a Cr(VI) in tutte le sue forme e composti: 0,0025 mg/m3 è l’action level e 0,005 mg/m3 il PEL (Permissible Exposure Limit), calcolati come concentrazioni medie pesate in un turno lavorativo di 8 ore (TWA).
Il monitoraggio biologico viene effettuato mediante dosaggio del cromo urinario; il limite superiore dei valori di riferimento nella popolazione non esposta è pari a 0,2 μg/g creatinina. A fine turno ed a fine settimana lavorativa il BLV è stato fissato a 15 μg/g creatinina, con una differenza massima consentita tra inizio turno e fine turno lavorativo di 5 μg/g creatinina. Poiché nelle urine il cromo è totalmente ridotto alla forma trivalente, per valutare l’esposizione esclusivamente a Cr(VI) è necessario effettuare la determinazione nei globuli rossi.
HE1 -- cancer (lung, nasopharynx, oropharynx, nasal passages)
HE14 -- eye irritation and skin sensitization
[panel] Exposure Limits
OSHA General Industry PEL OSHA Permissible Exposure Limit (PEL) for the General Industry - Action Level, Excursion Limit (EL), 8-Hour Time Weighted Average (TWA), Short Term Exposure Limit (STEL), Ceiling, or Stayed. Includes all changes to 29 CFR 1910.1000 to end published in the Federal Register.
OSHA Construction IndustryPEL OSHA Permissible Exposure Limit (PEL) for the Construction Industry - Action Level, Excursion Limit (EL), 8-Hour Time Weighted Average (TWA), Short Term Exposure Limit (STEL), Ceiling, or Stayed. Includes all changes to 29 CFR 1926.1100 to end published in the Federal Register.
ACGIH TLV, American Conference of Governmental Industrial Hygienists (ACGIH) Threshold Limit Value (TLV). Includes Biological Exposure Indices (BEIs), Sensitization, and Skin notations. For current information, references, and footnotes, see the yearly printed ACGIH TLV® and BEIs® Booklet. [/panel]
[panel]Carcinogenic classification
- IARC: Group 1 (carcinogenic to humans) - EPA: Known/likely human carcinogen - EPA Inhalation Reference Concentration (RfC): 1x10-4 mg/m3 (particulates); 8x10-6 mg/m3 (aerosol mists)[/panel]
Processo di saldatura acciaio inox
- Saldatura con elettrodi rivestiti (detta anche SMAW in inglese), o saldatura stick. - Saldatura con elettrodo non consumabile (conosciuta anche come GTAW). - Saldatura a filo animato (nota come FCAW, nella terminologia anglofona). - Saldatura con elettrodo consumabile a filo continuo (nota come GMAW). Questo processo si compone di due metodi differenti: trasferimento in corto circuito e trasferimento spray.
Esempio Scheda tecnica Elettrodo INOX
Elettrodo con rivestimento rutilico per la saldatura di acciai austenitici e per acciai resistenti al calore fino a 1150°C. Utilizzato per la saldatura per acciai avente composizione chimica similare e per le ghise contenenti 25% cromo e 20% nichel. Impiego in caldareria (resiste ai picchi di temperatura fino a 1200°C), nelle fornaci, nelle industrie petrolchimiche, in quelle delle ceramiche e in tutti quegli impieghi che richiedono elevata resistenza alle alte temperature. L’elettrodo è usato anche per saldature e giunture eterogenee di acciai dissimili, comprese quelle in cui è applicato il trattamento termico, e per operazioni di cuscinetto. Utilizzo in tutte le posizioni, ottima estetica del cordone con scoria di facile asportazione.
Ci sono diversi modi per ridurre i rischi da esposizione al Manganese e al Cr(VI) durante le applicazioni di saldatura negli ambienti di lavoro. Alcune considerazioni critiche riguardano il metodo e la portata dei sistemi di ventilazione e di aspirazione fumi, le abitudini di lavoro, la formazione del personale addetto alla saldatura e i materiali che vengono saldati. Inoltre i rischi non sono limitati al Manganese e al Cr(VI): anche la presenza di Nickel e di altri elementi sono rischi noti. Gli effetti negativi provocati dall'esposizione e dall'inalazione di tali sostanze possono manifestarsi immediatamente o dopo un certo periodo tempo.
I sistemi di aspirazione (alla fonte)
Vi sono molti modi per limitare i rischi sul lavoro. Uno dei più importanti è quello di mantenere una buona qualità dell’aria. Tuttavia, i sistemi ventilazione sono spesso insufficienti in quanto il personale addetto alla saldatura non può evitare di inalare i fumi che contaminano il flusso generale dell’aria. I sistemi di ventilazione non sono efficaci neppure dal lato economico: richiedono grandi quantità di energia elettrica per funzionare e aspirano enormi quantità di aria riscaldata dai locali.
L’aspirazione alla fonte, cioè il più possibile vicino al punto di saldatura, ha dato prova di essere uno dei sistemi più efficaci per abbassare il rischio di inalazione dei fumi di saldatura.
Si tratta di una soluzione fattibile in ogni ambiente di lavoro. E’ stato provato che l’aspirazione alla fonte è il metodo più efficace e pratico di catturare i fumi di saldatura o altri fumi simili. In questo modo il rischiodi respirare fumi nocivi viene minimizzato.
[alert]IARC Monigrafie 49
FUMI DI SALDATURA/WELDING FUMES Classe IARC 2B
Caratteristiche generali Si stima che nel mondo siano 3 milioni i lavoratori addetti alle operazioni di saldatura. In letteratura si intendono per "fumi di saldatura" tutte le emissioni che si producono per vaporizzazione dei metalli e per decomposizione e (elettrodi) utilizzati piuttosto che dalle superfici sottoposte a saldatura.
La composizione dei fumi riflette quindi soprattutto la composizione dell'"elemento consumabile" utilizzato, ma occorre anche considerare ossidazioni, dissociazioni e altre reazioni chimiche che possono avvenire nelle immediate vicinanze dell'arco creato per la Gas), TIG (Tungsten Inert Gas), applicati a due classi di metalli (acciaio dolce e acciaio inossidabile). I principali costituenti dei fumi di saldatura sono elementi semplici (Al, Ni, Fe, Mn, Si, Cr, K, Ba, Ca, F, Ti) e materiali cristallini (Fe2O3, Fe3O4, CrO3, MnFe2O4, K2CO3, NaF, CaF2, KCaF3, KCl, ecc).[/alert]
B. Metodo di laboratorio per il campionamento dei fumi e dei gas
UNI EN ISO 15011-1:2010
Salute e sicurezza nella saldatura e nelle tecniche affini - Metodo di laboratorio per il campionamento dei fumi e dei gas - Parte 1: Determinazione del tasso di emissione dei fumi generati dalla saldatura ad arco e captazione dei fumi per l'analisi
La presente norma è la versione ufficiale in lingua inglese della norma europea EN ISO 15011-1 (edizione ottobre 2009). La norma definisce un metodo di laboratorio per la determinazione del tasso di emissione dei fumi generati dalla saldatura ad arco. Essa inoltre definisce un metodo per la captazione dei fumi per l analisi e suggerisce alcune possibili metodiche analitiche. I metodi descritti sono idonei per essere utilizzati con tutti i processi di saldatura ad arco tranne che per il TIG che emette pochi fumi. Data entrata in vigore: 06 maggio 2010
UNI EN ISO 15011-2:2010 Salute e sicurezza nella saldatura e nelle tecniche affini - Metodo di laboratorio per il campionamento dei fumi e dei gas - Parte 2: Determinazione del tasso di emissione del monossido di carbonio (CO), dell anidride carbonica (CO2), del monossido e del biossido di azoto (NO, NO2), generati dalla saldatura ad arco, dal taglio e dalla scriccatura. La presente norma è la versione ufficiale in lingua inglese della norma europea EN ISO 15011-2 (edizione ottobre 2009). La norma definisce i metodi di laboratorio per la determinazione dei tassi di emissione del monossido di carbonio (CO), dell anidride carbonica (CO2), del monossido e del biossido di azoto (NO, NO2), generati dalla saldatura ad arco, dal taglio e dalla scriccatura utilizzando una cappa per la raccolta dei fumi. I metodi descritti sono idonei per essere utilizzati con tutti i processi di saldatura ad arco, taglio e scriccatura ma possono essere utilizzate cappe di diversa forma. Data entrata in vigore: 06 maggio 2010
UNI EN ISO 15011-3:2010 Salute e sicurezza nella saldatura e nelle tecniche affini - Metodo di laboratorio per il campionamento dei fumi e dei gas - Parte 3: Determinazione del tasso di emissione dell ozono generato dalla saldatura ad arco. La presente norma è la versione ufficiale in lingua inglese della norma europea EN ISO 15011-3 (edizione ottobre 2009). La norma definisce un metodo di laboratorio per la determinazione del tasso di emissione dell ozono generato dalla saldatura ad arco utilizzando una cappa per la raccolta dei fumi. Data entrata in vigore: 06 maggio 2010
UNI EN ISO 15011-4:2018 Salute e sicurezza nella saldatura e nelle tecniche affini - Metodo di laboratorio per il campionamento di fumi e gas - Parte 4: Schede di raccolta dati sui fumi. La norma, aggiornata per l’inserimento dei precedenti aggiornamenti, specifica i requisiti per la determinazione del tasso di emissione e della composizione chimica dei fumi di saldatura allo scopo di preparare schede di raccolta dati sui fumi. Data entrata in vigore: 22 marzo 2018
UNI EN ISO 15011-5:2012 Salute e sicurezza nella saldatura e nelle tecniche affini - Metodo di laboratorio per il campionamento di fumi e gas - Parte 5: Identificazione mediante pirolisi, gascromatografia, spettrometria di massa dei prodotti di degradazione termica generati a seguito di saldatura o taglio di prodotti totalmente o parzialmente costituiti da materiali organici La presente norma è la versione ufficiale in lingua inglese della norma europea EN ISO 15011-5 (edizione ottobre 2011). La norma definisce le procedure per l'ottenimento di informazioni sui prodotti di degradazione termica generati a seguito di saldatura, taglio, preriscaldo e raddrizzamento di metalli rivestiti costituiti parzialmente o totalmente da sostanze organiche come, per esempio, "shop primers", vernici, oli, cere, adesivi e sigillanti. La norma è indirizzata principalmente ai laboratori di prova che svolgono questo tipo di procedure. Data entrata in vigore: 09 febbraio 2012
UNI CEN ISO/TS 15011-6:2012 Salute e sicurezza nella saldatura e nelle tecniche affini - Metodo di laboratorio per il campionamento dei fumi e dei gas - Parte 6: Procedura per la determinazione quantitativa dei fumi e dei gas generati dalla saldatura a resistenza a punti. La presente specifica tecnica è la versione ufficiale in lingua inglese della specifica tecnica europea CEN ISO/TS 15011-6 (edizione luglio 2012) e tiene conto dell'errata corrige di settembre 2012 (AC:2012). La specifica tecnica definisce un metodo di laboratorio per la determinazione del tasso di emissione dei fumi e dei gas generati dalla saldatura a resistenza a punti di lamiere in acciaio rivestite e non rivestite espresso come quantità di inquinanti per singolo punto di saldatura. Essa descrive inoltre il principio della prova e considera i metodi per il campionamento dei fumi e per l’analisi. Data entrata in vigore: 06 settembre 2012
C. Requisiti, prove e marcatura delle attrezzature per il filtraggio dell'aria
UNI EN ISO 15012-2:2008 Salute e sicurezza in saldatura e nelle tecniche affini - Requisiti, prove e marcatura delle attrezzature per il filtraggio dell'aria - Parte 2: Determinazione della minima portata in volume d'aria necessaria per le bocche di captazione.
La presente norma è la versione ufficiale in lingua inglese della norma europea EN ISO 15012-2 (edizione aprile 2008). La norma definisce un metodo per stabilire la minima portata in volume d'aria necessaria per le bocche di captazione per captare efficacemente fumi e gas derivanti dalla saldatura e da processi affini. Data entrata in vigore:11 settembre 2008
UNI EN ISO 21904-1:2020 Salute e sicurezza in saldatura e nei processi correlati - Attrezzature per la cattura e la separazione dei fumi di saldatura - Parte 1: Requisiti generali La norma definisce i requisiti generali per l'attrezzatura di ventilazione utilizzata per catturare e separare i fumi generati dalla saldatura e dai processi correlati, per esempio saldatura ad arco e taglio termico. La norma specifica inoltre i dati delle prove da marcare sui dispositivi di cattura. Essa si applica alla progettazione e alla fabbricazione di parti dell'attrezzatura, comprese cappe per saldatura, condotti, unità di filtro, motori dell'aria, sistemi che informano sul funzionamento non sicuro e pratiche sul luogo di lavoro per garantire un lavoro sicuro in relazione all'esposizione. Data entrata in vigore: 23 Aprile 2020
UNI EN ISO 21904-2:2020 Salute e sicurezza in saldatura e nei processi correlati - Attrezzature per la cattura e la separazione dei fumi di saldatura - Parte 2: Requisiti per le prove e la marcatura dell'efficacia della separazione La norma specifica un metodo per sottoporre a prova l’attrezzatura per la separazione dei fumi di saldatura al fine di determinare se la sua efficacia di separazione soddisfa i requisiti specificati. Il metodo specificato non si applica alle prove di cartucce filtranti indipendenti dall’attrezzatura nella quale sono destinate ad essere utilizzate. Data entrata in vigore: 23 Aprile 2020
Archivio nazionale dei lavoratori esposti a radiazioni ionizzanti
ID 11354 | 13.08.2020
L'articolo 126 del Decreto Legislativo 31 luglio 2020 n. 101, attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom e riordino della normativa di settore in attuazione dell'articolo 20, comma 1, lettera a), della legge 4 ottobre 2019, n. 117, istituisce l'archivio nazionale dei lavoratori esposti.
L'istituzione dell'Archivio nazionale dovrà avvenire entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del Decreto Legislativo 31 luglio 2020 n. 101 presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ovvero entro il 23/02/2021.
Successivamente con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, sentiti l’INAIL, l’Istituto Superiore di Sanità, l’ISIN e il Garante per la protezione dei dati personali, verranno stabilite le modalità e i criteri di costituzione, alimentazione e gestione dell’Archivio nazionale.
1. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituito l’Archivio nazionale dei lavoratori esposti.
2. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, sentiti l’INAIL, l’Istituto Superiore di Sanità, l’ISIN e il Garante per la protezione dei dati personali, sono stabilite le modalità e i criteri di costituzione, alimentazione e gestione dell’Archivio nazionale di cui al comma 1 nonché le modalità di accesso all’archivio da parte dell’ISIN, delle altre autorità di vigilanza e delle amministrazioni dello Stato interessate per le specifiche finalità istituzionali.[/panel]
[panel] Articolo 44 Accesso ai risultati della sorveglianza individuale
1. Gli Stati membri prescrivono che i risultati della sorveglianza individuale prevista agli articoli 41, 42, 52, 53 e, se deciso dagli Stati membri ai sensi dell'articolo 35, paragrafo 2, all'articolo 54, paragrafo 3:
a) siano messi a disposizione dell'autorità competente, dell'esercente e del datore di lavoro dei lavoratori esterni; b) siano messi a disposizione del lavoratore interessato a norma del paragrafo 2; c) siano presentati al servizio di medicina del lavoro affinché ne valuti le ripercussioni per la salute umana secondo quanto previsto all'articolo 45, paragrafo 2; d) siano trasmessi al sistema di trattamento dei dati per la sorveglianza radiologica individuale istituito dallo Stato membro in conformità alle disposizioni dell'allegato X.
2. Gli Stati membri dispongono che l'esercente o, in caso di lavoratori esterni, il datore di lavoro, consenta ai lavoratori di accedere, a loro richiesta, ai risultati della sorveglianza individuale che li riguarda, compresi i risultati delle misurazioni eventualmente utilizzate per la valutazione di tali risultati, o ai risultati della valutazione delle dosi effettuata in seguito alla sorveglianza del luogo di lavoro.
3. Gli Stati membri stabiliscono le modalità con cui comunicare i risultati della sorveglianza individuale.
4. Il sistema di trattamento dei dati per la sorveglianza radiologica individuale contempla quanto meno le informazioni elencate nell'allegato X, sezione A.
5. In caso di esposizione accidentale, gli Stati membri dispongono che l'esercente comunichi senza indugio alla persona interessata e all'autorità competente i risultati della sorveglianza individuale e delle valutazioni della dose.
6. Gli Stati membri provvedono affinché siano introdotte misure per uno scambio appropriato tra l'esercente o, nel caso di un lavoratore esterno, il datore di lavoro, l'autorità competente, i servizi di medicina del lavoro, gli esperti in radioprotezione o i servizi di dosimetria, di tutte le informazioni relative alle dosi assorbite in precedenza da un lavoratore, al fine di effettuare le visite mediche prima dell'assunzione o della classificazione come lavoratore della categoria A previste dall'articolo 44 e di controllare l'ulteriore esposizione dei lavoratori.[/panel]
[box-warning]Avvertenza
Il testo dell'articolo 1, comma 3, della legge 24 aprile 2020, n. 27 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19. Proroga dei termini per l'adozione di decreti legislativi), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 29 aprile 2020, n. 110, S.O., cosi' recita:
«Art. 1. (Omissis).
3. In considerazione dello stato di emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili, dichiarato con la delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 26 del 1° febbraio 2020, i termini per l'adozione di decreti legislativi con scadenza tra il 10 febbraio 2020 e il 31 agosto 2020, che non siano scaduti alla data di entrata in vigore della presente legge, sono prorogati di tre mesi, decorrenti dalla data di scadenza di ciascuno di essi. I decreti legislativi di cui al primo periodo, il cui termine di adozione sia scaduto alla data di entrata in vigore della presente legge, possono essere adottati entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto dei principi e criteri direttivi e delle procedure previsti dalle rispettive leggi di delega. (Omissis).».[/box-warning]
Modello Valutazione del rischio ferite da taglio settore Ospedaliero e SanItario
ID 9098 | 18.09.2019
Il presente elaborato fornisce un Modello (.doc/pdf) per valutare il rischio di ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario. La Valutazione del rischio è previsto dal D.Lgs. 81/2008 Art. 286 -bis, Art. 286 -ter, Art. 286 -quater, Art. 286 -sexies introdotti dal Decreto Legislativo 19 febbraio 2014 n. 19 attuazione della Direttiva 2010/32/UE del Consiglio del 10 maggio 2010.
Attività potenzialmente interessate (ATECO), in cui sia identificato un DL:
86.10.10 Ospedali e case di cura generici 86.10.20 Ospedali e case di cura specialistici 86.10.30 Istituti, cliniche e policlinici universitari 86.10.40 Ospedali e case di cura per lunga degenza 86.22.01 Prestazioni sanitarie svolte da chirurghi 86.22.02 Ambulatori e poliambulatori del Servizio Sanitario Nazionale 86.22.03 Attività dei centri di radioterapia 86.22.04 Attività dei centri di dialisi 86.22.05 Studi di omeopatia e di agopuntura 86.22.06 Centri di medicina estetica 86.90.12 Laboratori di analisi cliniche 86.90.13 Laboratori di igiene e profilassi ... Studi medico/dentistici
Il documento risulta essere così eleborato:
[box-note] Parte A Normativa/informativa Premessa 1. Campo di applicazione 2. Valutazione del rischio 3. Procedure ad alto rischio 4. Selezione di dispositivi tecnici di sicurezza 5. Elenco non esaustivo di dispositivi medici a cui si applica la Direttiva 2010/32/UE 6. Informazione e formazione 7. Procedure di monitoraggio (ferite da punta e taglio) 8. Strumento adottato per l’analisi del rischio Parte B Esempio Applicativo Allegati Allegato 1 Sostituzione strumento utilizzato Allegato 2 Scheda di segnalazione infortunio ferite da punta e taglio Allegato 3 Esempio procedura prelievo ematico Allegato 4 Cartello informativo prelievo ematico [/box-note]
...
Excursus
Nel corso del suo lavoro quotidiano, il personale sanitario viene esposto al rischio di gravi infezioni causate da oltre 30 agenti patogeni potenzialmente pericolosi, tra cui epatite B (HBV), epatite C (HCV) e HIV, attraverso ferite con aghi contaminati e altri oggetti taglienti.
La maggior parte di queste ferite sono prevenibili con un training efficace, procedure di lavoro più sicure e dispositivi medici dotati di meccanismi di sicurezza che proteggono o ritraggono l'ago / l’oggetto tagliente dopo l'uso.
Oltre al personale medico, sono esposti a ferite causate da dispositivi medici taglienti usati e contaminati i lavoratori a valle, quali il personale di pulizia e di lavanderia, i netturbini ed il personale non sanitario.
La Direttiva 2010/32/UE del Consiglio del 10 maggio 2010 che attua l’accordo quadro, concluso da HOSPEEM e FSESP, in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario ha sottolineato l'importanza di una coerente attuazione di misure obbligatorie per evitare queste ferite potenzialmente letali.
Ogni Stato membro è tenuto a introdurre norme legislative nazionali o accordi comuni giuridicamente vincolanti per le parti sociali tali da attuare le disposizioni della Direttiva entro l’11 maggio 2013.
«TITOLO X-BIS PROTEZIONE DALLE FERITE DA TAGLIO E DA PUNTA NEL SETTORE OSPEDALIERO E SANITARIO
Art. 286 -bis. Ambito di applicazione
1. Le disposizioni del presente titolo si applicano a tutti i lavoratori che operano, nei luoghi di lavoro interessati da attività sanitarie, alle dipendenze di un datore di lavoro, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, ivi compresi i tirocinanti, gli apprendisti, i lavoratori a tempo determinato, i lavoratori somministrati, gli studenti che seguono corsi di formazione sanitaria e i sub-fornitori.
Art. 286 -ter. Definizioni
1. Ai fini ed agli effetti delle disposizioni del presente titolo si intende per: a) luoghi di lavoro interessati: strutture o servizi sanitari del settore pubblico e privato in cui si svolgono attività e servizi sanitari sottoposti alla responsabilità organizzativa e decisionale del datore di lavoro; b) dispositivi medici taglienti: oggetti o strumenti necessari all’esercizio di attività specifiche nel quadro dell’assistenza sanitaria, che possono tagliare, pungere o infettare. Gli oggetti taglienti o acuminati sono considerati, ai sensi del presente decreto, attrezzature di lavoro; c) misure di prevenzione specifiche: misure adottate per prevenire le ferite e la trasmissione di infezioni nel quadro della prestazione di servizi e dello svolgimento delle attività direttamente connesse all’assistenza ospedaliera e sanitaria, incluso l’impiego di attrezzature ritenute tecnicamente più sicure in relazione ai rischi e ai metodi di smaltimento dei dispositivi medici taglienti, quali i dispositivi medici taglienti dotati di meccanismo di protezione e di sicurezza, in grado di proteggere le mani dell’operatore durante e al termine della procedura per la quale il dispositivo stesso è utilizzato e di assicurare una azione protettiva permanente nelle fasi di raccolta e smaltimento definitivo; d) subfornitore: ogni persona che operi in attività e servizi direttamente legati all’assistenza ospedaliera e sanitaria nel quadro di rapporti contrattuali di lavoro con il datore di lavoro.
Art. 286 -quater. Misure generali di tutela
1. Il datore di lavoro ha l’obbligo di garantire la salute e sicurezza dei lavoratori in tutti gli aspetti connessi alla loro vita professionale, inclusi i fattori psicosociali e di organizzazione del lavoro, provvedendo in particolare:
a) ad assicurare che il personale sanitario sia adeguatamente formato e dotato di risorse idonee per operare in condizioni di sicurezza tali da evitare il rischio di ferite ed infezioni provocate da dispositivi medici taglienti; b) ad adottare misure idonee ad eliminare o contenere al massimo il rischio di ferite ed infezioni sul lavoro attraverso l’elaborazione di una politica globale di prevenzione che tenga conto delle tecnologie più avanzate, dell’organizzazione e delle condizioni di lavoro, dei fattori psicosociali legati all’esercizio della professione e dell’influenza esercitata sui lavoratori dall’ambiente di lavoro; c) a creare le condizioni tali da favorire la partecipazione attiva dei lavoratori e dei loro rappresentanti all’elaborazione delle politiche globali di prevenzione; d) a non supporre mai inesistente un rischio, applicando nell’adozione delle misure di prevenzione un ordine di priorità rispondente ai principi generali dell’articolo 6 della direttiva 89/391/CEE e degli articoli 3, 5 e 6 della direttiva 2000/54/CE, al fine di eliminare e prevenire i rischi e creare un ambiente di lavoro sicuro, instaurando un’appropriata collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza; e) ad assicurare adeguate misure di sensibilizzazione attraverso un’azione comune di coinvolgimento dei lavoratori e loro rappresentanti; f) a pianificare ed attuare iniziative di prevenzione, sensibilizzazione, informazione e formazione e monitoraggio per valutare il grado di incidenza delle ferite da taglio o da punta nei luoghi di lavoro interessati; g) a promuovere la segnalazione degli infortuni, al fine di evidenziare le cause sistemiche.
Art. 286 -quinquies. Valutazione dei rischi
1. Il datore di lavoro, nella valutazione dei rischi di cui all’articolo 17, comma 1, deve garantire che la stessa includa la determinazione del livello di rischio espositivo a malattie che possono essere contratte in relazione alle modalità lavorative, in maniera da coprire tutte le situazioni di rischio che comportano ferite e contatto con sangue o altro potenziale veicolo di infezione, nella consapevolezza dell’importanza di un ambiente di lavoro ben organizzato e dotato delle necessarie risorse. 2. Il datore di lavoro, nella valutazione dei rischi di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), deve altresì individuare le necessarie misure tecniche, organizzative e procedurali riguardanti le condizioni lavorative, il livello delle qualificazioni professionali, i fattori psicosociali legati al lavoro e l’influenza dei fattori connessi con l’ambiente di lavoro, per eliminare o diminuire i rischi professionali valutati.
Art. 286 -sexies. Misure di prevenzione specifiche
1. Qualora la valutazione dei rischi di cui all’articolo 286 -quinquies evidenzi il rischio di ferite da taglio o da punta e di infezione, il datore di lavoro deve adottare le misure di seguito indicate: a) definizione e attuazione di procedure di utilizzo e di eliminazione in sicurezza di dispositivi medici taglienti e di rifiuti contaminati con sangue e materiali biologici a rischio, garantendo l’installazione di contenitori debitamente segnalati e tecnicamente sicuri per la manipolazione e lo smaltimento di dispositivi medici taglienti e di materiale da iniezione usa e getta, posti quanto più vicino possibile alle zone in cui sono utilizzati o depositati oggetti taglienti o acuminati; le procedure devono essere periodicamente sottoposte a processo di valutazione per testarne l’efficacia e costituiscono parte integrante dei programmi di informazione e formazione dei lavoratori; b) eliminazione dell’uso di oggetti taglienti o acuminati quando tale utilizzo non sia strettamente necessario; c) adozione di dispositivi medici dotati di meccanismi di protezione e di sicurezza; d) divieto immediato della pratica del reincappucciamento manuale degli aghi in assenza di dispositivi di protezione e sicurezza per le punture; e) sorveglianza sanitaria; f) effettuazione di formazione in ordine a: 1) uso corretto di dispositivi medici taglienti dotati di meccanismi di protezione e sicurezza; 2) procedure da attuare per la notifica, la risposta ed il monitoraggio post-esposizione; 3) profilassi da attuare in caso di ferite o punture, sulla base della valutazione della capacità di infettare della fonte di rischio. g) informazione per mezzo di specifiche attività di sensibilizzazione, anche in collaborazione con le associazioni sindacali di categoria o con i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, attraverso la diffusione di materiale promozionale riguardante: programmi di sostegno da porre in essere a seguito di infortuni, differenti rischi associati all’esposizione al sangue ed ai liquidi organici e derivanti dall’utilizzazione di dispositivi medici taglienti o acuminati, norme di precauzione da adottare per lavorare in condizioni di sicurezza, corrette procedure di uso e smaltimento dei dispositivi medici utilizzati, importanza, in caso di infortunio, della segnalazione da parte del lavoratore di informazioni pertinenti a completare nel dettaglio le modalità di accadimento, importanza dell’immunizzazione, vantaggi e inconvenienti della vaccinazione o della mancata vaccinazione, sia essa preventiva o in caso di esposizione ad agenti biologici per i quali esistono vaccini efficaci; tali vaccini devono essere dispensati gratuitamente a tutti i lavoratori ed agli studenti che prestano assistenza sanitaria ed attività ad essa correlate nel luogo di lavoro; h) previsione delle procedure che devono essere adottate in caso di ferimento del lavoratore per: 1) prestare cure immediate al ferito, inclusa la profilassi post-esposizione e gli esami medici necessari e, se del caso, l’assistenza psicologica; 2) assicurare la corretta notifica e il successivo monitoraggio per l’individuazione di adeguate misure di prevenzione, da attuare attraverso la registrazione e l’analisi delle cause, delle modalità e circostanze che hanno comportato il verificarsi di infortuni derivanti da punture o ferite e i successivi esiti, garantendo la riservatezza per il lavoratore.[/panel]
...
La Direttiva 2010/32/UE dispone che in tutte le attività in cui sono utilizzati dispositivi medici taglienti o acuminati vengano effettuate valutazioni formali dei rischi, e che ovunque ci sia un rischio di ferita o d’infezione questo deve essere eliminato per mezzo di corsi di formazione, il miglioramento delle pratiche di lavoro e l'introduzione di dispositivi medici dotati di meccanismi di sicurezza.
Il criteri più adeguati per valutare i rischi per la sicurezza associati ai diversi tipi di dispositivi è una combinazione fra la probabilità della presenza di sangue sufficiente a causare una grave infezione e la frequenza tipica di lesioni per quel tipo di dispositivo.
Strumento adottato per l’analisi del rischio
La Direttiva 2010/32/UE dispone che in tutte le attività in cui sono utilizzati dispositivi medici taglienti o acuminati vengano effettuate valutazioni formali dei rischi, e che ovunque ci sia un rischio di ferita o d’infezione questo deve essere eliminato per mezzo di corsi di formazione, il miglioramento delle pratiche di lavoro e l'introduzione di dispositivi medici dotati di meccanismi di sicurezza.
Il criteri più adeguati per valutare i rischi per la sicurezza associati ai diversi tipi di dispositivi è una combinazione fra la probabilità della presenza di sangue sufficiente a causare una grave infezione e la frequenza tipica di lesioni per quel tipo di dispositivo.
La seguente matrice di analisi dei rischi permette di determinare le opportune misure preventive.
COVID-19 Areazione locali di lavoro e modalità uso impianti di condizionamento
ID 10884 | Rev. 1.0 del 1° giugno 2020
Documento completo allegato e Check list sull'areazione locali di lavoro, modalità d'uso degli impianti di condizionamento, frequenza di pulizia e Check list su raccomandazioni operative per ventilatori e altri dispositivi di raffrescamento d’ambiente e personale.
In particolare nei Documenti 1/2/3 si evincono 2 aspetti di sicurezza COVID-19 inerenti gli impianti di riscaldamento/raffrescamento presenti che negli edifici:
- eliminare, ove è possibile, la funzione di ricircolo dell’aria per evitare l’eventuale trasporto di agenti patogeni nell’aria (batteri, virus, ecc.); - pulizia periodica, ogni quattro settimane (*) dei filtri dell’aria di ricircolo del fancoil/ventilconvettore.
[box-warning]Attenzione
(*) Nel Rapporto ISS n. 5/2020 del 23.03.2020la frequenza di pulizia dei filtri era indicata "ogni settimana", con la revisione del Rapporto stesso del 25.05.2020, la frequenza di pulizia dei filtri è indicata "ogni quattro settimane".[/box-warning]
.... Excursus
[box-note]Linee guida riapertura attività economiche e produttive CSR Rev. 22 maggio 2020
Uffici aperti al pubblico Favorire il ricambio d’aria negli ambienti interni. Per gli impianti di condizionamento, è obbligatorio, se tecnicamente possibile, escludere totalmente la funzione di ricircolo dell’aria; se ciò non fosse tecnicamente possibile, vanno rafforzate ulteriormente le misure per il ricambio d’aria naturale e in ogni caso va garantita la pulizia, ad impianto fermo, dei filtri dell’aria di ricircolo per mantenere i livelli di filtrazione/rimozione adeguati, secondo le indicazioni tecniche di cui al documento dell’Istituto Superiore di Sanità. ...
Ristorazione negli edifici dotati di specifici impianti di ventilazione con apporto di aria esterna, tramite ventilazione meccanica controllata, eliminare totalmente la funzione di ricircolo dell’aria; Relativamente agli impianti di riscaldamento/raffrescamento che fanno uso di pompe di calore, fancoil, o termoconvettori, qualora non sia possibile garantire la corretta climatizzazione degli ambienti tenendo fermi gli impianti, pulire in base alle indicazioni fornite dal produttore, ad impianto fermo, i filtri dell’aria di ricircolo per mantenere i livelli di filtrazione/rimozione adeguati. - le prese e le griglie di ventilazione devono essere pulite con panni puliti in microfibra inumiditi con acqua e sapone, oppure con alcool etilico al 75%; - evitare di utilizzare e spruzzare prodotti per la pulizia detergenti/disinfettanti spray direttamente sui filtri per non inalare sostanze inquinanti, durante il funzionamento. ....
Servizi per l'infanzia e l'adolescenza Per tutti gli spazi al chiuso, favorire il ricambio d’aria negli ambienti interni. Per gli impianti di condizionamento, è obbligatorio, se tecnicamente possibile, escludere totalmente la funzione di ricircolo dell’aria; se ciò non fosse tecnicamente possibile, vanno rafforzate ulteriormente le misure per il ricambio d’aria naturale e in ogni caso va garantita la pulizia, ad impianto fermo, dei filtri dell’aria di ricircolo per mantenere i livelli di filtrazione/rimozione adeguati, secondo le indicazioni tecniche di cui al documento dell’Istituto Superiore di Sanità.[/box-note]
[box-note]Rapporto ISS COVID-19 del 23/03/2020
Nei diversi edifici e ambienti in cui si svolgono una molteplicità... ...secondo questo schema:
- Ambienti domestici come le abitazioni in cui interagiscono quotidianamente esclusivamente i nuclei familiari, dove si è obbligati a passare la maggior parte della giornata e dove si svolgono attività lavorative e didattiche a distanza attraverso le tecnologie digitali;
- Ambienti lavorativi progettati con standard dedicati agli specifici scopi come uffici, strutture sanitarie, banche, poste, farmacie, parafarmacie, supermercati, aeroporti, stazioni e mezzi pubblici in cui interagiscono, per le diverse esigenze, dipendenti, visitatori temporanei, operatori di ditte esterne, clienti, fornitori e viaggiatori.
Misure generali per gli ambienti lavorativi ... Garantire un buon ricambio dell’aria in tutti gli ambienti dove sono presenti postazioni di lavoro e personale aprendo con maggiore frequenza le diverse aperture: finestre e balconi. ...
... pulire settimanalmente in base alle indicazioni fornite dal produttore, ad impianto fermo, i filtri dell’aria di ricircolo per mantenere bassi i livelli di filtrazione/rimozione adeguati. La polvere catturata dai filtri rappresenta un ambiente favorevole alla proliferazione di batteri e funghi, e comunque di agenti biologici. Evitare di utilizzare e spruzzare prodotti per la pulizia detergenti/disinfettanti spray direttamente sul filtro per non inalare sostanze inquinanti (es. COV), durante il funzionamento. In questi ambienti sarebbe necessario aprire regolarmente le finestre e balconi per aumentare il ricambio e la diluizione degli inquinanti accumulati nell’aria ricircolata dall’impianto.
- Pulire le prese e le griglie di ventilazione con... ....
- Gli impianti di climatizzazione nei mezzi pubblici devono essere mantenuti attivi e, per aumentare il livello di ricambio/diluizione/rimozione dell’aria, deve essere eliminata totalmente la funzione di ricircolo per evitare l’eventuale trasporto della carica microbica (batteri, virus, ecc.) nell’aria. In questa fase, qualora le condizioni meteo lo permettano, può risultare anche utile aprire tutti i finestrini e le botole del tetto per aumentare ulteriormente il livello di ricambio dell’aria indoor.[/box-note]
[box-note]Rapporto ISS n. 5/2020 del 25.05.2020
Misure generali per gli ambienti lavorativi
Di seguito si riportano alcuni consigli, azioni e raccomandazioni generali da mettere in atto giornalmente nelle condizioni di emergenza di questa “nuova fase 2” per limitare ogni forma di diffusione del virus SARSCoV-2 che devono far parte di un approccio integrato cautelativo e di mitigazione del rischio (non singole azioni a sé) per il mantenimento di una buona qualità dell’aria indoor negli ambienti di lavoro, quali:
- Garantire un buon... ...
- Negli edifici dotati di specifici impianti di ventilazione (Unità di Trattamento d’Aria-UTA, o Unità di Ventilazione Meccanica Controllata-VMC), correttamente progettati... ...
dell’apertura o ingresso dei lavoratori, e proseguire per altre due ore dopo la chiusura/non utilizzo dell’edificio) a prescindere dal numero di lavoratori presenti in ogni ambiente o stanza, mantenendo chiusi gli accessi (porte). Si raccomanda di verificare che nelle vicinanze delle prese e griglie di ventilazione dei terminali, non siamo presenti tendaggi, oggetti e piante, che possano interferire con il corretto funzionamento. Al tal fine si consiglia di programmare una pulizia periodica, ogni quattro settimane, in base alle indicazioni fornite dal produttore ad impianto fermo, dei filtri dell’aria di ricircolo del fancoil/ventilconvettore per mantenere gli adeguati livelli di filtrazione/rimozione. La pulizia dei filtri, il controllo della batteria di scambio termico e le bacinelle di raccolta della condensa possono contribuire a rendere più sicuri gli edifici riducendo la trasmissione delle malattie, compreso il virus SARS-CoV-2.
- Evitare di utilizzare e spruzzare prodotti per la pulizia detergenti/disinfettanti spray direttamente sul filtro per non inalare sostanze inquinanti (es. COV), durante il funzionamento. Prestare particolare attenzione all’uso di tali spray nel caso di personale con problemi respiratori, es. soggetti asmatici. I prodotti per la pulizia/disinfettanti spray devono essere preventivamente approvati dal SPP.
- Pulire le prese e le griglie di ventilazione con panni puliti in microfibra inumiditi con acqua e con i comuni saponi, oppure con una soluzione di alcool etilico con una percentuale minima del 70% v/v asciugando successivamente.
- Dove possibile in questi ambienti sarebbe necessario aprire regolarmente finestre e balconi per aumentare il ricambio e la diluizione degli inquinanti specifici (es. COV, PM10, ecc.), della CO2, degli odori, dell’umidità e del bioaerosol che può trasportare batteri, virus, allergeni, funghi filamentosi (muffe) accumulati nell’aria ricircolata dall’impianto. È preferibile aprire per pochi minuti più volte al giorno, che una sola volta per tempi lunghi. Durante l’apertura delle finestre mantenere chiuse le porte.
- Nel caso in cui alcuni singoli ambienti o locali di lavoro siano dotati di piccoli impianti autonomi fissi di riscaldamento/raffrescamento (es. climatizzatori a pompe di calore split o climatizzatori aria-acqua) oppure siano... ...
- Nel caso in cui in alcuni si voglia dotare gli ambienti con sistemi portatili di depurazione dell’aria (es. con filtri High Efficiency Particulate Air filter (HEPA) o Ultra Low Penetration Air (ULPA) la scelta ottimale del sistema deve tenere in considerazione vista l’ampia variabilità delle prestazioni offerte dai diversi sistemi: la volumetria dell’ambiente, il layout, il tipo di attività svolta, il numero di persone. Nel caso in cui alcuni ambienti siano dotati di ventilatori a soffitto o portatili a pavimento o da tavolo che comportano un significativo movimento dell’aria, si consiglia di porre grande attenzione nell’utilizzo in presenza di più persone. In ogni caso si ricorda di posizionare i ventilatori ad una certa distanza, e mai indirizzarti direttamente sulle persone. Si sconsiglia l’utilizzo di queste apparecchiature in caso di ambienti con la presenza di più di un lavoratore.
È opportuno pertanto:
- Garantire... ...
- Nel caso di locali senza finestre (es. archivi, spogliatoi, servizi igienici, ecc.), ma dotati di ventilatori/estrattori questi devono essere mantenuti in funzione per l’intero orario di lavoro per ridurre le concentrazioni nell’aria. I ventilatori andrebbero accesi di nuovo la mattina presto.
- I mezzi pubblici devono essere... ...
- Le pulizie quotidiane (*) degli ambienti/aree, devono riguardare le superfici toccate più di frequente (es. porte, maniglie, finestre, vetri, tavoli, interruttori della luce, servizi igienici, rubinetti, lavandini, scrivanie, sedie, maniglie carrello e dei cestini della spesa, maniglie passeggeri, comandi, volante, cinture di sicurezza, maniglie delle portiere, tasti e pulsanti apriporta, tastiere, telecomandi, stampanti). Utilizzare panni, diversi per ciascun tipo di oggetto/superficie, in microfibra inumiditi con acqua e sapone. Si può ridurre ulteriormente il rischio utilizzando subito dopo la pulizia con acqua e sapone una soluzione di alcool etilico con una percentuale minima del 70% v/v o con una soluzione... ...
(*) Per pulizie quotidiane/sanificazione si intende:il complesso di procedimenti e operazioni atti a rendere salubre un determinato ambiente mediante le attività di pulizia, di detergenza e/o la successiva disinfezione. Riferimento UNI 10585:1993. Pulizia/sanificazione e disinfezione possono essere svolte separatamente o essere condotte con un unico processo utilizzando prodotti che hanno duplice azione; è importante rimuovere lo sporco o i residui di sporco che possono contribuire a rendere inefficace l’intero processo. Decreto n. 274 del 7 luglio 1997 Regolamento di attuazione degli articoli 1 e 4 della legge 25 gennaio 1994, n. 82, per la disciplina delle attività di pulizia, di disinfezione, di disinfestazione, di derattizzazione e di sanificazione. [/box-note]
...
Rapporto ISS COVID-19 n. 33/2020 Indicazioni sugli impianti di ventilazione/climatizzazione in strutture comunitarie non sanitarie e in ambienti domestici in relazione alla diffusione del virus SARS-CoV-2
Raccomandazioni operative per la gestione degli impianti
Le seguenti indicazioni sono riferite ad impianti correttamente installati e oggetto di una regolare manutenzione e pulizia, conformi alla normativa vigente in materia, con particolare riguardo a sicurezza e igiene. Impianti obsoleti o vetusti, che non rispettino tali condizioni devono essere oggetto di un’adeguata manutenzione e pulizia prima del loro utilizzo.
Alfine di definire raccomandazioni operative per la gestione degli impianti di climatizzazione, deve essere tenuta in considerazione e valutata una matrice di rischio per la trasmissione di SARS-CoV-2, attraverso tali impianti.
Tale matrice si basa su criteri epidemiologici correlati allo stato di diffusività tra la popolazione del virus (Rt) in una data Regione e sulla tipologia di occupanti gli ambienti climatizzati in riferimento al DM Salute 30/04/2020 (Tabella 8)
*Rt: tasso di contagiosità dopo l’applicazione delle misure atte a contenere il diffondersi della malattia.
Naturalmente deve essere presa in considerazione la possibilità che, nell’ambiente possa esserci la presenza di persone provenienti da altre Regioni/Province Autonome, anche transitoriamente, mentre in genere il riferimento è a: - Occupanti abituali: persone che utilizzano l’ambiente in modo continuativo per diversi giorni consecutivi (es., impiegato, commessa) - Occupanti occasionali: persone che utilizzano l’ambiente in modo saltuario o che non hanno utilizzato l’ambiente il giorno precedente (es. cliente di un negozio, partecipante ad una riunione)
Attraverso tali criteri è possibile costruire una matrice di rischio ambientale che, nel rispetto dell’utilizzo di mezzi di barriera o strumenti di protezione individuale ed il mantenimento della distanza fisica, possa tenere conto del grado di rischio in funzione dell’utilizzo dell’ambiente e della potenziale presenza di un soggetto positivo al SARS-CoV-2 (Tabella 9).
Esempi delle modalità di occupazione definite in tabella possono essere, tra gli altri: 1. Ufficio senza presenza di ospiti 2. Ristorante, parrucchiere, sala riunioni, cinema, teatro (zona spettatori) 3. Officina (senza postazioni individuali), cucina di ristorante 4. Negozio con esposizione, bar, atrio/hall, stazione ferroviaria, aeroporto, museo 5. Attività di assistenza medico-sanitaria
Tabella 9. Livello di rischio in ambiente in relazione alla modalità di utilizzo e alla probabilità di presenza di un soggetto positivo al SARS-CoV-2
- Rapporto ISS n. 33/2020 del 25.05.2020 - COVID-19 Check list Raccomandazioni operative per ventilatori e altri dispositivi di raffrescamento d’ambiente e personale
Il Documento illustra le condizioni per definire le attività di esposizione all’amianto “ESEDI” (Esposizioni Sporadiche E di Debole Intensità), previste dal D.Lgs 81/2008 Art. 249 c. 2, per le quali sono esentati determinati obblighi del D.Lgs. 81/2008 relativi all'amianto.
Valore limite per luoghi di lavoro
In generale il valore limite di esposizione per l'amianto è fissato a 100 F/L (0,1 F/cm3), misurato come media ponderata nel tempo di riferimento di otto ore.
Valore limite consigliato per la popolazione
Le linee guida dell’OMS per la qualità dell'aria in Europa (Publications, European Series, N.91 WHO 2000) evidenziano che un'esposizione continuativa per l'intera vita della popolazione generale a 1 F/L (0,001 F/cm3) di amianto, misurata mediante microscopia elettronica a scansione (SEM), comporta un eccesso di rischio cancerogeno compreso tra 1 e 100 casi per milione di esposti.
In riferimento a all’Art. 249 c.2, la Commissione Consultiva permanente si è espressa come previsto dall'Art. 249 c.4, con la Circolare 25 gennaio 2011, Prot. 15/SEGR/0001940, nella quale, in riferimento ai limiti di concentrazione definiti da Enti tra cui l'OMS (WHO 2000), sono individuati i limiti di concentrazione di una attività da individuare ESEDI e un elenco di possibili attività.
Attività ESEDI - Obblighi Non previsti
Art. 250
Notifica
Art. 251
Misure di prevenzione e protezione
Art. 259
Sorveglianza sanitaria
Art. 260 c.1
Registro di esposizione e cartelle sanitarie e di rischio
[box-hint]Art. 249. Valutazione del rischio
1. Nella valutazione di cui all'articolo 28, il datore di lavoro valuta i rischi dovuti alla polvere proveniente dall'amianto e dai materiali contenenti amianto, al fine di stabilire la natura e il grado dell'esposizione e le misure preventive e protettive da attuare.
2. Nei casi di esposizioni sporadiche e di debole intensità (ESEDI) e a condizione che risulti chiaramente dalla valutazione dei rischi di cui al comma 1 che il valore limite di esposizione all'amianto non è superato nell'aria dell'ambiente di lavoro, non si applicano gli articoli 250 251, comma 1, 259 e 260, comma 1, nelle seguenti attività:
a) brevi attività non continuative di manutenzione durante le quali il lavoro viene effettuato solo su materiali non friabili;
b) rimozione senza deterioramento di materiali non degradati in cui le fibre di amianto sono fermamente legate ad una matrice;
c) incapsulamento e confinamento di materiali contenenti amianto che si trovano in buono stato;
d) sorveglianza e controllo dell'aria e prelievo dei campioni ai fini dell'individuazione della presenza di amianto in un determinato materiale.
3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione ogni qualvolta si verifichino modifiche che possono comportare un mutamento significativo dell'esposizione dei lavoratori alla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto.
4. La Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6 provvede a definire orientamenti pratici per la determinazione delle esposizioni sporadiche e di debole intensità, di cui al comma 2.[/box-hint]
Obbligo DVR di segnalazione lavoratori attività ESEDI (D.Lgs. 81/2008 Art. 249 c. 2)
Per le attività lavorative "ESEDI" è previsto l'obbligo per il datore di lavoro di indicare chiaramente nella documentazione relativa alla valutazione del rischio di cui agli artt. 28 e 29 del D.Lgs. 81/08 e s.m.i., che lavoratori ben identificati possano essere adibiti ad attività lavorative conformi alle definizioni "ESEDI".
Le attività "ESEDI", di cui all'art.249 comma 2 del D.Lgs. 81 /2008 e s.m.i, sono individuate nelle attività che vengono effettuate per un massimo di 60 ore l'anno, per non più di 4 ore per singolo intervento e per non più di due interventi al mese, e che corrispondono ad un livello massimo di esposizione a fibre di amianto pari a 10 F/L (dieci fibra per litro) calcolate rispetto ad un periodo di riferimento di otto ore.
Stime di rischio indicate dall'OMS di riferimento per ESEDI
[box-warning] Le linee guida dell'OMS (Publications, European Series, N.91 WHO 2000) per la qualità dell'aria in Europa evidenziano che un'esposizione continuativa per l'intera vita della popolazione generale a 1 F/L (una fibra per litro) di amianto, misurata mediante microscopia elettronica a scansione (SEM), comporta un eccesso di rischio cancerogeno compreso tra 1 e 100 casi per milione di esposti;[/box-warning]
a) Brevi attività non continuative di manutenzione durante le quali il lavoro viene effettuato solo su materiali non friabili:
1) interventi di manutenzione riguardanti il fissaggio di lastre in MCA compatto in buono stato di conservazione senza intervento traumatico sulle stesse; 2) riparazione di una superficie ridotta (massimo di 10 m2) di lastre o mattonelle in vinil-amianto mediante applicazione di collanti, impregnanti, sigillanti o con limitati riporti di guaine ricoprenti, o prodotti similari; 3) applicazione di prodotti inertizzanti in elementi di impianto contenenti MCA non friabile in buone condizioni (ad es. rivestimenti di tubature); 4) spostamento non traumatico di lastre di MCA compatto non degradate abbandonate a terra, previo trattamento incapsulante; 5) interventi conseguenti alla necessita di ripristinare la funzionalità, limitatamente a superfici ridotte (massimo di 10 m2), di coperture o pannellature in MCA non friabile mediante lastre non contenenti amianto; 6) interventi di manutenzione a parti di impianto (ad eccezione degli impianti frenanti), attrezzature, macchine, motori, ecc., contenenti MCA non friabile, senza azione diretta su MCA; 7) attività di conservazione dell'incapsulamento con ripristino del ricoprente; 8) inserimento, all'interno di canne fumarie in MCA non friabile, di tratti a sezione inferiore senza usura o rimozione di materiale; 9) interventi di emergenza per rottura, su condotte idriche solo finalizzati al ripristino del flusso e che non necessitino l'impiego di attrezzature da taglio con asportazione di truciolo.
b) Rimozione senza deterioramento di materiali non degradati in cui le fibre di amianto so no fermamente legate ad una matrice:
1) rimozione di vasche e cassoni per acqua, qual ora questi manufatti possano essere rimossi dalla loro sede senza dover ricorrere a rotture degli stessi; 2) rimozione di una superficie limitata (massimo di 10 m2) di mattonelle in vinil-amianto, lastre poste internamente ad edificio o manufatti simili in MCA non friabile, qualora questi manufatti possano essere rimossi dalla loro sede senza dover ricorrere a rotture degli stessi; 3) raccolta di piccoli pezzi (in quantità non superiore all'equivalente di 10 m2) di MCA non friabile, caduto e disperso a seguito di eventi improvvisi ed imprevisti, previo trattamento con incapsulante.
c) Incapsulamento e confinamento di materiali contenenti amianto che si trovano in buono stato:
1) interventi su MCA non friabile in buono stato di conservazione volti alla conservazione stessa del manufatto e/o del materiale ed attuati senza trattamento preliminare; 2) messa in sicurezza di materiale frammentato (in quantità non superiore all'equivalente di 10 m2) , con posa di telo in materiale plastico (ad es. polietilene) sullo stesso e delimitazione dell' area, senza alcun intervento o movimentazione del materiale stesso.
d) Sorveglianza e controllo dell'aria e prelievo dei campioni ai fini dell'individuazione della presenza di amianto in un determinato materiale:
1) campionamento ed analisi di campioni aerei o massivi ed attività di sopralluogo per accertare lo stato di conservazione dei manufatti installati.
Gli elenchi sopra riportati potranno essere periodicamente aggiornati dalla Commissione Consultiva Permanente in base all'evoluzione delle conoscenze.
Bibliografia
D.Lgs 81/2008 Capo III Protezione dai rischi connessi all'esposizione all'amianto
La norma UNI EN 482:2015 - Esposizione negli ambienti di lavoro - Requisiti generali riguardanti le prestazioni delle procedure per la misura degli agenti chimici, specifica i requisiti generali riguardanti le prestazioni delle procedure per la determinazione della concentrazione degli agenti chimici nell’atmosfera degli ambienti di lavoro, come richiesto da Chemical Agents Directive 98/24/EC.
[box-warning]Update 16.04.2021
Norma sostituita dall'Edizione 2021: UNI EN 482:2021[/box-warning]
La norma EN 482 è una delle metodiche standardizzate per la misurazione degli agenti contenute nell’ALLEGATO XLI del D.Lgs.81/08-Titolo IX art.225 c.2. delD.Lgs. n. 81/2008.
Art. 225 comma 2:
[panel]D.Lgs. n. 81/2008 ... Art. 225 ... 2. Salvo che possa dimostrare con altri mezzi il conseguimento di un adeguato livello di prevenzione e di protezione, il datore di lavoro, periodicamente ed ogni qualvolta sono modificate le condizioni che possono influire sull'esposizione, provvede ad effettuare la misurazione degli agenti che possono presentare un rischio per la salute, con metodiche standardizzatedi cui e' riportato un elenco meramente indicativo nell'allegato XLI o in loro assenza, con metodiche appropriate e con particolare riferimento ai valori limite di esposizione professionale e per periodi rappresentativi dell'esposizione in termini spazio temporali.[/panel]
Articolo 237 comma d (cancerogeni):
[panel]D.Lgs. n. 81/2008 ... Articolo 237 ... d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni o mutageni per verificare l'efficacia delle misure di cui alla lettera c) e per individuare precocemente le esposizioni anomale causate da un evento non prevedibile o da un incidente, con metodi di campionatura e di misurazione conformi alle indicazioni dell'allegato XLI del presente decreto legislativo;[/panel]
ALLEGATO XLI: Metodiche standardizzate di misurazione degli agenti:
[panel]UNI EN 481:1994 UNI EN 482:1998 UNI EN 689:1998 UNI EN 1070:1999 UNI 1231:1999 UNI EN 1232:1999 UNI EN 1540:2001 UNI EN 1219:2001[/panel]
Lo scopo consiste nello specificare i requisiti generali da applicare a tutti gli step delle procedure di misura (campionamento, analisi, analisi diretta) indipendentemente:
- dalla forma fisica dell’agente chimico (gas, vapore, particolato aerodisperso) - dal metodo di campionamento - dal metodo di analisi utilizzato.
Alcuni ulteriori requisiti, specifici di sostanze o strumenti sono specificati in norme addizionali.
Classificazione delle misure basata sulla strategia di misura riportata nella UNI EN 689
Misure di screening di concentrazioni medie ponderate:
- Informazioni “grezze” sui livelli di esposizione
Misure di screening di variazioni di concentrazione nel tempo e nello spazio
Misure per il confronto con il VL e misure periodiche:
- Misure in zona respiratoria a incertezza nota; - Verificare se le condizioni sono cambiate e se le misure di controllo sono ancora efficaci
Misure di screening di concentrazioni medie ponderate (valutazione iniziale OEA 689/97)
- Identificare pericoli potenziali per la salute. - Stimare il rischio per la salute sulla base della gravità del danno e la probabilità che si verifichi. - Determinare se l’esposizione è significativamente inferiore o superiore al VL.
Misure di screening di variazioni di concentrazione nel tempo e nello spazio
a) Fornire informazioni sul pattern della concentrazione dell’agente chimico aerodisperso b) Identificare localizzazioni e periodi di elevata esposizione c) Fornire informazioni sulla localizzazione e l’intensità delle sorgenti di emissione d) Stimare l’efficacia della ventilazione o di altre misure tecniche
Requisiti prestazionali per le procedure di misura
a) Dipendono dall’uso delle misure (purpose) b) Sono meno stringenti per le misure di screening c) Sono analoghe per le misure eseguite ai fini del confronto con il VL e per le misure periodiche
[...]
Requisiti prestazionali per le misure per il confronto con il VL e le misure periodiche
a) Non ambiguità
b) Selettività
c) Tempo di mediazione
- Corrisponde al tempo di campionamento che dovrebbe essere inferiore o uguale al periodo a cui è riferito il VL
d) Range di misura
- per misure di lungo periodo deve coprire al minimo concentrazioni comprese tra 1/10 e il doppio del VL - per misure di breve periodo deve coprire al minimo concentrazioni comprese tra ½ e il doppio del VL
e) Incertezza estesa
Misura del flusso della pompa
ROTAMETRI
FLUSSIMETRI DI MASSA
FLUSSIMETRI A BOLLA
FLUSSIMETRI A PISTONE
FLUSSIMETRI CON TUBO VENTURI
L’incertezza deriva da:
- Calibrazione del flussimetro (non random e ricavabile dal certificato) - Lettura del flussimetro (random, valutato da misure ripetute in condizioni di ripetibilità) - Correzione del flusso alle condizioni ambientali
ESEMPI DI INCERTEZZE DELLA MISURAZIONE DEL FLUSSO
[...]
Estratto norma
[panel] 5.2 Screening measurements of time weighted average concentration
The measurement procedures shall have: a) adequate selectivity for the chemical agent (see 4.2), b) averaging time less than or equal to the limit value reference period, c) measuring ra ge that includes the limit value, and d) expanded uncertainty that is fit for purpose (see 4.2).
5.3 Screening measurements of variation of concentration in time and/or space
The measuring procedures shall have: a) adequate selectivity for the chemical agent (see 4.3), b) short averaging time (for variation of concentration in time ≤ 5 min; for variation of concentration in space ≤ 15 min), c) measuring range that is fit for purpose (see 4.3), and d) expanded uncertainty that is fit for purpose (see 4.3).
5.4 Measurements for comparison with limit values and periodic measurements
5.4.1 Unambiguity
A measuring procedure shall produce an unambiguous result for the concentration of the chemical agent being measured in the specified measuring range, i.e. an analytically determined value shall correspond to one concentration only.
5.4.2 Selectivity
The measuring procedure shall contain appropriate information about the nature and magnitude of any interference.
NOTE Selectivity requirements vary from case to case, depending on what is known in advance about the workplace air. If the identity of all contaminants present is not known in advance then the measuring procedure will need to have a high selectivity. If the identity of all contaminants is known prior to measurement and there are no interferents present, then it might be possible to use a measurement procedure with a low selectivity.
Procedures for measuring chemical agents present as airborne particles shall prescribe a method for sampling the particle size fraction, as defined in EN 481, for which the limit value for the chemical agent is set. If different limit values are set for different species of a chemical agent, then the measuring procedure shall determine the individual species concerned.
5.4.3 Averaging time
The averaging time is equal to the sampling time, which shall be less than or equal to the limit value reference period.
5.4.4 Measuring range
The measuring range of the procedure or instrument shall cover at least the' concentrat ions from 0,1 times to 2 times the limit value for long-term measurements, and from 0,5 times to 2 times the limit value for short-term measurements.
NOTE For limit values see reference.
4.5 Expanded uncertainty
The requirements for expanded uncertainty are given in Table.
Table 1 - Expanded uncertainty requirements for measurements for comparison with limit values and periodic measurements
reference period
measuring range
relative expanded uncertainty
relative expanded uncertainty
(mixtures of airborne particles and vapour)
short-term (e.g. 15 min)
0,5 times to 2 times limit value
≤50%
≤50%
long-term
0,1 times to< 0,5 times limit value
≤50%
≤50%
long-term
0,5 times to 2 times limit value
≤30%
≤50%
NOTE Variation of exposure to chemical agents in the workplace can be significantly greater than indicated by the uncertainty of a single measurement calculated according to this European Standard. This is due to the temporal and spatial variability of workplace exposure.
5.4.6 Chemical agents with low limit values
In exceptional cases, the limit value of a chemical agent can be so low that at present no measuring procedure is available which meets the requirements given in 5.4.4 and 5.4.5. Until a measuring procedure which fulfils these requirements is available, a measuring procedure should be used whose performance is closest to the specified requirements.
NOTE A list of published measuring procedures is available from GESTIS Analytical methods database (11] which is updated regularly. These measuring procedures are rated according to their compliance with this European Standard and EN 838, EN 1076, EN 13890 and EN 13936. [/panel]
Oggetto: Indicazioni per l’attuazione di misure contenitive del contagio da SARS-CoV-2 attraverso procedure di sanificazione di strutture non sanitarie (superfici, ambienti interni) e abbigliamento.
Vedi in pag. 9[/box-warning]
L'ISS riporta che "..Non vi sono al momento motivi che facciano supporre che la sopravvivenza del virus SARS-CoV-2 nell’ambiente possa essere diversa da quella di altri coronavirus umani come SARS-CoV e MERS-CoV.."(1). In generale, i coronavirus umani possono rimanere vitali e mantenere la capacità infettante su superfici inanimate a temperatura ambiente per un periodo variabile da 2 ore a 9 giorni, a seconda del contesto analizzato, la tabella 1illustra la Persistenza di coronavirus su differenti tipologie di superfici inanimate.
Trasmissione ambientale
La contaminazione ambientale deve essere considerata una possibile fonte di infezione da SARS-CoV2. Pertanto, gli studi si sono concentrati, attraverso campionamenti di superfici ed aria, all’analisi della permanenza del virus nell’ambiente. In particolare, è emerso che:
- La contaminazione di stanze e servizi igienici occupati da pazienti affetti da COVID-19 risulta essere ubiquitaria. Inoltre, è stata riscontrata la presenza di contaminazione su oggetti personali come telefoni cellulari, telecomandi ed attrezzature mediche a contatto quasi costante con il paziente. Tutti i campionamenti eseguiti dopo la pulizia degli ambienti sono risultati negativi, mostrando che le misure di decontaminazione adottate sono sufficienti.
- È stata rilevata una contaminazione nei campioni di aria: il virus espirato da individui infetti può essere disperso da flussi d’aria nell’ambiente anche in assenza di procedure che generano aerosol. La modellizzazione dei flussi d’aria indica le modalità di contaminazione del pavimento e delle superfici per deposizione delle particelle anche a distanza del letto del paziente.
- La mancanza di una correlazione tra il grado di contaminazione ambientale e la temperatura corporea indica che gli individui infetti possono rilasciare RNA virale nell’ambiente anche senza sintomi chiaramente identificabili.
- Un recente studio ha rilevato l’RNA virale in campioni di aerosol in diverse aree in due ospedali di Wuhan durante l’epidemia di COVID-19. Le concentrazioni di RNA di SARS-CoV-2 nell’aerosol nei reparti di isolamento e nelle stanze dei pazienti intubati risultavano molto basse mentre erano elevate nei bagni dei pazienti. La ventilazione delle stanze, la sanificazione delle attrezzature, l'appropriato utilizzo e la disinfezione dei bagni possono ridurre efficacemente la concentrazione dell'RNA di SARS-CoV-2 in aerosol.
Si conclude quindi che sia la trasmissione attraverso le secrezioni respiratorie che la trasmissione ambientale giocano un ruolo importante nell’epidemiologia del (SARS-CoV-2) così come era stato dimostrato precedentemente per gli altri due virus zoonotici, SARS-CoV-1 e MERS-CoV.
Sopravvivenza nell’ambiente
Non vi sono al momento motivi che facciano supporre che la sopravvivenza del virus SARS-CoV-2 nell’ambiente possa essere diversa da quella di altri coronavirus umani come SARS-CoV e MERS-CoV.
In generale, i coronavirus umani possono rimanere vitali e mantenere la capacità infettante su superfici inanimate a temperatura ambiente per un periodo variabile da 2 ore a 9 giorni, a seconda del contesto analizzato (Tabella 1). MERS-CoV, il coronavirus correlato alla sindrome respiratoria del Medio Oriente, può ad esempio resistere più di 48 ore a una temperatura ambiente media (20°C) su diverse superfici. Nei fluidi biologici umani (feci, sputo, siero) la sopravvivenza dei coronavirus può prolungarsi fino a 96 ore (risultano meno stabili nelle urine), sulle superfici non porose da 60 a 72 ore, e sulle superfici porose fino a 72 ore.
Tuttavia, non è possibile definire con precisione il tempo di sopravvivenza in quanto condizionato da diversi parametri come il tipo di vettore, l’umidità residua, la temperatura, la presenza di materiale organico, la concentrazione virale iniziale, la natura della superficie sulla quale il virus si deposita.
Tabella 1. Persistenza di coronavirus su differenti tipologie di superfici inanimate
Anche la temperatura influisce sulla sopravvivenza dei coronavirus: 30-40°C riducono il tempo di persistenza di virus patogeni come MERS-CoV, TGEV (virus della gastroenterite suina) e MHV (virus dell’epatite murina) mentre le temperature basse (4°C) lo prolungano oltre i 28 giorni. Inoltre, SARS- CoV-2 risulta estremamente stabile a temperatura ambiente in un’ampia gamma di valori di pH (pH 3-10).PVC: PolivinilCloruroVinile;
Le evidenze più recenti dimostrano che la stabilità ambientale di SARS-CoV-2 è molto simile a quella di SARS-CoV-1: entrambi i virus hanno un’emivita media in aerosol di 2,7 ore. Sulle superfici SARS- CoV-2 si è dimostrato resistente fino a 4 ore sul rame, fino a 24 ore sul cartone e fino a 2-3 giorni su plastica (emivita media stimata 16 ore) ed acciaio inossidabile (emivita media stimata 13 ore). Inoltre, il virus è altamente stabile a 4°C (è stata dimostrata solamente una riduzione del titolo infettivo di circa 0,7 log-unità il 14° giorno), ma sensibile al calore: con l’aumento della temperatura di incubazione a 70°C, il tempo di inattivazione del virus è stato ridotto a 5 minuti.
Sorprendentemente, un livello rilevabile di virus infettivo potrebbe essere ancora presente sullo strato esterno di una maschera chirurgica dopo sette giorni (10).
Virus e disinfettanti
I virus possono essere classificati in tre sottogruppi in base alla loro resistenza verso i disinfettanti chimici:
piccoli (<50 nm) senza envelope altamente resistenti;
grandi (>50 nm) senza envelope mediamente sensibili;
grandi (>50 nm) con envelope altamente sensibili.
A quest’ultimo gruppo appartengono i coronavirus di cui fa parte SARS-CoV-2. I virus con envelope sono i più sensibili all’inattivazione da parte dei disinfettanti, perché possiedono un pericapside lipidico che è facilmente danneggiato dalla maggior parte dei disinfettanti, i quali compromettono l’integrità del virus e ne neutralizzano la capacità infettiva.
I criteri di efficacia si basano sulla facilità con cui i tre tipi di virus vengono inattivati dai disinfettanti.
La norma EN 14476 regolamenta le prove che un disinfettante deve sostenere per valutarne l’attività virucida e stabilisce di testare il prodotto su due virus di prova, uno dei quali è il poliovirus, virus nudo particolarmente resistente.
Studi di efficacia dei disinfettanti sui coronavirus
Sebbene le evidenze scientifiche abbiano dimostrato che i coronavirus, tra cui gli agenti eziologici di SARS e di MERS, possono persistere sulle superfici inanimate come metalli, vetro o plastica per più di 9 giorni (Tabella 2), gli stessi virus possono essere inattivati efficacemente tramite procedure di disinfezione delle superfici per mezzo di:
- alcol etilico al 62-71% V/V - perossido di idrogeno allo 0,5% - ipoclorito di sodio allo 0,1% cloro attivo per almeno 1 minuto
Altri agenti biocidi, come benzalconio cloruro allo 0,05%-0,2% o la clorexidina digluconato al 0,02% hanno una minore efficacia.
Tra i diversi germicidi sanitari, quelli con una concentrazione di etanolo al 70% si sono dimostrati più efficaci rispetto allo 0,06% di ipoclorito di sodio dopo un minuto di contatto su superfici dure. I test effettuati su SARS-CoV-1 hanno dimostrato che l’ipoclorito di sodio è efficace alle concentrazioni di 0,05% e 0,1% solo cinque minuti dopo il contatto. In letteratura però sono presenti evidenze secondo le quali una più alta diminuzione di carica virale e una più rapida tempistica di efficacia è raggiungibile anche grazie ad una più alta concentrazione di cloro attivo (0,5%). Questo ultimo dato però non preclude l’importanza dell’ipoclorito, soprattutto in ambito ospedaliero, utilizzato per le grandi superfici, in quanto privo di infiammabilità e della rapida vaporabilità caratteristiche dell’etanolo. I prodotti disinfettanti a base fenolica diminuiscono significativamente il titolo di coronavirus solamente dopo 10 minuti dall’applicazione.
Risultati simili sono stati ottenuti utilizzando detergenti per la casa contenenti lauril etere solfato di sodio, poliglicosidi alchilici e cocamide dietanolammide. Anche i vapori di perossido di idrogeno risultano possedere attività virucida.
Pertanto, l’efficacia disinfettante è fortemente compromessa se i prodotti germicidi non sono utilizzati seguendo le indicazioni della scheda tecnica ed il tempo di contatto è inferiore a quello indicato.
Tabella 2. Inattivazione dei coronavirus da parte di diversi tipi di agenti biocidi nei carrier test
Conc. % Concentrazione % TGEV virus della gastroenterite trasmissibili; MHV virus dell’epatite murina; HCoV coronavirus umano; *dipende dal volume di perossido di idrogeno iniettato
Nel complesso, SARS-CoV-2 può essere altamente stabile in un ambiente favorevole, ma è anche suscettibile ai metodi di disinfezione standard, e sono applicabili tutti i prodotti di dimostrata efficacia secondo la norma ISO EN 14476. Per contro non si rilevano ad oggi evidenze in letteratura che dimostrino l’efficacia della sanificazione mediante ozono su superfici contaminate da SARS-CoV-2.
Indicazioni per la sanificazione dei locali ospitanti pazienti positivi per COVID-19
Check list verifica Protocollo sicurezza Covid-19 | ATS BG
ID 10763 | 02.05.2020
Verifica applicazione del Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2 negli ambienti di lavoro ai sensi D.P.C.M. del 26 aprile 2020”
Elenco della documentazione/informazioni da richiedere all’azienda che possono descrivere l’organizzazione e i provvedimenti adottati:
1. Documento di valutazione dei Rischi (o stralcio del documento) con particolare riferimento all’aggiornamento della valutazione rischio da contagio da virus SARS-CoV-2 (se effettuata) e/o Piano di intervento predisposto per gestire tale emergenza riportante la descrizione delle misure tecniche, organizzative e procedurali adottate; 2. Reperti fotografici degli apprestamenti anti contagio posti in essere nei vari reparti (barriere, segnaletica, nastri identificativi delle distanze a terra, cartelli di avviso, obbligo e divieto) o in alternativa, relazione che descriva gli apprestamenti posti in essere; 3. Elenco dei dispositivi anti contagio posti a disposizione dei lavoratori e le istruzioni fornite per il loro utilizzo razionale, specificando circostanze e modalità d’uso (mascherine, guanti, visiere, tute, calzari ecc.). Si chiede di fornire le fatture o altra documentazione attestante l’acquisto o gli ordini di acquisto in essere). 4. Fornire schede tecniche ed eventuali certificazioni dei DPI acquistati o in alternativa altra documentazione scritta acquisita dal fornitore e descrittiva delle caratteristiche d’uso del Dispositivo, capacità di filtrazione ecc…) 5. Attestazione di aver provveduto alla formazione del personale per l’utilizzo dei DPI (almeno delle mascherine). Per verificare l’adeguatezza dei contenuti della formazione effettuata, potrà essere utilizzato il video presente al seguente link: https://www.inail.it/cs/internet/comunicazione/multimedia/video-gallery.html (Si specifica che questo video non costituisce attività di formazione né addestramento, ma è semplicemente un documento informativo); 6. Elenco dei prodotti igienizzanti anti contagio covid-19 in dotazione con fatture di acquisto e scheda tecnica del prodotto o fotografia dell’etichetta che ne attesta la rispondenza della composizione alcolica secondo quanto previsto e le caratteristiche d’uso; 7. Elenco delle date delle sanificazioni effettuate sui luoghi di lavoro con descrizione delle modalità operative e dei prodotti utilizzati e, qualora affidata a ditta esterna, eventuale copia della certificazione rilasciata dalla ditta sanificatrice; 8. Elenco degli eventuali appalti attualmente in essere all’interno dell’azienda con il nominativo delle ditte con le quali si sono stipulati. 9. Nominativo e recapito del Medico Competente.
SEZ. 0 – METODOLOGIA DI VALUTAZIONE E STRATEGIA DI PREVENZIONE SEZ. 1 – INFORMAZIONE SEZ. 2 – MODALITA’ DI INGRESSO IN AZIENDA E MOBILITÀ DELLE PERSONE DENTRO I LUOGHI DI LAVORO SEZ. 3 – ACCESSO DEI FORNITORI, CARICO/SCARICO, UTILIZZO AUTOVEICOLI APPALTI ENDOAZIENDALI SEZ. 4 – PULIZIA E SANIFICAZIONE IN AZIENDA SEZ. 5 – PRECAUZIONI IGIENICHE PERSONALI SEZ. 6 – DISPOSITIVI DI PROTEZIONE ANTI-CONTAGIO SEZ. 7 – DISTANZA INTERPERSONALE SEZ. 8 – ORGANIZZAZIONE AZIENDALE (TURNAZIONE, TRASFERTE E SMART WORK, RIMODULAZIONE DEI LIVELLI PRODUTTIVI) SEZ. 9 – GESTIONE ENTRATA ED USCITA DEI DIPENDENTI SEZ. 10 – SPOSTAMENTI INTERNI, RIUNIONI, EVENTI INTERNI E FORMAZIONE SEZ. 11 – GESTIONE DI UNA PERSONA SINTOMATICAIN AZIENDA SEZ. 12 – SORVEGLIANZA SANITARIA/MEDICO COMPETENTE/RLS SEZ. 13 – AGGIORNAMENTO DEL PROTOCOLLODI REGOLAMENTAZIONE SEZ. 14 – ULTERIORI PRECAUZIONI VOLONTARIAMENTE ADOTTATE A SEGUITOEMERGENZA COVID-19 ALLEGATO 1 – COMPORTAMENTI DA SEGUIRE ALLEGATO 2 – LAVAGGIO MANI CON ACQUAE SAPONE ALLEGATO 3 – ESEMPI SEGNALETICA SICUREZZA COVID-19 ALLEGATO 4 – TABELLA DI RIEPILOGO DELLE CLASSI DI RISCHIO E AGGREGAZIONE SOCIALE RIFERIMENTI NORMATIVI BIBLIOGRAFIA
La Check list allegata (docx) strutturata ed ampliata da ATS Brescia consente il monitoraggio delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro, in accordo con:
1. CONSULTAZIONE DELLE FIGURE AZIENDALI 2. PRESENZA DI CASI CONCLAMATI DI COVID-19 3. INFORMAZIONE 4. GESTIONE DEL PERSONALE ESTERNO 5. ORGANIZZAZIONE AZIENDALE 6. CARATTERISTICHE DEI LOCALI E DEI REPARTI PRODUTTIVI 7. GESTIONE DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE 8. SORVEGLIANZA SANITARIA
Microclima ambienti moderati EN ISO 7730:2006 | Dlgs 81/08
ID 5561 | 25.04.2020 / Documento completo allegato
Il presente elaborato illustra la valutazione delle condizioni microclimatiche ambientali in ambienti c.d. moderati, in base a quanto disposto nel TUS (D.lgs n. 81 del 2008) e rielaborando i contenuti della Norma UNI EN ISO 7730:2006 Ergonomia degli ambienti termici - Determinazione analitica e interpretazione del benessere termico mediante il calcolo degli indici PMV e PPD e dei criteri di benessere termico locale.
- UNI EN ISO 7730:2006 Ergonomia degli ambienti termici - Determinazione analitica e interpretazione del benessere termico mediante il calcolo degli indici PMV e PPD e dei criteri di benessere termico locale. ...
Excursus
[alert]Si definisce microclima l’insieme dei parametri fisici ambientali che caratterizzano l’ambiente locale e che, assieme a parametri individuali quali l’attività metabolica e l’abbigliamento, determinano gli scambi termici fra l’ambiente stesso e gli individui che vi operano.[/alert]
È importante valutare il rischio microclima nei luoghi di lavoro per verificare se l’ambiente termico in cui il lavoratore opera sia adeguato alla attività lavorativa che deve svolgere oppure possa comprometterne la sicurezza e lo stato di salute.
PMV (voto medio previsto)
II PMV è un indice che prevede il valore medio dei voti di un consistente gruppo di persone sulla scala di sensazione termica a 7 punti, basato sul bilancio di energia termica del corpo umano, che è verificato quando la produzione interna di energia termica uguaglia la quantità di energia termica ceduta all'ambiente.
In un ambiente moderato, il sistema di termoregolazione del corpo umano provvede automaticamente a modificare la temperatura della pelle e la secrezione di sudore per mantenere l'equilibrio termico.
PMV = CT (0,303 e -0,036 M + 0,0275)
CT = carico termico (differenza tra la potenza termica ceduta da un individuo all’ambiente e quella scambiata dallo stesso in condizioni omeoterme)
L’indice PMV può essere determinato quando sono stimati:
- Attività (energia metabolica)
- Abbigliamento (resistenza termica) e misurati i seguenti parametri ambientali:
- Temperatura dell’aria
- Temperatura media radiante
- Velocità relativa dell’aria
- Pressione parziale del vapore d’acqua.
...
Impedenze termica del vestiario (Icl)
L’impedenza termica del vestiario è misurata in CLO.
1 CLO = gradiente termico di 0.18 °C su un’area di 1 m2 attraversata da un flusso termico di 1 Kcal/h
Tabella 4 – Impedenza termica del vestiario UNI EN ISO 9920/2004
Maggiore è il valore dell’indice CLO, più è accentuata la sensazione di “caldo” e meno è sentita la sensazione di “freddo”.
...
Scala di sensazione termica
Il valore dell’indice PMV esprime lo scostamento della situazione reale dell’ambiente termico rispetto a quella di benessere (anche detta comfort, cioè “la condizione mentale in cui viene espressa soddisfazione per l’ambiente termico”) e rappresenta differenti livelli di accettabilità di un dato ambiente termico. Nella tabella n. 1 è rappresentato il campo di variabilità dell’indice PMV.
Tabella n. 5 - Scala di sensazione termica a sette punti
Segue
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Certifico Srl - IT | Rev. 00 2018 Elaborazione copia/stampa autorizzata Abbonati su PDF Sicurezza/2X/3X/4X/Full
RTV Centrali termiche combustibile gassoso | Tavole di lettura
ID 9589 | 28.11.2019
Tavole di lettura del nuovoDecreto 8 novembre 2019, RTV per la progettazione, realizzazione ed esercizio degli impianti termici a combustibile gassoso in vigore dal 21 dicembre 2019.
In fondo all'articolo, scorrendo la pagina, allegate Tavole di lettura PDF della RTV di PI Impianti termici gassosi di cui al Decreto 8 novembre 2019riservatoAbbonati Sicurezza Lavoro. [/box-download]
Il presente elaborato è volto ad illustrare in maniera schematica tramite l’utilizzo di tavole riassuntive quelli che sono i principali aspetti della regola tecnica di prevenzione incendi relativa alla progettazione di centrali termiche con potenza termica superiore a 35 KW alimentate a combustibile gassoso, di cui al Decreto 8 novembre 2019 - Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la realizzazione e l'esercizio degli impianti per la produzione di calore alimentati da combustibili gassosi. La RTV è stata pubblicata nella GU Serie Generale n.273 del 21-11-2019, in vigore dal 21 dicembre 2019.
Tavole RTV PI Impianti a combustibile gassoso:
[panel] Tavola 1 - Apparecchi per la climatizzazione di edifici ed ambienti, per la produzione centralizzata di acqua calda, acqua surriscaldata e/o vapore (Installazione all’aperto/Installazione in locale esterno/Installazione in apposito locale inserito nella volumetria del fabbricato servito).
Tavola 2 - Generatori di aria calda a scambio diretto (Installazioni all’aperto/Installazione in locale esterno/Installazione in apposito locale inserito nella volumetria del fabbricato servito/Installazione nei locali serviti).
Tavola 3 - Nastri radianti e moduli a tubi radianti (Installazioni all’aperto/Installazione nei locali serviti)
Tavola 4 - Impianti per la cottura del pane e di altri prodotti simili (forni) ed altri laboratori artigiani, per il lavaggio biancheria e per la sterilizzazione (Installazione nei locali serviti).
Tavola 5 - Impianti per la cottura di alimenti (cucine) e lavaggio stoviglie, anche nell'ambito dell'ospitalità professionale, di comunità e ambiti similari (Installazione in locale esterno/Installazione in apposito locale inserito nella volumetria del fabbricato servito/Installazione in locale in cui avviene la consumazione pasti).
Tavola 6 - Apparecchi di riscaldamento di tipo "A" realizzati con diffusori radianti ad incandescenza (Installazione nei locali serviti)[/panel]
...
Decreto 8 novembre 2019 Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la realizzazione e l'esercizio degli impianti per la produzione di calore alimentati da combustibili gassosi. (GU Serie Generale n.273 del 21-11-2019)
Le disposizioni contenute nelDecreto 8 novembre 2019si applicano alla progettazione, realizzazione ed esercizio degli impianti per la produzione di calore civili extradomestici di portata termica complessiva maggiore di 35 kW alimentati da combustibili gassosi della 1a, 2a e 3a famiglia con pressione non maggiore di 0,5 bar, asserviti a:
[alert]- climatizzazione di edifici e ambienti; - produzione di acqua calda, acqua surriscaldata e vapore; - cottura del pane e di altri prodotti simili (forni) ed altri laboratori artigiani; - lavaggio biancheria e sterilizzazione; - cottura di alimenti (cucine) e lavaggio stoviglie, anche nell’ambito dell’ospitalità professionale, di comunità e ambiti similari.[/alert]
Il decreto non si applica a:
- impianti realizzati specificatamente per essere inseriti in cicli di lavorazione industriale; - impianti di incenerimento; - impianti costituiti da stufe catalitiche; - impianti costituiti da apparecchi di tipo A ad eccezione di quelli per il riscaldamento realizzati con diffusori radianti ad incandescenza.
Più apparecchi alimentati a gas, di seguito denominati apparecchi, installati nello stesso locale, ovvero in locali direttamente comunicanti, sono considerati come facenti parte di un unico impianto di portata termica pari alla somma delle portate termiche dei singoli apparecchi ivi installati; qualora detta somma sia maggiore di 35 kW, indipendentemente dal valore della singola portata termica di ciascun apparecchio, il locale che li contiene ricade, ai fini delle misure di prevenzione incendi, nel campo di applicazione del Decreto 8 novembre 2019.
All’interno di una unità immobiliare ad uso abitativo, ai fini del calcolo della portata termica complessiva, non concorrono gli apparecchi domestici di portata termica singola non superiore a 35 kW quali gli apparecchi di cottura alimenti, le stufe, i caminetti, i radiatori individuali, gli scaldacqua unifamiliari, gli scaldabagno ed i lavabiancheria. Gli impianti del gas a cui tali apparecchi sono collegati devono essere comunque realizzati nel rispetto delle norme tecniche vi- genti ad essi applicabili o di specifiche tecniche ad esse equivalenti.
Più apparecchi installati all’aperto non costituiscono un unico impianto.
Le disposizioni del presente decreto si applicano agli impianti di nuova realizzazione.
Gli impianti esistenti devono essere resi conformi alle disposizioni del Decreto 8 novembre 2019.
Agli impianti esistenti alla data di emanazione del presente decreto e di portata termica superiore a 116 kW, approvati o autorizzati dai competenti organi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco in base alla previgente normativa, non è richiesto alcun adeguamento, anche nel caso di aumento di portata termica, purché non superiore al 20% di quella già approvata od autorizzata e purché realizzata una sola volta.
Agli impianti esistenti alla data di emanazione del presente decreto e di portata termica superiore a 35 kW e fino a 116 kW, realizzati in conformità alla previgente normativa, non è richiesto alcun adeguamento, anche nel caso di aumento di portata termica, purché non superiore al 20% di quella esistente e purché realizzato una sola volta e tale da non comportare il superamento della portata termica oltre i 116 kW.
Successivi aumenti della portata termica realizzati negli impianti di cui ai precedenti commi o aumenti realizzati una sola volta in percentuale superiore al limite indicato ai commi precedenti o passaggi del tipo di alimentazione al combustibile gassoso in impianti di portata termica superiore a 35 kW richiedono l’adeguamento alle disposizioni del presente decreto. Per le attività soggette alle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151, devono essere attivati i relativi procedimenti.
(1) D.M. 12 aprile 1996 e norme correlate (2) Successi (se al primo <20%) aumenti di portata termica -> conformità al Decreto 8 novembre 2019
Fig. 1 Diagramma di flusso adeguamento impianti termici a combustibile gassoso esistenti data dell’8 Novembre 2019
...
Valutazione del rischio
Disposizioni per i generatori di aria calda, i moduli a tubi radianti e i nastri radianti
Nel caso in cui le lavorazioni o le concentrazioni dei materiali in deposito negli ambienti da riscaldare comportino la formazione di gas, vapori e/o polveri suscettibili di dare luogo ad incendi e/o esplosioni, l'installazione deve garantire il raggiungimento degli obiettivi di cui all'art. 2 del decreto attraverso la valutazione del rischio di formazione di atmosfere esplosive di cui al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e secondo le modalità operative indicate dai relativi allegati, quale parte integrante della più generale valutazione del rischio di incendio prevista dal decreto legislativo medesimo. La possibilità di installazione di tali apparecchi e pertanto subordinata all'individuazione delle zone classificate pericolose ai fini della formazione di atmosfere potenzialmente esplosive in presenza di gas e o di polveri combustibili e dell'estensione dei relativi volumi nell'ambiente di lavoro, in conformità alle norme tecniche vigenti.
All'esterno di tali aree gli apparecchi a gas possono essere installati ad opportune distanze di sicurezza dalle superfici esterne dei volumi e/o dell'inviluppo delle zone classificate pericolose in cui si prevede la formazione di atmosfere potenzialmente esplosive.
Disposizioni per gli apparecchi di tipo A realizzati con diffusori radianti ad incandescenza
La possibilità di installazione di apparecchi realizzati con diffusori radianti ad incandescenza in luoghi soggetti ad affollamento di persone, quali ad esempio i luoghi di culto, e subordinata all'effettuazione di una valutazione di rischio, che prenda in considerazione i fattori di rischio indicati alla Sezione 8 della presente regola tecnica, utili all'elaborazione delle conseguenti misure di prevenzione e protezione che garantiscano il raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 2 del decreto. In ogni caso devono essere rispettate le istruzioni, le avvertenze e le limitazioni di installazione, uso e manutenzione eventualmente specificate dal fabbricante degli apparecchi a gas.
Disposizioni complementari
- Condotte aerotermiche - Serrande tagliafuoco - Impianto interno di adduzione gas - Guaine - Alloggiamenti antincendio - Impianto elettrico - Mezzi di estinzione degli incendi - Segnaletica di sicurezza - Stabilità dei componenti - Esercizio e manutenzione
Condotte aerotermiche
Le condotte aerotermiche devono essere realizzate in materiale di classe di reazione al fuoco 0 italiana o in classe A1 di reazione al fuoco europea. Nel caso di condotte preisolate, realizzate con diversi componenti tra loro stratificati di cui almeno uno con funzione isolante, e ammessa la classe di reazione al fuoco 0-1 italiana o in classe A2-s1,d0 o B-s3,d0 di reazione al fuoco europea. Detta condizione si intende rispettata quando tutte le superfici del manufatto, in condizione d'uso, sono realizzate con materiale incombustibile di spessore non inferiore a 0,08 millimetri e sono in grado di assicurare, anche nel tempo, la continuità di protezione del componente isolante interno che deve essere di classe di reazione al fuoco non superiore ad 1 o di classe A1, A2-s1,d0, europea. I giunti ed i tubi di raccordo, la cui lunghezza non può essere superiore a 5 volte il diametro del raccordo stesso, possono essere realizzati in materiale di classe di reazione al fuoco 0, 0-1, 1-0, 1-1 o 1 italiana o di classe A1, A2-s1,d0, B-s2,d0 B-s3,d0 europea. Le condotte di classe 0 possono essere rivestite esternamente con materiali isolanti di classe di reazione al fuoco non superiore ad 1 o di classe B- s2,d0 B-s3,d0 europea. Negli attraversamenti di pareti e solai, lo spazio attorno alle condotte deve essere sigillato con materiale in classe 0 di reazione al fuoco italiana o in classe A2-s1,d0 di reazione al fuoco europea, senza tuttavia ostacolare le dilatazioni delle condotte stesse.
Le condotte non possono attraversare luoghi sicuri (che non siano spazi scoperti), vani scala, vani ascensore e locali in cui le lavorazioni o i materiali in deposito comportino il rischio di esplosione e/o incendio. L'attraversamento dei sopra richiamati locali può tuttavia essere ammesso se le condotte o le strutture che le racchiudono hanno una resistenza al fuoco non inferiore alla classe del locale attraversato ed in ogni caso non inferiore a REI 30 / EI 30.
Serrande tagliafuoco
Ogni serranda tagliafuoco deve possedere caratteristiche di resistenza al fuoco almeno pari al maggiore tra i requisiti previsti per la parete attraversata e il compartimento dei locali serviti è comunque non inferiore a EI 30. Qualora le condotte aerotermiche attraversino strutture che delimitano compartimenti antincendio e si effettui il ricircolo dell'aria, la serranda tagliafuoco dovrà essere azionata anche da impianto di rivelazione e allarme incendio, installato nell'ambiente servito. In ogni caso l'intervento della serranda tagliafuoco deve determinare automaticamente lo spegnimento del bruciatore e l'espulsione all'esterno dell'aria calda proveniente dall'apparecchio.
[...] segue in allegato
Tavola 4 - Impianti per la cottura del pane e di altri prodotti simili (forni) ed altri laboratori artigiani, per il lavaggio biancheria e per la sterilizzazione
Tabelle Tavola 4 - Impianti per la cottura del pane e di altri prodotti simili (forni) ed altri laboratori artigiani, per il lavaggio biancheria e per la sterilizzazione
Il presente Documento illustra i requisiti dimensionali geometrici con brevi cenni di requisiti prestazionali dei"Parapetti permanenti", l'analisi è stata effettuata in quanto continua a mancare una regolamentazione chiara e concordante sui parapetti in ambito delle costruzioni.
Il presente Documento illustra i requisiti dimensionali geometrici dei "Parapetti permanenti" (sono esclusi i parapetti provvisori - Vedasi D.Lgs. 81/2008 Titolo IV cantieri), relazionando la legislazione con le norme tecniche, in ambienti abitativi e di lavoro:
Il Presente Documento non va ad esaminare i requisiti costruttivi e prestazionali (solo brevi cenni) dei "Parapetti permanenti",ma solo i requisiti dimensionali geometrici essenziali, quali altezza, ecc.
Il D.M. 17/01/2018 (NTC 2018), è la legislazione di riferimento delle costruzioni, ma non riporta prescrizioni per i parapetti, salvo il D.M. 236 del 14/06/1989, relativo alle prescrizioni tecniche per le barriere architettoniche degli edifici privati, continua a mancare una regolamentazione chiara concordante sui parapetti in ambito delle costruzioni.
Le norme tecniche danno indicazioni non cogenti, tuttavia, nel presente documento ci si soffermerà su quanto stabilito dalle norme UNI, ed in particolare dalla UNI 10809:1999 e della UNI EN ISO 14122-3:2016 (armonizzata Direttiva macchine 2006/42/CE)
Controllare eventuali deroghe di regolamenti locali dalla legislazione nazionale riportata.
Eventuali lavori sui parapetti e ringhiere (es adeguamento normativo) rientrano nel Glossario edilizia libera.
Il documento non analizza casi specifici/particolari per i quali si rimanda alla consultazione delle norme tecniche di riferimento.
[panel]2. Decreto 17 gennaio 2018 Aggiornamento delle «Norme tecniche per le costruzioni (GU n. 42 del 20-2-2018 SO n. 8)
Le NTC 2018 non apportano cambiamenti per quanto riguarda i parapetti rispetto alle NTC 2008.
Unica risultanza riguarda la sezione 5.1.3.10 (Cap. 5 Ponti) - Azioni sui parapetti e urto di veicolo in svio
L’altezza dei parapetti non può essere inferiore a 1,10 m. I parapetti devono essere calcolati in base ad un’azione orizzontale di 1,5 kN/m applicata al corrimano (Ponti)[/panel]
[panel]3. D.M. 236 del 14/06/1989 Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell'eliminazione delle barriere architettoniche. (Gazzetta Ufficiale n.145 del 23 giugno 1989 SO)
Il D.M. 236 del 14/06/1989, prevede che l’altezza del corrimano debba essere non inferiore ai 90 cm. e che “il parapetto che costituisce la difesa verso il vuoto deve avere un’altezza minima di 1,00 m ed essere inattraversabile da una sfera di diametro di cm 10″.
… Art. 1 - Campo di Applicazione
Le norme contenute nel presente decreto si applicano:
1) agli edifici privati di nuova costruzione, residenziali e non, ivi compresi quelli di edilizia residenziale convenzionata;
2) agli edifici di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata ed agevolata, di nuova costruzione; 3) alla ristrutturazione degli edifici privati di cui ai precedenti punti 1) e 2), anche se preesistenti alla entrata in vigore del presente decreto; 4) agli spazi esterni di pertinenza degli edifici di cui ai punti precedenti. … 4.1.8 Balconi e Terrazze La soglia interposta tra balcone o terrazza e ambiente interno non deve presentare un dislivello tale da costituire ostacolo al transito di una persona su sedia a ruote. E' vietato l'uso di porte-finestre con traversa orizzontale a pavimento di altezza tale da costituire ostacolo al moto della sedia a ruote. Almeno una porzione di balcone o terrazza, prossima alla porta-finestra, deve avere una profondità tale da consentire la manovra di rotazione della sedia a ruote. Ove possibile si deve dare preferenza a parapetti che consentano la visuale anche alla persona seduta, garantendo contemporaneamente i requisiti di sicurezza e protezione dalle cadute verso l'esterno.
(Per le specifiche vedi 8.1.8)
4.1.10 Scale Le scale devono presentare un andamento regolare ed omogeneo per tutto il loro sviluppo. Ove questo non risulti possibile è necessario mediare ogni variazione del loro andamento per mezzo di ripiani di adeguate dimensioni. Per ogni rampa di scale i gradini devono avere la stessa alzata e pedata. Le rampe devono contenere possibilmente lo stesso numero di gradini, caratterizzati da un corretto rapporto tra alzata e pedata. Le porte con apertura verso la scala devono avere uno spazio antistante di adeguata profondità. I gradini delle scale devono avere una pedata antisdrucciolevole a pianta preferibilmente rettangolare e con un profilo preferibilmente continuo a spigoli arrotondati. Le scale devono essere dotate di parapetto atto a costituire difesa verso il vuoto e di corrimano. I corrimano devono essere di facile prendibilità e realizzati con materiale resistente e non tagliente. Le scale comuni e quelle degli edifici aperti al pubblico devono avere i seguenti ulteriori requisiti:
1) la larghezza delle rampe e dei pianerottoli deve permettere il passaggio contemporaneo di due persone ed il passaggio orizzontale di una barella con una inclinazione massima del 15% lungo l'asse longitudinale; 2) la lunghezza delle rampe deve essere contenuta; in caso contrario si deve interporre un ripiano in grado di arrestare la caduta di un corpo umano; 3) il corrimano deve essere installato su entrambi i lati; 4) in caso di utenza prevalente di bambini si deve prevedere un secondo corrimano ad altezza proporzionata; 5) è preferibile una illuminazione naturale laterale. Si deve dotare la scala di una illuminazione artificiale, anche essa laterale, con comando individuabile al buio e disposto su ogni pianerottolo. 6) Le rampe di scale devono essere facilmente percepibili, anche per i non vedenti.
(Per le specifiche vedi 8.1.10) … Art. 8 - Specifiche funzionali e dimensionali
8.0 Generalità
8.0.1 Modalità' di misura
Altezza parapetto. Distanza misurata in verticale dal lembo superiore dell'elemento che limita l'affaccio (copertina, traversa inferiore infisso, eventuale corrimano o ringhierino) al piano di calpestio.
Altezza corrimano Distanza misurata in verticale dal lembo superiore dei corrimano al piano di calpestio.
Altezza parapetto o corrimano scale Distanza dal lembo superiore del parapetto o corrimano al piano di calpestio di un qualunque gradino, misurata in verticale in corrispondenza della parte anteriore del gradino stesso. …
8.1.8 Balconi e terrazze Il parapetto deve avere una altezza minima di 100 cm ed essere inattraversabile da una sfera di 10 cm di diametro. Per permettere il cambiamento di direzione, balconi e terrazze dovranno avere almeno uno spazio entro il quale sia inscrivibile una circonferenza di diametro 140 cm.
… 8.1.10 Scale … Il parapetto che costituisce la difesa verso il vuoto deve avere un'altezza minima di 1,00 m ed essere inattraversabile da una sfera di diametro di cm 10. In corrispondenza delle interruzioni del corrimano, questo deve essere prolungato di 30 cm oltre il primo e l'ultimo gradino. Il corrimano deve essere posto ad una altezza compresa tra 0,90/1 metro. Nel caso in cui è opportuno prevedere un secondo corrimano, questo deve essere posto ad un'altezza di 0,75 m. Il corrimano su parapetto o parete piena deve essere distante da essi almeno 4 cm. Le rampe di scale che non costituiscono parte comune o non sono di uso pubblico devono avere una larghezza minima di 0,80 m. In tal caso devono comunque essere rispettati il già citato rapporto tra alzata e pedata (in questo caso minimo 25 cm), e la altezza minima del parapetto. …[/panel] [panel]4.D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (G.U. n. 101 del 30 aprile 2008) ... ALLEGATO IV REQUISITI DEI LUOGHI DI LAVORO
1. AMBIENTI DI LAVORO
1.7 Scale … 1.7.2 ... 1.7.2.1. Agli effetti del presente decreto è considerato "normale" un parapetto che soddisfi alle seguenti condizioni: 1.7.2.1.1 sia costruito con materiale rigido e resistente in buono stato di conservazione; 1.7.2.1.2 abbia un'altezza utile di almeno un metro; 1.7.2.1.3 sia costituito da almeno due correnti, di cui quello intermedio posto a circa metà distanza fra quello superiore ed il pavimento; 1.7.2.1.4 sia costruito e fissato in modo da poter resistere, nell'insieme ed in ogni sua parte, al massimo sforzo cui può essere assoggettato, tenuto conto delle condizioni ambientali e della sua specifica funzione. 1.7.2.2. È considerato "parapetto normale con arresto al piede" il parapetto definito al comma precedente, completato con fascia continua poggiante sul piano di calpestio ed alta almeno 15 centimetri. 1.7.2.3. È considerata equivalente ai parapetti definiti ai punti precedenti, qualsiasi protezione, quale muro, balaustra, ringhiera e simili, realizzante condizioni di sicurezza contro la caduta verso i lati aperti, non inferiori a quelle presentate dai parapetti stessi. 1.7.3. Le impalcature, le passerelle, i ripiani, le rampe di accesso, i balconi ed i posti di lavoro o di passaggio sopraelevati devono essere provvisti, su tutti i lati aperti, di parapetti normali con arresto al piede o di difesa equivalenti. Tale protezione non è richiesta per i piani di caricamento di altezza inferiore a m. 2.00.[/panel]
Figura 1 - Parapetto D.Lgs. 81/08
[panel]5.UNI 10805:1999
Ringhiere, balaustre o parapetti prefabbricati Determinazione della resistenza meccanica a carico statico di colonne e colonne-piantone
La norma definisce un metodo di prova per determinare la resistenza meccanica ai carichi statici concentrati di colonne e colonne-piantone facenti parte di ringhiere, balaustre o parapetti di qualunque materiale. La norma si applica a ringhiere, balaustre o parapetti prefabbricati e non realizzati in opera e/o installati con l'ausilio di opere murarie.
UNI 10806:1999 Ringhiere, balaustre o parapetti prefabbricati Determinazione della resistenza meccanica ai carichi statici distribuiti
La norma si applica a ringhiere, balaustre o parapetti prefabbricati e non realizzati in opera e/o installati con l'ausilio di opere murarie. Tale norma definisce il metodo di prova per la resistenza meccanica ai carichi statici distribuiti di ringhiere, parapetti e balaustre prefabbricati aventi funzione di protezione dalle cadute
UNI 10807:1999 Ringhiere, balaustre o parapetti prefabbricati Determinazione della resistenza meccanica ai carichi dinamici
La norma definisce un metodo di prova per determinare la resistenza meccanica ai carichi dinamici di ringhiere, balaustre o parapetti di qualunque materiale. Tale Norma definisce il metodo di prova per la determinazione della resistenza meccanica ai carichi dinamici di ringhiere, parapetti o balaustre prefabbricate, aventi funzione di protezione dalle cadute, utilizzando la prova del pendolo con dispositivo di massa pari a kg 50 ed altezza di caduta variabile in base alla destinazione d'uso. La norma si applica a ringhiere, balaustre o parapetti prefabbricati e non realizzati in opera e/o installati con l'ausilio di opere murarie.
UNI 10808:1999 Ringhiere, balaustre o parapetti prefabbricati Determinazione della resistenza meccanica ai carichi statici concentrati sui pannelli
La norma definisce un metodo di prova per determinare la resistenza meccanica ai carichi statici concentrati sui pannelli di ringhiere, balaustre o parapetti di qualunque materiale. La norma si applica a ringhiere, balaustre o parapetti prefabbricati e non realizzati in opera e/o installati con l'ausilio di opere murarie.
UNI 10809:1999 Ringhiere, balaustre o parapetti prefabbricati Dimensioni, prestazioni meccaniche e sequenza delle prove.
La norma stabilisce le caratteristiche dimensionali e le prestazioni meccaniche di ringhiere, balaustre o parapetti prefabbricati, in funzione della loro destinazione d'uso e dell'ambiente di installazione. Essa stabilisce inoltre la sequenza funzionale delle prove di caratterizzazione prestazionale.
UNI EN ISO 14122-3:2016 Sicurezza del macchinario Mezzi di accesso permanenti al macchinario - Parte 3: Scale, scale a castello e parapetti.
La norma fornisce requisiti per scale non motorizzate, scale a castello e parapetti che fanno parte di una macchina fissa, per parti regolabili non motorizzate e per parti mobili dei mezzi fissi di accesso.
Da menzionare, non applicabile a parapetti permanenti, ma solo provvisori:
UNI EN 13374:2013 Sistemi temporanei di protezione dei bordi Specifica di prodotto - Metodi di prova[/panel]
6. UNI 10809:1999
UNI 10809:1999 Ringhiere, balaustre o parapetti prefabbricati Dimensioni, prestazioni meccaniche e sequenza delle prove.
6.1 CARATTERISTICHE DIMENSIONALI
6.1.1 Altezza
Tabella 1 - Altezza minima di ringhiere, parapetti balaustre e corrimano ....
In particolare, nel caso di ringhiere, balaustre o parapetti realizzati a fasce orizzontali dovranno essere considerati i seguenti requisiti dimensionali:
- la fascia inferiore della ringhiera, parapetto o balaustra deve essere cieca e con la faccia interna avente profilo rettilineo e perpendicolare al piano terra;
- il bordo superiore della fascia inferiore deve essere ad almeno 500 mm dalla punta gradino per le ringhiere, e dal piano di calpestio per balaustre o parapetti (figura 2);
Figura 2 - Scalabilità
- per un’altezza minima pari a 700 mm dalla punta gradino per le ringhiere e dal piano di calpestio per balaustre o parapetti, le ulteriori fasce devono presentare luce libera tra loro non maggiore di 20 mm (figura 3). ...
6.1.3 Inattraversabilità
Ringhiere, balaustre o parapetti devono essere inattraversabili in qualsiasi punto da una sfera di 100 mm di diametro. Figura 4 Inattraversabilità ...
6.2 PRESTAZIONI MECCANICHE
6.2.1 Resistenza meccanica a carico statico di colonne e colonne piantone
Le colonne e colonne-piantone devono essere sottoposte alla prova definita nella norma UNI 10805.
Al termine della prova non si devono riscontrare rotture o degradi che possano compromettere la sicurezza dell’utente previsti per il prodotto in fase di progetto.
Sono ammesse deformazioni elastiche delle colonne o colonne-piantone, purchè l’elemento conico non oltrepassi il campione sottoposto a prova. ...[/panel]
7. UNI EN ISO 14122-3:2016
UNI EN ISO 14122-3:2016 Sicurezza del macchinario Mezzi di accesso permanenti al macchinario - Parte 3: Scale, scale a castello e parapetti.
7.2 Requisiti specifici per i parapetti per piattaforme, corridoi di passaggio e piattaforme di riposo
a. quando l'altezza di un'eventuale caduta è maggiore di 500 mm è necessario installare un parapetto;
b. si deve installare un parapetto quando il dislivello tra una piattaforma e la struttura della macchina o la parete è maggiore di 180 mm oppure se la protezione della struttura non è equivalente ad un parapetto. Tuttavia si deve installare una tavola fermapiedi quando lo spazio tra la piattaforma e la struttura adiacente è maggiore di 20 mm;
c. l'altezza minima del parapetto deve essere di 1100 mm. L’altezza del corrimano deve essere ≤ 1100 mm. Il corrimano deve essere parallelo alla linea di camminamento;
d. il parapetto deve includere almeno un corrente intermedio o un'altra protezione equivalente. Lo spazio libero tra il corrimano e il corrente intermedio come pure tra quest'ultimo e la tavola fermapiedi non deve essere maggiore di 500 mm;
e. quando si utilizzano montanti verticali invece di un corrente intermedio la distanza orizzontale libera tra i montanti deve essere al massimo di 180 mm;
f. una tavola fermapiedi con un’altezza minima di 100 mm deve essere installata al massimo a 12 mm dal piano di calpestio e dal bordo della piattaforma, così come per le piattaforme di riposo. L’eventuale spazio tra le tavole fermapiedi di parapetti adiacenti non deve essere maggiore di 20 mm;
Figura 7 - Parapetto senza arrotondamenti ...
Figura 9 - Parapetto con forma a “D”
Figura 10 - Esempio di parapetto per scale e continuazione con parapetto orizzontale ...
[alert] La UNI EN ISO 14122-3:2016 risulta essere la più stringente per l'altezza dei parapetti ...[/alert]
[panel]8. Es. Deroga Regolamento Edilizio
Esempio di Regolamento edilizio comunale che deroga dalle disposizioni legislative nazionali:
Regolamento edilizio Città di Torino ... Articolo 45 - Parapetti, ringhiere e frangivento 1. Parapetti e ringhiere devono essere posizionati in qualunque spazio praticabile ove sussista pericolo di caduta, indipendentemente dalla funzione di quest'ultimo. In particolare devono essere sempre previsti a protezione di balconi, logge e terrazzi.
2. Parapetti e ringhiere devono avere altezza, misurata dalla superficie praticabile più elevata presente a ridosso del parapetto, non inferiore a metri 1,10 e non superiore a metri 1,20 e presentare notevole resistenza agli urti ed alla spinta in conformità alle vigenti leggi in materia; non devono essere scalabili ovvero presentare punti di appoggio che ne favoriscano lo scavalcamento, né presentare aperture o interspazi di larghezza libera superiore a 0,10 metri.
3. Per la realizzazione di parapetti e ringhiere sono ammessi tutti i materiali tecnicamente adatti allo scopo di garantire sicurezza purché compositivamente coerenti all'immagine dell'edificio nel suo contesto ambientale. Il vetro è ammesso solo in presenza di requisiti di resistenza e di non frammentazione agli urti, debitamente certificati.
4.Costituiscono chiusura di perimetro le pareti, i pannelli e le vetrate frangivento o di separazione fra le logge, i balconi e i terrazzi, con altezza superiore a 2/3 dell'altezza netta di piano e, comunque, non superiore a metri 2,50. Tali manufatti sono sempre consentiti con altezza massima di metri 2,20, fermo restando che dovrà essere sempre garantita una porzione aperta non inferiore a metri 0,5 di altezza. Con tali manufatti non potrà mai essere delimitato uno spazio per più di 2/3 del suo perimetro.[/panel] ... segue
Le linee guida sono state elaborate allo scopo di facilitare il lavoro di redazione dei piani di emergenza da parte del personale incaricato e di garantire una certa uniformità degli elaborati e delle procedure per tutti i palazzi sede di uffici amministrativi e scuole della Provincia Autonoma di Bolzano.
L’esigenza di elaborare questo documento discende dall’obbligo del datore di lavoro di individuare le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e di dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa (D.Lgs. 81/2008 Sezione VI). Il datore di lavoro è quindi tenuto ad adottare le necessarie misure organizzative e gestionali da attuare in caso di emergenza, riportandole, appunto, in un PIANO DI EMERGENZA (D.M. 10.03.1998, art.5).
Le linee guida sono state elaborate in conformità ai criteri di cui all’Allegato VIII del D.M. 10.3.1998 (“Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro”).
La struttura del piano prevede la descrizione dell’edificio, dell’attività svolta, dell’affollamento ipotizzabile, delle risorse a salvaguardia della sicurezza a disposizione, sia dal punto di vista strutturale (compartimentazioni, uscite, vie di fuga ecc.) che delle attrezzature (impianti e mezzi di rilevazione e spegnimento), che dell’organizzazione (sistemi di comunicazione, personale addestrato ecc.).
Le linee guida sono completate da alcuni esempi di norme comportamentali.
Sono allegati infine dei facsimili per la descrizione schematica dell’edificio.
Per i luoghi di lavoro più grandi e complessi, il piano d’emergenza deve essere completato dall’elaborazione delle planimetrie dell’edificio. Esse devono riportare i percorsi d’esodo, le uscite di sicurezza, gli estintori e gli idranti. Sono allegati alle presenti “linee guida” dei suggerimenti grafici per l’elaborazione delle planimetrie.
Una volta redatto, il piano d’emergenza deve essere portato a conoscenza a tutti i dipendenti ed ai lavoratori delle ditte esterne in forma adeguata, in modo che sia chiaro il comportamento da tenere nell’emergenza.
È particolarmente importante l’informazione concernente le vie di fuga e l’indicazione del punto di raccolta.
Si precisa infine che l’applicazione di queste linee guida non preclude l’utilizzo di altre metodologie, per quanto si ritiene opportuno riferirsi comunque agli scenari di rischio esposti di seguito.
[box-note]Indice
PREMESSA
1 SCENARI DELLE EMERGENZE 1.1 Incendio 1.2 Presenza di ordigno (Allarme bomba) 1.3 Guasti agli impianti (fuga di gas, esplosione, danni causati dall’acqua) 1.4 Terremoto 1.5 Inondazioni, frane e slavine, danni causati dall’acqua 1.6 Incidenti in laboratori / officine 1.7 Malessere / lesioni a persone
2 CARATTERISTICHE DELL’EDIFICIO 2.1 COMPOSIZIONE DEI PIANI 2.2 AFFOLLAMENTO 2.3 LOCALI A RISCHIO SPECIFICO E COMPARTIMENTAZIONI 2.4 SISTEMA VIARIO ESTERNO ED ACCESSI 2.5 COLLEGAMENTI VERTICALI 2.6 LUOGHI SICURI 2.7 PUNTO DI RACCOLTA 2.8 VIE DI ESODO 2.9 ACCESSO ALL’EDIFICIO DA PARTE DEI MEZZI DI SOCCORSO 2.10 MEZZI D’ESTINZIONE 2.11 SISTEMI DI RILEVAZIONE E D’ALLARME 2.12 SEGNALE D’EVACUAZIONE 2.13 SEGNALE DI CESSATO ALLARME
3 ORGANIZZAZIONE DELL’EMERGENZA 3.1 ALLERTAMENTO E COMUNICAZIONE DELL’EMERGENZA 3.2 SCHEMA PER LA COMUNICAZIONE DELL’EMERGENZA OSSERVAZIONI: 3.3 ADDETTI ALL’EMERGENZA 3.4 GESTIONE DELL’EMERGENZA AL DI FUORI DELL’ORARIO D’UFFICIO 3.5 assistenza alle persone disabili 3.6 INFORMAZIONE ANTINCENDIO 3.6.1 INFORMAZIONE DEL PERSONALE DIPENDENTE 3.7 FORMAZIONE ANTINCENDIO 3.7.1 FORMAZIONE DEGLI ADDETTI ALL’EMERGENZA 3.7.2 ESERCITAZIONI ANTINCENDIO
ESEMPIO DI NORME DI COMPORTAMENTO PER IL PERSONALE ESEMPIO DI NORME DI COMPORTAMENTO PER GLI ADDETTI ALL’EMERGENZA EMERGENZE ESEMPIO DI NORME DI COMPORTAMENTO PER GLI ADDETTI ALLA PORTINERIA EMERGENZE
Allegati: ALLEGATO I – ESEMPIO DI SCHEMA DESCRITTIVO DELL’EDIFICIO ALLEGATO II – ESEMPIO DI SCHEMA DELL’AFFOLLAMENTO DELL’EDIFICIO ALLEGATO III – ESEMPIO PER LA DESCRIZIONE DEI COLLEGAMENTI VERTICALI ALLEGATO IV – ESEMPIO DI SCHEMA UBICAZIONE E DESCRIZIONE MEZZI DI ESTINZIONE ALLEGATO V – ESEMPIO DI SCHEMA UBICAZIONE E DESCRIZIONE SISTEMI RILEVAZIONE E ALLARME ALLEGATO VI – ESEMPIO DI SCHEMA PER LA CHIAMATA D’EMERGENZA ALLEGATO VII A - ADDETTI ALL’ANTINCENDIO ALLEGATO VII B - ADDETTI AL PRONTO SOCCORSO ALLEGATO VIII – SUGGERIMENTI GRAFICI PER L’ELABORAZIONE DELLE PLANIMETRIE ALLEGATO IX – TECNICHE PER IL TRASPORTO DI PERSONE DISABILI IN EMERGENZA ALLEGATO X – ALLARME CATASTROFI[/box-note]
ID 9238 | 17.10.2019 - Modello doc fonte CPT Taranto (rielaborato)
La redazione del "Piano di lavoro delle demolizioni" è previsto dell’art. 151, comma 2, del D.Lgs 81/2008, che riporta: “la successione dei lavori deve risultare da apposito programma contenuto nel POS, tenendo conto di quanto indicato nel PSC, ove previsto, che deve essere tenuto a disposizione degli organi di vigilanza”.
Come previsto dell’art. 151 comma 2 del D.Lgs 81/2008, il Piano di lavoro delle demolizioni è un documento che viene redatto dall’impresa esecutrice dei lavori ed è allegato al Piano Operativo di Sicurezza.
Nel POS, redatto dall’impresa esecutrice della demolizione, devono essere invece riportate tutte le fasi della demolizione, tenendo conto di quanto già indicato nel PSC.
Già l’art.72,comma 2, del D.P.R. 164/56, ora abrogato dal D.Lgs 81/2008, prevedeva la redazione di “un apposito programma il quale deve essere firmato dall’imprenditore e dal dipendente direttore dei lavori, ove esiste, e deve essere tenuto a disposizione degli ispettori del lavoro “.
Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 09.04.2008, n. 81, ai sensi dell’art. 151, comma 2, “la successione dei lavori deve risultare da apposito programma contenuto nel POS, tenendo conto di quanto indicato nel PSC, ove previsto, che deve essere tenuto a disposizione degli organi di vigilanza”.
Il PSC deve essere redatto secondo quanto sancito dall’art.100 del D.Lgs 81/2008 tenendo conto dei rischi particolari di cui all’Allegato XI nonché della stima dei costi di cui al punto 4 dell’Allegato XV. Deve essere inoltre predisposto il fascicolo del fabbricato di cui all’art.91, comma 1, lettera b). Poiché l’opera deve essere demolita totalmente e successivamente ricostruita, nel PSCdevono essere riportati in linea generale i rischi e tutto ciò di cui alla Sezione VIII “ DEMOLIZIONI” del D.Lgs 81/08 e precisamente dall’art.150 all’art.155.
1. Prima dell'inizio di lavori di demolizione è fatto obbligo di procedere alla verifica delle condizioni di conservazione e di stabilità delle varie strutture da demolire.
2. In relazione al risultato di tale verifica devono essere eseguite le opere di rafforzamento e di puntellamento necessarie ad evitare che, durante la demolizione, si verifichino crolli intempestivi.
Art. 151. Ordine delle demolizioni
1. I lavori di demolizione devono procedere con cautela e con ordine, devono essere eseguiti sotto la sorveglianza di un preposto e condotti in maniera da non pregiudicare la stabilità delle strutture portanti o di collegamento e di quelle eventuali adiacenti.
2. La successione dei lavori deve risultare da apposito programma contenuto nel POS, tenendo conto di quanto indicato nel PSC, ove previsto, che deve essere tenuto a disposizione degli organi di vigilanza.
Art. 152. Misure di sicurezza
1. La demolizione dei muri effettuata con attrezzature manuali deve essere fatta servendosi di ponti di servizio indipendenti dall'opera in demolizione.
2. È vietato lavorare e fare lavorare gli operai sui muri in demolizione.
3. Gli obblighi di cui ai commi 1 e 2 non sussistono quando trattasi di muri di altezza inferiore ai due metri.
Art. 153. Convogliamento del materiale di demolizione
1. Il materiale di demolizione non deve essere gettato dall'alto, ma deve essere trasportato oppure convogliato in appositi canali, il cui estremo inferiore non deve risultare ad altezza maggiore di due metri dal livello del piano di raccolta.
2. I canali suddetti devono essere costruiti in modo che ogni tronco imbocchi nel tronco successivo; gli eventuali raccordi devono essere adeguatamente rinforzati.
3. L'imboccatura superiore del canale deve essere realizzata in modo che non possano cadervi accidentalmente persone.
4. Ove sia costituito da elementi pesanti od ingombranti, il materiale di demolizione deve essere calato a terra con mezzi idonei.
5. Durante i lavori di demolizione si deve provvedere a ridurre il sollevamento della polvere, irrorando con acqua le murature ed i materiali di risulta.
Art. 154. Sbarramento della zona di demolizione
1. Nella zona sottostante la demolizione deve essere vietata la sosta ed il transito, delimitando la zona stessa con appositi sbarramenti.
2. L'accesso allo sbocco dei canali di scarico per il caricamento ed il trasporto del materiale accumulato deve essere consentito soltanto dopo che sia stato sospeso lo scarico dall'alto.
Art. 155. Demolizione per rovesciamento
1. Salvo l'osservanza delle leggi e dei regolamenti speciali e locali, la demolizione di parti di strutture aventi altezza sul terreno non superiore a 5 metri può essere effettuata mediante rovesciamento per trazione o per spinta.
2. La trazione o la spinta deve essere esercitata in modo graduale e senza strappi e deve essere eseguita soltanto su elementi di struttura opportunamente isolati dal resto del fabbricato in demolizione in modo da non determinare crolli intempestivi o non previsti di altre parti.
3. Devono inoltre essere adottate le precauzioni necessarie per la sicurezza del lavoro quali: trazione da distanza non minore di una volta e mezzo l'altezza del muro o della struttura da abbattere e allontanamento degli operai dalla zona interessata.
4. Il rovesciamento per spinta può essere effettuato con martinetti solo per opere di altezza non superiore a 3 metri, con l'ausilio di puntelli sussidiari contro il ritorno degli elementi smossi.
5. Deve essere evitato in ogni caso che per lo scuotimento del terreno in seguito alla caduta delle strutture o di grossi blocchi possano derivare danni o lesioni agli edifici vicini o ad opere adiacenti pericolose per i lavoratori addetti.
Art. 156. Verifiche
1. Il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sentita la Commissione consultiva permanente, può stabilire l'obbligo di sottoporre a verifiche ponteggi e attrezzature per costruzioni, stabilendo le modalità e l'organo tecnico incaricato.
Capo III Sanzioni
Art. 157. Sanzioni per i committenti e i responsabili dei lavori
1. Il committente o il responsabile dei lavori sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.500 a 6.400 euro per la violazione dell'articolo 90, commi 3, 4 e 5;
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.000 a 4.800 euro per la violazione degli articoli 90, comma 9, lettera a), 93, comma 2, e 100, comma 6-bis;
c) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 1.800 euro per la violazione degli articoli 90, commi 7 e 9, lettera c), 101, comma 1, primo periodo.
Art. 158. Sanzioni per i coordinatori
1. Il coordinatore per la progettazione è punito con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.500 a 6.400 euro per la violazione dell'articolo 91, comma 1;
2. Il coordinatore per l'esecuzione dei lavori è punito:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.500 a 6.400 euro per la violazione dell'articolo 92, commi 1, lettere a), b), c), e) ed f), e 2;
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.000 a 4.800 euro per la violazione dell'articolo 92, comma 1, lettera d).
Art. 159. Sanzioni per i datori di lavoro e dirigenti
1. Il datore di lavoro è punito con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.500 a 6.400 euro per la violazione dell'articolo 96, comma 1, lettera g); si applica la pena dell'arresto da 4 a 8 mesi o l'ammenda da 2.000 a 8.000 euro se la violazione è commessa in cantieri temporanei o mobili in cui l'impresa svolga lavorazioni in presenza di rischi particolari, individuati in base all'allegato XI; si applica la pena dell'ammenda da 2.000 a 4.000 euro se il piano operativo di sicurezza è redatto in assenza di uno o più degli elementi di cui all'allegato XV.
2. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda da 2.500 a 6.400 euro per la violazione degli articoli 97, comma 1, 100, comma 3, 111, commi 1, lettera a), e 6, 114, comma 1, 117, 118, 121, 122, 126, 128, comma 1, 145, commi 1 e 2 e 148;
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.000 a 4.800 euro per la violazione degli articoli 108, 112, 119, 123, 125, commi 1, 2 e 3, 127, 129, comma 1, 136, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6, 140, comma 3, 147, comma 1, 151, comma 1, 152, commi 1 e 2 e 154;
c) con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da 500 a 2.000 euro per la violazione degli articoli 96, comma 1, lettere. a), b), c), d), e) ed f), e 97, commi 3 e 3-ter, nonché per la violazione delle disposizioni del capo II del presente titolo non altrimenti sanzionate;
d) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 1.800 euro per la violazione degli articoli 100, comma 4, e 101, commi 2 e 3.
3. La violazione di più precetti riconducibili alla categoria omogenea di requisiti di sicurezza relativi ai luoghi di lavoro di cui all'allegato XIII, nella parte relativa alle "Prescrizioni per i servizi igienico-assistenziali a disposizione dei lavoratori nei cantieri", punti 1, 2, 3, 4, 5 e 6, e nella parte relativa alle "Prescrizioni per i posti di lavoro nei cantieri" per i punti 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8, è considerata una unica violazione ed è punita con la pena prevista dal comma 2, lettera c). L'organo di vigilanza è tenuto a precisare in ogni caso, in sede di contestazione, i diversi precetti violati.
Art. 160. Sanzioni per i lavoratori autonomi
1. I lavoratori autonomi sono puniti:
a) con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da 400 a 1.600 euro per la violazione dell'articolo 100, comma 3;
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 300 a 800 euro per la violazione dell'articolo 94;
c) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 200 a 600 euro per la violazione degli articoli 124, 138, commi 3 e 4, e 152, comma 2. [/box-note]
ID 4639 | 18.09.2017 / Documento allegato completo
Per sorveglianza radiometrica si intende l’insieme delle azioni che un’azienda svolge allo scopo di individuare sorgenti o materiali radiocontaminati che possono finire impropriamente tra i materiali trattati, nonché allo scopo di gestire eventuali ritrovamenti.
In Italia a seguito di un grave caso di fusione accidentale di due sorgenti radioattive in una acciaieria di Brescia e dopo altri casi meno gravi la Regione Lombardia ha ritenuto necessario un provvedimento che concretizzasse l’obbligo della sorveglianza radiometrica sui rottami.
E’ stata quindi adottata dal Presidente della Giunta regionale una ordinanza, la n. 57671 del 20 giugno 1997 che ha imposto una serie di controlli da effettuarsi all’esterno dei contenitori utilizzati per il trasporto del carico di rottami o altri materiali, al momento dello scarico e nelle fasi che precedono la lavorazione, dopo la fusione, sulle scorie e le polveri derivanti dall’impianto di abbattimento e nelle aree di lavoro a maggior rischio di contaminazione. L’ordinanza è ormai decaduta, ma potrebbe essere utilizzata come spunto per disciplinare i controlli radioattivi sui rottami metallici sia per le aziende che li recuperano che le acciaierie/fonderie.
Per quanto attiene la protezione della popolazione, dell’ambiente e dei lavoratori in caso di rinvenimento di sorgenti radioattive o materiali contaminati nei rifiuti, le norme italiane di riferimento appartengono a due diversi contesti:
- in primo luogo, le norme specifiche sulla tutela dall’esposizione a radiazioni ionizzanti, che sanciscono i criteri di tutela nell’impiego delle sorgenti e materiali radioattivi artificiali e naturali, inclusa la gestione dei rifiuti radioattivi e la sorveglianza radiometrica dei rottami metallici e materiali;
- in secondo luogo, le norme generali che regolano l’esercizio degli impianti di gestione dei rifiuti convenzionali, che non sono di per sé soggetti alla normativa specifica sulle radiazioni ionizzanti, ma dove si possono e in effetti con una certa frequenza ritrovare sorgenti radioattive uscite dal controllo e materiali radioattivi contaminati.
Gli impianti di gestione dei rifiuti sono soggetti alla normativa ambientale, che esclude dal proprio campo di applicazione i rifiuti radioattivi, ma in alcuni casi richiama esplicitamente la necessità della sorveglianza radiometrica (anche definita controllo o monitoraggio della radioattività).
Le principali norme vigenti che prevedono la sorveglianza radiometrica sui materiali sono:
Normativa
Ambito di appplicazione
D.Lgs. 230/1995 “Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 2006/117/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti” e s.m.i.
Aziende che trattano rottami metallici, semilavorati metallici d’importazione
D.Lgs. 100/2011, “Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 20 febbraio 2009, n. 23, recante attuazione della direttiva 2006/117/Euratom, relativa alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti radioattivi e di combustibile nucleare esaurito - sorveglianza radiometrica su materiali o prodotti semilavorati metallici”
Aziende che trattano rottami metallici, semilavorati metallici d’importazione
...
Norme tecniche
- UNI 10897:2016 “Carichi di rottami metallici - Rilevazione di radionuclidi con misure X e gamma”
La norma identifica i metodi per determinare le anomalie radiometriche associabili ai radionuclidi presenti nei carichi di materiali metallici destinati al recupero. I rottami metallici destinati al recupero in fonderia possono contenere radioisotopi da sorgenti radioattive usate in campo industriale e medicale. Tale radioattività può provocare contaminazione dell’ ambiente e dei prodotti finali.
Linee guida
- ISPRA “Linee guida per la sorveglianza radiometrica di rottami metallici e altri rifiuti" Task 01.02.02, rev.0, 2014
Controlli previsti per la sorveglianza radiometrica
In funzione della tipologia di azienda l’obbligo di eseguire la sorveglianza radiometrica può discendere da differenti normative ed in alcuni casi da più normative contemporaneamente (come ad esempio nel caso della acciaierie che sono soggette a tale obbligo sia ai sensi del D.Lgs. 230/95 s.m.i. che ai sensi del D.Lgs. 152/06).
Nella tabella che segue è riportato un prospetto riassuntivo delle tipologie di controlli che devono essere effettuati (distinti tra controlli obbligatori e controlli opportuni), in funzione dell’attività svolta dall’azienda.
Soggetti tenuti al controllo
Fase del processo
Strumentazione e modalità
Cogenza del controllo
Registrazione degli esiti
Tutti coloro che sono tenuti alla sorveglianza radiometrica: chi tratta ROTTAMI METALLICI o IMPORTA SEMILAVORATI METALLICI da paesi extra UE
All’ingresso, sul carico nel suo complesso
Strumento portatile o portale, con caratteristiche e modalità conformi alla norma UNI
Obbligatorio su tutti i carichi, anche se dotati di documentazione di accompagnamento che attesti l’esecuzione di controlli precedenti
Si registrano tutti i controlli, sia positivi che negativi, secondo norma UNI Per i semilavorati metallici all’importazione da Paesi extra UE deve essere utilizzato il mod. IRME90 (Allegato al D. 100/11)
Coloro che eseguono operazioni di cernita di rottami
Sul materiale scaricato a terra
Almeno esame visivo, eventualmente misure con portatile
Opportuno su tutti i materiali
Non prevista
....
Note
Non sono tenuti alla sorveglianza radiometrica coloro che non importano ma lavorano semilavorati metallici, anche se d’importazione extra UE: l’onere del controllo ricade sull’importatore.
La norma UNI 10897 è una norma tecnica che si applica in modo cogente ai controlli sui carichi di rottami metallici in ingresso alle aziende soggette all’art. 157 del D. Lgs. 230; negli altri casi deve essere utilizzata come autorevole riferimento tecnico. Pertanto in tali casi eventuali difformità tra le modalità di esecuzione dei controlli da parte delle aziende e quelle descritte dalla norma UNI devono essere ritenute criticità oggetto di indicazioni per il miglioramento.
Ci sono tipologie di aziende non facilmente collocabili nella tabella, per esempio, i demolitori di automobili e le piazzole ecologiche comunali.
Data la tipologia specifica del materiale ricevuto, si ritiene improprio imporre la sorveglianza radiometrica a tutti coloro che eseguono esclusivamente demolizione di automobili e non ricevono altri rottami metallici.
Allo stesso modo le piazzole ecologiche comunali, che ricevono ma non trattano i RAEE, non rientrano nell’ambito di applicazione del D.Lgs. 49/2014.
Ruolo dell’Esperto Qualificato
Tutti i documenti che descrivono le procedure di controllo radiometrico e quelle di gestione dei ritrovamenti devono essere, se non redatte, almeno approvate da un Esperto Qualificato in Radioprotezione di II o III grado, (figura professionale di cui all’art. 77 del D.Lgs. 230/95), di seguito denominato E.Q..
Nei casi in cui si applica l’art. 157 del D.Lgs. 230/95, all’E.Q. viene esplicitamente attribuita la responsabilità del controllo radiometrico sui materiali: questo non implica che tutte le attività di sorveglianza radiometrica siano materialmente svolte da un E.Q..
Solo il controllo radiometrico sui semilavorati metallici d’importazione deve essere eseguito direttamente da un E.Q., mentre il controllo sulle altre tipologie di materiali può essere svolto da altro personale, purchè debitamente formato ed addestrato.
Per il resto, la responsabilità dell’E.Q. in merito ai controlli radiometrici sui materiali si esercita attraverso le seguenti azioni:
- la redazione o approvazione delle procedure di sorveglianza radiometrica; ...
Sorveglianza radiometrica dei rottami e semilavorati metallici
Il controllo radiometrico dei rottami e degli altri materiali metallici di risulta è stato introdotto nella normativa italiana con l’art. 157 del D.Lgs n. 230/95 “Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 92/3/Euratom e 96/29/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti”.
L’obbligo di effettuare la sorveglianza radiometrica ha riguardato inizialmente sia i soggetti che, a scopo industriale o commerciale, effettuano operazioni di fusione di rottami o di altri materiali metallici sia coloro che a scopo commerciale effettuano la raccolta ed il deposito di detti materiali. Tuttavia l’art.157 del D.Lgs. n. 230/95 prevedeva l’emanazione di un decreto applicativo, del Ministro della sanità di concerto con altri Ministeri, che avrebbe stabilito le condizioni di applicazione della norma e le eventuali esenzioni, prefigurando una restrizione del campo di applicazione che ha rallentato in modo significativo il recepimento dei principi stabiliti. Venivano comunque escluse le attività che comportavano esclusivamente il trasporto. ...
[box-hint]Art. 157 Dlgs 230/95 Sorveglianza radiometrica su materiali o prodotti semilavorati metallici ....
4. Ferme restando le disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 25, nei casi in cui le misure radiometriche indichino la presenza di sorgenti o comunque livelli anomali di radioattivita', individuati secondo le norme di buona tecnica applicabili ovvero guide tecniche emanate ai sensi dell'articolo 153, qualora disponibili, i soggetti di cui al comma 1 debbono adottare, ai sensi dell'articolo 100, comma 3, le misure idonee ad evitare il rischio di esposizione delle persone e di contaminazione dell'ambiente e debbono darne immediata comunicazione al prefetto, agli organi del servizio sanitario nazionale competenti per territorio, al Comando provinciale dei vigili del fuoco, alla regione o province autonome ed all'Agenzie delle regioni e delle province autonome per la protezione dell'ambiente competenti per territorio. Ai medesimi obblighi e' tenuto il vettore che, nel corso del trasporto, venga a conoscenza della presenza di livelli anomali di radioattivita' nei predetti materiali o prodotti trasportati. Il prefetto, in relazione al livello del rischio rilevato dagli organi destinatari delle comunicazioni di cui al presente comma, ne da' comunicazione all'ISPRA.
5. Ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 52, nei casi in cui le misure radiometriche indichino la presenza di livelli anomali di radioattivita', i prefetti adottano, valutate le circostanze del caso in relazione alla necessita' di tutelare le persone e l'ambiente da rischi di esposizione, i provvedimenti opportuni ivi compreso il rinvio dell'intero carico o di parte di esso all'eventuale soggetto estero responsabile del suo invio, con oneri a carico del soggetto venditore. Il Ministero degli affari esteri provvedera' ad informare della restituzione dei carichi l'Autorita' competente dello Stato responsabile dell'invio.[/box-hint]
Decreto Legislativo n. 100/2011 ...
In base alla nuova formulazione, la sorveglianza radiometrica prevista dall’art. 157 deve essere effettuata sui rottami ed altri materiali di risulta, indipendentemente dalla loro provenienza (nazionale, UE, extraUE), mentre per i semilavorati metallici la sorveglianza è obbligatoria solo per prodotti di importazione, ovvero di provenienza extra-UE.
Anche a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. 100/2011, non viene previsto espressamente che la sorveglianza sia effettuata all’ingresso dei materiali in azienda, contrariamente ad esempio a quanto invece stabilito per il controllo radiometrico effettuato sui RAEE ai sensi del D.Lgs. 151/2005 (abrogato e sostituito dal D.Lgs. 49/2014). Tuttavia, al fine di rilevare livelli anomali di radioattività anche per garantire la protezione dei lavoratori, è evidente che il primo controllo debba essere effettuato in ingresso nell’azienda. ...
Strumentazione impiegata nella sorveglianza radiometrica
La sorveglianza radiometrica sui di rottami metallici, sui RAEE o sui rifiuti destinati agli inceneritori, ha come scopo l’individuazione delle cosiddette anomalie radiometriche (rispetto a valori di fondo misurati in situ) le quali sono indicative di una probabile contaminazione dei carichi di tali rifiuti, da verificare con indagini più approfondite. La sorveglianza radiometrica può essere effettuata con sistemi fissi (portali) o con strumenti portatili.
Portali radiometrici ...
Tali sistemi fissi sono realizzati a forma di varco (portale) attraverso il quale il mezzo di trasporto transita a velocità ridotta mentre viene sottoposto a rivelazione di eventuale radiazione gamma proveniente dal carico trasportato; una variante del sistema – detta statica – prevede che il mezzo sosti all'interno del portale per consentire tale controllo. I sistemi attualmente presenti sul mercato operano in modo automatico
Figura 3.1 – Esempio di portale per la sorveglianza radiometrica dei carichi in ingresso.
Strumentazione portatile
Per effettuare i controlli radiometrici nelle attività che non comportano la gestione di grossi volumi di materiali (per es. piccoli rottamai) o per effettuare la verifica delle anomalie radiometriche segnalate dai sistemi a portale, possono essere impiegati strumenti rilevatori portatili.
La norma UNI 10897:2016 definisce le caratteristiche minime di tali strumenti affinché siano adatti ai controlli sui carichi metallici.
Procedure sorveglianza radiometrica
Procedura tipo: modalità di sorveglianza radiometrica tramite strumentazione portatile ....
Figura 3.4 – Schema del flusso delle operazioni previste per la gestione di una anomalia radiometrica accertata dal sistema di sorveglianza - ISPRA Linee guida per la sorveglianza radiometrica di rottami metallici e altri rifiuti ....
Certifico Srl - IT Rev. 00 2017 Riservato: Abbonati Sicurezza/2X/3X/4X/Full
Modello Autocertificazione rischio CEM | Giustificata
ID 9486 | 11.11.2019
Modello di Autocertificazione rischio Campi Elettromagnetici (CEM) nelle condizioni per cui la valutazione del rischio può concludersi con la “giustificazione” (Autocertificazione), in quanto la natura e l’entità dei rischi non rendono necessaria una valutazione "dettagliata" (Art. 181 c. 3 D.Lgs.81/2008), relativamente ai Campi Elettromagnetici (CEM) di cui al Capo IV del Titolo VIII del D.Lgs.81/2008.
[box-info]Principio di "giustificazione" agenti fisici
Il D.Lgs.81/2008 relativamente al Titolo VIII Agenti fisici (Rumore, Vibrazioni, ROA e CEM), all'Art, 181 c.3 prevede che la valutazione dei rischi riportata sul documento di valutazione di cui all'articolo 28, può includere una giustificazione del datore di lavoro secondo la quale per la natura e l'entità dei rischi è necessaria una valutazione dei rischi più dettagliata.[/box-info]
La direttiva 2013/35/UE (CEM Lavoro) ha abrogato la precedente direttiva 2004/40/CE, introducendo nuove disposizioni per la protezione dei lavoratori dalle esposizioni ai campi elettromagnetici ancora ispirate alle linee guida dell’ICNIRP(1).
Il recepimento della nuova direttiva è avvenuto il 02/09/2016 con l'entrata in vigore del D.Lgs 1 agosto 2016, n. 159, che ha apportato modifiche al Capo IV del Titolo VIII del D.Lgs. 81/2008.
La nuova direttiva introduce profonde innovazioni per quel che riguarda la protezione dalle esposizioni ai campi in bassa frequenza e incide in maniera più limitata sul quadro delle disposizioni per la protezione dai campi in radiofrequenza e microonde.
(1)I documenti dell’International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection (ICNIRP) pertinenti alle presenti indicazioni operative sono i seguenti:
Tale "Autocertificazione", rientra sempre in un processo valutativo (giustificato), dovrà essere sottoscritta dal Datore di Lavoro e da eventuali altri soggetti partecipi alla valutazione ed allegata al Documento di Valutazione dei Rischi di cui Art. 28 c.2. (Fig. 1).
Se ai sensi dell'Art. 181 c.3 il Datore di Lavoro può ritenere che non si debba procedere alle prescrizioni dell'Art. 209 e seguenti, la Valutazione del rischio CEM “dettagliata” (misurata/calcolata) può non essere effettuata.
Fig. 1 Valutazione rischio CEM
[box-info]Il "Principio giustificativo" del Titolo VIII D.Lgs. 81/2008
D.Lgs. 81/2008 ... Titolo VIII AGENTI FISICI Capo I Disposizioni generali ... Art. 181. Valutazione dei rischi
1. Nell'ambito della valutazione di cui all'articolo 28, il datore di lavoro valuta tutti i rischi derivanti da esposizione ad agenti fisici in modo da identificare e adottare le opportune misure di prevenzione e protezione con particolare riferimento alle norme di buona tecnica ed alle buone prassi.
2. La valutazione dei rischi derivanti da esposizioni ad agenti fisici è programmata ed effettuata, con cadenza almeno quadriennale, da personale qualificato nell'ambito del servizio di prevenzione e protezione in possesso di specifiche conoscenze in materia. La valutazione dei rischi è aggiornata ogni qual volta si verifichino mutamenti che potrebbero renderla obsoleta, ovvero, quando i risultati della sorveglianza sanitaria rendano necessaria la sua revisione. I dati ottenuti dalla valutazione, misurazione e calcolo dei livelli di esposizione costituiscono parte integrante del documento di valutazione del rischio.
3. Il datore di lavoro nella valutazione dei rischi precisa quali misure di prevenzione e protezione devono essere adottate. La valutazione dei rischi è riportata sul documento di valutazione di cui all'articolo 28, essa può includere una giustificazione del datore di lavoro secondo cui la natura e l'entità dei rischi non rendono necessaria una valutazione dei rischi più dettagliata.[/box-info]
4.04 - Quali sono le condizioni nelle quali la valutazione del rischio può concludersi con la “giustificazione” secondo cui la natura e l’entità dei rischi non rendono necessaria una valutazione più dettagliata?
Definiamo situazione “giustificabile” una condizione che può avvalersi di questa più semplice modalità di valutazione del rischio nella quale la condizione espositiva non comporta apprezzabili rischi per la salute. Ai fini di questa definizione si reputano in primo luogo non comportare rischi per la salute le esposizioni inferiori ai livelli di riferimento per la popolazione di cui alla raccomandazione europea 1999/519/CE.
In linea con questa definizione sono condizioni espositive giustificabili quelle elencate nella Tabella 1 elaborate a partire dalla norma CENELEC EN 504996 (1) recepita dal CEI a novembre 2009. In questi casi la giustificazione è adottabile indipendentemente dal numero di attrezzature di lavoro in uso.
(1) La norma CENELEC EN 50499 è stata messa a punto nel quadro del mandato M/351 a suo tempo conferito al CENELEC dalla Commissione Europea per l’attuazione della direttiva 2004/40/CE, ora abrogata. La nuova direttiva 2013/35/UE non assegna al CENELEC un analogo compito, ma prevede la pubblicazione di una o più guide pratiche direttamente da parte della Commissione Europea. I principi generali della norma EN 50499 restano ad ogni modo validi nelle more del recepimento e completa attuazione della nuova direttiva.
Tabella 1 - Attrezzature e situazioni giustificabili. Lista non esaustiva.
Tipo di attrezzatura / situazione
Note
Tutte le attività che si svolgono unicamente in ambienti privi di impianti e apparecchiature elettriche e di magneti permanenti
Luoghi di lavoro interessati dalle emissioni di sorgenti CEM autorizzate ai sensi della normativa nazionale per la protezione della popolazione, con esclusione delle operazioni di manutenzione o altre attività svolte a ridosso o sulle sorgenti
Il datore di lavoro deve verificare se è in possesso di autorizzazione ex legge 36/2001 e relativi decreti attuativi ovvero richiedere all’ente gestore una dichiarazione del rispetto della legislazione nazionale in materia
Uso di apparecchiature a bassa potenza (così come definite dalla norma CEI EN 62479) con emissione di frequenza 10 MHz ÷ 300GHz
Non sono comprese le attività di manutenzione
Uso di attrezzature marcate CE, valutate secondo gli standard armonizzati per la protezione dai CEM
Lista soggetta a frequenti aggiornamenti:
- CEI EN 50360: telefoni cellulari; - CEI EN 50364: sistemi di allarme e antitaccheggio; - CEI EN 62233 : elettrodomestici - CEI EN 62479: norma generica per gli apparecchi elettrici ed elettronici di bassa potenza; - CEI EN 50385: stazioni radio base e stazioni terminali fisse per sistemi di telecomunicazione senza fili; - CEI EN 50401: apparecchiature fisse per trasmissione radio (110 MHz - 40 GHz) destinate a reti di telecomunicazione senza fili; - CEI EN 60335-2-25: forni a microonde e forni combinati per uso domestico e similare; - CEI EN 60335-2-90: forni a microonde per uso collettivo (uso domestico e similare)
Le attrezzature devono essere installate ed utilizzate secondo le indicazioni del costruttore.
Non sono comprese le attività di manutenzione.
Il datore di lavoro deve verificare sul libretto di uso e manutenzione che l’attrezzatura sia dichiarata conforme al pertinente standard di prodotto
Attrezzature presenti sul mercato europeo conformi alla raccomandazione 1999/519/CE e non richiedono marcatura CE essendo per esempio parte di un impianto
Apparati luminosi (lampade)
Escluso specifiche lampade attivate da RF
Computer e attrezzature informatiche
Attrezzature da ufficio
I cancellatori di nastri possono richiedere
ulteriori valutazioni
Cellulari e cordless
Radio rice-trasmittenti
Solo quelle con potenze inferiori a 20 mW
Basi per telefoni DECT e reti Wlan
Limitatamente alle apparecchiature per il pubblico
Apparati di comunicazione non wireless e reti
Utensili elettrici manuali e portatili
es.: conformi alle CEI EN 60745-1 e CEI EN 61029-1 inerenti la sicurezza degli utensili a motore trasportabili.
Attrezzature manuali per riscaldamento (escluso il riscaldamento a induzione e dielettrico)
es.: conformi alla CEI EN 60335-2-45 (es. pistole per colla a caldo)
Carica batterie
Inclusi quelli ad uso domestico e destinati a garage, piccole industrie e aziende agricole (CEI EN 60335-2-29)
Attrezzature elettriche per il giardinaggio
Apparecchiature audio e video
alcuni particolari modelli che fanno uso di trasmettitori radio nelle trasmissioni radio/TV necessitano di ulteriori valutazioni
Apparecchiature portatili a batteria esclusi i trasmettitori a radiofrequenza
Stufe elettriche per gli ambienti
esclusi i riscaldatori a microonde
Rete di distribuzione dell’energia elettrica a 50 Hz nei luoghi di lavoro: campo elettrico e magnetico devono essere considerati separatamente. Per esposizioni al campo magnetico sono conformi: - Ogni installazione elettrica con una intensità di corrente di fase ≤ 100 A; - Ogni singolo circuito all’interno di una installazione con una intensità di corrente di fase ≤ 100 A; - Tutti i componenti delle reti che soddisfano i criteri di cui sopra sono conformi (incluso i conduttori, interruttori, trasformatori ecc...); - Qualsiasi conduttore nudo aereo di qualsiasi voltaggio. Per esposizioni al campo elettrico sono conformi: - Qualsiasi circuito in cavo sotterraneo o isolato indipendentemente dal voltaggio - Qualsiasi circuito nudo aereo tarato ad un voltaggio fino a 100 kV, o line aerea fino a 125 kV, sovrastante il luogo di lavoro, o a qualsiasi voltaggio nel caso di luogo di lavoro interni.
I criteri qui riportati per dimostrare la conformità ai limiti di esposizione nel luogo di lavoro sono basati sulla dimostrazione che le esposizioni sono inferiori ai limiti minimi della Raccomandazione CE (1999) sulle esposizioni EMF per la popolazione. Tali criteri sono sufficienti a dimostrare la conformità per la maggior parte dei luoghi di lavoro.
I criteri di valutazione basati direttamente sui limiti di esposizione della Direttiva 2004/40/CE per il luogo di lavoro, sono indicati nell’Allegato F della norma CEI EN 50499. Essi utilizzano 500 A al posto di 100 A, 200 kV invece di 100 kV e 250 kV invece di 125 kV. La lista di controllo indicata in
F.2.4 della norma CEI EN 50499 può quindi essere utilizzata per dimostrare la conformità ai campi magnetici, e quella in F.3.1 della norma CEI EN 50499 per la conformità ai campi elettrici in qualsiasi luogo di lavoro.
Strumentazione e apparecchi di misura e controllo
Elettrodomestici
Sono inclusi in questa tabella anche le apparecchiature professionali per la cottura, lavaggio (lavatrici), forni a microonde ecc... usate in ristoranti, negozi, ecc... Necessitano invece di ulteriori valutazioni i forni di cottura ad induzione.
Computer e attrezzature informatiche con trasmissione wireless
es.: Wlan (Wi-Fi), Bluetooth e tecnologie simili, limitatamente all’uso pubblico
Trasmettitori a batteria
Limitatamente alle apparecchiature per il pubblico
Antenne di stazioni base
Ulteriori valutazioni sono necessarie solo se i lavoratori possono essere più vicini all’antenna rispetto alle distanze di sicurezza stabilite per l’esposizione del pubblico
Apparecchiature elettromedicali non per applicazioni con campi elettromagnetiche o di corrente
[box-warning]Giustificazione - note
Esempi di luoghi di lavoro per i quali, comunemente, si può effettuare la giustificazione del rischio sulla base della Tabella 1: uffici, centri di calcolo, negozi, alberghi, parrucchieri ecc.
Resta ferma la piena responsabilità del datore di lavoro nell’assumere la giustificazione per la propria particolare sorgente nelle specifiche condizioni e ambiente di utilizzo.[/box-warning]
Capo IV Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi elettromagnetici
Art. 206 Campo di applicazione
1. Il presente capo determina i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti dall'esposizione ai campi elettromagnetici (da 0 Hz a 300 GHz), come definiti dall'articolo 207, durante il lavoro. Le disposizioni riguardano la protezione dai rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori dovuti agli effetti biofisici diretti e agli effetti indiretti noti provocati dai campi elettromagnetici. 2. I Valori limite di esposizione (VLE) stabiliti nel presente capo riguardano soltanto le relazioni scientificamente accertate tra effetti biofisici diretti a breve termine ed esposizione ai campi elettromagnetici. 3. Il presente capo non riguarda la protezione da eventuali effetti a lungo termine e i rischi risultanti dal contatto con i conduttori in tensione. 4. Per il personale che lavora presso impianti militari operativi o che partecipa ad attività militari, ivi comprese esercitazioni militari internazionali congiunte, in applicazione degli articoli 3, comma 2, e 13, comma 1-bis, ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 182 e 210 del presente decreto, il sistema di protezione equivalente di cui all'articolo 10, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2013/35/UE è costituito dalle particolari norme di tutela tecnico-militare per la sicurezza e la salute del personale, di cui agli articoli 245 e 253 del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90, nel rispetto dei criteri ivi previsti.
Art. 207 Definizioni
1. Ai fini del presente capo si intendono per: a) "campi elettromagnetici", campi elettrici statici, campi magnetici statici e campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici variabili nel tempo con frequenze sino a 300 GHz; b) "effetti biofisici diretti", effetti provocati direttamente nel corpo umano a causa della sua presenza all'interno di un campo elettromagnetico, che comprendono: 1) effetti termici, quali il riscaldamento dei tessuti a causa dell'assorbimento di energia dai campi elettromagnetici nei tessuti medesimi; 2) effetti non termici, quali la stimolazione di muscoli, nervi e organi sensoriali. Tali effetti possono essere di detrimento per la salute mentale e fisica dei lavoratori esposti. Inoltre, la stimolazione degli organi sensoriali può comportare sintomi transitori quali vertigini e fosfeni. Inoltre, tali effetti possono generare disturbi temporanei e influenzare le capacità cognitive o altre funzioni cerebrali o muscolari e possono, pertanto, influire negativamente sulla capacità di un lavoratore di operare in modo sicuro; 3) correnti negli arti; c) "effetti indiretti", effetti provocati dalla presenza di un oggetto in un campo elettromagnetico, che potrebbe essere causa di un pericolo per la salute e sicurezza, quali: 1) interferenza con attrezzature e dispositivi medici elettronici, compresi stimolatori cardiaci e altri impianti o dispositivi medici portati sul corpo; 2) rischio propulsivo di oggetti ferromagnetici all'interno di campi magnetici statici; 3) innesco di dispositivi elettro-esplosivi (detonatori); 4) incendi ed esplosioni dovuti all'accensione di materiali infiammabili a causa di scintille prodotte da campi indotti, correnti di contatto o scariche elettriche; 5) correnti di contatto; d) "Valori limite di esposizione (VLE)", valori stabiliti sulla base di considerazioni biofisiche e biologiche, in particolare sulla base degli effetti diretti acuti e a breve termine scientificamente accertati, ossia gli effetti termici e la stimolazione elettrica dei tessuti; e) "VLE relativi agli effetti sanitari", VLE al di sopra dei quali i lavoratori potrebbero essere soggetti a effetti nocivi per la salute, quali il riscaldamento termico o la stimolazione del tessuto nervoso o muscolare; f) "VLE relativi agli effetti sensoriali", VLE al di sopra dei quali i lavoratori potrebbero essere soggetti a disturbi transitori delle percezioni sensoriali e a modifiche minori nelle funzioni cerebrali; g) "valori di azione (VA)", livelli operativi stabiliti per semplificare il processo di dimostrazione della conformità ai pertinenti VLE e, ove appropriato, per prendere le opportune misure di protezione o prevenzione specificate nel presente capo. Nell'allegato XXXVI, parte II: 1) per i campi elettrici, per "VA inferiori" e "VA superiori" s'intendono i livelli connessi alle specifiche misure di protezione o prevenzione stabilite nel presente capo; 2) per i campi magnetici, per "VA inferiori" s'intendono i valori connessi ai VLE relativi agli effetti sensoriali e per "VA superiori" i valori connessi ai VLE relativi agli effetti sanitari.
Art. 208 Valori limite di esposizione e valori d'azione
1. Le grandezze fisiche relative all'esposizione ai campi elettromagnetici sono indicate nell'allegato XXXVI, parte I. I VLE relativi agli effetti sanitari, i VLE relativi agli effetti sensoriali e i VA sono riportati nell'allegato XXXVI, parti II e III. 2. Il datore di lavoro assicura che l'esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici non superi i VLE relativi agli effetti sanitari e i VLE relativi agli effetti sensoriali, di cui all'allegato XXXVI, parte II per gli effetti non termici e di cui all'allegato XXXVI, parte III per gli effetti termici. Il rispetto dei VLE relativi agli effetti sanitari e dei VLE relativi agli effetti sensoriali deve essere dimostrato ricorrendo alle procedure di valutazione dell'esposizione di cui all'articolo 209. Qualora l'esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici superi uno qualsiasi dei VLE, il datore di lavoro adotta misure immediate in conformità dell'articolo 210, comma 7. 3. Ai fini del presente capo, si considera che i VLE siano rispettati qualora il datore di lavoro dimostri che i pertinenti VA di cui all'allegato XXXVI, parti II e III, non siano stati superati. Nel caso in cui l'esposizione superi i VA, il datore di lavoro adotta misure in conformità dell'articolo 210, comma 1, salvo che la valutazione effettuata in conformità dell'articolo 209, comma 1, dimostri che non sono superati i pertinenti VLE e che possono essere esclusi rischi per la sicurezza. 4. Fermo restando quanto previsto al comma 3, l'esposizione può superare: a) i VA inferiori per i campi elettrici di cui all'allegato XXXVI parte II, tabella B1, seconda colonna, ove giustificato dalla pratica o dal processo produttivo, purché siano verificate le seguenti condizioni: 1) non siano superati i VLE relativi agli effetti sanitari di cui all'allegato XXXVI, parte II, tabella A2; 2) siano evitate eccessive scariche elettriche e correnti di contatto di cui all'allegato XXXVI, parte II, tabella B3) attraverso le misure specifiche di protezione di cui all'articolo 210, comma 5; 3) siano state fornite ai lavoratori e ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza informazioni sulle situazioni di rischio di cui all'articolo 210-bis, comma 1, lettera b); b) i VA inferiori per i campi magnetici di cui all'allegato XXXVI, parte II, tabella B2, seconda colonna, ove giustificato dalla pratica o dal processo produttivo, anche a livello della testa e del tronco, durante il turno di lavoro, purché siano verificate le seguenti condizioni: 1) il superamento dei VA inferiori per i campi magnetici di cui all'allegato XXXVI, parte II, tabella B2, e l'eventuale superamento dei VLE per gli effetti sensoriali di cui all'allegato XXXVI, parte II, tabella A3, sia solamente temporaneo in relazione al processo produttivo; 2) non siano superati i VLE relativi agli effetti sanitari di cui all'allegato XXXVI, parte II, tabella A2; 3) siano adottate misure in conformità all'articolo 210, comma 8, in caso di sintomi transitori di cui alla lettera a) del medesimo comma; 4) siano state fornite ai lavoratori e ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza informazioni sulle situazioni di rischio di cui all'articolo 210-bis, comma 1, lettera b). 5. Fermo restando quanto previsto ai commi 2, 3 e 4, l'esposizione può superare i VLE relativi agli effetti sensoriali di cui all'allegato XXXVI, parte II, tabelle A1 e A3, e parte III, tabella A2, durante il turno di lavoro, ove giustificato dalla pratica o dal processo produttivo, purché siano verificate le seguenti condizioni: a) il loro superamento sia solamente temporaneo in relazione al processo produttivo; b) non siano superati i corrispondenti VLE relativi agli effetti sanitari di cui all'allegato XXXVI, parte II, tabelle A1 e A2 e parte III, tabelle A1 e A3; c) nel caso di superamento dei VLE relativi agli effetti sensoriali di cui all'allegato XXXVI, parte II, tabella A1, siano state prese misure specifiche di protezione in conformità all'articolo 210, comma 6; d) siano adottate misure in conformità all'articolo 210, comma 8, in caso di sintomi transitori, di cui alla lettera b) del medesimo comma; e) siano state fornite ai lavoratori informazioni sulle situazioni di rischio di cui all'articolo 210-bis, comma 1, lettera b). 6. Nei casi di cui ai commi 4 e 5, il datore di lavoro comunica all'organo di vigilanza territorialmente competente il superamento dei valori ivi indicati, mediante una relazione tecnico-protezionistica contenente: a) le motivazioni per cui ai fini della pratica o del processo produttivo è necessario il superamento temporaneo dei VA inferiori o degli VLE relativi agli effetti sensoriali; b) il livello di esposizione dei lavoratori e l'entità del superamento; c) il numero di lavoratori interessati; d) le tecniche di valutazione utilizzate; e) le specifiche misure di protezione adottate in conformità all'articolo 210; f) le azioni adottate in caso di sintomi transitori; g) le informazioni fornite ai lavoratori e ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza sulle situazioni di rischio di cui all'articolo 210-bis, comma 1, lettera b).
Art. 209 Identificazione dell'esposizione e valutazione dei rischi
1. Nell'ambito della valutazione dei rischi di cui all'articolo 181, il datore di lavoro valuta tutti i rischi per i lavoratori derivanti da campi elettromagnetici sul luogo di lavoro e, quando necessario, misura o calcola i livelli dei campi elettromagnetici ai quali sono esposti i lavoratori. La valutazione, la misurazione e il calcolo devono essere effettuati tenendo anche conto delle guide pratiche della Commissione europea, delle pertinenti norme tecniche europee e del Comitato elettrotecnico italiano (CEI), delle specifiche buone prassi individuate o emanate dalla Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6 del presente decreto, e delle informazioni reperibili presso banche dati dell'INAIL o delle regioni. La valutazione, la misurazione e il calcolo devono essere effettuati, inoltre, tenendo anche conto delle informazioni sull'uso e sulla sicurezza rilasciate dai fabbricanti o dai distributori delle attrezzature, ovvero dei livelli di emissione indicati in conformità alla legislazione europea, ove applicabili alle condizioni di esposizione sul luogo di lavoro o sul luogo di installazione. 2. Qualora non sia possibile stabilire con certezza il rispetto dei VLE sulla base di informazioni facilmente accessibili, la valutazione dell'esposizione è effettuata sulla base di misurazioni o calcoli. In tal caso si deve tenere conto delle incertezze riguardanti la misurazione o il calcolo, quali errori numerici, modellizzazione delle sorgenti, geometria del modello anatomico e proprietà elettriche dei tessuti e dei materiali, determinate secondo la buona prassi metrologica. 3. La valutazione, la misurazione e il calcolo di cui al comma 1, non devono necessariamente essere effettuati in luoghi di lavoro accessibili al pubblico, ove si sia già proceduto ad una valutazione conformemente alle disposizioni relative alla limitazione dell'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz e risultino rispettate per i lavoratori le restrizioni previste dalla raccomandazione 1999/519/CE del Consiglio, del 12 luglio 1999, e siano esclusi rischi relativi alla sicurezza. 4. La valutazione, la misurazione e il calcolo di cui al comma 1, non devono necessariamente essere effettuati ove siano utilizzate dai lavoratori, conformemente alla loro destinazione d'uso, attrezzature destinate al pubblico, conformi a norme di prodotto dell'Unione europea che stabiliscano livelli di sicurezza più rigorosi rispetto a quelli previsti dal presente capo, e non sia utilizzata nessun'altra attrezzatura. 5. Nell'ambito della valutazione del rischio di cui all'articolo 181, il datore di lavoro presta particolare attenzione ai seguenti elementi: a) la frequenza, il livello, la durata e il tipo di esposizione, inclusa la distribuzione sul corpo del lavoratore e sul volume del luogo di lavoro; b) i valori limite di esposizione e i valori di azione di cui all'articolo 208; c) effetti biofisici diretti; d) tutti gli effetti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori particolarmente sensibili al rischio; eventuali effetti sulla salute e la sicurezza dei lavoratori esposti a rischi particolari, con particolare riferimento a soggetti portatori di dispositivi medici impiantati, attivi o passivi, o dispositivi medici portati sul corpo e le lavoratrici in stato di gravidanza; e) qualsiasi effetto indiretto di cui all'articolo 207, comma 1, lettera c); f) l'esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate per ridurre i livelli di esposizione ai campi elettromagnetici; g) la disponibilità di azioni di risanamento volte a minimizzare i livelli di esposizione ai campi elettromagnetici; h) informazioni adeguate raccolte nel corso della sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 211; i) informazioni fornite dal fabbricante delle attrezzature; l) altre informazioni pertinenti relative a salute e sicurezza; m) sorgenti multiple di esposizione; n) esposizione simultanea a campi di frequenze diverse. 6. Il datore di lavoro precisa, nel documento di valutazione del rischio di cui all'articolo 28, le misure adottate, previste dall'articolo 210. 7. Fatti salvi gli articoli 50, 184, 210 e 210-bis del presente decreto, il datore di lavoro privato può consentire l'accesso al documento di valutazione di cui al comma 1 in tutti i casi in cui vi sia interesse e in conformità alle disposizioni vigenti e lo può negare qualora tale accesso pregiudichi la tutela dei propri interessi commerciali, compresi quelli relativi alla proprietà intellettuale e in conformità alle disposizioni vigenti. Per i documenti di valutazione dei rischi elaborati o detenuti da pubbliche amministrazioni, si applica la disciplina del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33. Qualora la valutazione contenga i dati personali dei lavoratori, l'accesso avviene nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
Art. 210 Misure di prevenzione e protezione
1. A seguito della valutazione dei rischi, qualora risulti che i valori di azione di cui all'articolo 208 sono superati, il datore di lavoro, a meno che la valutazione effettuata a norma dell'articolo 209, comma 1, dimostri che i pertinenti valori limite di esposizione non sono superati e che possono essere esclusi rischi relativi alla sicurezza, elabora ed applica un programma d'azione che comprenda misure tecniche e organizzative intese a prevenire esposizioni superiori ai valori limite di esposizione relativi agli effetti sensoriali e ai valori limite di esposizione relativi agli effetti sanitari, tenendo conto in particolare: a) di altri metodi di lavoro che implicano una minore esposizione ai campi elettromagnetici; b) della scelta di attrezzature che emettano campi elettromagnetici di intensità inferiore, tenuto conto del lavoro da svolgere; c) delle misure tecniche per ridurre l'emissione dei campi elettromagnetici, incluso se necessario l'uso di dispositivi di sicurezza, schermature o di analoghi meccanismi di protezione della salute; d) degli appropriati programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, dei luoghi e delle postazioni di lavoro; e) della progettazione e della struttura dei luoghi e delle postazioni di lavoro; f) della limitazione della durata e dell'intensità dell'esposizione; g) della disponibilità di adeguati dispositivi di protezione individuale; h) di misure appropriate al fine di limitare e controllare l'accesso, quali segnali, etichette, segnaletica al suolo e barriere; i) in caso di esposizione a campi elettrici, delle misure e procedure volte a gestire le scariche elettriche e le correnti di contatto mediante mezzi tecnici e mediante la formazione dei lavoratori. 2. Sulla base della valutazione dei rischi di cui all'articolo 209, il datore di lavoro elabora e applica un programma d'azione che comprenda misure tecniche e organizzative volte a prevenire qualsiasi rischio per lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente sensibili al rischio e qualsiasi rischio dovuto a effetti indiretti di cui all'articolo 207. 3. Il datore di lavoro, in conformità all'articolo 183, adatta le misure di cui al presente articolo alle esigenze dei lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente sensibili al rischio e, se del caso, a valutazioni individuali dei rischi, in particolare nei confronti dei lavoratori che hanno dichiarato, anche a seguito delle informazioni ricevute ai sensi dell'articolo 210-bis, di essere portatori di dispositivi medici impiantati attivi o passivi, o hanno dichiarato l'uso di dispositivi medici sul corpo o nei confronti delle lavoratrici in stato di gravidanza che hanno informato il datore di lavoro della loro condizione. 4. Sulla base della valutazione dei rischi di cui all'articolo 209, i luoghi di lavoro in cui i lavoratori possono essere esposti a campi elettromagnetici che superano i VA sono indicati con un'apposita segnaletica conforme a quanto stabilito nel titolo V del presente decreto, recante le prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e di salute sul luogo di lavoro. Le aree in questione sono inoltre identificate e l'accesso alle stesse è limitato in maniera opportuna. 5. Nei casi di cui all'articolo 208, commi 3 e 4, sono adottate misure di protezione specifiche, quali l'informazione e la formazione dei lavoratori a norma dell'articolo 210-bis, l'uso di strumenti tecnici e la protezione individuale, da realizzarsi anche mediante la messa a terra degli oggetti di lavoro, il collegamento elettrico dei lavoratori con gli oggetti di lavoro nonché, se del caso e a norma degli articoli 75, 76 e 77, con l'impiego di scarpe e guanti isolanti e di indumenti protettivi. 6. Nel caso di cui all'articolo 208, comma 5, sono adottate misure di protezione specifiche, quali il controllo dei movimenti. 7. I lavoratori non devono essere esposti a valori superiori ai VLE relativi agli effetti sanitari e ai VLE relativi agli effetti sensoriali a meno che non sussistano le condizioni di cui all'articolo 212, e all'articolo 208, commi 3, 4 e 5. Qualora, nonostante i provvedimenti presi dal datore di lavoro in applicazione del presente capo, i VLE relativi agli effetti sanitari o i VLE relativi agli effetti sensoriali sono superati, il datore di lavoro adotta misure immediate per riportare l'esposizione al di sotto dei VLE. Il datore di lavoro individua e registra le cause del superamento dei VLE relativi agli effetti sanitari e dei VLE relativi agli effetti sensoriali e modifica di conseguenza le misure di protezione e prevenzione per evitare un nuovo superamento. Le misure di protezione e prevenzione modificate sono conservate con le modalità di cui all'articolo 53. 8. Nei casi di cui all'articolo 208, commi 3, 4 e 5, nonché nell'ipotesi in cui il lavoratore riferisce la comparsa di sintomi transitori, il datore di lavoro aggiorna, se necessario, la valutazione dei rischi e le misure di prevenzione. Ai fini del presente comma, i sintomi transitori possono comprendere: a) percezioni ed effetti sensoriali nel funzionamento del sistema nervoso centrale, nella testa, indotti da campi magnetici variabili nel tempo; b) effetti indotti da campi magnetici statici, quali vertigini e nausea.
Art. 210bis Informazione e formazione dei lavoratori e dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza
1. Ai sensi di quanto previsto all'articolo 184, comma 1, lettera b), il datore di lavoro garantisce, inoltre, che i lavoratori che potrebbero essere esposti ai rischi derivanti dai campi elettromagnetici sul luogo di lavoro e i loro rappresentanti ricevano le informazioni e la formazione necessarie in relazione al risultato della valutazione dei rischi con particolare riguardo: a) agli eventuali effetti indiretti dell'esposizione; b) alla possibilità di sensazioni e sintomi transitori dovuti a effetti sul sistema nervoso centrale o periferico; c) alla possibilità di rischi specifici nei confronti di lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente sensibili al rischio, quali i soggetti portatori di dispositivi medici o di protesi metalliche e le lavoratrici in stato di gravidanza.
Art. 211 Sorveglianza sanitaria
1. La sorveglianza sanitaria viene effettuata periodicamente, di norma una volta l'anno o con periodicità inferiore decisa dal medico competente con particolare riguardo ai lavoratori particolarmente sensibili al rischio di cui all'articolo 183, tenuto conto dei risultati della valutazione dei rischi trasmessi dal datore di lavoro. L'organo di vigilanza, con provvedimento motivato, può disporre contenuti e periodicità diversi da quelli forniti dal medico competente. 2. Nel caso in cui un lavoratore segnali effetti indesiderati o inattesi sulla salute, ivi compresi effetti sensoriali, il datore di lavoro garantisce, in conformità all'articolo 41, che siano forniti al lavoratore o ai lavoratori interessati un controllo medico e, se necessario, una sorveglianza sanitaria appropriati. Il controllo di cui al presente comma è garantito anche nei casi in cui sia stata rilevata un'esposizione superiore ai VLE per gli effetti sensoriali oppure un'esposizione superiore ai VLE per gli effetti sanitari. 3. I controlli e la sorveglianza di cui al presente articolo sono effettuati, a cura e spese del datore di lavoro, in orario scelto da lavoratore.
Art. 212 Deroghe
1. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero della salute, può autorizzare, su richiesta del datore di lavoro e in presenza di specifiche circostanze documentate e soltanto per il periodo in cui rimangono tali, deroghe al rispetto dei VLE di cui all'articolo 208, comma 1, secondo criteri e modalità da definirsi con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, da adottarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Il datore di lavoro informa il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza della richiesta di deroga. 2. L'autorizzazione delle deroghe di cui al comma 1 è subordinata al rispetto delle seguenti condizioni: a) dalla valutazione del rischio effettuata conformemente all'articolo 209 risulti dimostrato che i VLE sono superati; b) tenuto conto dello stato dell'arte, risultano applicate tutte le misure tecnico-organizzative; c) le circostanze giustificano debitamente il superamento dei VLE; d) si è tenuto conto delle caratteristiche del luogo di lavoro, delle attrezzature di lavoro e delle pratiche di lavoro; e) il datore di lavoro dimostra che i lavoratori sono sempre protetti contro gli effetti nocivi per la salute e i rischi per la sicurezza, avvalendosi in particolare di norme e orientamenti comparabili, più specifici e riconosciuti a livello internazionale; f) nel caso di installazione, controllo, uso, sviluppo e manutenzione degli apparati di Risonanza magnetica (RM) per i pazienti nel settore sanitario o della ricerca correlata, il datore di lavoro dimostra che i lavoratori sono sempre protetti dagli effetti nocivi per la salute e dai rischi per la sicurezza, assicurando in particolare che siano seguite le istruzioni per l'uso in condizioni di sicurezza fornite dal fabbricante ai sensi del decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 46, e successive modificazioni, concernente "Attuazione della direttiva 93/42/CEE, concernente i dispositivi medici."; ...
Tabella equiparazione Attività soggette P.I. D.M. 16/2/1982 / D.P.R. 151/2011
ID 9162 | 6 ottobre 2019
In allegato Tabella di Equiparazione Attività soggette PI D.M. 16/2/1982 e D.P.R. 151/2011. La Tabella di raffronto è ancora utile, in quanto numerose RTV e Prassi fanno riferimento al D.M. 16/2/1982.
E' possibile individuare 5situazioni di confronto:
1.Attività non più presenti nel nuovo regolamento D.P.R. 151/2011 (es. att. n. 19, 20, 52, 95 dell'allegato al D.M. 16/2/1982):
2. Attività rese esenti per nuove riformulazioni o nuovi limiti (es. manifestazioni temporanee, autorimesse, locali adibiti a deposito, officine riparazione veicoli, ecc.).
3. Attività modificate per nuovi limiti (es Uffici da 500 a 300 addetti)
4.Attività accorpate es. 57 e 58 in 44 (Stabilimenti materie plastiche)
5. Attività nuove es. 80 (gallerie stradali)
[box-warning]Rinvii al D.M. 16/02/1982 (abrogato) effettuati da RT di prevenzione incendi: come agire
Es. Il nuovo regolamento D.P.R. 151/2011ha reso esenti alcune categorie di attività, prima soggette a controllo ai sensi del D.M. 16/2/1982.
Attività non più presenti nel nuovo regolamentoD.P.R. 151/2011 (es. att. n. 19, 20, 52, 95 dell'allegato al D.M. 16/2/1982):
Attività D.M. 16/2/1982
Descrizione
Attività Equiparata D.P.R 151/2011
19
Stabilimenti ed impianti ove si producono, impiegano o detengono vernici, inchiostri e lacche infiammabili e/o combustibili con quantitativi globali in ciclo e/o in deposito superiori a 500 kg
10
Stabilimenti ed impianti ove si producono e/o impiegano, liquidi infiammabili e/o combustibili con punto di infiammabilità fino a 125 °C, con quantitativi globali in ciclo e/o in deposito superiori a 1 m3
20
Depositi e/o rivendite di vernici, inchiostri e lacche infiammabili e/o combustibili:
- con quantitativi da 500 a 1.000 kg - con quantitativi superiori a 1.000 kg
12
Depositi e/o rivendite di liquidi infiammabili e/o combustibili e/o oli lubrificanti, diatermici, di qualsiasi derivazione, di capacità geometrica complessiva superiore a 1 m3
52
Stabilimenti per lo sviluppo e la stampa delle pellicole cinematografiche
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95
Vani di ascensori e montacarichi in servizio privato, aventi corsa sopra il piano terreno maggiore di 20 metri, installati in edifici civili aventi altezza in gronda maggiore di 24 metri e quelli installati in edifici industriali di cui all'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 29 maggio 1963, n. 1497
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(*) I vecchi codici n. 19 e 20 del DM 16/2/1982 possono essere equiparati rispettivamente ai n. 10 e 12 dell'allegato I al D.P.R. 151/2011, mentre i vecchi n. 52 e 95 sono stati eliminati.
Inoltre devono essere presi in esame i riferimenti dei Regolamenti d'igiene locale (regionali/comunali) qualora riportino indicazioni.
Excursus
A. Normativa pregresso
Il D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303 Norme generali per l'igiene del lavoro. (GU n.105 del 30-04-1956 - S.O.), mentre riportava indicazioni per tutte le attività per i "lavandini", non riportava indicazione per "latrine ed orinatoi" a servizio dei cantieri:
Art. 37. Lavandini
La distribuzione dell'acqua per lavarsi deve essere fatta in modo da evitare l'uso di vaschette o di catinelle con acqua ferma.
I lavandini devono essere in numero di almeno uno per ogni 5 dipendenti occupati in un turno, ed i lavandini collettivi devono disporre di uno spazio di almeno 60 centimetri per ogni posto.
Agli operai che si trovano nelle condizioni indicate dall'art. 38 il datore di lavoro deve fornire anche adatti mezzi detersivi e per asciugarsi.
Nel D.P.R. 20 marzo 1956, n. 320 Norme per la prevenzione degli infortuni e l'igiene del lavoro in sotterraneo (GU n. 109 del 5-5-1956 - SO), sono previsti (equiparazione cantieri per la parte di servizi igienico assistenziali):
86. Lavandini.
I cantieri devono essere forniti dei mezzi necessari per la pulizia personale dei lavoratori; l'erogazione dell'acqua deve essere fatta in modo da consentire ai lavoratori di lavarsi in acqua corrente. I lavandini devono essere installati in locali chiusi; essi possono essere installati in locali semplicemente coperti qualora le condizioni climatiche lo consentano. I getti d'acqua devono distare l'uno dall'altro almeno 50 centimetri ed essere in numero di almeno uno ogni cinque lavoratori occupati in ciascun turno di lavoro. I lavandini devono essere ubicati nelle immediate adiacenze degli alloggiamenti.
Nelle vicinanze degli alloggiamenti devono essere predisposte latrine in numero di almeno una ogni 20 lavoratori occupati. Le latrine devono essere protette dagli agenti atmosferici ed inoltre costruite e mantenute in modo da salvaguardare la decenza, da non costituire causa di diffusione delle malattie trasmissibili e da non costituire causa di inquinamento delle acque destinate agli usi del cantiere e dell'abitato. L'Ispettorato del lavoro può prescrivere la installazione di latrine, in sotterraneo, fissandone le caratteristiche, ove ne riconosca la necessità in relazione alla natura ed importanza dei lavori, al numero dei lavoratori occupati ed al rischio di trasmissione di malattie. Alla pulizia ed alla manutenzione delle latrine deve essere destinato personale in numero sufficiente.
Art. 96. Obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti
1. I datori di lavoro delle imprese affidatarie e delle imprese esecutrici, anche nel caso in cui nel cantiere operi una unica impresa, anche familiare o con meno di dieci addetti:
a) adottano le misure conformi alle prescrizioni di cui all'allegato XIII; ...
ALLEGATO XIII
PRESCRIZIONI DI SICUREZZA E DI SALUTE PER LA LOGISTICA DI CANTIERE
1. I luoghi di lavoro al servizio dei cantieri edili devono rispondere, tenuto conto delle caratteristiche del cantiere e della valutazione dei rischi, alle norme specifiche nel presente decreto legislativo. 1. Spogliatoi e armadi per il vestiario 1.1. I locali spogliatoi devono disporre di adeguata aerazione, essere illuminati, ben difesi dalle intemperie, riscaldati durante la stagione fredda, muniti di sedili ed essere mantenuti in buone condizioni di pulizia. 1.2. Gli spogliatoi devono essere dotati di attrezzature che consentano a ciascun lavoratore di chiudere a chiave i propri indumenti durante il tempo di lavoro. 1.3. La superficie dei locali deve essere tale da consentire, una dislocazione delle attrezzature, degli arredi, dei passaggi e delle vie di uscita rispondenti a criteri di funzionalità e di ergonomia per la tutela e l'igiene dei lavoratori, e di chiunque acceda legittimamente ai locali stessi.
2. Docce 2.1. I locali docce devono essere riscaldati nella stagione fredda, dotati di acqua calda e fredda e di mezzi detergenti e per asciugarsi ed essere mantenuti in buone condizioni di pulizia. Il numero minimo di docce è di uno ogni dieci lavoratori impegnati nel cantiere.
3. Gabinetti e lavabi 3.1. I locali che ospitano i lavabi devono essere dotati di acqua corrente, se necessario calda e di mezzi detergenti e per asciugarsi. 3.2. I servizi igienici devono essere costruiti in modo da salvaguardare la decenza e mantenuti puliti. 3.3. I lavabi devono essere in numero minimo di uno ogni 5 lavoratori e 1 gabinetto ogni 10 lavoratori impegnati nel cantiere.
3.4. Quando per particolari esigenze vengono utilizzati bagni mobili chimici, questi devono presentare caratteristiche tali da minimizzare il rischio sanitario per gli utenti.
3.5. In condizioni lavorative con mancanza di spazi sufficienti per l'allestimento dei servizi di cantiere, e in prossimità di strutture idonee aperte al pubblico, è consentito attivare delle convenzioni con tali strutture al fine di supplire all'eventuale carenza di servizi in cantiere: copia di tali convenzioni deve essere tenuta in cantiere ed essere portata a conoscenza dei lavoratori.
... 6. Utilizzo di caravan ai fini igienico assistenziali 6.1. L'uso di caravan o roulottes quali servizi igienico-assistenziali, è consentito esclusivamente ad inizio cantiere per un periodo massimo di 5 giorni, prima dell'installazione dei servizi di cantiere veri e propri.
6.2. L'uso di caravan o roulottes quali servizi igienico-assistenziali, è consentito nei cantieri stradali di rilevante lunghezza e brevi tempi di lavorazione su singole posizioni fra loro molto lontane in aggiunta agli ordinari servizi igienico assistenziali posizionati presso le aree di cantiere o i campi base.
I servizi igienici devono essere compresi nel PSC
Art. 100. Piano di sicurezza e di coordinamento
1. Il piano è costituito da una relazione tecnica e prescrizioni correlate alla complessità dell'opera da realizzare ed alle eventuali fasi critiche del processo di costruzione, atte a prevenire o ridurre i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi i rischi particolari di cui all'allegato XI, con specifico riferimento ai rischi derivanti dal possibile rinvenimento di ordigni bellici inesplosi nei cantieri interessati da attività di scavo,1 nonché la stima dei costi di cui al punto 4 dell'allegato XV.
Il piano di sicurezza e coordinamento (PSC) è corredato da tavole esplicative di progetto, relative agli aspetti della sicurezza, comprendenti almeno una planimetria sull'organizzazione del cantiere e, ove la particolarità dell'opera lo richieda, una tavola tecnica sugli scavi. I contenuti minimi del piano di sicurezza e di coordinamento e l'indicazione della stima dei costi della sicurezza sono definiti all'allegato XV.
Bagni chimici mobili
Il D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 prevede l'utilizzo di "bagni mobili chimici" nei luoghi di lavoro solo al servizio dei cantieri edili(Allegato XIII p. 3.4. Quando per particolari esigenze vengono utilizzati bagni mobili chimici, questi devono presentare caratteristiche tali da minimizzare il rischio sanitario per gli utenti), nel numero di 1 ogni 10 lavoratori (Allegato XIII 3.3. I lavabi devono essere in numero minimo di uno ogni 5 lavoratori e 1 gabinetto ogni 10 lavoratori impegnati nel cantiere.
I Bagni chimici mobili devono rispondere ai requisiti della norma UNI EN 16194:2012.
[box-note]UNI EN 16194:2012
Bagni mobili non collegati alla rete fognaria - Requisiti per i prodotti ed i servizi necessari per l’utilizzo di bagni mobili e relativi prodotti sanitari
La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN 16194 (edizione febbraio 2012). La norma si applica ai bagni mobili (esclusi i bagni a secco) non collegati alla rete fognaria. Essa specifica i requisiti per i servizi relativi all'installazione dei bagni mobili e i requisiti pertinenti ai bagni mobili e ai prodotti sanitari, tenendo conto di fattori quali igiene, salute e sicurezza. Essa specifica i requisiti di qualità minimi relativi ai bagni mobili e ai prodotti sanitari e correlati inoltre alle misure di pulizia richieste, al numero di bagni mobili da fornire, alle ubicazioni nonché agli intervalli di pulizia e smaltimento.[/box-note] ... segue in allegato
La sicurezza antincendio persegue l'intento di garantire un livello adeguato di protezione determinato univocamente per l'intero territorio nazionale. A tal fine con l'allegato Ial D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151, che ha sostituito il DM 16 febbraio 1982, un elenco di 80 attività(denominate "attività soggette"), considerate a maggior rischio d'incendio, che sono sottoposte a controllo dei Vigili del Fuoco. (Vedi elenco)
I responsabili (enti e privati) delle "attività soggette" sono tenuti a rispettare vari adempimenti procedurali che vengono di seguito descritti.
LA SCIA ANTINCENDIO
Le procedure per la prevenzione degli incendi vengono semplificate sensibilmente grazie al DPR 1.8.2011 n.151 (GU 22.9.2011 n.122). Il DPR applica alle procedure antincendio la SCIA, Segnalazione Certificata d'Inizio Attività. Nella tabella allegata al DPR vengono elencate 80 attività (Vedi elenco) (tra esse istruzione, commercio, sanità, industria, edifici per uso civile) soggette alle visite e ai controlli di prevenzione incendi. Ad ogni attività corrispondono tre categorie A, B, C, a seconda che il rischio di incendio sia basso, medio o alto. In precedenza le attività erano 97, elencate nel DM 16 febbraio 1982 che è stato abrogato insieme al DPR 26.5.1959 n. 689.
Il D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151, riguardante il regolamento per la disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi è entrato in vigore il 7 ottobre 2011. Il nuovo regolamento opera una sostanziale semplificazione e tiene conto dell'introduzione della SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività, art. 19 della Legge 7/8/1990 n. 241 come sostituito con art. 49 co. 4 bis del D.L. 31/5/2010 n. 78 convertito in Legge 30/7/2010 n. 122) sui procedimenti di competenza dei Vigili del Fuoco, nonché di quanto previsto dal regolamento per la semplificazione ed il riordino della disciplina sullo Sportello Unico per le attività produttive (S.U.A.P.), di cui al D.P.R. 7 settembre 2010, n. 160. Tiene inoltre conto di quanto stabilito dal D.Lgs n. 139/2006, art.16 co. 1.
Il nuovo regolamento individua 3 categorie con una differenziazione degli adempimenti procedurali:
Categoria A: attività dotate di 'regola tecnica' di riferimento e contraddistinte da un limitato livello di complessità, legato alla consistenza dell'attività, all'affollamento ed ai quantitativi di materiale presente;
Sono comprese nella categoria A, tra le altre, le seguenti attività da n. da 65 a 78:
alberghi e residenze collettive fino a 50 posti letto
scuole fino a 150 persone
strutture sanitarie e case per anziani fino a 50 posti letto e ambulatori fino a 1000 mq
locali per il commercio, negozi, fino a 600 mq
aziende ed uffici fino a 500 persone presenti
autorimesse fino a 1000 mq
edifici civili con altezza antincendio fino a 32 metri.
Categoria B: attività presenti in A, quanto a tipologia, ma caratterizzate da un maggiore livello di complessità, nonché le attività sprovviste di una specifica regolamentazione tecnica di riferimento, ma comunque con un livello di complessità inferiore al parametro assunto per la categoria 'superiore';
Sono comprese nella categoria B, tra le altre, le seguenti attività:
locali di spettacolo, teatri, palestre, fino a 200 persone,
alberghi, residenze turistico-alberghiere, villaggi turistici, bed&breakfast, tra 50 e 100 posti letto
scuole da 150 a 300 persone
strutture sanitarie da 50 a 100 posti letto
ambulatori e laboratori di analisi di superficie oltre 1000 mq
locali per il commercio, negozi, fiere, da 600 a 1500 mq
aziende e uffici da 500 a 800 persone presenti
edifici civili con altezza antincendio tra 32 e 54 metri.
Categoria C: attività con alto livello di complessità, indipendentemente dalla presenza o meno della 'regola tecnica'.
Sono comprese nella categoria C, tra le altre, le seguenti attività:
tutti gli edifici protetti ex codice beni culturali e paesaggistici DLgs 42/2004.
teatri oltre le 100 persone,
alberghi e villaggi oltre 100 posti letto,
scuole oltre 300 persone,
strutture sanitarie oltre 100 posti letto
locali per il commercio, negozi, fiere oltre i 1.500 mq,
aziende e uffici oltre 800 persone presenti
edifici civili oltre i 54 metri di altezza antincendio
Come precisato nella circolare del Ministero dell'Interno del 6 ottobre 2011, per le attività incluse nelle categorie B e C la SCIA di inizio attività non dovrà contenere anche il progetto dei lavori, perché è stato già consegnato al Comando in allegato all'istanza di parere di conformità. Inoltre la circolare precisa che ai sensi dell'art. 4.1 del DPR occorre allegare al progetto: atto notorio del titolare dell'attività, asseverazione di un tecnico abilitato di conformità alla regola tecnica approvata dal Comando provinciale e certificazione comprovante che gli elementi costruttivi, gli impianti ecc. sono stati realizzati secondo le norme antincendio.
Figura 1 - Procedura di prevenzione incendi per le categorie A/C/B
I responsabili delle "attività soggette" di categorie B e C, devono presentare al Comando la domanda di valutazione del progetto di nuovi impianti o costruzioni nonché dei progetti di modifiche da apportare a quelli esistenti, che comportino un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio, utilizzando il mod. PIN1-2018, in bollo ove previsto, allegando la seguente documentazione:
- documentazione conforme all'allegato I al DM 7/8/2012 a firma di tecnico abilitato (professionista iscritto in albo professionale, che opera nell'ambito delle proprie competenze) comprendente la scheda informativa generale, la relazione tecnica e gli elaborati grafici;
- attestato del versamento effettuato a mezzo di conto corrente postale a favore della Tesoreria provinciale dello Stato.
In caso di presentazione della domanda di valutazione del progetto in forma cartacea, solo la domanda deve essere in duplice copia. La documentazione tecnica allegata (relazione tecnica e elaborati grafici)deve essere presentata in singola copia,che rimarrà agli atti del Comando.
In presenza di documentazione incompleta od irregolare, il Comando può richiedere la documentazione integrativa entro 30 giorni. In attesa della ricezione della documentazione richiesta, il termine per la conclusione del procedimento (60 giorni) è interrotto.
Il Comando rilascia il parere entro 60 giorni dalla data di presentazione della documentazione completa.
In caso di parere contrario, il Comando invia preventivamente una comunicazione al richiedente (Comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza) informando ai sensi dell'art. 10 bis della Legge 7/8/1990 n. 241, che sussistono motivi ostativi (che vengono elencati) all'accoglimento della domanda. Il responsabile dell'attività viene invitato a presentare osservazioni scritte, eventualmente corredate di documenti, nel termine di 10 giorni dal ricevimento, che saranno valutate ai fini dell'espressione di parere definitivo. In tal caso i termini di conclusione del procedimento iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza del termine dei citati 10 giorni.
A lavori ultimati deve essere presentata al Comando, prima dell'esercizio dell'attività, la SCIA (segnalazione certificata di inizio attività / diversa da SCIA amministrativa), corredata dalla documentazione prevista, allegando la documentazione tecnica composta da certificazioni e dichiarazioni atte a comprovare la conformità delle opere realizzate, dei materiali impiegati e degli impianti installati, alla normativa vigente.
La SCIA deve essere redatta secondo il mod. PIN2-2018, e va presentata al Comando prima dell'esercizio dell'attività, allegando la seguente documentazione:
- asseverazione attestante la conformità dell'attività alle prescrizioni vigenti in materia di sicurezza antincendio nonché, per le attività di categoria B e C, al progetto approvato dal Comando, mod. PIN2.1-2018;
- documentazione conforme all'allegato II al DM 7/8/2012 per le attività di cat. B/C;
- documentazione conforme all'allegato I b) al DM 7/8/2012 per le attività di cat. A;
- attestato del versamento effettuato a mezzo di conto corrente postale a favore della Tesoreria provinciale dello Stato.
Il Comando verifica la completezza formale (dell'istanza, documentazione e allegati) e ne rilascia ricevuta (in caso di esito positivo). La ricevuta di avvenuta presentazione della SCIA al Comando provinciale, direttamente oppure attraverso il SUAP, è titolo abilitativo all’esercizio dell’attività ai soli fini antincendio.
SCIA - categoria C:
Il Comando, entro 60 giorni, effettua controlli, attraverso visite tecniche, volti ad accertare il rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione incendi, nonché la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio. Entro 15 giorni dalla data di effettuazione delle visite tecniche, in caso di esito positivo, il Comando rilascia il certificato di prevenzione incendi.
Si fa presente che, con le innovazioni introdotte con il nuovo regolamento, il certificato di prevenzione incendi non è più un provvedimento finale di un procedimento amministrativo, ma costituisce solo il risultato del controllo effettuato; non ha validità temporale; assume la valenza di “attestato del rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione incendi e della sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio”.
Qualora il sopralluogo debba essere effettuato nel corso di un procedimento di autorizzazione che prevede un atto deliberativo propedeutico emesso da organi collegiali, dei quali è chiamato a far parte il Comando, si applicano i diversi termini stabiliti per tali procedimenti.
Per tutte le "attività soggette" (di categoria A, B e C), in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti per l'esercizio delle attività, il Comando adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi dalla stessa prodotti, ad eccezione che, ove sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa antincendio e ai criteri tecnici di prevenzione incendi detta attività entro un termine massimo di 45 giorni.
Oltre che alle modifiche che comportano un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio, l'obbligo di avviare nuovamente le procedure ricorre quando vi sono modifiche di lavorazione o di strutture, nei casi di nuova destinazione dei locali o di variazioni qualitative e quantitative delle sostanze pericolose esistenti negli stabilimenti o depositi e ogni qualvolta sopraggiunga una modifica delle condizioni di sicurezza precedentemente accertate.
SCIA - categoria A/B:
Il Comando, entro 60 giorni, effettua controlli attraverso visite tecniche (anche con metodo a campione o in base a programmi settoriali), volti ad accertare il rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione degli incendi, nonché la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio. A richiesta dell'interessato, in caso di esito positivo, è rilasciata copia del verbale della visita tecnica.
ATTESTAZIONE DI RINNOVO PERIODICO DI CONFORMITÀ ANTINCENDIO
Il titolare delle "attività soggette" (di categoria A, B e C), deve inviare al Comando la richiesta di rinnovo periodico di conformità antincendio ogni 5 anni, tramite una dichiarazione attestante l'assenza di variazioni alle condizioni di sicurezza antincendio corredata dalla documentazione prevista. Per un numero limitato di attività (n. 6, 7, 8, 64, 71, 72, 77) per le quali è lecito presumere la conservazione nel tempo delle caratteristiche costruttive e funzionali originarie ed ininfluenti le modificazioni esterne, è stata prevista una cadenza è di 10 anni.
Il Comando rilascia contestuale ricevuta dell'avvenuta presentazione della dichiarazione.
Indipendentemente dalla data di scadenza, ogni modifica "sostanziale" delle strutture o degli impianti ovvero delle condizioni di esercizio delle attività, che comporti un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendi o modifiche di lavorazione o di strutture, nei casi di nuova destinazione dei locali o di variazioni qualitative e quantitative delle sostanze pericolose esistenti negli stabilimenti o depositi e ogni qualvolta sopraggiunga una modifica delle condizioni di sicurezza precedentemente accertate (ampliamenti, modifiche al sistema di vie di esodo, variazioni significative del carico di incendio, trasformazione dei processi lavorativi, incremento dell'affollamento, ecc.), obbliga l'interessato ad avviare nuovamente le procedure previste dalla SCIA (in relazione alla categoria di attività) che tenga conto della mutata situazione.
L’Attestazione di rinnovo periodico di conformità antincendio deve essere redatta secondo il mod. PIN3-2018, va presentata al Comando prima della scadenza, completa dei seguenti allegati:
- asseverazione (mod. PIN3.1-2014) attestante la funzionalità e l'efficienza degli impianti di protezione attiva antincendi, con esclusione delle attrezzature mobili di estinzione, resa da professionista abilitato ed iscritto negli elenchi del Ministero dell'Interno di cui all'art. 16 del D.Lgs 8/3/2006 n. 139;
- attestato del versamento effettuato a mezzo di conto corrente postale a favore della Tesoreria provinciale dello Stato.
Le norme di prevenzione incendi (regole tecniche) emanate dal Ministero dell'Interno sono di tipo ''deterministico-prescrittivo''. A volte la presenza di vincoli di vario genere (strutturali, impiantistici, edilizi, storico-architettonici, ecc.), non consente di rispettare uno o più punti delle disposizioni antincendio vigenti. Per tenere conto di questi casi, è previsto l'istituto della deroga che consente di sanare situazioni non altrimenti risolvibili prevedendo misure tecniche alternative in grado di garantire un livello di sicurezza equivalente.
Tale procedura è pertanto attuabile unicamentein presenza di attività, anche non soggette,(cioè non comprese nell'elenco dell'Allegato I al DPR 151/2011)dotate di specifiche regole tecniche di prevenzione incendi(locali di pubblico spettacolo, impianti sportivi, scuole, ospedali, alberghi, impianti termici a gas o a combustibile liquido, autorimesse, gruppi elettrogeni, ecc.).
La domanda di deroga all'osservanza della vigente normativa antincendi, deve essere redatta secondo il modello mod. PIN4-2018, in bollo ove previsto, e va indirizzata alla Direzione Regionale dei Vigili del fuoco, tramite il Comando provinciale. Alla domanda devono essere allegati:
- documentazione conforme all'allegato I al DM 7/8/2012(scheda informativa, relazione ed elaborati grafici), a firma di professionista antincendio, integrata da una valutazione sul rischio aggiuntivo conseguente alla mancata osservanza delle disposizioni cui si intende derogare e dalle misure tecniche che si ritengono idonee a compensare il rischio aggiuntivo;
- attestato del versamento effettuato a mezzo di conto corrente postale a favore della Tesoreria provinciale dello Stato.
In caso di presentazione della domanda di deroga in forma cartacea, la domanda deve essere in triplice copia. La documentazione tecnica allegata (relazione tecnica e elaborati grafici) deve essere presentata in duplice copia
Il Comando esamina la domanda ed entro 30 giorni la trasmette, con il proprio parere, alla Direzione Regionale che, sentito il Comitato Tecnico Regionale di prevenzione incendi, si pronuncia entro 60 giorni dalla ricezione, dandone contestuale comunicazione al Comando ed al richiedente.
Si tratta di un procedimento non previsto nel precedente regolamento di cui al DPR n. 37/98.
I responsabili delle "attività soggette" di categorie B e C, possono richiedere al Comando l'esame preliminare della fattibilità dei progetti di particolare complessità, ai fini del rilascio del nulla osta di fattibilità.
La richiesta di nulla osta di fattibilità deve essere redatta secondo il mod. PIN5-2018, in bollo ove previsto, va presentata al Comando completa dei seguenti allegati:
- documentazione conforme all'allegato I al DM 7/8/2012, con particolare attenzione agli aspetti per i quali si intende ricevere il parere, a firma di tecnico abilitato;
- attestato del versamento effettuato a mezzo di conto corrente postale a favore della Tesoreria provinciale dello Stato.
Anche questo è un procedimento non previsto nel precedente regolamento di cui al DPR n. 37/98.
I responsabili delle "attività soggette" di categorie A, B e C, possono richiedere al Comando l'effettuazione di visite tecniche, da effettuarsi nel corso di realizzazione dell'opera.
La richiesta di verifica in corso d'opera deve essere redatta secondo il mod. PIN6-2018, in bollo ove previsto, va presentata al Comando completa dei seguenti allegati:
- attestato del versamento effettuato a mezzo di conto corrente postale a favore della Tesoreria provinciale dello Stato. ... [box-note]Abolizione del "silenzio-rifiuto"
L'art. 3 co. 3 del DPR 151/2011non prevede il c.d. “silenzio-rifiuto”, a differenza del vecchio regolamento che all'art. 2 co. 2 del D.P.R. n. 37/98 prevedeva «… ove il comando non si esprima nei termini prescritti, il progetto si intende respinto.»
Nota DCPREV prot. n. 2120 del 14-02-2013. Quesito interpretazione del silenzio assenso sulla richiesta di esame progetto.
Con riferimento al quesito in oggetto …, si rinvia al chiaro disposto dell’art. 20, comma 4, della legge 7 agosto 1990 n. 241.(1)
(1) Art. 20 co. 4 legge 7 agosto 1990 n. 241: Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza e l’immigrazione, l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti.
Previsione di parere contrario
In caso di rilascio di “parere contrario”, il Comando invia preventivamente una comunicazione al richiedente (Comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza) informando ai sensi dell'art. 10 bis della legge 7 agosto 1990 n. 241, che sussistono motivi ostativi (che vengono elencati) all'accoglimento della domanda.
Il richiedente è invitato a presentare osservazioni scritte, eventualmente corredate di documenti, nel termine di 10 giorni dal ricevimento, che saranno valutate ai fini dell'espressione del parere definitivo.
I termini di conclusione del procedimento (che è sospeso) iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza dei citati 10 giorni. [/box-note]
In allegato si fornisce un modello di accettazione, in base a quanto indicato nello schema decreto interministeriale di attuazione comma 3 art. 157 D.Lgs 230/1995, modulo, ad oggi mancante, da utilizzare ad opera degli esperti qualificati per l’avvenuta sorveglianza radiometrica sui rottami e gli altri materiali metallici.
[box-warning]Attestazione sorveglianza radiometrica D.Lgs. n. 101/2020
Il presente elaborato risulta essere così strutturato:
Premessa 1. D.Lgs 100/2011 Sorveglianza radiometrica 2. Periodo transitorio - Attuazione Art. 157 co. 3 D.Lgs 230/1995 3. Schema Decreto interministeriale - Attuazione Art. 157 co. 3 4. Modello Attestazione avvenuta sorveglianza 5. Ruolo dell’esperto qualificato ed attestazione di sorveglianza radiometrica 6. Trasformazione da rifiuto metallico a prodotto 7. Esempio di check list per ispezioni/sopralluoghi presso gli impianti di termovalorizzazione e gli impianti che trattano rottami metallici 8. Sistema sanzionatorio Fonti ________
I soggetti che a scopo industriale o commerciale esercitano attività di importazione, raccolta, deposito o che esercitano operazioni di fusione di rottami o altri materiali metallici di Sorveglianza radiometrica dei rottami e semilavorati metallici Il controllo radiometrico dei rottami e degli altri materiali metallici di risulta è stato introdotto nella normativa italiana con l’art.157 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 “Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 92/3/Euratom e 96/29/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti”.
1. I soggetti che a scopo industriale o commerciale esercitano attivita' di importazione, raccolta, deposito o che esercitano operazioni di fusione di rottami o altri materiali metallici di risulta nonche' i soggetti che a scopo industriale o commerciale esercitano attivita' di importazione di prodotti semilavorati metallici hanno l'obbligo di effettuare la sorveglianza radiometrica sui predetti materiali o prodotti, al fine di rilevare la presenza di livelli anomali di radioattivita' o di eventuali sorgenti dismesse, per garantire la protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione da eventi che possono comportare esposizioni alle radiazioni ionizzanti ed evitare la contaminazione dell'ambiente. La disposizione non si applica ai soggetti che svolgono attivita' che comportano esclusivamente il trasporto e non effettuano operazioni doganali.
2. L'attestazione dell'avvenuta sorveglianza radiometrica e' rilasciata da esperti qualificati di secondo o terzo grado, compresi negli elenchi istituiti ai sensi dell'articolo 78, i quali nell'attestazione riportano anche l'ultima verifica di buon funzionamento dello strumento di misurazione utilizzato.
3. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri delle politiche europee, della salute, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del lavoro e delle politiche sociali, dell'interno, dell'economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei trasporti, sentita l'Agenzia delle dogane e sentito l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), da emanarsi all'esito delle notifiche alla Commissione europea ai sensi della direttiva 98/34/CE e all'Organizzazione mondiale del commercio ai sensi dell'Accordo sugli ostacoli tecnici al commercio in vigore dal 1° gennaio 1995, sono stabilite le modalita' di applicazione, nonche' i contenuti delle attestazioni della sorveglianza radiometrica ed elencati i prodotti semilavorati metallici oggetto della sorveglianza.
4. Ferme restando le disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 25, nei casi in cui le misure radiometriche indichino la presenza di sorgenti o comunque livelli anomali di radioattivita', individuati secondo le norme di buona tecnica applicabili ovvero guide tecniche emanate ai sensi dell'articolo 153, qualora disponibili, i soggetti di cui al comma 1 debbono adottare, ai sensi dell'articolo 100, comma 3, le misure idonee ad evitare il rischio di esposizione delle persone e di contaminazione dell'ambiente e debbono darne immediata comunicazione al prefetto, agli organi del servizio sanitario nazionale competenti per territorio, al Comando provinciale dei vigili del fuoco, alla regione o province autonome ed all'Agenzie delle regioni e delle province autonome per la protezione dell'ambiente competenti per territorio. Ai medesimi obblighi e' tenuto il vettore che, nel corso del trasporto, venga a conoscenza della presenza di livelli anomali di radioattivita' nei predetti materiali o prodotti trasportati. Il prefetto, in relazione al livello del rischio rilevato dagli organi destinatari delle comunicazioni di cui al presente comma, ne da' comunicazione all'ISPRA.
5. Ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 52, nei casi in cui le misure radiometriche indichino la presenza di livelli anomali di radioattivita', i prefetti adottano, valutate le circostanze del caso in relazione alla necessita' di tutelare le persone e l'ambiente da rischi di esposizione, i provvedimenti opportuni ivi compreso il rinvio dell'intero carico o di parte di esso all'eventuale soggetto estero responsabile del suo invio, con oneri a carico del soggetto venditore. Il Ministero degli affari esteri provvedera' ad informare della restituzione dei carichi l'Autorita' competente dello Stato responsabile dell'invio.[/panel]
L'articolo 157 del D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 230, così come da ultimo modificato dal D.Lgs. 1 giugno 2011, n. 100, stabilisce che quanti esercitano, a scopo industriale o commerciale, attività di importazione, raccolta, deposito o operazioni di fusione di rottami o di altri materiali metallici di risulta sono tenuti ad effettuare una sorveglianza radiometrica su detti materiali al fine di rilevare la presenza di livelli anomali di radioattività o di eventuali sorgenti radioattive dismesse. Agli stessi obblighi sono tenuti i soggetti che, a scopo industriale o commerciale, esercitano attività di importazione di prodotti semilavorati metallici.
Come è noto, le disposizioni dettate sulla sorveglianza radiometrica dall’articolo 157 sono rivolte a garantire la protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione da eventi, come quelli avvenuti anche in tempi recenti, ed ad evitare la contaminazione dell'ambiente.
Ad esempio, i possibili rischi di esposizione accidentale alle radiazioni ionizzanti possono derivare dall’eventuale presenza di sorgenti radioattive orfane nei rottami e negli altri materiali metallici di risulta, dall’importazione di “coil” in acciaio inossidabile contaminati da cobalto 60 destinati alla realizzazione di componenti di impianti industriali (quali serbatoi, tramogge, camini, ecc.), ovvero durante i lavori di manutenzione degli stessi, da parti metalliche delle pulsantiere degli ascensori, da corpi valvola di impianti di processo o da vergelle. Peraltro, le disposizioni del suddetto articolo tendono a tutelare i soggetti stessi a cui la legge impone l’obbligo della sorveglianza radiometrica, attraverso l’introduzione della norma per i soggetti in questione, che prevede la restituzione al venditore dei materiali risultati contaminati o in cui sia rinvenuta la presenza di sorgenti orfane, con oneri a carico del venditore medesimo.
[alert]L’attestazione dell’avvenuta sorveglianza radiometrica deve essere rilasciata da esperti qualificati, di secondo o terzo grado, iscritti negli elenchi istituiti ai sensi dell’articolo 78 del D.Lgs. n. 230/1995. Inoltre, nell’attestazione, gli esperti qualificati devono riportare anche l’ultima verifica del buon funzionamento della strumentazione di misura utilizzata.[/alert]
Con il decreto in parola viene data attuazione al comma 3 dell’articolo 157 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 , il quale prevede che, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri delle politiche europee, della salute, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del lavoro e delle politiche sociali, dell'interno, dell'economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei trasporti, sentita l'Agenzia delle dogane e dei monopoli e sentito l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), da emanarsi all'esito delle notifiche alla Commissione europea, ai sensi della direttiva 98/34/CE (ora direttiva 2015/1535/UE), e all'Organizzazione mondiale del commercio, ai sensi dell'Accordo sugli ostacoli tecnici al commercio in vigore dall’1 gennaio 1995, sono stabilite le modalità di applicazione, nonché i contenuti delle attestazioni della sorveglianza radiometrica ed elencati i prodotti semilavorati metallici oggetto della sorveglianza.
In particolare, oltre ad adeguare i codici identificativi delle categorie merceologiche, sulla base delle modifiche intervenute in campo internazionale, relativi all’elenco dei prodotti semilavorati metallici, di cui all’Allegato I del D.Lgs. n. 100/2011, sono stabiliti i contenuti dell’attestazione dell’avvenuta sorveglianza radiometrica rilasciata dagli esperti qualificati ai soggetti sui quali incombe l’obbligo della sorveglianza radiometrica in questione. Come è noto, in via transitoria, nell’Allegato II del D.Lgs. n. 100/2011, è riportato il modulo che gli esperti qualificati debbono utilizzare ai fini dell’attestazione dell’avvenuta sorveglianza radiometrica sui prodotti semilavorati metallici. Va detto che tale modulo in specifiche parti richiederebbe alcune modifiche.
[box-warning]Con il suddetto decreto viene peraltro predisposto un modulo analogo, oggi mancante, da utilizzare ad opera degli esperti qualificati per l’avvenuta sorveglianza radiometrica sui rottami e gli altri materiali metallici di risulta.[/box-warning]
Vengono altresì stabilite talune disposizioni in ordine al mutuo riconoscimento delle attestazioni dei controlli radiometrici sui rottami metallici o sugli altri materiali metallici di risulta e sui prodotti semilavorati metallici di importazione, provenienti da Paesi terzi, effettuati nel luogo di origine dei carichi, ai fini dell’espletamento delle formalità doganali.
Con l’emanazione del decreto si concluderà, pertanto, il regime transitorio per l’obbligo di sorveglianza radiometrica sui prodotti semilavorati metallici di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 100, poiché le relative disposizioni vengono superate e sostituite da quelle decreto a partire dalla data della sua entrata in vigore.
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Modello Attestazione avvenuta sorveglianza
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(*) Iter: scaduto il 13.06.2018 il periodo di valutazione da parte della Commissione Europea (notifica ai sensi della direttiva 2015/1535/UE)
Prevenzione Incendi: Approccio ordinario e Approccio ingegneristico FSE
ID 9266 | Rev. 1.0 del 23.11.2019
Documento sulla Prevenzione Incendi: Approccio ordinario (prescrittivo) e Approccio ingegneristico (prestazionale), con esempio illustrativo e Software utilizzabili per la FSE alla luce dell'eliminazione del doppio binario (20 Ottobre 2019) di cui al Decreto 12 aprile 2019.
G.2.7 Metodi di progettazione della sicurezza antincendio
1. La tabella G.2-1 elenca i metodi per la progettazione della sicurezza antincendio impiegabili da parte di progettista per:
a. la verifica delle soluzioni alternative al fine di dimostrare il raggiungimento del collegato livello di prestazione (paragrafo G.2.6.5.2)
b. la verifica del livello di prestazione attribuito alle misure antincendio al fine di dimostrare il raggiungimento dei pertinenti obiettivi di sicurezza antincendio (paragrafo G.2.6.4).
Tabella G.2-1: Metodi di progettazione della sicurezza antincendio
G.2.8 Metodi aggiuntivi di progettazione della sicurezza antincendi
1. Per la verifica di soluzioni in deroga (paragrafo G.2.6.5.3), al fine di dimostrare il raggiungimento dei pertinenti obiettivi di prevenzione incendi indicati al paragrafo G.2.5, il professionista antincendio può impiegare i metodi per la progettazione della sicurezza antincendio di cui alla tabella G.2-1 ed i metodi aggiuntivi della tabella G.2-2.
Tabella G.2-2: Metodi aggiuntivi di progettazione della sicurezza antincendio [...][/box-note]
Fire safety engineering: Una applicazione
La prevenzione incendi può essere approcciata secondo due metodologie sostanzialmente differenti.
1. Approccio ordinario (prescrittivo)
L'approccio ordinario, di tipo prescrittivo, si concretizza nell'applicazione di regole tecniche in cui sono riportate le misure da adottare ai fine di ottenere la sicurezza antincendio e nel ricorso a strumenti di calcolo molto semplici (ad esempio, gli Eurocodici per il calcolo analitico della classe REI delle strutture, le curve standard d'incendio, ecc.). Le norme e le regole tecniche impongono, in definitiva, di realizzare il livello minimo di sicurezza fissato attraverso misure specificatamente prescrittive”.
Il vantaggio più evidente risiede “nella sua estrema semplicità, nella garanzia di una sufficiente omogeneità di applicazione, nel riscontro di accettabili criteri di uniformità da parte dei controllori”.
Invece il limite maggiore consiste “nella rigidità delle prescrizioni normative e delle procedure di calcolo”. In particolare l'approccio ordinario alla sicurezza antincendio “suddivide le misure di sicurezza in due gruppi, legati ai due principali obiettivi dell'attività di prevenzione:
- le misure destinate a limitare le probabilità che un evento incidentale si manifesti;
- le misure destinate a limitare i danni nei casi in cui un incendio accada”.
Per determinare le misure di sicurezza più idonee si possono utilizzare i criteri di valutazione del rischio d'incendio (codificati nel DM 10 Marzo 1998 per i luoghi di lavoro) oppure, quando sono disponibili delle norme, “attuare le misure previste nelle singole disposizioni (adottate con decreto del Ministero dell'Interno) che sono redatte secondo uno schema che espone i requisiti dei diversi componenti edilizi, impiantistici e gestionali necessari per assicurare il livello di sicurezza richiesto dalla collettività”.
2. Approccio ingegneristico (prestazionale) FSE
In materia di prevenzione incendi è possibile seguire in alternativa un approccio di tipo ingegneristico (Fire Safety Engineering, FSE) che “si basa sulla predizione della dinamica evolutiva dell'incendio tramite l'applicazione di idonei modelli di calcolo. Quest'approccio, di tipo prestazionale, permette di studiare le conseguenze degli incendi negli edifici e di valutare, prima di realizzare l'opera, l'effetto sulle persone e sulle cose degli incendi presi a riferimento”.
Il principale vantaggio di questa metodologia è “rappresentato dall'estrema flessibilità, che permette la simulazione d'incendi di complessità anche elevata, previa valutazione di alcuni dati di input (geometria del dominio di calcolo, tipo e quantità dei combustibile, condizioni di ventilazione, curva HRR: Heat Release Rate/tempo, ecc.), da assegnare con dettaglio variabile e secondo la tipologia del modello”.
I limiti di tale approccio, diffuso specialmente nei paesi anglosassoni, “risiedono nella problematica validazione sperimentale dei modelli utilizzati, considerata la natura distruttiva delle prove che andrebbero condotte, nell'approfondita preparazione richiesta ai professionisti ed, ancor più, ai controllori (considerato il proliferare negli anni di modelli anche molto diversi tra loro), nella necessità di dover congegnare un sistema di gestione della sicurezza mirato al mantenimento delle condizioni operative individuate nello scenario di progetto, ed infine, nel caso di modelli di campo più complessi, negli oneri di calcolo, spesso non indifferenti”.
Nell'ambito della Prevenzione Incendi la progettazione, da sempre, è sempre stata di tipo prescrittivo. Vale a dire, come già indicato, che per le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi, cioè con obbligo di ottenimento del CPI, prima ai sensi del d.m. 16 febbraio 1982 ed oggi secondo il d.p.r. 151 del 1 agosto 2011, ci si è regolarmente riferiti a disposti normativi che impongono il rispetto di vincoli, specifici per ogni attività.
Le attività regolamentate da norme verticali sono ad esempio le scuole, gli alberghi, gli ospedali, i locali di pubblico spettacolo, le centrali termiche, le autorimesse e così via.
Per le attività invece, ad esempio, di deposito di materiali combustibili o di lavorazioni meccaniche, come per molte altre, non esistono riferimenti normativi peculiari e si applica il DM 10 Marzo 1998 e il DM 3 agosto 2015.
Esempio
Ad esempio per una attività di deposito oltre i 1000 mq, vige l'obbligo di rispettare il DM 10 Marzo 1998, che prevede, tra le varie prescrizioni, che i percorsi di esodo siano di lunghezza massima non superiore a 45 m. Di fronte a questa imposizione, il progettista, al fine di recepire l'obbligo, non può fare altro che adeguare, dal punto di vista architettonico, il layout oggetto dell'attività.
Qualora però questo non sia possibile, ad esempio per attività esistenti, è necessario avanzare apposita istanza di deroga ai VV.F. che imporranno una misura compensativa, ovvero pretenderanno una soluzione che compensi il fatto che i percorsi d'esodo sono più lunghi di 45 m, previsti dal decreto di riferimento.
A questo punto si avranno richieste, impositive, da parte dei VV.F. che potranno variare dalla necessità di installare un impianto di rilevazione incendi fino ad uno di spegnimento automatico.
Tali imposizioni, peraltro, risultano sovente assai soggettive, in quanto la valutazione dell'appropriatezza della misura compensativa è demandata al tecnico dei VV.F. che rilascerà il parere sul progetto in questione. Si potrebbe incorrere quindi, anche nel caso di percorsi di pochi metri superiori al disposto normativo, in richieste molto onerose e, d'altra parte, non contestabili.
Questo approccio, tipicamente prescrittivo, ha ben poco di ingegneristico; infatti esso si basa sul mero recepimento di un elenco di prescrizioni normative: inizialmente da parte del progettista e, in un secondo momento, da parte dei VV.F. nell'interpretazione dell'ente autorizzativo. Adottando la strategia della FSE si possono, viceversa, individuare soluzioni alternative ai vincoli dei disposti normativi ed anche economicamente vantaggiose. Applicando questa metodologia si vanno, infatti, ad identificare i rischi ed a progettare delle possibili difese che aiutino nel prevenire, controllare e mitigare gli effetti del fuoco e del fumo.
Il metodo consiste, di fatto, nell'utilizzo di complessi programmi di fluidodinamica, ormai ampiamente riconosciuti a livello internazionale, il più noto dei quali è probabilmente FDS (Fire Dynamics Simulator) sviluppato dal National Institute of Standards and Technology (NIST).
Il vantaggio più evidente del metodo in questione risiede nel fatto che, a differenza dell'approccio ordinario, è possibile dimostrare che il mancato rispetto del vincolo normativo non comporta un reale aggravio del rischio ovvero, che una misura compensativa proposta risulti sufficiente a garantire la sicurezza degli occupanti della struttura, ovvero dei soccorritori.
Per intenderci, riferendoci all'esempio precedente, sarà possibile dimostrare che anche se i percorsi di esodo risultano, ad esempio, di 60 m contro i 45 m previsti gli occupanti potranno lasciare in sicurezza l'edificio, in caso di emergenza, senza la necessità di alcuna misura compensativa perché, ad esempio, il deposito in questione è alto 10 m e i fumi dovuti al principio d'incendio raggiungeranno l'altezza uomo solo dopo che tutti gli occupanti saranno usciti. Oppure si potrà dimostrare che è sufficiente un impianto di rilevazione incendi e non risulta necessario un impianto a pioggia, economicamente assai più oneroso.
Mediante l'approccio FSE, si comproverà che la soluzione adottata risulta idonea e, pertanto, non sarà più necessaria la valutazione soggettiva dei VV.F.
Ciò dimostra, in linea generale, che nessuna prescrizione potrà più essere imposta soggettivamente, ma andrà motivata, giustificata e dimostrata, ovviamente sia da parte del progettista che da parte dei VV.F. L'approccio ingegneristico apre dunque a nuovi scenari dal punto di vista progettuale, consentendo di individuare nuove soluzioni, giustificate da dati sperimentali e da calcoli.
La FSE risulta particolarmente efficace per affrontare problematiche di edifici, esistenti o nuovi, che presentino percorsi di esodo molto lunghi o che abbiano resistenza al fuoco delle strutture molto bassa, consentendone l'utilizzo senza la necessità, o con una significativa riduzione, di trattamenti intumescenti e l'installazione di impianti di protezione attiva quali sprinkler o evacuatori di fumo e calore (Es. Fig. 1).
Fig. 1 - Flusso per l'applicazione dell'Approccio ordinario o ingegneristico per garantire percorsi di esodo maggiori di 45 m (previsti norma) ad una attività esiste di deposito sup. > 1000 m2
Peraltro, mediante l'approccio ingegneristico, di ogni misura alternativa, è possibile quantificarne l'effetto mentre, fino ad oggi, si accettavano misure secondo un criterio qualitativo, senza nessuna possibilità di misurare l'impatto effettivo dei singoli strumenti sull'evoluzione dell'incendio. Pertanto, mentre con l'approccio ordinario si potrebbe finire con l'accettare indifferentemente un gruppo di misure di sicurezza piuttosto che un altro (ad esempio, rivelatori d'incendio più estrattori di fumo, invece che aperture di ventilazione più materiali incombustibili), con le valutazioni ingegneristiche tale indifferenza svanisce, in quanto diviene misurabile l'effetto sulla sicurezza complessiva dei singoli miglioramenti accettati. Da questo discende anche un vantaggio economico per i proprietari degli immobili. Per tali motivazioni non è azzardato ritenere, dunque, che questo metodo progettuale rappresenti il futuro della prevenzione incendi anche in Italia e che sia destinato a divenire quella realtà consolidata, ed economicamente vantaggiosa, che è già da anni a livello internazionale.
Software per la FSE: NIST National Institute of Standards and Technology (NIST) of the United States Department of Commerce e VTT.
Fire Growth and Smoke Transport Modeling (CFAST) è un programma per computer che investigatori, funzionari addetti alla sicurezza, ingegneri, architetti e costruttori che possono utilizzare per simulare l'impatto di incendi e fumi emessi o potenziali in un determinato ambiente dell'edificio. CFAST è utilizzato per calcolare la distribuzione in evoluzione di fumo, gas e temperatura degli incendi in tutti i compartimenti di un edificio durante un incendio (modello di incendio a due zone)
Il pacchetto CFAST include il programma Smokeview, che visualizza con animazioni tridimensionali colorate i risultati della simulazione CFAST le temperature di uno specifico incendio, varie concentrazioni di gas e crescita e movimento degli strati di fumo attraverso strutture multi-room.
Fire Dynamics Simulator (FDS) è un modello di fluidodinamica computazionale (CFD) del flusso di fluido guidato dal fuoco. Il software risolve numericamente una forma delle equazioni di Navier-Stokes appropriate per il flusso a bassa velocità, guidato termicamente, con un'enfasi sul trasporto di fumo e calore dagli incendi.
Smokeview (SMV) è un programma di visualizzazione che viene utilizzato per visualizzare l'output di simulazioni FDS e CFAST.
FDS + Evac è il modulo di simulazione di evacuazione per Fire Dynamics Simulator (FDS). Il software viene utilizzato per simulare il movimento delle persone in situazioni di evacuazione. Le simulazioni di evacuazione possono essere completamente accoppiate con le simulazioni di fuoco. (Sviluppato e gestito da VTT, Finlandia, e FDS+Evac 2.5.2, sono implementati in FDS da V. 6.6.0).
Struttura | Esempi Guida CEI 31-56 alla EN 60079-10-2
Il Documento, estratto dalla Guida CEI 31-56 che è la guida per l'applicazione della Norma CEI EN 60079-10-2:2010, vuole essere un aiuto per i tecnici incaricati della classificazione dei luoghi con pericolo d’esplosione per la presenza di polveri combustibili, per i costruttori di Prodotti, per i datori di lavoro, per i progettisti degli impianti elettrici e non elettrici, per gli addetti alla sicurezza, per i verificatori e per quanti altri siano interessati alla salvaguardia e al miglioramento della salute e della sicurezza dei lavoratori che possono essere esposti al rischio d’esplosione, nonché alla salvaguardia delle opere; essa deve essere utilizzata congiuntamente alla Norma CEI EN 60079-10-2 (CEI 31-88).
[box-warning]Attenzione: La Guida CEI 31-56 (V1) è allineata alla EN 60079-10-2:2010 è abrogata (Vedi Fascicolo CE-I 31-56;Ab (Ottobre 2018), in vigore la EN 60079-10-2:2016.
CE-I 31-56;Ab(Ottobre 2018) Il presente fascicolo informa che la Guida CEI 31-56:2007-10 "Atmosfere esplosive - Guida alla classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione per la presenza di polveri combustibili in applicazione della Norma CEI EN 60079-10-2 (CEI 31-88)" e la relativa Variante CEI 31-56;V1:2012-09 sono abrogate dal 14 ottobre 2018 in quanto la Norma di riferimento CEI EN 60079-10-2:2010-01 (CEI 31-88) è superata da edizione successiva.
Il Sotto Comitato CEI SC 31J "Impianti elettrici nei luoghi con pericolo di esplosione" ritiene che i contenuti tecnici della Guida CEI 31-56:2007-10 e della relativa Variante CEI 31-56;V1:2012-09, abrogate, rappresentino un utile riferimento, per le metodologie scientifiche in esse contenute, relativamente alle parti non in contrasto con la nuova edizione della Norma CEI EN 60079-10-2:2016-10 (31-88), nell’ambito delle scelte affidate al valutatore/classificatore.
Fonte CEI.[/box-warning]
Excursus
[alert]Norme del TUS per il rischio atmosfere esplosive ATEX: CEI EN 60079-10-1 e 2
Si ricorda che la Norma CEI EN 61241-10 (CEI 31-66) per le polveri combustibili e la Norma CEI EN 60079-10 (CEI 31-30) per i gas, i vapori e le nebbie infiammabili sono indicate come riferimento per la classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione dal D.Lgs.81/08, nella Nota 3 dell’Allegato XLIX; dette norme sono ora sostituite rispettivamente dalla Norma CEI EN 60079-10-2 (CEI 31-88) e dalla Norma CEI EN 60079-10-1 (CEI 31-87), che devono essere intese come loro sostitute alla luce dell’evoluzione della Regola dell’arte (vedi art.28, comma 3 del D.Lgs. n. 81/08.).
La classificazione dei luoghi deve essere eseguita in linea con il dettato della Norma CEI EN 60079-10-2 (CEI 31-88), prima edizione e per questo è possibile utilizzare tutti gli strumenti informativi che il progettista ritenga utili, purché siano idonei, applicabili al caso specifico ed in sintonia con la norma stessa; la presente Guida deve quindi essere intesa come uno di detti strumenti informativi.[/alert]
Decreto Legislativo n. 81 del 9 aprile 2008
Nel D.Lgs. n. 81/08., artt. 17 e 28, è detto tra l’altro quanto segue.
Il datore di lavoro non può delegare la valutazione dei rischi con la conseguenza che spetta a lui il compito di elaborare il documento sulla valutazione dei rischi.
La valutazione dei rischi, anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze e o preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti i gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari.
1) Il datore di lavoro ripartisce in zone, a norma dell’allegato XLIX, le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive.
n.d.r - classificate in base alla frequenza e alla durata della presenza di atmosfera esplosiva:
- Zone 0, 1, 2 per gas, vapori o nebbie infiammabili;
- Zone 20, 21, 22 per le polveri combustibili.
NOTA Le definizioni di zone riportate nell’allegato XLIX del D.Lgs. n. 81/08 sono derivate dalla Norma CEI EN 61241-10 (CEI 31-66). Nell’ambito della presente Guida si fa riferimento alle definizioni della Norma CEI EN 60079-10-2 (CEI 31-88) in quanto essa costituisce la naturale evoluzione della prima nell’ambito della Regola dell’arte.
2) Il datore di lavoro assicura che per le aree di cui al comma 1 siano applicate le prescrizioni minime di cui all’allegato L (prescrizioni minime per il miglioramento della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori che possono essere esposti al rischio di atmosfere esplosive).
3) Se necessario, le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive in quantità tali da mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori sono segnalate nei punti di accesso a norma dell’allegato LI (n.d.r - vedi Fig. 2.3-A) e provviste di allarmi ottico/acustici che segnalino l’avvio e la fermata dell’impianto, sia durante il normale ciclo, sia nell’eventualità di un’emergenza in atto. _______
La necessità o meno e la disposizione dei segnali e degli allarmi rientra tra i compiti del tecnico incaricato della valutazione del rischio di esplosione (non di chi esegue la classificazione dei luoghi).
L’uso potrebbe essere dettato dalla necessità di avvertire di non introdurre in dette aree sorgenti d’innesco di qualunque tipo (es. attrezzi di lavoro) o di introdurle applicando specifiche procedure di lavoro; inoltre, potrebbe essere dettato dalla necessità di avvertire i lavoratori del pericolo, particolarmente nei luoghi dove non ci si aspetta la presenza di aree con pericolo di esplosione, es. un deposito di sostanze infiammabili, lo sfiato di una singola valvola di sicurezza del sistema di contenimento di una sostanza infiammabile, ecc.
Il segnale di pericolo deve essere realizzato con lettere in nero su sfondo giallo, bordo nero (il colore giallo deve costituire almeno il 50% della superficie del segnale)
Figura 2.3-A – Segnale per indicare le zone con pericolo di esplosione ...
5.2 Procedimento di classificazione dei luoghi pericolosi
La classificazione dei luoghi è un metodo di analisi e di suddivisione convenzionale del luogo considerato in zone pericolose e zone non pericolose in relazione alla provenienza del pericolo d’esplosione e alla probabilità di presenza del pericolo.
Il procedimento di classificazione dei luoghi è il seguente, analogo a quello previsto per i luoghi con pericolo d’esplosione per la presenza di gas, vapori o nebbie infiammabili.
a. Raccolta dati del luogo ... b. Raccolta dati ambiente ... c. Definizione zone pericolose ed estensioni ... d. Preparazione documentazione ...
5.3 Dati generali di progetto
Le seguenti informazioni di carattere generale, necessarie per classificare i luoghi con pericolo di esplosione, devono essere reperite con il contributo del committente, delle figure professionali che agiscono nell’ambito della sicurezza sul lavoro e del datore di lavoro.
Si segnala l’opportunità di reperire i dati generali di progetto prima di dare inizio all’attività di classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione, per evitare errori e/o omissioni.
a) Dati del committente b) Dati del cliente finale o datore di lavoro c) Denominazione dell’opera oggetto della classificazione dei luoghi con pericolo d’esplosione (stabilimento, impianto, unità d’impianto, ecc.), sua destinazione d’uso (mangimificio, deposito di carbone, ecc.), indicazione della presenza di luoghi particolari con destinazione d’uso diversa. d) Ubicazione, indicare l’indirizzo relativo all’ubicazione dell’opera (Via, numero civico, Comune, CAP, Provincia). ...
5.4 Verifica di applicabilità della Norma CEI EN 60079-10-2:2010 (CEI 31-88)
Occorre accertarsi che il luogo rientri nel campo di applicazione della Norma, v.1.2. Quando il luogo non rientra nel campo di applicazione della Norma non significa che non presenti pericoli di esplosione, ma che l’identificazione del pericolo, la determinazione della quantità e probabilità di presenza dell’atmosfera esplosiva (ripartizione in zone), l’estensione delle zone pericolose, nonché la valutazione del rischio d’esplosione, possono essere eseguiti con procedimenti diversi non considerati nella Norma e nella presente Guida; tuttavia, con le dovute cautele e per analogia, potrebbero essere adottati i procedimenti della Norma e della presente Guida.
5.5 Polveri combustibili e particelle solide combustibili volanti
Le sostanze possono presentare diverse tipologie di pericolo per le quali si rimanda alle schede di sicurezza e ambiente (es. pericolo di esplosione, pericolo d’incendio, pericolo da agenti cancerogeni).
Nel D.Lgs. 19 maggio 2016, n. 85, le polveri combustibili appartengono al Gruppo II come i gas, anche se con categoria assegnata differente: II G per i gas e II D per le polveri; invece nella Norma CEI EN 60079-10-2 (vedi art. 4.2.a) le polveri appartengono al Gruppo III; inoltre esse sono suddivise in SOTTOGRUPPI come segue (vedi 3.23):
Devono essere individuate le sostanze in qualunque stato fisico che, sotto forma di polvere combustibile, o di particelle solide combustibili volanti possono formare con l’aria atmosfere esplosive.
Nel seguito della presente guida sono considerate solo le polveri combustibili; tuttavia, come indicato nella Norma, i principi espressi e le indicazioni della presente guida possono essere seguiti nei casi in cui particelle solide combustibili volanti possono causare un pericolo.
Si individuano quindi le polveri combustibili presenti con le loro caratteristiche significative e se ne prepara un elenco.
Particolarmente quando le polveri combustibili sono molte, l’elenco dovrebbe essere preparato utilizzando appositi Fogli Dati.
Le caratteristiche più significative delle polveri combustibili sono:
- combustibilità, v. 5.5.1; - esplodibilità, v. 5.5.2; - grandezza media delle particelle di polvere e granulometria, v. 5.5.3; - il contenuto di umidità e di altre sostanze inertizzanti, v. 5.5.4; - campo di esplodibilità (LEL - UEL), v. 5.5.5; - temperatura di accensione della nube e dello strato, v. 5.5.6; - energia minima di accensione, v. 5.5.7; - resistività elettrica, v. 5.5.8; - densità (massa volumica) e densità apparente, v. 5.5.9;
Oltre alle caratteristiche di cui sopra, di volta in volta devono essere individuate anche le seguenti caratteristiche relative alla manipolazione o al deposito delle polveri stesse:
- concentrazione limite di ossigeno nell’atmosfera, v. 5.5.10; - pressione nel punto di emissione, v. 5.5.11; - altre caratteristiche, v. 5.5.12. ....
5.5.1 Combustibilità
L’attitudine di una polvere a bruciare in strato (combustibilità) viene verificata mediante esami a vista in laboratorio e, se la polvere non è combustibile lo strato di polvere non presenta pericoli d’incendio. ...
5.5.2 Esplodibilità
La seconda proprietà da verificare per individuare una polvere combustibile, oltre la combustibilità in strato, è la sua esplodibilità in nube.
L’esplodibilità è verificata mediante prove di laboratorio. ...
5.5.3 Grandezza media delle particelle di polvere e granulometria
La grandezza media delle particelle è quella nominale che si assegna ad una polvere per una sua caratterizzazione, attraverso una prova specifica (es. utilizzando un setaccio con la dimensione delle maglie del setaccio attraverso cui si separa il 50% in massa del materiale vagliato, microscopia, sedimentazione in liquidi, ecc.).
La granulometria è la distribuzione percentuale statistica della grandezza delle particelle di una polvere data, detta anche distribuzione granulometrica.
La granulometria può essere rappresentata fornendo le percentuali in massa di particelle di determinata grandezza o campi di grandezze, sotto forma tabellare come in Fig. 5.5-1 o con un diagramma come da Fig. 5.5-2. ...
Fig. 5.5-2 – Granulometria di un campione di polvere - Indicazione in forma di diagramma
La grandezza delle particelle di una polvere è determinante per l’esplodibilità della polvere e per la possibilità di formare la nube esplosiva e per la persistenza di questa, prima che tutta la polvere sia depositata.
Per la grandezza massima delle particelle vedere la definizione in 3.23.1. Si vedano al riguardo anche i diagrammi delle Fig. GB.1-1 e GB.1-2.
Il campione selezionato per la valutazione deve essere rappresentativo della polvere prevedibile nell’ambiente nelle condizioni peggiori. Questo in quanto anche particelle di grandezza maggiore di 500 µm sottoposte a diverse operazioni (es. trasporto pneumatico) possono essere sminuzzate con formazione di frazioni più fini o creare comunque pericoli d’esplosione. E’ bene ricordare uno dei principi fondamentali della prevenzione contro le esplosione da polveri: le polveri generano sempre polveri più fini. ...
5.8.2 Esempi di tipi di zone pericolose
5.8.2.1 Esempi di zona 20
Le condizioni che conducono alla formazione di zone 20 si possono presentare, generalmente, solo all'interno dei sistemi di contenimento delle polveri combustibili, quali ad esempio: recipienti, apparecchi, mulini, frantumatrici, essiccatoi, cicloni, filtri, tramogge, mescolatori, condutture per il trasporto, coclee, nastri trasportatori, insaccatrici, sili, ecc., qualora si possano formare in permanenza, per lunghi periodi o spesso, miscele esplosive di polveri in quantità pericolose, vedi 5.7.1.
Tuttavia, la zona 20 può essere presente anche all'esterno dei sistemi di contenimento delle polveri combustibili, con emissioni di grado continuo nell’ambiente, quali possono essere ad esempio quelle da recipienti aperti, da depositi all’aperto, da strati di polvere di spessore incontrollato perché non è attuata un’adeguata bonifica (in genere si tratta di luoghi in cui non si svolgono operazioni di pulizia), vedi 3.26 e Appendice GC.
5.8.2.2 Esempi di zona 21
Le zone 21 possono essere presenti all'esterno dei sistemi di contenimento delle polveri combustibili nell’immediato intorno delle emissioni di primo grado, vedi 5.7.1. e in presenza di strati di polvere quando non è attuata un’adeguata bonifica, vedi 3.26 e Appendice GC.
Le zone 21 possono essere presenti anche all'interno dei sistemi di contenimento delle polveri combustibili se, tramite un’analisi specifica delle procedure di lavorazione o deposito, la probabilità di presenza dell’atmosfera esplosiva soddisfa la definizione di zona 21 (vedi 5.8.1).
Esempio:
Alcuni sili possono essere riempiti o svuotati solo raramente, quindi, l’interno può essere classificato come zona 21. In questi casi, per evitare di mantenere attive delle sorgenti di accensione quando non necessario, le apparecchiature [Prodotti] installate all’interno utilizzate solo per le operazioni di riempimento o svuotamento devono essere mantenute fuori servizio quando non si attuano dette operazioni.
La valutazione delle sorgenti di accensione deve prendere in considerazione il fatto che la nube di polvere è
probabile sia presente mentre le apparecchiature sono in funzione.
5.8.2.3 Esempi di zona 22
Le zone 22 possono essere presenti all'esterno dei sistemi di contenimento delle polveri combustibili nell’immediato intorno delle emissioni di secondo grado, vedi 5.7.1. e in presenza di strati di polvere quando non è attuata un’adeguata bonifica, vedi 3.26 e Appendice GC.
In ambienti chiusi la zona 22 deve essere prevista nell’intorno delle zone 21 non confinate o limitate da ostacoli rigidi. ...
Esempi Zone pericolose
Nelle Figure seguenti sono riportati alcuni esempi di zone pericolose. Le dimensioni delle zone possono essere definite facendo riferimento a guide e raccomandazioni relative a specifiche industrie o applicazioni, a dati attendibili che consentano una corretta valutazione (es. con analisi operativa o con calcolo probabilistico basato su dati statistici idonei), a studi sperimentali di settori specifici, od anche procedendo come indicato nell’Appendice GD. ...
Fig. 5.9-1 Esempio di zone pericolose originate dallo svuotamento di contenitori in una tramoggia priva di mezzi di aspirazione polveri, sita in ambiente chiuso in cui è prevista la possibilità di formazione di strati di polvere
Fig. 5.9-4 Esempio di zone pericolose originate dallo svuotamento di un autocarro in una fossa di ricezione priva di mezzi di aspirazione polveri, sita in ambiente chiuso
Fig. 5.9-7 Esempio di zona pericolosa originata dallo scarico in ambiente chiuso (o anche aperto) di un filtro dove la polvere può essere emessa solo per malfunzionamento o rottura del filtro stesso
Fig. 5.9-13 Esempio di zone pericolose originate da uno scarico, o anche travaso, continuo o frequente di polvere, in un recipiente aperto con bocca di scarico bassa sotto il bordo del contenitore sito in ambiente aperto ...
6. Documentazione tecnica di classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione
6.1 Livelli di preparazione della documentazione di classificazione dei luoghi
Per poter fare la valutazione di cui in 5.12, la classificazione dei luoghi dovrebbe essere preparata in due edizioni (livelli) distinte:
a) una edizione preliminare, da preparare nelle fasi iniziali della progettazione (progetto preliminare e/o definitivo secondo la Guida CEI 0-2) in concomitanza con la definizione della planimetria dell'opera, delle caratteristiche dei componenti che costituiscono i sistemi di contenimento delle sostanze infiammabili (impianti di processo) e degli edifici; essa dovrebbe contenere almeno:
- l’elenco dei dati generali e delle caratteristiche dell'impianto tecnologico; - l’elenco delle sorgenti di emissione più significative e già note; - una bozza di planimetria della classificazione, oppure una descrizione delle scelte effettuate per quanto attiene i sistemi di contenimento delle polveri combustibili e delle sostanze che possono produrle, gli ambienti, i sistemi di bonifica, ecc.;
b) una edizione definitiva (da preparare nella fase di progetto esecutivo secondo la Guida CEI 0-2), comprendente tutte le informazioni necessarie per una corretta definizione dei requisiti di sicurezza degli impianti e dei relativi Prodotti.
6.2 Tipi di documenti
La documentazione tecnica di classificazione dei luoghi costituisce il risultato dell’attività svolta.
Essa, nella sua edizione definitiva, è generalmente costituita da:
Nei documenti sopra indicati devono essere riportate, tra l’altro, le informazioni per la definizione dei requisiti dei Prodotti di cui in 5.14.
Per i casi più semplici la documentazione può essere semplificata di conseguenza, purché contenga tutte le informazioni necessarie.
6.2.1 Relazione tecnica
La relazione tecnica è il documento che riassume tutto il lavoro di classificazione e raccoglie la documentazione relativa.
Essa può costituire un documento a sé stante od anche far parte del “Documento sulla protezione contro le esplosioni” di cui all’art. 294, Titolo XI del D.Lgs. n. 81/08.
Quando il luogo (opera) considerato è grande e costituito da tante parti o unità, può essere utile preparare una relazione tecnica generale e tante relazioni tecniche particolari quante sono le parti o unità di cui si effettua la classificazione dei luoghi.
La relazione tecnica deve contenere:
a) i dati generali di progetto di cui in 5.3; b) descrizione del procedimento di classificazione dei luoghi con pericolo d’esplosione con l’elenco delle principali disposizioni legislative, norme e guide tecniche di riferimento, ....
Attenzione, il Documento è elaborato su alcune parti della Guida CEI 31-56, con lo scopo di illustrare il processo di VR ATEX Polveri secondo quanto previsto dal D.Lgs. 81/2008 ed avere una struttura ed esempi di riferimento.
Carrelli elevatori e cintura di sicurezza: obbligo di legge/normativo
Il Documento illustra gli aspetti legislativi e le norme tecniche relative all’obbligo di installazione/dotazione delle cinture di sicurezza/sistemi di trattenuta applicati al sedile/altro del carrello elevatore a protezione della caduta/schiacciamento del conducente. In fondo all’articolo segnalazione di giurisprudenza in merito:
I sistemi di ritenuta per il conducente come le cinture di sicurezza/cabine/barriere laterali/altro sono obbligatori sui carrelli elevatori sia per l’Allegato V del D.Lgs. 81/08 che per l’Allegato I della Direttiva Macchine 2006/42/CE per assicurare il lavoratore da schiacciamenti/altro per ribaltamento/altro dello stesso.
La sentenza della Cassazione Penale, Sez. 4, 31 maggio 2012, n. 21199 ha sottolineato l’importanza della presenza di un dispositivo di ritenuta, nella fattispecie della cintura di sicurezza, che avrebbe potuto evitare l’urto della testa del conducente con la struttura metallica del carrello elevatore a seguito del ribaltamento dello stesso.
- di un abitacolo sicuro (telaio con tettuccio conforme che funge da protezione sia per la caduta di materiali dall’alto sia in caso di ribaltamento, struttura che impedisce un facile ribaltamento del mezzo) (ROPS) (FOPS); - delle cinture di sicurezza.
Nella citata sentenza è stata confermata la condanna di un datore di lavoro per la responsabilità in merito ad un infortunio mortale di un lavoratore mentre era alla guida di un carrello elevatore che si è ribaltato. Ne appura le cause per una struttura dell’abitacolo insicura (parte anteriore del tettuccio non conforme /costruita artigianalmente) e mancanza di cinture di sicurezza.
[alert]Estratto Sentenza “ la pronunzia dimostra persuasivamente che la mancanza della cintura di sicurezza ventrale ha avuto un decisivo ruolo nella dinamica del sinistro, incrementando in modo drammatico l'entità dell'impatto del cranio con le parti metalliche del veicolo e cagionando quindi l'evento letale”.[/alert]
Requisiti di sicurezza delle attrezzature di lavoro costruite in assenza di disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto, o messe a disposizione dei lavoratori antecedentemente alla data della loro emanazione
[…] 2.5 I carrelli elevatori su cui prendono posto uno o più lavoratori devono essere sistemati o attrezzati in modo da
limitarne i rischi di ribaltamento, ad esempio,
- istallando una cabina per il conducente, - mediante una struttura atta ad impedire il ribaltamento del carrello elevatore, - mediante una struttura concepita in modo tale da lasciare, in caso di ribaltamento del carrello elevatore, uno spazio sufficiente tra il suolo e talune parti del carrello stesso per il lavoratore o i lavoratori a bordo, - mediante una struttura che trattenga il lavoratore o i lavoratori sul sedile del posto di guida per evitare che, in caso di ribaltamento del carrello elevatore, essi possano essere intrappolati da parti del carrello stesso […][/panel]
[…] 3. Requisiti essenziali supplementari di sicurezza e di tutela della salute per ovviare ai pericoli dovuti alla mobilità delle macchine
3.2.2. Sedili
Se c'è il rischio che gli operatori o altre persone trasportati dalla macchina possano essere schiacciati tra elementi della macchina e il suolo in caso di ribaltamento o rovesciamento laterale, in particolare per le macchine munite di una struttura di protezione di cui ai punti 3.4.3 o 3.4.4, i sedili devono essere progettati o muniti di un sistema di ritenuta in modo da mantenere le persone sui loro sedili, senza opporsi ai movimenti necessari alle operazioni né ai movimenti dovuti alla sospensione dei sedili rispetto alla struttura. Detti sistemi di ritenuta non devono essere montati se accrescono i rischi. […][/panel] ....
Per quanto riguarda la correlazione della legislazione con le norme tecniche, si faccia riferimento al diagramma sottostante Fig. 1.
1. DECRETO LEGISLATIVO 81/08 2. DIRETTIVA MACCHINE 2006/42/CE 3. NORME TECNICHE 3.1 UNI EN ISO 3691-1:2015 3.2 UNI ISO 24135-1:2012 3.3 UNI EN ISO 6683:2009 4. SAE J386 Operator Restraint Systems for Off-Road Work Machines 5. UNECE R16 - E/ECE/324 Regulation 16 6. CASSAZIONE PENALE, SEZ. 4, 31 MAGGIO 2012, N. 21199. 7. CONCLUSIONI
ID 6192 | Documento 04.11.2019: Disponibile in allegato Documento completo e Allegati Riservati
[box-note]Update 04.11.2019
Aggiunta scheda Dors - Regione Piemonte sulla polvere di legno[/box-note]
In allegato Documenti di riferimento per la Valutazione rischio esposizione agenti chimici cancerogeni polveri di legno duro Artt. 235 e 236, Allegati XLII e XLIII e Documentazione di riferimento IARC, ECHA, ACGIH, Guide e altro.
Numerosi studi hanno dimostrato che i cosiddetti legni duri possono dar luogo a polveri potenzialmente cancerogene. I legni teneri invece, non danno luogo, in generale, a polveri potenzialmente cancerogene. L’unico riferimento accettato anche dal D.Lgs. 81/2008 per differenziare tra legni duri e teneri e quindi procedere alla valutazione di esposizione agenti cancerogeni, con i limiti opportuni, è l’elenco pubblicato nel volume 62 delle monografie sulla valutazione dei rischi cancerogeni per la salute umana “Wood Dust and Formaldehyde” dallo IARC, Lione 1995 e "Wood Dust" IARC 2012.
[box-warning]Epidemiologia
Numerosi studi epidemiologici hanno rilevato eccesso di rischio per tumori delle cavità nasali e dei seni paranasali, in particolare l'adenocarcinoma delle cavità nasali e dei seni paranasali risulta associato all'esposizione alle polveri di legno duro (Vedi Monografie IARC Allegate).[/box-warning]
- come agente cancerogeno il cui valore limite di esposizione non deve comunque superare il limite tabellato - art. 235 (allegato XLIII) - nelle attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o miscele cancerogene o mutagene o di processi industriali - art. 236 (ALLEGATO XLII)
Attualmente il Valore limite di esposizione professionale alle polveri di legno duro di cui all'ALLEGATO XLIII del D.Lgs. 81/2008 è di 5 mg/m3, con laDirettiva (UE) 2017/2398 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2017 che modifica la direttiva 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro (Modifica alla VI Direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE), da recepire entro il 17 Gennaio 2020, il limite viene abbassato a2 mg/m3, con un transitorio di cinque anni, dall'entrata in vigore il 16 Gennaio 2018 fino 17 gennaio 2023 in cui il limite è di 3 mg/m3.
Premessa
Le polveri dure sono generalmente presenti nelle industrie ove avviene la lavorazione del legno. Tutte le lavorazioni meccaniche del legno producono polvere. Peraltro, la quantità e le dimensioni delle particelle sono determinate dal tipo di macchina utilizzata e dalle caratteristiche del materiale lavorato: si può trovare polvere fine, segatura più o meno grossa, trucioli, schegge, ecc., ovunque vi sia una macchina. E’ possibile incontrare polveri anche là dove esse vengono raccolte: durante la pulizia dei filtri dei macchinari, durante la loro sostituzione o durante lo svuotamento dei contenitori o dei depositi della polvere. Inoltre le polveri aerodisperse tendono a depositarsi uniformemente sull’intera superficie dei locali interessati, in particolare là dove solitamente non si transita e non si pulisce. Le polveri si distinguono in diverse categorie a seconda del diametro aerodinamico; le differenti dimensioni modificano difatti il livello di assorbimento dell’organismo umano, in particolare:
Polveri Inspirabili: polveri che possono entrare nell’organismo per mezzo delle vie aeree (naso e bocca)
Polveri Inalabili: polveri aventi per il 50% un taglio dimensionale di 100 µm (micron), inalate e trattenute nelle prime vie respiratorie, cioè naso e bocca.
Polveri Toraciche: polveri aventi per il 50% un taglio dimensionale di 10 µm e penetranti nell’area compresa tra la laringe e i bronchi Polveri respirabili: polveri aventi per il 50% un taglio dimensionale di 5 µm e penetranti nelle vie respiratorie conciliate, ossia negli alveoli dei polmoni.
- come agente cancerogeno il cui valore limite di esposizione non deve comunque superare il limite previsto - art. 235 (allegato XLIII) - nelle attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o miscele cancerogene o mutagene o di processi industriali - art. 236 (ALLEGATO XLII)
Numerosi studi hanno dimostrato che i cosiddetti legni duri possono dar luogo a polveri potenzialmente cancerogene. I legni teneri invece, non danno luogo a polveri potenzialmente cancerogene.
La prima discriminate da effettuare per la valutazione di esposizione agenti cancerogeni è il tipo del legno in lavorazione (e di conseguenza le sue polveri): se duro o tenero/dolce.
L’unico riferimento accettato anche dal D.Lgs. 81/2008 per differenziare tra legni duri e teneri e quindi procedere alla valutazione di esposizione agenti cancerogeni è l’elenco pubblicato nel volume 62 delle monografie sulla valutazione dei rischi cancerogeni per la salute umana “Wood Dust and Formaldehyde” Volume 62 IARC 1995 e "Wood Dust" Monografia 100C IARC 2012.
Estratto Monografie IARC Vol. 62 (1995)
Legni duri (estratto):
Genere e specie
Nome comune inglese
Nome comune italiano
Hardwood (legno duro)
Acer
Maple
Acero
Alnus
Alder
Ontano
Betula
Birch
Betulla
Carya
Hickory
Hickory
Carpinus
Hornbeam, white beech
Carpino o faggio bianco
Legni teneri (estratto)
Softwood (Legno dolce)
Abies
Fir
Abete
Chamaecyparis
Cedar
Cedro
Cupressus
Cypress
Cipresso
Larix
Larch
Larice
Picea
Spruce
Picea-Abete
Pinus
Pine
Pino
Pseudotsugamenziesii
Douglas fir
Douglas
Sequoia sempervirens
Redwood
Sequoia
Codifica
Codice CAS: --- Numero EINECS: --- Classe IARC: 1 Monografie IARC Vol. 62 (1995) Formula bruta: --- Famiglia chimica: Polveri Sinonimi: Wood dust Regolamento REACH: Sostanza soggetta a restrizioni secondo l'Allegato XVII
Sostanza soggetta a restrizione (allegato XVII): Wood powder
- occorre attenersi alle restrizione di immissione nel mercato oppure all’uso delle sostanze come elencate nell’Allegato XVII del Regolamento REACH.
I fornitori devono inserire informazioni relative all'autorizzazione e alla restrizione nella sezione 15 della scheda dati di sicurezza o fornire altro tipo di informazioni secondo quanto previsto dall'articolo 32 del REACH.[/panel]
Attività
Esposizioni a polveri di legno in attività di costruzione mobili ed armadietti; nella rifinitura di pannelli in compensato; segherie e stabilimenti che effettuano una prima lavorazione del legno, falegnamerie, costruzione porte e finestre, costruzione imbarcazioni in legno, installazione e rifinitura di pavimenti in legno, costruzione di modelli, produzione di carta, edilizia, taglio e trasporto tronchi.
Tipologie di aziende
Azienda / Modalità associazione
Agricoltura. Associazione validata in azienda Allestimento di stand e di scenografie per interni. Associazione validata in azienda Attività di vendita di generi alimentari. Associazione validata in azienda Carico, scarico, facchinaggio di qualunque merce. Associazione validata in azienda Costruzione di infissi, imballaggi, bauli. Associazione validata in azienda Associazione reperita in letteratura Costruzione di mobili ed arredamenti. Associazione validata in azienda Associazione reperita in letteratura Costruzione di mobili, infissi ed affini. Imballaggi. Falegnamerie. Associazione validata in azienda Costruzione, riparazione, manutenzione e demolizione di mezzi di trasporto in legno. Associazione validata in azienda Associazione reperita in letteratura Finitura di manufatti in legno. Associazione validata in azienda Laboratori di falegnameria per la riparazione e il restauro di mobili ed infissi in legno. Associazione validata in azienda Associazione reperita in letteratura Lavorazione e fabbricazione di oggetti in sughero. Associazione reperita in letteratura Lavori di finitura delle costruzioni. Associazione validata in azienda Lavori generali totali o parziali di costruzione, finitura, manutenzione, riparazione, demolizione e ristrutturazione. Associazione reperita in letteratura Prima lavorazione dei tronchi di legno. Associazione validata in azienda Associazione reperita in letteratura Produzione di calzature in legno, forme da scarpe e da cappelli, tacchi, bottami. Associazione reperita in letteratura Produzione di carte e cartoni. Associazione reperita in letteratura Produzione di macchine, attrezzi, utensili ed arnesi in legno. Associazione reperita in letteratura Produzione di oggetti ed articoli vari in legno, artistici e decorativi. Associazione validata in azienda Associazione reperita in letteratura Produzione di paste per carte e cartoni. Associazione reperita in letteratura Produzione di sfogliati, compensati, paniforti, elementi in legno lamellare. Associazione reperita in letteratura Produzione di strumenti musicali in legno, modelli per fonderia. Associazione validata in azienda Associazione reperita in letteratura Produzione di tavolette per pavimenti, perline per rivestimenti, cornici, attrezzi ginnici e sportivi. Associazione validata in azienda Associazione reperita in letteratura Produzione di tranciati. Associazione reperita in letteratura Produzione di truciolo, lana o farina di legno, punte di legno. Associazione reperita in letteratura Silvicoltura. Associazione reperita in letteratura Trasformazione meccanica del legname in manufatti. Associazione validata in azienda
Organi Bersaglio
Numerosi studi epidemiologici hanno rilevato eccesso di rischio per tumori delle cavità nasali e dei seni paranasali, in particolare l'adenocarcinoma delle cavità nasali e dei seni paranasali risulta associato all'esposizione alle polveri di legno duro. Evidenza sufficiente: Cavità naso-sinusali Naso-faringe Evidenza limitata: ---
Disponibile in allegato Documento completo e Allegati Riservati
La norma
Per quanto riguarda l’esposizione a polvere di legno duro, in Italia il Valore Limite di esposizione Professionale (OEL) in vigore è quello dei D.Lgs. 81/2008 e corrisponde al recepimento delle Direttive Sociali Europee 38 e 37: il VLP per le polveri di legno - calcolato per un periodo di riferimento di otto ore - è di 5 mg/m3.
- come agente cancerogeno il cui valore limite di esposizione non deve comunque superare il limite previsto - art. 235 (allegato XLIII) - nelle attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o miscele cancerogene o mutagene o di processi industriali - art. 236 (ALLEGATO XLII)
Titolo IX SOSTANZE PERICOLOSE ... Capo II Protezione da agenti cancerogeni e mutageni ...
Sezione II Obblighi del datore di lavoro
Art. 235. Sostituzione e riduzione
1. Il datore di lavoro evita o riduce l'utilizzazione di un agente cancerogeno o mutageno sul luogo di lavoro in particolare sostituendolo, se tecnicamente possibile, con una sostanza o una miscela o un procedimento che nelle condizioni in cui viene utilizzato non risulta nocivo o risulta meno nocivo per la salute e la sicurezza dei lavoratori.
2. Se non è tecnicamente possibile sostituire l'agente cancerogeno o mutageno il datore di lavoro provvede affinché la produzione o l'utilizzazione dell'agente cancerogeno o mutageno avvenga in un sistema chiuso purché tecnicamente possibile.
3. Se il ricorso ad un sistema chiuso non è tecnicamente possibile il datore di lavoro provvede affinché il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso valore tecnicamente possibile.
L'esposizione non deve comunque superare il valore limite dell'agente stabilito nell'allegato XLIII.
Art. 236. Valutazione del rischio
1. Fatto salvo quanto previsto all'articolo 235, il datore di lavoro effettua una valutazione dell'esposizione a agenti cancerogeni o mutageni, i risultati della quale sono riportati nel documento di cui all'articolo 17.
2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e della loro frequenza, dei quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati, della loro concentrazione, della capacità degli stessi di penetrare nell'organismo per le diverse vie di assorbimento, anche in relazione al loro stato di aggregazione e, qualora allo stato solido, se in massa compatta o in scaglie o in forma polverulenta e se o meno contenuti in una matrice solida che ne riduce o ne impedisce la fuoriuscita. La valutazione deve tener conto di tutti i possibili modi di esposizione, compreso quello in cui vi è assorbimento cutaneo.
3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione di cui al comma 1, adotta le misure preventive e protettive del presente capo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative.
4. Il documento di cui all'articolo 28, comma 2, o l'autocertificazione dell'effettuazione della valutazione dei rischi di cui all'articolo 29, comma 5, sono integrati con i seguenti dati:
a) le attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o miscele cancerogene o mutagene o di processi industriali di cui all'allegato XLII, con l'indicazione dei motivi per i quali sono impiegati agenti cancerogeni;
b) i quantitativi di sostanze ovvero miscele cancerogene o mutagene prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità o sottoprodotti;
c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti cancerogeni o mutageni;
d) l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado della stessa;
e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei dispositivi di protezione individuale utilizzati;
f) le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti cancerogeni e le sostanze e le miscele1 eventualmente utilizzati come sostituti.
5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata.
6. Il rappresentante per la sicurezza può richiedere i dati di cui al comma 4, fermo restando l'obbligo di cui all'articolo 50, comma 6. ... ALLEGATO XLII Elenco di sostanze, miscele e processi
ELENCO DI SOSTANZE, MISCELE E PROCESSI
1. Produzione di auramina con il metodo Michler. 2. I lavori che espongono agli idrocarburi policiclici aromatici presenti nella fuliggine, nel catrame o nella pece di carbone. 3. Lavori che espongono alle polveri, fumi e nebbie prodotti durante il raffinamento del nichel a temperature elevate. 4. Processo agli acidi forti nella fabbricazione di alcool isopropilico. 5. Il lavoro comportante l'esposizione a polvere di legno duro
ALLEGATO XLIII Valori limite di esposizione professionale
Nome agente
EINECS (1)
CAS (2)
Valore limite esposizione professionale
osservazioni
Misure transitorie
Mg/m3 (3)
Ppm (4)
Polveri di legno
-
-
5,00 (5) (6)
-
-
-
(1) EINECS: Inventario europeo delle sostanze chimiche esistenti (European Inventory of Existing Chemical Susbstances). (2) CAS: Numero Chemical Abstract Service. (3) mg/m3 = milligrammi per metro cubo d'aria a 20° e 101,3 Kpa (corrispondenti a 760 mm di mercurio). (4) ppm = parti per milione nell'aria (in volume: ml/m3). (5) Valori misurati o calcolati in relazione ad un periodo di riferimento di otto ore. (6) Frazione inalabile; se le polveri di legno duro sono mescolate con altre polveri di legno, il valore limite si applica a tutte le polveri di legno presenti nella miscela in questione[/panel]
Ma secondo le Linee Guida del Coordinamento Tecnico delle Regioni tale Valore Limite è alquanto elevato e scarsamente giustificato sul piano tecnico-sanitario per i seguenti motivi:
- l’esposizione a polveri di legno, oltre a patologie tumorali, può indurre patologie respiratorie allergiche anche a concentrazioni molto inferiori al valore limite; - attualmente è possibile contenere tecnicamente l’esposizione a polveri di legno ben al di sotto dei 5 mg/m3.
La nuova Direttiva (UE) 2017/2398 che modifica la Direttiva 2004/37/CE (da recepire entro il 17 Gennaio 2020) abbassa il limite a2 mg/m3, tuttavia per cinque anni il limite sarà più alto: 3 mg/m3 per permettere alle aziende di adeguarsi, vedi tabella estratta Direttiva di cui sotto:
A. VALORI LIMITE PER L’ESPOSIZIONE PROFESSIONALE
Nome agente
N. CE (1)
N. CAS (2)
Valori limite (3)
Osservazioni
Misure transitorie
mg/m3 (4)
ppm (5)
f/ml (6)
Polveri di legno duro
-
-
2 (7)
-
-
-
Valore limite: 3 mg/m3 fino al 17 gennaio 2023
(1) N. CE (ossia EINECS, ELINCS o NLP): è il numero ufficiale della sostanza all’interno dell’Unione europea, come definito nell’allegato VI, parte 1, punto 1.1.1.2, del regolamento (CE) n. 1272/2008. (2) N. CAS: numero di registrazione CAS (Chemical Abstract Service). (3) Misurato o calcolato in relazione a un periodo di riferimento di 8 ore. (4) mg/m3 = milligrammi per metro cubo di aria a 20 °C e 101,3 kPa (corrispondenti alla pressione di 760 mm di mercurio). (5) ppm = parti per milione per volume di aria (ml/m3). (6) f/ml = fibre per millilitro. (7) Frazione inalabile: se le polveri di legno duro sono mischiate con altre polveri di legno, il valore limite si applica a tutte le polveri di legno presenti nella miscela in questione.
American Conference of Governmental Industrial Hygienists (ACGIH) Threshold Limit Value (TLV):
Western red cedar: 0.5 mg/m3 TWA*; Sensitizer; Appendix A4 - Not Classifiable as a Human Carcinogen Classifiable as Human Carcinogen All other species: 1 mg/m3TWA*; Carcinogenicity Oak and beech: Appendix A1 - Confirmed Human Carcinogen Birch, mohagan, teak, walnut: Appendix A2 - Suspected Human Carcinogen All other wood dusts: Appendix A4 - Not Classifiable as a Human Carcinogen
* Inhalable fraction, see Appendix C, paragraph A
National Institute for Occupational Safety and Health (NIOSH)
I Threshold Limit Values (TLV) si riferiscono alla concentrazione dell’inquinante in atmosfera e rappresentano la condizione per cui la maggior parte dei lavoratori esposta in modo continuo all’inquinante non sviluppa patologie.
I TLV si basano su informazioni provenienti da esperimenti industriali, da studi epidemiologici sull’uomo, da studi sperimentali su animali e, quando possibile dalla combinazione dei tre.
Sono previste tre categorie di TLV. Il TLV-TWA (Time Weighted Average) rappresenta la concentrazione media di inquinante ponderata nel tempo riferita ad una giornata lavorativa di 8 ore ed a una settimana di 40 ore a cui un lavoratore può essere esposto in modo continuo senza sviluppare patologie.
Il TLV-STEL (Short Term Exposure Limit) rappresenta una concentrazione TWA di 15 minuti che non deve essere superata in qualsiasi momento durante la giornata lavorativa. Il TLV-C (Ceiling) rappresenta la concentrazione che non deve essere mai superata durante qualsiasi momento dell'attività lavorativa.
La notazione "cute" si riferisce alla possibilità di assorbimento dell’inquinante attraverso la via cutanea.
La notazione "sen" si riferisce al potenziale sensibilizzante dell’inquinante. L’assenza della notazione "sen" non implica necessariamente che l’agente non sia in grado di dare origine a sensibilizzazione ma indica la scarsità di informazioni e di evidenze scientifiche.
La notazione "IFV" si riferisce alla frazione inalabile in fase vapore. E' usata quando un materiale possiede una tensione di vapore tale da doversi considerare in entrambe le fasi (particellare e di vapore).
All’interno di questa sezione si riporta anche la classificazione di cancerogenicità attribuita dall’ ACGIH che si basa sulle seguenti 5 classi:
A1: sostanze confermate come cancerogene per l’uomo A2: sostanze sospette di essere cancerogene per l’uomo A3: sostanze cancerogene per gli animali A4: sostanze non classificabili come cancerogene per l’uomo; A5: sostanze non sospette di essere cancerogene per l’uomo.
La definizione di ogni TLV si basa sugli effetti avversi che compaiono alla più bassa esposizione. Gli effetti critici sono indicati insieme ai TLV e forniscono una guida per valutare se gli effetti dei componenti di una miscela debbano essere considerati indipendenti o additivi. Di seguito si riportano le abbreviazioni utilizzate per gli effetti critici.
alp
Alopecia
emrg
Emorragia
nsl
Nasale
alt
Alitosi
fbrp
Fibrosi polmonare
oclr
Danno oculare
anm
Anemia
fbrs
Fibrosi
ortc
Orticaria
anst
Anestesia
ffmt
Febbre da fumi metallici
oss
Ossa
ansm
Anosmia
fgt
Fegato
otts
Ototossico
anss
Anossia (cellulare)
flrs
Fluorosi
pfr
Porfirine
argr
Argiria
fnpl
Funzione polmonare
plmn
Polmone
asbs
Asbestosi
gnts
Genotossico
pnmc
Pneumoconiosi
asfs
Asfissia
gstr
Gastrointestinale
ren
Reni
asm
Asma
imnt
Immunotossicità
rprd
Riproduttivo
brls
Berilliosi
incol
Inibitore colinesterasi
rspr
Respiratorio
brnc
Bronchite
ipss
Ipossia
sdrs
Siderosi
bssn
Bissinosi
irrt
Irritazione
sen
Sensibilizzazione
cfl
Cefalea
lcm
Leucemia
sencard
Sensibilizzazione cardiaca
cglz
Coagulazione
lrg
Laringe
slcs
Silicosi
clnrg
Colinergico
mbmc
Membrane mucose
sndrR
Sindrome di Raynaud
clrc
Cloracne
mc
Massa corporea
sng
Sangue
cncr
Cancro
mcst
Mucosrasi
sscv
Sistema cardiovascolare
cns
Cianosi
mhb
Meta emoglobinemia
ssnc
Sistema nervoso centrale
cnvl
Convulsioni
mlz
Milza
ssnp
Sistema nervoso periferico
crbemg
Carbossiemoglobina
mrtmpr
Morte improvvisa
stnn
Stannosi
crrs
Corrosione
mscl
Muscoli
svl
Sviluppo
cute
Cute
mstl
Mesotelioma
trd
Tiroide
dc
Diminuzione cognitiva
mtbl
Metabolismo
trgn
Teratogeno
dnt
Denti
mtpl
Metaplasia
tsmsc
Tossina muscolare
dpgm
Depigmentazione
ncrs
Necrosi
urn
Urinario
drmt
Dermatiti
npls
Neoplasia
ustn
Ustioni
dstm
Disturbi metabolici
nrcs
Narcosi
vrt
Vertigini
emb/fet
Danni all'embrione o al feto
nrlg
Neurologico
vsc
Vescica
edmpln
Edema polmonare
nrpt
Neuropatia
vst
Vista
enfpln
Enfisema polmonare
nrts
Neurotossicità
emsd
Emosiderosi
ns
Nausea
[alert]Il processo di valutazione del rischio
Nella logica del D.Lgs. 81/2008, vi è il concetto fondamentale di miglioramento continuo e di programmazione degli interventi.
Il D.Lgs. 81/2008, Titolo IX (protezione dei lavoratori da Agenti Cancerogeni e Mutageni) prevede a carico delle varie figure coinvolte nel sistema di sicurezza e protezione aziendale (datore di lavoro, responsabile del servizio di prevenzione e sicurezza, medico competente, rappresentante dei lavoratori per la sicurezza), particolari obblighi e compiti volti alla prevenzione dei rischi per la salute, alla modifica degli adempimenti organizzativi procedurali, comportamentali e tecnici, quali:
- valutazione dell’esposizione a polveri di legno duro; - attuazione di tutte le misure tecnologicamente attuali previste per il contenimento della quantità di polvere nell’aria ambiente; - mantenimento e controllo tramite il monitoraggio ambientale del valore limite di esposizione che non deve essere superato (valore limite di esposizione personale 5 mg/m³); - istituzione e/o aggiornamento del registro di esposizione per il lavoratori esposti alla polvere di legno duro (agente cancerogeno) nel quale è riportato, per ciascuno di essi, l’attività svolta; - limitazione del numero dei lavoratori esposti a polveri di legno duro con la segregazione delle lavorazioni ove è possibile; - formazione ed informazione degli esposti da effettuare con continuità e/o quando si verificano modifiche al ciclo produttivo; - raccolta, immagazzinamento delle polveri di legno duro, ai fini dello smaltimento, utilizzando contenitori ermetici etichettati; - fornitura di idonei Dispositivi di Protezione Individuale con l’elaborazione di una relativa procedura per la pulizia, la sostituzione ed il controllo prima e dopo ogni utilizzazione. [/alert]
a) assicura, applicando metodi e procedure di lavoro adeguati, che nelle varie operazioni lavorative sono impiegati quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni non superiori alle necessità delle lavorazioni e che gli agenti cancerogeni o mutageni in attesa di impiego, in forma fisica tale da causare rischio di introduzione, non sono accumulati sul luogo di lavoro in quantitativi superiori alle necessità predette;
b) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni, anche isolando le lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguati segnali di avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali «vietato fumare», ed accessibili soltanto ai lavoratori che debbono recarvisi per motivi connessi con la loro mansione o con la loro funzione. In dette aree è fatto divieto di fumare;
c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non vi è emissione di agenti cancerogeni o mutageni nell'aria. Se ciò non è tecnicamente possibile, l'eliminazione degli agenti cancerogeni o mutageni deve avvenire il più vicino possibile al punto di emissione mediante aspirazione localizzata, nel rispetto dell'articolo 18, comma 1, lettera q). L'ambiente di lavoro deve comunque essere dotato di un adeguato sistema di ventilazione generale;
d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni o mutageni per verificare l'efficacia delle misure di cui alla lettera c) e per individuare precocemente le esposizioni anomale causate da un evento non prevedibile o da un incidente, con metodi di campionatura e di misurazione conformi alle indicazioni dell'allegato XLI del presente decreto legislativo;
e) provvede alla regolare e sistematica pulitura dei locali, delle attrezzature e degli impianti;
f) elabora procedure per i casi di emergenza che possono comportare esposizioni elevate;
g) assicura che gli agenti cancerogeni o mutageni sono conservati, manipolati, trasportati in condizioni di sicurezza;
h) assicura che la raccolta e l'immagazzinamento, ai fini dello smaltimento degli scarti e dei residui delle lavorazioni contenenti agenti cancerogeni, avvengano in condizioni di sicurezza, in particolare utilizzando contenitori ermetici etichettati in modo chiaro, netto, visibile;
i) dispone, su conforme parere del medico competente, misure protettive particolari con quelle categorie di lavoratori per i quali l'esposizione a taluni agenti cancerogeni o mutageni presenta rischi particolarmente elevati.
Art. 238. Misure tecniche
1. Il datore di lavoro:
a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi igienici appropriati ed adeguati;
b) dispone che i lavoratori abbiano in dotazione idonei indumenti protettivi da riporre in posti separati dagli abiti civili;
c) provvede affinché i dispositivi di protezione individuale siano custoditi in luoghi determinati, controllati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare o sostituire quelli difettosi o deteriorati, prima di ogni nuova utilizzazione.
2. Nelle zone di lavoro di cui all'articolo 237, comma 1, lettera b), è vietato assumere cibi e bevande, fumare, conservare cibi destinati al consumo umano, usare pipette a bocca e applicare cosmetici.
Art. 239. Informazione e formazione
1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda:
a) gli agenti cancerogeni o mutageni presenti nei cicli lavorativi, la loro dislocazione, i rischi per la salute connessi al loro impiego, ivi compresi i rischi supplementari dovuti al fumare;
b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
c) le misure igieniche da osservare;
d) la necessità di indossare e impiegare indumenti di lavoro e protettivi e dispositivi individuali di protezione ed il loro corretto impiego;
e) il modo di prevenire il verificarsi di incidenti e le misure da adottare per ridurre al minimo le conseguenze.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle attività in questione e vengono ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.
4. Il datore di lavoro provvede inoltre affinché gli impianti, i contenitori, gli imballaggi contenenti agenti cancerogeni o mutageni siano etichettati in maniera chiaramente leggibile e comprensibile. I contrassegni utilizzati e le altre indicazioni devono essere conformi al disposto dei decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive modificazioni.
Art. 240. Esposizione non prevedibile
1. Qualora si verifichino eventi non prevedibili o incidenti che possono comportare un'esposizione anomala dei lavoratori ad agenti cancerogeni o mutageni, il datore di lavoro adotta quanto prima misure appropriate per identificare e rimuovere la causa dell'evento e ne informa i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza.
2. I lavoratori devono abbandonare immediatamente l'area interessata, cui possono accedere soltanto gli addetti agli interventi di riparazione ed ad altre operazioni necessarie, indossando idonei indumenti protettivi e dispositivi di protezione delle vie respiratorie, messi a loro disposizione dal datore di lavoro. In ogni caso l'uso dei dispositivi di protezione non può essere permanente e la sua durata, per ogni lavoratore, è limitata al tempo strettamente necessario.
3. Il datore di lavoro comunica senza indugio all'organo di vigilanza il verificarsi degli eventi di cui al comma 1 indicando analiticamente le misure adottate per ridurre al minimo le conseguenze dannose o pericolose. Tale comunicazione può essere effettuata in via telematica, anche per mezzo degli organismi paritetici o delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro.
Art. 241. Operazioni lavorative particolari
1. Per le operazioni lavorative, quale quella di manutenzione, per le quali è prevedibile, nonostante l'adozione di tutte le misure di prevenzione tecnicamente applicabili, un'esposizione rilevante dei lavoratori addetti ad agenti cancerogeni o mutageni, il datore di lavoro previa consultazione del rappresentante per la sicurezza:
a) dispone che soltanto tali lavoratori hanno accesso alle suddette aree anche provvedendo, ove tecnicamente possibile, all'isolamento delle stesse ed alla loro identificazione mediante appositi contrassegni;
b) fornisce ai lavoratori speciali indumenti e dispositivi di protezione individuale che devono essere indossati dai lavoratori adibiti alle suddette operazioni.
2. La presenza nelle aree di cui al comma 1 dei lavoratori addetti è in ogni caso ridotta al tempo strettamente necessario con riferimento alle lavorazioni da espletare.
Sezione III Sorveglianza sanitaria
Art. 242. Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche
1. I lavoratori per i quali la valutazione di cui all'articolo 236 ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti a sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure preventive e protettive per i singoli lavoratori sulla base delle risultanze degli esami clinici e biologici effettuati.
3. Le misure di cui al comma 2 possono comprendere l'allontanamento del lavoratore secondo le procedure dell'articolo 42.
4. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza di una anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.
5. A seguito dell'informazione di cui al comma 4 il datore di lavoro effettua:
a) una nuova valutazione del rischio in conformità all'articolo 236;
b) ove sia tecnicamente possibile, una misurazione della concentrazione dell'agente in aria e comunque dell'esposizione all'agente, considerando tutte le circostanze e le vie di esposizione possibilmente rilevanti per verificare l'efficacia delle misure adottate.
6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti, con particolare riguardo all'opportunità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività lavorativa.
Art. 243. Registro di esposizione e cartelle sanitarie
1. I lavoratori di cui all'articolo 242 sono iscritti in un registro nel quale è riportata, per ciascuno di essi, l'attività svolta, l'agente cancerogeno o mutageno utilizzato e, ove noto, il valore dell'esposizione a tale agente. Detto registro è istituito ed aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta per il tramite del medico competente. Il responsabile del servizio di prevenzione ed i rappresentanti per la sicurezza hanno accesso a detto registro.
2. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui all'articolo 242, provvede ad istituire e aggiornare una cartella sanitaria e di rischio secondo quanto previsto dall'articolo 25, comma 1, lettera c).
3. Il datore di lavoro comunica ai lavoratori interessati, su richiesta, le relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e, tramite il medico competente, i dati della cartella sanitaria e di rischio.
4. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro invia all'ISPESL, per il tramite del medico competente, la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato unitamente alle annotazioni individuali contenute nel registro e, secondo le previsioni dell'articolo 25 del presente decreto, ne consegna copia al lavoratore stesso.
5. In caso di cessazione di attività dell'azienda, il datore di lavoro consegna il registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio all'ISPESL.
6. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal datore di lavoro almeno fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a quarant'anni dalla cessazione di ogni attività che espone ad agenti cangerogeni o mutageni.
7. I registri di esposizione, le annotazioni individuali e le cartelle sanitarie e di rischio sono custoditi e trasmessi con salvaguardia del segreto professionale e del trattamento dei dati personali e nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni.
8. Il datore di lavoro, in caso di esposizione del lavoratore ad agenti cancerogeni, oltre a quanto previsto ai commi da 1 a 7:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'ISPESL ed all'organo di vigilanza competente per territorio, e comunica loro ogni tre anni, e comunque ogni qualvolta i medesimi ne facciano richiesta, le variazioni intervenute;
b) consegna, a richiesta, all'Istituto superiore di sanità copia del registro di cui al comma 1;
c) in caso di cessazione di attività dell'azienda, consegna copia del registro di cui al comma 1 all'organo di vigilanza competente per territorio;
d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno in precedenza esercitato attività con esposizione ad agenti cancerogeni, il datore di lavoro chiede all'ISPESL copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1, nonché copia della cartella sanitaria e di rischio, qualora il lavoratore non ne sia in possesso ai sensi del comma 4.
9. I modelli e le modalità di tenuta del registro e delle cartelle sanitarie e di rischio sono determinati dal decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali 12 luglio 2007, n. 155, ed aggiornati con decreto dello stesso Ministro, adottato di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali e con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, sentita la commissione consultiva permanente.
10. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali dati di sintesi relativi al contenuto dei registri di cui al comma 1 ed a richiesta li rende disponibili alle regioni.
Art. 244. Registrazione dei tumori
1. L'ISPESL, tramite una rete completa di Centri operativi regionali (COR) e nei limiti delle ordinarie risorse di bilancio, realizza sistemi di monitoraggio dei rischi occupazionali da esposizione ad agenti chimici cancerogeni e dei danni alla salute che ne conseguono, anche in applicazione di direttive e regolamenti comunitari. A tale scopo raccoglie, registra, elabora ed analizza i dati, anche a carattere nominativo, derivanti dai flussi informativi di cui all'articolo 8 e dai sistemi di registrazione delle esposizioni occupazionali e delle patologie comunque attivi sul territorio nazionale, nonché i dati di carattere occupazionale rilevati, nell'ambito delle rispettive attività istituzionali, dall'Istituto nazionale della previdenza sociale, dall'Istituto nazionale di statistica, dall'Istituto nazionale contro gli infortuni sul lavoro, e da altre amministrazioni pubbliche. I sistemi di monitoraggio di cui al presente comma altresì integrano i flussi informativi di cui all'articolo 8.
2. I medici e le strutture sanitarie pubbliche e private, nonché gli istituti previdenziali ed assicurativi pubblici o privati, che identificano casi di neoplasie da loro ritenute attribuibili ad esposizioni lavorative ad agenti cancerogeni, ne danno segnalazione all'ISPESL, tramite i Centri operativi regionali (COR) di cui al comma 1, trasmettendo le informazioni di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 dicembre 2002, n. 308, che regola le modalità di tenuta del registro, di raccolta e trasmissione delle informazioni.
3. Presso l'ISPESL è costituito il registro nazionale dei casi di neoplasia di sospetta origine professionale, con sezioni rispettivamente dedicate:
a) ai casi di mesotelioma, sotto la denominazione di Registro nazionale dei mesoteliomi (ReNaM);
b) ai casi di neoplasie delle cavità nasali e dei seni paranasali, sotto la denominazione di Registro nazionale dei tumori nasali e sinusali (ReNaTuNS);
c) ai casi di neoplasie a più bassa frazione eziologia riguardo alle quali, tuttavia, sulla base dei sistemi di elaborazione ed analisi dei dati di cui al comma 1, siano stati identificati cluster di casi possibilmente rilevanti ovvero eccessi di incidenza ovvero di mortalità di possibile significatività epidemiologica in rapporto a rischi occupazionali.
4. L'ISPESL rende disponibili al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, all'INAIL ed alle regioni e province autonome i risultati del monitoraggio con periodicità annuale.
5. I contenuti, le modalità di tenuta, raccolta e trasmissione delle informazioni e di realizzazione complessiva dei sistemi di monitoraggio di cui ai commi 1 e 3 sono determinati dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, d'intesa con le regioni e province autonome.
Art. 245. Adeguamenti normativi
1. La Commissione consultiva tossicologica nazionale individua periodicamente le sostanze cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione che, pur non essendo classificate ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, rispondono ai criteri di classificazione ivi stabiliti e fornisce consulenza ai Ministeri del lavoro e della previdenza sociale e della salute, su richiesta, in tema di classificazione di agenti chimici pericolosi.
2. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute, sentita la commissione consultiva permanente e la Commissione consultiva tossicologica nazionale:
a) sono aggiornati gli allegati XLII e XLIII in funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione di normative e specifiche comunitarie o internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti cancerogeni o mutageni;
b) è pubblicato l'elenco delle sostanze in funzione dell'individuazione effettuata ai sensi del comma 1.[/panel] Campionamento
Secondo quanto prescritto dal D.Lgs. 81/2008, le procedure di misura prevedono l’utilizzo quanto più possibile di sistemi che consentano il prelievo in zona respiratoria quindi campionamenti personali della frazione inalabile (in base alla Norma UNI EN 481:1994, particelle con diametro aerodinamico compreso nel range 0 - 100 µm)
Una tipica linea di campionamento delle polveri è costituita da:
- una pompa personale - un opportuno preselettore che contiene la membrana di captazione. Preselettori: CONO, IOM, BUTTON (problema dei proiettili) - Membrane in fibra di vetro, PVC, esteri misti di cellulosa(diametro 25 o 37 mm, porosità variabile a seconda del materiale da 0,8 a 8 μm)
CONO
IOM
BUTTON
Le membrane vengono pesate, prima e dopo il campionamento, su bilancia di precisione alla VI cifra decimale, previo condizionamento di 24 - 48 ore sotto cappa ad umidità e temperatura controllate.
[panel] UNI EN 481:1994 Atmosfera nell'ambiente di lavoro. Definizione delle frazioni granulometriche per la misurazione delle particelle aerodisperse.
Versione italiana della norma europea EN 481 (edizione lug. 1993). Definisce le convenzioni di campionamento per le frazioni granulometriche delle particelle che devono essere utilizzate per valutare i possibili effetti sanitari derivanti dall'inalazione di particelle aerodisperse nell'ambiente di lavoro. Queste sono derivate da dati sperimentali ottenuti su adulti sani.[/panel]
Documento completo riepilogativo della dotazione medica a bordo delle navi secondo quanto previsto dall'adattamento tecnico della Direttiva (UE) 2019/1834. Quanto riportato è da applicare anche Direttiva 93/103/CE prescrizioni minime di sicurezza e di salute per il lavoro a bordo delle navi da pesca, tredicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE, attuata con il D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 298.
A. Nave che pratica la navigazione marittima o la pesca in mare senza limiti di distanza dalle coste. B. Nave che pratica la navigazione marittima o la pesca in mare in acque che si trovano entro 150 miglia marine dal più vicino porto adeguatamente equipaggiato dal punto di vista medico (1). C. Nave che pratica la navigazione portuale, natanti e imbarcazioni operanti vicino alle coste o aventi a disposizione come compartimento a bordo soltanto la timoneria.
(1) La categoria B è estesa alle navi che praticano la navigazione marittima o la pesca in mare in acque che si trovano entro 175 miglia marine dal più vicino posto adeguatamente equipaggiato dal punto di vista medico e che rimangono in permanenza nel raggio d'azione dei mezzi di evacuazione sanitaria eliportati. A tal fine, ciascuno Stato membro comunica informazioni aggiornate sulle zone e le condizioni in cui è sistematicamente assicurato il servizio di evacuazione sanitaria eliportato: a) agli altri Stati membri e alla Commissione, e b) ai capitani delle navi battenti la sua bandiera o registrati sotto la sua piena giurisdizione, interessati o che possono essere interessati dall'applicazione del primo comma della presente nota, nella maniera più appropriata, in particolare tramite centri di consultazione via radio, centri di coordinamento di salvataggio o stazioni costiere.
La Direttiva 92/29/CEE interessa anche i lavoratori della pesca disciplinati dalla Direttiva sociale Direttiva 93/103/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e di salute per il lavoro a bordo delle navi da pesca (tredicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) attuata con il D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 298.
Le disposizioni della Direttiva (UE) 2019/1834 sono in vigore dal 20.11.2019, con recepimento da parte degli Stati membri entro il 20 novembre 2021.
Allegati ALLEGATO I CATEGORIE DI NAVI Articolo 1, lettera a) ALLEGATO II DOTAZIONE MEDICA (ELENCO NON ESAURIENTE) [Articolo 1, lettera d)] ALLEGATO III MATERIE PERICOLOSE [Articolo 1, lettera e) ed articolo 3, punto 1] ALLEGATO IV SCHEMA GENERALE PER IL CONTROLLO DELLE DOTAZIONI MEDICHE DELLE NAVI [Articolo 2, paragrafo 1, lettera c), articolo 3, paragrafo 3] ... segue in allegato
Vademecum operativo sicurezza attività estrattive | D.lgs 624/96
ID 6363 | 17.06.2018 / Documento completo allegato
Il presente elaborato illustra, sinteticamente ed in maniera schematica, i dettami del D.lgs 624/96 indicandone il campo di applicazione, le figure individuate e soffermandosi sulla descrizione del DSS (Documento di Salute e Sciurezza), illustrando i contenuti e le procedure di valutazione dei rischi proprie delle attività estrattive.
Il D.Lgs. n. 624/96 si applica ai lavori di prospezione, ricerca e coltivazione delle sostanze minerali e degli idrocarburi liquidi e gassosi, nonché ai lavori svolti negli impianti connessi all’attività estrattiva e nelle pertinenze minerarie.
Titolo I Disposizioni generali Capo I - Campo di applicazione (artt. 1-5) Capo II - Obblighi del datore di lavoro (artt. 6-15) Capo III - Norme generali (artt. 16-28) Capo IV - Attrezzature ed impianti meccanici, elettrici ed elettromeccanici (artt. 29-31) Capo V - Manutenzione (artt. 32-34) Capo VI - Disposizioni tecniche (artt. 35-42)
Titolo II Norme specifiche in materia di sicurezza e di salute applicabili alle attività estrattive a cielo aperto o sotterranee, nonché agli impianti pertinenti di superficie Capo I - Norme comuni (artt. 43-51) Capo II - Norme applicabili alle attività a cielo aperto (art. 52) Capo III - Norme applicabili alle attività in sotterraneo (artt. 53-63)
Titolo III Norme specifiche in materia di sicurezza e di salute applicabili alle attività estrattive condotte mediante perforazione Capo I - Norme comuni applicabili alle attività di terraferma ed in mare (artt. 64-79) Capo II - Norme applicabili alle attività di terraferma (artt. 80-87) Capo III - Norme applicabili alle attività a mare (artt. 88-99)
Titolo IV Norme transitorie e finali (artt. 100-103)
Titolo V Sanzioni (artt. 104-107)
Le norme del Titolo II del decreto 624/96 si applicano alle attività in sotterraneo o a cielo aperto; esse si applicano altresì alle attività di perforazione qualora eseguite in fase di ricerca per minerali solidi per la cui coltivazione non si prevede di utilizzare perforazioni del soprassuolo.
Le norme del Titolo III si applicano invece alle attività condotte mediante perforazione, rappresentata, ai sensi dell'art. 64, da prospezione, ricerca, coltivazione, lavorazione e stoccaggio di sostanze minerali ed energie del sottosuolo la cui coltivazione avvenga mediante la perforazione di pozzi. Il termine "trivellazione" e' sinonimo del termine "perforazione".
Le misure generali per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori di cui all’art 15 del D.Lgs n. 81/2008 vengono integrate da quelle, relative ad aspetti rilevanti per la sicurezza nelle attività estrattive, previste all'art. 5 del D.Lgs. n. 624/96. Queste ultime rappresentano indirizzi di ordine generale che trovano nel resto dell'articolato una concretizzazione in specifici obblighi, con relative sanzioni, in particolare per la prevenzione incendi e l’emergenza.
Quadro Normativo
[panel]- D.L. 25 novembre 1996 n. 624 - Attuazione della direttiva 92/91/CEE relativa alla sicurezza e salute dei lavoratori nelle industrie estrattive per trivellazione e della direttiva 92/104/CEE relativa alla sicurezza e salute dei lavoratori nelle industrie estrattive a cielo aperto o sotterranee
Il DPR 151/2011 ha incluso tra le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi le “centrali di produzione di idrocarburi liquidi e gassosi e di stoccaggio sotterraneo di gas naturale, piattaforme fisse e strutture fisse assimilabili di perforazione e/o produzione di idrocarburi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1979, n.886 e al D.L. 25 novembre 1996 n. 624” (attività n.7 dell’Allegato I). Precedentemente, il D.M. Interno 16/02/1982 assoggettava ai controlli solo le “piattaforme fisse e strutture fisse assimilabili di perforazione e/o produzione di idrocarburi di cui al D.P.R.886/1979” (attività 96, impianti off-shore).
Il D.Lgs. 624/1996, per evitare una duplicazione di procedure, agli artt. 84, 85 e 90 disciplinava l’esame del progetto e il rilascio CPI per tali attività, coordinando l’attività del Comando Provinciale VVF con quella della competente sede territoriale del Ministero Sviluppo Economico (UNMIG). A ulteriore chiarimento, il CNVVF emanò la lettera-circolare prot P1066/4167 sott.17 del 19/05/1997, precisando che:
- le attività in terraferma erano soggette ad esame progetto e non a rilascio di CPI; - le attività off-shore erano invece soggette ad esame progetto e a rilascio di CPI.
Il DSS di cui all'articolo 6, e quello di cui all'articolo 9, devono contenere la valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori in relazione all’attività svolta e la conseguente individuazione delle misure e modalità operative, indicando in particolare le soluzioni adottate, o l'assenza di rischio, per ciascuno dei seguenti elementi:
Indicazioni elaborazione DSS
Il DSS è, come detto, un documento con il quale si tende a portare il rischio delle attività estrattive a livelli accettabili attraverso l’applicazione delle norme di sicurezza e di tutela della salute dei lavoratori, l’uso dei mezzi che la tecnica e la scienza mettono a disposizione.
Il DSS, in particolare, per ciascuna delle voci elencate all’art. 10, deve avvalersi di tale conoscenza deve indicare i rischi presenti e le soluzioni adottate e la loro attuazione nel caso specifico, con la relativa tempistica.
...
DSS coordinato
In caso di affidamento dei lavori all’interno del luogo di lavoro ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi (allegato 17 punto 2 del D.Lgs. n. 81/08), o comunque quando nello stesso luogo di lavoro sono presenti lavoratori di più imprese, il titolare dell’attività estrattiva deve redigere il DSS coordinato.
Scopo di questo documento è:
a) analizzare e pianificare le possibili interferenze tra il lavoro oggetto di affidamento e le operazioni di cava; b) informare l’impresa/lavoratori esterni che operano continuativamente o saltuariamente nella cava dei rischi specifici a cui sono esposti nel corso della loro prestazione d’opera.
Pertanto il DSS coordinato può essere, nella pratica delle esperienze osservate, o un documento comprensivo di tutte le valutazioni inerenti il rischio dell’attività estrattiva, coordinato rispetto alle attività svolte da imprese diverse, ovvero un documento autonomo, redatto dal titolare dell’attività estrattiva, contenente le modalità operative di coordinamento dei lavori e le relative misure comportamentali e organizzative da osservare, redatto per gestire dal punto di vista della sicurezza attività specifiche condotte a servizio o a margine dell’attività lavorativa predominante da ditte esterne.
Tale coordinamento scaturisce in ogni caso dal confronto fra il DSS, redatto dal datore di lavoro che gestisce l’attività estrattiva, ed il documento di valutazione dei rischi delle ditte esterne (art. 28 del D.Lgs. n. 81/08).
Ai fini del coordinamento tra le imprese, appaltatori e fornitori d’opera individuano formalmente i rispettivi preposti, ai sensi del D.Lgs. n. 81/08, fermo restando il ruolo e le funzioni svolte dal sorvegliante.
I principali compiti e obblighi del preposto sono dettati rispettivamente dagli artt. 2 c. 1 lettera e) e 19 del D.Lgs. n. 81/08. [...]
Modelli di calcolo esposizione dei lavoratori agli agenti chimici: progetto norma UNI
[panel]Update 02.05.2018
E' stato pubblicato da UNI il 26 aprile 2018 il Rapporto tecnico codificato come UNI/TR 11707:2018
UNI/TR 11707:2018
Determinazione dell’esposizione dei lavoratori agli agenti chimici - Analisi di modelli di calcolo ai fini della valutazione del rischio occupazionale da agenti chimici
Allegato Documento estratto dal Progetto di norma UNI "Determinazione dell’esposizione dei lavoratori agli agenti chimici - Analisi di modelli di calcolo ai fini della valutazione del rischio occupazionale da agenti chimici”
[panel] Il Rapporto Tecnico
II presente Rapporto tecnico si propone di descrivere la struttura e le applicazioni pratiche dei seguenti modelli di calcolo:
I modelli sono utilizzabili per la valutazione del rischio derivante dalla presenza degli agenti chimici negli ambienti di lavoro, facendo riferimento ad eventuali studi sull'applicazione dei suddetti modelli e mettendo in evidenza, per ciascuno di essi, caratteristiche ed utilizzi.
5.Confronto dei Modelli
Il Prospetto 21 presenta un confronto tra i Modelli Al.Pi.Ris.Ch., Stoffenmanager, Cheope CLP, Linea guida Federchimica[/panel] Segue approfondimento fine Febbraio 2018
La stima dell’esposizione dei lavoratori ad agenti chimici rappresenta un aspetto cruciale nel processo di valutazione del rischio chimico. In ambito occupazionale la stima dell’esposizione a una sostanza o a una miscela è effettuata utilizzando preferenzialmente: dati sperimentali rappresentativi rilevati in modo adeguato; dati di monitoraggio relativi a sostanze con uso e modalità d’esposizione analoghe o proprietà simili; idonei modelli di calcolo in assenza di dati sperimentali.
Sebbene le misurazioni sperimentali siano da preferirsi rispetto all’utilizzo di modelli di calcolo, non sempre sono realizzabili o perché in taluni casi non sono disponibili metodiche ufficiali validate per la determinazione dell’esposizione alla sostanza o per i costi troppi alti delle misurazioni in termini di tempo e risorse. Pertanto, poiché la disponibilità di dati sperimentali è spesso limitata, in alternativa alla misurazione dell’agente chimico, è possibile - e largamente praticato - ricorrere all’impiego di modelli di calcolo, almeno nella fase preliminare di valutazione del rischio.
La Commissione Sicurezza è interessata alla pubblicazione di un TR che descriva la struttura e le applicazioni pratiche dei modelli di calcolo Al.Pi.Ris.Ch., Stoffenmanager®, Cheope CLP, Linea Guida Federchimica, utilizzabili per la valutazione del rischio derivante dalla presenza degli agenti chimici negli ambienti di lavoro, facendo riferimento a eventuali studi sull'applicazione dei suddetti modelli e mettendo in evidenza, per ciascuno di essi, caratteristiche e utilizzi.
Il progetto U5000C490“Determinazione dell’esposizione dei lavoratori agli agenti chimici - Analisi di modelli di calcolo ai fini della valutazione del rischio occupazionale da agenti chimici” non intende essere esaustivo di tutti i modelli disponibili per la valutazione del rischio chimico secondo quanto previsto dalla legislazione vigente e nemmeno intende esprimere giudizi o graduatorie dei modelli di calcolo esaminati. Esso si pone l'obiettivo di aiutare il datore di lavoro nella scelta di un eventuale modello di calcolo per la stima dell’esposizione occupazionale ad agenti chimici che meglio risponda alle esigenze della propria realtà lavorativa.
Per ciascun modello di calcolo, sono descritti i principali parametri su cui è basato l’algoritmo, le caratteristiche e gli utilizzi, facendo anche un confronto tra gli algoritmi con lo scopo di evidenziare sia gli elementi di similitudine che le peculiarità dei singoli modelli, al fine di fornire uno strumento di valutazione comparata.
Il progetto si trova nella fase dell’inchiesta pubblica finale, fase che terminerà il prossimo 1 marzo. Chiunque fosse interessato può scaricarlo online e inviare i propri commenti, utilizzando l’apposito form disponibile nella pagina “UNI: inchiesta pubblica finale”.
Impianti termici: Legislazione di riferimento e sintesi degli obblighi
Rev. 03 del 24 ottobre 2018
Documento e Raccolta legislazione Rev. 0.3 Ottobre 2018 aggiornata per l'esercizio e la manutenzione degli impianti termici, in rosso le revisioni/integrazioni precedente.
L’esercizio e la manutenzione degli impianti termici vengono regolamentati da una vasta serie di leggi e direttive che dal 1976 modificano ed integrano le prime regole stabilite dal legislatore.
"Impianto termico": impianto tecnologico destinato ai servizi di climatizzazione invernale o estiva degli ambienti, con o senza produzione di acqua calda sanitaria, indipendentemente dal vettore energetico utilizzato, comprendente eventuali sistemi di produzione, distribuzione e utilizzazione del calore nonché gli organi di regolarizzazione e controllo. Sono compresi negli impianti termici gli impianti individuali di riscaldamento. Non sono considerati impianti termici apparecchi quali: stufe, caminetti, apparecchi di riscaldamento localizzato ad energia radiante; tali apparecchi, se fissi, sono tuttavia assimilati agli impianti termici quando la somma delle potenze nominali del focolare degli apparecchi al servizio della singola unità immobiliare è maggiore o uguale a 5 kW. Non sono considerati impianti termici i sistemi dedicati esclusivamente alla produzione di acqua calda sanitaria al servizio di singole unità immobiliari ad uso residenziale ed assimilate.».[/box-info]
All'interno della legislazione citata compare la figura molto importante del Terzo Responsabile (DPR 412/93). In effetti, l’esercizio e la manutenzione degli impianti termici sono generalmente affidate al proprietario (privato, amministratore, azienda, ecc.); nel caso in cui però il proprietario non se la senta di gestire l’ impianto può affidarne la manutenzione e conduzione ad un Terzo Responsabile.
Il Terzo Responsabile deve avere determinati requisiti stabiliti dalla D.M. 37/08 e risponde civilmente e penalmente di una eventuale cattiva conduzione secondo quanto previsto dai decreti attuati della legge 10/1991 (DPR 412/1993 e DPR 551/1999) e s.m.i..
Art. 1 Definizioni o) per «terzo responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto termico», la persona fisica o giuridica che, essendo in possesso dei requisiti previsti dalle normative vigenti e comunque di idonea capacità tecnica, economica, organizzativa, è delegata dal proprietario ad assumere la responsabilità dell'esercizio, della manutenzione e dell'adozione delle misure necessarie al contenimento dei consumi energetici.[/box-info]
Il presente documento è stato elaborato in formato doc dal Modello ufficiale MoVaRisCh (Regione Toscana - Regione Emilia Romagna - Regione Lombardia).
Il Modello MoVaRisCh è riconosciuto quale strumento di approccio valido alla Valutazione del rischio chimico.
E' una modalità di analisi che attraverso un percorso semplice consente di effettuare la valutazione del rischio chimico per la salute dei lavoratori secondo quanto previsto dall'articolo 223 del D.lgs 81/08.
Il modello va inteso come un percorso di “facilitazione” atto a consentire, soprattutto alle piccole e medie imprese, ma anche a quelle grandi la classificazione al di sopra o al di sotto della soglia del rischio IRRILEVANTE PER LA SALUTE.
Nell’uso degli agenti cancerogeni e/o mutageni, in cui ovviamente non si applica il concetto di RISCHIO IRRILEVANTE PER LA SALUTE ed in presenza di rischio da agenti chimici pericolosi per la salute dei lavoratori esposti al di sopra della soglia del RISCHIO IRRILEVANTE PER LA SALUTE, la possibile sostituzione è una misura di tutela cogente, la cui inosservanza (artt. 225 e 235 del D.Lgs.81/08) rappresenta un’inadempienza sanzionata precisamente con la ammenda (2.740,00 a 7.014,40 Euro) alternativa all’arresto (3-6 mesi) dall’art. 262 comma 2. lettera a) del D.Lgs.81/08.
Alla data news, sono in essere le scadenze II e III dei programmi di adeguamento cat. A/B/C, con estremi:
- 24 ottobre 2021 cat. A III scadenza - 24 aprile 2022 cat. B/C III scadenza.
Con l'entrata in vigore il 7 ottobre 2011 del nuovo regolamento di prevenzione incendi di cui al D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151, gli “ospedali” (e simili) sono ricompresi al punto 68 dell’allegato I al decreto che, a differenza di quanto previsto dal vecchio elenco del D.M. 16/2/1982, comprende anche attività prima non soggette (Strutture sanitarie che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio). I riferimenti (presenti nel testo) al vecchio regolamento (D.P.R. n. 37/98 e D.M. 16/2/1982), devono intendersi aggiornati secondo l’equiparazione con il nuovo regolamento.
Il D.M. 18 settembre 2002 Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l'esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private. (GU n. 227 del 27 settembre 2002) è stato così modificato:
- D.M.19 marzo 2015 “Aggiornamento della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l'esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private di cui al D.M. 18 settembre 2002” (GU n. 70 del 25/3/2015)
- DM 15 settembre 2005 “Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per i vani degli impianti di sollevamento ubicati nelle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi (G.U. n. 232 del 5/10/2005).
Strutture sanitarie che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero e/o residenziale a ciclo continuativo e/o diurno, case di riposo per anziani con oltre 25 posti letto;
fino a 50 posti letto;
Strutture fino a 100 posti letto;
oltre 100 posti letto
Strutture sanitarie che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio, di superficie complessiva superiore a 500 m2.
Strutture riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio fino a 1.000 m2
Strutture riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio oltre 1.000 m2
Tab 1 - Tabella attività
Con il D.M.19 marzo 2015 recante “Aggiornamento della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private di cui al decreto 18 settembre 2002”, pubblicato nella G.U. n.70 del 25 marzo 2015, sono stati introdotti aggiornamenti alla vigente regola tecnica di prevenzione incendi per tali strutture.
Si tratta di aggiornamenti scaturiti dalla previsione dell’art. 6 del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189 recante “Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute” e riguardano:
- strutture che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero e/o in regime residenziale a ciclo continuativo e/o diurno, con oltre i 25 posti letto, esistenti alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dell’Interno 18 settembre 2002;
- strutture, nuove ed esistenti, che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio, aventi superficie maggiore di 500 m2;
- strutture sanitarie che, per minore superficie o minor numero di posti letto, non sono soggette ai controlli dei Vigili del Fuoco ai sensi dell’allegato I del D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151.
La nuova regola tecnica DM 19 marzo 2015
DM 19 marzo 2015 Nello specifico, gli Allegati I e II sostituiscono integralmente i titoli III e IV della regola tecnica di prevenzione incendi del decreto del Ministro dell’Interno 18 settembre 2002, mentre l’Allegato III aggiunge il titolo V concernente il sistema di gestione della sicurezza finalizzato all’adeguamento antincendio delle strutture sanitarie esistenti che non abbiano ancora completato l'adeguamento antincendio nel previsto termine del 28 dicembre 2007.
Per assicurare la continuità di esercizio di tali strutture è stato individuato un percorso con scadenze differenziate in relazione alla tipologia di struttura da adeguare, con i termini di seguito esplicitati:
A- strutture che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, aventi superficie maggiore di 500 m2 e fino a 1000 m2:
I scadenza
II scadenza
III scadenza
24 ottobre 2015
24 ottobre 2018
24 ottobre 2021
B- strutture che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, aventi superficie maggiore di 1000 m2:
I scadenza
II scadenza
III scadenza
24 aprile 2016
24 aprile 2019
24 aprile 2022
C- strutture che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero e/o in regime residenziale a ciclo continuativo e/o diurno, con oltre i 25 posti letto:
I scadenza
II scadenza
III scadenza
24 aprile 2016
24 aprile 2019
24 aprile 2022
Tab 2 - Tabella scadenze
Ferme restando le scadenze temporali sopra richiamate, per le attività di cui al punto C, l’adeguamento può essere, altresì, realizzato procedendo per singoli lotti di lavori caratterizzati, ciascuno, dagli elementi indicati nel decreto in argomento. Si introduce in tal modo un elemento di flessibilità che, senza rinunciare agli obiettivi di sicurezza, consentirà di poter meglio pianificare l’impiego delle risorse.
Per quanto riguarda l’allegato III, che come già precisato introduce il nuovo titolo V al decreto 18 settembre 2002 e detta le specifiche indicazioni sul sistema di gestione della sicurezza finalizzato all’adeguamento antincendio della intera struttura sanitaria o di parte di essa (padiglione, lotto, reparto) ancora da adeguare, si evidenzia che la predisposizione e l’adozione di tale sistema deve definire e attuare i divieti, le limitazioni e le condizioni di esercizio, ordinarie ed in emergenza, per ciascuna delle fasi del programma di adeguamento, seguendo in modo dinamico l’intero processo.
Si evidenzia, altresì, che anche i responsabili di strutture esistenti per le quali siano stati piani-ficati o siano in corso lavori di adeguamento al decreto 18 settembre 2002 sulla base di un progetto approvato dal competente Comando, ovvero sulla base di un progetto approvato in data antecedente all’entrata in vigore del decreto 18 settembre 2002, che non intendano optare per l’applicazione del DM 19 marzo 2015, sono tenuti ad aggiornare sotto la propria responsabilità il documento relativo al sistema di gestione della sicurezza per ogni fase di adeguamento, riconsiderando la consistenza numerica degli addetti antincendio.
La procedura operativa HAZOP: esempio di applicazione
HAZOP: HAZard and OPerability analysis
E' una tecnica (metodologia di Analisi dei Rischi) molto utilizzata in ambienti industriali con tecniche di controllo automatico di processo, in particolare nell'industria chimica.
Il metodo di Analisi di Pericolo e Operabilità (o metodoHAZOP, dall’inglese HAZard and OPerability analysis) ha lo scopo di individuare i rischi presenti in un processo produttivo. Oggi è uno dei metodi più utilizzati per identificare i rischi, in quanto è una procedura molto strutturata che, oltre a individuare eventuali deviazioni dal processo standard, si occupa anche di valutare interventi correttivi e risolutivi.
Con l’esempio presente nel Focus si vuole semplicemente presentare la metodologia senza la pretesa di rappresentare in ogni dettaglio un realistico studio di caso.
L'applicazione scelta è un forno di riscaldamento di una carica che deve essere destinata ad una reazione endotermica. Il forno utilizza un combustibile gassoso, come gas naturale o gas di raffineria, ed è presente un controllo della temperatura in uscita della carica (variabile controllata) che comanda la valvola di regolazione della portata del combustibile.
Processi simili sono comuni nell’industria petrolifera e petrolchimica, come, ad esempio, l’idrodesolforazione della virgin-naphta da inviare a reforming e il platforming stesso, dove la virgin-naphta proveniente dall’impianto di desolforazione viene preriscaldata sino alla temperatura in cui il platino del catalizzatore è attivo.
La norma IEC 61882:2016 fornisce una guida per gli studi di sistemi HAZOP che utilizzano parole guida.
Essa fornisce una guida sulla applicazione della tecnica e procedura di studio HAZOP, compresa la definizione, la preparazione, le sessioni d'esame e la documentazione risultante e follow-up.
Sono anche previsti esempi di documentazione, ed una vasta gamma di esempi che comprendono diverse applicazioni, che illustrano gli studi HAZOP.
L’Ed. 2016 costituisce una revisione tecnica della precedente 2001 e include le seguenti modifiche tecniche significative:
- Chiarimento della terminologia, nonché l'allineamento con i termini e le definizioni all'interno di ISO 31000:2009 e ISO Guide 73:2009; - Aggiunta di un caso di studio migliorato di un HAZOP procedurale.
Il presente elaborato illustra la panoramica normativa propria delle c.d. attività di lavoro usurante e di lavoro con mansioni particolarmente pesanti o gravose, individuando gli interventi normativi che si sono susseguiti da 1993 ad oggi.
In allegato, inoltre, il testo consolidato del D. Lgs. 11 agosto 1993, n. 374, riservato Abbonati, così come modificato:
dalla Legge 8 agosto 1995, n. 335 (in SO n.101, relativo alla G.U. 16/08/1995, n.190);
ed il testo consolidato Decreto Legislativo 21 aprile 2011 n. 67, riservato Abbonati, così come modificato da:
Decreto - Legge 6 dicembre 2011, n. 201 (in SO n.251, relativo alla G.U. 06/12/2011, n.284), convertito con modificazioni dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214 (in S.O. n. 276, relativo alla G.U. 27/12/2011 n. 300), ha disposto (con l'art. 24, comma 17) Legge 23 dicembre 2014, n. 190 (in SO n.99, relativo alla G.U. 29/12/2014, n.300) Legge 28 dicembre 2015, n. 208 (in SO n.70, relativo alla G.U. 30/12/2015, n.302) Legge 11 dicembre 2016, n. 232 (in SO n.57, relativo alla G.U. 21/12/2016, n.297)
Il significato di “usura”, applicato al lavoro, è determinato in base alla sua definizione comune, che è quella di logoramento, deterioramento, consumo. Il concetto di lavoro usurante si riferisce ad attività che per la loro gravosità determinano un invecchiamento precoce. La letteratura scientifica in materia di medicina del lavoro e medicina legale asserisce che dopo una certa età le capacità psicofisiche necessarie per l’espletamento di alcune attività in particolare manuali in condizione di efficienza e sicurezza si riducono fino a venire completamente meno.
Il lavoro usurante, definito a livello previdenziale, non trova, allo stato attuale, un’uguale correlazione definitoria a livello normativo di salute e sicurezza sul lavoro.
Pur non essendo, pertanto, presente un riferimento normativo che leghi o definisca il lavoro usurante, così come definito a livello previdenziale, a livello, altresì, di sicurezza sul lavoro (Dlgs 81/08), sarebbe quanto mai opportuno, valutare il rischio, inserendo proprio il lavoro usurante come fattore aggravante sul calcolo del rischio.
Difatti, Il lavoro gravoso va distinto attraverso delle tabelle; attraverso una normativa che esiste a livello europeo del 2008 sul rischio di stress lavoro correlato, attraverso le tabelle dell'Inail relative agli infortuni - quindi quanti infortuni avvengono in un determinato lavoro e che incidenza hanno questi infortuni col crescere dell'età - e alle malattie professionali.
Sarebbe buona norma valutare in termini di sicurezza e salute sul lavoro, il rischio lavori usuranti, per i lavoratori dai 50 anni in poi, alla luce anche dei recenti sviluppi in tema di valutazione invecchiamento attivo sul lavoro, come il calcolo dell'indice WAI Work Ability Index, ed il metodo ARAI – Age Risk Assessment Index ®, attraverso il quale è possibile eseguire una valutazione numerica della valutazione del rischio pesata in relazione all’età (tipo "markers") [vedi Invecchiamento attivo sul lavoro | Indice WAI | Metodo ARAI®]. [/panel]
Excursus
...
La prima definizione del concetto di lavoro usurante e la definizione di un elenco di questo tipo di mansioni è rintracciabile al D. Lgs. 11 agosto 1993, n. 374 - Attuazione dell'art. 3, comma 1, lettera f), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, recante benefici per le attività usuranti.
[panel]Art. 1.D. Lgs. 11 agosto 1993, n. 374
1. Sono considerati lavori particolarmente usuranti quelli per il cui svolgimento è richiesto un impegno psicofisico particolarmente intenso e continuativo, condizionato da fattori che non possono essere prevenuti con misure idonee.
2. Le attività particolarmente usuranti di cui al comma 1 sono individuate nella tabella A allegata al presente decreto che può essere modificata, sulla base di valutazioni tecnico-scientifiche, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, sentite le organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale.[/panel]
Elenco attività particolarmente usuranti
[panel]Tabella A - D. Lgs. 11 agosto 1993, n. 374
Le categorie di lavori considerati usuranti sono:
- lavoro continuativo notturno - lavori alle linee di montaggio con ritmi vincolati - lavori in galleria, cava o miniera - lavori espletati direttamente dal lavoratore in spazi ristretti: all’interno di condotti, di cunicoli di servizio, di pozzi, di fognature, di serbatoi, di caldaie - lavori in altezza: su scale aeree, con funi a tecchia o parete, su ponti a sbalzo, su ponti a castello installati su natanti, su ponti mobili a sospensione. A questi lavori sono assimilati quelli svolti dal gruista, dall’addetto alla costruzione di camini e dal copriletto - lavori in cassoni ad aria compressa - lavori svolti dai palombari - lavori in celle frigorifere o all’interno di ambienti con temperatura uguale o inferiore a 5 gradi centigradi - lavori ad alte temperature: addetti ai forni e fonditori nell’industria metallurgica e soffiatori nella lavorazione del vetro cavo - autisti di mezzi rotabili di superficie - marittimi imbarcati a bordo - personale addetto ai reparti di pronto soccorso, rianimazione chirurgia d’urgenza - trattoristi - addetti alle serre e fungaie - lavori di asportazione dell’amianto da impianti industriali, da carrozze ferroviarie e da edifici industriali e civili. [/panel]
1. Nell'ambito delle attivita' particolarmente usuranti individuate nella tabella A, allegata al decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 374, sono considerate mansioni particolarmente usuranti, in ragione delle caratteristiche di maggiore gravita' dell'usura che esse presentano anche sotto il profilo dell'incidenza della stessa sulle aspettative di vita, dell'esposizione al rischio professionale di particolare intensita', delle peculiari caratteristiche dei rispettivi ambiti di attività con riferimento particolare alle componenti socioeconomiche che le connotano, le seguenti, svolte nei vari settori di attività economica:
"lavori in galleria, cava o miniera": mansioni svolte in sotterraneo con carattere di prevalenza e continuita';
"lavori nelle cave" mansioni svolte dagli addetti alle cave di materiale di pietra e ornamentale;
"lavori nelle gallerie" mansioni svolte dagli addetti al fronte di avanzamento con carattere di prevalenza e continuita';
"lavori in cassoni ad aria compressa";
"lavori svolti dai palombari";
"lavori ad alte temperature": mansioni che espongono ad alte temperature, quando non sia possibile adottare misure di prevenzione, quali, a titolo esemplificativo, quelle degli addetti alle fonderie di fusione, non comandata a distanza, dei refrattaristi, degli addetti ad operazioni di colata manuale;
"lavorazione del vetro cavo": mansioni dei soffiatori nell'industria del vetro cavo eseguito a mano e a soffio;
"lavori espletati in spazi ristretti", con carattere di prevalenza e continuità ed in particolare delle attività di costruzione, riparazione e manutenzione navale, le mansioni svolte continuativamente all'interno di spazi ristretti, quali intercapedini, pozzetti, doppi fondi, di bordo o di grandi blocchi strutture;
"lavori di asportazione dell'amianto" mansioni svolte con carattere di prevalenza e continuita'.[/panel]
Accesso anticipato Pensionamento lavorazioni particolarmente faticose e pesanti
Il d.lgs. 67/2011 ha previsto la possibilità, per gli addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, di beneficiare dell’accesso anticipato al pensionamento rispetto ai limiti, oggettivi e soggettivi, fissati dalla normativa generale.
[panel]Art.1 Lavoratori addetti a lavorazioni particolarmente faticose e pesanti
1. In deroga a quanto previsto all'articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 243, come modificato dall'articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247, possono esercitare, a domanda, il diritto per l'accesso al trattamento pensionistico anticipato, fermi restando il requisito di anzianita' contributiva non inferiore a trentacinque anni e il regime di decorrenza del pensionamento vigente al momento della maturazione dei requisiti agevolati, le seguenti tipologie di a) lavoratori impegnati in mansioni particolarmente usuranti di cui all'articolo 2 del decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale in data 19 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 208 del 4 settembre 1999; b) lavoratori notturni, come definiti e ripartiti ai soli fini del presente decreto legislativo, nelle seguenti categorie: 1) lavoratori a turni, di cui all'articolo 1, comma 2, lettera g), del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, che prestano la loro attivita' nel periodo notturno come definito alla lettera d) del predetto comma 2, per almeno 6 ore per un numero minimo di giorni lavorativi all'anno non inferiore a 78 per coloro che maturano i requisiti per l'accesso anticipato nel periodo compreso tra il 1° luglio 2008 e il 30 giugno 2009 e non inferiore a 64 per coloro che maturano i requisiti per l'accesso anticipato dal 1° luglio 2009; 2) al di fuori dei casi di cui al numero 1), lavoratori che prestano la loro attivita' per almeno tre ore nell'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino di cui all'articolo 1, comma 2, lettera d), del predetto decreto legislativo n. 66 del 2003, per periodi di lavoro di durata pari all'intero anno lavorativo; c) lavoratori alle dipendenze di imprese per le quali operano le voci di tariffa per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro di cui all'elenco n. 1 contenuto nell'allegato 1 al presente decreto legislativo, cui si applicano i criteri per l'organizzazione del lavoro previsti dall'articolo 2100 del codice civile, impegnati all'interno di un processo produttivo in serie, contraddistinto da un ritmo determinato da misurazione di tempi di produzione con mansioni organizzate in sequenze di postazioni, che svolgano attivita' caratterizzate dalla ripetizione costante dello stesso ciclo lavorativo su parti staccate di un prodotto finale, che si spostano a flusso continuo o a scatti con cadenze brevi determinate dall'organizzazione del lavoro o dalla tecnologia, con esclusione degli addetti a lavorazioni collaterali a linee di produzione, alla manutenzione, al rifornimento materiali, ad attivita' di regolazione o controllo computerizzato delle linee di produzione e al controllo di qualita'; d) conducenti di veicoli, di capienza complessiva non inferiore a 9 posti, adibiti a servizio pubblico di trasporto collettivo 9 posti, adibiti a servizio pubblico di trasporto collettivo. 2. Il diritto al trattamento pensionistico anticipato e' esercitabile qualora i lavoratori di cui al comma 1 abbiano svolto una o piu' delle attivita' lavorative di cui alle lettere a), b), c) e d) del medesimo comma 1, secondo le modalita' ivi previste, per un periodo di tempo pari: a) ad almeno sette anni (...) negli ultimi dieci di attivita' lavorativa, (ovvero) b) ad almeno la meta' della vita lavorativa complessiva, (...). 3. Ai fini del computo dei periodi di cui al comma 2 si tiene conto dei periodi di svolgimento effettivo delle attivita' lavorative indicate alle lettere a), b), c) ed), con esclusione di quelli totalmente coperti da contribuzione figurativa. 4. A decorrere dal 1° gennaio 2012, i lavoratori dipendenti di cui al comma 1 conseguono il diritto al trattamento pensionistico con i requisiti previsti dalla Tabella B di cui all'Allegato 1della legge 24 dicembre 2007, n. 247. Restano fermi gli adeguamenti dei requisiti agli incrementi della speranza di vita previsti dall'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. (In via transitoria, con riferimento ai requisiti di cui al presente comma non trovano applicazione gli adeguamenti alla speranza di vita di cui al citato articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, previsti per gli anni 2019, 2021, 2023 e 2025 ai sensi dell'articolo 24, comma 13, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214). 5. In via transitoria, per il periodo 2008-2011 i lavoratori di cui al comma 1 conseguono il diritto al trattamento pensionistico in presenza dei seguenti requisiti: a) per il periodo compreso tra il 1° luglio 2008 e il 30 giugno 2009, un'eta' anagrafica ridotta di un anno rispetto a quella indicata nella Tabella A di cui all'allegato 1della legge n. 247 del 2007; b) per il periodo compreso tra il 1° luglio 2009 e il 31 dicembre 2009, un'eta' anagrafica ridotta di due anni ed una somma di eta' anagrafica e anzianita' contributiva inferiore di due unita' rispetto ai requisiti indicati per lo stesso periodo nella Tabella B di cui all'allegato 1 della legge n. 247 del 2007; c) per l'anno 2010, un'eta' anagrafica ridotta di due anni ed una somma di eta' anagrafica e anzianita' contributiva ridotta di una unita' rispetto ai requisiti indicati per lo stesso periodo nella predetta Tabella B; d) per l'anno 2011, un'eta' anagrafica inferiore ridotta di tre anni ed una somma di eta' anagrafica e anzianita' contributiva ridotta di due unita' rispetto ai requisiti indicati per lo stesso periodo nella medesima Tabella B. 6. Per i lavoratori che prestano le attivita' di cui al comma 1, lettera b), numero 1), per un numero di giorni lavorativi annui inferiori a 78 e che maturano i requisiti per l'accesso anticipato dal 1° luglio 2009 al 31 dicembre 2011, la riduzione del requisito di eta' anagrafica prevista al comma 5 non puo' superare: a) un anno per coloro che svolgono le predette attivita' per un numero di giorni lavorativi all'anno da 64 a 71; b) due anni per coloro che svolgono le predette attivita' lavorativa per un numero di giorni lavorativi all'anno da 72 a 77. 6.bis Per i lavoratori che prestano le attivita' di cui al comma 1, lettera b), numero 1), per un numero di giorni lavorativi annui inferiori a 78 e che maturano i requisiti per l'accesso anticipato dal 1° gennaio 2012, il requisito anagrafico e il valore somma di cui alla Tabella B di cui all'allegato 1 della legge n. 247 del 2007: a) sono incrementati rispettivamente di due anni e di due unita' per coloro che svolgono le predette attivita' per un numero di giorni lavorativi all'anno da 64 a 71; b) sono incrementati rispettivamente di un anno e di una unita' per coloro che svolgono le predette attivita' lavorative per un numero di giorni lavorativi all'anno da 72 a 77. 7. Ai fini dell'applicazione del commi 6 e 6-bis, e' considerata, tra le attivita' di cui alle lettere a) e b) del comma medesimo, quella svolta da ciascun lavoratore per il periodo di tempo piu' lungo nell'ambito del periodo di tempo minimo di cui al comma 2 e, nel caso di svolgimento per un periodo di tempo equivalente, quella di cui alla lettera b). Qualora il lavoratore di cui al comma 6 abbia svolto anche una o piu' delle attivita' di cui alle altre fattispecie indicate alle lettere a), b), c) e d) del comma 1, si applica il beneficio ridotto previsto dal predetto comma 6 solo se, prendendo in considerazione il periodo complessivo in cui sono state svolte le attivita' di cui alle predette lettere a), b), c) e d), le attivita' specificate al comma 6 medesimo siano state svolte per un periodo superiore alla meta'. 8. Sono fatte salve le norme di miglior favore per l'accesso anticipato al pensionamento, rispetto ai requisiti previsti nell'assicurazione generale obbligatoria. Tali condizioni di miglior favore non sono cumulabili o integrabili con le disposizioni del presente articolo. 9. I benefici di cui al presente articolo spettano, fermo restando quanto disciplinato dall'articolo 3, con effetto dalla prima decorrenza utile dalla data di entrata in vigore del presente decreto purche', in ogni caso, successiva alla data di cessazione del rapporto di lavoro.[/panel]
Specificazione attività gravose
Decreto 5 febbraio 2018 Specificazione delle professioni di cui all'allegato B della legge 27 dicembre 2017, n. 205 GU Serie Generale n.47 del 26-02-2018
Nel DM 5-2-2018 pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 26.2.2018, il Ministero del lavoro ha fornito l'elenco completo e dettagliato delle attività e delle mansioni con i relativi codici ISTAT.
[panel]Art. 1. In attuazione dell’art. 1, comma 153, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 e ai fini di quanto disposto dai commi 147, 148 e 163 del medesimo articolo, le professioni di cui all’allegato B della legge sono ulteriormente specificate dall’allegato A al presente decreto.
...
Allegato A A) Operai dell'industria estrattiva, dell'edilizia e della manutenzione degli edifici Classificazioni Istat 6.1 - 8.4.1 - 8.4.2 Limitatamente al personale inquadrato come operaio nei settori dell'industria estrattiva, dell'edilizia e della manutenzione degli edifici. Le professioni comprese in questo gruppo si occupano, utilizzando strumenti, macchine e tecniche diverse, dell'estrazione e della lavorazione di pietre e minerali, della costruzione, della rifinitura e della manutenzione di edifici e di opere pubbliche, nonche' del mantenimento del decoro architettonico, della pulizia e dell'igiene delle stesse. Fanno parte di tale gruppo gli operai dell'industria estrattiva, dell'edilizia, della manutenzione degli edifici, della costruzione e manutenzione di strade, dighe e altre opere pubbliche. B) Conduttori di gru o di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni Classificazioni Istat 7.4.4.2 - 7.4.4.3 - 7.4.4.4 Conduttori di gru e di apparecchi di sollevamento Le professioni comprese in questa unita' manovrano macchine fisse, mobili o semoventi, per il sollevamento di materiali, ne curano l'efficienza, effettuano il posizionamento, ne dirigono e controllano l'azione durante il lavoro, effettuano le operazioni di aggancio e sgancio delle masse da sollevare, agendo nel rispetto delle caratteristiche meccaniche, delle condizioni atmosferiche e di contesto, della natura del carico e delle norme applicabili. Conduttori di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni Le professioni comprese in questa categoria manovrano macchine per la perforazione nel settore delle costruzioni, ne curano l'efficienza, ne effettuano il posizionamento, ne dirigono e controllano l'azione durante il lavoro, provvedono al rifornimento, agendo nel rispetto delle caratteristiche meccaniche, delle condizioni del terreno e dei materiali da perforare, del tipo di lavoro da svolgere e delle norme applicabili. C) Conciatori di pelli e di pellicce Classificazioni Istat 6.5.4.1 Le professioni comprese in questa unita' si occupano della prima lavorazione e rifinitura del cuoio, delle pelli e delle pellicce, raschiano, sottopongono a concia, nappano, scamosciano, rifilano e portano a diverso grado di rifinitura i materiali della pelle animale in modo da renderli utilizzabili per confezionare capi e complementi di abbigliamento, accessori di varia utilita', calzature, rivestimenti e altri manufatti in cuoio e pelle. D) Conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante Classificazioni Istat 7.4.1.1 e personale viaggiante Conduttori di convogli ferroviari Le professioni comprese in questa categoria conducono locomotori ferroviari con propulsori diesel, elettrici o a vapore per il trasporto su rotaia di persone e merci. Personale viaggiante Personale che espleta la sua attivita' lavorativa a bordo e nei viaggi dei convogli ferroviari. E) Conduttori di mezzi pesanti e camion Classificazioni Istat 7.4.2.3 Le professioni comprese in questa unita' guidano autotreni e mezzi pesanti per il trasporto di merci, sovrintendono alle operazioni di carico e di scarico, provvedendo al rifornimento, agendo nel rispetto delle caratteristiche meccaniche, delle condizioni viarie e delle norme applicabili F) Personale delle professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche ospedaliere con lavoro organizzato in turni Professioni sanitarie infermieristiche Cosi' come definite dal DECRETO DEL MINISTRO DELLA SANITA' 14 settembre 1994, n. 739 Professioni sanitarie ostetriche Cosi' come definite dal DECRETO DEL MINISTRO DELLA SANITA' 14 settembre 1994, n. 740 Le attivita' devono essere con lavoro organizzato a turni ed espletate nelle strutture ospedaliere G) Addetti all'assistenza personale di persone in condizioni di non autosufficienza Classificazioni Istat 5.4.4.3 Addetti all'assistenza personale Le professioni comprese in questa unita' assistono, nelle istituzioni o a domicilio, le persone anziane, in convalescenza, disabili, in condizione transitoria o permanente di non autosufficienza o con problemi affettivi, le aiutano a svolgere le normali attivita' quotidiane, a curarsi e a mantenere livelli accettabili di qualita' della vita. Attivita' espletate anche presso le famiglie H) Insegnanti della scuola dell'infanzia e educatori degli asili nido Classificazioni Istat 2.6.4.2 Le professioni comprese in questa unita' organizzano, progettano e realizzano attivita' didattiche finalizzate, attraverso il gioco individuale o di gruppo, a promuovere lo sviluppo fisico, psichico, cognitivo e sociale nei bambini in eta' prescolare. Programmano tali attivita', valutano l'apprendimento degli allievi, partecipano alle decisioni sull'organizzazione scolastica, sulla didattica e sull'offerta formativa; coinvolgono i genitori nel processo di apprendimento dei figli, sostengono i bambini disabili lungo il percorso scolastico. L'ambito della scuola dell'infanzia comprende : a. servizi educativi per l'infanzia (articolati in: nido e micronido; servizi integrativi; sezioni primavera) b. scuole dell'infanzia statali e paritarie. I) Facchini, addetti allo spostamento merci e assimilati Classificazioni Istat 8.1.3.1 Facchini, addetti allo spostamento merci ed assimilati Le professioni classificate in questa categoria provvedono alle operazioni di carico, scarico e movimentazione delle merci all'interno di aeroporti, stazioni ferroviarie, porti, imprese, organizzazioni e per le stesse famiglie; raccolgono e trasportano i bagagli dei viaggiatori e dei clienti di alberghi e di altre strutture ricettive. L) Personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia Classificazioni Istat 8.1.4.1 - 8.1.4.3 Personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia di uffici ed esercizi commerciali Le professioni classificate in questa categoria mantengono puliti e in ordine gli ambienti di imprese, organizzazioni, enti pubblici ed esercizi commerciali. Personale non qualificato addetto alla pulizia nei servizi di alloggio e nelle navi Le professioni classificate in questa categoria cura il riordino e la pulizia delle camere, dei bagni, delle cucine e degli ambienti comuni; provvede alla sostituzione delle lenzuola, degli asciugamani e di altri accessori a disposizione dei clienti. M) Operatori ecologici e altri raccoglitori e separatori di rifiuti Classificazioni Istat 8.1.4.5 Operatori ecologici e altri raccoglitori e separatori di rifiuti Le professioni classificate in questa unita' provvedono alla raccolta dei rifiuti nelle strade, negli edifici, nelle industrie e nei luoghi pubblici e al loro caricamento sui mezzi di trasporto presso i luoghi di smaltimento, si occupano della raccolta dagli appositi contenitori dei materiali riciclabili e del loro caricamento su mezzi di trasporto. N. Operai dell’agricoltura, zootecnia e pesca Classificazioni ISTAT 6.4.1 - 6.4.2 - 6.4.3 - 8.3.1 - 8.3.2 Rientra in questa categoria il personale dipendente inquadrato con qualifica di operaio che svolge le seguenti attività: - Operai agricoli specializzati: pianificano ed eseguono tutte le operazioni necessarie a coltivare prodotti agricoli destinate al consumo alimentare e non, rendendo produttive colture in pieno campo, coltivazioni legnose, vivai, serre ed orti stabili - Operai specializzati della zootecnia: si occupano della cura, della alimentazione e della custodia di animali da allevamento per produrre carne o altri prodotti destinati al consumo alimentare o alla trasformazione e produzione industriale. - Altri operai agricoli: curano e mettono a produzione in modo non specialistico o univoco una o più tipologie di coltura e di allevamento. - Operai non qualificati nell'agricoltura e nella manutenzione del verde: svolgono compiti semplici e routinari per la coltivazione agricola e per la manutenzione parchi, giardini e delle aree verdi. - Operai non qualificati addetti alle foreste, alla cura degli animali, alla pesca e alla caccia : svolgono compiti semplici e routinari per la cura e l'accompagnamento degli animali, per il mantenimento delle foreste e per la pesca e la caccia. O. Pescatori della pesca costiera, in acque interne, in alto mare, dipendenti o soci di cooperative Classificazioni Istat 6.4.5.2 - 6.4.5.3 Rientra in questa categoria il personale dipendente imbarcato delle imprese di pesca e delle cooperative di pesca, compresi i soci lavoratori e i soci delle cooperative della piccola pesca di cui alla legge 13 marzo 1958, n. 250, che svolge le seguenti attività: - Pescatori della pesca costiera ed in acque interne : si occupano della pesca costiera e in acque interne, svolgono tutte le operazioni relative alla ricerca, l'abbattimento e la cattura di specie ittiche o comunque acquatiche, quali crostacei, molluschi, spugne, telline, destinati all'alimentazione o alla trasformazione industriale. - Pescatori d'alto mare: ricercano, abbattono e catturano in alto mare pesci, molluschi, crostacei, spugne ed altri prodotti acquatici destinati all'alimentazione o alla trasformazione industriale. P. Siderurgici di prima e seconda fusione e lavoratori del vetro addetti a lavori ad alte temperature non già ricompresi tra i lavori usuranti di cui al dlgs n. 67/2011 Classificazioni Istat 7.1.2.1 - 7.1.2.2 - 7.1.2.3 - 7.1.3 Rientra in questa categoria il personale dipendente inquadrato con qualifica di operaio che svolge le seguenti attività e non già ricompreso tra i lavori usuranti di cui al dlgs n. 67/2011 - Fonditori, operatori di altoforno, di convertitori e di forni di raffinazione (siderurgia): conducono macchine e impianti di caricamento e di posizionamento dei minerali e dei rottami nei forni ed altoforni, conducono questi ultimi; conducono gli impianti siderurgici di colata in lingotti, lastre e barre e taglio della ghisa, del ferro e dell’acciaio prodotti. - Operatori di forni di seconda fusione, colatori di metalli e leghe e operatori di laminatoi: conducono macchine e impianti di caricamento del metallo in forni di seconda fusione e conducono questi ultimi; conducono treni ed impianti di laminazione a freddo e a caldo delle colate di ferro e acciaio. - Operatori di impianti per il trattamento termico dei metalli: conducono macchine e impianti, basati su tecnologie diverse, per la tempera, la ricottura e per altri trattamenti termici di metalli e leghe metalliche. - Conduttori di forni ed altri impianti per la lavorazione del vetro, della ceramica e di materiali assimilati: conducono impianti e macchinari per la lavorazione di materiali inerti a base di sabbie terre ed argille, impianti e forni per la produzione e la lavorazione del vetro, della ceramica e di materiali simili e di laterizi. Q. Marittimi imbarcati a bordo e personale viaggiante dei trasporti marini ed acque interne Classificazioni Istat 7.4.5 e personale viaggiante Rientra in questa categoria il personale dipendente che svolge le seguenti attività: - Marinai di coperta e operai assimilati: Le professioni comprese in questa classe conducono macchine e motori navali, barche e battelli; supportano le operazioni di trasporto marittimo. - Personale viaggiante dei trasporti marini e acque interne [/panel]
Il Documento fornisce una panoramica normativa con illustrazioni per la progettazione di sicurezza dei magazzini automatici a corsie strette (VNA - Very Narrow Aisle).
Il Documento tratta i criteri di progetto generali, i sistemi di guida, le scaffalature, la pavimentazione, la tecnologia RFID, i sistemi di protezione individuale e l’ottimizzazione dei processi, check list finale e riferimenti normativi.
I magazzini a corsie strette permettono il massimo sfruttamento di spazio grazie alla drastica riduzione di larghezza delle corsie che unita alla possibilità di un’altezza più elevata di prelievo merce consente di incrementare notevolmente la capacità del magazzino.
Uno dei vantaggi di tali sistemi è l’accesso diretto ad ogni posto pallet. Se necessario è possibile effettuare operazioni di picking direttamente dallo scaffale.
La merce può inoltre essere movimentata secondo il principio FIFO.
Tali magazzini consentono:
- la minimizzazione dello spazio necessario e massimizzazione della resa di movimentazione. - un miglior sfruttamento possibile grazie all’interfacciamento ottimale tra carrello, scaffalatura e pavimentazione.
[box-info]Very Narrow Aisle
Tali magazzini sono comunemente conosciuti come VNA (Very Narrow Aisle)
Al fine di ridurre al minimo lo spazio dei corridoi di movimentazione, la distanza tra i carrelli usati nelle corsie strette e lo scaffale è molto ridotta. La EN ISO 3691-3:2017 prescrive una distanza di sicurezza minima di 90 mm (tra carico prelevato e scaffale).
[box-info]EN ISO 3691-3:2017 ... 6.4 Installation information
6.4.1 The truck manufacturer shall provide the user with dimensional tolerances for the floor, clearance requirements for racking, and details of other interfacing equipment.
6.4.2 The truck manufacturer shall provide information to the (end) user that trucks operating in aisles with guidance systems shall have a designed minimum side clearance of not less than 90 mm between any elevating part of the truck, including the load and the racking or loads in the rack in their proper stacked position.[/box-info]
In funzione del sistema di guida, del tipo di carrello usato e della dimensione dei pallet possono rendersi necessarie delle distanze di sicurezza maggiori (es. con guida induttiva).
I sistemi di guida garantiscono un funzionamento sicuro ed elevate rese di movimentazione. La guida meccanica consente di raggiungere elevate velocità di traslazione e di sollevamento e facilita il lavoro del conducente. ...
Distanza di sicurezza per guida meccanica
Una distanza di sicurezza di 100 mm per carrelli guidati con sistema meccanico consente di ottimizzare i risultati in termini di sicurezza e di resa di movimentazione.
La distanza tra ruota di carico e guida deve essere almeno di 50 mm in modo da facilitare al conducente l’ingresso tra le guide e il corridoio.
Figura 1 - Distanze di sicurezza per guida meccanica
Larghezza della corsia di lavoro per guida meccanica
La larghezza minima della corsia di lavoro (AST) è calcolata tenendo conto della profondità di stoccaggio del carico, delle dimensioni di ingombro del mezzo utilizzato e delle distanze di sicurezza.
Figura 2 - Larghezza corsia per guida meccanica ....
Figura 3 - Larghezza corsia per guida meccanica
Legenda b2 Larghezza asse di carico b6 Scartamento esterno rulli b9/b14 Larghezza cabina/telaio carrello trilaterale b26 Distanza minima tra le guide AST Larghezza corsia di lavoro ...
Le guide vengono posate ed ancorate al pavimento medianti tasselli dedicati ad interassi differenziati in funzione delle forze che agiscono sulle varie zone della guida stessa. Gli interassi tra i tasselli possono infatti variare da 800÷1.000 mm ed essere ridotti fino a 300 mm circa nella zona di ingresso corsia.
Le giunzioni delle guide vengono eseguite in loco mediante saldatura con conseguente finitura superficiale per assicurarne la protezione contro la corrosione.
Figura 4 - Montaggio delle guide
Guida induttiva (filo guida)
Principio di funzionamento
Il carrello guidato ad induzione segue la traccia di un filo conduttore posizionato al di sotto del pavimento. Un generatore di frequenza alimenta il filo conduttore che viene percorso da corrente alternata ad alta frequenza (bassa tensione). La corrente genera un campo elettromagnetico concentrico.
Speciali antenne montate sul carrello rilevano questo campo elettromagnetico e registrano ogni cambiamento di posizione del carrello rispetto al filo conduttore. In tal caso il carrello sterza automaticamente e si riporta in posizione. Il carrello è così guidato in maniera sicura lungo l’intera corsia.
Pavimento del fabbricato
L’uso di armature di ferro o fibre di acciaio nel pavimento richiede i seguenti accorgimenti:
Per evitare influssi negativi sul campo elettromagnetico alternato, armature di ferro (reti elettrosaldate) devono essere collocate nel calcestruzzo, al di sotto del livello del filo conduttore. Una distanza maggiore di 50 mm tra filo conduttore e armatura si è rivelata ottimale. Se al posto delle reti si utilizzano fibre d’acciaio, è importante che vengano distribuite uniformemente nel calcestruzzo.
La quantità di fibre nel calcestruzzo deve essere al massimo di 30 kg/m3.
Inoltre è bene evitare, in un’area di ±250 mm dal filo conduttore, la presenza di altri componenti metallici, come ad esempio profili d’acciaio per la protezione da fughe di dilatazione e giunti.
Figura 9 - Filo conduttore nel pavimento ...
Layout del filo conduttore
L’impianto per guida induttiva a pavimento è installato secondo la configurazione di un loop conduttore chiuso; le due estremità sono collegate con il generatore di frequenza (FG). In presenza di un numero dispari di corsie sarà necessario installare una linea di ritorno fino al generatore di frequenza.
Per prevenire disturbi dei campi elettromagnetici nell’area di guida, si raccomanda di mantenere una distanza di 1,5 m tra fili della stessa frequenza, ad eccezione delle linee di ritorno che non vengono utilizzate per la circolazione.
Figura 17 - Traiettoria del filo conduttore con un numero dispari di corsie
3. Scaffalature
Scaffalatura portapallet nei magazzini a corsie strette
Esistono svariate tipologie di scaffalature. La loro struttura dipende dal tipo di impiego e dalle condizioni presenti in loco.
Le grandezze più importanti da considerare per il dimensionamento di una scaffalatura sono i pallet o contenitori utilizzati, peso e dimensioni dei carichi ed i carrelli impiegati per servire gli scaffali. Nei sistemi a corsie strette si ricorre principalmente a scaffalature portapallet che possono essere monoposto o a più posti, a seconda del peso del carico.
Le prove statiche sono effettuate in conformità alla norma
EN 15512 Sistemi di stoccaggio statici in acciaio – Scaffalature regolabili porta pallet – Principi per la progettazione strutturale».
Le scaffalature porta-pallet sono realizzate in conformità alle seguenti norme:
EN 15620 - Sistemi di stoccaggio statici di acciaio - Scaffalature portapallet - Tolleranze, deformazioni e interspazi EN 15629 - Sistemi di stoccaggio statici di acciaio - Specifiche dell'attrezzatura di immagazzinaggio EN 15635 - Sistemi di stoccaggio statici di acciaio - Utilizzo e manutenzione dell'attrezzatura di immagazzinaggio
Non essendo una costruzione collegata direttamente con l’edificio, le scaffalature portapallet consentono un’elevata flessibilità di installazione. L’utilizzatore ha la possibilità di modificare/adattare il layout della scaffalatura qualora cambino le condizioni d’impiego.
Vantaggi delle scaffalature portapallet nei magazzini a corsie strette:
- Accesso diretto a tutti gli articoli - Libera assegnazione delle locazioni - Utilizzabili sia per impiego manuale che automatizzato - Possibilità di stoccaggio longitudinale trasversale o misto - Flessibilità di dimensionamento in funzione dei contenitori, dei pallet e dei carichi - Possibilità di realizzare il principio FIFO - Possibilità di effettuare le operazioni di picking direttamente dallo scaffale ...
Postazioni di carico/scarico - prestoccaggi
Le postazioni di carico/scarico sono normalmente formate dai correnti sporgenti dell’ultima campata dello scaffale. L’ultima spalla prima dell’area di carico/scarico è meno profonda e consente quindi il montaggio dei correnti filanti.
Le postazioni di carico/scarico vengono equipaggiate con dispositivi o telai di centraggio. I carrelli di servizio a guida libera scaricano quindi i carichi in una posizione prestabilita dove vengono presi in consegna dai carrelli usati nelle corsie strette. Per l’impiego di roll container, l’ultima postazione di carico scarico è realizzata come «docking station».
I roll container possono essere spinti manualmente nella postazione di carico/scarico. Un apposito fermo ancorato nel pavimento e integrato nello scaffale provvede al centraggio del container.
Figura 22 - Carico/scarico su scaffalatura cantilever separata ...
Distanze di sicurezza - Spazi liberi nella scaffalatura
La norma EN 15620 definisce gli spazi liberi come segue:
«Gli spazi liberi sono le misure nominali necessarie per le distanze tra i componenti mobili e fissi del sistema che devono poter evitare un urto anche in presenza di una combinazione sfavorevole di tutte le tolleranze importanti ed eventuali deformazioni.»
Simili distanze sono ad esempio:
- Distanze fra i carichi (x2) - Distanza dai montanti della scaffalatura (x1) - Distanza dai correnti superiori (y) - Distanza dai vari impianti tecnici e costruttivi (sprinkler, tubature, illuminazione, pilastri, ecc.)
Condizioni da considerare per il dimensionamento delle distanze:
- Peso e dimensioni dei carichi - Livello di altezza del corrente superiore dello scaffale - Tipologia dei carrelli usati per servire il magazzino a corsie strette (sistema Man-up o Man-down) - Grado di automazione dei carrelli - Dispositivi ausiliari impiegati (preselezione dell’altezza di sollevamento, sistema automatico di stoccaggio e prelievo)
Gli spazi liberi sono tutti da intendersi come distanze minime. Le distanze possono inoltre essere disciplinate, in ogni specifico caso, dalle direttive e dalle norme vigenti nel luogo d’impiego.
Figura 25 - Distanze di sicurezza ...
Vie di fuga e di soccorso
La distanza da un qualsiasi punto all’interno del magazzino al prossimo compartimento antincendio o all’esterno non deve essere superiore a 30 m (in linea d’aria) ovvero a 50 m di percorso a piedi. Tale distanza può variare in base ai regolamenti dei singoli paesi. Se per non superare la distanza massima si rende necessaria una via di fuga trasversale attraverso l’impianto di scaffalature, bisogna considerare i seguenti criteri:
Secondo le normative vigenti sul luogo di lavoro, la larghezza delle vie di fuga va calcolata in funzione del grado di affollamento.
La larghezza libera della corsia per attività normali deve essere di almeno 0,80 m (DM 10 marzo 1998) e di almeno 1,20 m per attività soggette a CPI (Certificato Prevenzione Incendi - DPR 151/2011).
L’altezza libera non deve essere inferiore ai 2,00 m. Va inoltre impedito l’uso improprio delle vie di fuga da parte del personale.
Appositi cartelli di segnalazione dovranno essere predisposti per impedire che le vie di fuga vengano ostruite.
Sulla base del posizionamento delle uscite di sicurezza in relazione al layout delle scaffalature, saranno predisposte eventuali vie di fuga trasversali all’interno della scaffalatura.
Tali passaggi dovranno essere opportunamente protetti contro una possibile caduta delle unità di carico.
Figura 29 - Vie di fuga
Aree di protezione suddivise per classe d’incendio
Per il corretto dimensionamento di un impianto sprinkler occorre prima stabilire la classe d’incendio, facendo riferimento ad EN 12845:2015 (progettazione ed installazione di impianti sprinkler).
Gli edifici e le aree da proteggere vanno suddivisi per classi di pericolo in base alla loro tipologia d’impiego e ai rischi d’incendio cui sono esposti:
LH - Basso rischio d’incendio
OH - Medio rischio d’incendio Le aree di protezione vengono suddivise in quattro classi di pericolo (OH1–OH4)
HHP - Elevato rischio d’incendio, rischi inerenti alla produzione. Le aree di protezione vengono suddivise in quattro classi di pericolo (HHP1–HHP4)
HHS - Elevato rischio d’incendio, rischi inerenti allo stoccaggio
Le aree di protezione vengono suddivise in quattro classi di pericolo (HHS1–HHS4).
4. Pavimentazione
Struttura e requisiti
Le caratteristiche della pavimentazione industriale, soprattutto la sua planarità, condizionano in maniera decisiva il funzionamento e l’efficienza di un magazzino a corsie strette. Lo strato portante e la soletta di base vanno dimensionati in modo tale che in presenza di carichi non vengano superate le tolleranze ammissibili.
Struttura
La pavimentazione industriale è normalmente costituita da un sottofondo, da uno strato portante di calcestruzzo e da uno strato di finitura (massetto). Gli strati sottostanti allo strato di calcestruzzo servono, ad esempio, al costipamento del sottofondo, alla protezione contro l’umidità e all’isolamento termico.
Requisiti
Per quanto riguarda la resistenza, lo strato di copertura (massetto) deve soddisfare i requisiti della classe di carico II prevista dalla norma EN 13813.
Sotto carico il pavimento non deve presentare deformazioni plastiche. Pozzetti, canali o simili interruzioni del pavimento devono essere disposti ad una distanza di almeno 200 mm dalle corsie di circolazione. Simili costruzioni e installazioni sono da evitarsi nella corsia di lavoro.
La pavimentazione deve essere resistente ad oli e grassi e quindi priva di untuosità. Il rivestimento delle corsie adibite alla circolazione deve essere resistente all’abrasione e non tendere alla formazione di polvere.
La resistenza di messa a terra secondo la norma EN 1081 non deve essere superiore a 106 Ohm.
La distanza di frenatura deve essere conforme alla norma 15160 – parte 1
L’aderenza del pavimento deve essere conforme alla norma ISO 6292 (valore empirico: ca. 0,5 µ).
- Informazioni sul comando di veicoli per corsia stretta - Sistema a pavimento e comunicazione con l’ambiente magazzino - Diversi collegamenti e profili di velocità
Transponder come supporto informazioni
Il comando dei veicoli nelle corsie strette e nelle aree del magazzino è un criterio decisivo per un funzionamento sicuro e per il mantenimento di tutte le funzioni richieste, come rallentamento di fine corsia, interruzioni di sollevamento o riduzioni di velocità. I sistemi normalmente reperibili in commercio utilizzano per tale comando soprattutto magneti a pavimento o elementi riflettenti.
Mediante diverse «combinazioni di magneti» è possibile riconoscere diverse zone ed eseguire meccanicamente commutazioni di sicurezza appropriate – ad es. uno stop automatico del veicolo prima dell’uscita dalla corsia. Con questi interruttori ottici o meccanici è tuttavia possibile trasmettere al carrello soltanto un numero di informazioni limitato. Sono disponibili al massimo tre tracce. Questo tuttavia non è sufficiente per gli impianti esistenti sempre più complessi e per i requisiti di sicurezza sempre crescenti.
Per il comando dei veicoli da corsia stretta, noi impieghiamo transponder delle sole dimensioni di 9x16 mm
che vengono installati nel pavimento del capannone ad una distanza di max. 10 m l’uno dall’altro. Il veicolo stesso è dotato di un dispositivo RFID di lettura e scrittura che comunica con i transponder, richiamando e utilizzando le seguenti informazioni:
- Identificazione del numero e del tipo di corsia - Referenziamento della misurazione della distanza all’interno delle corsie ...
Figura 48 - Trasponder ...
7. Sistemi di protezione individuale (PSS)
Fondamenti giuridici
La sosta contemporanea di pedoni e mezzi di movimentazione all’interno di una corsia stretta è generalmente vietata («gestione differita»).
Durante l’utilizzo dei veicoli per movimentazione interna l’operatore si concentra soprattutto sul processo di deposito e di prelievo. Poiché tali veicoli non possono mantenere una distanza di 0,50 m dalla scaffalatura (spazio sufficiente per il passaggio uomo), se i pedoni si trovassero nella corsia stretta contemporaneamente al veicolo incorrerebbero nel rischio di incidenti.
Potenziali rischi residui in caso di mancata osservanza sono da escludere, ma la protezione individuale deveb essere comunque garantita con l’utilizzo dei veicoli in corsia stretta, poiché le distanze di sicurezza non possono essere rispettate. ...
Figura 50 - Campi di rilevamento dei sistemi di protezione mobili e scanner laser con campo di rilevamento ...
Equipaggiamento/Informazioni generali
- Scanner ad elevate prestazioni per il monitoraggio dell’area di traslazione in direzione carico e direzione trazione - Sistema integrato nel computer di sicurezza. Fornitura dallo stabilimento. - Comando e funzione di visualizzazione mediante l’elemento di comando del veicolo - Comando e valutazione mediante l’impianto elettronico centrale del veicolo - Collegamento sicuro per CAN-Bus - Protocollo di sicurezza completo e certificato - Performance Level ISO 13849-1
Figura 52 - Scanner laser integrato protetto ...
8. Ottimizzazione dei processi
Descrizione del sistema
Con la navigazione di magazzino vengono utilizzate le potenzialità della tecnologia transponder per la navigazione e il raggiungimento assolutamente preciso dei posti pallet. Tutti gli ordini di trasporto o di commissionamento vengono inviati direttamente dal sistema gestione del magazzino via radio al terminale del veicolo. Da qui le coordinate X, Y e Z da raggiungere vengono acquisite tramite un’interfaccia seriale RS232 direttamente nella centralina del veicolo. In questo modo il veicolo conosce la posizione del ripiano di destinazione e il tragitto avviene quindi in maniera semiautomatica.
Al conducente viene indicata dal display la direzione di marcia e sollevamento e, attivando le funzioni, il veicolo raggiunge la posizione desiderata autonomamente e con una precisione millimetrica. ...
L’operatore non ha più bisogno di occuparsi di:
- percorsi di avvicinamento, - ricerca pallet, - «momento ideale» per l’avvio della marcia diagonale, - scanner codici a barre come conferma al sistema di gestione magazzino (LVS) con carrelli combinati.
In questo modo l’operatore non è più responsabile della navigazione magazzino. Si escludono anche corse errate e di correzione.
Navigazione magazzino:
- Nel tempo più breve - Lungo il percorso più veloce - Con il minimo consumo energetico ... Grazie all’avvio ottimizzato con la navigazione di magazzino è possibile un risparmio di tempo fino al 25%.
La «curva verde» mostra: Nel tempo più breve, lungo il percorso più veloce, con il minimo consumo energetico.
Figura 54 - Il confronto – carrello con/senza navigazione magazzino
EN ISO 3691-3:2017 Carrelli industriali - Requisiti di sicurezza e verifiche - Parte 3: Requisiti supplementari per carrelli con posto di guida elevabile e carrelli specificatamente progettati per circolare con carichi elevati EN 15878:2010 - Sistemi di stoccaggio statici di acciaio - Termini e definizioni EN 15512:2009 - Sistemi di stoccaggio statici di acciaio - Scaffalature portapallet - Principi per la progettazione strutturale EN 15620:2009 - Sistemi di stoccaggio statici di acciaio - Scaffalature portapallet - Tolleranze, deformazioni e interspazi EN 15635:2009 - Sistemi di stoccaggio statici di acciaio - Utilizzo e manutenzione dell'attrezzatura di immagazzinaggio EN 15629:2009 - Sistemi di stoccaggio statici di acciaio - Specifiche dell'attrezzatura di immagazzinaggio EN 12845:2015 - Installazioni fisse antincendio - Sistemi automatici a sprinkler - Progettazione, installazione e manutenzione EN 13813:2004 - Massetti e materiali per massetti - Materiali per massetti - Proprietà e requisiti. EN 206:2016 - Calcestruzzo - Specificazione, prestazione, produzione e conformità EN ISO 13849-1:2016 - Sicurezza del macchinario - Parti dei sistemi di comando legate alla sicurezza EN 62485-3:2016 - Requisiti di sicurezza per batterie di accumulatori e loro installazioni Parte 3: Batterie di trazione, ISO 6292:2009 - Carrelli industriali semoventi e trattori industriali - Capacità di frenatura e resistenza degli elementi del freno EN 1081:2001 - Rivestimenti resilienti per pavimentazioni - Determinazione della resistenza elettrica EN 12845:2015 - Installazioni fisse antincendio - Sistemi automatici a sprinkler - Progettazione, installazione e manutenzione
Premessa 1. Introduzione 2. I magazzini a corsie strette 3. Sistemi di guida 4. Scaffalature 5. Pavimentazione 6. Sistemi di assistenza alla guida. 7. Tecnologia RFID. 8 Sistemi di protezione individuale (PSS) 9. Ottimizzazione dei processi51 10. Gestione dell’energia e ricarica delle batterie 11 Checklist 12. Normativa/Direttive/Altre.
Certifico Srl - IT | REv. 00 2017 Pagine: 59 Formato: pdf Abbonati: Sicurezza/2X/3X/4X/Full
Approvate con Determina del Presidente n. 292 del 2 ottobre 2019 “Linee d’indirizzo SGSL per l’esercizio dei parchi eolici”.
Le presenti Linee di indirizzo sono state sviluppate con riferimento a parchi eolici realizzati con aerogeneratori di grossa taglia, per la produzione di energia elettrica da immettere nella rete elettrica nazionale.
Per parco eolico si intende l'insieme di macchine, impianti nonchè infrastrutture finalizzate alla produzione di energia elettrica, a partire dall'energia cinetica del vento, per la sua immissione nella rete elettrica nazionale.
Il parco eolico comprende quindi ii sistema meccanico e ii sistema elettrico finalizzati alla produzione dell'energia elettrica, fino al punto di connessione con la rete di trasmissione elettrica nazionale.
In generale, i parchi eolici sono costituiti dagli aerogeneratori, dalla sottostazione per la connessione alla rete di trasmissione elettrica nazionale, da eventuali cabine di trasformazione/smistamento e dal sistema elettrico di collegamento fra gli aerogeneratori e la sottostazione; fa parte del parco eolico anche la rete stradale di collegamento fra i suddetti componenti.
I macroprocessi legati ai parchi eolici sono sostanzialmente costituiti da:
[alert]- Installazione del parco eolico - Esercizio del parco eolico - Smantellamento del parco eolico[/alert]
Il presente documento si riferisce al macroprocesso operativo Esercizio de/ parco eolico, inteso come l'insieme di attivita connesse alla gestione del parco eolico e finalizzate alla produzione di energia elettrica, ivi comprese le attività necessarie al mantenimento dell'efficienza e della sicurezza del parco stesso.
Sono comprese altresì le attività svolte in ambienti diversi, quali uffici e magazzini, funzionali all'Esercizio del parco eolico stesso.
...
Determina del Presidente n. 292 del 2 ottobre 2019
IL PRESIDENTE
visto il decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 479 e successive modificazioni; visto il decreto del Presidente della Repubblica 24 settembre 1997, n. 367; visto l’art. 7 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, come convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122; visto il decreto del Presidente della Repubblica del 15 novembre 2016 di conferma a Presidente dell’Istituto; viste le “Norme sull’Ordinamento amministrativo/contabile in attuazione dell’art. 43 del Regolamento di Organizzazione”, di cui alla propria determinazione 16 gennaio 2013, n. 10 e successive modificazioni; visto il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni, che attribuisce all’Istituto compiti di informazione, formazione, assistenza, consulenza e promozione della cultura della prevenzione, nonché il compito di svolgere e promuovere programmi di interesse nazionale nel campo della prevenzione degli infortuni, delle malattie professionali, della sicurezza sul lavoro e della promozione e tutela della salute negli ambienti di vita e di lavoro; vista la propria determinazione del 20 gennaio 2016, n. 25 con la quale è stato approvato uno schema di accordo quadro di collaborazione con Anev, finalizzato allo sviluppo della cultura della salute e sicurezza sul lavoro nonché allo sviluppo di attività e progetti volti alla riduzione sistematica degli infortuni e delle malattie professionali nel settore della produzione di energia eolica, sottoscritto il 25 gennaio 2016; viste la relazione del Direttore Generale in data 26 settembre 2019 e le “Linee d’indirizzo SGSL per l’esercizio dei parchi eolici” ivi allegate; considerato che le Linee d’Indirizzo - elaborate dal gruppo di lavoro appositamente costituito e composto da rappresentanti Inail e Anev, con la condivisione delle Organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative del settore - rappresentano un’ulteriore testimonianza della validità del sistema di relazioni in materia di prevenzione che l’Istituto ha avviato e consolidato con il mondo imprenditoriale, finalizzato ad adottare sistemi di gestione ispirati alla cultura della salute, sicurezza e prevenzione sui luoghi di lavoro; ritenuto che il documento elaborato rappresenti una modalità operativa per la concreta attuazione della normativa in materia di salute e sicurezza per la diffusione dei sistemi di gestione nell’ambito delle diverse realtà lavorative e per la valorizzazione dei meccanismi premiali per le imprese virtuose,
DETERMINA
di approvare le “Linee d’indirizzo SGSL per l’esercizio dei parchi eolici” che, allegate, costituiscono parte integrante della presente determinazione.
__________
Indice delle Linee di indirizzo SGSL Parchi eolici
1. Premessa, introduzione e campo di applicazione Premessa Introduzione Campo di applicazione 2. Politica per la salute e la sicurezza sul lavoro 3. Pianificazione 3.1 Esercizio del parco eolico 3.2 Identificazione e gestione della normativa applicabile 3.3 Analisi e valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza sul lavoro 3.4 Obiettivi 4. Attuazione 4.1 Definizione ed assegnazione delle responsabilità, autorità e ruoli 4.2 Competenza, formazione e consapevolezza 4.3 Comunicazione, consultazione, partecipazione interna, rapporto con l'esterno 4.4 Documentazione del sistema di gestione 4.5 Controllo operativo 4.5.1 Procedure operative 4.5.2 Gestione dei cambiamenti 4.5.3 Gestione dei permessi di lavoro 4.5.4 Gestione di terzi per l'esecuzione di opere, servizi e forniture 4.5.5 Gestione delle attrezzature di lavoro 4.5.6 Sorveglianza sanitaria 4.5.7 Dispositivi di protezione individuali (DPI) 4.6 Preparazione e risposta alle emergenze 5. Verifica 5.1 Monitoraggio e misurazioni 5.2 Audit interni 5.3 Non conformità, quasi incidenti, incidenti, infortuni e malattie professionali 6. Riesame della Direzione 7. Modelli organizzativi 8. Allegati ALL.1: ACCORDO DI COLLABORAZIONE INAIL ANEV ALL.2: Estratto dal CCNL per l'industria metalmeccanica e dell'installazione di impianti del 26-11-2016 ALL.3: ACRONIMI E DEFINIZIONI ALL.4: Tabella di correlazione tra SGSL SETTORE EOLICO, BS OHSAS 18001 e Linee guida SGSL ALL.5: Tabella di correlazione tra articolo 30 del D.LGS 81/08, Linee guida SGSL e BS OHSAS 18001 ALL.6: Esempio (non esaustivo) di elenco della legislazione SSL applicabile (vedi processo 3. 2) ALL.7: Esempio (non esaustivo) di scadenziario degli adempimenti documentali previsti dalla legislazione SSL (vedi processo 3.2) ALL.8: Esempio di elenco dei pericoli (vedi processo 3.3) ALL.9: Esempio di modulo per la predisposizione del piano annuale di miglioramento, estratto da DM 13/02/2014 relative alle piccole e medie imprese (vedi processo 3.4) ALL.10: Legislazione Nazionale e Standard Formativi di settore (GWO) (vedi processo 4.2) ALL.11: Indicazioni per la programmazione e l'esecuzione delle attività per ii "Mantenimento dell'efficienza e della sicurezza del parco eolico" (vedi processo 4.5.1) ALL.12: Indicazioni per lo svolgimento in sicurezza di lavori che possono portare ad operare su o vicino parti attive non protette all'interno degli aerogeneratori, in conformità alla norma CEI 11-27 (vedi processo 4.5.1) ALL.13: Attività lavorative in ambienti propri delle macchine eoliche che per le loro caratteristiche o per le attività lavorative svolte possono essere assimilabili ad ambienti confinati o sospetti di inquinamento (vedi processo 4.5.1) ALL.14: Esempio di Permesso di Lavoro (vedi processo 4.5.3) ALL.15: Esempio di modulo per ii Riesame della Direzione (vedi processo 6) ALL. 16: Elenco procedure/istruzioni operative richiamate
Segnaletica attività lavorative in presenza di traffico
Criteri posa segnaletica / Formazione
ID 7792 | 19.08.2019
Il 15 marzo 2019 entra il vigore il nuovo "Decreto segnaletica"(Decreto MLPS 22 gennaio 2019). Novità per la formazione degli addetti e disciplinare per il segnalamento temporaneo.
Il Documento illustra l'allegato I del nuovo Decreto MLPS 22 gennaio 2019, "Criteri minimi per la posa, il mantenimento e la rimozione della segnaletica di delimitazione e di segnalazione delle attività lavorative che si svolgono in presenza di traffico veicolare", integrato con quanto previsto dal Decreto 10 luglio 2002, Disciplinare tecnico relativo agli schemi segnaletici, differenziati per categoria di strada, da adottare per il segnalamento temporaneo.
Rev. 1.0 del 19.08.2019 Inserita Appendice prassi contenente l’interpello MLPS 5/2019 - Interpello ai sensi dell'articolo 12 del d.lgs. n. 81/2008 e successive modificazioni: “Decreto MLPS 22 gennaio 2019 recante criteri generali di sicurezza relativi alle procedure di revisione, integrazione e apposizione di segnaletica stradale destinata ad attività lavorative in presenza di traffico veicolare – chiarimenti sull’aggiornamento dei corsi di formazione già effettuati secondo le regole del 2013”.
Normativa: [panel]Decreto MLPS 22 gennaio 2019 Individuazione delle procedure di revisione, integrazione e apposizione della segnaletica stradale destinata alle attività lavorative che si svolgono in presenza di traffico veicolare.(GU Serie Generale n.37 del 13-02-2019)
Decreto 10 luglio 2002 Disciplinare tecnico relativo agli schemi segnaletici, differenziati per categoria di strada, da adottare per il segnalamento temporaneo (GU n. 226 del 26 settembre 2002 SS n. 226)[/panel] ...
Estratto:
Le fasi di installazione, di disinstallazione e di manutenzione della segnaletica di cantiere, sia programmata che quella legata agli interventi in situazione di emergenza (ad esempio, per incidenti stradali), costituiscono attività lavorative comportanti un rischio derivante dall’interferenza con il traffico veicolare. In particolare la posa, la rimozione dei coni, dei delineatori flessibili e il tracciamento della segnaletica orizzontale associato costituiscono fasi di lavoro particolarmente delicate per la sicurezza degli operatori.
L'allegato I del Decreto MLPS 22 gennaio 2019 contiene i criteri minimi di sicurezza da adottarsi nelle attività lavorative in presenza di traffico veicolare.
Per ogni tratta omogenea, individuata secondo i requisiti sotto riportati, vengono redatte, dai soggetti di cui all’art. 2 del presente decreto (gestori e imprese appaltatrici, esecutrici o affidatarie - ndr), le necessarie rappresentazioni grafico/schematiche dei sistemi segnaletici da adottare per situazioni omogenee, con indicazione della tipologia, della quantità e della posizione dei segnali.
Per l’individuazione delle tratte omogenee vengono presi in considerazione almeno i seguenti elementi, non esaustivi, in relazione alla loro localizzazione ed alle caratteristiche geometriche:
- ambito extraurbano o urbano; - tipologia di strada, a doppia o singola carreggiata; - numero di corsie per senso di marcia; - larghezza delle corsie ridotta rispetto allo standard; - presenza o assenza della corsia di emergenza e/o della banchina; - criticità del tracciato plano altimetrico (curve di raggio ridotto, perdita di tracciato, intersezioni non visibili, visibilità ridotta nelle curve sinistrorse in strade a doppia carreggiata per limitato franco centrale, pendenze non adeguate, curve pericolose, tornanti, etc.); - presenza di opere d’arte (ponti, viadotti, cavalcavia, etc.) e/o di altri elementi che riducono le distanze di visuale libera e/o che producono restringimenti puntuali della piattaforma; - presenza di gallerie e/o di altri elementi che riducono le distanze di visuale libera e/o che producono restringimenti puntuali della piattaforma.
[panel]Art. 2. Procedure di apposizione della segnaletica stradale
1. Nelle attività di apposizione della segnaletica per la delimitazione di cantieri stradali in presenza di traffico veicolare, i gestori delle infrastrutture, come definiti dall’art. 14 del Codice della strada di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e le imprese appaltatrici, esecutrici o affidatarie, applicano almeno i criteri di sicurezza di cui all’allegato I, ovvero criteri equivalenti per le situazioni non disciplinate nel medesimo allegato.
2. Dell’adozione e applicazione dei criteri minimi di cui al comma 1 i gestori delle infrastrutture, come definiti dall’art. 14 del Codice della strada, le imprese appaltatrici, esecutrici e affidatarie e i coordinatori, ove nominati, danno evidenza nei documenti della sicurezza di cui agli articoli 17, 26, 96 e 100 del decreto legislativo n. 81 del 2008. [/panel]
Inoltre per l’individuazione delle tratte omogenee vengono presi in considerazione ulteriori elementi, in base alle informazioni di cui all’art. 5 del presente decreto, in relazione alle condizioni particolari di traffico, (velocità, elevata presenza veicoli pesanti, etc.) all’incidentalità ed alla tipologia delle componenti stradali interessate dall’incidentalità (pedoni, ciclisti, autoveicoli, veicoli pesanti).
Le associazioni dei datori di lavoro, i gestori delle infrastrutture e le organizzazioni sindacali dei lavoratori dei settori dell’edilizia e dei trasporti, comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, promuovono intese destinate a rafforzare le competenze e le azioni di intervento degli RLS, degli RLST o di sito e a garantire l’esercizio del diritto di accesso nei cantieri stradali e autostradali.
2. Criteri generali di sicurezza
2.1. Dotazioni delle squadre di intervento
Le operazioni di installazione della segnaletica, così come le fasi di integrazione e rimozione, sono precedute e supportate da azioni di presegnalazione, secondo le modalità specificate nel punto 2.4.
La composizione minima delle squadre è determinata in funzione della tipologia di intervento, della categoria di strada, del sistema segnaletico da realizzare e delle condizioni atmosferiche e di visibilità. Deve, inoltre, essere garantito il coordinamento delle operazioni lavorative supportate, ove richiesto, da presegnalazioni effettuate con bandierina.
La squadra è composta in maggioranza da operatori che abbiano esperienza nel campo delle attività che prevedono interventi in presenza di traffico veicolare nella categoria di strada interessata dagli interventi. Tutti gli operatori devono aver completato il percorso formativo di cui all’allegato II.
[alert]Formazione squadra di intervento Tutti gli operatori della squadra di intervento devono aver completato il percorso formativo di cui all’allegato II.[/alert]
Indumenti di segnalazione ad alta visibilità per uso professionale - Metodi di prova e requisiti
La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN 471:2003+A1 (edizione dicembre 2007). La norma specifica i requisiti per gli indumenti di protezione in grado di segnalare visivamente la presenza dell’utilizzatore, destinati a fornire un’alta visibilità dell’utilizzatore in situazioni pericolose in qualunque condizione di luce diurna e alla luce dei fari dei veicoli nell’oscurità.
Indumenti di protezione - Protezione contro la pioggia
La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN 343:2003+A1 (edizione agosto 2007) e tiene conto dell’errata corrige di novembre 2009 (AC:2009). La norma specifica i requisiti e i metodi di prova applicabili ai materiali e alle cuciture di indumenti di protezione contro gli effetti delle precipitazioni (per esempio pioggia, neve), della nebbia e dell’umidità del suolo
Gli indumenti da lavoro ad alta visibilità sono regolamentati da diverse normative europee e nazionali. La norma attualmente in vigore è la norma EN ISO 20471:2017 in vigore dal 02 febbraio 2017, spesso associata alla norma EN 343 che fornisce protezione contro precipitazioni quali pioggia, neve, nebbia e umidità.
EN ISO 20471:2017 …. Tipi e classi
Gli indumenti ad alta visibilità sono raggruppati in tre classi correlate alla valutazione del rischio. Ciascuna classe deve avere aree minime di materiali ad alta visibilità incorporate nel capo di abbigliamento in conformità al prospetto 1.
I capi di abbigliamento devono comprendere le aree richieste di materiale di fondo e materiale retroriflettente o, alternativamente, devono comprendere l'area richiesta di materiale a prestazioni combinate. L’area deve essere misurata sulla taglia del capo di abbigliamento minima disponibile con tutti i dispositivi di fissaggio regolati in base alla configurazione minima possibile.
II capo di abbigliamento deve essere realizzato di materiale ad alta visibilità su tutti i lati. Per
assicurare la visibilità da tutti i lati (visibilità a 360°), e importante che le bande retroriflettenti
orizzontali e i materiali fluorescenti circondino tronco, gambe dei pantaloni e maniche.
Simbolo grafico ISO 7000-2419 Indumento ad alta visibilità
[/panel]
...
L'allegato II del Decreto MLPS 22 gennaio 2019 individua i soggetti formatori, i contenuti, la durata nonché gli indirizzi e i requisiti minimi di validità della formazione per preposti e lavoratori addetti alle attività di revisione, integrazione e apposizione della segnaletica stradale destinata alle attività lavorative che si svolgano in presenza di traffico veicolare. La partecipazione ai suddetti corsi, secondo quanto disposto dall’art. 37 del decreto legislativo n. 81 del 2008, deve avvenire in orario di lavoro e non può comportare oneri economici per i lavoratori.
La formazione di seguito prevista, in quanto formazione specifica, non è sostitutiva della formazione obbligatoria spettante comunque a tutti i lavoratori e realizzata ai sensi dell’art. 37 del citato decreto legislativo n. 81 del 2008.
Tale formazione deve, pertanto considerarsi integrativa della formazione prevista dall’accordo Stato-Regioni di cui al medesimo art. 37, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2008.
2. La durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione di cui al comma 1 sono definiti mediante accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottato, previa consultazione delle parti sociali, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo.[/panel]
La durata ed i contenuti della formazione sono da considerarsi minimi. ...
Percorso formativo per i lavoratori
Il percorso formativo rivolto ai lavoratori è strutturato in tre moduli della durata complessiva di otto ore oltre una prova di verifica finale, secondo la seguente articolazione:
a) modulo giuridico - normativo della durata di un’ora; b) modulo tecnico della durata di tre ore, concernente le categorie di strade nonché le attività di emergenza; c) prova di verifica intermedia (questionario a risposta multipla da effettuarsi prima del modulo pratico); d) modulo pratico della durata di quattro ore, concernente le categorie di strade nonché le attività di emergenza; e) prova di verifica finale (prova pratica).
Affollamento massimo locali pubblico spettacolo: quadro normativo
ID 7335 | Update 08.12.2018 | Documento completo allegato
Si illustra la legislazione autorizzativa e di sicurezza dei locali di pubblico spettacolo, in particolare "l'affollamento massimo", facendo seguito alla tragedia della discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo (AN) con 6 vittime 100 feriti del 08.12.2018 (news ANSA 08 dicembre 2018 09:30), Link allegate Note VVF riportate.
Documento completo in allegato
L'affollamento dei locali di pubblico spettacolo è sempre un aspetto critico e spesso non rispettato dai gestori degli stessi. Si fornisce un quadro legislativo generale autorizzativo e di prevenzione incendi delle attività di pubblico spettacolo e in estrema sintesi l'aspetto dell'affollamento di cui al punto 4.1 del D.M. 19 agosto 1996.
La normativa principale di riferimento è legata ad aspetti di:
La licenza (art. 68 del T.U.P.S) è necessaria per dare corso a spettacoli e trattenimenti ed in particolare è concessa: "R.D. 18 giugno 1931, n. 773 - Art. 80...prima di aver fatto verificare da una commissione tecnica la solidità e la sicurezza dell'edificio e l'esistenza di uscite pienamente adatte a sgombrarlo prontamente nel caso di incendio".
Per il rispetto dell'Art. 80 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773sono istituite apoosite Commissioni di Vigilanza (CVLPS) di cui agli Artt. 141, 141-bis,142.
La "capienza" di un locale di pubblico spettacolo e trattenimento costituisce l’affollamento massimo consentito ed è stabilita dalla Commissione di Vigilanza sui L.P.S. (CVLPS), nel rispetto delle norme di sicurezza e di igiene vigenti (Lett. circ. n. P718/4118 sott. 20/C del 27/3/1997).
Il parere della CVLPS
Non ogni spettacolo o trattenimento musicale o danzante svolto in un pubblico esercizio è soggetto al regime di cui agli artt. 68, 69 e 80 del TULPS con il parere della CVLPS e relatriva Licenza.
Debbono ritenersi esenti dal sistema autorizzatorio che discende da tali articoli gli spettacoli e/o i trattenimenti musicali e danzanti allestiti occasionalmente o per specifiche ricorrenze (es.: festa dell'ultimo dell'anno), sempreché rappresentino un'attività meramente complementare e accessoria rispetto a quella principale della ristorazione e della somministrazione di alimenti e bevande.
Conseguentemente, sono stati considerati esenti dalla disciplina di cui ai richiamati articoli del TULPS ed ai controlli delle CVLPS quei trattenimenti organizzati eccezionalmente in pubblici esercizi, senza l'apprestamento di elementi tali da configurarne la trasformazione in locali di pubblico spettacolo, nei quali, in definitiva, il trattenimento è strettamente funzionale all'attività di ristorazione e di somministrazione di alimenti. In tali casi, può ritenersi che l'esercente attui in maniera lecita una maggiore attrattiva sul pubblico nell’ambito dello svolgimento della sua propria attività economica, senza tratti di specifica imprenditorialità nel campo dell'intrattenimento e dello spettacolo.
Ove, invece, finiscano per essere prevalenti le caratteristiche tipiche del locale di pubblico spettacolo, idoneo allo svolgimento dell'esibizione artistica programmata e all'accoglimento prolungato dei clienti (ad es., con allestimento di apposite sale, con allestimenti scenici, con il richiamo di un pubblico più ampio di quello cui si rivolge normalmente l'attività di somministrazione di alimenti e bevande, con il pagamento di un biglietto d'ingresso, ecc.) si è espresso l'avviso che tornino ad essere applicabili le disposizioni del TULPS e quelle, connesse, del suo regolamento di esecuzione (con il relativo sistema di controlli e verifiche), poiché l'intrattenimento non può più considerarsi come attività meramente occasionale e complementare rispetto a quella della somministrazione di alimenti e bevande.
Lo stesso si è sostenuto laddove il trattenimento musicale e/o danzante sia previsto con cadenza saltuaria ma ricorrente (ad es., nei fine settimana) … (nota prot. n. 557/PAS/U/003524/13500.A(8) del 21-2-2013 del Dipartimento PS).
Affollamento massimo locali di pubblico spettacolo
L'affollamento massimo di un locale di pubblico spettacolo è definito al p. 4.1 del D.M. 19 agosto 1996, di cui a seguire.
Al riguardo si precisa che la “capienza” di un locale di pubblico spettacolo o trattenimento costituisce l’affollamento massimo consentito e viene stabilita dalla Commissione provinciale di vigilanza, di cui all’art. 141 del regolamento del T.U.L.P.S. (R.D. 6 maggio 1940 N. 635 ndr), nel rispetto delle norme di sicurezza e di igiene vigenti.[/box-note]
R.D. 18 giugno 1931, n. 773 - "Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS) (GU n.146 del 26-6-1931 - SO n. 146)
D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311 - "Regolamento per la semplificazione dei procedimenti relativi ad autorizzazioni per lo svolgimento di attività disciplinate dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza nonché al riconoscimento della qualifica di agente di pubblica sicurezza (numeri 77, 78 e 108, allegato 1 della legge n. 59/1997 e numeri 18, 19, 20 e 35, allegato 1 della legge n. 50/1999)" (GU n.178 del 02-08-2001)
D.M. 19 agosto 1996 Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio dei locali di intrattenimento e di pubblico spettacolo. (G.U. n. 14 del 12 settembre 1996 SO) ...
D.M. 19 agosto 1996 RVT Locali pubblico spettacolo
Art. 1 - Campo di applicazione
1. Il presente decreto ha per scopo l’emanazione di disposizioni di prevenzione incendi riguardanti la progettazione, la costruzione e l’esercizio dei sottoelencati locali:
a) teatri;(1) b) cinematografi; c) cinema-teatri; d) auditori e sale convegno; e) locali di trattenimento, ovvero locali destinati a trattenimenti ed attrazioni varie, aree ubicate in esercizi pubblici ed attrezzate per accogliere spettacoli, con capienza(2) superiore a 100 persone; f) sale da ballo e discoteche; g) teatri tenda; h) circhi; i) luoghi destinati a spettacoli viaggianti e parchi di divertimento;(3) l) luoghi all’aperto, ovvero luoghi ubicati in delimitati spazi all’aperto attrezzati con impianti appositamente destinati a spettacoli o intrattenimenti e con strutture apposite per lo stazionamento del pubblico. Rientrano nel campo di applicazione del presente decreto i locali multiuso utilizzati occasionalmente per attività di intrattenimento e pubblico spettacolo.
Ai locali di trattenimento, di cui alla precedente lettera e), con capienza non superiore a 100 persone, si applicano le disposizioni di cui al titolo XI dell’allegato.
2. Sono esclusi dal campo di applicazione del presente decreto:(4)
a) i luoghi all’aperto, quali piazze e aree urbane prive di strutture specificatamente destinate allo stazionamento del pubblico per assistere a spettacoli e manifestazioni varie, anche con uso di palchi o pedane per artisti, purché di altezza non superiore a m 0,8 e di attrezzature elettriche, comprese quelle di amplificazione sonora, purché installate in aree non accessibili al pubblico, (5) fermo restando quanto stabilito nel titolo IX della regola tecnica allegata al presente decreto;(6)
b) i locali, destinati esclusivamente a riunioni operative, di pertinenza di sedi di associazioni ed enti;(7)
c) i pubblici esercizi dove sono impiegati strumenti musicali in assenza dell’aspetto danzante e di spettacolo;
d) i pubblici esercizi in cui è collocato l’apparecchio musicale “karaoke” o simile, a condizione che non sia installato in sale appositamente allestite e rese idonee all’espletamento delle esibizioni canore ed all’accoglimento prolungato degli avventori, e la sala abbia capienza non superiore a 100 persone;
e) i pubblici esercizi dove sono installati apparecchi di divertimento, automatici e non, in cui gli avventori sostano senza assistere a manifestazioni di spettacolo (sale giochi).
3. Le disposizioni del presente decreto si applicano ai locali di nuova realizzazione ed a quelli esistenti alla data di entrata in vigore dello stesso(8) , già adibiti ad attività di cui al comma 1, nel caso siano oggetto di interventi comportanti la loro completa ristrutturazione e/o il cambio di destinazione d’uso, con esclusione degli interventi di manutenzione ordinaria, di cui all’art. 31 lettera a) della legge 5 agosto 1978, n. 457.
Nel caso che gli interventi, effettuati su locali esistenti, comportino la sostituzione o modifica di impianti e/o attrezzature di protezione attiva antincendio, la modifica parziale delle caratteristiche costruttive e/o del sistema di vie di uscita, e/o ampliamenti, le disposizioni del presente decreto si applicano solamente agli impianti e/o alle parti della costruzione oggetto degli interventi di modifica. In ogni caso gli interventi di modifica effettuati su locali esistenti, che non comportino un loro cambio di destinazione, non possono diminuire le condizioni di sicurezza preesistenti.
(2) La "capienza" di un locale di pubblico spettacolo e trattenimento costituisce l’affollamento massimo consentito ed è stabilita dalla Commissione di Vigilanza sui L.P.S., nel rispetto delle norme di sicurezza e di igiene vigenti (Lett. circ. n. P718/4118 sott. 20/C del 27/3/1997).
(3) I “parchi avventura” non avendo all’interno del loro sedime alcun “locale di trattenimento” così come definito dal Titolo I del DM 19/8/1996, non rientrano tra le attività di cui al punto 65 del DPR 151/2011. Per l’applicazione della regola tecnica i parchi avventura possono essere assimilati ai “parchi divertimenti” di cui alla lettera i) dell’art. 1 del DM 19/8/1996 (Nota DCPREV prot. n. 717 del 18/1/2018).
(4) Art. 1, co. 2, lettera a) come modificato dal D.M. 18 dicembre 2012 modifica al D.M. 19 agosto 1996
(5) Le verifiche da parte delle Commissioni di Vigilanza non sono previste in caso di svolgimento di manifestazioni in area all’aperto non recintate e prive di attrezzature destinate allo stazionamento del pubblico. In tal caso corre tuttavia l’obbligo di ottemperare all’ ultimo comma del titolo IX del D.M. 19 agosto 1996. Per quanto riguarda l’affollamento, si rimanda a quanto stabilito al p.to 4.1, titolo IV (Nota prot. n. P529/4109 sott. 44/B del 02-07-2003).
(6) I locali adibiti a gallerie, esposizioni, mostre e fiere non possono essere qualificati come locali di pubblico spettacolo o trattenimento. L’apertura e l’esercizio di tali attività non è subordinato al rilascio del nulla osta di agibilità (art. 80 T.U.L.P.S.) e pertanto il collaudo dell’agibilità e della sicurezza di gallerie, esposizioni, mostre e fiere non rientra nella sfera di attribuzioni della Commissione di vigilanza sui L.P.S. Nei locali adibiti a gallerie, esposizioni, mostre e fiere, ove il servizio di vigilanza antincendio VV.F. è obbligatorio ai sensi del DM n. 261/1996, la Commissione è tenuta a determinare l’entità del servizio in ottemperanza all’art. 5 del suddetto decreto (Nota prot. n. P410/4109 sott. 51/D.2 del 28/6/2002).
(7) Le pubbliche manifestazioni (tra le quali rientrano comizi, congressi politici, manifestazioni sindacali, ecc.) non sono da ritenersi, in linea di principio, soggette agli obblighi di cui all’art. 2, lett. b), della legge n. 966/1965 in quanto non configurabili nella fattispecie propria del “pubblico spettacolo” e/o del “trattenimento pubblico” e quindi non soggette al regime autorizzatorio di polizia di cui agli articoli 68 e 80 del T.U.L.P.S. (Nota prot. n. P989/4118 sott. 20/C5(I) del 21/6/2004).
(8) Le disposizioni del decreto si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore per: a) realizzazione di nuovi locali; b) completa ristrutturazione e/o cambio di destinazione di locali esistenti; c) interventi di modifica parziale e/o ampliamento di impianti e parti costruttive in locali esistenti. Pertanto, a decorrere dalla data suddetta, i progetti di nuove costruzioni o modifica di quelle esistenti dovranno essere redatti secondo le disposizioni del decreto. Ne consegue che i progetti pervenuti alle CPV prima dell’entrata in vigore del decreto e redatti sulla base della previgente normativa, dovranno essere esaminati sulla scorta delle precedenti disposizioni di prevenzione incendi, fermo restando l'obbligo di adeguamento al Titolo XIX dell'allegato (Circolare n. 1 MI.SA. (97) del 23/1/1997)[/box-note]
TITOLO IV MISURE PER L’ESODO DEL PUBBLICO DALLA SALA
4.1 AFFOLLAMENTO
L’affollamento massimo(1)(2) deve essere stabilito come segue:
a) nei locali, di cui all’art. 1, comma 1, lettere a), b), c), d), g), h), pari al numero dei posti a sedere ed in piedi autorizzati, compresi quelli previsti per le persone con ridotte o impedite capacità motorie;
b) nei locali, di cui all’art. 1, comma 1, lettere e), pari a quanto risulta dal calcolo in base ad una densità di affollamento di 0,7 persone per metro quadrato;
c) Nelle sale da ballo e discoteche di cui all’art. 1, comma 1, lettera f), pari a quanto risulta dal calcolo in base ad una densità di affollamento(3)(4) di 1,2 persone al metro quadrato. La densità di affollamento dovrà tenere conto dei vincoli previsti da regolamenti igienico-sanitari.
Rif.
Tipo di locale
Affollamento
A
a) teatri; b) cinematografi; c) cinema-teatri; d) auditori e sale convegno; g) teatri tenda; h) circhi;
numero dei posti a sedere ed in piedi autorizzati (compresi quelli previsti per le persone con ridotte o impedite capacità motorie)
B
e) locali di trattenimento, ovvero locali destinati a trattenimenti ed attrazioni varie, aree ubicate in esercizi pubblici ed attrezzate per accogliere spettacoli, con capienza superiore a 100 persone;
densità di affollamento di 0,7 persone / mq
C
f) sale da ballo e discoteche;
densità di affollamento 1,2 persone / mq
L'affollamenìto massimo deve essere, in particolare, commisurato alla "Capacità di deflusso" p. 4.2 e al sistema delle "Vie d'uscita" p. 4.3 del D.M. 19 agosto 1996.
[box-info]Calcole della superifici - Note
Locali di servizio Ai fini dell'affollamento devono essere calcolate solo le superfici delle sale che compongono i locali, escludendo i locali di "servizio" (Nota prot. n. P2166/4109 Sott. 53 del 20/11/1997).
Tramezzature / spazi accessibili / altri locali La superficie da considerare ai fini del calcolo dell'affollamento massimo è quella compresa entro il perimetro interno delle pareti delimitanti il locale, al lordo di eventuali tramezzature interne, e comprensiva degli spazi accessibili al pubblico (biglietteria, pista da ballo e zona correlata quale salotti e aree di sosta di persone che non ballano, zona bar, ecc.) che costituiscono pertinenze a uso della sala da ballo e non si configurano come attività indipendenti o spazi occupati in alternativa, con esclusione sia delle aree riservate alla gestione e alla manutenzione, non accessibili al pubblico (uffici, magazzini/depositi, guardaroba, servizi riservati al personale, aree a rischio specifico) sia delle scale di collegamento, dei percorsi di esodo, dei servizi igienici, ecc. (Nota DCPREV prot. n. 6832 del 4/5/2011).[/box-info]
Figura 1 - Superfici per il calcolo
[box-note]Note
(1) Si ritiene che il numero delle uscite, non possa essere ridotto sulla base di una dichiarazione del titolare dell'attività che preveda una limitazione dell'affollamento, ma deve essere determinato sulla base dei parametri indicati relativi a superficie e densità di affollamento. Nei locali di cui alle lettere e) e f) in base a una densità di affollamento rispettivamente di 0,7 e 1,2 persone/mq (Nota prot. n. P712/4109 sott. 44/B del 19-09-2003).
(2) Non essendo elencati i luoghi all’aperto ove si tengono concerti di cui alla lett. "l" dell'art. 1 co. 1, deve essere la Commissione di vigilanza sui LPS, valutate le "strutture apposite per lo stazionamento del pubblico", a definire il massimo affollamento accettabile. Per tale valutazione si potranno usare come riferimento i criteri del numero di posti a sedere e di densità di cui alla lett. b), tenendo conto che l'esclusione di tali luoghi è stata imposta dall’atipicità dei luoghi stessi e dalla conseguente necessità di dotare gli organi di controllo di una maggiore discrezionalità (Nota prot. n. P2187/4109 sott. 44 del 5/11/1997).
(3) Ai fini dell'affollamento devono essere calcolate solo le superfici delle sale che compongono i locali, escludendo i locali di "servizio" (Nota prot. n. P2166/4109 Sott. 53 del 20/11/1997).
(4) La superficie da considerare ai fini del calcolo dell'affollamento massimo è quella compresa entro il perimetro interno delle pareti delimitanti il locale, al lordo di eventuali tramezzature interne, e comprensiva degli spazi accessibili al pubblico (biglietteria, pista da ballo e zona correlata quale salotti e aree di sosta di persone che non ballano, zona bar, ecc.) che costituiscono pertinenze a uso della sala da ballo e non si configurano come attività indipendenti o spazi occupati in alternativa, con esclusione sia delle aree riservate alla gestione e alla manutenzione, non accessibili al pubblico (uffici, magazzini/depositi, guardaroba, servizi riservati al personale, aree a rischio specifico) sia delle scale di collegamento, dei percorsi di esodo, dei servizi igienici, ecc. (Nota DCPREV prot. n. 6832 del 4/5/2011).[/box-note]
Art. 17 della Costituzione:
I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz'armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico(1) , non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico(2) deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.
R.D. 18 giugno 1931, n. 773 Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS)
Art. 18. - I promotori di una riunione in luogo pubblico o aperto al pubblico(3) devono darne avviso, almeno tre giorni prima, al Questore. È considerata pubblica anche una riunione, che, sebbene indetta in forma privata, tuttavia per il luogo in cui sarà tenuta, o per il numero delle persone che dovranno intervenirvi, o per lo scopo o l'oggetto di essa, ha carattere di riunione non privata. I contravventori sono puniti con l'arresto fino a sei mesi e con l'ammenda da € 103,00 a 413,00. Con le stesse pene sono puniti coloro che nelle riunioni predette prendono la parola.(4)
Il Questore, nel caso di omesso avviso ovvero per ragioni di ordine pubblico, di moralità o di sanità pubblica, può impedire che la riunione abbia luogo e può, per le stesse ragioni, prescrivere modalità di tempo e di luogo alla riunione. I contravventori al divieto o alle prescrizioni dell'autorità sono puniti con l'arresto fino a un anno e con l'ammenda da € 206,00 a € 413,00. Con le stesse pene sono puniti coloro che nelle predette riunioni prendono la parola. Non è punibile chi, prima dell'ingiunzione dell'autorità o per obbedire ad essa, si ritira dalla riunione. Le disposizioni di questo articolo non si applicano alle riunioni elettorali. ... Art. 68. Senza licenza del Questore(5) non si possono dare in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, accademie, feste da ballo, corse di cavalli, né altri simili spettacoli o trattenimenti, e non si possono aprire o esercitare circoli, scuole di ballo e sale pubbliche di audizione(6). Per le gare di velocità di autoveicoli e per le gare aeronautiche si applicano le disposizioni delle leggi speciali
Art. 69. Senza licenza della autorità locale di pubblica sicurezza è vietato dare, anche temporaneamente, per mestiere, pubblici trattenimenti, esporre alla pubblica vista rarità, persone, animali, gabinetti ottici o altri oggetti di curiosità, ovvero dare audizioni all'aperto. .. Art. 80.(7) L'autorità di pubblica sicurezza(8) non può concedere la licenza per l'apertura di un teatro o di un luogo di pubblico spettacolo, prima di aver fatto verificare da una commissione tecnica(9) la solidità e la sicurezza dell'edificio e l'esistenza di uscite pienamente adatte a sgombrarlo prontamente nel caso di incendio. Le spese dell'ispezione e quelle per i servizi di prevenzione contro gli incendi sono a carico di chi domanda la licenza.
[box-note]Note
(1) Luogo aperto al pubblico: locali di pubblico spettacolo e esercizi pubblici in genere come teatri, cinema, discoteche, bar, ristoranti, ecc.
(2) Luogo pubblico: piazze, strade cittadine, parchi pubblici, ecc.
(3) La Corte costituzionale con sentenza 31/3/1958, n. 27 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo nella parte relativa alle riunioni in luogo aperto al pubblico poiché l'art. 17 della Costituzione nel secondo comma dispone che per le riunioni in luogo aperto al pubblico non è richiesto preavviso.
(4) La Corte costituzionale, con sentenza 3 giugno 1970, n. 90 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 18, terzo comma, nella parte in cui non limita la previsione punitiva a coloro che prendono la parola essendo a conoscenza dell'omissione di preavviso previsto dal primo comma. Successivamente la stessa Corte con sentenza 4 maggio 1979, n. 11, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 18, comma terzo (secondo periodo), secondo periodo, nella parte in cui prevede la incriminazione contravvenzionale di coloro che prendono la parola in riunione in luogo pubblico essendo a conoscenza dell'omissione di preavviso previsto nel primo comma.
(5) La Corte costituzionale, con sentenza 15/12/1967, n. 142, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo, nella parte in cui vieta di dare feste da ballo in luogo esposto al pubblico, senza la licenza del questore, in riferimento all'art. 17 della Costituzione. Con successiva sentenza 15/4/1970, n. 56, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo, nella parte in cui prescrive che per i trattenimenti da tenersi in luoghi aperti al pubblico e non indetti nell'esercizio di attività imprenditoriali, occorre la licenza del questore.
(6) Comma così modificato dall'art. 164, D.lgs 31 marzo 1998, n. 112.
(7) Non ogni spettacolo o trattenimento musicale o danzante svolto in un pubblico esercizio è soggetto al regime di cui agli artt. 68, 69 e 80 del TULPS, con il conseguente parere della CVLPS. … debbono ritenersi esenti dal sistema autorizzatorio che discende da tali articoli gli spettacoli e/o i trattenimenti musicali e danzanti allestiti occasionalmente o per specifiche ricorrenze (es.: festa dell'ultimo dell'anno), sempreché rappresentino un'attività meramente complementare e accessoria rispetto a quella principale della ristorazione e della somministrazione di alimenti e bevande. Conseguentemente, sono stati considerati esenti dalla disciplina di cui ai richiamati articoli del TULPS ed ai controlli delle CVLPS quei trattenimenti organizzati eccezionalmente in pubblici esercizi, senza l'apprestamento di elementi tali da configurarne la trasformazione in locali di pubblico spettacolo, nei quali, in definitiva, il trattenimento è strettamente funzionale all'attività di ristorazione e di somministrazione di alimenti. In tali casi, può ritenersi che l'esercente attui in maniera lecita una maggiore attrattiva sul pubblico nell’ambito dello svolgimento della sua propria attività economica, senza tratti di specifica imprenditorialità nel campo dell'intrattenimento e dello spettacolo. Ove, invece, finiscano per essere prevalenti le caratteristiche tipiche del locale di pubblico spettacolo, idoneo allo svolgimento dell'esibizione artistica programmata e all'accoglimento prolungato dei clienti (ad es., con allestimento di apposite sale, con allestimenti scenici, con il richiamo di un pubblico più ampio di quello cui si rivolge normalmente l'attività di somministrazione di alimenti e bevande, con il pagamento di un biglietto d'ingresso, ecc.) si è espresso l'avviso che tornino ad essere applicabili le disposizioni del TULPS e quelle, connesse, del suo regolamento di esecuzione (con il relativo sistema di controlli e verifiche), poiché l'intrattenimento non può più considerarsi come attività meramente occasionale e complementare rispetto a quella della somministrazione di alimenti e bevande. Lo stesso si è sostenuto laddove il trattenimento musicale e/o danzante sia previsto con cadenza saltuaria ma ricorrente (ad es., nei fine settimana) … (nota prot. n. 557/PAS/U/003524/13500.A(8) del 21-2-2013 del Dipartimento PS).
(8) Il rilascio della licenza di agibilità per teatri o luoghi di pubblico spettacolo di cui all'art. 80 del TULPS è attribuita ai Comuni, come previsto dall'art. 19 punto 9 del DPR 24/7/1977 n. 616 (Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22/07/1975, n. 382).
(9) Le Commissioni (Comunali o Provinciali) di Vigilanza sui Locali di Pubblico Spettacolo previste dall'art. 141 del regolamento di esecuzione del TULPS.[/box-note]
D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311 Regolamento per la semplificazione dei procedimenti relativi ad autorizzazioni per lo svolgimento di attività disciplinate dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza nonché al riconoscimento della qualifica di agente di pubblica sicurezza (numeri 77, 78 e 108, allegato 1 della legge n. 59/1997 e numeri 18, 19, 20 e 35, allegato 1 della legge n. 50/1999). ... D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311 ... Art. 4. Semplificazioni dei procedimenti concernenti i locali di pubblico spettacolo 1. Al regolamento di esecuzione del testo unico 18 giugno 1931, n. 773, delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, sono apportate le seguenti ulteriori modificazioni (Artt. 116, 141, 141-bis, 142):
La domanda per ottenere la licenza deve contenere l'indicazione della specie di spettacolo o di trattenimento e il periodo delle rappresentazioni.
Alla domanda della licenza per pubbliche rappresentazioni nelle sale di varieta', nei circhi equestri e in qualunque altro luogo pubblico o aperto al pubblico, esclusi i teatri per rappresentazioni di opere liriche o drammatiche, occorre unire i certificati di nascita dei minorenni che prendano parte alle rappresentazioni.
La licenza e' concessa per un numero determinato di rappresentazioni o di trattenimenti di una sola specie. La concessione di nuove licenze di esercizio per spettacoli cinematografici, misti e teatrali e la rinnovazione delle licenze stesse sono subordinate al preventivo nulla osta del Ministero della cultura popolare, a termini dei Regi decreti-legge 3 febbraio 1936-XIV, n. 419 e 10 settembre 1936-XIV, n. 1946. ... Art. 141. Per l'applicazione dell'articolo 80 della legge (R.D. 18 giugno 1931, n. 773ndr)sono istituite commissioni di vigilanza aventi i seguenti compiti:
a) esprimere il parere sui progetti di nuovi teatri e di altri locali o impianti di pubblico spettacolo e trattenimento, o di sostanziali modificazioni a quelli esistenti; b) verificare le condizioni di solidita', di sicurezza e di igiene dei locali stessi o degli impianti ed indicare le misure e le cautele ritenute necessarie sia nell'interesse dell'igiene che della prevenzione degli infortuni; c) accertare la conformita' alle disposizioni vigenti e la visibilita' delle scritte e degli avvisi per il pubblico prescritti per la sicurezza e per l'incolumita' pubblica; d) accertare, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 8 gennaio 1998, n. 3, anche avvalendosi di personale tecnico di altre amministrazioni pubbliche, gli aspetti tecnici di sicurezza e di igiene al fine della iscrizione nell'elenco di cui all'articolo 4 della legge 18 marzo 1968, n. 337; e) controllare con frequenza che vengano osservate le norme e le cautele imposte e che i meccanismi di sicurezza funzionino regolarmente, suggerendo all'autorita' competente gli eventuali provvedimenti. Per i locali e gli impianti con capienza complessiva pari o inferiore a 200 persone(1) il parere(2), le verifiche e gli accertamenti di cui al primo comma sono sostituiti, ferme restando le disposizioni sanitarie vigenti, da una relazione tecnica di un professionista iscritto nell'albo degli ingegneri o nell'albo degli architetti o nell'albo dei periti industriali o nell'albo dei geometri che attesta la rispondenza del locale o dell'impianto alle regole tecniche stabilite con decreto del Ministro dell'interno. Salvo quanto previsto dagli articoli 141-bis e 142 per l'esercizio dei controlli di cui al primo comma, lettera e), e salvo che la natura dei luoghi in cui sono installati gli allestimenti temporanei richiedano una specifica verifica delle condizioni di sicurezza, non occorre una nuova verifica per gli allestimenti temporanei che si ripetono periodicamente, per i quali la commissione provinciale di cui all'articolo 142, nella stessa provincia, o quella comunale di cui all'articolo 141-bis, nello stesso comune, abbia gia' concesso l'agibilita' in data non anteriore a due anni.
Art. 141-bis. Salvo quanto previsto dall'articolo 142, la commissione di vigilanza è comunale e le relative funzioni possono essere svolte dai comuni anche in forma associata. La commissione comunale di vigilanza è nominata ogni tre anni dal sindaco competente ed è composta:
a) dal sindaco o suo delegato che la presiede; b) dal comandante del Corpo di polizia municipale o suo delegato; c) dal dirigente medico dell'organo sanitario pubblico di base competente per territorio o da un medico dallo stesso delegato; d) dal dirigente dell'ufficio tecnico comunale o suo delegato; e) dal comandante provinciale dei Vigili del fuoco o suo delegato; f) da un esperto in elettrotecnica.
Alla commissione possono essere aggregati, ove occorra, uno o più esperti in acustica o in altra disciplina tecnica, in relazione alle dotazioni tecnologiche del locale o impianto da verificare. Possono altresì far parte, su loro richiesta, un rappresentante degli esercenti locali di pubblico spettacolo e un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei lavoratori designati dalle rispettive organizzazioni territoriali, tra persone dotate di comprovata e specifica qualificazione professionale. Quando sono impiegate attrezzature da trattenimento, attrazioni o giochi meccanici, elettromeccanici o elettronici è comunque richiesta una relazione tecnica di un tecnico esperto, dalla quale risulti la rispondenza dell'impianto alle regole tecniche di sicurezza e, per i giochi di cui alla legge 6 ottobre 1995, n. 425, alle disposizioni del relativo regolamento di attuazione. Per ogni componente della commissione possono essere previsti uno o più supplenti. Il parere della commissione è dato per iscritto e deve essere adottato con l'intervento di tutti i componenti. Gli accessi della commissione sono comunicati al destinatario del provvedimento finale, che può parteciparvi, anche mediante proprio rappresentante, e presentare memorie e documenti. Per l'esercizio del controllo di cui all'articolo 141, primo comma, lettera e), il presidente, sentita la commissione, individua i componenti delegati ad effettuarli e, comunque, un medico delegato dal dirigente medico dell'organo sanitario pubblico di base competente per territorio, il comandante dei Vigili del fuoco o suo delegato, o, in mancanza, altro tecnico del luogo.
Art. 142. Relativamente ai locali o agli impianti indicati nel presente articolo e quando la commissione comunale non e' istituita o le sue funzioni non sono esercitate in forma associata, ai compiti di cui al primo comma dell'articolo 141 provvede la commissione provinciale di vigilanza. La commissione provinciale di vigilanza e' nominata ogni tre anni dal prefetto ed e' composta:
a) dal prefetto o dal vice prefetto con funzioni vicarie, che la presiede; b) dal questore o dal vice questore con funzioni vicarie; c) dal sindaco del comune in cui si trova o deve essere realizzato il locale o impianto o da un suo delegato; d) dal dirigente medico dell'organo sanitario pubblico di base competente per territorio o da un medico dallo stesso delegato; e) da un ingegnere dell'organismo che, per disposizione regionale, svolge le funzioni del genio civile; f) dal comandante provinciale dei Vigili del fuoco o suo delegato; g) da un esperto in elettrotecnica.
Possono essere aggregati, ove occorra, uno o piu' esperti in acustica o in altra disciplina tecnica, in relazione alle dotazioni tecnologiche del locale o impianto da verificare. Possono altresi' far parte, su loro richiesta, un rappresentante degli esercenti locali di pubblico spettacolo e un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei lavoratori designati dalle rispettive organizzazioni territoriali, tra persone dotate di comprovata e specifica qualificazione professionale.
Per ogni componente possono essere previsti uno o piu' supplenti, anche al fine di istituire, all'occorrenza, due o piu' sezioni della commissione provinciale. Relativamente alla composizione delle sezioni, ferma restando la facolta' di avvalersi di supplenti, il questore puo' delegare un ufficiale di pubblica sicurezza appartenente all'ufficio o comando di polizia competente per territorio e l'ingegnere con funzioni del genio civile puo' essere sostituito dal dirigente dell'ufficio tecnico comunale o da un suo delegato. Il parere della commissione o della sezione e' dato per iscritto e deve essere adottato con l'intervento di tutti i componenti. Si osservano le disposizioni dei commi quarto e settimo dell'articolo 141-bis. Per l'esercizio del controllo di cui all'articolo 141, primo comma, lettera e), la commissione provinciale puo' delegare il sindaco o altro rappresentante del comune in cui trovasi il locale o impianto da visitare, che provvede avvalendosi del personale specificamente indicato dall'ottavo comma dell'articolo 141-bis. Fuori dei casi di cui al comma precedente e di cui all'articolo 141, secondo e terzo comma, la verifica da parte della commissione provinciale di cui al presente articolo e' sempre prescritta:
a) nella composizione di cui al primo comma, eventualmente integrata con gli esperti di cui al secondo comma, per i locali cinematografici o teatrali e per gli spettacoli viaggianti di capienza superiore a 1.300 spettatori e per gli altri locali o gli impianti con capienza superiore a 5.000 spettatori; b) con l'integrazione di cui all'articolo 141-bis, terzo comma, per i parchi di divertimento e per le attrezzature da divertimento meccaniche o elettromeccaniche che comportano sollecitazioni fisiche degli spettatori o del pubblico partecipante ai giochi superiori ai livelli indicati con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della sanita'.
[box-note]Note
(1) Il parere sui progetti di nuovi teatri o altri locali di pubblico spettacolo con capienza fino a 200 persone, o su sostanziali modifiche di quelli esistenti, non possono essere sostituiti dalla SCIA, in ragione della natura giuridica degli atti demandati alle CVLPS e della discrezionalità tecnica che li contraddistingue. Infatti la SCIA, in virtù dell'art. 19 della L. n. 241/1990, sostituisce ogni atto di autorizzazione, licenza, con chiaro riferimento a un titolo, comunque denominato, di natura autorizzatoria, laddove i pareri delle CVLPS non hanno tale natura, inserendosi nel complesso procedimento finalizzato al rilascio della licenza di agibilità o di esercizio da parte dell'amministrazione comunale. Inoltre, presupposto per la sufficienza di una SCIA è la natura vincolata dell'atto autorizzativo da essa sostituito, subordinatamente al mero accertamento positivo dei presupposti e dei requisiti di legge, laddove il parere delle CVLPS presuppone l'esercizio di una discrezionalità tecnica commisurata a ciascuno specifico locale o impianto, con un contenuto, perciò, più ampio di una mera verifica del rispetto delle norme vigenti in materia di sicurezza.… (nota prot. n. 557/PAS/U/003524/13500.A(8) del 21-2-2013 del Dipartimento PS).
(2) Per i locali con capienza fino a 200 persone, l’art. 4, co. 1 lett. c) del D.Lgs. n. 222/2016 ha modificato il D.P.R. 331/2001 aggiungendo anche “il parere” tra gli atti sostituibili da una relazione tecnica a firma di professionista. In precedenza, relativamente a tali locali, la sola verifica ad opera realizzata era demandabile ad un professionista tecnico iscritto ad albo professionale, mentre restava demandato alla competenza della Commissione di vigilanza l’espressione del parere sul progetto. [/box-note]
Le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro di cui al D. Lgs. 81/2008, prevedono all'Art. 15. comma 1. lettera a) la valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza.
I rischi specifici sono rischi a cui sono esposti i lavoratoti in particolari mansioni anche in relazione alla specifica tipologia contrattuale.
I rischi specifici sono rischi propri del contesto in cui l’attività viene svolta, ad esempio, i rischi collegati con l’utilizzo di un particolare solvente piuttosto che un altro a seconda del luogo che deve essere pulito, i rischi durante l'uso o la manipolazione di un gas durante una particolare fase di lavoro.
In accordo a quanto previsto dal D.Lgs. 81/08 Art. 28 c. 2 lettera f):
(oggetto della valutazione dei rischi) l'individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento.
In accordo a quanto previsto dal D.Lgs. 81/08 Art. 36 c. 2 lettera a):
2. Il datore di lavoro provvede altresì affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione:
a) sui rischi specifici cui è esposto in relazione all’attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia; b) sui pericoli connessi all’uso delle sostanze e delle miscele pericolose sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica; c) sulle misure e le attività di protezione e prevenzione adottate.
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Struttura della Raccolta (nr. 68 Documenti)
[panel]68. Decreto 9204 del 25.06.2019 FAQ per la valutazione, gestione e miglioramento dello stress lavoro correlato nelle micro e piccole imprese e documenti di interesse 67. Decreto n. 9203 del 25.06.2019 Linee di indirizzo per la valutazione e la gestione del rischio da esposizione a idrocarburi policiclici aromatici nelle opere di asfaltatura 66. Decreto n. 10838 del 25.07.2018 Linee guida per la verifica degli scenari di esposizione di una sostanza ai sensi del regolamento n. 1907 2006 REACH 65. Decreto n. 16750 del 21/12/2017 - Indirizzi per la sorveglianza sanitaria dei soggetti esposti al rischio da sovraccarico biomeccanico 64. Decreto n. 11665 del 15/11/2016 - Linea guida regionale sulla stima e gestione del rischio da esposizione a formaldeide: razionalizzazione del problema e proposta operativa 63. Decreto n.3221 del 12.04.2016 - Linee d'indirizzo per la prevenzione e la sicurezza dei cantieri per opere di grandi dimensioni e rilevante complessità e per la realizzazione di infrastrutture strategiche 62. Decreto n.977 del 16.02.2016 - Linee guida per la verifica di conformità delle schede dati di sicurezza (SDS) ai sensi dei regolamenti n. 1907/2006 (REACH) e n. 1272/2008 (CLP) 61. Decreto n.7661 del 23.09.2015 - Linee Guida Prevenzione Patologie Muscolo Scheletriche connesse con movimenti e sforzi ripetuti 60. Deliberazione n.X/3381 del 10/4/2015 - Linee di indirizzo per l'attuazione del D. Lgs 19 febbraio 2014, n. 19 recepimento della Direttiva Europea 2010/32/UE in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario 59. Nota n. 4975 del 12.02.2015 - Indicazioni operative per la valutazione, scelta e corretto utilizzo dei dispositivi per la protezione individuale da rischio biologico in ambito sanitario 58. Decreto n.6551 del 08.07.2014 - Linee guida "Uso delle piattaforme di lavoro elevabili" (cantieri temporanei e mobili) 57. Decreto n.6463 del 04/07/2014 - Linee guida per la gestione in sicurezza degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, comunemente detti biogas, nelle fasi significative della loro vita utile 56. Decreto n. 1819 del 5/3/2014 - Linee guida per l'utilizzo di scale portatili nei cantieri temporanei e mobili 55. Decreto n.10087 del 6/11/2013 - Riconoscimento della formazione in modalità e-learning dei lavoratori in sanità 54. Decreto n. 1757 del 1/3/2013 - Sperimentazione di una strategia partecipativa, strutturata e coordinata per lo sviluppo di un sistema di gestione per la salute e sicurezza negli ambienti di lavoro (Strategia Sobane - Gestione dei rischi professionali) (11.3 MB) PDF 53 Decreto n. 658 del 31/01/2013 - Linee di indirizzo tecniche per la promozione della sicurezza nei cantieri Expo 2015 52. Decreto n. 5408 del 19/06/2012 - Linea guida regionali per la sorveglianza sanitaria in edilizia: aggiornamento del decreto Direttore Generale Giunta Regionale 31 ottobre 2002, n. 20647 51. Decreto n. 10464 del 19/6/2012 - Indicazioni operative per l'irrogazione delle sanzioni in materia di sostanze chimiche 50. Frequently Asked Questions (FAQ) sui controlli previsti dai regolamenti Reach e Clp in Lombardia 49. Decreto n. 10033 del 9/11/2012 - Vademecum per il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori attività di saldatura metalli 48. Decreto n.9944 del 7/11/2012 - Linee di indirizzo per la valutazione esposizione a campi elettromagnetici ambito sanitario 47. Decreto n. 6989 del 1/8/2012 - Indicazioni operative alle ASL conduzione attività di vigilanza sulla sperimentazione di prodotti fitosanitari 46. Decreto n. 6986 del 1/8/2012 - Indirizzi operativi per il controllo ufficiale sul commercio e impiego prodotti fitosanitari 45. Decreto n. 5028 del 7/6/2012 - Linee guida per la gestione delle segnalazioni di non conformità ai Regolamenti Reach e CLP 44. Decreto n. 4398 del 21/5/2012 - Metodologia di selezione imprese oggetto controllo di conformità applicazione dei Regolamenti Reach e CLP 43. Decreto n. 2174 del 15/3/2012 - Linee di indirizzo per la redazione del piano d'emergenza nelle strutture sanitarie 42. Decreto n. 1864 del 7/3/2012 - Vademecum per il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori nelle attività calzaturiere 41. Decreto n. 10611 del 15/11/2011 - Valutazione del rischio stress lavoro-correlato indicazioni atti normativi integrati 40. Decreto n. 10602 del 15/11/2011 - Linee di indirizzo per l'attività di coordinatore per la sicurezza nei cantieri edili 39. Decreto n. 10009 del 28/10/2011 - Linee guida per l'effettuazione dei controlli previsti dai regolamenti Reach e CLP in RL 38. Decreto n. 7629 del 10/08/2011 - Guida al sopralluogo in aziende del comparto metalmeccanico 37. Decreto n. 3933 del 3/5/2011 - Vademecum per il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori nelle opere di asfaltatura 36. Decreto n. 3357 del 13/4/2011 - Vademecum per il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori nelle attività di galvanica 35. Decreto n. 13541 del 22/12/2010 - Approvazione delle linee guida per la bonifica di manufatti in posa contenenti fibre vetrose artificiali 34. Decreto D.G. Sanità n. 8715 del 16/9/2010 - Vademecum per il miglioramento della sicurezza e della salute nello stampaggio della gomma 33. Decreto D.G. Sanità n. 8713 del 16/9/2010 - Vademecum per il miglioramento della sicurezza e della salute con le polveri di legno 32. Documento congiunto Regione-ISPESL "Indicazioni operative e procedurali sull’applicazione del D.Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. relativamente agli aspetti inerenti la sicurezza impiantistica delle macchine e delle attrezzature impiegate nei luoghi di lavoro" 31. Decreto n. 4580 del 29 aprile 2010 - Buona pratica utilizzo fitofarmaci in agricoltura 30. Progetto Prevenzione Tumori professionali – Area Vigilanza - Report indagine realizzata triennio 2005-2007 in attuazione DGR 18344/2004 29. Relazione LA.D.A Progetto Tumori Area Epidemiologica 2005-2007 28. Decreto n. 14521 del 29 dicembre 2009 - Linee di indirizzo per la redazione del documento unico di valutazione dei rischi da interferenza 27. Decreto n. 14219 del 21 dicembre 2009 - Vademecum per il miglioramento della sicurezza e della salute nello stampaggio di plastica 26. Decreto n. 13559 del 10 dicembre 2009 - Indirizzi generali per la valutazione e gestione del rischio stress lavorativo alla luce dell'accordo europeo 8/10/2004 (art. 28 comma 1 D.Lgs. 81/08 e successive modifiche ed integrazioni) 25. Decreto n. 12831 del 30/11/2009: "Requisiti minimi per l'applicazione di un Sistema di Gestione per la Sicurezza e salute sul Lavoro (SGSL) nelle strutture sanitarie" 24. Decreto n. 12830 del 30/11/2009: "Criteri e metodi per l'analisi del contesto produttivo e di rischio nel settore della metalmeccanica" 23. FAQ accertamenti sanitari di assenza di tossicodipendenza o di assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope ambienti di lavoro – 2009 22. Circolare n. 20 del 29/9/2009 - Aggiornamento Linee guida prevenzione malattie trasmissibili negli ambulatori e/o studi odontoiatrici 21. Decreto N. 3958 del 22/4/2009 - Linee guida prevenzione patologie muscolo scheletriche 20. Decreto N. 5368 del 29/5/2009 "Linee guida integrate in edilizia rurale e zootecnia" 19. Decreto N. 5547 del 4/6/2009 - Indirizzi operativi finalizzati alla prevenzione delle patologie muscolo scheletriche 18. Decreto N. 3959 del 22/4/2009 - Linee guida per la sorveglianza sanitaria in agricoltura 17. Decreto N. 848 del 3/2/2009 - Criteri per l'individuazione di "buone pratiche" in relazione alla prevenzione delle patologie muscolo scheletriche connesse con movimenti e sforzi ripetuti degli arti superiori 16. Decreto N. 120 del 14/1/2009 - Linea operativa gestione parco macchine prevenzione eventi infortunistici nel comparto agricolo 15. Decreto N. 126 del 14/1/2009 - Linee guida per la movimentazione in quota, all'interno dei cantieri temporanei e mobili, di pallet attraverso l'uso di forche per il contenimento degli eventi infortunistici nel comparto edile 14. Decreto N. 119 del 14/1/2009 - Disposizioni concernenti la prevenzione dei rischi di caduta dall'alto per il contenimento degli eventi infortunistici nel comparto edile 13. Decreto N. 10803 del 27/9/2007 - Linee guida per la prevenzione dei rischi nel comparto della panificazione artigianale 12. Circolare/Nota N. 36329 del 31/7/2006 - Vademecum sicurezza e della salute dei lavoratori nelle opere di asfaltatura 11. Decreto N. 12544 del 10/8/2005 - Linee guida regionali in applicazione del D.M. 1/12/2004, n. 329 attrezzature a pressione 10.Delibera VIII/489 del 4/8/2005 - Linee guida per la prevenzione e sicurezza nei cantieri per la costruzione del sistema ferroviario ad alta velocità e grandi opere 09. Pubblicazione "Prevenzione dei rischi da sorgenti di radiazioni non ionizzanti impiegate in ambito sanitario" (27/7/2005) 08. Decreto N. 16258 del 29/9/2004 - Linee Guida Regionali per la prevenzione degli infortuni in zootecnia 07. Indirizzi per la redazione del documento di valutazione del rischio (ex art. 4 D.Lgs. 626/94) (3/9/2004) 06. Pubblicazione "Prevenzione rischi da esposizione a sorgenti artificiali di radiazione ultravioletta in ambito estetico" (4/8/2003) 05.Pubblicazione "La radioprotezione in campo sanitario in Lombardia" (14/1/2003) 04.Coordinamento Tecnico per la sicurezza nei luoghi di lavoro delle Regioni e delle Provincie autonome - Titolo VII DLgs 626/94 - Linee Guida Protezione da agenti cancerogeni: Lavorazioni che espongono a polveri di legno duro (2/12/2002) 03.Coordinamento Tecnico per la sicurezza nei luoghi di lavoro delle Regioni e delle Provincie autonome - Titolo VII DLgs 626/94 - Linee Guida Protezione da agenti cancerogeni e/o mutageni (2/12/2002) 02.Coordinamento Tecnico per la sicurezza nei luoghi di lavoro delle Regioni e delle Provincie autonome - Titolo VII DLgs 626/94 - Linee Guida Protezione da agenti chimici (2/12/2002) 01.Coordinamento Tecnico per la sicurezza nei luoghi di lavoro delle Regioni e delle Provincie autonome - Titolo VII DLgs 626/94 - Linee Guida Protezione da agenti chimici: Premessa (2/12/2002)[/panel]
Rapporto tecnico UNI/TR 11705 Controllo periodico accessori sollevamento
UNI/TR 11705:2018 Accessori per il sollevamento - Rapporto Tecnico per l’identificazione, il controllo periodico e i requisiti del personale
In allegato:
1. TR elaborato sul Progetto di norma in inchiesta pubblica finale. 2. Modello Registro dei controlli accessori sollevamento UNI/TR 11705:2018 e D. Lgs. 81 Art. 71 c. 9
Il rapporto tecnico UNI/TR 11705:2018, fornisce indicazioni relative ai metodi di controllo, il livello di periodicità e i requisiti del personale, per l’esecuzione dei controlli dei seguenti accessori di sollevamento:
- Brache di fune di acciaio. - Brache di fibra sintetica. - Brache di catena. - Grilli. - Ganci. - Golfari. - Attrezzature amovibili di presa del carico (Bilancini, Ganci a C, Staffe, Forche, Pinze, Pinze per lamiera, Sollevatori a depressione, Sollevatori magnetici).
Il Rapporto Tecnico intende essere una guida utile nel campo degli accessori per il sollevamento immessi sul mercato secondo D. Lgs. 17/2010 (Recepimento Direttiva 2006/42/CE), al fine di stabilire: - i metodi di controllo, - i controlli periodici in conformità alle leggi, normative e/o linee guida vigenti in mancanza di specifica indicazione da parte del fabbricante e i requisiti del personale.
Come previsto dal D.Lgs 81/2008 articolo 71, comma 9 i risultati dei controlli devono essere riportati per iscritto e, almeno quelli relativi agli ultimi tre anni devono essere conservati e tenuti a disposizione degli organi di vigilanza.
[panel]Art. 71. co. 9 D.Lgs 81/2008Obblighi del datore di lavoro 9. I risultati dei controlli di cui al comma 8 devono essere riportati per iscritto e, almeno quelli relativi agli ultimi tre anni, devono essere conservati e tenuti a disposizione degli organi di vigilanza.[/panel]
Un registro di controllo dovrebbe contenere almeno i seguenti dati: ...
Prospetto 1 - Controlli e competenze
Il Rapporto Tecnico 11705:2018, in attuazione del D. Lgs. 81/2008 Art. 71 c. 9, da indicazioni sui dati della reportistica (registro dei controlli) relativa ai risultati dei controlli sugli accessori di sollevamento che devono essere riportati per iscritto e conservati per 3 anni a disposizione degli organi di vigilanza.
In allegato modello Report Controlli accesso di sollevamento doc/pdf.
I fumi di saldatura sono classificati nella IARC Monograph 118 Welding, Molybdenum Trioxide, and Indium Tin Oxide (2018) che ha aggiornato la IARC Monograph 49 Chromium, Nickel and Welding (1990).
I fumi di saldatura sono stati riclassificati come "cancerogeni" per l'uomo (Gruppo 1), classificazione aggiornata dalla precedente come "possibili cancerogeni" per l'uomo (Gruppo 2B) nel 1989 (IARC 49, 1990).
[panel]Gli effetti sulla salute del lavoro di saldatura tradizionale possono essere acuti e cronici. I principali effetti respiratori acuti sono la febbre da fumi metallici e il decremento della funzione respiratoria durante il turno di lavoro. Il calore, l’elettricità e le radiazioni UV possono provocare lesioni cutanee e oculari. Gli effetti cronici sull’apparato respiratorio comprendono la bronchite cronica, la peumoconiosi benigna o siderosi, l’asma ed un possibile incremento dell’incidenza di cancro polmonare. I saldatori presentano maggior frequenza, durata e gravità della infezioni respiratorie.[/panel]
Il numero di occupati in imprese IT che fabbricano prodotti in metallo, macchine e apparecchi meccanici, e quindi potenzialmente adibiti a mansioni di saldatura, arriva ad 1 milione. Il lavoro di saldatura è eterogeneo in termini di tecnologia, di materiali utilizzati, di posto di lavoro, di tipo ed intensità dell’esposizione professionale; quindi i rischi per la salute sono variabili.
Il documento è stato elaborato con dati estratti dai seguenti studi allegati:
- Le nuove tecniche di saldatura e rischi per la salute (G. Marina La Vecchia - Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Industriale - Università di Brescia - Rischi sanitari della saldatura SUVA 2013.
La Tabella I riassume i principali pericoli connessi al lavoro di saldatura tradizionale. Molti di questi componenti pericolosi sono stati eliminati o ridotti con le nuove tecniche di saldatura.
Tuttavia queste tecniche trovano un’applicazione ancora limitata e non vi sono studi specifici sui lavoratori esposti. È stato osservato, ad esempio, che la saldatura dell’alluminio per frizione libera aerosol di particelle submicroniche e ultrafini di zinco, alluminio e ferro per cui i rischi per la salute potrebbero essere diversi da quelli tradizionali.
Calore Rumore Vibrazioni Elettricità Campi elettromagnetici Prodotti di decomposizione di sgrassanti lubrificanti ili e vernici (fosgene, Pb NH3 Co HCL) Posture incongrue Proiezione di scorie e metallo fuso
Tabella 1 - Saldatura e fattori di rischio
I principali effetti sulla salute durante il processo di saldatura essere distinti in acuti e cronici, respiratori e non respiratori.
Fig. 1 Effetti sulla salute
2. Effetti acuti 2.1 Respiratori
Gli effetti respiratori acuti sono stati descritti in lavoratori esposti a concentrazioni elevate di fumi di saldatura.
- Febbre da fumi metallici Rappresenta il più frequente disturbo respiratorio acuto nei saldatori. È caratterizzata da sintomi similinfluenzali (febbre, brividi, malessere generale, mialgie, cefalea, tosse secca, dispnea), che iniziano dopo 4-8 ore dall’esposizione e si risolvono spontaneamente in 24-48 ore. È in genere dovuta all’inalazione di fumi contenenti ossidi di zinco nella saldatura di acciaio zincato, ma può essere causata da altri ossidi metallici (rame, magnesio, stagno o cadmio). Studi sull’uomo hanno suggerito che vi sia un reclutamento intrapolmonare di polimorfonucleati neutrofli con liberazione di TNF-α, nelle fasi iniziali (3 ore), e più tardivamente di IL-6 e IL-8 (8-22 ore). Una caratteristica della febbre da metalli è lo sviluppo di tolleranza per 1-2 giorni dopo un episodio, per cui i lavoratori restano asintomatici in occasione di esposizioni ripetute e i sintomi si manifestano più spesso il lunedì.
- Decremento della funzione respiratoria È stata osservata una lieve e transitoria riduzione di indici funzionali respiratori durante il turno (volumi polmonari, flussi massimi espiratori, transfer del CO), specie nei saldatori esposti ad elevate concentrazioni di fumi, che può essere associata a sintomi respiratori come tosse, espettorato, sibili e senso di oppressione toracica. Le alterazioni funzionali e i sintomi respiratori sono reversibili e non sono correlati allo sviluppo di asma o BPCO.
1.2 Non respiratori - Ustioni ed elettrocuzioni dovute al calore e all’elettricità. - Foto-dermatiti da UV nelle zone cutanee scoperte. - Foto-cheratocongiuntivite causata dalle radiazioni ultraviolette sviluppate dall’arco elettrico. - Infiammazione sistemica.
- cute e occhi L'arco elettrico e la fiamma di saldatura producono radiazioni ottiche nel campo dell'infrarosso fino all'ultravioletto. L'intensità dipende, tra l'altro, dal procedimento utilizzato, dal gas protettivo e dal materiale in lavorazione. Quindi, in caso di misure di protezione carenti, o a causa di riflessi, si possono avere lesioni corneali. A rischio non è soltanto il saldatore ma lo sono anche le persone che si trovano nelle vicinanze. L'irradiazione ultravioletta può causare un'infiammazione congiuntivale e corneale (cheratocongiuntivite fotoelettrica). Questo "abbagliamento del saldatore" compare alcune ore dopo la saldatura e scompare senza reliquati sospendendo l'esposizione dopo uno o due giorni. L'irradiazione infrarossa della saldatura può causare alterazioni associate al calore.
La luce ultravioletta presente nella saldatura ad arco elettrico e a fiamma, può causare una dermatite da UV ("ustione solare") delle zone di cute non protetta come collo o avambracci. Dopo diversi anni di saldatura sono state descritte anche alterazioni cutanee croniche. Ulteriori informazioni sui danni cutanei da UV si possono trovare nella pubblicazione della Suva "Brufliche Hautkrankheiten" (Fr.: "Les dermatoses professionnelles").
Scintille, scorie, parti metalliche incandescenti o anche esplosioni o incendi possono causare ustioni, in particolare a mani e viso.
3. Effetti cronici 3.1 Respiratori
- Bronchite cronica/Broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) La tosse e l’espettorato cronici sono i sintomi più frequentemente associati al lavoro di saldatura. Numerosi studi hanno indicato che i fumi di saldatura possono indurre bronchite cronica indipendentemente dall’abitudine al fumo. Tuttavia, la prevalenza di bronchite cronica particolarmente elevata nei saldatori che fumano ha suggerito che vi sia un’interazione tra fumo di sigaretta e saldatura. Vi è limitata evidenza che l’esclusiva esposizione a fumi di saldatura, in assenza di episodi acuti di inalazione massiva di fumi o di altre esposizioni concomitanti o di abitudine al fumo di sigaretta, determini BPCO.
- Pneumoconiosi/fibrosi polmonare La comparsa di piccole opacità nodulari alla radiografia del torace di esposti a fumi di saldatura per almeno 15 anni, dovute ad accumulo di ossidi di ferro nei macrofagi alveolari, senza evidenza di fibrosi polmonare evolutiva è stata definita “siderosi”. Questa pneumoconiosi benigna è in genere asintomatica e senza alterazioni della funzione respiratoria. Sono stati tuttavia descritti dei casi di fibrosi polmonare interstiziale in saldatori con esposizione più lunga (>25 anni) ed ad elevate concentrazioni di fumi, in cui i depositi di ferro erano contigui ad aree di fibrosi. In questi casi, i soggetti potevano avere sintomi respiratori, come dispnea e bronchite cronica, e alterazioni della funzione respiratoria (quadro restrittivo o misto, riduzione del transfer del CO, ipossiemia da sforzo).
- Asma L’esposizione a fumi di saldatura è frequentemente associata con asma correlata al lavoro, che comprende l’asma professionale, l’asma da irritanti e l’asma preesistente esacerbata dal lavoro. L’agente causale nei casi di asma professionale in genere non è stato determinato. Negli studi che hanno eseguito test di provocazione bronchiale specifico, l’asma era indotta da fumi di saldatura di acciai inossidabili ed è stato quindi ipotizzato che gli agenti causali fossero cromo e nickel.
- Infezioni respiratorie La frequenza e la gravità di infezioni delle vie aeree superiori e inferiori è maggiore nei saldatori. L’inalazione di fumi metallici aggrava la prognosi di polmonite e comporta un eccesso di mortalità per questa causa. Il fenomeno è stato attribuito ad una ridotta capacità citotossica delle cellule immunocompetenti dei saldatori.
- Cancro polmonare I fumi di saldatura sono stati classificati dalla International Agency for Research on Cancer (IARC) come 1, “cancerogeni” da IARC Monograph 118 Welding Molybdenum Trioxide, and Indium Tin Oxide (2018), aggiornamento della IARC Monograph 49 Chromium, Nickel and Welding (1990) nella quale erano 1 "possibili cancerogeni".
Precedentemente era stato ipotizzato che il rischio cancerogeno fosse circoscritto alla saldatura di acciaio inossidabile per il contenuto in cromo e nickel, noti cancerogeni polmonari. Con la IARC Monograph 118 del 2018, aggiornamento della precedente IARC Monograph 1990 del 1989, è stata introdotta nella valutazione le radiazioni ultraviolette emesse nel processo, già di per se classe 1 (IARC Monograph 100D), che porta la nuova classificazione dei fumi di saldatura a classe 1 (cancerogeni)
- Sistema nervoso centrale È stato dimostrato che il manganese è neurotossico se inalato in elevate concentrazioni sul posto di lavoro. Tuttavia, la questione se il manganese contenuto nei fumi di saldatura possa causare problemi neurologici non è ancora risolta, ad eccezione di casi isolati che avevano lavorato in particolari condizioni espositive e presentavano chiara intossicazione da manganese. Alcuni costituenti dei fumi di saldatura (manganese, piombo, alluminio) sono sospettati di causare sintomi psichiatrici in lavoratori esposti.
- apparato riproduttivo Esistono indizi che nei saldatori, in particolare di acciai altamente legati, possa comparire una limitazione dose-dipendente della qualità dello sperma, fatto che potrebbe portare ad altera-zioni della fertilità [OSHA, Rom, IARC].
- apparato locomotore Gran parte del lavoro di un saldatore è statica. A seconda dell'equipaggiamento, devono esse-re sorretti contemporaneamente il cannello e la visiera di protezione. A volte devono essere sollevate parti da lavorare pesanti. I problemi ergonomici dipendono anche dalla dimensione delle parti da lavorare: per i piccoli pezzi prodotti in serie possono essere utilizzati tavoli di lavoro; a questo proposito, per la lavorazione di pezzi più grandi, raramente sono disponibili posti di lavoro adattati secondo un concetto ergonomico. Negli spazi ristretti e per i lavoro da effettuare al di sopra del capo si producono allo stesso modo situazioni sfavorevoli con posizioni obbligate. Anche il procedimento di saldatura utilizzato influenza il carico dell'apparato locomotore. Nella saldatura con elettrodo a bacchetta questo deve essere sostituito dopo circa 2 minuti, fatto che rende poco ordinata l'attività di saldatura; negli altri procedimenti di saldatura (MIG/MAG), a questo proposito è possibile lavorare al pezzo per un tempo più lungo e quindi il carico di lavoro statico è maggiore.
- campi elettromagnetici Nella saldatura elettrica si formano campi elettrici e magnetici (EMF). Per quanto riguarda i rischi per la salute i campi elettrici sono trascurabili date le correnti relativamente basse. Al contrario i campi magnetici possono essere significativi a causa delle alte intensità di corrente. Correnti elevate fino a 750 A vengono utilizzate soprattutto nei procedimenti di saldatura ad arco elettrico MIG, MAG e WIG e nella saldatura a punti. I campi magnetici generano correnti nel corpo stesso perché influenzano le molecole cariche elettricamente. I fenomeni irritativi delle cellule muscolari e nervose o anche i cosiddetti fosfeni retinici sono effetti indesiderati diretti, scientificamente accertati, dei campi magnetici elevati. Questi sono fenomeni luminosi percepiti soggettivamente che sono prodotti dall'irritazione elettrica delle cellule retiniche. Per la pratica in medicina del lavoro, invece, ha importanza la possibilità che venga esercitata un'influenza su pacemaker, defibrillatori impiantabili, neurostimolatori e altri dispositivi attivi.
- vibrazioni Spesso i lavoratori che effettuano lavori di saldatura utilizzano anche apparecchiature vibranti per pulire o rettificare i pezzi. In caso di utilizzo per tempi lunghi di questi apparec-chi possono comparire alterazioni sensoriali e vascolari delle dita nel contesto della sindrome di Raynaud.
- udito A seconda della procedura di saldatura, del pezzo in lavorazione o dei parametri elettrici, l'esposizione al rumore è notevole e può superare il picco di rumore citato nella lista svizzera dei valori limite pari a Leq 85 dB (A). Questo è il caso in particolare per il taglio al plasma, le macchine ossitaglio, il riscaldo alla fiamma oppure quando esistono contemporanea-mente altre fonti di rumore in posti di lavoro adiacenti.
- cute La luce ultravioletta presente nella saldatura ad arco elettrico e a fiamma, può causare una dermatite da UV ("ustione solare") delle zone di cute non protetta come collo o avambracci. Dopo diversi anni di saldatura sono state descritte anche alterazioni cutanee croniche. Ulteriori informazioni sui danni cutanei da UV si possono trovare nella pubblicazione della Suva "Berufliche Hautkrankheiten" (Fr.: "Les dermatoses professionnelles"). Scintille, scorie, parti metalliche incandescenti o anche esplosioni o incendi possono causare ustioni, in particolare a mani e viso. In caso di sviluppo di allergie verso sostanze utilizzate sul posto di lavoro (per esempio con-tatto con lubrorefrigeranti) e a causa del frequente lavaggio delle mani possono comparire eczemi cutanei. Ulteriori lesioni degli occhi possono essere causate da gas, fumi, scintille, ecc. che colpiscono direttamente gli occhi non protetti.
- occhi L'arco elettrico e la fiamma di saldatura producono radiazioni ottiche nel campo dell'infrarosso fino all'ultravioletto. L'intensità dipende, tra l'altro, dal procedimento utilizzato, dal gas pro-tettivo e dal materiale in lavorazione. Quindi, in caso di misure di protezione carenti, o a causa di riflessi, si possono avere lesioni corneali. A rischio non è soltanto il saldatore ma lo sono anche le persone che si trovano nelle vicinanze. L'irradiazione ultravioletta può causare un'in-fiammazione congiuntivale e corneale (cheratocongiuntivite fotoelettrica). Questo "abbagliamento del saldatore" compare alcune ore dopo la saldatura e scompare senza reliquati so-spendendo l'esposizione dopo uno o due giorni. L'irradiazione infrarossa della saldatura può causare alterazioni associate al calore.
Recenti studi hanno dimostrato che l’esposizione a fumi di saldatura induce infiammazione sistemica (neutrofilia e aumento della proteina C reattiva) e alterazioni del sistema nervoso autonomo (riduzione delle variazioni del ritmo cardiaco). Il significato clinico di tali variazioni resta da determinare.
4. Le più importanti sostanze pericolose per la salute nella saldatura
Durante la saldatura, a seconda della procedura utilizzata, si liberano svariati fumi, polveri, vapori e gas contenenti diverse sostanze. Complessivamente nei fumi e nei gas si trovano circa 40 sostanze chimiche. Le sostanze nocive originano dallo stesso materiale lavorato che permane nell'aria in forma di particelle metalliche o derivati del metallo (per esempio ossidi), materiali d'apporto (elettrodi, elettrodi a bacchetta, piombo, polvere per saldatura, ecc.) oppure queste vengono asportate dalla ricopertura come lacche o rivestimenti metallici o detergenti. Va tenuto conto anche dei materiali di consumo (gas combustibili, gas protettivi, fondenti ecc.).
Fumo
La fonte più importante del fumo di saldatura è rappresentata dalle sostanze aggiuntive. Il fumo si forma da un lato con la condensazione e l’ossidazione dei metalli nella fase di vapore, e dall'altro in seguito a una combustione incompleta di materiali organici come il materiale d'apporto o il rivestimento
Gas e vapori
Sostanze nocive gassose originano dai gas combustibili, dall'aria, dai materiali di rivestimento o dalle impurità. Esempi di sostanze nocive gassose sono l'ozono, il monossido di carbonio, l'ossido di azoto, l'acido cloridrico o l'aldeide. Dei gas va anche considerato il rischio di incendio ed esplosione, così come il rischio di intossicazione da biossido di carbonio, ossido d'azoto o argon.
Polveri
Le singole particelle nella saldatura, nel taglio e nella brasatura hanno un diametro da 0,01 fino a 1 µm e pertanto possono raggiungere gli alveoli (frazione alveolare della polvere). I saldatori, rispetto ad altri gruppi professionali, sono più fortemente esposti a tali particelle, in particolare quelle con diametro <0,1 µm (particelle ultrafini). Le particelle, solitamente, sono più piccole nei lavori di saldatura rispetto a quelli di taglio. Un'eccezione è rappresentata dai procedimenti di taglio con laser nei quali si formano soprattutto particelle ultrafini.
Una piccola parte dei fumi da saldatura è composta, in forma agglomerata, dalla frazione di polvere inalabile. Nelle procedure di taglio termico o spruzzatura a caldo, per esempio, si possono formare queste grandi particelle con granulometria fino a 100 µm.
Il carico di polveri nella saldatura dipende da fattori specifici per procedura e materiale: la saldatura con elettrodi a bacchetta (barretta) mostra il più alto tasso di emissione rispetto a tutte le procedure di saldatura, la saldatura WIG e quella al plasma mostrano il livello più basso di liberazione di fumi. Tramite adeguate misure di igiene del lavoro, come le apparecchiature di aspirazione, l'esposizione ai fumi può essere fortemente ridotta.
Nella tabella 2 si trova una classificazione delle più importanti sostanze nocive che si liberano nelle singole procedure.
...segue
Tabella 2 Tecniche di saldatura e fumi e gas che si sviluppano
La Tabella 3 fornisce una panoramica dei valori limite delle più importanti sostanze che si formano durante la saldatura.
Tabella 3 Elenco dei più importanti valori MAC(2) secondo la lista dei valori limite (edizione 2013)
Frazione alveolare della polvere (in precedenza detta polvere fine) = globalità delle particelle nell'aria inspirata che possono raggiungere gli alveoli polmonari.
Frazione inalabile della polvere (in precedenza detta polvere totale) = globalità delle particelle nell'aria inspirata che possono essere inalate tramite bocca e naso.
5. Malattie a seconda della sostanza pericolosa
In Tabella 4 si trova un elenco delle più importanti sostanze pericolose che si riscontrano nella saldatura con le possibili conseguenze sulla salute da loro indotte. I problemi sulla salute possono essere indotti dalla stessa sostanza o da un composto di questa (per esempio un ossido); nella tabella questo fatto non viene differenziato.
Tabella 4 Sostanze pericolose più importanti e problemi sanitari che possono essere causati dalle stesse o dai loro composti
6. Monitoraggio biologico
Con monitoraggio biologico si intende la valutazione dell'esposizione dei lavoratori a sostanze chimiche con la determinazione della sostanza in materiali biologici come sangue, urine o aria espirata, la determinazione dei metaboliti o di un parametro dell'organismo che venga influenzato dalla sostanza da lavoro. I valori misurati vengono confrontati con i valori limite biologici (BAT)(1) elencati nella lista dei valori limite. In questo modo può essere valutato il carico interno prodotto da una sostanza da lavoro o una reazione dell'organismo alla sostanza da lavoro stessa, da cui si stima un rapporto dose-effetto tra la concentrazione della sostanza da lavoro nell'aria e l'effetto sull'organo bersaglio. Con il monitoraggio biologico vengono rilevate tutte le vie di assorbimento di una sostanza da lavoro, quindi non solo l'inalazione, ma anche l'assunzione attraverso cute e tratto gastroenterico.
La concentrazione nei sopracitati materiali biologici è influenzata da diversi fattori, pertanto non sempre si trova una correlazione soddisfacente tra le misurazioni nell'aria ambientale e i valori biologici. Infatti l'assorbimento per via inalatoria può oscillare a seconda del volume respiratorio al minuto e l'assorbimento della cute a seconda della qualità delle misure di protezione; il metabolismo subisce delle variabilità individuali a seconda della situazione e, per emivite di eliminazione lunghe, una sostanza si può accumulare nell'organismo (body burden) ed essere rilasciata dai tessuti ancora dopo molto tempo. Le interazioni con altri solventi o sostanze, inoltre, influenzano la tossicodinamica e la tossicocinetica. Nel monitoraggio biologico i fattori influenzanti devono essere assolutamente riconosciuti con un'anamnesi accurata e considerati nella valutazione.
Per le seguenti sostanze, alle quali possono essere esposti i lavoratori durante la saldatura, esistono valori BAT.
Tabella 5 Valori BAT di alcune sostanze che si formano durante la saldatura [Lista dei valori limite 2013 SUVA];
a: nessuna limitazione, b: fine dell'esposizione o del turno, c: in caso di esposizione per periodi lunghi dopo la fine di diversi turni, d: prima dell'inizio di un turno
(1) BAT Biologischer Arbeitsstoff-Toleranzwert (valore di tolleranza delle sostanze di lavoro biologiche) Svizzera (2) MAC: Maximale Arbeitsstoffkonzentration (concentrazione massimale di una sostanza di lavoro), il valore per le sostanze cancerogene viene stabilito in base al rischio con l'obiettivo che l'eccesso di rischio di comparsa di un tumore maligno non sia superiore a 1: 100'000 all'anno. Svizzera
- G. Marina La Vecchia, Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Industriale - Università di Brescia, Via Branze, 38, 25123 Brescia, Italy - Dr. med. Dr. sc. nat. Michal Koller Dr. med. Marcel Jost, PD Dr. med. David Miedinger, PhD Dr. med. Klaus Stadtmüller dipl. chem. FH Markus Blättler - SUVA CH
DVR VDT | Modello valutazione rischio Videoterminali
08.05.2019 | Rev. 0.0 2019
La Documentazione allegata è inerente la valutazione del rischio videoterminali, secondo quanto prescritto dal D.Lgs. n. 81/2008 “Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro” - TITOLO VII, CAPO I e CAPO II (in formato .doc/pdf), con Modello DVR VDT, Documenti ufficiali INAIL, Documento sulle norme UNI VDT/Postazioni di lavoro ufficio, altra Documentazione d'interesse.
I lavoratori addetti a VDT sono (Art. 173 D.Lgs. n. 81/2008) tutti i lavoratori che utilizzano un VDT in modo sistematico e abituale, per venti ore settimanali, dedotte le pause obbligatorie di 15 minuti ogni due ore di attività. Utilizzo sistematico e abituale vuol dire che l’uso del VDT è una parte necessaria e costante dell’attività lavorativa, e quindi non un uso saltuario, occasionale, per tempi ridotti.
Il lavoratore addetto al VDT, nel D.Lgs. 626/94, veniva definito come il lavoratore che utilizza una attrezzatura munita di VDT in modo sistematico e abituale, per almeno quattro ore consecutive al giorno per tutta la settimana lavorativa, dedotte le interruzioni obbligatorie (art. 54: pausa di 15 minuti ogni 120 minuti di applicazione continua, non cumulabili all’inizio o alla fine dell’orario lavorativo).
A differenza della precedente enunciazione del D.Lgs. 626/94, che richiedeva un uso continuativo per quattro ore giornaliere, l’organizzazione dei tempi di adibizione (quante ore al giorno, quante ore continuative) non risulta più discriminante.
[alert]Nel D.Lgs. n. 81/2008 la richiesta di quattro ore consecutive giornaliere viene a cadere, e la definizione riformulata diventa: “lavoratore: il lavoratore che utilizza un'attrezzatura munita di videoterminali, in modo sistematico o abituale, per venti ore settimanali, dedotte le interruzioni di cui all’articolo 175 D.Lgs. n. 81/2008 (quindici minuti ogni centoventi minuti di applicazione continuativa al videoterminale).[/alert]
Videoterminali
I videoterminali (Vdt) costituiscono oggi un elemento essenziale in quasi tutti gli ambienti lavorativi, siano essi uffici, dove il videoterminale è adesso lo strumento fondamentale di lavoro, che ambienti produttivi, dove in molti casi i videoterminali entrano con funzioni di controllo (postazioni di comando, gestione dei quantitativi e dei flussi, controllo dell’organizzazione, ecc.) o per attività di progettazione.
Il lavoro al videoterminale pone dei rischi per la salute dei lavoratori, che dipendono non solo dal videoterminale stesso ma da tutto ciò che costituisce l’ambiente in cui il lavoratore si trova. I rischi legati al vero e proprio Vdt sono dipendenti dalle sue componenti (schermo, tastiera, mouse, altre periferiche) oltre che dalle caratteristiche dei software installati, mentre l’ambiente comprende la postazione di lavoro (essenzialmente scrivania e seduta) e quanto c’è intorno (luce ambientale, microclima, spazi di lavoro e di movimento, ambiente sonoro, ecc.).
Il rischio dovuto al Vdt è uno dei fattori considerati nella legislazione sulla salute e sicurezza sul lavoro, che pone la sua valutazione tra gli obblighi del datore di lavoro, come per tutti gli altri rischi presenti nell’ambiente lavorativo.
Utilizzo sicuro del vdt
Lavorare al videoterminale comporta in generale dei possibili rischi dovuti al mantenimento di una postura statica (spesso seduta) e alla necessità di concentrare lo sguardo su uno schermo, per tutto o quasi il periodo di lavoro. Inoltre sono da considerare anche i rischi più generali legati all’ambiente di lavoro, e i rischi specifici dovuti alle caratteristiche degli strumenti utilizzati, siano essi strumenti fisici (hardware) che programmi (il software), oltre alle richieste dell’attività dal punto di vista mentale.
Le principali fonti di rischio sono riferibili a:
[alert]1. caratteristiche della postazione di lavoro (caratteristiche del piano di lavoro, della seduta, disposizione dei materiali, ecc.); 2. caratteristiche del Vdt vero e proprio (caratteristiche dello schermo e delle periferiche); 3. caratteristiche dell’ambiente in cui si trova la postazione di lavoro (illuminazione, microclima, rumore, ecc.)[/alert]
Nella presente sezione vengono analizzati questi fattori sulla base delle raccomandazioni presenti nel d.lgs. 81/2008, in particolare nell’allegato XXXIV D.Lgs. n. 81/2008, ma anche sulla base di quanto presente nella normativa tecnica specifica.
Vdt e salute
L’utilizzo del videoterminale può presentare dei rischi per i lavoratori addetti: infatti l’adibizione a un videoterminale, che per legge si concretizza in un tempo di adibizione di almeno 20 ore settimanali, comporta in genere il mantenimento di una postura statica e la concentrazione dell’attenzione (e dello sguardo) su uno schermo, per tutto o quasi il periodo di lavoro.
Si tratta quindi soprattutto di rischi per il sistema muscoloscheletrico legati alla postura assunta e ai movimenti che vengono fatti, e rischi per la vista legati alle caratteristiche di luminosità e contrasto dello schermo e dell’ambiente circostante.
Inoltre la necessità di mantenere la concentrazione su un compito per lunghi periodi, o con compiti che richiedono un notevole impegno cognitivo, comporta un rischio di affaticamento mentale. In questa sezione sono raccolte delle informazioni relative ai rischi per la salute che possono essere riferibili a una adibizione a Vdt, insieme ad informazioni sugli organi e apparati maggiormente coinvolti. Per riferimento è stata inserita la definizione di benessere e di discomfort, dato che stati di discomfort possono essere legati allo stress e sono possibile causa di molti disturbi aspecifici.
Tipologie di postazioni al vdt
Le attività al Videoterminale possono essere molto diversificate. Nella maggior parte dei casi si tratta di attività di ufficio, con caratteristiche abbastanza simili, che riguardano principalmente l’immissione di dati, la videoscrittura, il calcolo e l’analisi di informazioni; queste attività vengono svolte con modalità simili e comportano simili caratteristiche delle postazioni.
Esistono comunque anche molte altre attività al Vdt che possono richiedere una particolare organizzazione della postazione, come ad esempio negli uffici aperti al pubblico, o le postazioni per attività specializzate. In questa sezione sono analizzate alcune comuni tipologie di postazioni al videoterminale, evidenziando le loro caratteristiche specifiche. In questa sede non verranno trattate le postazioni di controllo per specifiche macchine o per singole operazioni lavorative.
...
Il documento allegato risulta essere così strutturato:
[box-note]1. Introduzione 1.1 Videoterminali 1.2 Utilizzo sicuro del vdt 1.3 Vdt e salute 1.4 Tipologie di postazioni al vdt 2. Riferimenti normativi 2. Obblighi del datore di lavoro 3. Dati generali impresa 4. La valutazione dei rischi da lavoro ai videoterminali: I principali fattori di rischio 9 5. La postazione di lavoro 6. Il Piano di lavoro 7. Il sedile di lavoro 8. L’illuminazione naturale ed artificiale 9. Il corretto utilizzo dei computer portatili 10. Le condizioni ambientali 11. Misure di prevenzione 12. Check list di verifica Allegato XXXIV del D.Lgs.81/2008 e s.m.i. 13. Norme UNI 14. Elenco operatori attrezzature munite di videoterminali 15. Firme del Documento per presa visione Fonti[/box-note]
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[panel]Titolo VIID.Lgs. n. 81/2008 ATTREZZATURE MUNITE DI VIDEOTERMINALI
Capo I Disposizioni generali
Art. 172. Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività lavorative che comportano l'uso di attrezzature munite di videoterminali.
2. Le norme del presente titolo non si applicano ai lavoratori addetti:
a) ai posti di guida di veicoli o macchine;
b) ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di trasporto;
c) ai sistemi informatici destinati in modo prioritario all'utilizzazione da parte del pubblico;
d) alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte le attrezzature munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione dei dati o delle misure, necessario all'uso diretto di tale attrezzatura;
e) alle macchine di videoscrittura senza schermo separato.
Art. 173. Definizioni
1. Ai fini del presente decreto legislativo si intende per:
a) videoterminale: uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato;
b) posto di lavoro: l'insieme che comprende le attrezzature munite di videoterminale, eventualmente con tastiera ovvero altro sistema di immissione dati, incluso il mouse, il software per l'interfaccia uomo-macchina, gli accessori opzionali, le apparecchiature connesse, comprendenti l'unità a dischi, il telefono, il modem, la stampante, il supporto per i documenti, la sedia, il piano di lavoro, nonché l'ambiente di lavoro immediatamente circostante;
c) lavoratore: il lavoratore che utilizza un'attrezzatura munita di videoterminali, in modo sistematico o abituale, per venti ore settimanali, dedotte le interruzioni di cui all'articolo 175.
Capo II Obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti
Art. 174. Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro, all'atto della valutazione del rischio di cui all'articolo 28, analizza i posti di lavoro con particolare riguardo:
a) ai rischi per la vista e per gli occhi;
b) ai problemi legati alla postura ed all'affaticamento fisico o mentale;
c) alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.
2. Il datore di lavoro adotta le misure appropriate per ovviare ai rischi riscontrati in base alle valutazioni di cui al comma 1, tenendo conto della somma ovvero della combinazione della incidenza dei rischi riscontrati.
3. Il datore di lavoro organizza e predispone i posti di lavoro di cui all'articolo 173, in conformità ai requisiti minimi di cui all'allegato XXXIV.[/panel]
Osservazione preliminare Gli obblighi previsti dal presente allegato si applicano al fine di realizzare gli obiettivi del titolo VII. I requisiti minimi previsti dal presente allegato si applicano anche alle attività di cui all'articolo 3, comma 7. 1. Attrezzature
a) Osservazione generale. L'utilizzazione in sé dell'attrezzatura non deve essere fonte di rischio per i lavoratori.
b) Schermo. La risoluzione dello schermo deve essere tale da garantire una buona definizione, una forma chiara, una grandezza sufficiente dei caratteri e, inoltre, uno spazio adeguato tra essi. L'immagine sullo schermo deve essere stabile; esente da farfallamento, tremolio o da altre forme di instabilità. La brillanza e/o il contrasto di luminanza tra i caratteri e lo sfondo dello schermo devono essere facilmente regolabili da parte dell'utilizzatore del videoterminale e facilmente adattabili alle condizioni ambientali. Lo schermo deve essere orientabile ed inclinabile liberamente per adeguarsi facilmente alle esigenze dell'utilizzatore. È possibile utilizzare un sostegno separato per lo schermo o un piano regolabile. Sullo schermo non devono essere presenti riflessi e riverberi che possano causare disturbi all'utilizzatore durante lo svolgimento della propria attività. Lo schermo deve essere posizionato di fronte all'operatore in maniera che, anche agendo su eventuali meccanismi di regolazione, lo spigolo superiore dello schermo sia posto un po' più in basso dell'orizzontale che passa per gli occhi dell'operatore e ad una distanza degli occhi pari a circa 50-70 cm, per i posti di lavoro in cui va assunta preferenzialmente la posizione seduta
c) Tastiera e dispositivi di puntamento. La tastiera deve essere separata dallo schermo e facilmente regolabile e dotata di meccanismo di variazione della pendenza onde consentire al lavoratore di assumere una posizione confortevole e tale da non provocare l'affaticamento delle braccia e delle mani. Lo spazio sul piano di lavoro deve consentire un appoggio degli avambracci davanti alla tastiera nel corso della digitazione, tenendo conto delle caratteristiche antropometriche dell'operatore. La tastiera deve avere una superficie opaca onde evitare i riflessi. La disposizione della tastiera e le caratteristiche dei tasti devono agevolarne l'uso. I simboli dei tasti devono presentare sufficiente contrasto ed essere leggibili dalla normale posizione di lavoro. Il mouse o qualsiasi dispositivo di puntamento in dotazione alla postazione di lavoro deve essere posto sullo stesso piano della tastiera, in posizione facilmente raggiungibile e disporre di uno spazio adeguato per il suo uso.
d) Piano di lavoro. Il piano di lavoro deve avere una superficie a basso indice di riflessione, essere stabile, di dimensioni sufficienti a permettere una disposizione flessibile dello schermo, della tastiera, dei documenti e del materiale accessorio. L'altezza del piano di lavoro fissa o regolabile deve essere indicativamente compresa fra 70 e 80 cm. Lo spazio a disposizione deve permettere l'alloggiamento e il movimento degli arti inferiori, nonché l'ingresso del sedile e dei braccioli se presenti. La profondità del piano di lavoro deve essere tale da assicurare una adeguata distanza visiva dallo schermo. Il supporto per i documenti deve essere stabile e regolabile e deve essere collocato in modo tale da ridurre al minimo i movimenti della testa e degli occhi.
e) Sedile di lavoro. Il sedile di lavoro deve essere stabile e permettere all'utilizzatore libertà nei movimenti, nonché una posizione comoda. Il sedile deve avere altezza regolabile in maniera indipendente dallo schienale e dimensioni della seduta adeguate alle caratteristiche antropometriche dell'utilizzatore. Lo schienale deve fornire un adeguato supporto alla regione dorso-lombare dell'utente. Pertanto deve essere adeguato alle caratteristiche antropometriche dell'utilizzatore e deve avere altezza e inclinazione regolabile. Nell'ambito di tali regolazioni l'utilizzatore dovrà poter fissare lo schienale nella posizione selezionata. Lo schienale e la seduta devono avere bordi smussati. I materiali devono presentare un livello di permeabilità tali da non compromettere il comfort dell'utente e pulibili. Il sedile deve essere dotato di un meccanismo girevole per facilitare i cambi di posizione e deve poter essere spostato agevolmente secondo le necessità dell'utilizzatore. Un poggiapiedi sarà messo a disposizione di coloro che lo desiderino per far assumere una postura adeguata agli arti inferiori. Il poggiapiedi non deve spostarsi involontariamente durante il suo uso.
f) Computer portatili L'impiego prolungato dei computer portatili necessita della fornitura di una tastiera e di un mouse o altro dispositivo di puntamento esterni nonché di un idoneo supporto che consenta il corretto posizionamento dello schermo.
2. Ambiente
a) Spazio Il posto di lavoro deve essere ben dimensionato e allestito in modo che vi sia spazio sufficiente per permettere cambiamenti di posizione e movimenti operativi.
b) Illuminazione L'illuminazione generale e specifica (lampade da tavolo) deve garantire un illuminamento sufficiente e un contrasto appropriato tra lo schermo e l'ambiente circostante, tenuto conto delle caratteristiche del lavoro e delle esigenze visive dell'utilizzatore. Riflessi sullo schermo, eccessivi contrasti di luminanza e abbagliamenti dell'operatore devono essere evitati disponendo la postazione di lavoro in funzione dell'ubicazione delle fonti di luce naturale e artificiale. Si dovrà tener conto dell'esistenza di finestre, pareti trasparenti o traslucide, pareti e attrezzature di colore chiaro che possono determinare fenomeni di abbagliamento diretto e/o indiretto e/o riflessi sullo schermo. Le finestre devono essere munite di un opportuno dispositivo di copertura regolabile per attenuare la luce diurna che illumina il posto di lavoro.
c) Rumore Il rumore emesso dalle attrezzature presenti nel posto di lavoro non deve perturbare l'attenzione e la comunicazione verbale.
d) Radiazioni Tutte le radiazioni, eccezion fatta per la parte visibile dello spettro elettromagnetico, devono essere ridotte a livelli trascurabili dal punto di vista della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori
e) Parametri microclimatici Le condizioni microclimatiche non devono essere causa di discomfort per i lavoratori. Le attrezzature in dotazione al posto di lavoro non devono produrre un eccesso di calore che possa essere fonte di discomfort per i lavoratori.
3. Interfaccia elaboratore/uomo All'atto dell'elaborazione, della scelta, dell'acquisto del software, o allorché questo venga modificato, come anche nel definire le mansioni che implicano l'utilizzazione di unità videoterminali, il datore di lavoro terrà conto dei seguenti fattori:
a) il software deve essere adeguato alla mansione da svolgere;
b) il software deve essere di facile uso adeguato al livello di conoscenza e di esperienza dell'utilizzatore. Inoltre nessun dispositivo di controllo quantitativo o qualitativo può essere utilizzato all'insaputa dei lavoratori;
c) il software deve essere strutturato in modo tale da fornire ai lavoratori indicazioni comprensibili sul corretto svolgimento dell'attività;
d) i sistemi devono fornire l'informazione di un formato e ad un ritmo adeguato agli operatori;
e) i principi dell'ergonomia devono essere applicati in particolare all'elaborazione dell'informazione da parte dell'uomo.[/panel]
In allegato Documenti di inquadramento rischio sismico lavoro, plesso scolastico tipo e insediamento produttivo Documenti d'interesse, Modello di DVR Sismico Plesso scolastico formato doc (replicabile ad insediamenti produttivi).
Excursus
A causa dei terremoti che hanno recentemente colpito l’Italia, si è rivelato indispensabile considerare tra i rischi potenzialmente presenti negli ambienti di lavoro anche quello sismico.
Il D.Lgs. 81/08 da sempre riporta come obbligo non delegabile del datore di lavoro, nell’Art. 17, la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento di valutazione dei rischi. Inoltre il rischio sismico (terremoti) è presente nelle "Procedure standardizzate" di cui al D.M. 30 Novembre 2012 Modulo 2 INDIVIDUAZIONE DEI PERICOLI PRESENTI IN AZIENDA:
1
2
3
4
5
6
Famiglia di pericoli
Pericoli
Pericoli presenti
Pericoli non presenti
Riferimenti legislativi
Esempi di incidenti e di criticità
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Altre emergenze
Inondazioni, allagamenti, terremoti, ecc.
D.Lgs. 81/08 s.m.i. (Titolo I, Capo III, sez. VI)
- Cedimenti strutturali
Oltre ad una valutazione documentale progettuale e autorizzativa degli edifici, è prioritario effettuare una verifica della zona sismica in cui è presente la struttura.
L'età dell'edificio potrebbe essere comunque una discriminante sulla tipologia costruttiva.
Il rischio sismico, come gli altri rischi naturali, si esprime in funzione di tre parametri:
- PERICOLOSITA (caratteristica del sito) - VULNERABILITA (caratteristica dell'edificio) - ESPOSIZIONE (caratteristico delle attività svolte)
Quindi la formula classica del rischio R= f (P, D), utilizzando in “f” il fattore moltiplicativo R = P x D viene sostituita da una formula che, tenendo conto dei parametri sopra indicati diviene piu realistica: il danno D diverrà funzione della vunerabilità dell'edificio e dell'esposizione
R=P x (V x E)
PERICOLOSITA’ La Pericolosità sismica di un territorio è rappresentata dalla frequenza e dalla forza dei terremoti che lo potrebbero interessare, ovvero dalla sua sismicita. Tecnicamente è definita come la probabilità che in una data area ed in un certo intervallo di tempo (periodo di ritorno) si verifichi un evento sismico con assegnate caratteristiche. Essa è variabile non modificabile e il suo valore sarà ricavato dalle carte della pericolosità sismica definite per il territorio al livello statale e regionale (Vedi Fig. 1)
VULNERABILITA’ La Vulnerabilità sismica, definita come la predisposizione di una costruzione ad essere danneggiata, ovvero di partecipazione al movimento sismico e quindi la sua capacità di resistervi o meno, in funzione dei materiali e della morfologia costruttiva e della conformazione geometrica, è da stabilirsi tramite indagini e valutazioni specifiche, da parte dell'Ente proprietario, obbligatorio per l'art. 2, comma 3, dell'OPCM 3274/2003 ("è fatto obbligo di procedere a verifica, da effettuarsi a cura dei rispettivi proprietari, pubblici e privati, sia degli edifici di interesse strategico e delle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile, sia degli edifici e delle opere infrastrutturali che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un eventuate collasso").
ESPOSIZIONE L'Esposizione è influenzata dal numero di persone presenti, dalle attività svolte e dalle perdite subite in caso di sisma: anche questo è un parametro difficile da modificare. Si può intende l'importanza dei beni esposti al rischio o la tipologia di utenza che può essere coinvolta nei crolli a seguito di un evento sismico in termini di perdite di vite umane. Nel caso delle scuole l'utenza è da considerarsi basilare (edifici con notevole affollamento di ragazzi in età scolare, nella maggioranza dei casi minorenni).
lnoltre l'utilizzo quotidiano degli ambienti scolastici e la normale attività, in essi svolta, potrebbe esporre i presenti a rischi aggiuntivi, durante le attività sismiche, in relazione alle vulnerabilità di elementi non strutturali come scaffali, attrezzature ginniche, macchine operatrici negli istituti tecnici, questo parametro è legato alle modalità di gestione degli ambienti da parte del Datore di Lavoro. Per questo motivo viene fatta anche una valutazione specifica in relazione all'utilizzo.
2. Valutazione del rischio sismico
Per la valutazione del rischio sismico, analogamente alla classica matrice del rischio si adotta anche in questo caso una scala che varia da 1 a 4, dove 4 è il valore massimo (situazione peggiore) e 1 il valore minore (situazione migliore) per ciascuna delle entità indicate:
Quindi il valore di D sarà trovato mettendo a matrice V x E:
Il risultato di D servirà insieme al valore rintracciato sulle mappe della pericolosità sismica nazionale a trovare il valore del rischio sismico; D verrà messo a matrice con il valore di P e se ne dedurrà il rischio che sarà valutato secondo lo schema classico già definito per la valutazione del rischio in generale:
Il rischio sismico verrà valutato in base alle classi di valore e per ciascuna dovranno essere definire delle adeguate misure migliorative per abbassare il rischio.
Nel caso specifico del rischio sismico, esso è il risultato di indicatori che possono non essere modificabili, come ad esempio la pericolosità, su cui si può intervenire solo cambiando zona sismica. Altro parametro su cui è difficile intervenire è l'esposizione: per questo gli interventi andranno indirizzati sull'aumento degli indici di vulnerabilità degli edifici in uso.
Oltre però ad interventi di tipo strutturali si prevederanno azioni mirate a migliorare la gestione dell'uso quotidiano degli ambienti, anche con assidua attività di controllo e azioni mirate al miglioramento dell'efficacia della gestione dell'emergenza sismica.
... segue Modello doc in allegato
DVR Sismico - Insediamento produttivo (memoria)
(P. ARNAUD, F. BARPI, ecc)
In allegato è riportato, tra gli altri, un Documento che presenta una metodologia di valutazione del rischio sismico di insediamenti industriali che tiene in conto i fabbricati, le scaffalature e gli impianti ospitati al loro interno. La procedura proposta non entra nel merito delle calcolazioni da effettuare, ma individua un percorso logico e conseguenziale che permette di giungere ad una oggettiva valutazione del Rischio Sismico di ogni oggetto analizzato singolarmente e delle loro interazioni sismiche all’interno di un complesso industriale.
Trattasi di un’analisi integrata multicriteria di elevata complessità tecnica, in particolare nella valutazione degli impianti, ma soprattutto complessità normativa per la mancanza di una linea guida univoca che permetta ad un Datore di Lavoro di adempiere con semplicità senza necessariamente dipendere da numerose norme e dalle loro diverse interpretazioni. A titolo d’esempio non esiste ancora alcuna indicazione legislativa che chiarisca come redigere un DVR Sismico.
La metodologia proposta è stata applicata a numerosi casi di impianti industriali di notevole estensione e complessità, permettendo di giungere, in tempi relativamente brevi, alla definizione del Rischio Sismico, alla redazione del relativo DVR ed alla successiva programmazione delle diverse attività di adeguamento e miglioramento.
La memoria presenta le attuali novità e gli indirizzi in materia di sicurezza dei luoghi di lavoro. Viene proposto, in maniera sintetica, un approccio metodologico per la valutazione del rischio sismico in applicazione del D.Lgs. 81/2008 “Tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” art. 17, comma 1, lettera a) e art. 28 e s.m.i. ed in particolare sulla sicurezza dei luoghi di lavoro da prevedersi nell’ambito dell’aggiornamento continuo del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) di siti produttivi industriali.
La procedura tecnica di indagine, che trova coerenza nella normativa attualmente in vigore, consiste in una classificazione dei fabbricati dal punto di vista sismico tramite un censimento che, oltre a valutare la vulnerabilità sismica propria della struttura “esterna” (intesa come fabbricato edile, vedi la Figura 1), tiene in conto anche delle numerose strutture “interne”, quali quelle staticamente indipendenti (soppalchi) e/o accessorie ai fabbricati (pensiline, scale esterne), le scaffalature (pesanti e leggere) e gli impianti a servizio del fabbricato stesso o della produzione.
Fig. 1 - Fabbricato tipo
Una delle principali problematiche che emerge quando si affronta la valutazione del rischio sismico per gli ambienti di lavoro, risiede nella complessità e nella scarsa chiarezza del quadro normativo.
Con l’emanazione della OPCM 3274/2003 sono state rese obbligatorie le verifiche della vulnerabilità sismica per gli edifici esistenti (strategici e rilevanti), con la precisazione che tali valutazioni fossero da effettuare su edifici progettati prima del 1984 o che appartenessero a porzioni di territorio soggette a riclassificazione sismica con incremento della pericolosità di base. Vanno altresì tenuti in opportuna considerazione i casi in cui eventuali cambiamenti della destinazione d’uso (anche senza lavori) abbiano portato ad un incremento della pericolosità sismica.
Tuttavia, l’aspetto più importante, è la mancata definizione di una strategia univoca relativa all’interpretazione e all’utilizzo degli esiti delle verifiche. Se da un lato, infatti, le verifiche sono obbligatorie, non altrettanto si può dire per gli interventi, che sono lasciati alla discrezionalità dei singoli soggetti (pubblici o privati). Ovviamente ciò può non valere in casi specifici per i quali esistono indicazioni cogenti. Un esempio è il caso della Regione Emilia Romagna che, a seguito degli eventi sismici del 2012, ha imposto specifici obblighi per alcune tipologie di edifici ad uso produttivo. Tali obblighi riguardano i capannoni prefabbricati monopiano in calcestruzzo armato privi di collegamenti e/o danneggiati dal sisma, ubicati nei comuni individuati nell’Allegato 1 della L. 122/2012 e, più in generale, per tutti quei stabilimenti produttivi classificati sotto il D.Lgs. 105/2015 ( Direttiva Seveso III).
A seguito del terremoto emiliano è iniziata una sempre maggiore presa di coscienza, che ha portato a considerare tra i rischi potenzialmente presenti negli ambienti di lavoro, anche quello sismico. Inoltre, il D.Lgs. 81/2008, secondo quanto indicato nell’art. 63 e nell’allegato IV, richiede che gli edifici che ospitano i luoghi di lavoro o qualunque altra opera e struttura presente nel luogo di lavoro, garantiscano una stabilità e solidità corrispondenti al loro tipo d’impiego ed alle caratteristiche ambientali. Da questa semplice evidenza per il Datore di Lavoro risulta quindi obbligatorio e necessario valutare anche il sisma tra le possibili fonti di rischio al momento della redazione e/o dell’aggiornamento del DVR.
La memoria presenta le attuali novità e gli indirizzi in materia di sicurezza dei luoghi di lavoro. Viene proposto, in maniera sintetica, un approccio metodologico per la valutazione del rischio sismico in applicazione del D.Lgs. 81/2008“Tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” art. 17, comma 1, lettera a) e art. 28 e s.m.i. ed in particolare sulla sicurezza dei luoghi di lavoro da prevedersi nell’ambito dell’aggiornamento continuo del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) di siti produttivi industriali.
La procedura tecnica di indagine, che trova coerenza nella normativa attualmente in vigore, consiste in una classificazione dei fabbricati dal punto di vista sismico tramite un censimento che, oltre a valutare la vulnerabilità sismica propria della struttura “esterna” (intesa come fabbricato edile, vedi la Figura 1), tiene in conto anche delle numerose strutture “interne”, quali quelle staticamente indipendenti (soppalchi) e/o accessorie ai fabbricati (pensiline, scale esterne), le scaffalature (pesanti e leggere) e gli impianti a servizio del fabbricato stesso o della produzione.
La metodologia utilizzata proposta si può sintetizzare nei seguenti passaggi:
a) Valutazioni preliminari Nell'ambito di uno stabilimento industriale, ancor prima di iniziare il censimento dei fabbricati e degli impianti, occorre individuare le principali fonti di pericolo sismico che, generalmente, riguardano: - fabbricati principali (eventualmente aggregati in blocchi edilizi in base alle potenziali interazioni); - fabbricati secondari; - strutture staticamente indipendenti (scale di sicurezza, tettoie, soppalchi, carriponti, gru indipendenti, strutture accessorie ecc.), vedi la Figura 2; - scaffalature; - impianti (acqua potabile e industriale, antincendio, gas vari, aria compressa, ecc.).
b) Censimento dei fabbricati e degli impianti Effettuate le valutazioni preliminari, si provvede al dettagliato censimento di tutte le fonti di pericolo sismico precedentemente individuate. In questa fase, per ciascuna struttura o impianto, vengono raccolte, in opportune schede, tutte le informazioni disponibili (dati geometrici principali, tipologie strutturali, materiali, eventuali danneggiamenti e degradi, documentazione di progetto, esecuzione o collaudo disponibile, ecc..). Per le sole opere rilevanti e/o strategiche saranno compilate le Schede di Livello 0 (se non ancora disponibili). Tutte le schede, invece, dovranno contenere una prima valutazione speditiva delle più evidenti fonti di rischio rilevate durante i sopralluoghi. Tali valutazioni speditive preliminari risultano di fondamentale importanza in quanto permettono:
- l’eventuale immediata rimozione di modeste fonti di rischio (ad esempio, ancoraggi carenti nelle scaffalature); - l’organizzazione delle successive analisi in base a criteri di priorità; - una prima stima e programmazione delle indagini sperimentali atte a definire le caratteristiche meccaniche dei materiali.
c) Valutazioni speditiva della vulnerabilità sismica Un insediamento industriale implica normalmente la presenza di un numero considerevole di fabbricati ed impianti ed è quindi necessaria una prima campagna di valutazione speditiva della vulnerabilità sismica.
I risultati di tale indagine permettono di ottenere un quadro d’insieme del livello di rischio all’interno dell’insediamento attraverso un indicatore qualitativo (rischio basso, medio, alto o altissimo) che determina le successive priorità di indagine e l’approfondimento che le stesse dovranno avere.
d) Valutazione approfondita della vulnerabilità sismica Sulla base dei livelli di rischio evidenziati nella valutazione speditiva e dell’effettiva importanza di ciascuna struttura o impianto, in base a criteri di priorità determinati, si procede con le verifiche approfondite di vulnerabilità sismica (ad esempio con analisi numeriche FEM). Tali verifiche, generalmente da fare per un numero limitato di strutture, permettono di avere una valutazione precisa e puntuale del livello di sicurezza atteso in base alle norme tecniche vigenti (attualmente le NTC 2008).
Diventa quindi possibile evidenziare le specifiche carenze strutturali e/o impiantistiche e programmare gli eventuali interventi di miglioramento e di adeguamento.
e) Definizione del livello di rischio, redazione del Documento di Valutazione del Rischio Sismico (DVR) e programmazione degli interventi di mitigazione A seguito delle valutazioni di vulnerabilità (siano esse speditive o approfondite) sono quindi disponibili le stime del rischio sismico (qualitative o approfondite) sulla base delle quali possono essere evidenziati, attraverso la redazione di uno specifico DVR con approccio matriciale, gli specifici rischi sismici presenti presso il sito industriale in esame, una loro classificazione (sulla base della Pericolosità sismica del luogo, della Vulnerabilità sismica delle strutture, degli impianti e delle scaffalature e della loro Esposizione nell’ambito dei processi produttivi dell’Azienda), nonché la programmazione di un Piano di Miglioramento previsto per legge.
Tale piano consentirà di eliminare o mitigare le fonti di rischio precedentemente analizzate secondo un preciso susseguirsi di interventi programmati con un loro ordine temporale e di priorità. ... segue in allegato ... Quadro normativo D.Lgs. n. 81/2008
1. I luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati nell'allegato IV.
2. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, dei lavoratori disabili.
3. L'obbligo di cui al comma 2 vige in particolare per le porte, le vie di circolazione, gli ascensori e le relative pulsantiere, le scale e gli accessi alle medesime, le docce, i gabinetti ed i posi di lavoro utilizzati da lavoratori disabili.
4. La disposizione di cui al comma 2 non si applica ai luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993; in ogni caso devono essere adottate misure idonee a consentire la mobilità e l'utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale.
5. Ove vincoli urbanistici o architettonici ostino agli adempimenti di cui al comma 1 il datore di lavoro, previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e previa autorizzazione dell'organo di vigilanza territorialmente competente, adotta le misure alternative che garantiscono un livello di sicurezza equivalente.
6. Comma abrogato dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
Art. 64 “Obblighi del datore di lavoro”:
1. Il datore di lavoro provvede affinché:
a) i luoghi di lavoro siano conformi ai requisiti di cui all'articolo 63, commi 1, 2 e 3;
b) le vie di circolazione interne o all'aperto che conducono a uscite o ad uscite di emergenza e le uscite di emergenza siano sgombre allo scopo di consentirne l'utilizzazione in ogni evenienza;
c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori;
d) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche adeguate;
e) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla prevenzione o all'eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti a regolare manutenzione e al controllo del loro funzionamento.[/box-note]
[box-note]ALLEGATO IV REQUISITI DEI LUOGHI DI LAVORO
1.1 Stabilità e solidità 1.1.1. Gli edifici che ospitano i luoghi di lavoro o qualunque altra opera e struttura presente nel luogo di lavoro devono essere stabili e possedere una solidità che corrisponda al loro tipo d'impiego ed alle caratteristiche ambientali. 1.1.2. Gli stessi requisiti vanno garantiti nelle manutenzioni. 1.1.3. I luoghi di lavoro destinati a deposito devono avere, su una parete o in altro punto ben visibile, la chiara indicazione del carico massimo dei solai, espresso in chilogrammi per metro quadrato di superficie. 1.1.4. I carichi non devono superare tale massimo e devono essere distribuiti razionalmente ai fini della stabilità del solaio. 1.1.5. L'accesso per i normali lavori di manutenzione e riparazione ai posti elevati di edifici, parti di impianti, apparecchi, macchine, pali e simili deve essere reso sicuro ed agevole mediante l'impiego di mezzi appropriati, quali andatoie, passerelle, scale, staffe o ramponi montapali o altri idonei dispositivi. 1.1.6. Il datore di lavoro deve mantenere puliti i locali di lavoro, facendo eseguire la pulizia, per quanto è possibile, fuori dell'orario di lavoro e in modo da ridurre al minimo il sollevamento della polvere dell'ambiente, oppure mediante aspiratori. 1.1.7. Nelle adiacenze dei locali di lavoro e delle loro dipendenze, il datore di lavoro non può tenere depositi di immondizie o di rifiuti e di altri materiali solidi o liquidi capaci di svolgere emanazioni insalubri, a meno che non vengano adottati mezzi efficaci per evitare le molestie o i danni che tali depositi possono arrecare ai lavoratori ed al vicinato.[/box-note] ... segue in allegato
Fonti: AUSL RE / P. ARNAUD, F. BARPI, ecc / Ing. M. Malatesta / INGV / altri
Prestazioni di lavori accessorio e applicazioni norme TUS
Documento allegato sulle prestazioni di lavoro accessorio (voucher) e applicazione norme del D.Lgs. 81/2008
In materia di prestazioni di lavoro accessorio (voucher), l'art. 3, c. 8, D.Lgs. n. 81/2008 (così come modificato dal D.Lgs. n. 151/2015), stabilisce che:
Regime di pena tutela
Vige pertanto, l'applicazione del regime di tutela piena del D.Lgs. n. 81/2008, quando il lavoro è prestato a favore di un soggetto avente la qualifica di imprenditore o di professionista, indipendentemente dalla natura subordinata o meno del rapporto.
Regime di tutela limitata del lavoro accessorio negli altri casi
L'art. 3, c. 8, del D.Lgs. n. 81/2008, stabilisce che “Negli altri casi si applicano esclusivamente le disposizioni di cui all'articolo 21” (non si applica il regime di tutela pieno previsto per i lavoratori subordinati (e equiparati), bensì solo quello di tutela limitata che l'art. 21 dello stesso decreto accorda ai lavoratori autonomi e alcuni altri soggetti (es. collaboratori dell'impresa familiare)).
In tali casi, i lavoratori hanno l'obbligo di utilizzare le attrezzature di lavoro e i DPI in conformità alle disposizioni di cui al Titolo III, e la facoltà di chiedere di beneficiare della formazione prevista per i lavoratori (art. 37 D.Lgs. n. 81/2008) e/o della sorveglianza sanitaria (art. 41 D.Lgs. n. 81/2008).
Casi di esclusione
Esclusi dal campo applicativo del D.Lgs. n. 81/2008, e dalle altre norme in materia:
- i piccoli lavori domestici a carattere straordinario; - l'insegnamento privato supplementare; - l'assistenza domiciliare ai bambini, agli anziani, agli ammalati e ai disabili.
Tale previsione si raccorda con quella dall'art. 2, c.1, lett. a) dello stesso decreto che esclude dal suo campo applicativo i lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari (colf, badanti) i quali ricevono, pertanto, dall'ordinamento giuridico solo una tutela generale.
Divieto del lavoro accessorio nell'appalto
L'art. 48, c.6, del D.Lgs n. 81/2015, in ogni caso è vietato il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio nell'ambito dell'esecuzione di appalti di opere o servizi, fatte salve le specifiche ipotesi individuate con decreto del Ministero del lavoro, sentite le parti sociali, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del predetto decreto.
Tabella riassuntiva - Lavoro accessorio e sicurezza sul lavoro
Ai prestatori di lavoro accessorio occupati da imprese e professionisti si applica il D.Lgs. n.81/2008 e le altre norme in materia di sicurezza sul lavoro.
Negli altri casi si applica il regime di tutela più limitato già previsto per i lavoratori autonomi dall'art. 21 del D.Lgs. n. 81/2008.
Ai fini della determinazione del numero di lavoratori dal quale il D.Lgs. n. 81/2008, fa discendere particolari obblighi non sono computati i lavoratori che svolgono prestazioni occasionali di tipo accessorio ai sensi degli artt. 70, e seguenti, del D.Lgs. n. 276/2003, nonché le prestazioni che esulano dal mercato del lavoro ai sensi dell'art. 74 del medesimo decreto (D.Lgs. n. 81/2015).
Schema DM 4° elenco agenti chimici lavoro All. XXXVIII DLgs 81/08
Schema di Decreto dei Ministeri del Lavoro e delle Politiche Sociali e della Salute che aggiorna la tabella allegato XXXVIII al DLgs 81/2008 con i valori limite di esposizione ad agenti chimici.
Il documento che contiene i valori limite di esposizione ad agenti chimici per il recepimento della Direttiva 2017/164/UE comprende anche lettere di trasmissione, verbali della consultazione delle parti sociali del 17/7/2019, gli approfondimenti del Comitato Consultivo Valori Limite per il recepimento della Direttiva 2017/164/UE, le osservazioni di Confindustria, CNA, Confartigianato e Confcommercio.
1. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro 21 agosto 2018.
Allegato
CE(1)
CAS(2)
NOME DELL'AGENTE CHIMICO
VALORI LIMITE
Annotazione(3)
8ore(4)
Breve termine(5)
mg/m3(6)
ppm(7)
mg/m3(6)
ppm(7)
—
—
Manganese e composti inorganici del manganese (espresso come manganese)
0,2(8) 0,05(9)
—
—
—
—
200-240-8
55-63-0
Trinitrato di glicerolo
0,095
0,01
0,19
0,02
cute
200-262-8
56-23-5
Tetracloruro di carbonio,tetracloro metano
6,4
1
32
5
cute
200-521-5
61-82-5
Amitrolo
0,2
—
—
—
—
200-580-7
64-19-7
Acido acetico
25
10
50
20
—
200-821-6
74-90-8
Cianuro di idrogeno (espresso come cianuro)
1
0,9
5
4,5
cute
200-838-9
75-09-2
Cloruro di metilene diclorometano
353,
100
706
200
cute
200-864-0
75-35-4
Cloruro di vinilidene,1,1-dicloroetilene
8
2
20
5
—
201-083-8
78-10-4
Ortosilicato ditetraetile
44
5
—
—
—
201-177-9
79-10-7
Acido acrilico, acidoprop-2- enoico
29
10
59(10)
20(10)
—
201-188-9
79-24-3
Nitroetano
62
20
312
100
cute
201-245-8
80-05-7
BisfenoloA, 4,4′-isopropilidendifenolo
2(8)
—
—
—
—
202-981-2
101-84-8
Difeniletere
7
1
14
2
—
203-234-3
104-76-7
2-etilesan-1-olo
5,4
1
—
—
—
203-400-5
106-46-7
1,4-diclorobenzene; p-diclorobenzene
12
2
60
10
cute
203-453-4
107-02-8
Acroleina, acrilaldeide; prop-2-enale
0,05
0,02
0,12
0,05
—
203-481-7
107-31-3
Formiato di metile
125
50
250
100
cute
segue
(1) N. CE: Numero CE (Comunità europea) — identificatore numerico delle sostanze all'interno dell'Unione europea. (2) N. CAS: Chemical Abstract Service Registry Number (numero del registro del Chemical Abstract Service). (3) Un'annotazione che riporta il termine «cute» per un valore limite di esposizione professionale indica la possibilità di un assorbimento significativo attraverso la pelle. (4) Misurato o calcolato in relazione a un periodo di riferimento di otto ore come media ponderata (TWA). (5) Livello di esposizione a breve termine (STEL). Valore limite oltre il quale non dovrebbe esservi esposizione e che si riferisce ad un periodo di 15 minuti, salvo diversa indicazione. (6) mg/m3: milligrammi per metro cubo d'aria. Per le sostanze chimiche in fase gassosa o di vapore il valore limite è espresso a 20 °C e 101,3 kPa. (7) ppm: parti per milione per volume di aria (ml/m3). (8) Frazione inalabile. (9) Frazione respirabile. (10) Valore limite di esposizione a breve termine in relazione a un periodo di riferimento di 1 minuto.
....
D.Lgs. 81/2008 … Titolo IX SOSTANZE PERICOLOSE Capo I Protezione da agenti chimici … Art. 232. Adeguamenti normativi
1. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, è istituito senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un comitato consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici. Il Comitato è composto da nove membri esperti nazionali di chiara fama in materia tossicologica e sanitaria di cui tre in rappresentanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, su proposta dell'Istituto superiore di sanità, dell'ISPESL e della Commissione tossicologica nazionale, tre in rappresentanza della Conferenza dei Presidenti delle regioni e tre in rappresentanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Il Comitato si avvale del supporto organizzativo e logistico della Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.
2. Con uno o più decreti dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, sentiti il Ministro dello sviluppo economico, il Comitato di cui al comma 1 e le parti sociali, sono recepiti i valori di esposizione professionale e biologici obbligatori predisposti dalla Commissione europea, sono altresì stabiliti i valori limite nazionali anche tenuto conto dei valori limite indicativi predisposti dalla Commissione medesima e sono aggiornati gli allegati XXXVIII, XXXIX, XL e XLI in funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione di normative e specifiche comunitarie o internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti chimici pericolosi.
In Allegato Modelli Modelli Verbali coordinamento e sopralluogo CSE, obblighi di "vigilanza" definiti all’art. art. 92 del D.Lgs. n. 81 del 2008, e impostati secondo quando indicato nelle Linee guida CSE del CNI 2015:
1. Verbale di riunione preliminare di coordinamento Rev. 00 2018 2. Verbale di riunione di coordinamento Rev. 00 2018 3. Verbale sopralluogo CSE Rev. 00
Premessa
Gli obblighi del coordinatore per l’esecuzione dei lavori sono definiti all’art. art. 92 del D.Lgs. n. 81 del 2008, in forza dei quale il coordinatore per l’esecuzione è tenuto a verificare, con opportune azioni di coordinamento e controllo:
- l’applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel Piano di Sicurezza e di Coordinamento (P.S.C.) e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro; - a verificare l’idoneità del Piano Operativo di Sicurezza (P.O.S.), assicurandone la coerenza con il P.S.C., che deve provvedere ad adeguare in relazione all’evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte delle imprese esecutrici dirette a migliorare la sicurezza in cantiere; - a verificare che le imprese esecutrici adeguino, se necessario, i rispettivi P.O.S.; - ad organizzare tra i datori di lavoro, ivi compresi i lavoratori autonomi, la cooperazione ed il coordinamento delle attività nonché la loro reciproca informazione; - a verificare l’attuazione di quanto previsto negli accordi tra le parti sociali al fine di realizzare il coordinamento tra i rappresentanti della sicurezza finalizzato al miglioramento della sicurezza in cantiere; - a segnalare, al committente o al responsabile dei lavori, le inosservanze alle disposizioni degli artt. 94, 95 e 96, e art. 97, comma 1, e alle prescrizioni dei P.S.C., proponendo la sospensione dei lavori, l’allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere, o la risoluzione dei contratto in caso di inosservanza; - a dare comunicazione di eventuali inadempienze alla Azienda Unità Sanitaria Locale e alla Direzione Provinciale del Lavoro territorialmente competenti; - a sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate.
Coome precisato nella sentenza n.41820 del 19.10.2015 della Cassazione Pen, Sez.3 la funzione del CSE è di “alta vigilanza" in termini di coordinamento delle imprese; la vigilanza “operativa” è di competenza del datore di lavoro delle imprese esecutrici e in particolare dell’impresa affidataria.
La puntuale, continua e stringente vigilanza è compito del datore di lavoro e delle figure operative da lui delegate quali il dirigente ed il preposto. Le omissioni derivanti dagli accadimenti estemporanei che scaturiscono nel corso dello sviluppo dei lavori non rientrano nella sfera di controllo del CSE, ad eccezione di quanto rilevabile direttamente da quest’ultimo nell’ambito delle visite e dei sopralluoghi effettuati presso il cantiere.(opportuno segnalare quelli direttamente riscontrati) Il compito di alta vigilanza del CSE pur assicurando una efficace azione di coordinamento non implica una costante e continua presenza in cantiere col compito di controllo delle singole lavorazioni in atto.(sarebbe bene individuare fasi o momenti legati a specifiche lavorazioni sulla base del crono programma in cui prevedere la presenza). Rimane inteso che la presenza del CSE sia opportuna in occasione delle circostanze indicate ai successivi punto 5. lettere a), b), c), d), f). Le fasi critiche di cui alle lettere a), b), d) dovranno essere indicate nel crono programma dei lavori. Il CSE pur mantenendo la piena responsabilità dell’incarico ricevuto, può avvalersi per lo svolgimento della propria attività di collaboratori con adeguate capacità e formazione. CSE: Azioni
1) Il CSE, ricevuti i documenti PSC e “fascicolo”, effettua un sopralluogo nel sito che sarà oggetto del cantiere per verificare il riscontro della documentazione ricevuta, controllando che lo stato dei luoghi non abbia subito modificazioni dalla fine della progettazione (per esempio apertura di cantieri limitrofi, modifiche della viabilità, etc...). È opportuno lasciare traccia del sopralluogo redigendo relativo verbale corredato da documentazione fotografica.
2) Il CSE, ricevuta dal Committente o dal Responsabile dei Lavori l’avvenuta verifica dell’idoneità tecnico-professionale delle Imprese esecutrici con esito positivo, procede alla verifica dell’idoneità del/dei POS delle imprese esecutrici, ricevuto/i dalla/e Impresa/e affidataria/e controllandone la rispondenza rispetto a quanto disposto dall’allegato XV del D.Lgs. n. 81/2008 e ss.mm.ii. e la congruità con il PSC, dandone evidenza oggettiva al Committente o al Responsabile dei Lavori e alle Imprese interessate. In caso di non idoneità provvede a richiedere, tramite l’impresa affidataria, alla/e ditta/e esecutrice/i le integrazioni e modifiche necessarie. Le imprese affidatarie ed esecutrici dovranno inviare i POS modificati prima di iniziare le rispettive lavorazioni. Per ciò che concerne l’adempimento alla verifica dell’ ”attuazione degli accordi tra le parti sociali” previsto dal D.Lgs. 81/08, art. 92, lettera d), si intende la verifica che in ogni impresa sia stato nominato il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) o ci si avvalga di quello Territoriale (RLST) di competenza. In difetto di ciò il CSE fa esplicita comunicazione all’impresa.
3) Convoca una riunione di coordinamento preliminare, prima dell’inizio dei lavori, a cui parteciperanno: 1) Direzione Lavori 2) Impresa/e affidataria/e Imprese esecutrici già definite 3) Lavoratori autonomi Della riunione sarà data comunicazione al Committente/responsabile dei lavori che potrà partecipare qualora lo ritenga necessario Nella riunione dovranno essere discussi almeno i seguenti punti. a) i contenuti dei piani di sicurezza (PSC e POS) in relazione alle attività da svolgere e le eventuali proposte di adeguamento/integrazione formulate dai presenti; b) la verifica della programmazione dell’attività esecutiva e dello sviluppo delle fasi lavorative rispetto al cronoprogramma con particolare attenzione alle sovrapposizioni ed alle fasi ritenute più pericolose; c) le modalità di coordinamento delle Imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi per la fasi individuate; d) le eventuali richieste di integrazione della documentazione; e) identificazione delle figure delle squadre di primo soccorso e gestione emergenza; a tal fine il CSE verifica che il cantiere sia effettivamente coperto in caso di incidente, in tutti gli orari di lavoro e relaziona sul tipo di organizzazione, tra le tre sotto riportate, che è stata scelta per lo specifico cantiere: 1) committente/RL intendono organizzare apposito servizio di PS [D.lgs.81/2008 art.104 c.4] e di conseguenza i datori di lavoro sono esonerati dagli obblighi legati alla designazione degli addetti al PS e dunque della gestione "diretta" del Pronto Soccorso [Dls.81/2008 art 18 comma lettera (b)] 2) in fase di progettazione è stato deciso dal CSP che la gestione del Pronto Soccorso sarà di tipo unitario, definendo la partecipazione delle imprese (affidataria ed esecutrice) alla gestione delle emergenze identificando un’impresa deputata alla gestione delle operazioni anche tramite un preposto, con garanzia da parte delle imprese presenti in cantiere della costante presenza di almeno un addetto specificamente formato [rif. Doc. 10/01/2005 del coordinamento interregionale] 3) in assenza delle due ipotesi precedenti ogni impresa presente dovrà assolvere autonomamente agli obblighi relativi al PS f) documentazione da tenere in cantiere.
Al termine della riunione redige il verbale sottoscritto dai presenti. Pur se non espressamente obbligatorie le riunioni di coordinamento rappresentano un utilissimo strumento di integrazione al PSC, per la cooperazione ed il controllo del cantiere.
4) Verifica di volta in volta che tutte le imprese esecutrici e i lavoratori autonomi abbiano ricevuto dall’Impresa/e affidataria/e copia del PSC e ne abbiano accettato i contenuti.
5) Convoca eventualmente ulteriori riunioni di coordinamento in occasione di: a) ingresso in cantiere di ulteriori nuove Imprese esecutrici e lavoratori autonomi; b) successive macrofasi di lavoro; c) motivate richieste da parte della Committenza, della/e affidataria/e, di imprese esecutrici, RLS(T), medico competente, lavoratori autonomi; d) periodi a maggior rischio dovuto ad interferenze; e) accadimento di incidenti/infortuni; f) sostanziali modifiche dell’opera; Al termine della riunione redige il verbale sottoscritto dai presenti, che costituisce, in funzione dei contenuti, aggiornamento al PSC.
6) Qualora riscontri l’eventuale ingresso in cantiere di Imprese esecutrici o lavoratori autonomi non autorizzati comunica per iscritto al Committente o al Responsabile dei Lavori e all’Impresa/e affidataria/e (per “non autorizzato” si intende l’ingresso in cantiere di Imprese o lavoratori autonomi dei quali non è stata formulata richiesta di autorizzazione al Committente o al responsabile dei Lavori e per i quali non sia ancora pervenuta l’autorizzazione da parte di questi).
7) Effettua frequenti sopralluoghi in cantiere con periodicità da determinare in funzione delle caratteristiche dell’opera (comunque in occasione delle fasi critiche della realizzazione dell’opera) e comunque, preferibilmente accompagnato dal capo cantiere e/o preposti delle Imprese opportunamente nominati, per verificare la corretta applicazioni, da parte delle Imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel PSC e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro. Tale attività può essere condotta anche con l'ausilio di apposite check list. Al termine della riunione seguente il sopralluogo redige il verbale sottoscritto dai presenti, nel quale indica esattamente quali sono le azioni da effettuare (e a carico di chi) per eliminare le eventuali inadempienze rilevate. Nel controllo successivo annoterà sul verbale l’esito del sopralluogo in riferimento alle azioni indicate e ( nel caso) le ulteriori disposizioni cui intende dar corso ai sensi della normativa vigente. Copia del verbale viene conservata in cantiere, secondo le modalità definite in sede di inizio lavori.
8) In caso di inosservanza delle disposizioni degli artt. 94-95-96 e 97 comma 1 del D.Lgs. n. 81/2008 e ss.mm.ii. ed alla prescrizioni del PSC, contesta per iscritto quanto riscontrato alle Imprese o Lavoratori autonomi interessati e all’impresa affidataria, trasmettendo copia del relativo verbale al Committente o al Responsabile dei Lavori. In caso di mancato adeguamento segnala le inosservanze al Committente o al Responsabile dei Lavori proponendo la sospensione dei lavori, l’allontanamento delle Imprese o Lavoratori autonomi, la risoluzione del contratto.
9) In caso di pericolo grave e imminente contesta per iscritto quanto riscontrato alle Imprese o Lavoratori autonomi interessati e sospende le singole lavorazioni pericolose, trasmettendo copia del relativo verbale al Committente o al Responsabile dei Lavori e all’impresa affidataria. Effettuati gli adeguamenti dalle imprese interessate ne riscontra la corretta esecuzione con un sopralluogo facendo riprendere le lavorazioni e trasmette il relativo verbale al committente o al Responsabile dei Lavori e all’impresa affidataria.
10) In occasione della liquidazione del SAL il CSE a seguito di richiesta della Direzione Lavori approva, previa verifica, l’importo relativo agli oneri della sicurezza.
11) Il CSE, in corso d’opera, aggiorna e, alla fine dei lavori, completa il “fascicolo” di cui all’art. 91 comma 1, lett. b), completo dell’elaborato tecnico della copertura, se previsto, per lavori ricadenti nel campo di applicazione dei regolamenti regionali che, alla fine dell’attività di cantiere consegna al Committente o al Responsabile dei Lavori, con evidenza oggettiva della avvenuta consegna.
12) Il CSE, al termine dei lavori, previo accordo con D.L Committente e/o Responsabile dei Lavori, redige il verbale di fine lavori di sua competenza e lo fa firmare al Committente e/o al Responsabile dei Lavori ed eventualmente all’Impresa affidataria. Tale verbale è da interpretare quale conclusione dell’incarico, fatto salvo la consegna del documento di cui al punto 11.
13) Il CSE redige direttamente il verbale di sospensione delle singole lavorazioni in presenza di pericolo grave ed imminente.
Documentazione da tenere in cantiere (elenco non esaustivo)
a) Copia Notifica Preliminare; b) Programma dei lavori di demolizione (ove previsti); c) Piano Operativo di Sicurezza di competenza di ogni singolo appaltatore, redatto ai sensi dell’allegato XV del D.Lgs. 81/2008; d) Attestati inerenti la formazione, copia modello Unilav e libro infortuni; il compito del CSE è quello di verificare l’avvenuta formazione dei lavoratori (sia quella prevista dall’art. 37 del D.Lgs 81/08 che quella specifica, come cadute dall’alto, pontisti, ecc…) presenti in cantiere senza entrare nel merito dei progetti formativi; il controllo dell’abilitazione e della formazione dell’operatore nel caso di noleggio a caldo di attrezzature di lavoro deve essere effettuato dal CSE acquisendo la documentazione relativa; e) Schede tecniche tossicologiche per le sostanze chimiche adoperate; f) Libretto degli apparecchi di sollevamento, con relativi verbali di verifica annuale (gru a torre, argani a bandiera, elevatori a cavalletto, etc.); g) Libretti di omologazione di ponti sviluppabili, ponti mobili su carro e ponti sospesi; h) Libretti degli apparecchi a pressione se superiori a 25 l; i) Libretti d’istruzioni e uso delle singole attrezzature meccaniche e/o elettriche e/o con liquidi o gas a pressione presenti in cantiere; j) Dichiarazione di conformità degli impianti elettrici k) Certificato di conformità quadri elettrici, messa a terra con relativa certificazione degli impianti, relazione per il rischio di fulminazione ed eventuale denuncia di protezione scariche atmosferiche; compito del CSE è verificare la presenza delle suindicate conformità completa delle notizie essenziali senza tuttavia entrare nel merito dei contenuti, che non sono di sua competenza; l) Registro o scheda delle verifiche trimestrali funi e/o catene degli apparecchi di sollevamento; m) PI.M.U.S. Piano di Montaggio, Uso e Smontaggio dei ponteggi metallici; il CSE deve verificare che esso abbia i contenuti minimi previsti dall’allegato e verificare che il ponteggio sia stato montato seguendo il disegno esecutivo o il progetto, se previsto; n) Dichiarazione del proprietario del ponteggio di conformità dello stesso all’uso (contenuta nel PiMUS); o) Progetto ponteggio per allestimenti con altezze superiori ai 20 m, o per esecuzioni particolari non previste dal libretto di autorizzazione ministeriale (vedi allegato XVIII del D.Lgs. 81/2008); p) Libretto ponteggio metallico, con relativa autorizzazione ministeriale, schemi di montaggio.
[panel] D.Lgs. 81/2008 ... Titolo IV CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI Capo I Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili ... Art. 92. Obblighi del coordinatore per l'esecuzione dei lavori
1. Durante la realizzazione dell'opera, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori:
a) verifica, con opportune azioni di coordinamento e controllo, l'applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 100, ove previsto e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro;
b) verifica l'idoneità del piano operativo di sicurezza, da considerare come piano complementare di dettaglio del piano di sicurezza e coordinamento di cui all'articolo 100, assicurandone la coerenza con quest'ultimo, ove previsto, adegua il piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 100, ove previsto, e il fascicolo di cui all'articolo 91, comma 1, lettera b), in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte delle imprese esecutrici dirette a migliorare la sicurezza in cantiere, verifica che le imprese esecutrici adeguino, se necessario, i rispettivi piani operativi di sicurezza;
c) organizza tra i datori di lavoro, ivi compresi i lavoratori autonomi, la cooperazione ed il coordinamento delle attività nonché la loro reciproca informazione;
d) verifica l'attuazione di quanto previsto negli accordi tra le parti sociali al fine di realizzare il coordinamento tra i rappresentanti della sicurezza finalizzato al miglioramento della sicurezza in cantiere;
e) segnala al committente o al responsabile dei lavori, previa contestazione scritta alle imprese e ai lavoratori autonomi interessati, le inosservanze alle disposizioni degli articoli 94, 95, 96 e 97, comma 1, e alle prescrizioni del piano di cui all'articolo 100, ove previsto, e propone la sospensione dei lavori, l'allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere, o la risoluzione del contratto. Nel caso in cui il committente o il responsabile dei lavori non adotti alcun provvedimento in merito alla segnalazione, senza fornire idonea motivazione, il coordinatore per l'esecuzione dà comunicazione dell'inadempienza alla azienda unità sanitaria locale e alla direzione provinciale del lavoro territorialmente competenti;
f) sospende, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate.
2. Nei casi di cui all'articolo 90, comma 5, il coordinatore per l'esecuzione, oltre a svolgere i compiti di cui al comma 1, redige il piano di sicurezza e di coordinamento e predispone il fascicolo, di cui all'articolo 91, comma 1, lettere a) e b), fermo restando quanto previsto al secondo periodo della medesima lettera b).[/panel]